N째22, 26 LUGLIO - 5 SETTEMBRE 2015 ISSN: 2284-1024
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Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo Milano, 6 settembre 2015 ISSN: 2284-1024 A cura di: Davide Borsani Agnese Carlini Danilo Giordano Antonella Roberta La Fortezza Violetta Orban Alessandro Tinti
Questa pubblicazione può essere scaricata da: www.bloglobal.net Parti di questa pubblicazione possono essere riprodotte, a patto di fornire la fonte nella seguente forma: Weekly Report N°22/2015 (26 luglio-5 settembre 2015), Osservatorio di Politica Internazionale (OPI), Milano 2015, www.bloglobal.net
Photo credits: Press Tv; LaPresse/Reuters; Reuters ; Ansa; AP; AP; Getty Images; Reuters/Contrasto; Reuters.
FOCUS AFGHANISTAN/PAKISTAN ↴
La mattina del 29 luglio l’emittente afghana 1TVNews ha diffuso la notizia della morte del Mullah Omar, sostenendo di averla ricevuta da un funzionario del governo. In realtà, come hanno poi confermato sia i talebani che l’esecutivo afghano, il Mullah Omar sarebbe morto in un ospedale di Karachi nell’aprile del 2013, a seguito di una grave malattia, probabilmente tubercolosi. Il Mullah Omar è stato il capo storico dei talebani, che aveva portato al potere in Afghanistan nel 1996, dopo la vittoria nella guerra civile seguita alla ritirata delle truppe dell’Unione Sovietica. Le voci di una sua possibile morte si sono susseguite per mesi, ma sono sempre state smentite dai vertici dell’organizzazione: secondo molti la conferma della notizia del suo decesso è stata fatta trapelare per ostacolare i colloqui di pace tra il governo afghano e la leadership talebana. A seguito del diffondersi della notizia, infatti, il secondo round di tali colloqui, previsto per il 31 luglio, è stato rimandato a data da destinarsi. La morte del Mullah Omar ha generato un terremoto politico all’interno del mondo talebano e dato il via libera ad una tremenda guerra tra fazioni: da una parte coloro che hanno sostenuto la nomina quale nuovo leader di Akhtar Mohammad Mansoor, vice comandante talebano, e dall’altra molte famiglie, tra le quali quella del defunto Omar, che vorrebbero una personalità condivisa da tutti. La nomina di Mullah Mansoor, un moderato all’interno del movimento, non è stata accolta bene da tutte le componenti della galassia talebana e secondo alcuni sarebbe stato proprio lui ad ispirare l’uccisione di Mullah Mohammad Yakoob, figlio 1
maggiore del Mullah Omar, da molti accreditato come il successore predestinato. Nonostante le turbolenze interne i talebani hanno continuato la loro offensiva terroristica primaverile, attaccando principalmente la capitale del Paese. L’8
agosto
un
attentatore
suicida
si
è
fatto
esplodere
nei
pressi
dell’Accademia di polizia di Kabul, causando la morte di 20 cadetti e ferendone altri 27, mentre erano in attesa di entrare all’interno della struttura. L’attacco è avvenuto 24 ore dopo l’esplosione di un camion bomba nei pressi del centro della capitale afghana - il primo attentato dopo l’annuncio della morte del Mullah Omar – che ha causato 15 vittime ed il ferimento di oltre 240 civili. Alcuni giorni dopo nel mirino dei terroristi talebani è finito l’aeroporto di Kabul: un’autobomba, piazzata dinanzi all’ingresso dello scalo principale, è esplosa causando la morte di cinque civili, nonché numerosi feriti, tra i quali anche un bambino. Un’altra autobomba è esplosa la mattina del 22 agosto nei pressi di una clinica privata, provocando la morte di 12 persone, tra le quali tre contractors civili della NATO, ed il ferimento di altre 105. In un comunicato ufficiale i talebani hanno negato la responsabilità di questo attacco e, ad oggi, nessun gruppo ne ha rivendicato la paternità: secondo la corrispondente di Al Jazeera, Jennifer Glasse, l’obiettivo dell’attacco era il pullmino che trasportava i contractors. Ma la violenza talebana non si è concentrata esclusivamente nella capitale: il 9 agosto un attentatore suicida si è fatto esplodere a Kunduz, nel nord dell’Afghanistan, causando la morte di 29 membri di una milizia pro-governativa. Lashkar-e-Jhangvi, un gruppo terroristico legato ad al-Qaeda, ma in procinto di affiliazione allo Stato Islamico, ha rivendicato la paternità dell’attentato avvenuto il 16 agosto nel distretto pachistano di Attock, a seguito del quale sono morte 14 persone, tra le quali il ministro degli Interni dello stato del Punjab, Shuja Khanzada. Nel rivendicare l’attentato, i terroristi di Lashkar-e-Jhangvi hanno rivelato che l’attacco è stato compiuto per vendicare la morte dello storico leader del gruppo, Malik Ishaq, ucciso dalle forze di sicurezza pachistane.
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GRECIA ↴
Sullo sfondo della grave e persistente crisi economica e finanziaria, la Grecia ha affrontato una nuova serie di colloqui con i creditori internazionali. Il 27 luglio i rappresentanti di Unione Europea, Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea e Fondo Salva Stati sono giunti ad Atene per discutere il memorandum relativo al terzo pacchetto di aiuti all’economia ellenica. Il piano predispone una lunga serie di riforme, 25 delle quali da sbloccare velocemente, in cambio di prestiti per 86 miliardi di euro, da impiegare principalmente per la ricapitalizzazione delle banche. Il travagliato percorso negoziale, costellato da tensioni e da spaccature interne al panorama politico greco, si è concluso l’11 agosto con il raggiungimento di un accordo tra la Grecia e i principali creditori. Gli scenari previsti nel breve-medio periodo stimano un deficit primario di bilancio dello 0,25% del PIL nel 2015, un surplus dello 0,5% nel 2016, dell’1,7% nel 2017 e del 3,5% nel 2018. È stato predisposto un accordo per deregolamentare il mercato del gas naturale ed è prevista la creazione di un fondo per le privatizzazioni da 50 miliardi di euro, che verrà utilizzato per ricapitalizzare le banche e ridurre il debito. Nella notte tra il 13 e il 14 agosto il Parlamento greco ha dato il via libera al piano di salvataggio con il supporto anche delle opposizioni all’esecutivo Tsipras, il quale aveva chiesto espressamente di votare il pacchetto di aiuti. In contrasto con il premier, il presidente del Parlamento, Zoe Konstantopoulou, si è detta fermamente contraria al piano europeo ritenendolo fonte di nuove misure di austerità. L’ex ministro delle Finanze Yanis Varoufakis ha espresso voto contrario, rimettendo nelle mani di Tsipras anche il suo mandato parlamentare.
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Il 14 agosto il piano è stato approvato dall’Eurogruppo, garantendo ad Atene
un’iniezione
di
86
miliardi
di
euro
in
tre
anni
subordinata
all’implementazione di riforme nei settori della sanità, dello stato sociale, del sistema pensionistico, della tassazione e di uno schema di privatizzazioni. Il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker ha affermato che «con queste basi, la Grecia è e rimarrà irreversibilmente un membro dell’Eurozona». Nei giorni seguenti l’esecutivo ellenico ha sbloccato la prima privatizzazione, definita dal governo precedente ma congelata da Tsipras al momento della sua vittoria alle elezioni, che ha sancito la vendita per 1,23 miliardi di euro di 14 aeroporti regionali al consorzio tedesco tra Fraport e Slentel. Successivamente il piano è stato approvato dai Parlamenti di Spagna e Germania. Il terzo piano di aiuti ha consentito ad Atene di rimborsare alla Banca Centrale Europea 3,4 miliardi di euro entro la scadenza del 20 agosto. I ministri delle Finanze dell’Eurozona hanno stabilito di rendere subito disponibile la prima tranche da 26 miliardi proprio per consentire alla Grecia di rimborsare il debito con la BCE. Le ampie divergenze createsi all’interno del partito di governo, Syriza, hanno spinto il premier Tsipras ad annunciare le proprie dimissioni. In seguito alla decisione del capo dell’esecutivo il presidente della Repubblica Prokopis Pavlopoulos ha conferito a Evangelos Meimarakis, leader del principale partito di opposizione Nea dimokratia, l’incarico di formare un nuovo governo. Dopo l’insuccesso di Meimarakis il mandato è stato affidato a Panagiotis Lafazanis di Unità popolare, già ministro del settore energetico con Tsipras e leader della nuova formazione a sinistra. L’impossibilità di trovare una nuova compagine governativa ha condotto all’annuncio di elezioni anticipate, previste per il 20 settembre. La profonda crisi attraversata da Syriza è testimoniata dalle dimissioni del segretario Tasos Koronakis, che si è opposto alla linea ufficiale del partito e ha criticato la decisione di Tsipras di andare a nuove elezioni senza discutere la questione in sede al partito e senza tenere in considerazione quando stabilito dal Comitato Centrale. L’incarico di guidare il governo fino alle imminenti consultazioni è stato affidato al presidente della corte suprema Vasiliki Thanou, prima donna a capo di un esecutivo nella storia del Paese. Secondo il quotidiano conservatore Neftemporiki, qualunque sarà l’esito delle urne, «l’unica soluzione per far uscire il Paese dal pantano è una grande coalizione con Syriza e Nea dimokratia, che spingerebbe l’intero sistema politico ad assumersi le sue responsabilità».
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IRAQ/SIRIA ↴
A più di un anno dall’avvio delle operazioni militari coordinate dagli Stati Uniti, l’esplosione del Tempio di Bel a Palmira, documentata dalle foto satellitari pubblicate dall’agenzia UNITAR, raffigura simbolicamente la tenuta dello Stato Islamico (IS). L’8 agosto 2014 il governo Obama autorizzò i primi bombardamenti mirati in Iraq, espandendo nel mese di settembre il mandato della missione anche alla Siria. Da allora, tuttavia, l’auto-proclamatosi Califfato islamico non ha arretrato né la presenza armata, né il controllo sovrano su ampia parte dei due paesi. Nell’ultimo mese i miliziani dell’IS hanno rilanciato l’offensiva sul polo petrolifero di Baiji (3 agosto) e protetto Ramadi nell’Anbar sunnita, senza perdere la capacità di mettere a segno attacchi suicidi su larga scala. Uno degli attentati più brutali ha colpito il 10 agosto un mercato a Baquba, provocando la morte di quarantasette persone e il ferimento di un centinaio. L’atto terroristico riecheggia la strage di Khan Bani Saad, dove il 18 luglio scorso l’esplosione di un’autobomba insanguinò la celebrazione dell’Eid al-Fitr di fine Ramadan, ed evidenzia la strategia di divergere l’attenzione e le risorse delle forze di sicurezza dai principali fronti di combattimento. Analogamente, i guerriglieri jihadisti hanno ripetutamente forzato le difese irachene a Samarra e Haditha quando il contrattacco su Ramadi dell’esercito regola5
re si faceva più intenso e determinato. Benché le forze al servizio di Baghdad in questo frangente siano riuscite a isolare l’importante capoluogo dell’Anbar, avanzando pure nei quartieri sudorientali, l’intatta libertà di movimento delle colonne del Califfato e la ripresa degli scontri su Baiji, dove il 14 agosto oltre duecento uomini armati hanno fatto nuovamente irruzione nella maggiore raffineria del Paese, indicano la persistente precarietà degli equilibri bellici. Lo Stato Islamico mantiene un profilo offensivo anche in Siria, dove i miliziani estremisti hanno ingaggiato le truppe governative a Damasco e strappato alle formazioni ribelli alcuni villaggi al confine settentrionale, accerchiando la cittadina di Marea, roccaforte delle opposizioni nei pressi di Aleppo, dove è stato documentato l’impiego di agenti chimici (in particolare, di gas mostarda) da parte degli aggressori. L’utilizzo di armi chimiche è stato registrato anche nelle aree di Salihiya, in Siria, e Makhmur, in Iraq, dai Peshmerga curdi. Dal cuore dei possedimenti del Califfato giungono invece le immagini delle numerose esecuzioni sommarie e della distruzione sistematica degli antichi templi di Palmira. Ciò nonostante, l’ingresso della Turchia nel conflitto pone le premesse per sviluppi notevoli nel teatro siro-iracheno. Nella notte del 29 agosto i caccia turchi hanno partecipato alle operazioni della coalizione multilaterale diretta da Washington, colpendo una serie di postazioni dell’IS in territorio siriano. Se già in luglio il governo di Ankara aveva dichiarato guerra al Califfato autorizzando unilateralmente dei bombardamenti di precisione (pur senza entrare nello spazio aereo della Siria), l’accordo siglato il 24 agosto con le controparti statunitensi ha formalizzato l’integrazione delle forze turche nella catena di comando della missione internazionale. In precedenza, il Primo Ministro Ahmet Davutoğlu aveva confermato l’avanzamento dei colloqui per la creazione congiunta di una zona cuscinetto nel nord della Siria a lungo richiesta dall’esecutivo turco e per il rafforzamento della copertura aerea a beneficio delle fazioni ribelli moderate che combattono per la destituzione di Bashar al-Assad. L’intento di mettere in sicurezza una striscia di terra a cavallo del confine settentrionale non ha intimidito i movimenti dei miliziani jihadisti, che anzi l’1 settembre hanno tentato una nuova sortita nelle vicinanze di Kobane, ma ha provocato la reazione di Jahbat al-Nusra – movimento qaedista alla testa del Jaish al-Fatah, l’”Esercito della Conquista” che ha raccolto in chiave antiAssad i gruppi ribelli d’impronta islamista. La leadership di al-Nusra ha infatti deciso l’abbandono delle posizioni a nord di Aleppo, paventando la convinzione che la recente convergenza tra Washington e Ankara volga a sola tutela dell’interesse turco, in relazione al temuto rafforzamento politico-militare curdo nell’area. Se la presidenza Obama ha incassato l’adesione dell’alleato mediorientale alle manovre contro l’IS, gli Stati Uniti hanno però subito l’insuccesso del programma di addestramento del gruppo di combattenti siriani che alla metà di luglio era stato inviato in Siria per sostenere e coordinare sul campo le attività delle for6
mazioni ribelli di segno moderato. Tuttavia, le cinquantaquattro unità addestrate ed equipaggiate dal Pentagono hanno respinto la richiesta di combattere contro Jahbat al-Nusra, nella lista nera delle organizzazioni terroristiche stilata da Washington e divenuta punto di riferimento per un ampio ventaglio di brigate integraliste avverse al regime alawita di al-Assad, accusando i finanziatori americani di tradire l’obiettivo prioritario del contrasto al Califfato. Oltre al sorprendente disaccordo strategico, il numero assai ridotto delle reclute istruite nelle basi turche e giordane (che avrebbero dovuto raggiungere almeno 5400 unità nelle attese dei vertici statunitensi) ben descrive il fragile paravento dietro cui l’amministrazione Obama aveva riposto le incertezze sulla crisi siriana. A complicare il quadro del conflitto e appesantire ulteriormente le scelte statunitensi è il crescente coinvolgimento militare russo. L’1 settembre il quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth ha riportato l’arrivo in Siria di una forza di spedizione russa, già operativa in una base aerea nei pressi della capitale a sostegno del traballante governo di al-Assad, le cui truppe hanno perso nella prima metà di agosto il controllo dei villaggi di Mansoura, Zeyara e Tal Waset nella piana di Sahl al-Ghab. Fonti vicine ad al-Nusra hanno confermato le indiscrezioni di un intervento diretto di Mosca nella guerra civile con la pubblicazione d’immagini di caccia e droni russi in volo nei cieli di Idlib. Il 9 agosto il Ministro degli Esteri Lavrov aveva richiamato gli Stati Uniti a collaborare per portare le parti in conflitto (gli eserciti regolari di Siria e Iraq, i guerriglieri curdi e le opposizioni armate siriane) a unire gli sforzi contro la minaccia comune dell’IS. Una settimana più tardi, al termine di un incontro bilaterale con la controparte iraniana Mohammad Javad Zarif, Lavrov ha rinnovato la vicinanza a Bashar al-Assad, bollando come inaccettabile la soluzione di un allontanamento dell’attuale presidenza. Benché il Presidente Vladimir Putin si sia affrettato a giudicare come prematuro l’intervento russo nei combattimenti, il Segretario di Stato americano John Kerry ha espresso preoccupazione per un simile sviluppo. Se la presenza armata russa fosse effettiva, questa porrebbe un veto notevole alle mosse delle potenze sunnite e occidentali, le quali guardano con favore all’avvio di una fase di transizione politica escludente la dirigenza alawita. Peraltro, l’aviazione siriana non ha attenuato gli attacchi su obiettivi civili: secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, tra il 15 e il 25 agosto i bombardamenti sulla periferia nordorientale di Damasco hanno ucciso 247 persone e ferito circa un migliaio. A testimoniare un aggiustamento complessivo delle posizioni degli attori coinvolti, Kerry ha per la prima volta dichiarato la necessità di un’operazione di terra contro l’IS, tuttavia aggiungendo che la Casa Bianca non sta riconsiderando il rifiuto di schierare militari statunitensi con funzioni di combattimento nel teatro siroiracheno, dove l’apporto statunitense resterà contrassegnato dalla forza aerea. Intanto, il Washington Post riferisce che la CIA e i reparti speciali del Joint Special Operations Command hanno aperto, indipendentemente dai raid della coalizione internazionale, un programma segreto per l’individuazione e l’eliminazione 7
delle massime cariche del Califfato mediante l’impiego di droni. La sussistenza di tale iniziativa invaliderebbe la linea politica sposata dall’amministrazione Obama, che da tempo persegue l’indirizzo di circoscrivere le attività condotte dai servizi segreti in ambito di anti-terrorismo. Infine, in Iraq le ultime settimane sono state scandite da dimostrazioni di protesta in gran parte del Paese. Le interruzioni nella fornitura di energia e di acqua acuite dalle elevate temperature estive hanno sollevato manifestazioni ed assemblee popolari nella capitale e in numerose provincie settentrionali e meridionali. I temi scottanti della corruzione dei pubblici ufficiali e della disoccupazione sono presto divenuti centrali nei motivi della protesta, che tuttavia si è mantenuta per lo più pacifica e apartitica, anche in ragione della scelta dei leader sciiti di non politicizzare il diffuso malcontento. Nella circostanza, l’esecutivo presieduto da Haider al-Abadi ha dimostrato accortezza ordinando all’esercito di rispettare i dimostranti e controllare le intemperanze delle forze di polizia locali, che tra il 21 e il 22 agosto ad alHilla, capoluogo provinciale di Babil, avevano disperso la folla e imposto un coprifuoco, poi revocato dal governo centrale. Nell’arduo tentativo di rinsaldare la coesione nazionale contro la minaccia jihadista, al-Abadi ha disposto una profonda ristrutturazione politica allo scopo di incontrare le richieste di cambiamento, pronunciate anche dal Grande Ayatollah Ali al-Sistani, influente guida spirituale della comunità sciita in Iraq. Nonostante il preoccupante deficit di bilancio aggravato dal ribasso dei prezzi petroliferi e lo sforzo bellico contro l’IS, la dirigenza irachena ha infatti deciso di varare un ambizioso programma di riforme. Il 5 agosto l’esecutivo ha approvato un calendario di massima per l’implementazione della cosiddetta Legge 21, che decentralizzerà a livello provinciale le competenze di otto ministeri di primo piano - tra cui, Agricoltura, Istruzione, Sanità, Finanza, Lavoro e Affari Sociali -, con l’esclusione del Kurdistan che manterrà il proprio grado di autogoverno. A questo provvedimento ha fatto seguito la proposta di superare la ripartizione settaria delle più alte cariche istituzionali prescritta dalla carta costituzionale redatta dietro le indicazioni statunitensi a seguito della caduta del regime di Saddam Hussein. Il Premier ha inoltre avanzato l’intendimento di eliminare le cariche di vice-Presidente e di vice-Primo Ministro (ad oggi tripartite secondo l’appartenenza ai maggiori gruppi etnico-confessionali: sciita, sunnita, curdo) raccogliendo consensi trasversali tra le fazioni parlamentari. In seguito, al-Abadi ha deciso la riduzione del Consiglio dei Ministri - passato da trentadue a ventidue membri -, limitato le dispendiose scorte per i pubblici ufficiali e formato un comitato per la revisione degli stipendi dei funzionari del governo.
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BREVI CINA, 11 AGOSTO-3 SETTEMBRE ↴
L’11 agosto la People’s Bank of China ha provveduto inaspettatamente alla svalutazione dello yuan, la moneta nazionale, replicando l’operazione altre due volte e portando la propria valuta ad un deprezzamento finale del 5%. È stata una mossa classica di politica monetaria, benché inaspettata in questi termini, atta a rendere le merci cinesi più competitive sui mercati esteri. La mossa è scaturita dal fatto che per anni il PIL cinese è cresciuto ad un ritmo a due cifre, mentre per quest’anno è prevista una crescita intorno al 7%. Gli analisti economici ipotizzano che il governo in realtà stia mentendo sulla reale situazione economica e che la crescita possa essere addirittura inferiore a quanto prospettato, intorno al 5%, un valore troppo basso per un paese che deve riscattare dalla povertà un miliardo e mezzo di persone. All’inizio di agosto l’indice manifatturiero cinese è sceso a 47.1, il valore più basso degli ultimi due anni, così come negativi sono stati i dati riguardanti l’export, le immatricolazioni di auto, i consumi di energia, la produzione industriale. La sensazione diffusa di pessimismo si è trasmessa anche alla Borsa di Shanghai che nelle ultime sedute di agosto ha ceduto quasi il 20% del suo valore, generando la fuga incontrollata dei capitali stranieri. Il pessimo andamento della borsa cinese si è ripercosso su tutti i mercati mondiali, portando a crolli diffusi sia nei mercati asiatici, che hanno fatto registrare le peggiori performances degli ultimi quattro anni, sia nei mercati europei e americani, dove si sono verificate alcune delle peggiori sedute borsistiche dal 2008. È attesa con interesse la decisione della Federal Reserve statunitense che, in considerazione degli squilibri economici in corso, potrebbe decidere di mantenere i tassi di interesse invariati, anziché provvedere al loro rialzo. COREA DEL NORD/COREA DEL SUD, 20-25 AGOSTO ↴ Il 20 agosto l’esercito nordcoreano ha colpito un’area di circa 60 km a nord di Seul con l’obiettivo di abbattere uno degli 11 altoparlanti posizionati al confine della zona demilitarizzata tra le due Coree. All’azione militare nordcoreana, Seul ha risposto lanciando proiettili da 155 mm. Il 21 agosto il dittatore coreano Kim Jong-un ha ordinato all’esercito di prepararsi ad entrare in “semi-stato di guerra” dando a Seul un ultimatum di 24 ore entro le quali interrompere le trasmissioni e smantellare la rete di altoparlanti al confine. La
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“guerra degli altoparlanti” non è un’invenzione recente; tuttavia, nel 2004 un accordo tra le due Coree aveva posto fine a questa guerra psicologica condotta a suon di messaggi propagandistici. Dal 4 agosto la Corea del Sud aveva però ripreso a trasmettere i suoi messaggi di propaganda democratica contro il suo vicino, accusato di gravi violazioni dei diritti umani, come rappresaglia a seguito di un incidente avvenuto al confine in cui due soldati sudcoreani erano rimasti mutilati. Il rischio di escalation è stato tuttavia evitato da un negoziato tra i rappresentanti della Corea del Sud e quelli della Corea del Nord iniziato il 23 e conclusosi soltanto nella notte del 25 agosto, il quale ha permesso di giungere ad un accordo in sei punti. L’accordo risulta fondamentale non soltanto per la regolamentazione della specifica situazione - la Corea del Sud si è infatti impegnata a sospendere le trasmissioni degli altoparlanti mentre, dal canto suo, la Corea del Nord ha espresso rammarico per l’incidente del 4 agosto e si è impegnata a revocare il quasi stato di guerra -, quanto soprattutto perché sembra aprire alcuni spiragli relativi, in generale, alla sempre precaria situazione esistente tra i due Paesi. EGITTO, 6-26 AGOSTO ↴ Il Cairo continua a essere bersaglio del terrorismo di matrice islamica. Il 20 agosto tre ordigni sono esplosi davanti al Palazzo della Sicurezza nazionale e a un tribunale nel distretto di Shubra El-Kheima, a nord della capitale, ferendo ventinove persone. Rivendicato dallo Stato del Sinai, gruppo terroristico legato allo Stato Islamico, l’attentato è stato seguito il 24 agosto dal lancio di una bomba contro un pullman che trasportava poliziotti nella provincia di Baheira, a 260 chilometri a nord del Cairo. Il bilancio è di due morti e ventiquattro feriti. La tensione resta elevata nella penisola del Sinai, dove il 26 agosto due poliziotti egiziani hanno perso la vita in un conflitto a fuoco nei pressi di un ufficio postale ad Arish. Gli attacchi sopraggiungono dopo l’approvazione della dura legge antiterrorismo voluta dal Presidente Abdel Fattah alSisi. Il provvedimento prevede la costituzione di tribunali speciali e inasprisce le pene per il reato di terrorismo, includendo la pena di morte per l’istituzione e la direzione di una cellula terroristica. Tuttavia, l’ampiezza della definizione di attività terroristica («ogni atto che lede l’ordine pubblico con la forza») e l’introduzione di misure repressive della libertà di stampa, quali la previsione di elevate pene pecuniarie per i giornalisti che contraddiranno la versione ufficiale restituita dalle autorità in merito ad un eventuale attentato, hanno alimentato il sospetto che l’entrata in vigore della legge fornirà al governo egiziano un pericoloso strumento di censura e controllo delle opposizioni. Di contrasto al terrorismo al-Sisi ha lungamente discusso con Vladimir Putin, che il 26 agosto ha ricevuto per la terza volta il Presidente egiziano. Al termine dell’incontro Putin ha lodato l’Egitto quale punto di riferimento della regione mediorientale ed ha inoltre annunciato l’approfondimento della colla10
borazione negli ambiti dell’aviazione civile, con l’avvio di trattative per la fornitura di aerei Sukhoi Superjet 100 alla compagnia di bandiera egiziana, e nucleare, per la costruzione della prima centrale atomica egiziana, cui parteciperà la compagnia di Stato russa Rosatom. Intanto, il 6 agosto, alla presenza di numerose delegazioni internazionali, l’Egitto ha celebrato il raddoppio del Canale di Suez. L’opera consentirà la diminuzione dei tempi di percorrenza (da 18 a 11 ore) e l’aumento dei transiti (da 49 a 97 giornalieri), eliminando inoltre i limiti dimensionali che sinora hanno impedito il passaggio delle navi cargo di ultima generazione. L’apertura del tratto parallelo, costato circa 8 miliardi di dollari, dunque incoraggerà il sensibile incremento dei traffici commerciali, più che raddoppiando nelle attese del governo egiziano i proventi (che dai 5,3 miliardi odierni dovrebbero raggiungere i 13,2 nel 2023). Oltre a ricercare nuova centralità nei commerci mondiali, negli auspici di alSisi l’espansione del Canale costituirà uno sfogo alla preoccupante disoccupazione giovanile, che complice l’elevata pressione demografica costituisce un persistente fattore di instabilità. STATI UNITI, 4 SETTEMBRE ↴ Nonostante le elezioni per la Casa Bianca si tengano tra oltre un anno, è già iniziata la corsa alla leadership dei due partiti, Democratico e Repubblicano, da parte degli aspiranti presidenti. Dal lato del Grand Old Party, la situazione appare ancora molto incerta. Il primo dibattito, che si è tenuto in agosto a Cleveland, non ha contribuito a dare un indirizzo preciso al partito repubblicano. Ad ora, comunque, in testa ai sondaggi c’è Donald Trump, seguito da astri nascenti come il neurochirurgo Ben Carson, da giovani politici, ad esempio Marco Rubio, e da nomi altisonanti come Jeb Bush. Sul versante dei Democratici, al contrario, pare esserci meno indecisione sul front runner nel 2016. Sia in termini di endorsement all’interno del partito che di consenso tra l’opinione pubblica, la grande favorita resta l’ex Segretario di Stato, Hillary Clinton. Tuttavia, nel corso delle ultime settimane ha guadagnato terreno il Senatore indipendente, ma fortemente intenzionato a divenire leader dei Democratici, Bernie Sanders, il cui pensiero socialista tende a far presa in particolare sull’ala liberal del partito. Sembrerebbe esserci la possibilità che anche l’attuale vice-presidente, Joe Biden, possa partecipare alle primarie democratiche. Ciononostante, dopo il recente lutto che l’ha colpito (la morte del figlio), non ha ancora sciolto la riserva e sta sondando la disponibilità dell’establishment democratico a sostenerlo. Nel frattempo, l’amministrazione Obama coglie un importante successo in termini di politica estera: l’accordo siglato nel giugno scorso tra Iran e il gruppo P5+1 sul dossier nucleare di Teheran non verrà affossato dall’opposizione del Congresso a maggioranza repubblicana. Il presidente ha infatti raccolto il sostegno minimo all’interno del suo partito per evitare che un
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suo probabile veto possa venir scavalcato da una maggioranza qualificata a Capitol Hill. STATI UNITI/CUBA, 14 AGOSTO ↴ Dopo 54 anni di interruzione delle relazioni diplomatiche, il 20 luglio le ambasciate di Stati Uniti e Cuba a L’Avana e Washington sono state ufficialmente riaperte. La visita in agosto del Segretario di Stato USA, John Kerry, ha avuto un notevole valore simbolico per le relazioni bilaterali, trattandosi del primo viaggio nell’isola di un capo della diplomazia statunitense dal 1945. Ciò nonostante permangono elementi di ostilità tra i due Paesi. I media di Stato cubani, in occasione del compleanno del leader Fidel Castro e in suo nome, hanno pubblicato un articolo nel quale veniva evidenziato il danno economico causato a Cuba dall’embargo statunitense. Da parte sua, Kerry ha tenuto a ribadire che il Congresso non toglierà le restrizioni sul piano economico a meno che Cuba non inizi a rispettare i diritti umani e attui una politica a favore delle libertà di coscienza, di espressione e d’indipendenza. Molte sono le critiche pervenute in seguito alla visita di Kerry, tra le quali il mancato invito dei dissidenti cubani alla cerimonia presso l’ambasciata statunitense. Alcuni Senatori americani, tra cui quello della Florida Marco Rubio, del New Jersey Bob Menendez e l’ex Governatore della Florida Jeb Bush, hanno descritto l’evento come un «giorno triste» per la storia dei due Paesi, poiché non è stato raggiunto nessun accordo sul rispetto delle libertà fondamentali e sulla possibilità di svolgere elezioni democratiche. Nonostante il Presidente Barack Obama abbia semplificato alcune restrizioni economiche e di viaggio, spetterà al Congresso revocare l’embargo - pratica difficile da archiviare a causa della maggioranza repubblicana in entrambe le Camere. YEMEN,
24 AGOSTO-2 SETTEMBRE ↴
L’aviazione dell’Arabia Saudita, che dal mese di marzo è alla guida di una coalizione internazionale che sta affrontando l’avanzata dei ribelli Houthi filoiraniani all’interno dello Yemen, ha bombardato la base aerea di al-Dailami, situata nell’area nord della capitale Sanaa, nei pressi dell’aeroporto. L’attacco è avvenuto dopo il fallito lancio di un missile Scud da parte degli Houthi, i quali erano entrati in possesso da alcune ore del deposito munizioni della struttura militare dell’ormai disciolta aviazione yemenita. In precedenza, il 26 agosto, militanti di al-Qaeda avevano attaccato una base dell’esercito nella città di Mukalla e costituito alcuni checkpoints per rinsaldare il controllo di uno dei capisaldi del network terroristico nello Yemen; il giorno precedente i jihadisti di alQaeda avevano già bombardato una base della polizia segreta yemenita nelle immediate vicinanze. Le forze saudite hanno cercato di riprendere le proprie posizioni 12
nella strategica città costiera di Aden, da luglio nelle mani degli Houthi: un contingente di 100 soldati è stato schierato nei dintorni dell’aeroporto internazionale, mentre continuano i raid dell’aviazione sulle postazioni dei ribelli sciiti. Nella mattinata del 2 settembre la branca yemenita dello Stato Islamico ha rivendicato il duplice attentato alla moschea di al-Mouawed, nel distretto di al-Jaraf della capitale Sanaa, che ha causato la morte di almeno 28 persone ed il ferimento di un centinaio. Il doppio attacco è avvenuto in maniera sequenziale, con un attentatore suicida che si è fatto esplodere all’interno della moschea ed un camion bomba che è esploso mentre i superstiti si apprestavano a fornire i primi soccorsi ai feriti. La moschea di al-Mouawed è frequentata principalmente dagli sciiti Houthi, considerati eretici dai miliziani dello Stato Islamico, principalmente di confessione sunnita. Finora il conflitto ha causato la morte di 4500 persone e una seria crisi umanitaria ai danni della popolazione civile. La Croce Rossa Internazionale ha ufficialmente dichiarato concluse le sue attività di assistenza a causa dei numerosi attacchi subiti dai suoi operatori e ai danni delle sue strutture.
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ALTRE DAL MONDO ARABIA SAUDITA, 6 AGOSTO ↴ Un attentatore del gruppo jihadista “Provincia di al-Hijaz”, affiliato allo Stato Islamico, si è fatto esplodere in una moschea di Abha, nella provincia di Asir, durante la preghiera di mezzogiorno, provocando la morte di quindici persone, in gran parte reclute della polizia locale. Si tratta del terzo attentato a firma jihadista in un luogo di culto compiuto negli ultimi mesi, dopo gli attacchi nelle moschee di al-Qadeeh e di al-Damman del 22 e 29 maggio.
BALCANI, 25-27 AGOSTO ↴ I premier di Serbia e Kosovo, Aleksandar Vučić e Isa Mustafa, hanno firmato a Bruxelles un accordo che costituisce un importante passo in direzione della normalizzazione dei rapporti bilaterali. Oltre a un’intesa nei settori dell’energia e delle telecomunicazioni, è prevista una riforma giudiziaria per tutelare la minoranza serba in Kosovo. L’accordo ha preceduto di pochi giorni l’inizio del secondo incontro del cosiddetto “processo di Berlino”, una serie di incontri avviati il 28 agosto 2014 dal Cancelliere tedesco Angela Merkel per rilanciare l’economia e lo sviluppo della regione balcanica.
BRASILE, 16 AGOSTO ↴ Quasi un milione di persone ha manifestato nelle strade delle principali città brasiliane per chiedere le dimissioni del Presidente Dilma Rousseff, rieletta in ottobre ma screditata dallo scandalo Petrobras e dalla crisi economica. Già nei mesi di marzo e aprile i cortei di protesta avevano promosso l’impeachment per Rousseff, alla guida della compagnia petrolifera nazionale prima di ottenere l’incarico presidenziale ma dichiaratasi estranea al traffico di tangenti che vede coinvolti esponenti di spicco della dirigenza brasiliana.
BURUNDI, 20 AGOSTO-2 SETTEMBRE ↴ Il 20 agosto é iniziato il terzo mandato presidenziale di Pierre Nkurunziza, vincitore delle elezioni del 21 luglio con quasi il 70% dei voti. Nkurunziza ha nominato i membri del suo governo, costituito da 20 ministri, tra i quali cinque scelti tra i parlamentari dell'opposizione. Nel frattempo, continuano le proteste della popolazione per una rielezione ritenuta illegittima, a cui le forze di polizia e le milizie ruandesi delle FDLR stanno rispondendo con inaudita ferocia.
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ECUADOR, 7 AGOSTO ↴ L’ultimo episodio della lunga disputa tra il governo di Quito e l’azienda statunitense Chevron è la decisione di una Corte d’appello degli Stati Uniti che ha condannato l’Ecuador a pagare un risarcimento di 96 milioni di dollari alla compagnia petrolifera nordamericana. La controversia ha avuto inizio nel 1973, con la stipula di un accordo firmato dalla Texaco - successivamente acquisita da Chevron - che prevedeva la rivendita di petrolio al governo ecuadoriano a prezzi inferiori a quelli di mercato in cambio di prospezioni minerarie nel paese. Negli anni Novanta Chevron ha avviato diverse cause legali contro l’Ecuador, accusandolo di violare l’accordo.
HAITI, 9 AGOSTO ↴ Per la prima volta da quando il presidente Michel Martelly è salito al potere nel 2011, si sono svolte le consultazioni per eleggere i rappresentanti della camera dei deputati e due terzi del senato. Nel primo turno delle elezioni legislative, caratterizzato da violenze e da un’affluenza alle urne di appena il 18%, sono stati eletti solo tre deputati su 119 e nessun senatore. Il secondo turno è previsto per il 25 ottobre, insieme al primo turno delle presidenziali e alle amministrative.
INDIA, 13 AGOSTO ↴ In seguito alla preghiera mattutina nella moschea del distretto di Shopian, nel Kashmir, un ordigno è esploso all’interno del complesso ferendo 11 persone. Non vi è stata alcuna rivendicazione dell’attacco, ma il governo indiano ha aumentato notevolmente il livello di sicurezza nazionale in occasione delle celebrazioni dell’anniversario dell’indipendenza dalla Gran Bretagna. Gli attacchi alle moschee non sono frequenti nella regione; l’ultimo risale al 2001, nella moschea di Charar-eSharief in cui persero la vita 4 donne.
ITALIA/INDIA, 24 AGOSTO↴ L’Italia ha proceduto, lo scorso 21 luglio, ad inoltrare presso il Tribunale internazionale del diritto del mare (ITLOS) una richiesta relativa alle misure cautelari da applicare ai due Marò in attesa della decisione del Tribunale arbitrale, la cui attivazione è stata attivata dall’Italia lo scorso 26 giugno. Il 24 agosto l’ITLOS ha respinto la principale richiesta italiana sul rientro in patria di Salvatore Girone e alla permanenza in Italia di Massimiliano Latorre, richiedendo all’Italia e all’India di sospendere ogni iniziativa giudiziaria in essere e di non intraprendere nuove azioni che possano aggravare ulteriormente la controversia. Le decisioni del Tribunale sono vincolanti per le parti; a tal proposito, entro il 24 settembre Roma e New Delhi dovranno presentare una relazione circa l’applicazione delle misure. La situazione resterà così congelata fino alla pronuncia, che si prospetta potrà arrivare anche tra qualche an15
no, del Tribunale arbitrale relativa alla giurisdizione competente a giudicare nel caso dei due fucilieri.
ITALIA/IRAN, 4-5 AGOSTO↴ In conformità con quanto annunciato a pochi giorni dallo storico accordo sul nucleare iraniano siglato a Vienna, i ministri degli Esteri Paolo Gentiloni e dello Sviluppo economico Federica Guidi si sono recati in visita a Teheran. La cornice politica della missione è stata quella dell’incontro tra Gentiloni e il suo omologo Zarif. Nel quadro della progressiva eliminazione delle sanzioni internazionali prevista dall’accordo, l’Italia punta a un rafforzamento delle relazioni politiche ed economiche tra i due Paesi, approfittando delle numerose opportunità offerte dal mercato iraniano.
MALI, 7 AGOSTO ↴ L’attacco jihadista contro l’hotel Byblos che ospita funzionari delle Nazioni Unite ha visto il sequestro di ostaggi e l’uccisione di 12 persone, tra cui alcuni dipendenti dell’hotel, cinque soldati, due attentatori e un contractor delle Nazioni Unite. Pur non essendoci prove formali del suo coinvolgimento, i sospetti in merito alla responsabilità dell’attentato si sono concentrati sul gruppo islamista del Fronte di Liberazione del Macina, che prende la sua denominazione dal nome tradizionale di una regione centrale del Mali. Il Fronte ha già rivendicato diversi attacchi ed è presumibilmente affiliato con al-Ansar al-Din, inserita da Washington nella lista delle organizzazioni terroristiche nel 2013.
NIGERIA, 11-13 AGOSTO ↴ Nonostante gli sforzi del presidente Buhari per scacciare i militanti islamici di Boko Haram da alcuni loro capisaldi nel nord-est del Paese, i guerriglieri bokisti continuano la loro attività terroristica ai danni della popolazione civile. L’attentato più cruento è avvenuto lo scorso 11 agosto, nei pressi del mercato del villaggio di Sabon Gari, a sud di Maiduguri, nello stato di Borno, e ha causato la morte di 50 persone. Sul piano della coalizione internazionale in supporto della Nigeria, il Ciad del presidente Idriss Deby ha eseguito la condanna a morte per fucilazione di dieci presunti membri di Boko Haram.
PALESTINA, 22 AGOSTO ↴ L’emittente araba Al Arabiya ha diffuso la notizia delle dimissioni di Mahmoud Abbas (Abu Mazen) da leader dell’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) insieme ad altri esponenti di alto livello del movimento. Abu Mazen è stato temporaneamente sostituito da Saeb Erekat, capo negoziatore dell’organizzazione nelle trattative con Israele, ma ha conservato il ruolo di presidente palestinese. Il Consi16
glio nazionale palestinese ha chiesto le elezioni entro un mese per selezionare un nuovo comitato esecutivo per l’OLP. REGNO UNITO/IRAN, 23 AGOSTO ↴ Il Regno Unito ha riaperto la propria ambasciata a Teheran, chiusa nel 2011 in seguito all’attacco di alcuni gruppi studenteschi rivoluzionari iraniani. Alla cerimonia per la riapertura della sede diplomatica hanno partecipato il ministro degli Esteri britannico, Philip Hammond, e quello iraniano, Mohammad Javad Zarif. L’Iran ha analogamente deciso di riattivare la propria rappresentanza diplomatica nel Regno Unito. Hammond ha dichiarato che, malgrado permangano delle divergenze tra i due Paesi, i rapporti bilaterali sono costantemente migliorati e la riapertura delle ambasciate segna un ulteriore passo in avanti nel processo di riavvicinamento dell'Iran alle potenze occidentali. RUSSIA, 24 AGOSTO↴ Le Forze Armate russe hanno comunicato l’efficace collaudo del missile balistico intercontinentale RS-12M Topol. Lanciato dal poligono di Kapustin Iar, nella regione meridionale di Astrakhan, il razzo ha colpito con precisione l’obiettivo collocato nel poligono di Sary-Shagan, in Kazakistan.
SOMALIA, 22 AGOSTO-1 SETTEMBRE ↴ I miliziani islamici di al-Shabaab hanno attaccato in due occasioni i soldati di AMISOM, il contingente dell'Unione Africana in Somalia. Il 22 agosto un attentato kamikaze ai danni della base di Kismayo, utilizzata quale centro di addestramento reclute, ha causato la morte di nove soldati. Gli al-Shabaab hanno inoltre rivendicato l'attacco alla caserma di Jalane, situata nel sud del Paese, nel quale hanno perso la vita 50 soldati ugandesi. SRI LANKA, 17-19 AGOSTO ↴ Lo United National Party (UNP), partito di centro-destra al governo nello Sri Lanka, ha vinto le elezioni parlamentari del 17 agosto, ottenendo 106 seggi sui 225 disponibili. La vittoria dello UNP consente al premier Ranil Wickremesinghe di formare un governo stabile, dopo otto mesi di governo di minoranza, e di allontanare la possibilità di un ritorno al potere dell'ex presidente Mahinda Rajapaksa.
TERRORISMO, 21 AGOSTO ↴ Il fallito attentato sul treno Thalys Parigi-Amsterdam ha riportato all’attenzione il tema del terrorismo di matrice jihadista in Europa. L’autore, il cittadino marocchino di 26 anni Ayoub al-Qahzzani, era schedato dai servizi segreti spagnoli per integralismo islamico ed era stato segnalato anche ai servizi francesi. Al-Qahzzani sarebbe 17
legato alla cellula jihadista smantellata a gennaio in Belgio, a Verviers. I tre cittadini statunitensi e un britannico che sono intervenuti per bloccare il terrorista sono stati insigniti della Legion d’onore dal Presidente della Repubblica Hollande. I ministri degli Interni e dei Trasporti dell’UE riunitisi il 29 agosto a Parigi si sono proposti di discutere «proposte molto concrete» per completare i dispositivi di vigilanza predisposti nel quadro della lotta antiterrorismo. THAILANDIA, 17 AGOSTO ↴ Il 17 agosto il centro di Bangkok, cuore dell’economia thailandese fortemente legata al turismo, è stato scosso dall’esplosione di una bomba che ha causato 22 morti e un centinaio di feriti. Altri due ordigni rimasti inesplosi sono stati trovati nella stessa zona dalle forze dell’ordine. Al momento non sembra essere pervenuta alcuna rivendicazione dell’attentato sebbene il 29 agosto un uomo di ventotto anni e di nazionalità turca sia stato arrestato per complicità nei fatti. Resta, d’altronde, da chiarire il movente: se sembra potersi escludere l’ipotesi del terrorismo internazionale o quella di matrice religiosa, rimane in piedi quella legata alle tensioni interne che si registrano ormai dallo scorso maggio, quando Prayuth Chan-ocha si è autoproclamato Primo Ministro a seguito di un colpo di Stato manu militari. TURCHIA, 25-30 AGOSTO ↴ Dopo il fallimento delle trattative per la formazione di una coalizione di governo e la decisione del presidente Recep Tayyip Erdoğan di affidare al premier uscente Ahmet Davutoğlu l’incarico di formare un esecutivo ad interim per condurre il Paese al voto, è stata ufficializzata la data delle nuove elezioni legislative, il prossimo 1 novembre. Il 28 agosto si è insediato l’esecutivo di transizione di cui per la prima volta fa parte una formazione filocurda, l’Hdp. Nei giorni seguenti si sono verificati episodi di violenza nelle province di Diyarbakır e Şırnak, nel sudest del Paese, in cui sono morti tre poliziotti, tre ribelli curdi del Pkk e un ragazzo di 12 anni.
UCRAINA, 1 SETTEMBRE ↴ Dopo mesi di calma, quanto meno apparente, la situazione in Ucraina torna a complicarsi in vista dell’imminente vertice tra Putin, Poroshenko, Hollande e Merkel. Il Parlamento di Kiev ha dato un primo via libera ad una riforma che garantirebbe maggiore autonomia alle province separatiste innescando, però, l’ira degli ultranazionalisti, che hanno protestato con modalità violente di fronte alla Rada causando la morte di tre persone. VENEZUELA, 22 AGOSTO↴ Il Presidente Nicolás Maduro ha decretato la chiusura dei valichi sulla frontiera colombiana ed imposto la legge marziale nello Stato di Tachira, dove sono stati inviati oltre 1500 militari al fine di reprimere le attività di contrabbando. Già il 10 agosto le autorità di Caracas e di Bogotà avevano concertato la chiusura notturna del confine, 18
ma un attacco armato nella città di San Antonio del Tachira ha sollecitato l’inasprimento delle misure contro i contrabbandieri. La successiva espulsione di circa mille cittadini colombiani dalla regione ha tuttavia irritato il governo di Bogotà .
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ANALISI E COMMENTI DINAMICHE E PROIEZIONE STRATEGICA DEL TERRORISMO IN AFRICA
VIOLETTA ORBAN ↴ ANALISI DISPONIBILE ANCHE COME RESEARCH PAPER: SCARICA
Continente dalle molteplici realtà statuali, culturali ed etniche, l’Africa è frequentemente trascurata dal dibattito politico internazionale e talvolta semplificata nelle analisi tese ad indagarne problematiche e contesti socio-economici. L’esperienza del colonialismo, che ha profondamente segnato le vicende e la stessa auto-percezione delle società africane, ha per lungo tempo tralasciato gli elementi di diversità, dinamismo e pluralità storica e culturale dei Paesi coinvolti, relegandoli ad un unico insieme caratterizzato da omogeneità e pratiche tradizionali. Questo tipo di rappresentazione ha di fatto negato la storicità dell’Africa e le sue diversificate condizioni interne e ha suggerito un’idea di staticità e difficoltà di intraprendere processi di sviluppo. La decolonizzazione, a partire dagli anni Cinquanta del Ventesimo secolo, ha costituito una fase di estremo rilievo, configurandosi come un fenomeno di rottura con dinamiche e legami passati, di definizione degli assetti dei nuovi attori politici e di maggiore attenzione da parte della comunità internazionale per i nuovi Stati indipendenti. L’interesse mostrato negli ultimi decenni nei confronti dell’Africa è tuttavia focalizzato principalmente sulle tematiche dei conflitti etnicoreligiosi, delle migrazioni e del terrorismo (…) SEGUE >>>
L’UE IN ORIENTE: I LIMITI DI UNA PARTNERSHIP SPECIALE FEDERICA CASTELLANA
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La recente diffusione del concetto di “Secolo del Pacifico” (introdotto già nel 2002 dallo storico statunitense Warren Cohen) conferma la centralità crescente del grande Oceano nelle dinamiche internazionali attuali, soprattutto della sua sponda asiatica. È qui infatti che si concentrano Paesi in vivace crescita – economica, demografica e urbanistica – e importanti flussi di merci, commodities, materie prime e investimenti: un richiamo innegabile per molti attori della scena globale, impegnati da tempo nell’area con strategie di controllo, avvicinamento, dialogo e contenimento (specie rispetto alla superpotenza cinese). In questo scenario di “corsa al Pacifico”, come si inserisce l’Unione Europea? L’azione europea nella regione pacifica ha assunto negli anni un’impronta decisamente commerciale e bilaterale. Con la Cina e i Paesi del cosiddetto Sud-Est asiatico, in particolare, l’UE ha costruito una rete di rapporti basata sull’importazione di prodotti a basso costo, la ricerca di nuovi sbocchi per il suo mercato e lo scambio di conoscenze tecnologiche e scientifiche (…) SEGUE >>> 20
CLAUSEWITZ E LA FOURTH GENERATION WARFARE AI TEMPI DELLO STATO ISLAMICO ANTONELLA ROBERTA LA FORTEZZA
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Per secoli il panorama delle relazioni internazionali in riferimento al fenomeno guerra è stato dominato da quelli che sono stati definiti conflitti convenzionali o simmetrici. Per guerra simmetrica si intende un conflitto armato nel quale due Stati, di forza più o meno equivalente, si affrontano in un combattimento aperto. Stiamo in sostanza parlando di una logica perfettamente clausewitziana del conflitto. Almeno a partire dalla seconda metà dello scorso secolo lo scenario appena descritto non sembra più corrispondere alla realtà delle relazioni internazionali. Le guerre non sono più condotte da eserciti classici in quanto una molteplicità di gruppi armati non statali partecipa ai conflitti, perseguendo del resto obiettivi spesso diversi e talvolta divergenti. Nell’attuale scenario internazionale l’asimmetria ha raggiunto un livello superiore rispetto alle semplici tattiche asimmetriche adottate in passato, divenendo caratteristica principale e multilivello degli attuali conflitti. Negli ambienti anglosassoni si è a lungo parlato di Fourth Generation Warfare (4GW), un nuovo paradigma che accanto al più classico conflitto tra Stati inseriva quello asimmetrico tra Stato e attori non statali (…) SEGUE >>>
“AN ESCAPE FROM POVERTY”. IL NUOVO CETO MEDIO NELLE DINAMICHE DI CRESCITA DELL’AMERICA LATINA FRANCESCO TRUPIA ↴ ANALISI DISPONIBILE ANCHE COME RESEARCH PAPER: SCARICA
L’ultimo ventennio latino-americano è stato caratterizzato da una serie di profonde trasformazioni sociali, effetto anche dei positivi risultati raggiunti in ambito commerciale, al miglioramento delle politiche di cooperazione all’interno del subContinente e, infine, alla crescita economica dell’Alleanza del Pacifico (AP) in ambito regionale e dei BRICS su scala globale, in cui il Brasile gioca un ruolo rilevante. La volontà politica di ripristinare i rapporti internazionali con partner storicamente ostili, come gli Stati Uniti, l’apparente superamento di storiche diatribe interne al gruppo ABC (Argentina-Brasile-Cile) nella corsa alla leadership, nonché il miglioramento di politiche fiscali e monetarie, hanno riconosciuto all’America Latina lo status di seconda migliore macro-regione in via di sviluppo dopo quella dell’Est Europa nell’era post-sovietica. I programmi assistenziali brasiliani rivolti alle fasce di popolazione più emarginate, i riconoscimenti internazionali al socialismo venezuelano e cubano, le sfide costituzionali di Ecuador e Bolivia e la crescita esponenziale di Paesi come Cile, Messico e Perù, hanno completato infine una “long march through institutions” che migliorerà ulteriormente le posizioni dei Paesi già citati insieme a quelle di Argentina, Brasile e Colombia (…) SEGUE >>>
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SICUREZZA NAZIONALE IN CINA: IL PERCORSO ISTITUZIONALE E LA NUOVA LEGGE MATTEO ANTONIO NAPOLITANO
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Parlare di sicurezza nazionale nel contesto cinese significa, in primo luogo, addentrarsi in un campo denso di criticità e, in secondo luogo, confrontarsi con un crescendo in complessità di dinamiche composite, legate in maniera indissolubile con la crescente competitività insita nei rapporti internazionali. Negli ultimi anni, le prospettive in merito all’ottimizzazione organizzativa dell’attività di sicurezza sono state interessate da importanti istanze evolutive che, in stretta correlazione con il ruolo di potenza globale della Cina, hanno prodotto dei risultati fondamentali per la realizzazione concreta del corpus normativo del primo luglio 2015. In sede di dibattito, nonostante la forte esposizione del tema a input di diversa natura e tutti ugualmente degni di approfondimento, lo spazio più rilevante è stato occupato dall’annosa questione istituzionale. Sotto l’influenza del Politburo e dello stesso Comitato Permanente, nel tempo, molte istituzioni sono state coinvolte nel processo di policy making inerente le problematiche della sicurezza nazionale, inclusi il Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, la Commissione Militare Centrale, il Consiglio di Stato, il Ministero degli Affari Esteri e il Ministero di Pubblica Sicurezza (…) SEGUE >>>
IL PARLAMENTO EUROPEO DI FRONTE ALLA CRISI DELL’EUROZONA DAVIDE VITTORI
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Nella pietra miliare della scienza politica, Essence of Decision: Explaining the Cuban Missile Crisis di Graham T. Allison, uno dei modelli utilizzati dall’autore per spiegare la crisi cubana è quello del “Governamental Politics”. In sostanza, si ritiene che la scelta di uno Stato derivi dalle negoziazioni politiche che avvengono al proprio interno, anche quando il potere è concentrato nelle mani di pochi, ossia quando il “selettorato”, per utilizzare un’espressione di Bueno de Mesquita, è ristretto ad una piccolissima oligarchia e non coincide affatto con l’elettorato. Queste negoziazioni e i diversi poteri esercitabili, quindi, possono avere un peso sulle decisioni che vengono prese. Questo modello, applicato nel caso di uno Stato, sarebbe di difficile applicazione nel contesto dell’Unione Europea non solo perché i livelli decisionali sono multipli e possono variare dal piano nazionale a quello sovranazionale (e non per forza europeo), ma anche perché molto spesso la complicata architettura istituzionale europea, unita alla difficoltà di discernere chiaramente i limiti della sovranità nazionale in questo contesto, rendono necessario guardare oltre al piano formale della divisione dei poteri e delle competenze, per concentrarsi sul dato squisitamente politico (…)SEGUE >>>
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A cura di OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE Ente di ricerca di “BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO” Associazione culturale per la promozione della conoscenza della politica internazionale C.F. 98099880787 www.bloglobal.net
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