N°27, 13-19 NOVEMBRE 2016 ISSN: 2284-1024
I
www.bloglobal.net
Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo Milano, 20 novembre 2016 ISSN: 2284-1024 A cura di: Giulia Bernardi Oleksiy Bondarenko Davide Borsani Alessandro Costolino Giuseppe Dentice Nicolò Fasola Danilo Giordano Vladislav Krassilnikov Antonella Roberta La Fortezza Giorgia Mantelli Fabio Rondini Maria Serra
Questa pubblicazione può essere scaricata da: www.bloglobal.net Parti di questa pubblicazione possono essere riprodotte, a patto di fornire la fonte nella seguente forma: Weekly Report N°27/2016 (13-19 novembre 2016), Osservatorio di Politica Internazionale (OPI), Milano 2016, www.bloglobal.net
Photo Credits: AP Photo; AP Photo/Evan Vucci; AFP; ANSA/EPA; EFE; Getty Images.
FOCUS IRAQ-SIRIA ↴
Dopo aver strappato allo Stato Islamico (IS) la simbolica città assira di Nimrud (13 novembre), è proseguita con maggior veemenza, ma senza grandi risultati in termini di conquiste territoriali, l’avanzata militare verso Mosul, lanciata il 17 ottobre scorso dall’esercito iracheno e dai peshmerga curdi, con l’aiuto delle forze internazionali (in particolare statunitensi). Infatti, ad oltre un mese dall’avvio delle operazioni sulla seconda città del Paese, le forze di sicurezza irachene (ISF) stanno incontrando ancora la strenua resistenza da parte dei jihadisti dell’IS, impegnandosi in un estenuante combattimento porta a porta molto più simile alle azioni tipiche della guerriglia urbana. Il principale fronte delle operazioni è concentrato sul versante orientale di Mosul, dove le ISF sono riuscite a riconquistare i quartieri est di Zahra, Qadisiya, Tahrir e Gogjali. Ciononostante il territorio conquistato rappresenta meno di un decimo della superficie totale della città. Rimangono sostanzialmente in stallo invece le operazioni delle forze irachene sugli altri quadranti di Mosul, dove l’esercito combatte per tagliare le linee di rifornimento e per stringere l’assedio sulla città. A sud, l’ISF continua ad avanzare con cautela lungo la valle del fiume Tigri con l’obiettivo di riprendere l’aeroporto di Mosul, avamposto strategico dal quale rilanciare le azioni contro i jihadisti. A nord alcune unità dell’esercito hanno ripreso Bahwiza e liberato i dintorni della città, mentre sul fronte occidentale di Mosul le milizie sciite irachene (l’Organizzazione Badr, Kataib Hezbollah e Asaib Ahl al-Haq) stanno lentamente circondando Tal Afar, un presidio con una discreta presenza di turkmeni sciiti e che si trova su una linea di collegamento importante tra i territori iracheni e quelli siriani. 1
La ripresa di Tal Afar potrebbe rappresentare un altro fondamentale nodo politico e strategico per il futuro della campagna militare. Vi è infatti il concreto pericolo che la presenza di gruppi “fuori area” – come appunto le stesse milizie sciite – possa complicare non solo le operazioni per la ripresa di Mosul, ma anche un qualsiasi discorso di un Iraq post-IS pacificato, a causa della revanche sciita contro le comunità sunnite locali, emarginando quest’ultime e riproponendo le stesse dinamiche che hanno caratterizzato l’ascesa di IS in Iraq fin dal 2012. Inoltre la ripresa di Tal Afar da parte delle formazioni paramilitari sciite potrebbe aumentare i rischi di nuovi contrasti con i gruppi curdi-siriani e curdi-iracheni, nonché con la Turchia interessata ad impedire nuovi protagonismi nell’area, ma in particolare lungo i propri confini. Nonostante l’accerchiamento a Mosul, l’IS ha intensificato la sua campagna di terrore contro i civili e l’esercito iracheno. Da un lato si vuole scoraggiare e mortificare gli sforzi della popolazione evitando di dare appoggio ai militari iracheni, dall’altro si vuole dimostrare l’ancora forte presa sul territorio, anche attraverso strumenti di tortura e repressione nei confronti dei civili. Le milizie del Califfo al-Baghdadi hanno peraltro riattivato le proprie cellule “dormienti” nell’Anbar, permettendo così nuovi attacchi suicidi nelle città-simbolo di Falluja e Kerbala. L’avvio di attentati suicidi in un’area a forte concentrazione sunnita suggerisce la tesi secondo cui, sebbene i territori siano tornati sotto il controllo del governo di Baghdad, l’IS e le formazioni islamiste radicali vengono ancora percepite come “situazioni” tollerabili contro le azioni di emarginazione attuate dagli sciiti, ritenuti i responsabili dell’attuale condizione di instabilità del Paese.
CAMPAGNA MILITARE SU MOSUL (UPDATE AL 20/11/2016) – FONTE: LIVEUAMAP.COM
Sul fronte siriano, contestualmente, si fa sempre più drammatica la situazione umanitaria ad Aleppo, dopo che, il 15 novembre, Mosca ha deciso di lanciare un violento attacco aereo contro la zona orientale della città in mano ai ribelli. Secondo 2
il Ministro della Difesa russo, Sergej Shoigu, i raid hanno colpito obiettivi e campi di addestramento dello Stato Islamico e di gruppi islamisti vicini a Jabhat Fatah al-Sham (JFS, ex al-Nusra). Lo stesso Shoigu ha inoltre ammesso l’avvio in parallelo di una “grande operazione” contro IS e JFS nelle province di Idlib e Homs. Secondo gli osservatori internazionali delle Nazioni Unite si tratterebbe della peggior campagna di bombardamenti degli ultimi anni. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato un allarme umanitario dopo che i raid aerei russo-siriani hanno distrutto tutti gli ospedali da campo e le cliniche mobili della zona. Il Consigliere per la Sicurezza USA Susan Rice ha chiesto a Damasco e Mosca di fermare immediatamente le violenze per consentire l’arrivo di aiuti umanitari e permettere ai degenti di poter uscire dalla città in condizioni di sicurezza. Nel frattempo, nel silenzio internazionale, sembrerebbe procedere senza grandi opposizioni sul campo l’avanzata dei curdi-siriani dell’YPG e dei ribelli anti-Assad, con l’aiuto militare statunitense, verso Raqqa. I gruppi in questione sarebbero giunti a circa 26 chilometri dalla capitale dell’autoproclamato Stato Islamico.
3
STATI UNITI ↴
A seguito della vittoria del repubblicano Donald Trump alle elezioni dell’8 novembre, la fase cosiddetta di transizione presidenziale è entrata nel vivo. In attesa dell’investitura formale da parte del Collegio Elettorale il 19 dicembre e della cerimonia di inaugurazione il 20 gennaio, l’amministrazione uscente e quella subentrante si stanno coordinando fra loro al fine di garantire un pacifico trasferimento di potere. Guidate dal vice Presidente eletto, Mike Pence, le operazioni di transizione sarebbero, tuttavia, in “stato di totale caos”, scrive il New York Times, per via di lotte intestine al transition team per ottenere le posizioni governative più influenti. Il magnate di Manhattan, però, ha smentito via Twitter e ha annunciato i primi nomi della sua squadra. Con una conciliante mano tesa all’establishment, Donald Trump ha scelto Reince Priebus, attuale Presidente del Republican National Committee, come capo di Gabinetto. Farà da contrappeso a questi il nuovo Senior Counselor del Presidente, Steve Bannon, capo della sua campagna elettorale nelle fasi finali e conosciuto al grande pubblico come controverso direttore esecutivo di Breitbart News, la piattaforma giornalistica di riferimento della alt-right, una frangia estremista di destra vicina al suprematismo bianco. La prima nomina a livello ministeriale spetta, invece, a Jeff Sessions, Senatore di lungo corso dallo Stato dell’Alabama e fra i primi membri del Congresso a dichiarare il proprio supporto per Donald Trump. Sarà lui, previa approvazione del Senato, il nuovo Attorney General a capo del Dipartimento della Giustizia. Fra le numerose affinità fra il prossimo Procuratore Generale e il Presidente eletto spicca in particolare il pugno duro contro l’immigrazione illegale. Una posizione privilegiata per definire gli orientamenti in materia di politica estera e di sicurezza spetterà al decorato tenente generale in congedo Mike Flynn, che assumerà il ruolo di Consigliere per la Sicurezza Nazionale. L’identità di chi ricoprirà la carica speculare di Segretario di Stato resta, invece, ancora un’incognita. Stando alle 4
indiscrezioni ottenute da Politico, sembrerebbe che Donald Trump stia considerando per la posizione di top diplomat l’ex Rappresentante Permanente alle Nazioni Unite John Bolton, il Presidente della Commissione Esteri del Senato Bob Corker, l’ex Sindaco di New York e fra i più convinti sostenitori della sua candidatura Rudy Giuliani, il Presidente del Council on Foreign Relations Richard Haass, e persino il candidato repubblicano alle elezioni presidenziali del 2012 e fra i suoi critici più feroci, Mitt Romney.
LA POSSIBILE AMMINISTRAZIONE TRUMP – FONTE: POLITICO; AP; CENTER FOR PRESIDENTIAL TRANSITION
Tramite un comunicato stampa, il miliardario newyorkese ha, inoltre, reso noto anche il nome del prossimo Direttore della Central Intelligence Agency (CIA): si tratta di
5
Mike Pompeo, membro della Commissione Intelligence della Camera dei Rappresentanti fra le fila del Tea Party Movement e strenuo oppositore all’accordo sul nucleare iraniano. Mentre, dunque, prosegue la definizione della nuova squadra di governo, il Direttore uscente della National Intelligence, James Clapper, ha rassegnato le proprie dimissioni, coerentemente con quanto già annunciato durante le ultime fasi della recente campagna elettorale. Se nelle parole di Donald Trump la transizione sta procedendo “senza problemi”, da giorni per le strade delle maggiori città americane imperversano massicce proteste al grido di “Not my President”. Condannate dagli esponenti politici più vicini al Presidente eletto, secondo cui i dimostranti sarebbero dei «professionisti istigati dai media», le manifestazioni contro il neoeletto repubblicano, per lo più pacifiche, si sono presto intrecciate con generali espressioni di frustrazione della sinistra americana.
6
BREVI BULGARIA, 13 NOVEMBRE ↴ Rumen
Radev,
candidato
indipendente
alle
presidenziali spalleggiato dalla compagine socialista bulgara, ha riconfermato il risultato relativo già ottenuto in sede di primo turno, vincendo con ampio margine
sulla
candidata
conservatrice
Tsetska
Tsacheva (59,35% contro il 36,17%) e dunque aggiudicandosi la carica di Presidente. Già comandante dell’aeronautica militare, egli ha sfruttato la propria presunta alterità dal mondo politico e il carisma dell’uomo militare per raccogliere il consenso di quella vasta parte della popolazione amareggiata dal comportamento cleptocratico del partito conservatore al governo (GERB). In seguito al risultato elettorale, il Primo Ministro bulgaro Boyko Borisov – figura politicamente controversa al centro di molti dei moti che negli ultimi anni hanno scosso il Paese – ha rassegnato le dimissioni, dunque aprendo una crisi istituzionale che promette di aggravare ulteriormente le condizioni del Paese. Si tenterà dapprima con un rimpasto delle cariche governative entro l’attuale colazione ma, se ciò fallisse, si dovrà andare al voto anticipato. Non essendo quest’ultimo prevedibile prima del marzo 2017, Borisov avrebbe il tempo tecnico necessario per riorganizzare le proprie forze e dunque tentare una nuova ascesa al potere – come più volte ha fatto negli ultimi anni. Entro questo quadro il nuovo Presidente Radev dovrà cercare di mantenere l’unità del Paese e spingere per quel rinnovamento dello status quo tanto richiesto dai cittadini. Nonostante i suoi poteri siano limitati, Radev potrà anche spingere per quella riformulazione dell’equilibrio tra appartenenza alla comunità euro-atlantica e relazioni con Mosca di cui in campagna elettorale aveva fatto menzione. Ciò non implica in alcun modo un rifiuto del collocamento della Bulgaria entro lo spazio transatlantico ma, quantomeno, un interesse a non far discendere da questo, tout court, un’inimicizia con Mosca – alla quale la Bulgaria è d’altronde indissolubilmente legata da dipendenza energetica e affinità culturali.
COLOMBIA, 13 NOVEMBRE ↴ A poco più di un mese dal referendum del 2 ottobre che ha respinto, seppur per appena 65.000 voti, la prima
intesa
di
pace,
ritenuta
eccessivamente
favorevole per l’organizzazione guerrigliera, il governo della
Colombia
e
le
FARC
(Fuerzas
Armadas
Revolucionarias de Colombia) hanno raggiunto un nuovo accordo per porre fine ad una guerra che si protrae da più di 50 anni. Le due parti avevano nelle settimane scorse insistito sulla necessità di raggiungere un nuovo 7
accordo il più rapidamente possibile per non produrre instabilità e con la promessa di considerare buona parte delle critiche provenienti dalle opposizioni durante la consultazione. Bogotà e le FARC hanno così pubblicato a l’Avana, il 14 novembre, un comunicato congiunto nel quale dichiarano di aver firmato un nuovo testo che non dovrebbe essere di nuovo sottoposto ad un plebiscito ma che sarà valutato dal Parlamento del Paese. Le principali modifiche rispetto al patto firmato nel settembre, che recepiscono parzialmente le richieste degli oppositori e dei sostenitori del “No” capeggiati dall’ex Presidente Alvaro Uribe, il quale chiede che il nuovo accordo raggiunto non venga comunque considerato definitivo, obbligano le FARC a consegnare beni di proprietà, dopo la pubblicazione di una lista nella quale sono elencate le stesse pertinenze dell’organizzazione, come contributo per riparare le vittime del conflitto e garantiscono che la proprietà privata non deve essere messa in pericolo. Inoltre la nuova intesa prevede che i guerriglieri colpevoli di delitti saranno imprigionati e che saranno definite con precisione “le restrizioni della libertà” cui saranno sottoposti, ma che soprattutto, se come sembra ciò verrà confermato, il partito che le FARC intendono formare dopo la smobilitazione, pur restando la partecipazione politica degli ex guerriglieri una componente invariata all’interno del patto, non riceverà automaticamente 16 seggi nel Parlamento ma dovrà partecipare e competere nelle prossime elezioni. Intanto il nuovo accordo sembra aver prodotto il primo effetto all’interno del processo di riconciliazione nel Paese: l’annuncio del cessate il fuoco definitivo ordinato dal Presidente Juan Manuel Santos e ratificato il 13 novembre dal leader del gruppo guerrigliero, Rodrigo “Timochenko” Londoño.
LIBIA, 14-17 NOVEMBRE ↴ Mentre le milizie di Misurata, fedeli al governo di Fayez al-Serraj,
continuano
le
operazioni
per
liberare
definitivamente Sirte dalle ultime milizie jihadiste presenti in città dello Stato Islamico (IS), si riaccende l’offensiva a Bengasi. Ormai da mesi la capitale della Cirenaica è teatro dei combattimenti tra formazioni jihadiste e le milizie fedeli al Generale Khalifa Haftar. Il 17 novembre l’Esercito Nazionale Libico (LNA) di Haftar ha compiuto notevoli progressi sul fronte di Bengasi, avanzando nella parte occidentale della città e riprendendo il totale controllo di una zona che si trova a metà strada tra al-Qarasha e Qanfuda. La posizione di Haftar sembra nuovamente rafforzarsi anche in seguito all’accordo del valore di 4,4 miliardi di dollari siglato con il Cremlino l’8 novembre per la manutenzione di aerei e navi militari di fabbricazione russa già in possesso dell’LNA (soluzione utilizzata per bypassare l’embargo ONU sulla vendita di armi in Libia). Si registrano poi, il 16 novembre, l’assassino a Tripoli del vice comandante di una Brigata rivoluzionaria operativa nella città, notizia in merito alla quale non sia hanno ulteriori dettagli. Infine resta da verificare la notizia circa la presunta morte di un leader locale di al-Qaeda nel Maghreb islamico (AQIM), Abu Talha al-Libi, il quale sembrerebbe essere una 8
delle vittime del raid aereo condotto il 14 notte da aerei non identificati contro alcune abitazioni a nord di Sebha, nella regione del Fezzan. Nei giorni successivi, la morte del leader locale sarebbe però stata smentita da fonti libiche.
MOLDAVIA, 13 NOVEMBRE ↴ Dopo aver sfiorato l’elezione a Presidente già al primo turno, il candidato socialista e filo-russo Igor Dodon si aggiudica la vittoria con un discreto distacco sulla sfidante liberale e filo-europeista Maia Sandu (52,11% contro 47,89%). Dodon ha basato la propria campagna su una serrata critica ai precedenti governi e ai loro palesi fallimenti economici e morali, convogliando il malcontento popolare e propugnando quella rivoluzione dello status quo tanto agognata dai cittadini. Totalmente schieratosi dalla parte della Russia, egli ha promesso di stracciare l’Accordo di Associazione con l’Unione Europea firmato dal governo nel 2014. Dodon ha precisato che non sono le relazioni con Bruxelles in quanto tali ad essere deleterie per la Moldavia, ma le deprecabili condizioni economico-commerciali che queste hanno implicato. Il Paese, inondato di beni europei, avrebbe visto una drastica contrazione delle rendite per i produttori locali – ulteriormente schiacciate dall’imposizione da parte di Mosca di un embargo sui beni agricoli, in risposta alla firma dell’Accordo. È in questo quadro che si inserisce la chiamata a gran voce di Dodon per un rilancio dei rapporti con la Russia, sia commerciali che politici, profondamente intaccati da quella che definirebbe una “incosciente politica europeista”. Non a caso, la prima visita ufficiale all’estero di Dodon come Presidente della Moldavia avrà Mosca come propria meta. Un ulteriore nodo che dovrà essere sciolto è quello della Transnistria, che parrebbe egli voglia affrontare federalizzando il Paese e concedendo alla Repubblica secessionista uno status legale speciale. Questo, tuttavia, non sembra far prevedere nel futuro imminente l’allontanamento delle truppe russe dal territorio moldavo.
9
ALTRE DAL MONDO GIAPPONE-STATI UNITI, 17 NOVEMBRE ↴ Si è tenuto a New York l’atteso incontro bilaterale tra il neo-eletto Presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il Primo Ministro giapponese Shinzo Abe. Definito “cordiale e sincero” da Abe, questo ha rappresentato la prima visita di un leader straniero al Presidente in pectore. Tuttavia, non si è trattato di una visita ufficiale, in quanto Trump non sarà in carica prima del 20 gennaio. L’incontro si è dimostrato molto utile per meglio chiarire gli impegni e le intenzioni politiche e securitarie del leader repubblicano riguardo al mantenimento di una presenza statunitense in Asia. Il Premier nipponico ha comunque promosso il tycoon: «Ho rinnovato la mia convinzione che, con Trump, sarò in grado di costruire un rapporto di fiducia personale». Anche il Capo di Gabinetto giapponese, Yoshihide Suga, ha definito la visita “un’ottima partenza” nei rapporti futuri tra i due Paesi.
INDIA-GIAPPONE, 18 NOVEMBRE ↴ I colloqui tra il Premier nipponico Shinzo Abe e l’omologo indiano Narendra Modi hanno portato alla firma di uno storico accordo attraverso il quale il Giappone fornirà tecnologie e knowledge all’India per lo sviluppo civile delle capacità nucleari. È la prima volta che il Giappone sigla un accordo di cooperazione nucleare con un Paese che non ha firmato il Trattato di Non Proliferazione Nucleare (TNP): ciò apre la strada all’esportazione di tecnologia nucleare giapponese verso altri Paesi dell’area interessati ad acquisire capacità e conoscenze specifiche. Benché l’accordo preveda il non utilizzo di tale tecnologia a fini militari ma esclusivamente per scopi civili, il governo cinese ha espresso la sua preoccupazione per questo accentuato protagonismo giapponese nell’area. In realtà, l’India ha siglato accordi di cooperazione civile nucleare con Stati Uniti, Russia, Australia, Canada, Francia, Regno Unito e Corea del Sud. È stato nuovamente rimandato invece l’accordo con Tokyo per l’acquisto di 12 mezzi anfibi US-2i, per attività di search and rescue, a seguito della richiesta di maggiori approfondimenti tecnici da parte del Ministero della Difesa indiano.
ITALIA-CINA, 16 NOVEMBRE ↴ Il Vertice informale di Pula (in Sardegna) tra il Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi e Xi Jinping – il primo in Italia da quando quest’ultimo ha assunto la presidenza cinese – ha costituito l’occasione per rinsaldare i rapporti tra Roma e Pechino nel solco del programma di cooperazione “Road to 50” (nel 2020 ricorrerà infatti il 50esimo anniversario delle relazioni italo-cinesi) e dei colloqui avviati a margine del G20 di Hangzhou dello scorso settembre. Le discussioni si sono infatti focalizzate sullo sviluppo di sinergie congiunte nell’ambito del progetto cinese “One Belt, One Road”, nonché di strategie commerciali nell’attuale contesto internazionale. La visita di Xi Jinping, tappa intermedia di un viaggio in Sud America, va in questo senso non di 10
meno letta all’interno del braccio di ferro tra Italia e UE sulla concessione nei confronti di Pechino dello status di economia di mercato (a cui la Commissione europea continua ad opporsi sebbene abbia rimosso la Cina dalla lista di Paesi che vengono considerati “economie non di mercato”) e sulla riforma in maniera più stringente delle misure anti-dumping sui prodotti cinesi in Europa.
MALI, 17 NOVEMBRE ↴ Secondo l’emittente radiofonica Radio France Internationale (RFI) una postazione del Gruppo di Autodifesa Imghad e Alleati (GATIA), movimento della coalizione filo-governativa Piattaforma, è stata attaccata presso la località di Tisawached, al confine con l’Algeria. L’attacco è stato rivendicato dal gruppo jihadista Ansar Eddine, che ha preso d’assalto un convoglio del GATIA. Il bilancio delle vittime non è ancora chiaro. Fondato nel 2012, il gruppo jihadista di Ansar Eddine sta avendo un ruolo sempre più centrale nell’occupazione di alcune città nel nord del Mali. Nel 2013, dopo il lancio missione militare a guida francese Serval, numerosi suoi combattenti sono stati uccisi, altri si sono confluiti all’Alto Consiglio per l’Unità dell’Azawad (HCUA), tra i gruppi firmatari dell’accordo di pace tra governo centrale e ribelli tuareg del nord, siglato nel giugno 2015.
RUSSIA (1), 15 NOVEMBRE ↴ Il Ministro dell’Economia russo, Alexey Ulyukaev, è stato arrestato con l’accusa di aver intascato una tangente del valore di 2 milioni di dollari durante le operazioni d’acquisto da parte del gigante del petrolio Rosneft delle quote della compagnia statale Bashneft. L’operazione, già di per sé ambigua visto che si tratta di una “falsa privatizzazione” dato che la Rosneft è una compagnia a forte partecipazione statale, aveva inizialmente trovato l’opposizione di Ulyukaev. Il Ministro avrebbe poi cambiato idea probabilmente anche a causa della forte pressione del capo della Rosneft, Igor Sechin, ex collega di Putin nel KGB e suo amico fidato. Il caso di Ulyukaev ha, infatti, un forte valore politico, dato che è la prima volta che un Ministro in attività viene indagato per corruzione, ma nasconde anche le fitte trame inerenti alla spartizione delle risorse energetiche tra il mondo economico, politico e militare russo. La Bashneft, ad esempio, è stata statalizzata nel 2012 dopo che il suo azionista di maggioranza, Vladimir Yevtuschenkov, fu accusato di riciclaggio. Mentre il suo acquisto da parte della Rosneft ha subito una netta accelerazione proprio quando la compagnia privata Lukoil aveva manifestato un interesse concreto nell’operazione. Comunque siano andate le cose, se giudicato colpevole, Ulyukaev rischia fino a 15 anni di carcere.
RUSSIA (2), 16 NOVEMBRE ↴ Il Ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha annunciato il ritiro della Russia dal trattato che aveva sancito la fondazione della Corte Penale Internazionale (ICC), accusandola di non essere un organo di giudizio imparziale. La decisione è pervenuta 11
successivamente alla pubblicazione da parte del ICC di un Report in cui il conflitto nel Donbass viene apertamente definito come un “conflitto armato di carattere internazionale” tra Russia e Ucraina. Lo stesso Report definisce, inoltre, l’annessione della Crimea da parte della Federazione Russa come un’occupazione illegale. Sul tavolo della Corte ci sarebbe poi anche la crisi siriana. Numerose organizzazioni internazionali hanno richiesto indagini approfondite sull’azione militare russa al fianco del regime di Bashar al-Assad. La decisione del Cremlino ha comunque per lo più un valore simbolico. La Russia, infatti, pur avendo firmato lo Statuto di Roma che disciplina la Corte Penale Internazionale nel 2000, non aveva mai ratificato l’accordo e pertanto non ricadeva sotto la sua giurisdizione. Mosca si unisce così ad una lunga serie di Stati africani e specialmente agli Stati Uniti che, dopo aver partecipato alla sua fondazione, hanno ritirato negli ultimi anni la propria partecipazione dalla ICC.
STATI UNITI-EUROPA, 17-19 NOVEMBRE ↴ Il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha tenuto ad Atene l’ultimo discorso all’estero del suo secondo mandato. Una sorta di testamento al termine dei suoi otto anni alla Casa Bianca: «Lascio un Paese più ricco e più unito, abbiamo creato 15 milioni di posti di lavoro, ma la globalizzazione ha aumentato le diseguaglianze». Il messaggio principale formulato dal Presidente è stato diretto all’Unione Europea: «L’austerità da sola non può condurre alla prosperità». Obama, che nei giorni successivi si è recato a Berlino in visita da Angela Merkel, ha espresso il proprio sostegno al Cancelliere: «Merkel gode di grande credibilità ed è pronta a lottare per i suoi valori» ha dichiarato il Presidente in un’intervista concessa al Der Spiegel. Egli ha inoltre ribadito, al termine di una seconda intervista al settimanale economico WirtschaftsWoche, che sul TTIP e sugli accordi di Parigi sul clima non ci sarà alcun ripensamento, lanciando un messaggio indiretto anche a Donald Trump. Durante la tappa berlinese del viaggio, Obama ha inoltre incontrato i principali leader europei (Matteo Renzi, Theresa May, François Hollande e Mariano Rajoy, oltre alla padrona di casa Merkel) per rassicurarli sulla pacifica transizione tra la sua amministrazione e quella entrante, che dal 20 gennaio, giorno dell’insediamento ufficiale, sarà guidata da Donald Trump.
SUDAN, 14 NOVEMBRE ↴ È stato arrestato in Sudan, grazie al lavoro congiunto delle due agenzie di intelligence italiane, il terrorista tunisino Moez al-Fezzani. Conosciuto anche come Abu Nassim, il soggetto è considerato un militante dal passato importante: ha fatto parte tra il 1997 e il 2001 di una cellula con base a Milano del Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento (GSPC – in pratica l’organizzazione progenitrice di al-Qaeda nel Maghreb Islamico) e negli anni recenti, dopo essere tornato in Tunisia, è stato particolarmente attivo nelle fila di Ansar al-Sharia Tunisia. Dopo lo scioglimento dell’organizzazione nel luglio-agosto 2014 al-Fezzani si sarebbe avvicinato allo Stato Islamico (IS) tanto da divenire il reclutatore dall’Italia del gruppo di al-Baghdadi. Anche in virtù dei suoi legami rimasti apparentemente intatti e solidi con gli ambienti eversivi 12
italiani, al-Fezzani aveva subito una condanna definitiva a 5 anni e 8 mesi ed era ricercato in base a un mandato di cattura internazionale emesso dalla Procura Generale della Repubblica di Milano per associazione per delinquere con finalità di terrorismo. L’uomo era ricercato anche dal governo di Tunisi per responsabilità negli attacchi al Museo del Bardo (marzo 2015) e all’Hotel Imperial di Sousse (giugno 2015).
TERRORISMO, 15-19 NOVEMBRE ↴ Una maxi operazione anti-terrorismo è stata lanciata il 15 novembre in 10 Länder della Germania – molte delle quali concentrate nell’area del Nord Reno-Westfalia – contro presunti sostenitori dello Stato Islamico (IS). Nei raid sono stati perquisiti oltre 200 appartamenti e uffici appartenenti ai militanti e sostenitori del gruppo salafita Die Wahre Religion (DWR, “La vera religione”), già noto alle autorità per la sua attività di propaganda e proselitismo estremista islamica. DWR è inoltre sospettato di aver reclutato 140 giovani da mandare a combattere in Siria e in Iraq tra le fila dell’IS. Come confermato anche dal Ministro degli Interni, Thomas De Maizière, si è trattata della più imponente operazione mai lanciata nel Paese dall’11 settembre 2001. L’azione segue solo di una settimana fa quella lanciata contro la cellula del predicatore iracheno Abu Walaa a Hildesheim, quest’ultimo ritenuto il numero 1 di IS in Germania. Nel frattempo, in Spagna, il 19 novembre le forze di polizia locali hanno arrestato a Madrid e a Roda de Ter, nella periferia di Barcellona, due presunti militanti marocchini dell’IS, intenti a progettare attentati e a fare proselitismo su internet. Secondo l’inchiesta spagnola, gli arrestati farebbero parte di due distinte cellule ma tra loro collegate e interessate dalla possibilità di collaborare in attività eversive.
TURCHIA-ISRAELE, 15-16 NOVEMBRE ↴ Seguendo la linea già tracciata a giugno con la sigla di un accordo di normalizzazione delle relazioni diplomatiche, Israele ha nominato Eitan Naeh nuovo Ambasciatore ad Ankara. Meno di 24 ore dopo, anche la Turchia ha nominato il nuovo Capo delegazione turco in Israele, facendo ricadere la propria scelta su Kemal Okem. La ripresa delle normali relazioni diplomatiche e la conseguente nomina dei rispettivi Ambasciatori arriva a sei anni dagli incidenti della Mavi Marmara avvenuti nel maggio del 2010 e che avevano portato alla rottura diplomatica tra Ankara e Tel Aviv.
YEMEN, 17-19 NOVEMBRE ↴ La coalizione a guida saudita, intervenuta nel conflitto civile yemenita a supporto del governo legittimo del Presidente Abd Rabbo Mansour Hadi, ha annunciato l’inizio di una tregua di 48 ore a partire dalle ore 12 di sabato 19 novembre. L’annuncio è arrivato dopo una richiesta esplicita di cessate il fuoco da parte del Presidente Hadi, rifugiato dall’inizio della guerra a Riyadh, indirizzata al Re saudita Salman e potrebbe essere estesa oltre il termine stabilito. La tregua era stata prematuramente annun-
13
ciata dal Segretario di Stato USA John Kerry, nella giornata del 17 novembre, a seguito di colloqui avuti in Oman con i ribelli Houthi, ma poi era stata smentita dai fatti: tra il 17 e il 18 novembre, infatti, violenti scontri erano avvenuti a Taiz, terza città del Paese, causando la morte di almeno 50 persone. Si tratta dell’ennesimo tentativo di istituire un coprifuoco, dopo che tutti gli altri erano falliti nel giro di poche ore dallo loro istituzione a seguito della ripresa degli scontri tra insorti e governativi. Secondo le Nazioni Unite, dall’inizio della campagna di bombardamenti sauditi nel marzo 2015, piÚ di 7.000 persone sono morte e oltre 37.000 sono rimaste ferite.
14
ANALISI E COMMENTI L’“ACQUA DELLA DISCORDIA”: LA REPUBBLICA TURCA DI CIPRO NORD E IL RUOLO DELLA TURCHIA FILIPPO URBINATI ↴ Al termine di una lunga trattativa, lo scorso marzo Turchia e Repubblica Turca di Cipro Nord (TRNC) hanno siglato un accordo per la gestione della pipeline sottomarina denominata “TRNC Water Supply Project” che conduce acqua dalle coste meridionali turche a quelle della repubblica internazionalmente non riconosciuta del nord dell’isola di Cipro. L’importanza di questa infrastruttura – la più lunga del mondo del suo genere con i suoi 80 Km percorsi ad una profondità di 280 metri e in grado di trasportare 75 miliardi di metri cubi di acqua all’anno – risiede innanzitutto nella possibilità di assicurare l’approvvigionamento idrico dell’isola, la quale secondo il World Resources Institute è classificata tra i territori considerati più water-stressed a livello globale. Tali forniture, destinate sia all’utilizzo domestico (50,3%) sia a fini agricoli (49,7%), consentirebbero, secondo le stime, di risolvere completamente il problema dell’accesso all’acqua potabile per la popolazione della TRNC e di irrigare 4.824 ettari di terreno attualmente inutilizzabili (…) SEGUE >>>
LE FILIPPINE AMPLIANO LO SPAZIO DI MANOVRA PAOLO BALMAS ↴ Durante il viaggio in Cina che si è svolto fra il 18 e il 21 ottobre 2016, il Presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte, ha rilasciato una serie di dichiarazioni fortemente in opposizione agli Stati Uniti. Ha sostenuto di voler abbandonare Washington e di guardare con interesse verso Pechino in relazione a questioni concernenti l’economia e la sicurezza. Con un tono carico di rancore e di risentimento ha inoltre ha affermato: «Gli Stati Uniti mi hanno perduto». Secondo alcuni analisti tale atteggiamento sarebbe dovuto al fatto che Washington ha assunto una posizione critica nei confronti dei metodi con cui viene condotta la “guerra alla droga”, che rappresenta uno dei cavalli di battaglia del programma di governo del Presidente filippino. Duterte è stato sindaco di Davao City per oltre vent’anni e ha cominciato lì la sua “guerra”. Ha avuto successo e la sua posizione, intransigente e violenta di fronte a spacciatori e consumatori, ha contribuito in parte alla vittoria elettorale del giugno 2016 (…) SEGUE >>>
A cura di OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE Ente di ricerca di “BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO” Associazione culturale per la promozione della conoscenza della politica internazionale C.F. 98099880787 www.bloglobal.net
15