OPI Weekly Report N°5/2016

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N째5, 7-13 FEBBRAIO 2016 ISSN: 2284-1024

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Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo Milano, 14 febbraio 2016 ISSN: 2284-1024 A cura di: Georgiy Bogdanov Oleksiy Bondarenko Davide Borsani Luttine Ilenia Buioni Agnese Carlini Giuseppe Dentice Danilo Giordano Antonella Roberta La Fortezza Giorgia Mantelli Ester Mauro Violetta Orban Maria Serra Alessandro Tinti

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Photo Credits: Reuters/T. Mukoya; Reuters/Michael Dalder; Reuters; BBC; Getty Images; Getty Images/Getty Images North America.


FOCUS SIRIA-IRAQ ↴

A Monaco le potenze coinvolte nel conflitto siriano hanno tentato di recuperare un negoziato di pace falcidiato dal boicottaggio delle opposizioni e dalle manovre dell’esercito governativo su Aleppo e Idlib. Nell’ambito del forum diplomatico sulla sicurezza e dopo lunghe trattative, il 12 febbraio i diciassette Paesi del Gruppo Internazionale di Supporto hanno approvato un documento che chiede al governo di Bashar al-Assad e alle forze ribelli la temporanea cessazione delle ostilità, l’immediata apertura di un corridoio umanitario per soccorrere le comunità sotto assedio in accordo alla Risoluzione 2254 del Consiglio di Sicurezza ONU e la ripresa dei colloqui a Ginevra, salvo imprevisti dell’ultima ora, il prossimo 25 febbraio. Ad annunciare la tregua umanitaria di 7 giorni per le aree del nord della Siria in una conferenza stampa congiunta sono stati il Segretario di Stato americano, John Kerry, il Ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, e l’Inviato Speciale ONU per la Siria, Staffan de Mistura. Un impegno concreto dei firmatari e non una semplice dichiarazione secondo de Mistura; “parole su carta” cui dovranno seguire azioni concrete nel richiamo di John Kerry. Tuttavia, il comunicato non nasconde le aspre divisioni tra le parti. Contro la richiesta delle potenze occidentali di un’istantanea sospensione dei combattimenti, il Cremlino ha opposto la data del 1° marzo con il sottaciuto obiettivo di sostenere l’avanzata governativa su Aleppo e propiziare la sconfitta del fronte ribelle. La soluzione di compromesso stabilisce il termine di una settimana per mettere in essere il cessate il fuoco tra le parti belligeranti; secondo le opposizioni una scadenza però sufficiente a compromettere l’unica via di rifornimento tra Aleppo e la frontiera turca in controllo dell’Esercito Libero Siriano e a piegare la resistenza di una 1


città ormai ridotta a cumuli di macerie. Malgrado le determinazioni raggiunte faticosamente a Monaco, Lavrov ha precisato che l’aviazione russa continuerà a colpire le organizzazioni terroriste, ossia lo Stato Islamico (IS) e Jabhat al-Nusra. Una condizione che la prassi dei bombardamenti contro le fazioni moderate della ribellione (legittimate e sostenute dall’Occidente) rende sospetta nella prospettiva di garantire l’effettiva de-escalation del conflitto; tanto più che ad Aleppo sono trincerati tanto gruppi salafiti (come Jabhat al-Nusra), quanto brigate islamiste o secolari che ricevono il diretto sostegno statunitense.

CAMPAGNA AEREA RUSSA NEL NORD DELLA SIRIA (FEBBRAIO 2016) – FONTE: INSTITUTE FOR THE STUDY OF WAR

Intanto, i caccia da combattimento russi accompagnano la controffensiva dell’esercito siriano su Idlib – dove è arroccato il Jaysh al-Fatah, la coalizione islamista che comprende Jabhat al-Nusra, Ahrar al-Sham e Jund al-Aqsa – mentre il 2


Presidente siriano Assad promette che riconquisterà con la forza tutto il Paese. È tuttavia su Aleppo che si combatte la battaglia decisiva per la soluzione della crisi. Gli intensi raid russi e il notevole apporto dei pasdaran iraniani hanno posto le basi per l’accerchiamento del centro urbano. La Syrian American Medical Society stima che nelle ultime due settimane più di centomila persone abbiano lasciato la città simbolo della rivolta contro il regime alawita, nel timore di restare intrappolati nella morsa dell’esercito regolare. La stessa organizzazione ha reso noto di aver operato circa 430 persone rimaste ferite nell’ultimo mese a causa delle bombe a grappolo lanciate dall’aviazione siriana, in appoggio ai massicci bombardamenti russi. L’Alto Commissario ONU per i diritti umani, Zeid Ra’ad Al Hussein, ha espresso allarme per la grave situazione nella città, con almeno 300.000 persone che rischiano di trovarsi in stato d’assedio. La seconda giornata di lavori a Monaco è stata perciò scandita dalle veementi accuse rivolte da Francia e Regno Unito contro i bombardamenti russi sulla popolazione civile, che il Primo Ministro Dmitry Medvedev ha risolutamente negato, aggiungendo significativamente che i due epicentri di crisi in Siria e Ucraina abbiano fatto ormai naufragare i rapporti con l’Occidente in una “nuova Guerra Fredda”. Il Segretario Generale della NATO, Jens Stoltenberg, ha dichiarato che l’alleanza è profondamente preoccupata dal tentativo russo di disegnare una zona d’influenza nel Levante. Anche gli Stati Uniti si sono uniti al coro delle contestazioni: Kerry ha puntualizzato che la grande maggioranza degli attacchi russi minano gli accordi di pace e che truppe di terra aggiuntive entreranno nel teatro siriano qualora la Russia non accettasse di agire concordemente alle altre potenze coinvolte. Se l’ingresso della corvetta Zelyony Dol nel Mediterraneo Orientale non sembra auspicare un passo indietro di Mosca, l’avvertimento statunitense è reso credibile dalla decisione “irremovibile” dell’Arabia Saudita di inviare reparti speciali in Siria per combattere l’IS al fianco degli Stati Uniti. Non è tuttavia un mistero che gli ordini di priorità tendano spesso a confondersi: a questo proposito, il Ministro degli Esteri saudita Adel al-Jubeir ha rimarcato che non può esserci la sconfitta dell’organizzazione jihadista senza la detronizzazione di Assad. Nel frattempo, giungono conferme del dispiegamento dei caccia F-16 sauditi (tra otto e dieci velivoli) nella base turca di Incirlik. La lotta al Califfato di Abu Bakr al-Baghdadi è in realtà sullo sfondo delle contrapposizioni ed è anzi premessa comune delle linee d’intervento: di Iran e Arabia Saudita che sulla testa di Assad (come in Yemen) si affrontano in un duello egemonico per la supremazia regionale; della Russia di Vladimir Putin che è prossima a spezzare la schiena della ribellione, essendo riuscita a rovesciare in pochi mesi gli equilibri di un annoso conflitto civile a favore dell’alleato Assad; della Turchia che minaccia l’intervento armato per tamponare l’espansione del Kurdistan; degli Stati Uniti e delle potenze europee, che non hanno risolto le contraddizioni dell’allineamento agli sponsor sunniti del radicalismo islamista e che il colpo di scena russo ha fatto arretrare di uno scalino nel proscenio siriano.

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Anche la Turchia si dice pronta a svolgere un ruolo militare. L’intesa con Riyadh preme affinché l’alleato statunitense non perda di vista l’imperativo – divenuto più flebile a fronte della presenza russa – di sollevare l’attuale dirigenza alawita. Tuttavia, la preoccupazione di un epilogo indesiderato sta affrettando i tempi di una militarizzazione della posizione turca che rischia di compromettere la fragile tregua negoziata a Monaco. Se sinora il governo di Ankara era stato attendista, concentrando l’intervento armato nel nord dell’Iraq con il discusso invio di un contingente a Bashiqa e i bombardamenti delle postazioni del PKK nelle montagne di Qandil, il 13 febbraio l’artiglieria turca ha colpito le milizie curde del YPG nei pressi di Azaz, precisamente nella base aerea di Menagh. Quest’ultima era stata strappata ai ribelli il 10 febbraio dalle forze curde, che avevano dunque tratto vantaggio dalla controffensiva russo-siriana. Nel timore di un deterioramento della situazione sul campo e del processo diplomatico, gli Stati Uniti hanno richiesto alla Turchia di sospendere gli attacchi e alle milizie curde di arrestare la propria avanzata. Il Segretario della Difesa statunitense Ashton Carter ha presentato al quartier generale della NATO a Bruxelles un piano per accelerare la riconquista di Raqqa e Mosul, ossia dei principali bastioni del sedicente Califfato islamico. L’Alleanza potrebbe entrare direttamente nella coalizione multilaterale che da diciotto mesi combatte l’IS nello scenario siro-iracheno. Stante i dubbi sulla capacità delle forze di sicurezza irachene di muovere su Mosul, Carter ha chiesto ai partner di aumentare gli sforzi militari. Intanto, in Iraq continuano gli scontri nella provincia dell’Anbar, mentre alcuni reparti dell’esercito regolare, guerriglieri tribali e Peshmerga curdi hanno avviato delle operazioni a sud di Mosul. Non vengono meno le proteste popolari che infiammano la capitale Baghdad e le province meridionali, tanto da indurre il Primo Ministro Haider al-Abadi ad annunciare un rimpasto di governo. Le tensioni restano elevate anche nel Kurdistan iracheno.

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BREVI ALGERIA, 7 FEBBRAIO ↴ L’Assemblea Nazionale algerina ha approvato quasi all’unanimità una serie di provvedimenti che hanno parzialmente rivisto il testo costituzionale del 1999. Fra le principali novità apportate dai legislatori vi sono: il limite di due sole rielezioni al mandato presidenziale, il riconoscimento della lingua berbera (tamazight) come secondo idioma parlato nel Paese – ma non con pari dignità dell’arabo, ritenuta la lingua ufficiale –, l’introduzione di nuove norme a favore della parità di genere in particolare nel mondo del lavoro e una delega di maggiori poteri al Parlamento – tra cui la nomina del Primo Ministro. Gli emendamenti alla Costituzione completano il progetto di revisione della Carta fondamentale che il Presidente Abdelaziz Bouteflika aveva promesso in più circostanze, tra la fine del 2010 e gli inizi del 2011, nel tentativo di contenere le manifestazioni di protesta popolare che avrebbero poi dato il via nei Paesi vicini alle proteste note come Primavere Arabe. Allo stesso tempo, questa riforma della Costituzione è stata utile all’establishment politico ristretto che ruota intorno al figura del Presidente per rafforzare le proprie posizioni in seno alle istituzioni e per rabbonire i tentativi sempre più radicali delle minoranze, come quelle berbere della Cabilia, ritenute potenzialmente destabilizzanti per lo Stato centrale. Secondo il Premier Abdelmalek Sellal il progetto di revisione costituzionale «è una riforma radicale che consacra il principio di alternanza democratica attraverso lo svolgimento di elezioni libere, costituendo una garanzia contro i rischi dei cambiamenti politici». Più critici, invece, l’atteggiamento e i toni delle opposizioni che si sono limitate a definire tali riforme come «un’operazione di facciata atta ad impedire il regolare svolgimento di un reale processo democratico nel Paese», nonostante la stessa Carta fondamentale riconosca – almeno in linea teorica – una maggiore separazione dei poteri e un rafforzamento dei diritti riconosciuti all’opposizione, cui verrà riservata una seduta mensile in cui verranno discussi temi portati all’ordine del giorno dagli stessi partiti.

BURUNDI, 7-12 FEBBRAIO ↴ Non conosce sosta l’escalation di violenze in Burundi, dopo che lo scorso 7 febbraio l’ennesimo scontro tra forze di sicurezza e oppositori al regime ha causato undici vittime e tredici feriti. Gli assalitori hanno fatto esplodere delle granate nei pressi di un bar e di alcune stazioni di blocco 5


dell’esercito e della polizia nella capitale Bujumbura. L’assalto è avvenuto un giorno dopo che uomini armati avevano fatto irruzione nelle case nel quartiere Musaga, uccidendo cinque persone, tra cui alcuni appartenenti al gruppo del Imbonerakure, l’ala giovanile del Consiglio Nazionale per la Difesa della Democrazia–Forze per la Difesa della Democrazia. Bujumbura è da tempo al centro di un vortice di violenze che ha visto responsabili soprattutto le forze fedeli al Presidente Pierre Nkurunziza. Infatti, la crisi politica si è innescata a seguito della decisione dello scorso aprile di Nkurunziza di ricandidarsi per il terzo mandato – giudicata incostituzionale dalle opposizioni –, trascinando rapidamente il Burundi in una spirale di violenze che ne ha definitivamente affossato la già debole economia. La crisi si è poi acuita dopo il fallito colpo di Stato condotto dall’ex capo dell’intelligence, Godefroid Niyombaré, e dopo la rielezione di Nkurunziza, avvenuta lo scorso luglio. Ad oggi, più di 400 burundesi hanno perso la vita e almeno 230.000 civili sono scappati nei Paesi limitrofi. La situazione che sta già assumendo i tratti di una guerra civile potrebbe tuttavia trasformarsi presto in un nuovo conflitto regionale, qualora fossero confermate le voci di un possibile coinvolgimento del Ruanda nelle rivolte in favore delle opposizioni al regime. Un rapporto del novembre 2015 redatto da un gruppo di esperti delle Nazioni Unite ha accusato il Ruanda, e in particolar modo il suo Presidente, Paul Kagame, di armare e finanziare gli insorti burundesi a Nkurunziza, con il rischio, non secondario, di riaccendere le antiche e mai sopite tensioni fra Hutu e Tutsi. Nel tentativo di riportare la calma nel Paese, la comunità internazionale ha chiesto più volte l’avvio urgente di un dialogo tra tutte le componenti della società burundese e il regime al potere, con la mediazione dei Paesi africani vicini. In questa ottica si inseriva, appunto, l’iniziativa dell’Unione Africana, che aveva approvato una missione di peacekeeping con l’invio di 5.000 militari per riportare la stabilità nel Paese – iniziativa, questa, caduta a fronte della grande riluttanza da parte del Presidente burundese. Sempre in uno sforzo di pacificazione basato su iniziativa regionale, sì è dunque tenuto a Luanda, in Angola, il sesto Summit dei Paesi della Regione dei Grandi Laghi, durante il quale si è in particolare discusso dei conflitti nella Repubblica Democratica del Congo e nella Repubblica Centrafricana e della crisi politica in Burundi, senza tuttavia trovare una chiave di volta positiva per una risoluzione ai conflitti in essere nei tre singoli Paesi chiave della sub-regione dell’Africa centroorientale.

COREA DEL NORD, 10 FEBBRAIO ↴ Sale ancora la tensione diplomatica nella Penisola di Corea. Ad aprire un nuovo solco nella frattura tra Corea del Nord e Corea del Sud è stata la decisione di Seoul – descritta da Pyongyang come una dichiarazione di guerra – di chiudere il parco industriale di Kaesong e quindi di cessare la cooperazione economica bilaterale 6


lungo il 38° parallelo. Centinaia di sudcoreani

che

lavorano

nel

complesso sono stati rimpatriati a seguito

del

patrimoni

congelamento

sudcoreani

successiva

e

dei della

risposta

militarizzazione

di

dello

stesso

complesso da parte nordcoreana. Il parco industriale di Kaesong, che rappresenta uno dei rari momenti di collaborazione tra le due Coree, è un

progetto

di

cooperazione

economica lanciato nel 2004 che prevede

l’impiego

di

oltre

un

centinaio di aziende sudcoreane, che danno lavoro, tra gli altri, a 54.000 lavoratori nordcoreani. La tensione era tornata nuovamente a salire quando il 7 febbraio il regime di Kim aveva deciso il lancio di un missile da parte della Corea del Nord, per portare in orbita un satellite di osservazione terrestre. Oggi

come

in

passato,

l’unica

soluzione prospettata e richiesta a gran voce da USA, Corea del Sud e Giappone è quella di un intervento diplomatico più duro nei confronti della Corea del Nord, magari con l’appoggio anche della Cina, unico alleato di Pyongyang, con la richiesta di abbandonare quanto prima il piano nucleare e quello balistico. Le autorità americane e sudcoreane, infatti, temono che il test nucleare e quello di missili a lungo raggio siano una minaccia alla pace e alla stabilità dell’intera regione dell’Asia-Pacifico e per questi motivi Seoul e Tokyo stanno predisponendo le giuste contromisure per prevenire nuovi possibili lanci nordcoreani contro i rispettivi territori. La Corea del Sud è in trattative con Washington per il dispiegamento del sistema radar antimissilistico THAAD – già operativo nell’area a Guam –, mentre il Giappone ha schierato alcune batterie di Patriot, anche nella capitale. Mentre gli Stati Uniti cercano il coinvolgimento cinese nella de-escalation nel nord Pacifico, Pechino, dal canto suo, temendo un’acuirsi delle tensioni, anche militari, nell’area, ha richiamato tutte le parti a un maggiore senso di responsabilità, ad abbassare i toni e a tornare al dialogo.

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NATO, 10-11 FEBBRAIO ↴ In continuità con le misure di rafforzamento stabilite nel corso del Vertice di Newport del 2014, i Ministri della Difesa dei 28 Paesi dell’Alleanza Atlantica hanno raggiunto a Bruxelles un accordo sull’irrobustimento della presenza militare in Europa Orientale allo scopo di prevenire nuove escalation di tensioni e di fornire sostegno agli Stati membri dell’area in caso di una possibile iniziativa bellica da parte della Russia. In attesa di ulteriori dettagli, che dovranno essere fissati prima del Vertice di Varsavia del prossimo luglio, il Segretario Jens Stoltenberg ha chiarito che il nuovo assetto – la cui base non necessariamente sarà installata nell’Est Europa – sarà multilaterale, basato su un sistema di rotazione supportato da un programma di esercitazioni e completato dal rafforzamento di aspetti logistici e infrastrutturali che dovranno garantire il pre-posizionamento e i rinforzi rapidi necessari. Un contingente di risposta rapida sarà quindi disponibile su breve preavviso da ogni parte dell’Europa. Su spinta di Germania, Grecia e Turchia, un’ulteriore direttrice d’intervento dell’Alleanza Atlantica riguarderà operazioni di monitoraggio, sorveglianza e raccolta di informazioni – queste ultime in stretto coordinamento con Frontex, l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne – circa gli attraversamenti illegali del Mar Egeo allo scopo di supportare direttamente l’Europa nel controllo dei flussi migratori. Sebbene, come ha dichiarato il Generale Philip Breedlove, le esatte regole di ingaggio debbano essere ancora completamente elaborate, lo Standing Reponse Force Maritime Group 2 (SNMG2) – forza navale al momento composta da tre unità (la fregata tedesca Bonn, la turca Barbaros e la canadese Fredericton) e temporaneamente sotto il comando tedesco – ha avviato le prime operazioni di pattugliamento nelle acque turche e non attraverserà il confine marittimo nelle acque greche, come richiesto da Atene. Se il dispositivo di sicurezza sembra poter avere le caratteristiche per essere utilizzato anche per le operazioni di monitoraggio a largo delle coste libiche, riequilibrando l’interesse dell’Alleanza verso il Mediterraneo e delineando per il futuro la possibile istituzione di un meccanismo europeo di cooperazione marittima, la NATO ha infine accettato in linea di principio di utilizzare la propria flotta di aerei di sorveglianza E-3A AWACS (Airborne Warning and Control System) per sostenere gli sforzi della coalizione internazionale contro lo Stato Islamico (IS). RUSSIA, 8-12 FEBBRAIO ↴ La Federazione Russa ha tenuto una serie di manovre militari con l’obiettivo di valutare la preparazione delle forze del distretto militare meridionale e la sua capacità di affrontare le situazioni di crisi nelle zone marittime. Come emerge dal Rapporto del Ministro della Difesa, Sergej Shoigu, sotto prova sono state messe 50 navi, 8


200 velivoli e circa 8.500 unità di fanteria in Crimea, Caucaso del Nord e Caspio. Mentre le strutture di comando e controllo si esercitavano a coordinare le azioni delle truppe aviotrasportate (VDV), delle Forze Aerospaziali, della Flotta del Mar Nero e della Flottiglia del Caspio, a livello tattico le truppe si esercitavano a individuare e a distruggere i sottomarini avversari, a difendere la costa e a fronteggiare le incursioni aeree dell’ipotetico nemico. Le dimensioni delle forze marittime impiegate e la natura delle esercitazioni suggeriscono una preparazione tattica per affrontare avversari dotati dell’arsenale completo di armamenti moderni a livello marittimo. Il 10 febbraio è giunta anche la notizia che la Russia ha presentato all’ONU la domanda di revisione dei confini della piattaforma continentale nell’Artico. L’eventuale accettazione di questa modifica dovrebbe avvantaggiare la posizione russa nella contesa con Danimarca e Canada sui confini marittimi nell’Artico. La presente iniziativa appare in linea con la politica generale volta a rafforzare la strategia della Federazione Russa in questa regione. A partire dal 2011, infatti, Mosca ha lanciato un vasto programma di costruzione e modernizzazione dell’infrastruttura civile e militare, mentre nel dicembre del 2014 è stato creato il Comando Strategico del Nord, in aggiunta ai quattro distretti militari già esistenti, che si occupa della sicurezza nella regione. L’importanza dell’Artico per Mosca deriva da suoi considerevoli giacimenti di idrocarburi e dalla sua crescente navigabilità, che potrebbe offrire una via alternativa alle rotte commerciali marittime tradizionali tra l’Europa e la Cina.

STATI UNITI, 9 FEBBRAIO ↴ Si è tenuto in New Hampshire il secondo round delle primarie per le presidenziali americane per il partito democratico e per quello repubblicano. Il New Hampshire,

come

appuntamento

l’Iowa,

soprattutto

è dal

un punto

importante di

vista

psicologico; esso infatti non assegna un ampio numero di delegati ai vincitori della contesa (insieme all’Iowa, Stato dove si sono tenute le primarie lo scorso 1° febbraio, i delegati assegnati corrispondono al 2% del totale). Dal lato dei democratici, ha ottenuto una larga vittoria (oltre venti punti percentuali di scarto) sull’ex Segretario di Stato, Hillary Clinton, il senatore indipendente del Vermont, Bernie Sanders, sostenuto soprattutto dall’ala liberal degli attivisti e dagli under trenta. Era atteso uno scarto minore ai danni della Clinton in base ai sondaggi della vigilia, che però ha dovuto riconoscere la netta sconfitta tanto che pare orientata a sostituire gran parte del suo staff per la prosecuzione della campagna. Dal lato dei repubblicani, invece, si registra il primo vero successo del tycoon populista Donald Trump, regolarmente in testa ai rilevamenti demoscopici nei giorni e settimane precedenti al voto, che ha ottenuto il 35% delle preferenze. In seconda posizione si è posizionato il moderato John Kasich, che aveva investito parecchie risorse in New Hampshire, con un dignitoso 16%. A seguire il senatore Ted 9


Cruz, che aveva vinto in Iowa, un Jeb Bush in ascesa e il deludente Marco Rubio, che aveva sorpreso molti nella prima tornata delle primarie ma che ha poi pagato la prestazione opaca al dibattito precedente il voto del 9 febbraio. Anche questo round ha mietuto alcune “vittimeâ€? tra gli aspiranti Presidenti. Se nel campo democratico restano in corsa solo la Clinton, che continua ad essere favorita, e Sanders, tra i repubblicani si sono ritirati Carly Fiorina e Chris Christie, il cui sostegno potrebbe essere rilevante per i candidati rimasti in gioco, in particolare per i piĂš moderati.

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ALTRE DAL MONDO CAMERUN, 10 FEBBRAIO ↴ Almeno sei persone sono state uccise ed una trentina sono rimaste ferite in un doppio attentato suicida ad opera di militanti di Boko Haram a Nguetchewe, nel nord del Camerun, a pochi chilometri dal confine nigeriano. Due donne si sarebbero fatte esplodere poco dopo l’alba, confondendosi con i partecipanti ad una veglia funebre. Quest’ultimo attacco è il quinto avvenuto nell’estremo nord del Camerun dall’inizio del 2016. Secondo fonti governative, da quando i militanti di Boko Haram provenienti dalla vicina Nigeria hanno iniziato a colpire la regione nel 2013, più di 1.200 persone avrebbero perso la vita.

FRANCIA, 9-12 FEBBRAIO ↴ L’Assemblea Nazionale ha approvato la controversa modifica alla Costituzione che permetterà di revocare la cittadinanza francese ai condannati per atti di terrorismo. L’emendamento è stato fortemente voluto dal Presidente François Hollande e dal Premier Manuel Valls, come conseguenza diretta della strage di Parigi del 13 novembre, in cui 130 persone furono uccise da un commando collegato allo Stato Islamico. Alla norma, molto contestata da diverse componenti del Parlamento francese, ha fatto seguito anche un rimpasto di governo, necessario al Presidente per allargare la base del suo governo. Il principale cambiamento ha riguardato il Ministero degli Esteri con Jean Marc Ayrault che ha preso il posto di Laurent Fabius, mentre sono ritornati al governo i verdi che hanno ottenuto ben tre incarichi, tra cui il Ministero degli Alloggi.

ISRAELE, 9 FEBBRAIO ↴ Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato la realizzazione di una recinzione di oltre 30 Km lungo il confine con la Giordania. La struttura, stimata all’incirca 75 milioni di dollari, si estende dalla località balneare di Eilat fino al kibbutz di Samar ed è parte integrante di un progetto pluriennale da completarsi entro la fine del 2016. Il programma risponde all’esigenza ufficiale di difendere lo Stato ebraico da migranti e da potenziali infiltrazioni jihadiste dalla Giordania. Coerentemente con la posizione del partito Jewish Home, contrario alla costruzione di muri che riconoscano implicitamente l’idea di uno Stato palestinese inclusivo dei territori della Cisgiordania e che metta dunque a repentaglio la stessa esistenza delle colonie ebraiche in loco, il Ministro dell’Istruzione Naftali Bennett ha evidenziato le criticità connesse ad un simile isolamento, cui aveva concorso in passato l’edificazione dei muri di separazione lungo la Cisgiordania, la penisola del Sinai e le Alture del Golan. La proclamata intenzione di prevenire la penetrazione di terroristi e di cittadini degli Stati arabi circostanti potrebbe anticipare l’inizio di un nuovo scontro non solo tra la politica di sicurezza di Netanyahu e le garanzie fondamentali del diritto umanitario, ma anche tra le visioni della stessa politica di sicurezza all’interno dell’esecutivo israeliano. 11


ITALIA, 7-13 FEBBRAIO ↴ Il Presidente della Repubblica Italiano Sergio Mattarella si è recato in visita ufficiale negli Stati Uniti – la prima dall’inizio del suo mandato nel febbraio 2014 –, dove ha incontrato l’omologo statunitense Barack Obama ed il suo vice Joe Biden. Sul tavolo dei colloqui vi sono stati l’evoluzione del complesso scenario libico e di quello siroiracheno: Obama ha ringraziato apertamente l’Italia per l’impegno profuso sia nella lotta al terrorismo internazionale sia nella gestione della crisi dei migranti. Obama e Mattarella hanno discusso anche dell’accordo commerciale TTIP che, secondo il Presidente italiano, potrebbe rappresentare «l’antidoto a nuove crisi finanziarie», esprimendo anche una preoccupazione condivisa per la possibile uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Negli stessi giorni, a Roma, si è svolto un vertice dei Paesi fondatori dell’Unione Europea, organizzato dall’Italia, nel quale si è discusso di migrazione e chiusura delle frontiere, ribadendo la necessità di una migliore gestione delle frontiere esterne, senza ostacolare la libertà di movimento.

MALI, 12 FEBBRAIO ↴ Un nuovo attacco, presumibilmente di matrice islamista, è avvenuto a Kidal, nel nord del Mali, un’area questa ancora lontana dal poter essere definita sotto il controllo delle autorità centrali di Bamako. Obiettivo degli assalitori è stata la base MINUSMA, la forza multinazionale delle Nazioni Unite impegnata in una complessa operazione di peacekeeping nel Paese dal 2013. Nell’attacco sono morti 9 peacekeepers e 30 sarebbero i feriti, mentre almeno 3 soldati maliani sarebbero caduti in uno scontro a fuoco con gli assalitori avvenuto in un posto di blocco nelle vicinanze della base ONU. L’atto non è stato rivendicato, ma la tipologia di attacco ricondurrebbe le azioni alle forze islamiste e tuareg locali di Ansar Eddine e del Fronte di Liberazione Macina.

QATAR-PAKISTAN, 10-11 FEBBRAIO ↴ In occasione della visita in Qatar del Primo Ministro pachistano Nawaz Sharif, l’Emirato ha siglato con il Pakistan un accordo per l’esportazione fino a 3,75 milioni di tonnellate all’anno di gas naturale liquefatto (LNG). Dopo oltre un anno di trattative, da marzo 2016 fino al 2031 la Qatar Liquefied Gas Company Ltd venderà LNG alla compagnia di Stato pachistana State Oil. Ulteriori Memorandums of Understanding sono stati conclusi nei settori della difesa, salute, istruzione e ricerca. Sebbene il partner economico privilegiato del Pakistan sia stato per anni l’Arabia Saudita – un ruolo oggi ridimensionato dalla recente crisi diplomatica tra Riyadh e Teheran – il governo di Islamabad intrattiene da lungo tempo buone relazioni di politica estera anche con altri Paesi del Golfo. In qualità di firmatario, il Ministro pachistano per il Petrolio e le Risorse Naturali, Shahid Abbasi, ha sottolineato la rilevanza centrale che l’accordo riveste in questo particolare momento storico per il Pakistan, attualmente occupato a fronteggiare una grave carenza di gas naturale.

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REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO, 7 FEBBRAIO ↴ Continuano le tensioni inter-etniche nella Repubblica Democratica del Congo, dove da alcune settimane si segnalano violenze nella provincia del Nord-Kivu, nell’est del Paese. L’ultima di queste ha visto protagoniste le milizie Mai Mai e i ribelli delle Forze Democratiche di Liberazione del Ruanda (FDLR), causando la morte di almeno 21 persone. Le violenze tra gli Hutu e gli altri gruppi etnici locali si sono intensificate nel corso degli ultimi mesi, in particolar modo dopo che dei presunti ribelli Hutu ruandesi avrebbero ucciso una quindicina di Nande lo scorso 7 gennaio.

TUNISIA, 8 FEBBRAIO ↴ La Tunisia ha completato la barriera di protezione al confine con la Libia, la cui costruzione era stata annunciata dal Premier Habib Essib l’8 luglio scorso, per prevenire l’infiltrazione di jihadisti sul territorio nazionale. Non si tratta di un vero e proprio muro, ma di un sistema di ostacoli in cui si alternano fossati, barriere erette con la sabbia e parti di filo spinato. È stata inoltre prevista la collocazione di telecamere di sorveglianza, sistemi radar e l’addestramento di squadre ad hoc atte a gestire i sistemi in questione. Nel 2015 il Paese nordafricano è stato teatro di gravi attentati terroristici: il 18 marzo al museo del Bardo di Tunisi, il 24 giugno sulla spiaggia della località turistica di Sousse e il 24 Novembre su un bus della Guardia presidenziale nel centro della capitale.

TURCHIA-GERMANIA, 8 FEBBRAIO ↴ Il Cancelliere della Repubblica Federale Tedesca, Angela Merkel, è arrivata in visita ufficiale in Turchia per discutere della delicata questione dei rifugiati in correlazione alla recente offensiva delle forze di Bashar al-Assad nella regione di Aleppo. Negli incontri con il Presidente Recep Tayyp Erdoğan e con il Primo Ministro Ahmet Davutoğlu, la Merkel ha invitato Ankara ad un maggiore impegno nella gestione del flusso dei migranti, promettendo un fermo sostegno da parte di Bruxelles. Affrontando la situazione attuale in Siria, il capo dell’esecutivo tedesco ha criticato aspramente le azioni delle Forze Aerospaziali della Federazione Russa, che forniscono il supporto aereo alle forze leali al regime di Damasco. La necessità di una più stretta collaborazione con la Turchia di Erdoğan è dettata in gran parte dalla situazione politica interna all’Unione Europea, e alla Germania in particolare, che ha visto un netto calo di popolarità dell’Unione Cristiano-Democratica (CDU) in seguito al continuo flusso di profughi provenienti dalla regione mediorientale.

VATICANO-CUBA, 12 FEBBRAIO ↴ Ha avuto luogo a L’Avana lo storico incontro tra Papa Francesco, in viaggio pastorale verso Messico e Guatemala, e il Patriarca russo Kirill, in visita ufficiale a Cuba. Alla fine dell’incontro, durato circa due ore, è stata firmata una dichiarazione congiunta 13


che ha come temi principali la pace, le persecuzioni dei cristiani in Medio Oriente e in molti Paesi del Nord Africa e la ferita ancora aperta della Chiesa “Unionista” con particolare riferimento all’Ucraina. L’incontro, destinato a lasciare una traccia profonda nei rapporti tra le due Chiese, ha innegabili ripercussioni anche sugli scenari politici europei e del Vicino Oriente sia alla luce dell’isolamento a cui è stata sottoposta la Russia nell’ultimo biennio da parte della comunità internazionale a seguito della crisi ucraina, sia con riferimento ad una strategia comune – di Occidente e Russia – da condurre in Medio Oriente.

VENEZUELA, 11 FEBBRAIO ↴ La Corte Suprema del Venezuela ha dichiarato lo Stato di emergenza nel Paese, concedendo al Presidente Nicolàs Maduro ampi poteri speciali per un tempo determinato di 60 giorni. La decisione è conseguenza della grave emergenza economica e istituzionale che sta paralizzando il Paese sudamericano, ormai sempre più prossimo al default. Maduro ha già detto che ha intenzione di approvare una serie di misure emergenziali nei prossimi giorni, tra le quali potrebbe esserci un innalzamento del prezzo della benzina ed un inasprimento delle misure in favore della lotta alla corruzione. L’opposizione ha immediatamente bollato la decisione della Corte come incostituzionale e ha denunciato il tentativo dei chavisti di svuotare di poteri il Parlamento.

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ANALISI E COMMENTI IL FATTORE ENERGETICO NELLA PARTNERSHIP STRATEGICA TRA INDIA E RUSSIA FABIO INDEO ↴ La visita ufficiale del Premier indiano Narendra Modi nella Federazione Russa – il 23 e 24 dicembre 2015, in occasione dell’annuale summit bilaterale russo-indiano – ha ulteriormente rinsaldato le relazioni tra i due Paesi, basate su una cooperazione estesa in diversi settori strategici come la sfera militare e la difesa, la cooperazione economico-commerciale e nel settore degli investimenti, la sfera energetica e scientifico-tecnologica. La partnership privilegiata tra Russia ed India si esplica, infatti, nella loro comune appartenenza ai BRICS, gruppo informale all’interno del quale i due Paesi hanno l’opportunità di coordinare le loro decisioni in politica estera e di rafforzare il rispettivo ruolo in ambito globale: in prospettiva, inoltre, la futura inclusione dell’India all’interno dell’Organizzazione della Cooperazione di Shanghai permetterà un ulteriore rafforzamento della cooperazione russo-indiana finalizzata a garantire la sicurezza regionale, minacciata prevalentemente dalla condizione di instabilità e dalla mancata pacificazione dell’Afghanistan (…) SEGUE >>>

OBAMA E IL VICOLO CIECO DELLA GUERRA DEI DRONI ALESSANDRO TINTI ↴ Nei due mandati della presidenza Obama l’accresciuto e sistematico impiego di droni da combattimento è stato lo strumento privilegiato e il codice operativo della campagna militare contro le reti del terrorismo internazionale. La Casa Bianca ha giustificato le controverse uccisioni mirate sulla base del diritto acquisito a colpire preventivamente, anche al di fuori dei confini nazionali e di un conflitto armato, i cartelli terroristici di matrice islamista. Tuttavia, tanto il concetto di difesa preventiva, quanto il ricorso ai droni quali mezzi di morte sono divenuti oggetto di aspre critiche che hanno rimarcato le gravi violazioni del diritto internazionale umanitario e delle norme poste a tutela dei diritti fondamentali della persona. Nonostante il tentativo di dissociarsi formalmente dalla tagliente e deleteria retorica di George W. Bush, l’amministrazione Obama non ha rinunciato ai droni Predator e Reaper per bombardare i “santuari” di al-Qaeda e di altre organizzazioni jihadiste, così pareggiandone l’opacità e la flessibilità tattica (…) SEGUE >>>

A cura di OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE Ente di ricerca di “BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO” Associazione culturale per la promozione della conoscenza della politica internazionale C.F. 98099880787 www.bloglobal.net 15


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