OPI Weekly Report N°20/2016

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N°20, 31 LUGLIO – 3 SETTEMBRE 2016 ISSN: 2284-1024

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Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo Milano, 31 luglio 2016 ISSN: 2284-1024 A cura di: Davide Borsani Eleonora Bacchi Agnese Carlini Giuseppe Dentice Danilo Giordano Antonella Roberta La Fortezza Giorgia Mantelli Fabio Rondini Maria Serra

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Photo Credits: Mahmud Turkia/AFP/Getty Images; AFP; Dario Pignatelli/Getty Images.


FOCUS LIBIA ↴

La nuova offensiva lanciata ad inizio agosto dalle milizie di Misurata, fedeli al governo di Unità Nazionale guidato da Fayez al-Serraj, contro lo Stato Islamico (IS) a Sirte sembra aver portato ormai alla liberazione definitiva della città. Alla fine di luglio la situazione risultava congelata sulle posizioni raggiunte e le truppe di Misurata faticavano ad avanzare ulteriormente verso le ultime postazioni jihadiste, in particolare in direzione del quartier generale dell’IS a Sirte, il palazzo Ouagadougou. La situazione ha subito una forte accelerazione in seguito alla richiesta fatta agli USA dal governo internazionalmente riconosciuto di al-Serraj di intervenire in supporto aereo alle forze libiche di terra.

LA BATTAGLIA DI SIRTE – FONTE: MEDIA OFFICE OF THE CAMPAIGN AGAINST IS IN SIRTE/REUTERS

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Il 1° agosto sono quindi iniziati i raid aerei statunitensi sulla zona di Sirte condotti in coordinamento con le autorità libiche nel quadro della missione Odyssey Lightning; nel periodo compreso tra l’inizio della missione e il 1° settembre le forze aeree statunitensi hanno compiuto più di 100 strike. La decisione degli USA di appoggiare con forze aree le milizie di Misurata ha sollevato, però, aspre critiche provenienti soprattutto da Mosca e da Tobruk, le quali hanno definito l’intervento statunitense illegittimo. A tali accuse, le stesse Nazioni Unite hanno risposto evidenziando e ricordando che i bombardamenti statunitensi risultano in linea con la Risoluzione n.2259 del dicembre 2015 in quanto, come si precisa nel testo, si tratta di azioni volte «a sostenere il governo di Accordo Nazionale su sua richiesta, nella lotta contro lo Stato Islamico». Infatti, i bombardamenti sono avvenuti su esplicita richiesta del governo al-Serraj, il quale, dopo aver temporeggiato per mesi, ha ceduto alla possibilità di richiedere un supporto militare occidentale. L’esitazione, del resto, derivava dalla consapevolezza di dover attuare un attento bilanciamento tra la possibilità di richiedere un intervento esterno, possibilità che avrebbe potuto sottoporre l’ancora oggi debole governo al-Serraj ad accuse di servilismo nei confronti delle potenze occidentali, e la necessità di raggiungere e liberare Sirte e di farlo soprattutto prima delle forze del Generale Haftar. La situazione di stallo così come si presentava a luglio avrebbe imposto alle milizie di Misurata, del resto, una dura guerra di logoramento che né le milizie stesse, dal punto di vista puramente militare, né il governo al-Serraj, dal punto di vista politico, avrebbero potuto sostenere a lungo. Nella richiesta di aiuto al-Serraj ha in ogni caso precisato, ancora una volta, che, sebbene si sia richiesto l’intervento statunitense, il governo rifiuta strenuamente ogni tipo di ingerenza straniera senza mandato o autorizzazione delle stesse istituzioni libiche. Soprattutto grazie all’intervento USA, dunque, la situazione di Sirte a metà agosto, dopo alcuni giorni di bombardamenti ripetuti, si è sbloccata e le forze di terra di Misurata sono riuscite, il 10 agosto, a liberare il quartier generale dell’Ougadougou. A metà agosto rimanevano asserragliate alcune cellule dello Stato Islamico, per un totale di poco più di 100 uomini (all’inizio dell’assedio si contavano circa 5.000 unità jihadiste nella zona di Sirte), soltanto nei distretti n. 1 e n. 3. Alla fine di agosto è iniziata l’ultima battaglia contro le rimanenti postazioni. Il portavoce militare della Brigata di Misurata, Rida Issa, ha comunicato ufficialmente il 29 agosto la conquista del distretto n. 1 precisando che l’offensiva finale, condotta con il supporto dei raid aerei statunitensi, è ormai cominciata e che è possibile ora avviare l’ultima fase delle operazioni consistente nel rastrellamento casa per casa della zona al fine di individuare eventuali jihadisti rimasti ancora nella città. L’Emirato libico, o il tentativo di costituzione di un emirato libico da parte dell’IS, sembra dunque essere giunto alle sue battute finali ora che Sirte è stata liberata. Ciononostante, rimangono sul territorio libico piccole cellule jihadiste clandestine che continuano a portare avanti attacchi e attentati terroristici soprattutto nelle zone di Derna e Bengasi; cel-

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lule, queste, che potrebbero nel lungo periodo trovare nuova linfa vitale dalla divisione interna delle forze libiche e, soprattutto, dalla generale instabilità politica del Paese. La liberazione di Sirte, da affiancarsi militarmente alla generale retrocessione delle posizioni jihadiste anche in Siria e Iraq, ha per il governo al-Serraj una chiara valenza politica nello scontro interno tra Tripoli e Tobruk. L’obiettivo di al-Serraj era quello di vincere a Sirte prima di Haftar così da favorire una rapida convergenza verso il proprio governo degli uomini oggi fedeli al governo di Tobruk. Se l’obiettivo militare, quello della liberazione di Sirte, è stato raggiunto, per quello politico invece non può dirsi lo stesso. Il Parlamento di Tobruk continua, infatti, ormai da mesi e senza sosta a negare la fiducia al Governo di Unità Nazionale e la situazione non sembra mutata dopo la “vittoria” di Sirte tanto che ancora una volta, nella votazione del 29 agosto, il Parlamento di Tobruk ha bocciato la lista dei Ministri presentata dal governo di Tripoli. Al contrario, sconfitto il nemico comune, la divisione tra Tripoli e Tobruk rischia di aggravarsi e accentuarsi. Il Paese sembra sempre più vicino, se non de jure quantomeno de facto, ad una divisione nelle tre storiche regioni libiche: la Tripolitania, ad Ovest, guidata dal governo di al-Serraj, la Cirenaica, ad est, fedele ad Haftar e amica dell’Egitto e il Fezzan, a sud, governato dall’anarchia e dalle bande armate.

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SIRIA-IRAQ ↴

Il conflitto siriano si conferma ancora una volta il più grande incubatore di conflitti (locali, regionali e internazionali) che si giocano in un Paese martoriato da oltre cinque anni di guerra. Una tendenza che è emersa con una certa evidenza nel corso dell’ultimo mese, dove alle recenti sconfitte dello Stato Islamico (IS) hanno fatto da contraltare le iniziative più o meno coerenti dei singoli attori coinvolti nello scenario politico-militare siriano. Un susseguirsi di azioni e combattimenti suscettibili di produrre sì ripercussioni tattiche immediate sul terreno, ma anche un alto potenziale di conseguenze di tipo strategico per il prossimo futuro, portando quindi ad un ribilanciamento dei pesi politici specifici all’interno dei vari conflitti siriani, nei quali ogni singolo attore è coinvolto in maniera differente, nonché in un eventuale processo di transizionale locale e regionale post-IS. Sul finire di luglio, dopo il rebranding di Jabhat al-Nusra in Jabhat Fatah al-Sham – un’operazione, questa, condivisa con la base di al-Qaeda e mirata forse ad una riproposizione politica dello stesso gruppo islamista siriano in termini di presentabilità per un prossimo futuro post-Assad (?) –, le forze ribelli (laiche e islamiste) antiregime erano passate al contrattacco, in particolare nelle aree attorno Idlib, Deir el-Zor e Aleppo, rompendo un lungo assedio che durava settimane e che sembrava preludere ad una capitolazione degli stessi gruppi anti-Assad in favore delle forze russo-siriane. Qui le formazioni ribelli sono riuscite a scacciare parzialmente dalla città di Aleppo – la cui conquista per una o l’altra parte potrebbe rappresentare un vero game changer nell’economia del conflitto – le forze russe e governative siriane, arrivando a controllare la parte orientale mentre il regime continua a mantenere le proprie forze in quella occidentale e in parte di quella meridionale. Rimane ancora una terra di nessuno la città vecchia, dove si registrano combattimenti quotidiani strada per strada. Non molto diversa è la situazione nei territori della provincia 4


omonima, dove le forze governative e russe hanno lanciato nuove operazioni a Ramouseh e Kuweires nel tentativo di arginare le offensive del fronte islamista di Jaysh al-Fatah e delle milizie dell’IS.

LA BATTAGLIA DI ALEPPO (UPDATE 15/07 – 08/08) – FONTE: INSTITUTE FOR THE STUDY OF WAR

Se Aleppo e dintorni continuano a vivere una fase sostanzialmente di stallo militare, quanto avvenuto a Manbij – piccola ma strategica città lungo l’asse est-ovest e nordsud, nonché snodo logistico fondamentale per i rifornimenti dei miliziani del Califfo al-Baghdadi – potrebbe rappresentare una piccola chiave di volta all’interno del conflitto. Infatti, il 14 agosto le forze curde YPG e SDF – supportate dalle truppe speciali statunitensi e dalla copertura aerea della coalizione internazionale nella missione Inherent Resolve – sono riuscite a penetrare nell’avamposto e a scacciare dopo una lunga battaglia le forze residuali dell’IS in loco, costringendole in parte ad una rovinosa ritirata verso sud, in direzione di al-Ghadurah. La coda degli scontri tra curdi e IS si è protratta anche nei giorni successivi, dove i primi hanno sfruttato la posizione attuale di debolezza delle milizie del Califfo per sferrare attacchi 5


e riconquistare nuovi territori a ovest, nei pressi del villaggio di Arimah, e a nord/nord-est in direzione di Jarablus e Hasakah. Negli stessi giorni, l’aviazione siriana ha sferrato diversi raid aerei lungo i confini settentrionali, nel tentativo di impedire una saldatura territoriale nei cosiddetti cantoni curdi. Parallelamente, le forze dell’IS hanno lanciato una grande offensiva a nord, nel governatorato di Hasakah, attestandosi a ridosso del perimetro meridionale della città di alShahdadi, abitato strategico situato in prossimità del governatorato di Deir el-Zor, con l’intento di penetrare le linee nemiche per colpirle alle spalle con un’azione a tenaglia. In questo contesto caotico e frammentato, il mese di agosto ha rappresentato un punto di svolta, forse fondamentale, nell’inerzia del conflitto siriano, a causa del diretto coinvolgimento della Turchia nelle operazioni terrestri lungo tutto il lungo confine condiviso. Il 24 agosto Ankara, spettatore interessato e parzialmente attivo nella partita siriana, ha definitivamente sciolto gli indugi decidendo di partecipare al contrattacco bloccando e impendendo qualsiasi iniziativa curda-siriana che potesse minacciare l’integrità territoriale turca. Con un dispiegamento di carri armati e uomini dei reparti speciali dell’esercito, la Turchia ha operato in maniera totalmente speculare alle milizie YPG e SDF: frenare un continuum terrestre che collegasse i cantoni curdi-siriani, favorendo eventuali rivendicazioni curde-turche nel proprio territorio. Le truppe turche, con il supporto delle forze rimanenti all’Esercito Libero Siriano (ELS), sono intervenute nel corridoio di Jarablus, liberando la città dalla presenza curda-siriana, e spostando immediatamente dopo le proprie forze verso Manbij. Con l’operazione Euphrates Shield, Ankara ha iniziato a colpire le postazioni curde situate nel cantone di Efrin e nelle aree tra Azaz e Marea, permettendo così ai ribelli dell’ELS di occupare i territori grazie alla copertura militare turca. Allo stesso tempo le operazioni di Turchia e ribelli siriani nell’area di al-Rai mirano a togliere vantaggi strategici ai miliziani dell’IS, securitarizzando quindi l’intero confine condiviso con la Siria e impedendo infiltrazioni jihadiste in Turchia.

LINEA DEL FRONTE MILITARE TURCO IN SIRIA (UPDATE 30/08) – FONTE: INSTITUTE FOR THE STUDY OF WAR

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Una postura, quella turca, tanto più rafforzata nei mesi sia dalla definitiva rottura del processo di pace con il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) – che con l’YPG mantiene profondi legami, sia dagli sviluppi delle questioni interne turche –, sia dal recente riavvicinamento con la Russia (suggellato dall’incontro di Erdoğan e Putin del 9 agosto), l’intervento della quale ha non di meno sicuramente indebolito le posizioni curde e in un certo qual modo le strategie degli USA: questi, pur appoggiando l’ultimatum di Ankara sul ritiro dell’YPG oltre l’Eufrate e pur preferendo che i curdi non arrivassero a Jarablus, continuano ad appoggiare i curdi-siriani ai fini del contrasto all’IS – in vista evidentemente dell’eventuale offensiva finale su Raqqa – e criticano l’azione turca verso Manbij. Proprio gli Stati Uniti, al pari della Russia, hanno manifestato un particolare attivismo nello scenario siriano, impegnandosi in primo luogo in un’opera di contenimento dell’IS e, secondariamente, ma non meno importante, rivaleggiando e cercando di contenere le azioni russe in Siria – come nel caso dell’eliminazione nell’area di Aleppo del portavoce dell’IS, Abu Mohammed al-Adnani, del quale non è ancora chiaro se sia stato ucciso da un’azione coordinata o eseguita in solitaria da USA e/o Federazione Russa. Mosca infatti è attiva da tempo e impegnata a ricucire legami con diversi attori regionali (Turchia e Iran, in primis), nel tentativo di creare un asse forte e, ugualmente, alternativo a Washington, che non veda nella fuoriuscita di Assad la soluzione ai mali del Paese. Attualmente, le posizioni sul campo sono le seguenti: il regime di Assad controlla la parte più occidentale del Paese; ampi territori a nord e sud sono in mano ai ribelli; i curdi si sono impossessati di fasce di territorio al confine con la Turchia, mentre l’IS, pur in ritirata, controlla ancora le zone orientali verso il confine iracheno. In questo quadro di estrema fluidità ed imprevedibilità, fatto di scontri locali e alleanze militari e politiche – non solo sul campo – alquanto instabili, ogni attore coinvolto quindi non sembra avere la forza e/o le capacità per imporre una vittoria netta nei confronti di una o più parti. Sebbene il ridimensionamento territoriale sia un fatto innegabile, le attuali débâcle in Siria e Iraq, ma più in generale in tutto il Medio Oriente, sembrano testimoniare l’avvio di una trasformazione di IS: non più dunque una realtà proto-statale ma un fenomeno ideologico e terroristico più simile alle proprie origini.

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BREVI THAILANDIA, 11 AGOSTO – 2 SETTEMBRE ↴

Una serie di esplosioni si sono succedute nella notte tra l’11 e il 12 di agosto in diverse città del sud della Thailandia – in particolare nella città turistica di Hua Hin, dove sono state almeno 4 le deflagrazioni –, nelle province di Trang, Surat Thani, Phuket e Phang Nga, provocando 4 vittime e il ferimento di alcune decine di persone. Il 23 agosto un altro attentato, in cui è rimasto ucciso un uomo, si è verificato di fronte ad un albergo della città di Pattani. Il 2 settembre una bomba è esplosa al passaggio di un treno lungo i binari ferroviari che collegano la stessa Pattani a Bangkok. Secondo le ricostruzioni dei giornali locali numerosi altri attentati minori sarebbero stati sventati nel corso dell’estate in tutto il Paese. Sebbene non sia pervenuta alcuna rivendicazione ufficiale, la pista più accreditata dalle autorità thailandesi sarebbe quella relativa alla violenza politica interna. Il 7 agosto era stata infatti votata e approvata a larga maggioranza (61,4%) la nuova Carta Costituzionale – fortemente voluta dalla giunta militare (il Consiglio nazionale per la pace e per l'ordine, NCPO, del Generale Prayuth Chan-Ocha) che governa il Paese dopo il colpo di Stato del 2014 – al termine di una campagna elettorale fortemente restrittiva delle opposizioni. Queste denunciano il tentativo dello stesso NCPO di continuare ad esercitare un forte controllo sulla vita civile anche dopo il termine del proprio incarico attraverso la nomina diretta dei membri del Senato e i poteri conferiti a tale organismo (tra cui l’elezione del Primo Ministro e dei rappresentanti della Camera bassa). Almeno 15 persone sospettate di essere dietro gli attentati sono state successivamente rilasciate. Malgrado occorra sottolineare che i gruppi separatisti presenti nelle regioni meridionali del Paese non hanno finora colpito obiettivi turistici, le modalità con cui sono avvenuti gli attacchi non possono tuttavia far escludere completamente un loro coinvolgimento e la possibilità che essi stessi stiano provando a puntellare le proprie istanze approfittando del clima di instabilità interno.

UCRAINA, 7-12 LUGLIO ↴ Dall’inizio del mese di agosto si è assistito ad un incremento delle attività militari russe sui confini settentrionali, orientali e meridionali dell’Ucraina. A seguito della denuncia russa di un presunto tentativo delle forze speciali ucraine di infiltrarsi in Crimea con lo scopo di condurre attacchi e destabilizzare il territorio alla vigilia delle elezioni di settembre, Mosca ha dispiegato nuove unità 8


navali ed aeree, forze terrestri e mezzi di supporto logistico, nonché una batteria completa del sistema di difesa aereo a lungo raggio Almaz-Antey S-400 Triumf (SA21 Growler) – già operativo in Siria – e del sistema di missilistico difesa costiera K300P Bastion (SS-C-5 Stooge), incrementando pertanto le capacità della Federazione Russa di perseguire operazioni definite di Anti Access/Area Denial (A2/AD) con lo scopo di interdire le manovre degli altri attori in conflitto in un raggio di almeno 300400 Km e contribuendo sia ad alterare, come dichiarato dagli Stati Uniti, gli equilibri dell’area sia ad aumentare la vulnerabilità dell’Ucraina su tutti i confini. Lo schieramento in questione, peraltro accompagnato infatti da esercitazioni militari in Transnistria (27 luglio-3 agosto) fortemente criticate dalle autorità della Moldavia, segue l’annuncio del Ministro della Difesa Sergej Shoigu della creazione di tre nuove divisioni militari nei distretti occidentali e meridionali russi. Gli osservatori internazionali dell’OSCE hanno parallelamente registrato un aumento delle violazioni del cessate il fuoco nella regione orientale del Donbass: sistemi lanciarazzi multipli sono stati individuati sia nelle aree dei separatisti sia sotto il controllo di Kiev. Sebbene i dispositivi di sicurezza russi siano ancora attivi e anche le autorità ucraine abbiano allertato 8mila nuovi riservisti per la conduzione di operazioni di addestramento in tutti i comandi operativi del Paese, l’escalation sembra attualmente rientrata in seguito ad un nuovo accordo di tregua – concertato con Francia e Germania – valido dal 31 agosto. L’azione del Cremlino e dei gruppi filo-russi sembra in questo senso finalizzata ad esercitare nuove pressioni sul governo ucraino per rispettare gli accordi di Minsk, ancora non completamente implementati, soprattutto per ciò che riguarda lo status speciale delle regioni di Donetsk e Lugansk.

UNIONE EUROPEA, 22 AGOSTO ↴ A Ventotene, luogo di confino degli autori del Manifesto dell’Europa Libera e Unita, si sono riuniti i leader politici di Italia, Francia e Germania, rispettivamente Matteo Renzi,

François

Hollande

e

Angela

Merkel,

con

l’obiettivo di rilanciare un’idea di Europa più forte dopo il referendum inglese sul Brexit. Dopo aver fatto visita ai luoghi della memoria sull’isola ponziana, i tre leader si sono riuniti in un summit a bordo della portaerei Garibaldi, per discutere dei numerosi punti in agenda: una maggiore flessibilità in materia di bilancio e un miglioramento degli investimenti voluto principalmente da Renzi; la realizzazione di un “migration compact” per fornire una risposta al dramma dei migranti; il progetto di una comunità europea della sicurezza e una serie di misure indirizzate al lavoro e ai giovani. Il rilancio europeo è strettamente collegato al miglioramento della condizione politica dei tre protagonisti: Renzi deve affrontare lo scetticismo tedesco in merito alle richieste di maggiore flessibilità sul bilancio; Hollande punta al raddoppio del piano Juncker per gli investimenti e al miglioramento della propria immagine prima delle elezioni 9


presidenziali del 2017; obiettivo condiviso anche dalla Cancelliera tedesca, che deve difendersi dalle spinte populiste interne in previsione delle legislative nazionali nel settembre del prossimo anno. Matteo Renzi e Angela Merkel si sono incontrati anche il 31 agosto a Maranello in occasione di un bilaterale italo-tedesco, nel quale Berlino ha assicurato flessibilità sui conti e sostegno all’Italia per la ricostruzione delle zone colpite dal sisma del 24 agosto. Oltre al rilancio europeo, anche la conclusione del TTIP costituisce una questione di primaria importanza per le Cancellerie europee. Le recenti dichiarazioni del vice Ministro del Commercio Estero francese Matthias Fekl sulla possibilità che la Francia non intenda sostenere ancora i

negoziati,

«eccessivamente sbilanciati verso le posizioni statunitensi», e le parole del Ministro dell’Economia e vice Cancelliere tedesco Sigmar Gabriel, che ha parlato addirittura di «fallimento del TTIP», rendono pressoché impossibile concludere l’accordo prima dell’insediamento del nuovo Presidente degli Stati Uniti, decretando, forse, anche un definitivo stop alle stesse trattative.

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ALTRE DAL MONDO AFGHANISTAN, 12-26 AGOSTO ↴ L’offensiva dei talebani ha colpito diverse province afghane nel corso del mese di agosto. La prima provincia interessata è stata Baghalan, dove dal 12 al 15 i talebani hanno assediato il distretto di Dahana-e-Ghori, riuscendo ad avere la meglio sulle forze governative. Il 20 agosto, è caduto in mano ai talebani anche il distretto Khanabad, nella provincia di Kunduz, tornato però sotto il controllo delle forze governative afghane solo alcune ore dopo. A Jani Khel, nella provincia di Paktia, il 26 agosto i talebani hanno conquistato il distretto omonimo dopo due settimane di assedio. Nella capitale afghana, infine, il 24 agosto è stata attaccata l’Università Americana di Kabul. Nell’attentato, che non è stato ancora rivendicato da alcun gruppo terroristico, circa 16 persone sono state uccise e altre 44 ferite.

BRASILE, 31 AGOSTO ↴ Il Senato brasiliano ha approvato, con 61 voti favorevoli e 20 contrari, la conferma dell’iter di destituzione nei confronti del Presidente Dilma Rousseff, al termine di un lungo processo di impeachment a suo carico e avviato nel maggio scorso. Nonostante il quorum per l’approvazione del provvedimento fosse elevato, hanno votato contro tutti i membri del Senato, ad eccezione del suo partito, il Partido dos Trabahadores (PT): non è stato approvato, invece, un secondo provvedimento che avrebbe interdetto la stessa Rousseff dai pubblici uffici, per otto anni. A prendere il suo posto sarà l’ex vice Presidente e attuale Capo di Stato ad interim Michel Temer che, secondo quanto previsto dalla Costituzione, guiderà il Paese fino alla scadenza naturale del mandato, nel 2018. Dopo la sentenza, nelle principali città del Paese sono sorte manifestazioni spontanee di dissenso dei sostenitori di Rousseff che, in numerose occasioni, si sono scontrate con la polizia in tenuta anti-sommossa.

COREA DEL NORD, 24 AGOSTO ↴ Un missile balistico è stato lanciato da un sottomarino della Corea del Nord distante 310 miglia dalla costa e mettendo a rischio la sicurezza della Repubblica coreana del Sud e del Giappone. Seul ha condannato il lancio, ritenendolo una protesta armata da parte di Pyongyang in risposta alle esercitazioni navali annuali che si tengono tra USA e Corea del Sud. Si tratta dell’ultimo di una serie di lanci missilistici registrati nel corso di questo anno da parte della Corea del Nord, che ha visto un miglioramento delle proprie capacità offensive. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non ha potuto condannare tale lancio in quanto Pechino, da parte sua, ha chiesto che nella dichiarazione dello stesso Consiglio venisse espresso dissenso anche nei confronti del sistema di difesa anti-missilistico americano THAAD installato di recente in Corea del Sud.

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EGITTO, 4 AGOSTO ↴ Dopo mesi di raid aerei e operazioni anti-terrorismo continue nel triangolo tra alArish, Sheikh Zuweid e Rafah, nel governatorato del Nord Sinai, l’intelligence, i militari e le forze di sicurezza egiziane sono riuscite ad assestare un duro colpo contro le forze insorgenti attive nell’area e riconducibili al Wilayat Sinai (WS), la cellula locale dello Stato Islamico. In uno strike aereo messo a segno dall’aviazione egiziana, e confermato anche dall’IDF israeliana, è stato ucciso Abu Duaa al-Ansari (nom de guerre di Mohammad Freij Ziada), comandante di WS e, secondo molti analisti egiziani e israeliani, ritenuto la vera mente operativa del gruppo. Nell’attacco avvenuto a sud di al-Arish sono stati uccisi inoltre 45 jihadisti legati presumibilmente allo stesso gruppo del leader di WS. Al-Ansari, fratello di Tawfik Freij Ziada, quest’ultimo tra i fondatori di Ansar Bayt al-Maqdis, rappresenta la più importante perdita a livello di establishment politico per il gruppo sinaitico legato allo Stato Islamico.

KIRGHIZISTAN, 30 AGOSTO ↴ Un’autobomba è esplosa nei pressi dell’Ambasciata cinese a Biškek, capitale del Kirghizistan. L’attentatore, unica vittima della deflagrazione, ha condotto il veicolo contro i cancelli della rappresentanza diplomatica e, superandoli, ha attivato il congegno esplosivo a poca distanza dalla residenza dell’Ambasciatore cinese. Il bilancio è di tre feriti, due guardie e una giardiniera, tutti di nazionalità kirghiza. Sebbene l’attacco non sia stato rivendicato da alcuna organizzazione, secondo alcune fonti potrebbe essere stata opera dei militanti uiguri del Movimento Islamico del Turkestan Orientale. Tale gruppo indipendentista, fondato sul nazionalismo uiguro, è attivo nella regione dello Xinjiang cinese. In questa zona, infatti, dal 2009 è aumentata la tensione tra il governo di Pechino e la minoranza etnica uigura a causa della repressione religiosa e della discriminazione sociale di cui l’etnia minoritaria è oggetto. Se fosse confermata la responsabilità uigura dell’attentato, sarebbe dimostrata l’estensione del conflitto inter-etnico anche al di fuori dei confini cinesi.

NIGERIA, 23 AGOSTO ↴ L’esercito nigeriano ha annunciato su Twitter che Abubakar Shekau, il leader dell’organizzazione integralista islamica Boko Haram, sarebbe rimasto ucciso durante un raid aereo insieme a numerosi comandanti del gruppo, mentre erano raccolti in preghiera nel villaggio di Taye, nella foresta di Sambisa dello Stato di Borno, una roccaforte del gruppo. La notizia della sua morte arriva nel giorno della visita in Nigeria del Segretario di Stato americano John Kerry. Tuttavia sulla notizia c’è ancora molta cautela sia perché non ci sono ancora conferme indipendenti, sia perché non è la prima volta che l’esercito nigeriano annuncia la morte di Shekau. Nel 2013 e nel 2014 venne infatti dichiarato morto e, in entrambi i casi, poco dopo l’annuncio, il leader apparve in video per smentire le notizie sulla sua uccisione.

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PAKISTAN, 8 AGOSTO ↴ Un attacco suicida ha ucciso almeno 70 persone, ferendone oltre un centinaio, in un ospedale di Quetta. Tra le vittime anche l’avvocato e attivista dei diritti umani Bilal Kasi, probabilmente il vero obiettivo dell’attentato, ucciso mentre si recava verso la sede del tribunale cittadino. L’attacco è stato rivendicato sia dallo Stato Islamico (IS) sia dalla fazione talebana pachistana; nel caso in cui l’IS fosse il vero responsabile si tratterebbe del primo attentato nel Baluchistan. La regione, che confina con l’Iran e l’Afghanistan, è ricca di risorse naturali (soprattutto gas) ma fortemente esposta alla violenza settaria tra musulmani sciiti e sunniti. Inoltre Quetta è considerata la base del gruppo talebano afghano, dove in più occasioni si sono riunite le più alte sfere del suddetto gruppo nel corso degli anni. L’attentato all’ospedale di Quetta non è il primo caso di attacco ad una struttura civile e sanitaria in Pakistan; nel 2010 un altro attacco simile uccise 13 persone a Karachi.

RUSSIA, 17 AGOSTO ↴ Attraverso un video comunicato pubblicato sull’Agenzia AMAQ, lo Stato Islamico (IS) ha rivendicato l’attacco avvenuto presso la stazione di polizia di Balašicha, a nordest di Mosca. I due attentatori – due giovani di origine cecena individuati in Sulim Israilov e Usman Murdalov –, successivamente neutralizzati dalle forze di sicurezza, hanno fatto irruzione nel comando ferendo con asce due agenti. Dopo quelli avvenuti in Daghestan ad inizio anno, si tratta del primo attacco dell’IS nel cuore della Federazione Russa. Sebbene permangano alcuni dubbi sul reale collegamento tra i due uomini e il Califfato, nello stesso video l’organizzazione di al-Baghdadi ha annunciato l’avvio di una campagna terroristica più intensa in Russia, che trova evidentemente terreno fertile nelle questioni relative alle istanze cecene laddove territori dello stesso Caucaso sembrerebbero essere diventati in tempi recenti centro di reclutamento per lo Stato Islamico.

SOMALIA, 26-30 AGOSTO ↴ Secondo fonti della sicurezza citate dall’agenzia d’informazione “Sonna”, il bilancio dell’attentato avvenuto il 30 agosto presso l’hotel Syl di Mogadiscio, in Somalia, è di 15 morti, per lo più militari, e 20 feriti. L’attacco, compiuto con un camion-bomba, è stato prontamente rivendicato dai terroristi islamici di al-Shabaab. Secondo il capo della polizia del distretto di Benadir, Bashar Abshir Gedi, le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco contro gli attentatori nel tentativo di fermare il veicolo, il quale è poi stato fatto esplodere all’esterno dell’hotel, nei pressi del principale checkpoint del palazzo presidenziale. L’attentato avviene pochi giorni dopo l’attacco del 26 agosto, durante il quale i miliziani di al-Shabaab, utilizzando un simile modus operandi, hanno fatto esplodere un’autobomba vicino all’Ambasciata della Turchia e poi hanno attaccato con un commando armato il vicino ristorante Banadir Beach, sul lungomare antistante la spiaggia Lido, barricandosi al suo interno. Dopo lo scontro a fuoco con le forze di sicurezza, due jihadisti sono stati uccisi mentre un terzo è stato arrestato. Il 13


gruppo terrorista affiliato ad al-Qaeda è stato cacciato militarmente da Mogadiscio nel 2011, ma ora sta intensificando esponenzialmente i suoi attentati nella capitale somala nel tentativo di far cadere il governo, sostenuto dalla comunità internazionale e dalla missione dell’Unione Africana in Somalia (AMISOM).

STATI UNITI-MESSICO, 31 AGOSTO ↴ Il Presidente del Messico, Enrique Peña Nieto, ha invitato nel suo Paese i due candidati alla presidenza degli Stati Uniti, il repubblicano Donald Trump e la democratica Hillary Clinton. Mentre la seconda ha ringraziato ma rinviato l’incontro “al momento opportuno”, il tycoon newyorchese ha accettato di buon grado. I due si sono dunque incontrati il 31 agosto per discutere degli interessi in comune e delle varie divergenze su politiche d’immigrazione e quelle commerciali. Peña Nieto e Trump hanno riconosciuto la necessità di lavorare insieme in futuro, soprattutto nel caso quest’ultimo diventi Presidente. Tuttavia, permangono attriti sulla costruzione e il pagamento del muro, che il repubblicano vorrebbe costruire al confine per fermare l’immigrazione clandestina messicana, e sull’utilità e la riforma del NAFTA.

TUNISIA, 23 AGOSTO ↴ Dopo la nomina ufficiale proposta dal Presidente della Repubblica Beji Caid Essebsi il 3 agosto, il Parlamento di Tunisi ha infine votato a larga maggioranza la fiducia nei confronti del Premier in pectore Youssef Chahed, ex Ministro degli Enti Locali nel precedente governo di Habib Essid, sfiduciato lo scorso 27 luglio. Chahed, il più giovane Primo Ministro nella storia del Paese, guiderà il nono esecutivo di unità nazionale dal 2011, che si reggerà ancora una volta sull’asse conservatore-islamista di Nidaa Tounes e Ennahda. Priorità del nuovo esecutivo saranno il rilancio dell’economia, un forte impulso nell’attrazione degli investimenti diretti esteri, la lotta alla corruzione e alla disoccupazione (in particolare quella giovanile), nonché un deciso contrasto al terrorismo di matrice islamista.

TURCHIA-RUSSIA, 9 AGOSTO ↴ L’incontro a San Pietroburgo tra Recep Tayyip Erdoğan e Vladimir Putin sembra aver momentaneamente ricucito le relazioni tra i due Paesi dopo la stagione di tensioni scaturita a seguito dell’abbattimento del jet russo al confine turco-siriano nel novembre 2015. Nella prospettiva di entrambi i Presidenti, il riavvicinamento dovrebbe conferire ad entrambi gli Stati sia una rinnovata profondità strategica nello scenario mediorientale – con specifico riferimento al conflitto siriano, nonostante la parziale divergenza di interessi, in contrapposizione con le azioni degli altri attori regionali ed internazionali – sia un rafforzamento dei rapporti bilaterali in ambito militare – come ha dichiarato lo stesso Erdoğan – ed economico, con lo scopo peraltro di perseguire una politica maggiormente assertiva nei confronti dell’Occidente e di tornare a favo-

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rire opportunità di crescita e di compenetrazione. Parallelamente alla graduale rimozione dell’embargo posto da Mosca sul settore turistico e agricolo turco, il riavvicinamento tra i due Paesi sembra essersi infatti concretizzato con l’incontro tra i rispettivi Ministri per lo Sviluppo Economico (2 agosto), Alexei Ulyukayev e Nihat Zeybekci, nonché con la ripresa delle trattative per la costruzione della centrale nucleare di Akkuyu da parte delle imprese russe e per la realizzazione del gasdotto Turkish Stream.

YEMEN, 29 AGOSTO ↴ Un’autobomba è esplosa nei pressi di un centro di addestramento reclute ad Aden, seconda città del Paese ed importante snodo portuale. L’attacco, il più cruento mai avvenuto ad Aden, ha causato la morte di oltre 70 persone ed è stato rivendicato dalla cellula locale del sedicente Stato Islamico (IS), il Wilayat Yaman. La scelta di Aden ha una forte valenza strategica, in quanto proprio qui risiede il quartier generale del governo deposto del Presidente Hadi, mentre il centro reclute colpito serviva ad addestrare nuovi soldati da inviare al combattimento. Lo scenario yemenita è reso molto complesso dalla contrapposizione tra truppe governative e ribelli Houthi, ai quali si aggiungono le operazioni terroristiche dell’IS e di al-Qaeda.

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ANALISI E COMMENTI CHAD AT WAR: FRANCE’S SHORT-TERM SOLUTION LUCIANO POLLICHIENI ↴ Nowadays Chad is becoming increasingly relevant as a security partner for the West and for France in particular. Despite the increased influence in the African geopolitical scenario, it is difficult to fully understand the country’s objectives and how it manages to achieve them. Indeed, a close study of Chad’s history and political environment shows the impact of how the idea on the use of force as a regulator of social and power issues on the country strategy, which is based on military activism In brief, in Chadians’ psychology there is an almost complete absence of the concept of “soft power”. This means that holding and exercising power can never be separated from the use of force. Furthermore, this concept of power is exerting a strong influence on the geopolitical strategy of N’Djamena, especially in its partnership with the West and with France in particular. Whatever the end of the numerous crises in the Sahel and the Lake Chad, it is clear that Chad will play an important role. For this reason, Chad’s ambitions and its plans for these regions should not be overlooked. Moreover, the current crisis in the Sahel and in Sub-Saharan Africa will influence the European politics for years to come with respect to many issues (migrations, terrorism, environment). This is another reason to study and understand Africa and its main actors, including Chad. The first part of this Research Paper will analyse the Chadian approach to warfare and how it is influenced by the experience of the so-called “warlordism” (…) SEGUE >>>

OPPORTUNITÀ E LIMITI DELL’INIZIATIVA FRANCESE SUI NEGOZIATI ISRAELO-PALESTINESI ANTONELLA ROBERTA LA FORTEZZA ↴ Arenatosi dopo l’ultimo tentativo dell’amministrazione Obama nel 2014 e offuscato dai dossier regionali e internazionali più pressanti come il conflitto nel “Siraq”, la lotta allo Stato Islamico (IS) e la relativa minaccia terroristica in Europa, il processo di pace israelo-palestinese sembra aver trovato nuovo vigore attraverso una proposta avanzata dalla Francia all’inizio del 2016. L’iniziativa parte dalla convinzione che una ripresa del dialogo bilaterale sia da considerarsi irrealistica in quanto le due parti appaiono schierate, ancora una volta, su posizioni troppo lontane, rendendo dunque impossibile, o perlomeno improbabile, rebus sic stantibus, una ripresa dei negoziati. La proposta francese si sviluppa perciò prevedendo un’azione in due tempi: una prima riunione ministeriale internazionale senza le due parti, israeliana e palestinese, che si è tenuta appunto il 3 giugno a Parigi; una seconda Conferenza internazionale riservata invece alle sole due delegazioni in causa, che dovrebbe presumibilmente tenersi entro la fine dell’anno. Nel mezzo si collocherebbero dei gruppi di lavoro che avranno l’obiettivo primario di identificare gli step negoziali e i termini di un futuro accordo, come avvenuto nei primi incontri preliminari dello scorso 21 luglio nella stessa capitale francese. Secondo il piano di Parigi tali working groups avranno lo scopo di indagare e di dimostrare i vantaggi della pace dal punto di vista economico, 16


della cooperazione e della sicurezza per entrambe le parti con lo scopo ultimo di raggiungere un “paquet global d’incitations”, un pacchetto globale di incentivi e garanzie, da presentare alle parti interessate nel secondo summit (…) SEGUE >>>

LE DIVERGENZE INTERNAZIONALI NEL CONTRASTO ALLO STATO ISLAMICO GIUSEPPE DENTICE ↴ Le recenti sconfitte subite dallo Stato Islamico (IS) in Siria e Iraq – non ultima quella di Manbij che ha bloccato la linea di rifornimenti del gruppo lungo l’asse nord-occidentale siriano, nonché la presunta uccisione del suo portavoce Abu Mohammad alAdnani, che segue quella di Abu Omar al-Shishani detto Omar “il Ceceno” – e i possibili preparativi russo-statunitensi da un lato e russo-iraniani dall’altro per nuove operazioni militari da lanciare a breve termine su Aleppo ed entro la fine dell’anno su Raqqa e Mosul – roccaforti del sedicente Califfato –, hanno convinto i principali attori impegnati nel teatro di guerra siro-iracheno ad un ripensamento delle proprie strategie in nome di un cambio di passo significativo nella lotta all’IS nel cosiddetto Siraq. La comunità internazionale è stata a lungo incapace di assumere una forte posizione contro quella che tuttavia è stata definita unanimemente «una grave minaccia senza precedenti alla pace globale» (Risoluzione ONU 2249/2015). Essa ha alternato, al pari dei processi diplomatici falliti e andati in scena a Ginevra, una serie di vaghe misure di contrasto all’IS nel quadro della legalità stabilita dalle Risoluzioni ONU (2170/2014, 2178/2014 e 2199/2015): dall’appoggio a livello politico e dal riconoscimento diplomatico ai gruppi ribelli anti-Assad e non filo-islamisti, passando per la fornitura di armamenti o di finanziamenti a costoro, al supporto agli stessi all’interno di coalizioni internazionali militari (…) SEGUE >>>

A cura di OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE Ente di ricerca di “BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO” Associazione culturale per la promozione della conoscenza della politica internazionale C.F. 98099880787 www.bloglobal.net

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