OPI Weekly Report N°16/2016

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N°16, 12-25 GIUGNO 2016 ISSN: 2284-1024

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Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo Milano, 26 giugno 2016 ISSN: 2284-1024 A cura di: Matteo Anastasi Eleonora Bacchi Marta Cioci Giuseppe Dentice Danilo Giordano Antonella Roberta La Fortezza Fabio Rondini Maria Serra

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Photo Credits: Thaier Al-Sudani; Askanews; Reuters; Reuters/Contrasto; DR.


FOCUS REGNO UNITO ↴

Smentendo gli ultimi sondaggi che davano il “Remain” in leggero vantaggio sul “Leave” – in particolare dopo l’omicidio a Birstall della deputata laburista Jo Cox (16 giugno), accoltellata da un attivista per la permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea –, il 51,9% dei cittadini britannici ha votato a favore della cosiddetta “Brexit”. L’affluenza alle urne è stata del 71,8% – con oltre 30 milioni di votanti –, la più alta dalle elezioni legislative del 1992. Un’analisi del voto condotta dal Guardian attraverso indicatori socio-economici e demografici e calcolati a livello di circoscrizione elettorale ha messo in luce la propensione a votare a favore della permanenza nell’UE non solo delle fasce di popolazione più giovane o non originaria del Regno Unito, ma soprattutto di chi è in possesso di un titolo di studio, di un reddito più elevato e appartenente ai gruppi sociali A

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(manager pubblici e privati, professionisti, imprenditori), B (quadri intermedi nel pubblico e nel privato) e C1 (impiegati ed impiegati con funzione direttiva); specularmente il Leave sembra aver raccolto più consensi tra i cittadini in possesso dei titoli della sola scuola dell’obbligo, privi di qualifiche specifiche e con un reddito più basso.

D’altra parte, esaminando la distribuzione geografica del voto a livello delle singole circoscrizioni, il Leave sembra in particolar modo aver attinto dalle periferie dei centri urbani e dai bacini industriali e portuali dove è maggiormente presente la working class: nelle Midlands (in particolar modo quelle orientali, dove già UKIP aveva conosciuto una certa affermazione in occasione delle elezioni europee del 2014), nello Yorkshire e nel nord-ovest, tradizionali roccaforti laburiste, dove il tema dell’immigrazione – su cui è stata largamente incentrata l’intera campagna elettorale – dovrebbe aver avuto un’incidenza relativa.

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La distribuzione geografica del voto per macro-regioni denzia

una

evinetta

vittoria del fronte anti-europeista in Inghilterra (53,4%,

sebbene

i

principali centri come Londra, Manchester, Leeds,

Liverpool

e

Bristol

si

siano

espressi

in

senso

contrario) e in Galles

(dove

il

Leave ha ottenuto il 52,5%,

eccezion

fatta per i cinque distretti di Gwynedd, Ceredigion, the Vale of

Glamorgan,

Monmouthshire e, soprattutto, Cardiff dove il 60% ha votato per il Remain). Scozia e Irlanda del Nord hanno invece confermato la propria attitudine proUE (rispettivamente con il 62% e il 55,8% a favore del Remain). La spaccatura con il centro sta iniziando a sortire i primi effetti politici: nonostante il Segretario David Mundell abbia sostenuto di non credere nella riuscita di una simile azione politica, il Primo Ministro scozzese Nicola Sturgeon – il cui Partito Nazionale Scozzese (SNP) detiene 63 dei 129 seggi in seno al Parlamento – ha asserito che la Scozia porrà il proprio veto sulla Brexit e si dichiara pronta ad indire un nuovo referendum per l’indipendenza dal Regno Unito (dopo quello del 2014) che garantisca di conseguenza alla Scozia la permanenza all’interno dell’UE. Se lo scenario scozzese sembra sostanzialmente perseguibile, meno realistica – quanto meno nel breve-medio periodo – sembra l’opzione presentata dal vice Premier nordirlandese e leader dello Sinn Féin, Martin Mc Guinness, per una possibile riunificazione dell’Irlanda del Nord con Dublino. Ad ogni modo l’esistenza stessa di una simile possibilità, rigettata dai Primi Ministri Arlene Foster ed Enda Kenny (quest’ultimo tuttavia conscio delle conseguenze anzitutto economico-finanziarie e relative alla reintroduzione dei controlli alle frontiere con la controparte nordirlandese), insieme con il parziale riaccendersi della questione di Gibilterra – il cui 95% dei cittadini ha votato per la permanenza nell’UE e rispetto alla quale la Spagna ha avanzato nei confronti di Londra la richiesta per una “cosovranità” sul territorio – e la richiesta della City londinese di ottenere uno statuto speciale, prefigurano un pericolo di disgregazione a cui potrebbe andare in contro il Regno Unito.

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Lo scenario di rischio è acuito dalle fratture politiche interne. Innanzitutto il partito conservatore, già spaccato al suo interno alla vigilia del voto referendario, dovrà trovare entro ottobre – quando il congresso dei Tories a Birmingham, dopo le dimissioni di David Cameron, dovrà nominare il nuovo leader e Premier – una nuova leadership capace non solo di governare un Paese sostanzialmente diviso in due ma anche di negoziare i termini di uscita dallo spazio comunitario. Il nome più accreditato è quello dell’ex sindaco di Londra Boris Johnson, affiancato nella sua campagna a favore della Brexit dal Segretario alla Giustizia Michael Gove. Il sistema di nomina per il nuovo leader conservatore – basato su uno screening preventivo da parte dei cosiddetti backbencher (ossia i parlamentari di secondo piano) e sottoposto ai membri del partito in tutto il Paese – potrebbe tuttavia favorire l'attuale Ministro dell'Interno, Theresa May, di maggior esperienza e vista da molti come possibile elemento di ricompattamento del fronte conservatore. È alla luce tra l’altro di questa procedura e delle possibili difficoltà di Johnson nel riuscire a raccogliere intorno a sé il maggior consenso possibile tra i deputati di Westminster che si spiega la sua dichiarazione circa il fatto che non vi sarebbe fretta nell’avviare il processo di sganciamento da Bruxelles. Pressoché nulle sembrano invece le possibilità di un esecutivo guidato dal leader del Partito laburista Jeremy Corbyn, accusato da frange interne del suo partito di aver solo tiepidamente sostenuto la campagna a favore della permanenza nell’UE e per questo invitato ad abbandonare il proprio incarico. A contribuire alla crisi dei Labour sono giunte infatti le dimissioni del Ministro della Salute laburista del cosiddetto shadow cabinet, Heidi Alexander, in risposta alla decisione dello stesso Corbyn di licenziare il titolare degli Esteri dello stesso gabinetto, Hilary Benn, con l’accusa di tradimento. Il 27 giugno il gruppo parlamentare dei Labour discuterà sulla mozione di sfiducia presentata al Presidente dello stesso, John Cryer, da parte dalle due deputate Margaret Hodge ed Ann Coffey. Sul piano economico, l’annuncio della Brexit ha generato un tracollo generale: i titoli bancari britannici hanno immediatamente perso il 32%, mentre la sterlina ha raggiunto rispetto al dollaro il livello più basso dal 1985, arrivando a sfiorare 1,35, mentre gli 81,27 pence per euro, la più grossa perdita mai registrata. Il crollo complessivo della moneta solo nel primo giorno dopo il referendum è stato il peggiore dal 1992, quando la crisi valutaria spinse il Regno Unito ad uscire dal Sistema Monetario Europeo. A ciò si è associato un generalizzato ribasso di tutte le piazze borsistiche internazionali, comprese quelle asiatiche, e, sul piano europeo (dove tutte le borse hanno perso una media del 7%, in un crollo secondo solo alla crisi finanziaria del 2008), quella di Milano ha registrato un trend particolarmente negativo (12,88%). Mentre l’Indice Dow Jones ha bruciato oltre 600 punti, il risultato peggiore dallo scorso agosto, il prezzo dell’oro è schizzato dell’8,1% a 1.358,54 dollari l’oncia e ha raddoppiato il suo volume medio. La Banca Centrale Europea si è detta pronta a varare un piano di emergenza in stretto coordinamento con tutte le banche centrali, mentre la Federal Reserve a «fornire – se necessario – liquidità in dollari attraverso i canali esistenti con le banche centrali per affrontare le pressioni sui mercati globali». 4


Sul fronte europeo, in attesa del Vertice di Berlino del 27 giugno tra Angela Merkel, François Hollande e Matteo Renzi, oltre che del Consiglio Europeo previsto per il 28-29 giugno che dovrebbe definire le prime linee guida per ciò che riguarda le modalità di negoziazione dell’uscita del Regno Unito dall’UE, i Presidenti delle Istituzioni hanno fatto fronte comune sulla necessità di procedere in maniera spedita verso le trattative in questione – in particolare per ciò che riguarda l’attivazione dell’art. 50 del Trattato di Lisbona (clausola sul recesso) –, assicurando lo sforzo comune per garantire un’Unione solida anche a 27. Il tentativo è, evidentemente, quello di contenere gli effetti economici negativi e la fuga di capitali in un più ampio contesto di economia mondiale, ma anche di scongiurare altre conseguenze politiche su un’Unione Europea già messa alla prova dalle crescenti tendenze euroscettiche – quali l’organizzazione di referendum simili (come ad esempio paventato in Francia in caso di una vittoria del Front National in occasione delle elezioni del 2017) o altri processi indipendentisti o potenzialmente disgregatori.

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SIRIA-IRAQ ↴

Proseguono le manovre di accerchiamento di DAESH in Iraq e Siria. Sin dall’inizio di giugno i fronti di Falluja, Manbij e Aleppo si sono confermati ancora i principali teatri di battaglia tra forze lealiste, insorti e miliziani dello Stato Islamico (IS). Il 17 giugno l’esercito regolare iracheno, guidato dal generale Abdul Wahab al-Saedy e sostenuto dalle milizie sciite, ha riconquistato il municipio di Falluja dopo un’offensiva durata circa quattro settimane, strappandolo al Califfato che lo controllava da oltre due anni. La bandiera nazionale irachena è stata issata al centro della città e i militari stanno disinnescando le ultime sacche di resistenza, rappresentate soprattutto da cecchini che proteggono la ritirata di DAESH, nascondendosi mediante una fitta ragnatela di tunnel. La presa di Falluja ha un importante valore simbolico in quanto ha significato il disinnesco del cuore pulsante dell’insorgenza jihadista nella provincia di Anbar. Un’ulteriore cruciale tappa della lotta al Califfato si è concretizzata il 24 giugno quando forze curde e arabe sono penetrate nella città di Manbij, roccaforte di DAESH in Siria e crocevia fondamentale nei collegamenti verso Raqqa, la cosiddetta capitale dell’IS. Dopo aver sottratto ai miliziani la strada che dal checkpoint di Jarabalus porta al confine con la Turchia, le Syrian Democratic Forces (SDF), composte in gran parte dalle People’s Protection Units (YPG) curde e arabe, sono entrate a Manbij provenendo da sud. La città, in gran parte sunnita e con una popolazione a minoranza curda, è collocata lungo una direttrice strategica limitrofa al confine con la Turchia e utilizzata dal Califfato per i propri traffici illegali e per l’ingresso di combattenti provenienti dall’Europa. Manbij è stata una delle prime città a finire sotto il controllo dei jihadisti. In un primo momento, i ribelli non islamici dell’Esercito Libero Siriano avevano assunto il controllo della città con il sostegno della popolazione. Ma

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il potere è stato gradualmente ceduto al Califfato e la località è diventata meta dei jihadisti di tutto il mondo. La sua conquista costituisce un duro colpo per DAESH.

BATTAGLIA DI MANBIJ (UPDATE AL 22 GIUGNO 2016) – FONTE: SOUTHFRONT

La battaglia di Manbij costituisce un cruciale tassello per la più ampia campagna di Aleppo che prosegue senza sosta. La gran parte di questa provincia settentrionale è sotto il controllo di Jabhat al-Nusra, alleato siriano di al-Qaeda. Dal luglio del 2012 la città è divisa in zone controllate dai ribelli e altre tenute dal regime. Da mesi le forze leali al Presidente siriano Bashar al-Assad cercano di accerchiare completamente la città, anche con il sostegno dell’aviazione russa. L’obiettivo è quello di bloccare le linee di rifornimento che partono dal vicino confine con la Turchia. Nel frattempo, è allarme per la situazione umanitaria nei teatri di guerra. In Iraq è soprattutto la zona di Falluja a preoccupare, poiché i jihadisti ancora attivi tengono in ostaggio i civili, spesso utilizzandoli come scudi umani nei tentativi di fuga. Jan Egeland, il Segretario del Consiglio norvegese per i rifugiati, ha dichiarato che «non c’è assolutamente nessun passaggio sicuro per i civili che fuggono da Falluja, nessun posto sicuro dove non rischino la vita […] Rischiano di vedersi sparare addosso, o di venire uccisi da ordigni lungo la strada, o di annegare mentre attraversano il fiume Eufrate. Inoltre, quelli che riescono a fuggire scoprono che c’è ben poco che possiamo offrire loro. Stiamo esaurendo le scorte di cibo, acqua potabile e medicinali». Non è migliore la situazione nella provincia di Aleppo dove i continui raid aerei colpiscono indistintamente bersagli nemici e quartieri ed edifici civili.

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BREVI FRANCIA, 13 GIUGNO ↴

Un venticinquenne francese di origini maghrebine, Larossi Abballa, ha fatto irruzione in una casa di una coppia di poliziotti – l’uomo comandante di polizia della stazione locale, la moglie segretaria nello stesso luogo – a Magnanville, un sobborgo nord-occidentale nella periferia di Parigi. L’uomo, che aveva in ostaggio il figlio di 3 anni della coppia, è stato arrestato dopo ore di trattative dalla squadra di intervento rapido della polizia francese, il RAID (Recherche, Assistance, Intervention, Dissuasion). Abballa prima di consegnarsi aveva registrato e pubblicato un video su Facebook e sugli altri social network in cui si proclamava “un soldato islamico”, una sorta di appartenente allo Stato Islamico (IS), e inneggiava all’uccisione di poliziotti, agenti penitenziari, giornalisti e rapper. Nello stesso video Abballa spiegava che «gli Europei [di calcio in corso in Francia] saranno un cimitero». Già noto alle forze di sicurezza francesi e condannato nel 2013 a due anni e mezzo di carcere per associazione a delinquere con fini di terrorismo, Abballa fu scarcerato per inconsistenza di elementi che ne giustificassero il prolungamento della detenzione, sebbene egli fosse infatti stato individuato dalle autorità come una sorta di reclutatore/facilitatore di potenziali jihadisti pronti a combattere in Afghanistan e Pakistan. Nonostante l’azione eclatante e l’ampia pubblicità e curiosità innescata, l’atto di terrorismo compiuto da Abballa è ancora al vaglio degli inquirenti che vogliono meglio approfondire le reali motiviazioni del gesto, capire quali connessioni potenziali o dirette vi siano con l’IS, se l’attentato sia accreditabile ad un lone wolf, se sia stato vagamente ispirato/influenzato dall’IS o se è attribuibile ad un atto di terrorismo interno senza alcuna finalità eversiva, politica e/o religiosa. Le autorità, dunque, non escludono nessuna ipotesi e cercano pertanto di conoscere meglio dettagli o passaggi fondamentali della vita personale dell’uomo. Sebbene siano ancora molti i punti oscuri, l’attacco di Magnanville ha confermato tuttavia l’entità di una crescente minaccia terroristica endogena.

LIBIA, 23 GIUGNO ↴ L’offensiva contro Sirte lanciata a maggio dalle forze di Misurata fedeli al governo di unità nazionale guidato da Fayez al-Serraj, sembra essere ormai giunta alle sue fasi finali e la riconquista di Sirte appare prossima. Non a caso, il 23 giugno, l’aviazione libica ha lanciato nella zona di Sirte dei volantini con i quali si avvisava la popolazione che presto la città sarebbe stata liberata dai jihadisti. Il 12 giungo, in 8


risposta all’avanzata delle forze nazionali libiche e nel tentativo di contrastarla, l’IS, vistosi ormai accerchiato, ha portato a termine tre attacchi suicidi contro le forze governative libiche a Sirte. Mentre la lotta contro le postazioni dello Stato Islamico in Libia sembra portare i suoi primi e concreti frutti con la ripresa di Sirte, la tensione tra le forze fedeli al governo al-Serraj, in particolare la Guardia di Difesa Petrolifera (PDG) di Ibrahim Jathran, e le milizie fedeli al generale Khalifa Haftar si fa sempre più crescente. Negli ultimi giorni si sono infatti registrati alcuni scontri, in particolare nella zona di Ajdabiya, tra le due fazioni rivali. Intanto, sul piano internazionale, si è registrata l’approvazione, il 14 giugno, da parte del Consiglio di Sicurezza (CdS) delle Nazioni Unite della Risoluzione 2292. Il CdS ha espresso tutto il suo apprezzamento in riferimento a quanto concordato a Vienna il 16 maggio circa la necessità di rinforzare il coordinamento tra l’armata libica legittima e i servizi di sicurezza libici legittimi, così da creare una struttura maggiormente integrata ed efficace soprattutto nella lotta contro l’IS. Il Consiglio, sollecita, inoltre, il governo al-Serraj a nominare un referente che sarà incaricato di fornire al Comitato creato con la Risoluzione 1970 (2011) le informazioni utili circa la struttura delle forze di sicurezza poste sotto il controllo del governo legittimo libico in modo da poter procedere alla valutazione della richiesta di deroga all’embargo sulle armi così come avanzata da al-Serraj proprio in occasione del Vertice del 16 maggio. Nella Risoluzione, inoltre, dopo aver espresso una profonda preoccupazione per la minaccia derivante in Libia dalla presenza di armi e munizioni non “sécurisées”, per la loro proliferazione e soprattutto per il frequente loro trasferimento a gruppi armati terroristici in totale violazione dell’embargo sulle armi posto dalle Nazioni Unite, il CdS, prendendo atto della decisione del Consiglio Europeo del 23 maggio 2016 e agendo in virtù del Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, ha autorizzato, per un periodo di 12 mesi e con alcune specifiche limitazioni volte a tutelare i diritti di bandiera, gli Stati membri, agenti a titolo nazionale o nel quadro di organismi regionali, ad ispezionare in alto mare al largo delle coste libiche navi aventi come destinazione le coste libiche o provenienti dalle stesse, qualora vi siano ragionevoli motivi per supporre che queste siano implicate nel trasporto di armi o di materiale connesso in violazione dell’embargo.

Qualora

dell’embargo,

gli

da

Stati

tali sono

ispezioni

risultasse

conseguentemente

una

concreta

autorizzati

a

violazione procedere

all’eliminazione (distruggendo, mettendo fuori uso o trasferendo il materiale ad altro Stato affinchè possa essere eliminato) di tale materiale. Conformemente e nel quadro della Risoluzione n. 2292 del Consiglio di Sicurezza, il 20 giugno il Consiglio Europeo in formazione Esteri ha ufficialmente prorogato di un anno (fino al 27 luglio 2017) e allargato al controllo del rispetto delle armi il mandato della missione EUNAVFOR MED - Operazione Sophia, secondo le linee già espresse nella riunione del 23 maggio.

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RUSSIA, 16-18 GIUGNO ↴ Si è tenuto a San Pietroburgo la 19esima edizione del Forum economico (SPIEF), il principale appuntamento economico

che

si

tiene

annualmente

dal

1997

nell’antica capitale degli Zar, che ha visto riunire importanti leader europei e internazionali, nonché numerosi e rilevanti attori economici e commerciali nazionali (oltre 600 aziende russe) e stranieri (500 società basate in 60 Paesi diversi, tra cui Exxon Mobil, Eni, Leonardo-Finmeccanica e Royal Dutch Shell). Durante la tre giorni della cosiddetta “Davos russa” si è discusso a livello di leadership di nuove strategie di collaborazione nel quadro delle attuali tensioni geopolitiche globali e si sono firmati contratti, partenariati e progetti di cooperazione economica bi- e multilaterale. Un approccio, quest’ultimo, molto importante soprattutto per la Russia alle prese con una pesante crisi economica e alla ricerca di una maggiore diversificazione della propria struttura non più dipendente solo e unicamente dagli idrocarburi e dai metalli preziosi, e perciò interessata all’attrazione di investimenti stranieri tramite l’accorciamento di iter burocratici e la concessione di agevolazioni e sgravi fiscali. Nonostante le conseguenze negative delle contromisure russe soprattutto nell’agro-alimentare e come ribadito dal vice Premier russo Arkady Dvorkovich, l’Italia – ospite d’onore al Forum – mantiene solidi interessi reciproci con il partner russo, con il quale ha accordi del valore di 1,4 miliardi di euro. In questo contesto il bilaterale a latere dello SPIEF 2016 tra Renzi e Putin, viene interpretato da Mosca come un’opportunità per abbattere il muro creato dalle tensioni in Ucraina e per cercare di sgravare il peso sempre più consistente delle sanzioni americane ed europee sull’economia russa. Anche la presenza al Forum del Presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker si inserisce in questo processo, interrompendo così un periodo di oltre due anni di assenza di visite ufficiali da parte di un leader europeo in Russia. Nonostante il segnale positivo, Juncker – cauto nel non aprire spiragli sulla questione ucraina – ha ribadito che le sanzioni imposte alla Russia non verranno eliminate finchè gli accordi di Minsk non saranno completamente rispettati.

STATI UNITI, 12 GIUGNO ↴ Omar Mateen, un giovane americano di origini afghane, è il responsabile della strage avvenuta a Orlando (Florida) nel night club The Pulse, che ha visto l’uccisione di 49 persone e il ferimento di altrettante. Seppur con le dovute precauzioni e basandosi sulla telefonata fatta dallo stesso Mateen al 911, l’attacco 10


sembrava essere ricollegabile in un primo momento ad una qualche azione dello Stato Islamico negli USA; tuttavia un approfondimento delle indagini condotto dalle autorità federali sembrerebbe circoscrivere l’azione ad un fatto di terrorismo interno e non direttamente collegato all’IS. Le indagini ancora in corso potrebbero far ulteriormente luce sulle reali motivazioni che risiedono nell’atto criminale di Mateen. Ad ogni modo quella di Orlando è la più grave strage avvenuta sul suolo americano dopo l’11 settembre. L’evento ha avuto immediatamente ripercussioni sugli equilibri della campagna elettorale americana, riportando alla luce due tematiche particolarmente delicate per l’elettorato: la minaccia terroristica e la questione relativa alla diffusione delle armi sul territorio statunitense. Le risposte che i due candidati alle presidenziali americane hanno fornito dinnanzi al tragico evento sono state molto diverse. Da un lato Hillary Clinton ha puntato il dito contro l’eccessiva diffusione delle armi tra i cittadini americani e sulla necessità di applicare concretamente le misure prese dal Presidente Obama per limitare le possibilità di acquisto di un’arma da fuoco da parte di cittadini con precedenti penali (come nel caso di Mateen) e da persone affette da disturbi psicologici. Dall’altro Donald Trump ha sostenuto che l’unico modo per evitare il ripetersi di eventi simili è quello di prendere le adeguate misure per contrastare la minaccia terroristica dentro e fuori dai confini americani e di dare ai cittadini statunitensi la possibilità di poter possedere ed usare un’arma per potersi difendere da situazioni come queste. Il tycoon ha inoltre ribadito l’esigenza di procedere verso politiche migratorie più severe, proponendo restrizioni per l’afflusso di musulmani provenienti da Paesi caratterizzati da fenomeni di terrorismo. La limitazione delle armi da fuoco, la lotta al terrorismo e l’adozione di politiche migratorie più stringenti si sono confermate importanti questioni dinnanzi all’elettorato americano.

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ALTRE DAL MONDO AFGHANISTAN, 16-20 GIUGNO ↴ I Talebani, attraverso il loro portavoce Zabihullah Mujahid, hanno rivendicato la paternità dell’attentato avvenuto nella capitale Kabul ai danni di un minibus che trasportava soldati nepalesi in servizio presso l’Ambasciata canadese, uccidendone 14. Nella stessa giornata sono avvenuti altri due attentati, uno nella capitale afghana ed un altro nella provincia nordorientale del Badakhshan, dove sono morte altre otto persone. Non c’è stata invece al momento alcuna rivendicazione per l’uccisione, avvenuta lo scorso 16 giugno, di Mohammad Hadi, Governatore distrettuale di Kohmard, città situata a 100 km da Bamyan, in una delle zone dove la resistenza talebana è più intraprendente.

ARABIA SAUDITA-STATI UNITI, 13-17 GIUGNO ↴ Si è tenuta a Washington un’attesa visita ufficiale del Ministro della Difesa saudita, Mohammed Bin Salman. Durante il soggiorno statunitense, il Principe ha incontrato il Presidente Barack Obama, il Segretario di Stato John Kerry, il Segretario della Difesa Ashton Carter, il Direttore della CIA John Brennan e diversi rappresentanti delle principali aziende tecnologiche statunitensi. Secondo la maggior parte della stampa specializzata mediorientale e statunitense, il viaggio di Salman, oltre a rappresentare un chiaro segnale di distensione politica tra i due governi, è stato mirato anche alla definizione e alla promozione del piano nazionale saudita per rivitalizzare l’economia del regno. Riyadh è infatti ormai pronta a dare il via ad una nuova stagione di investimenti di grandi dimensioni per tentare di diversificare la propria economia ad oggi fortemente dipendente dal settore petrolifero. Lo scorso 22 giugno, il Principe ha inoltre firmato un accordo di scambio tecnologico con Microsoft Corporation International. Le autorità saudite si aspettano così di portare nel Paese le ultime scoperte tecnologiche realizzate dalle aziende della Silicon Valley e impiegarle nell’attuazione del programma di riforme economiche “Vision 2030”.

BELGIO, 18 GIUGNO ↴ Le forze di sicurezza nazionali hanno lanciato una vasta operazione anti-terrorismo in tutto il Paese, concentrando la maggior parte delle proprie forze in 16 comuni dell’area metropolitana di Bruxelles, in Vallonia (a Verviers, vicino Liegi, e nei dintorni di Charleroi) e nelle Fiandre (in particolare nella regione di Anversa), ritenuti da inquirenti e forze di polizia i principali incubatori di soggetti radicalizzati o potenzialmente ascrivibili alla galassia del jihadismo militante. L’operazione è partita dietro una segnalazione telefonica anonima che richiamava l’attenzione su possibili nuovi attentati in Belgio e Francia, da concretizzarsi presumibilmente entro la fine dei prossimi Campionati europei di calcio che si giocano appunto in territorio francese.

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L’azione di polizia ha condotto all’arresto di 12 persone, molte delle quali già seguite nei mesi scorsi dalle autorità belghe.

BRASILE, 17 GIUGNO ↴ Il governatore ad interim Francisco Dornelles ha dichiarato lo stato d’emergenza finanziaria dello Stato brasiliano di Rio de Janeiro. Nel decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, Dornelles autorizza l’applicazione di misure eccezionali, affermando che lo Stato da lui governato è sull’orlo della “calamità pubblica”, con conseguente rischio di un crollo totale dei servizi pubblici essenziali, quali la sicurezza, la sanità e l’istruzione. A poco meno di due mesi dall’inizio delle Olimpiadi 2016, Dornelles ha inoltre dichiarato che c’è la possibilità che Rio non riesca ad onorare gli impegni assunti per i Giochi olimpici. Infatti, nonostante la maggior parte dei finanziamenti sia garantita dal Municipio di Rio, lo Stato è responsabile nel settore dei trasporti e per il rispetto dell’ordine pubblico. L’annuncio segue la visita del Presidente ad interim del Brasile, Michel Temer, il quale aveva dichiarato che avrebbe fornito aiuti federali a Rio de Janeiro per finanziare i servizi pubblici.

CINA-GERMANIA, 11-14 GIUGNO ↴ Il Cancelliere tedesco Angela Merkel ha tenuto una rilevante visita di Stato a Pechino – il nono viaggio in dieci anni di mandato – mirata al rafforzamento dei rapporti politici ed economico-commerciali bilaterali. Durante la sua visita, Merkel ha spiegato ai suoi interlocutori, il Presidente Xi Jinping e il Premier Li Keqiang, che «non esiste alcuna guerra commerciale tra Unione Europea e Cina», tuttavia ha espresso preoccupazione per la sovrapproduzione di acciaio cinese che mette sotto pressione i mercati europei e che rischia di mandare in crisi le industrie di settore. Il Cancelliere ha inoltre sollecitato la Cina ad aprirsi agli investimenti stranieri, in modo anche da favorire le aziende tedesche da sempre interessate al mercato cinese e in particolare al settore manifatturiero. Al centro dei colloqui anche la nuova legge cinese che conferisce alla polizia ampia discrezione nell’esercitare controlli sulle ONG in nome degli interessi nazionali, nonché un chiaro riferimento all’avanzamento del processo politico di Stato di diritto nel Paese asiatico, fautore, questo, di un rafforzamento dell’uguaglianza e della stabilità sociale.

COLOMBIA, 23 GIUGNO ↴ Dopo oltre mezzo secolo di conflitto e quattro anni di lunghe e tortuose trattative segrete tenute tra Oslo e L’Avana, il governo colombiano e gli insorti delle Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia (FARC) hanno annunciato nella capitale cubana la storica firma di un accordo di pace tra le parti. Dopo il passo falso dello scorso aprile, il Presidente della Repubblica Juan Manuel Santos e il leader delle FARC Rodrigo Londoño, detto Timonchenko, alla presenza del Segretario Generale delle Na-

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zioni Unite Ban Ki-moon e dei mediatori internazionali di Norvegia, Cile, Cuba e Venezuela, hanno ufficialmente firmato l’accordo di pace che dovrebbe mettere fine ad una guerra che in 52 anni ha provocato oltre 8 milioni di morti nel Paese. L’intesa prevede che entro i prossimi 60 giorni tutte le milizie collegate alle FARC dovranno consegnare le armi alle Nazioni Unite, mentre nei successivi sei mesi che gli oltre 20.000 insorti confluiscano in 23 aree di smobilitazione e in 8 accampamenti provvisori, prima del reinserimento definitivo nella società civile colombiana. L’intero iter mediato e sorvegliato dall’ONU è mirato all’avvio di un processo di normalizzazione e di riconciliazione nazionale. Santos ha dunque proclamato l’istituzione di un referendum popolare nel prossimo mese di settembre con l’obiettivo di legittimare politicamente l’intesa dell’Avana.

COREA DEL NORD, 15-22 GIUGNO ↴ La Cina ha imposto un divieto alla vendita di tecnologia nucleare alla Corea del Nord. La mossa si inserisce nel quadro della Risoluzione 2270 adottata a marzo dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e volta ad impedire la produzione di armi nucleari da parte di Pyongyang. Nel divieto cinese sono inclusi materiali come: magneti ad anello, leghe in alluminio ad alta resistenza, apparecchiature per la saldatura a laser e una serie di sostanze che potrebbero essere usate per produrre armi chimiche o nucleari. Pochi giorni dopo l’annuncio del divieto, il 22 giugno, la Corea del Nord ha condotto due nuovi test missilistici a distanza di poche ore l’uno dall’altro. Si è trattato di due missili di media gittata (3.500/4.000 Km di distanza) di tipo Musudan, il primo dei quali è esploso a soli 150 Km dal lancio, nel Mar del Giappone; mentre il secondo sembra aver raggiunto una distanza di 400 Km dalla costa di Wonsan elevandosi ad un’altitudine di 1.000 Km.

CROAZIA, 16 GIUGNO ↴ Dopo appena cinque mesi dall’assunzione del suo incarico, il Primo Ministro Tihomir Orešković è stato sfiduciato dal Parlamento e invitato dalle forze di opposizione (centristi, socialisti e minoranze etniche) a rassegnare le proprie dimissioni e ad indire nuove consultazioni. La crisi di governo, che porterà la Croazia alle elezioni anticipate il prossimo 20 settembre, ha origine nel conflitto di interessi che ha coinvolto il Premier uscente e Tomislav Karamarko, leader del partito conservatore HDZ (Unione Democratica Croata) e di maggioranza relativa all’interno del Sabor (il Parlamento croato), e dallo scandalo corruzione riguardante l’azienda energetica INA-MOL, che ha coinvolto direttamente lo stesso Karamarko.

EGITTO, 21 GIUGNO ↴ Il Consiglio di Stato ha dichiarato nullo l’accordo siglato tra il governo del Cairo e l’Arabia Saudita sulla cessione di sovranità delle isole Sanafir e Tiran, nel Mar Rosso. I due territori sono sottoposti al controllo amministrativo e politico egiziano sin 14


dall’accordo di delimitazione del 1906 tra l’Impero Ottomano e il Regno Unito, che controllava il Paese nordafricano. L’intesa, raggiunta lo scorso aprile ed accompagnata da numerose proteste popolari, è stata annullata dalla Corte per un vizio procedurale. Infatti secondo la Costituzione nazionale, l’atto unilaterale del governo è illegittimo e il governo avrebbe dovuto presentare la proposta di cessione delle isole egiziane dinanzi al Parlamento riunito, il quale avrebbe potuto far passare la proposta del legislatore a larga maggioranza. L’esecutivo ha già annunciato di voler ricorrere presso la Corte Suprema. Qualora non dovesse rientrare la controversia tra potere legislativo e giudiziario egiziano, l’Arabia Saudita potrebbe adire presso un arbitrato internazionale con il rischio pertanto di aggravare le apparentemente stabili relazioni bilaterali tra Il Cairo e Riyadh.

GIORDANIA, 21-22 GIUGNO ↴ Un attacco kamikaze non rivendicato si è verificato presso il campo profughi di alRukban, nel nord-est della Giordania: un camion pieno di esplosivo è penetrato dal confine siriano ed è saltato in aria davanti a un posto di blocco dell’esercito, uccidendo sei soldati e ferendo gravemente sedici persone. Il campo di al-Rukban è utilizzato dai militari giordani per accogliere e interrogare i civili in fuga dalla vicina Siria. Immediata la reazione del governo di Amman che il 22 giugno ha decretato la chiusura dei confini con la Siria e con l’Iraq, dichiarandoli zone militari. Tale provvedimento è stato accompagnato dall’annuncio dell’immediata cessazione di tutti i progetti di costruzione di nuovi campi profughi e di ampliamento di quelli già esistenti. L’attacco ad al-Rukban sembra certificare una crescente pressione di cellule di DAESH all’interno e all’esterno della Giordania.

MAROCCO, 13 GIUGNO ↴ Il Ministero dell’Interno di Rabat ha reso noto che un cittadino italiano è stato arrestato l’8 giugno dalle autorità locali all’aeroporto di Oujda, nei pressi del confine con l’Algeria. L’uomo, del quale non è stata ancora comunicata l’identità, è stato fermato con l’accusa di avere dei legami con l’IS e di stare pianificando attentati in Marocco. Sempre secondo quanto riportato nel comunicato marocchino, il presunto terrorista era residente in Belgio, dove avrebbe ricevuto un indottrinamento da islamisti radicali e avrebbe poi, nel 2014, cercato di raggiungere i campi di addestramento dei miliziani dell’IS in Siria ed Iraq. Tuttavia, non essendo riuscito in tale intento sarebbe tornato inizialmente in Belgio per poi recarsi a Casablanca a partire dal giugno 2015; in quest’ultimo viaggio l’uomo avrebbe individuato i possibili obiettivi di attentati terroristici nel cuore commerciale del Paese maghrebino.

REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO, 21 GIUGNO ↴ I giudici della Corte Penale Internazionale hanno condannato il congolese Jean Pierre Bemba a 18 anni di reclusione per crimini contro l’umanità. L’ex vice Presidente della 15


Repubblica Democratica del Congo, che ha già scontato otto anni di prigione in Belgio, è stato ritenuto direttamente responsabile dei crimini commessi dalle truppe del Mouvement pour la Liberation du Congo (MLP) inviate in Repubblica Centrafricana, durante il colpo di Stato dell’allora generale François Bozizé (2002-2003).

SOMALIA, 25 GIUGNO ↴ Un’autobomba è esplosa nell’Hotel Naasa Hablood a Mogadiscio, un edificio frequentato anche da molti turisti stranieri, provocando 35 morti e diverse decine di feriti. L’attacco, che è stato condotto da un commando di 4 uomini già presenti nell’albergo al momento dell’avvio dell’azione militare, è stato rivendicato dal gruppo islamista somalo al-Shabaab. La rinata vitalità e incisività dell’organizzazione islamista si ascrive ad una serie di fattori (riduzione degli aiuti internazionali alla missione AMISOM, intra-conflittualità e rischio di nuove scissioni all’interno del gruppo) che confermano una rinnovata pericolosità, nonché una mutata strategia di al-Shabaab nella conduzione delle azioni stragiste nel Paese. Nel solo mese di giugno, la Somalia ha assistito infatti a due attacchi terroristici dall’alto valore politico, economico e militare. Il primo avvenuto sempre nella capitale, all’hotel Ambassador (1° giugno), ha portato alla morte di tre parlamentari somali. Il successivo, avvenuto il 9 giugno, è stato l’attacco contro la base militare dell’AMISOM nel nord del Paese, che ha provocato 43 vittime, tutti soldati etiopici della missione militare dell’Unione Africana.

YEMEN, 17 GIUGNO ↴ Anwar Gargash, Ministro degli Affari Esteri degli Emirati Arabi Uniti ha dichiarato che l’impegno delle truppe emiratine all’interno della coalizione a guida saudita che è intervenuta nel conflitto civile yemenita si avvia alla conclusione. La dichiarazione di Gargash lascia aperta la possibilità che gli EAU possano lasciare truppe schierate nel sud del Paese, impegnate nelle operazioni contro il terrorismo. Abu Dhabi, che possiede uno degli eserciti meglio equipaggiati del Medio Oriente, ha subito oltre 80 perdite di soldati da quando è iniziato il loro intervento in Yemen nel marzo 2015.

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ANALISI E COMMENTI STATI UNITI-ISRAELE E IL MEMORANDUM DELLA DISCORDIA FABIO RONDINI ↴ La relazione tra Stati Uniti e Israele sta attraversando un’intensa fase di crisi politica, che ha trovato recentemente il suo apice nell’impasse delle trattative per il rinnovo del Memorandum of Understanding (MoU) relativo al prolungamento degli aiuti militari statunitensi alla Difesa israeliana. Questa situazione costituisce l’ultima di una serie di tensioni diplomatiche bilaterali maturate durante il mandato di Barack Obama: dalle divergenze sulla questione israelo-palestinese alla conclusione dell’accordo sul nucleare iraniano, passando per il progressivo distacco della Casa Bianca dagli affari mediorientali. Quello tra Washington e Tel Aviv è uno storico legame, che si è consolidato nel periodo della Guerra Fredda: pedina fondamentale per gli Stati Uniti in chiave di contenimento anti-sovietico nello scacchiere mediorientale e mediterraneo, lo Stato ebraico ha ottenuto l’appoggio diplomatico di Washington sia nella Guerra dei Sei Giorni del 1967, quando in sede di Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha posto il proprio veto sull’adozione di misure sanzionatorie dirette contro Tel Aviv, sia durante la guerra dello Yom Kippur del 1973, quando il Presidente Richard Nixon fornì ad Israele una serie di aiuti militari, incontrando l’opposizione di numerosi alleati europei. Il rapporto così stabilito si è mantenuto anche dopo il crollo dell’Unione Sovietica, ma negli ultimi anni questo legame si è indebolito a causa di una serie di divergenze d’interessi soprattutto in politica estera. L’ultima crepa è lo stallo appunto sul negoziato per il rinnovo del MoU, firmato nel 2007 sotto la presidenza di George W. Bush e in scadenza nel 2018, il cui testo prevedeva un cospicuo trasferimento di finanziamenti da Washington a Tel Aviv per il settore della Difesa (…) SEGUE >>>

A cura di OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE Ente di ricerca di “BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO” Associazione culturale per la promozione della conoscenza della politica internazionale C.F. 98099880787 www.bloglobal.net

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