N째31, 15-28 NOVEMBRE 2015 ISSN: 2284-1024
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Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo Milano, 29 novembre 2015 ISSN: 2284-1024 A cura di: Davide Borsani Giuseppe Dentice Danilo Giordano Vittorio Giorgetti Antonella Roberta La Fortezza Giorgia Mantelli Violetta Orban Maria Serra Alessandro Tinti
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Photo Credits: AFP; Alexander Zemlianichenko/Reuters; Aeronautica Turca, Novosti; Habibou Kouyateh/AFP/Getty Images; Reuters.
FOCUS FRANCIA-BELGIO ↴
Gli attentati di Parigi dello scorso 13 novembre, che hanno provocato la morte di 129 persone e che sono stati ufficialmente rivendicati dallo Stato Islamico (IS), hanno aperto una nuova fase della lotta al terrorismo in Francia e in tutta Europa. Stando alle ricostruzioni della polizia francese e confermate dal Procuratore di Parigi, François Molins, gli attacchi sarebbero stati compiuti da 3 gruppi di almeno 7 persone (sebbene alcune fonti parlino di un commando di 19 individui): il primo attivo allo Stade de France, dove 3 uomini (Bilal Hadfi, ventenne francese residente in Belgio e combattente in Siria per l’IS, un secondo uomo affianco al quale è stato ritrovato un falso passaporto siriano a nome di Ahmmad al-Mohammad, un terzo sconosciuto) si sono fatti esplodere provocando una sola vittima. Al secondo gruppo, entrato in azione al Bataclan, apparterrebbero due francesi, Samy Amimour – già incriminato nel 2012 per associazione a delinquere di stampo terroristico – e Ismael Omar Mostefai, quest’ultimo già attivo in Siria tra il 2013 e il 2014 e segnalato dalla polizia turca alle autorità francesi in almeno due occasioni nel corso dell’ultimo anno. Un settimo uomo, Ibrahim Abdeslam, si sarebbe fatto esplodere di fronte al Caffè Comptoir Voltaire e sarebbe il fratello di un ottavo uomo, Salah Abdeslam, attualmente in fuga e per il quale è stato emanato un mandato di arresto internazionale. La mente degli attentati sarebbe invece Abdelhamid Abaaoud – conosciuto anche come Abu Umar al-Baljiki (“Il Belga”) –, belga di origini marocchine che ha combattuto in Siria tra le fila dell’IS, già condannato in contumacia a vent’anni per terrorismo e a capo della cellula jihadista di Verviers smantellata lo scorso 15 gennaio a seguito della maxi-operazione seguita all’attentato a Charlie Hebdo. Abaaoud – che 1
avrebbe avuto anche contatti con Ayoub El-Khazzani, autore dell’attentato sventato lo scorso agosto sul treno Thalys Amsterdam-Parigi, con Sid Ahmed Ghlam, l’algerino che in aprile progettava attentati contro le chiese di Villejuif, e con Mehdi Nemmouche, l’autore dell’attacco al Museo ebraico di Molenbeek nel mese di giugno nel quale sono morte 4 persone – sarebbe rimasto ucciso nel corso del blitz della polizia francese a Saint Denis la mattina del 18 novembre. Insieme a lui anche Hasna Aitboulahcen, una giovane donna francese – probabilmente cugina di Salah Abdeslam – che si è fatta saltare in aria, e un terzo uomo non ancora identificato. Secondo le informazioni trapelate dai media francesi, la cellula stava progettando altri attentati alla Défense e all’aeroporto Charles De Gaulle. Inoltre, una retata condotta in 19 diversi Dipartimenti francesi (16 novembre) ha portato al ritrovamento di un ingente quantitativo di armi, tra cui alcune da guerra, e all’arresto di 23 persone. A Bruxelles è stato infine fermato Mohamed Amri, accusato di aver fabbricato le cinture esplosive usate dai kamikaze la sera del 13 novembre e sospettato di aver fornito loro supporto logistico. Proprio Bruxelles, e in particolare il quartiere centrale di Molenbeek, già oggetto di perquisizioni nel corso dell’ultimo anno e dove è stato portato alla luce un vasto arsenale di armi e prodotti chimici, sono rimasti blindati durante il fine settimana del 21-22 novembre: i Servizi di sicurezza belgi hanno infatti ritenuto imminente un attentato nella capitale sulla base di indicazioni precise che tuttavia il Premier Charles Michel non ha voluto specificare. Altre perquisizioni hanno avuto luogo in tutto il sud-est del Belgio, a Bierges, nella stessa Verviers e a Auvelais, tra Charleroi e Namur. Blitz anti-terrorismo sono stati condotti nella Grande Moschea di Bruxelles, ad Anversa – il cui imam avrebbe lasciato il Paese per andare a combattere in Siria – e in alcuni luoghi di culto islamici in Germania, a Berlino, nel quartiere Charlottenburg, ritenuto obiettivo sensibile. In Italia, alla dogana di Trieste, sono stati rinvenuti all’interno di un autoarticolato olandese 81 fucili a pompa Winchester SXP, presumibilmente trasportati in Germania, Olanda e Belgio. Nei pressi di Antalya, in Turchia, infine, due siriani e un belga sono stati fermati dalle autorità turche con l’accusa di coinvolgimento negli attacchi di Parigi: il belga in particolare, Ahmet Dahmani, sarebbe stato il basista che avrebbe effettuato i sopralluoghi nelle zone oggetto degli attentati. Sul piano della risposta, oltre all’intensificazione dei bombardamenti aerei su Raqqa, il Presidente francese Hollande, davanti al Parlamento riunito in seduta comune a Versailles (16 novembre), ha stabilito l’estensione dello stato di emergenza per tre mesi, ha proposto la modifica della Costituzione (con riferimento agli articoli 16 e 361) per meglio adeguarla all’attuale contesto di sicurezza, ha chiesto un inasprimento delle pene per chi si macchia di reati ascritti a fenomeni di terrorismo e
Art. 16: Quando le istituzioni della Repubblica, l'indipendenza della Nazione, l'integrità del territorio o l'esecuzione degli impegni internazionali sono minacciati in maniera grave ed immediata e il regolare funzionamento dei poteri pubblici costituzionali è interrotto, il Presidente della Repubblica adotta le misure richieste da tali circostanze, sentiti il Primo Ministro, i Presidenti delle assemblee ed il Presidente del Consiglio Costituzionale. 1
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ha proposto un aumento degli organici della magistratura, dei servizi penitenziari e della polizia di confine (il personale non potrà in questo senso essere ridotto fino al 2019). Sulla base della richiesta francese, inoltre, il Consiglio dei Ministri della Difesa dell’Unione Europea (17 novembre) hanno annunciato per la prima volta dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona l’attivazione della cosiddetta “clausola di difesa collettiva” prevista dall'art. 42.7, al cui paragrafo 7 è fissato che «Qualora uno Stato membro subisca un’aggressione armata nel suo territorio, gli altri Stati membri sono tenuti a prestargli aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso, in conformità dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite. Ciò non pregiudica il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri. Gli impegni e la cooperazione in questo settore rimangono conformi agli impegni assunti nell’ambito dell’Organizzazione del trattato del Nord-Atlantico che resta, per gli Stati che ne sono membri, il fondamento della loro difesa collettiva e l’istanza di attuazione della stessa». Mentre il Ministro della Difesa francese Jean-Yves Le Drien ha dichiarato che ciò consentirà alla Francia di poter intrattenere con i singoli Paesi europei relazioni bilaterali utili a concordare piani di sicurezza a beneficio della Francia e dei singoli Stati, l’Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza comune Federica Mogherini ha comunque affermato che il dispositivo non costituisce una missione di difesa comune alle operazioni militari nelle quali è coinvolta la Francia. I Ministri degli Interni e della Giustizia UE hanno inoltre concordato sulla necessità di un rafforzamento delle frontiere, richiedendo alla Commissione europea di presentare una revisione mirata dell’articolo 7.2 del codice Schengen per rendere i controlli alle frontiere esterne sistematici anche per i cittadini UE. Mentre le maggiori potenze mondiali si sono strette intorno alla Francia e, in occasione del G20 in Turchia (16 novembre) – a latere del quale hanno avuto luogo una serie di bilaterali – hanno espresso l’intenzione di rafforzare la cooperazione multilaterale in materia di anti-terrorismo (in particolare potenziando la sicurezza aerea, i controlli via web e la condivisione delle informazioni di intelligence), il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato (20 novembre) all’unanimità una Risoluzione che invita tutti gli Stati membri a restare uniti e ad intensificare la lotta allo Stato Islamico che «costituisce una minaccia globale senza precedenti alla pace internazionale e alla sicurezza (…) anche per la sua capacità di reclutare e addestrare terroristi combattenti stranieri, la cui minaccia ha effetti su tutte le regioni e i Paesi membri dell’ONU, anche quelli lontani dalle zone di guerra».
Art. 36: Lo stato d'assedio è decretato in Consiglio dei ministri. Non può essere prorogato oltre 12 giorni senza autorizzazione del Parlamento. 3
SIRIA-IRAQ ↴
Dopo gli attentati di Parigi del 13 novembre scorso, il Presidente francese François Hollande si è gettato in una complessa iniziativa diplomatica al fine di stringere l’unità d’intenti contro lo Stato Islamico (IS). Ottenuto il rinnovato sostegno tedesco (Berlino invierà alcuni cacciabombardieri Tornado, un aereo da rifornimento e una nave in appoggio alla portaerei Charles de Gaulle che dal porto di Tolone ha raggiunto le coste siriane) e l’impegno del Primo Ministro britannico David Cameron a conquistare l’approvazione parlamentare per l’estensione dei bombardamenti alla Siria, Hollande si è recato dapprima a Washington (24 novembre) e poi a Mosca (26 novembre) per mediare tra i maggiori attori coinvolti nella crisi. La rappresaglia dei caccia francesi sulla città di Raqqa, capitale dell’autoproclamato Califfato islamico, lanciata dall’Eliseo a poche ore dagli attacchi terroristici che hanno colpito Parigi e la chiamata alle armi di una coalizione europea per contrastare il gruppo jihadista (il Ministro della Difesa Jean-Yves Le Drian ha per la prima volta invocato l’articolo 42 comma 7 del Trattato di Lisbona che vincola i membri UE a prestare assistenza militare alla parte che subisca un’aggressione armata sul proprio territorio) erano state accolte con favore dal Cremlino. Già il 17 novembre, il Presidente russo Vladimir Putin aveva ordinato all’incrociatore Moskva schierato nel Mediterraneo di collaborare con “l’alleato” francese nella comune campagna contro l’IS. Dall’incontro alla Casa Bianca, tuttavia, è riemersa la fermezza statunitense sulla necessità di un accordo sulla transizione politica in Siria. In questo senso, il Presidente USA Barack Obama ha precisato che un’operazione concertata contro l’IS e aperta a Mosca è condizionata alla caduta del veto russo sulla legittimità di Bashar al-Assad a partecipare al processo di normalizzazione dettato dall’agenda di Vienna. Per contro il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha ribattuto che stabilire pre-condizioni nella
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lotta contro il terrorismo sia ormai inaccettabile. È dunque il nodo sul regime di Damasco a frenare il progetto francese di allestire una coalizione in grado di inferire un colpo decisivo all’IS – un proposito su cui si riverberano sia il braccio di ferro sull’Ucraina, sia la competizione tra le potenze regionali sunnite e l’Iran sciita, secondo garante del regime alawita e risolutamente avverso alla destituzione di alAssad. Se la distanza sul futuro assetto siriano è apparsa evidente anche nell’incontro bilaterale al Cremlino, Putin ha però registrato la cooperazione con la Francia quale il primo passo verso la creazione di una coalizione internazionale contro il Califfato e ha concordato con Hollande la condivisione delle informazioni militari sulle operazioni in corso nel teatro di guerra. Del resto, seppur dietro a motivazioni strategiche e calcoli politici di diversa natura, Parigi e Mosca sono accomunate dall’interesse a cauterizzare rapidamente il travaso islamista nel cuore sunnita della Siria e fissare la frammentazione del Paese provocata dall’annoso conflitto civile, in vista del friabile processo negoziale segnato dalle conferenze di Vienna. Tuttavia, Putin ha messo in guardia le cancellerie occidentali dall’applicazione di doppi standard nell’individuazione dei gruppi terroristici di matrice islamista. Durante il vertice G20 tenutosi ad Antalya in Turchia (15-16 novembre) il Presidente russo aveva denunciato il finanziamento occulto dell’IS, adombrando la responsabilità di alcuni Paesi presenti al summit (Arabia Saudita e Turchia in primis). Intanto, la flotta russa continua a colpire pesantemente le opposizioni siriane con l’obiettivo di ripristinare il controllo governativo lungo l’asse Damasco-Aleppo. Lo Stato Maggiore ha comunicato che i bombardieri strategici a lungo raggio Tupolev Tu-160 e Tu-95 sono stati impiegati per la prima volta nelle provincie di Aleppo e Idlib. Inoltre, a partire dal 18 novembre le infrastrutture energetiche in uso al Califfato nell’area di Dair az-Zor e Raqqa sono divenuti un bersaglio della campagna aerea diretta dal Cremlino, quando nei giorni precedenti il Comando Centrale statunitense aveva annunciato la distruzione di oltre un centinaio di camion cisterna con l’obiettivo di intaccare la capacità economica del gruppo jihadista. Il volume dei bombardamenti russi ha permesso alle truppe di Damasco di deviare nuovamente verso Palmira e al contempo di avanzare nella periferia meridionale di Aleppo, costringendo le brigate dell’Esercito Libero Siriano a ripiegare da Hama, come anche le milizie islamiste raccolte nel Jaish al-Fatah (in particolare Jabhat al-Nusra e Ahrar al-Sham) ad alzare nuovamente il livello dello scontro. Intanto, il Segretario di Stato USA John Kerry ha manifestato l’intento di avviare un’operazione congiunta con la Turchia per chiudere i circa novantotto chilometri del poroso confine settentrionale siriano non ancora messi in sicurezza. Se dopo l’incidente di frontiera che ha portato all’abbattimento di un caccia da combattimento russo da parte della contraerea turca la diplomazia statunitense ha attentamente difeso il diritto dell’alleato NATO di proteggere il proprio spazio aereo, l’amministrazione Obama ha dato segno di non voler accogliere la richiesta del governo Davutoğlu sull’imposizione di una no-fly zone nel nord della Siria – una mossa
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che lo stesso Obama ha definito “controproducente” in occasione del G20 di Antalya data la realtà dello scenario bellico. In Iraq l’importante riconquista di Sinjar ha sollevato dissidi tra le diverse fazioni curde, laddove la forte presenza del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) è invisa al Partito Democratico del Kurdistan (KDP) di Masoud Barzani, mentre lo stallo sulla presidenza del governo regionale del Kurdistan iracheno (a oggi occupata oltre la scadenza del mandato dallo stesso Barzani) va inasprendosi. Le tensioni scoppiate a Tuz Khurmatu tra i Peshmerga dell’Unione Patriottica del Kurdistan (PUK) e miliziani turcomanni – che hanno costretto le forze di sicurezza irachene e i gruppi paramilitari sciiti a una precipitosa mobilitazione nella zona per soffocare il confronto – evidenziano tanto la precarietà degli equilibri etnici e confessionali nello sconquassato ordine federale iracheno, quanto le difficoltà del governo centrale presieduto da Haider al-Abadi. Mentre i jihadisti dell’IS sembrano accusare i primi sbandamenti nella battaglia combattuta intorno a Ramadi, le istituzioni di Baghdad subiscono l’ondata di proteste in gran parte della provincie meridionali. I governi provinciali di Basra, Dhi Qar, Diwaniyah e Muthanna hanno rigettato la bozza del bilancio federale per l’anno 2016, chiedendo una diversa ripartizione del gettito e minacciando la vendita indipendente del petrolio.
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TURCHIA-RUSSIA ↴
Il 24 novembre alcuni F-16 turchi hanno abbattuto un bombardiere russo Sukhoi-24 al confine tra Turchia e Siria. Il motivo dell’abbattimento, così come subito precisato dalle autorità turche, è stata la violazione, da parte del Su-24, dello spazio aereo turco. Le versioni di Mosca e di Ankara, a cinque giorni dall’episodio, permangono discordanti: la Russia continua a sostenere che il bombardiere abbattuto non abbia mai violato lo spazio aereo turco ma, così come si evince da un video diffuso dal Ministero della Difesa russo, stava sorvolando il territorio siriano mantenendosi ad una distanza di circa 5 chilometri dal confine turco. Opposta la versione della Turchia: in una lettera indirizzata al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il governo turco ha ricostruito la dinamica dei fatti spiegando che la mattina del 24 novembre due bombardieri Su24 hanno violato per oltre un miglio, prima ripetute volte per brevi istanti e poi continuativamente per 17 secondi, lo spazio aereo turco. In seguito ai ripetuti avvertimenti, ben 10 in 5 minuti secondo il governo turco, uno dei due jet è rientrato in territorio siriano mentre l’altro, non procedendo in analoga maniera, è stato colpito dagli F-16 inviati direttamente su ordine del Primo Ministro Ahmet Davutoğlu. A sostegno di questa ricostruzione, Ankara ha diffuso la registrazione audio in cui si sentono gli avvertimenti inviati per radio al Su-24. Le accuse turche si aggiungono, del resto, ad almeno altre due analoghe denunce di violazione del suo spazio aereo da parte di jet russi avanzate negli ultimi due mesi. La ricostruzione turca è stata sostenuta anche dalla NATO, il cui Consiglio è stato convocato dalla Turchia nel pomeriggio stesso del 24, in base all’art. 4 del Trattato dell’Alleanza Atlantica. Al termine della riunione, il Segretario Generale della NATO, Jens Soltenberg, ha invitato alla calma e alla de-escalation, sottolineando in 7
particolare la necessità di rafforzare la cooperazione tra le parti per evitare simili incidenti in futuro. Anche il Presidente Barack Obama ha pienamente appoggiato l’alleato turco sottolineando che Ankara ha il diritto di difendere il proprio spazio aereo e il proprio territorio.
RICOSTRUZIONE DELLA DINAMICA CIRCA L’ABBATTIMENTO DEL SUKHOI-24
A 24 ore dall’accaduto e dopo alcune incertezze iniziali, è stata confermata la morte del pilota russo Oleg Peshkov, ucciso dalle forze anti-Assad mentre planava con il paracadute dopo il lancio dal Su-24 colpito, mentre il capitano navigatore, Konstantin Murakhtin, è stato portato in salvo da un’operazione concordata tra Mosca e le milizie sciite del generale iraniano Qassem Soleimani ed eseguita da 6 uomini di Hezbollah e forze speciali siriane appoggiate dalle forze aeree e dai satelliti russi. Proprio durante la missione di recupero, uno degli elicotteri in appoggio aereo è stato colpito e, secondo quanto riferito dall’Osservatorio per i diritti umani in Siria, costretto ad un atterraggio di emergenza in territorio siriano in una delle zone controllate dalle forze governative siriane. Uno dei membri dell’equipaggio sarebbe rimasto ucciso. La risposta da parte di Mosca ai fatti del 24 novembre non si è fatta attendere: è stata annunciata la decisione di sospendere per un tempo indefinito la partecipazione russa alle esercitazioni navali sul Mar Nero “Blackseafor” a cui partecipa anche la marina militare turca; il Ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha comunicato che dal 1° gennaio sarà sospeso il regime “visa free” con la Turchia; saranno dislocati sistemi di difesa missilistica S-400 presso la base aerea russa di Hamimin in Siria, base che si trova ad appena 30 km dalla frontiera turca; infine, dal punto di vista economico, la Russia ha rafforzato il controllo sulle 8
importazioni di generi alimentari turchi, minacciando contestualmente di bloccare il flusso di turisti russi e i voli da e verso la Turchia, ma anche di congelare o addirittura far saltare il progetto per il gasdotto Turkish Stream e quello per la centrale nucleare di Akkuyu. Dal canto suo Ankara, secondo quanto dichiarato dal quotidiano Hürriyet, avrebbe sospeso temporaneamente i suoi voli militari in Siria, decisione che sarebbe stata presa in accordo con Mosca proprio nell’intento di evitare nuovi incidenti. Lo stop dovrebbe durare fino a quando Ankara e Mosca non riapriranno i canali di dialogo e non disporranno una linea specifica per la trasmissione di comunicazioni militari. Nonostante le continue accuse che Erdoğan e Putin continuano a rivolgersi, non sembra potersi prospettare un rischio di escalation soprattutto grazie al lavoro delle rispettive diplomazie (sembra che il Ministro degli Esteri turco, Mevlüt Çavuşoğlu e quello russo Lavrov, abbiano già concordato di incontrarsi a breve, forse proprio a fine mese a Belgrado al margine della prevista riunione OSCE). Tuttavia, l’innegabile deterioramento dei rapporti tra Mosca e Ankara rende indubbiamente più difficile la realizzazione di un’alleanza che, tenendo dentro sia la Russia che la Turchia, possa contrastare efficacemente l’avanzata dello Stato Islamico.
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BREVI ARGENTINA, 22 NOVEMBRE ↴ Il candidato liberale Mauricio Macri, ex sindaco di Buenos Aires, ha vinto il ballottaggio delle elezioni presidenziali del Paese – il primo nella storia argentina –, sconfiggendo con il 51,4% dei voti il candidato peronista Daniel Scioli. Dopo dodici anni di governo del clan Kirchner, prima Nestor e poi la moglie Christina Fernández, il centro destra ritorna al governo in Argentina. Il margine di voti, in realtà, è abbastanza risicato, solo 700.00 voti di differenza, ma l’affermazione di Macri e della sua coalizione Cambiemos rimane molto significativa. Entro il prossimo 10 dicembre, quando Macri dovrà insediarsi alla Casa Rosada come nuovo Presidente della Repubblica, dovrà essere anche definita la squadra di governo e capire su quale maggioranza il nuovo esecutivo poggierà in Parlamento. Infatti, Cambiemos è in minoranza sia nel Congresso sia in Senato, con 91 Deputati e 15 Senatori e per far passare qualsiasi progetto di legge necessita di 129 e 37 voti alle due Camere.
DISTRIBUZIONE DEL VOTO PER DISTRETTO ELETTORALE - FONTE: LA NACION
Al neo eletto dunque toccherà vagliare all’interno dell’arco istituzionale argentino quali forze potranno essere nella nuova coalizione di governo. Tra queste potrebbero entrare nella maggioranza i radicali della Unión Cívica Radical (UCR) di Ricardo Alfonsín e la lista civica di Elisa Carriò, ma determinante saranno soprattutto i voti dei peronisti dissidenti di Sergio Massa, che con il loro 20% nel primo turno sono stati determinanti per gli esiti finali del ballottaggio. Intanto, tra i primi atti di Macri c’è
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stata la scelta di Marcos Peña quale nuovo Capo di Gabinetto e incaricato di seguire l’iter di formazione della squadra di governo. I problemi principali che Macri dovrà affrontare riguardano l’inflazione – l’Istituto Nazionale di Statistica valuta intorno al 30%-40%, ma istituti privati e internazionali ritengono molto più alta –, il deficit di bilancio e la riduzione delle valute estere. Soprattutto Macri dovrà ridare credibilità al Paese che dopo il default del 2002 e le discutibili politiche economiche dell’epoca kirchnerista ha incontrato la diffidenza dei mercati internazionali. Dal punto di vista delle relazioni internazionali, l’elezione di Macri potrebbe rappresentare un cambiamento di schieramento, con un miglioramento dei rapporti con gli Stati Uniti e un allontanamento dall’asse delle sinistre latino-americane, come il Brasile di Dilma Rousseff o il Venezuela di Nicolás Maduro. In relazione a quest’ultimo caso, Macri ha già anticipato che in occasione del prossimo vertice del Mercosur, il 21 dicembre prossimo ad Asunción, chiederà la sospensione della membership al Venezuela per abusi nei confronti dei dissidenti.
ASIA ORIENTALE, 18-22 NOVEMBRE ↴ Prima a Manila, nelle Filippine, e poi a Kuala Lumpur, in Malesia, si sono tenuti due Vertici rispettivamente dell’APEC e dell’ASEAN, tra le maggiori e importanti organizzazioni regionali. L’APEC, volta a facilitare la cooperazione
economica
dell’Asia-Pacifico,
ha
insolitamente centrato le discussioni su tematiche di sicurezza, in particolare sulla questione del terrorismo internazionale alla luce degli attacchi in Francia e in Mali, dove, tra l’altro, si sono registrate anche vittime cinesi. Il comunicato diramato a margine del Vertice ha dunque sottolineato «la necessità urgente di una maggiore cooperazione e solidarietà internazionale nella lotta al terrorismo […] Non permetteremo al terrorismo di minacciare i valori fondamentali che sostengono le nostre libere e aperte economie. La crescita economica, la prosperità e l'offerta di opportunità sono tra gli strumenti più efficaci per affrontare le cause del terrorismo e della radicalizzazione». Da segnalare, inoltre, che parallelamente al summit si è tenuta una riunione bilaterale tra il Primo Ministro del Giappone, Shinzo Abe, e il Presidente delle Filippine, Benito Aquino, conclusosi con un accordo di massima per rafforzare i rapporti strategici di fronte all’avanzata della Cina nel Mar Cinese Meridionale e Orientale. Lo stesso Barack Obama ha promesso il sostegno alle Filippine. In Malesia, poi, i membri dell’ASEAN hanno raggiunto un accordo per istituire la Comunità Economica degli Stati del Sud-Est Asiatico entro il 31 dicembre, benché servirà altro tempo per renderla operativa. È un’area che comprenderà dieci Paesi e 2.600 miliardi di PIL. L’intento è di replicare la Comunità economica europea, antesignana dell’UE, per liberalizzare merci, capitali e lavoratori all’interno di una zona sempre più orientata verso l’integrazione economica.
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MALI, 20-27 NOVEMBRE ↴ Ad una settimana dagli attentati di Parigi, il Mali è stato variamente colpito da alcuni attacchi terrroristici. Nel pieno centro della capitale maliana Bamako, si è registrato un sanguinoso attentato contro l’hotel Radisson Blu, ampiamente frequentato da stranieri e che
si
trova
a
pochi
metri
di
distanza
dagli
acquartieramenti delle Nazioni Unite. L’attacco sferrato da un piccolo commando ha provocato la morte di 27 persone. Gli assalitori avrebbero fatto irruzione nell’edificio fingendosi parte di un convoglio diplomatico. Una volta entrati nell’hotel e fatto fuoco contro la sicurezza dell’albergo, gli assalitori si sono barricati con oltre 170 ostaggi nelle stanze al settimo piano della struttura. L’intera operazione di salvataggio, condotta dalle forze speciali francesi, provenienti dal vicino Burkina Faso, e dall’esercito maliano, è durata diverse ore e ha portato alla piena liberazione dei sequestrati. Durante il raid sarebbero stati uccisi tre attentatori, ma gli inquirenti che stanno provando a ricostruire la dinamica dei fatti nutrono ancora dubbi circa il numero esatto delle persone coinvolte tra assalitori diretti, basisti e informatori. Poche ore dopo la fine del raid franco-maliano, il gruppo al-Mourabitoun guidato da Mokhtar Belmokhtar – gruppo attivo nella fascia sahelo-sahariana e legato alla galassia di al-Qaeda nel Maghreb Islamico (AQIM) – ha rivendicato l’attentato. L’atto non rappresenta un’assoluta novita, in quanto già nei mesi precedenti vi erano stati attacchi analoghi contro ristoranti, bar o altri alberghi della capitale, tuttavia questo è quello che ha provocato più vittime e ha avuto un’eco internazionale molto alta, anche a seguito dei fatti di Parigi. Il Presidente maliano Ibrahim Boubacar Keita ha immediatamente emanato lo stato di emergenza per dieci giorni e ha disposto il rafforzamento delle misure di sicurezza in tutto il Paese. Dopo aver arrestato due sospetti di essere coinvolti nella strage del Radisson Blu, le forze di sicurezza maliane stanno dando la caccia a tre-cinque persone ritenute fiancheggiatrici degli attentatori. Nel frattempo un nuovo attacco si è verificato nel nord a Kidal, una delle zone coinvolte insieme a Gao e Tessalit nella lotta
in
2013
atto
tra
dal forze
regolari maliane e insorti
islamisti
tuareg Eddine MUJAO,
di
Ansar e
e
del
anch’essi
variamente ad
e
vicini
al-Mourabitoun ad
L’attentato,
AQIM. non 12
rivendicato ma presumibilmente affine per modalità alle formazioni della galassia jihadista africana, è stato rivolto contro una base ONU della città, provocando la morte di due peacekeepers e di un civile.
RUSSIA-IRAN, 23 NOVEMBRE ↴ Il Presidente russo Vladimir Putin si è recato in visita di stato in Iran, dove ha incontrato il suo omologo locale Hassan Rouhani e la Guida Suprema del Paese l’Ayatollah Ali Khamenei. Al centro dei colloqui tra il Presidente russo e quello iraniano c’erano innanzitutto il rafforzamento e la diversificazione dei legami commerciali bilaterali, resi ancora più importanti dopo la firma dell’accordo sul nucleare iraniano e la possibile cancellazione delle sanzioni internazionali. Al termine dell’incontro con Rouhani, Putin ha affermato che la Russia è pronta a garantire un prestito da 5 milioni di dollari per la cooperazione industriale e a metter in campo 35 progetti, da sviluppare in comune, nel settore energetico ed infrastrutturale. Inoltre ha paventato l’ipotesi che l’Unione Economica Eurasiatica, che vede al suo interno anche Bielorussia, Kazakistan e Armenia, potrebbe estendere all’Iran l’area di libero commercio in via di definizione. Non poteva mancare l’aspetto militare, con la Russia che ha annunciato l’inizio delle forniture dei sistemi anti-missile S-300, bloccate dalle sanzioni, e il conflitto siriano, con entrambi i Presidenti a sottolineare che il futuro del Paese dovrà passare dalle consultazioni popolari. Il viaggio di Putin era stato anticipato dalla firma di un decreto che autorizza l’importazione da Teheran di uranio arricchito, in cambio di uranio naturale, permettendo all’Iran di liberarsi delle sue scorte in eccesso. L’incontro è avvenuto a margine del terzo Forum dei Paesi Esportatori di Gas (GECF), svoltosi sempre a Teheran, che raggruppa i principali esportatori di gas naturale, ovvero il 45% del mercato mondiale, ed è, per questo, definito l’OPEC del gas. Il Segretario dell’OPEC, Abdalla al-Badri, ha definito il Vertice un successo, con buoni obiettivi per il futuro e ha auspicato una maggiore cooperazione e coordinamento con la sua organizzazione.
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ALTRE DAL MONDO AF-PAK, 25-26 NOVEMBRE ↴ L’intelligence pachistana ha rivelato che Khalid Mehsud, alias Khan Said Sajna, senior commander del gruppo Tehreek-i-Taliban Pakistan (TTP), branca pachistana dei Talebani, è stato ucciso da un drone statunitense nell’area di Damma, provincia afghana di Khost, in un attacco in cui sono morti altri 12 miliziani. Sajna era stato incluso dagli americani nella lista dei terroristi più ricercati lo scorso anno, per le sue implicazioni nell’attacco alla base navale di Mehran a Karachi del 2011. Sempre le forze armate pachistane hanno lanciato un attacco aereo, nell’ambito dell’operazione Zarbi-Azb, nella Valle di Tirah e a Shawal, nella regione settentrionale del Khyber al confine con l’Afghanistan, uccidendo 25 membri del TTP. Nel frattempo, i talebani afghani hanno conquistato il distretto di Yamgan, nella provincia di Badakhstan, dopo violenti scontri con le forze di sicurezza afghane.
BOSNIA ERZEGOVINA, 19 NOVEMBRE ↴ Sale l’allerta terrorismo a Sarajevo, dove un uomo ha ucciso due giovani militari all’interno di una sala scommesse e, successivamente, ha aperto il fuoco contro un autobus ferendo l’autista ed alcuni passeggeri. Braccato dalla polizia, l’attentatore si è suicidato dopo qualche ora nella sua abitazione. L’Agenzia Statale per la Difesa ha dichiarato che ci sono elementi validi per poter parlare di atto terroristico. Non è ancora chiaro, invece, se l’atto possa essere ascritto come un episodio di matrice islamista, il che confermerebbe la preoccupante escalation del radicalismo islamico, in forte espansione all’interno del Paese. Oltre ad altri attentati di natura minore, secondo i dati forniti dall’International Centre for the Study of Radicalisation del King’s College di Londra, sarebbero 330 i cittadini bosniaci partiti tra il 2012 ed il 2014 per combattere in Siria.
BURUNDI, 21-25 NOVEMBRE ↴ Nella notte tra il 21 e il 22 novembre almeno quattro civili sono rimasti uccisi durante gli scontri con la polizia nella capitale Bujumbura. Secondo le autorità locali c’è stata una sparatoria dopo che gli agenti sono entrati in un bar per arrestare un gruppo di giovani che stava preparando un attentato. Nelle stesse ore, le forze di sicurezza si sono rese colpevoli di esecuzioni extragiudiziali, arresti arbitrari e abusi in varie città del Paese, tra cui varie limitazioni della libertà di espressione. Il 25 novembre il Ministero dell’Interno ha inoltre temporaneamente vietato le attività di alcune ONG locali. Le Nazioni Unite hanno convocato un Consiglio di Sicurezza e nominato il Presidente ugandese Yoweri Museveni, mediatore nella crisi nazionale. Secondo molti osservatori il Burundi rischia di cadere nel vortice di una guerra civile. Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, negli ultimi sei mesi in Burundi ci sono stati almeno 240 vittime. 14
CIAD, 20 NOVEMBRE ↴ Proprio nelle ore in cui nella capitale maliana Bamako veniva attaccato l’hotel Radisson Blu, i Capi di Stato dei Paesi del G5 della regione del Sahel (Burkina Faso, Niger, Ciad, Mali, Mauritania) si sono riuniti nella capitale ciadiana N’Djamena, annunciando iniziative militari congiunte per contrastare i gruppi estremisti e firmando un accordo di cooperazione per la messa in sicurezza dei confini. Tra gli altri provvedimenti annunciati, vi sono l’apertura di una scuola di formazione militare di base in Mauritania, che entrerà in funzione nel 2016, il rafforzamento dei collegamenti tra i Paesi attraverso la creazione di una compagnia aerea regionale e nuove ferrovie e, infine, la soppressione dei visti tra i Paesi membri. All’inizio del mese di novembre, il Presidente del Ciad Idriss Déby aveva decretato lo stato di emergenza nella regione del Lago omonimo a seguito del doppio attentato kamikaze, rivendicato dal gruppo islamista nigeriano Boko Haram. Tale misura era stato poi prolungata a quattro mesi dal Parlamento ciadiano il 12 novembre scorso.
CINA, 22 NOVEMBRE ↴ Si sono tenute ad Hong Kong le elezioni amministrative. Consultazioni minori ma comunque significative in quanto sono le prime a seguito delle proteste filo-democratiche del 2014. Si votava per assegnare 431 seggi nei 18 consigli distrettuali: a confrontarsi erano circa 900 candidati. La vittoria è andata alle fazioni filo-cinesi, che hanno ottenuto la maggioranza relativa dei seggi (191). I partiti pro-democrazia si sono infatti fermati a 83.
EGITTO, 22-24 NOVEMBRE ↴ Anche nel secondo turno delle elezioni parlamentari, il partito “Per amore dell’Egitto” – composto da uomini del vecchio regime e da élite militari e finanziarie nazionali – si è confermato in testa nei primi dati parziali diffusi dalla Commissione elettorale egiziana. Secondo le prime proiezioni, il partito avrebbe ottenuto la maggioranza assoluta nei 120 seggi a disposizione delle formazioni politiche – gli altri 476 scranni disponibili sono suddivisi tra candidati indipendenti (448) e quelli nominati direttamente dal Presidente (28). Intanto nel Sinai settentrionale e per la precisione ad alArish, si è registrato l’ennesimo attentato dei jihadisti del Wilayat Sinai. Un doppio attacco è stato condotto contro un hotel della città sinaitica dove alloggiavano alcuni giudici impegnati nella supervisione elettorale del distretto. Secondo il Ministero della Salute pubblica, l’attentato ha provocato 7 morti e 17 feriti. Invece a Saqqara, 30 chilometri a sud del Cairo, nei pressi di un sito archeologico, un commando armato e non ben identificato ha ucciso 4 poliziotti. Altri episodi simili erano già avvenuti durante l’anno e sempre in corrispondenza di siti di rilevanza culturale.
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ISRAELE-EMIRATI ARABI UNITI, 27 NOVEMBRE ↴ Il Direttore Generale del Ministero degli Affari Esteri israeliano, l’Ambasciatore Dore Gold, ha annunciato l’apertura di una nuova missione diplomatica dello Stato Ebraico negli Emirati Arabi Uniti (EAU). Gold ha tenuto subito a specificare che la rappresentanza israeliana ad Abu Dhabi non rappresenta una missione ufficiale del governo e dello Stato, bensì una delegazione accreditata presso l’Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili (IRENA) e le sue attività saranno limitate alle semplici attività in materia di green energy. Sia Gold, sia Maryam al-Falasi, portavoce del Ministero degli Esteri emiratino, hanno spiegato che tale rappresentanza «non modificherà i rapporti bilaterali». La missione sarà guidata dal diplomatico israeliano Rami Hatan, che dovrebbe prendere servizio negli EAU nelle prossime settimane.
LIBIA, 23 NOVEMBRE ↴ Le tribù rivali Tebu e Tuareg hanno siglato un accordo di cessate il fuoco a Doha, in Qatar, ponendo fine a 14 mesi di conflitto, concentratisi soprattutto nei dintorni della città di Obari, nel Fezzan, sud della Libia; l’accordo è stato ben accolto anche dal Congresso Nazionale Generale (GNC) che lo ha definito «un punto di partenza per la riconciliazione dell’intero Paese». In Tripolitania e in Cirenaica, invece, la situazione rimane ancora tesa: il 24 novembre, un’autobomba è esplosa nei pressi di un checkpoint dell’esercito nei pressi di Tripoli, causando la morte di 6 persone ed il ferimento di 14. Nel corso della sua visita in Italia, il nuovo inviato ONU in Libia, il tedesco Martin Kobler, ha lanciato l’allarme sull’avanzata dello Stato Islamico nel Paese.
PORTOGALLO, 24 NOVEMBRE ↴ A poche settimane dalle elezioni legislative, il Presidente portoghese Aníbal Cavaco Silva ha ufficialmente incaricato il leader del Partito Socialista ed ex sindaco di Lisbona, António Costa, di formare un nuovo esecutivo. Costa e la sua formazione saranno sostenuti da un’alleanza formata dal Blocco di Sinistra, dal Partito Comunista e dai Verdi. Alle ultime elezioni la coalizione di centro-destra del Premier uscente Pedro Passos Coelho aveva ottenuto il numero più alto di voti, senza però guadagnare la maggioranza assoluta necessaria a formare un governo stabile. Costa ha promesso un taglio alla politica di austerity, sebbene il Presidente abbia preteso che il nuovo Premier firmasse una lettera in cui dichiara il rispetto dei target fiscali europei e degli altri impegni assunti con l’Unione Europea.
TUNISIA, 24 NOVEMBRE ↴ Un bus con a bordo uomini della guardia presidenziale è esploso nel centro di Tunisi, nei pressi dell’ex sede del partito RCD del deposto Presidente Ben Ali in Avenue Mohamed V, causando 14 morti e decine di feriti. Il giorno seguente l’attentato è stato rivendicato con un comunicato diffuso su Twitter da una cellula locale dell’IS che ha 16
reso note le generalità del kamikaze autore dell’attacco, Abu Abdullah al-Tunisi, affermando che «i tiranni della Tunisia dovranno capire che non avranno pace e non ci fermeremo fino a che non sarà in vigore la shari’a in Tunisia». Il Presidente Beji Caid Essebsi ha proclamato lo stato di emergenza per 30 giorni e il coprifuoco nell’area metropolitana della capitale, dalle 21 alle 5 del mattino, oltre ad annunciare la chiusura della frontiera con la Libia per 15 giorni.
TURCHIA (1), 15-16 NOVEMBRE ↴ I leader del G20 si sono riuniti in Turchia, ad Antalya, per un vertice sui principali temi dell’agenda globale. Oltre a ribadire la volontà di combattere il terrorismo e la minaccia jihadista alla luce degli attacchi di Parigi del 13 novembre, nella prima giornata del summit i rappresentanti delle principali economie mondiali hanno affrontato le questioni della guerra in Siria e dell’emergenza rifugiati e hanno discusso di sviluppo e cambiamenti climatici, economia globale, strategie di investimento e occupazione. Nel secondo giorno si è discusso di regolamentazione finanziaria, agenda sulla fiscalità internazionale, azioni anticorruzione, riforme dell’FMI, questioni commerciali ed energetiche. L’undicesimo vertice del G20 si terrà nel 2016 a Hangzhou, in Cina.
TURCHIA (2), 24 NOVEMBRE ↴ Dopo le elezioni dello scorso 1° novembre, in cui il Partito di Giustizia e Sviluppo ha recuperato la maggioranza parlamentare persa nelle consultazioni di giugno, il Presidente Recep Tayyip Erdoğan ha approvato la nuova squadra di governo scelta dal Primo Ministro Ahmet Davutoğlu. I vice Premier sono Numan Kurtulmuş, Mehmet Şimşek, Yalçın Akdoğan, Tuğrul Türkeş e Lütfi Elvan, agli Esteri torna Mevlüt Çavuşoğlu e agli Interni va Efkan Ala. Per gli Affari Europei è stato nominato Volkan Bozkır e per la Difesa Ismet Yılmaz, mentre all’Economia è stato scelto Mustafa Elitaş invece di Ali Babacan, personaggio vicino a Davutoğlu. La forte influenza presidenziale sui nuovi assetti dell’esecutivo è testimoniata anche dalla nomina di Berat Albayrak, genero di Erdoğan, al Ministero dell’Energia.
UCRAINA, 24 NOVEMBRE ↴ Il colosso energetico Gazprom ha deciso di bloccare i rifornimenti di gas verso l’Ucraina a causa del mancato pagamento anticipato degli ultimi volumi di metano richiesti, in ottemperanza agli accordi firmati tra Kiev e Mosca lo scorso 12 ottobre. Il governo ucraino ha ribadito l’autonomia della decisione, guidata dalla scelta di emanciparsi sempre di più dal gas russo e di trovare soluzioni di acquisto più convenienti. L’evento si colloca comunque in un quadro di crisi più ampio, alimentato da una ripresa degli scontri nelle regioni separatiste e dall’improvvisa interruzione della fornitura di corrente elettrica verso la Crimea – ufficialmente dovuta ad un’esplosione lungo le linee dell’alta tensione – che ha lasciato quasi due milioni di persone al buio 17
per diversi giorni. Sebbene non sia chiaro se ciò possa essere ricondotto ad un atto di sabotaggio, Putin ha accusato le autorità ucraine di inefficienza, paventando un tacito consenso tra queste e le organizzazioni sovversive tatare. A rendere ancora più tesa la situazione, è arrivata la decisione del Premier Yatseniuk di chiudere lo spazio aereo ucraino a tutte le compagnie di nazionalità russa.
VATICANO-AFRICA, 25-30 NOVEMBRE ↴ Lunedì 25 è iniziato il viaggio in Africa di Papa Francesco. Il Pontefice ha prima visitato il Kenya, per poi spostarsi in Uganda, e da ultimo recarsi nella Repubblica Centrafricana per inaugurare il Giubileo nella cattedrale Notre-Dame di Bangui fra domenica 29 e lunedì 30 novembre. Proprio quest’ultima tappa è ritenuta a forte rischio a causa della minaccia di attacchi terroristici contro il Pontefice. Infatti come hanno segnalato nei giorni scorsi gli apparati di intelligence francesi, esiste un concreto rischio di attacchi guidati da milizie jihadiste non ben identificate contro la massima autorità pastorale cattolica. A parte la Gendarmeria Vaticana e le forze di sicurezza centrafricane, per garantire l’incolumità del Papa verranno impiegati i caschi blu della MINUSCA e alcuni droni sorvoleranno la capitale. Inoltre, il Presidente ad interim Catherine Samba-Panza ha messo a disposizione la propria guardia presidenziale.
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ANALISI E COMMENTI DOPO GLI ATTACCHI DI PARIGI, QUALE RIPOSTA DEGLI STATI UNITI? GIANLUCA PASTORI ↴ Gli attentati di Parigi interpellano in modo importante gli Stati Uniti da una parte per il loro peso internazionale dall’altra per il ruolo – talora contraddittorio – da essi svolto in una serie di teatri specifici, primo fra tutti quello del Medio Oriente e del Nord Africa. In questo teatro, le scelte dall’amministrazione Obama hanno attratto numerose critiche, sia per le presunte incertezze, sia per la supposta ambiguità. Sin dagli inizi del mandato, il Presidente e il suo entourage sono stati accusati di mantenere un atteggiamento troppo soft nei confronti della minaccia terrorista; parallelamente, le scelte compiute su alcuni punti cruciali dell’agenda – da quello dei rapporti con le c.d. “Primavere Arabe” a quello delle relazioni con il cruciale “triangolo” Israele-Iranmonarchie del Golfo, a quello della gestione politico-militare della crisi siriana – si sono dimostrate profondamente divisive sul piano interno come su quello internazionale. Non a caso, le critiche all’operato del Presidente hanno avuto, in casa e fuori, un carattere sostanzialmente bipartisan e hanno unito, sul primo fronte, esponenti repubblicani e democratici (…) SEGUE >>>
LA LIBIA FRA DIPLOMAZIA E INTERESSI LOCALI LORENZO MARINONE ↴ Nonostante gli sforzi diplomatici profusi dalle Nazioni Unite nel corso degli ultimi mesi, la Libia continua a versare in uno stato caotico. Non accenna a diminuire la contrapposizione tra il Congresso Generale Nazionale di Tripoli (CGN) e la Camera dei Rappresentanti di Tobruk (CR), la cui azione politica appare sempre più succube delle diverse milizie armate che compongono gli schieramenti. Il lavoro di mediazione dell’inviato speciale dell’ONU Bernardino León ha raggiunto un primo, parziale successo l’11 luglio scorso con la firma a Skhirat, in Marocco, di una bozza di accordo tra le parti. Tuttavia, le negoziazioni riguardo la costituzione di un Governo di Unità Nazionale (GUN) e la ristrutturazione delle principali istituzioni libiche sembrano ora giunte a un punto di stallo. Infatti, la versione definitiva dell’accordo non solo non è stata finalizzata entro le scadenze concordate, ma ha ulteriormente esasperato le contraddizioni interne ad entrambi gli schieramenti in lotta. Uno dei nodi più controversi dell’accordo riguarda il bilanciamento dei poteri (…) SEGUE >>>
PARIGI, BEIRUT E I PREVEDIBILI COLPI DI CODA DELLO STATO ISLAMICO ANDREA FALCONI ↴ Il mese di novembre 2015 ha visto un notevole incremento degli episodi di violenza radicale in varie parti del mondo, in gran parte riconducibili al movimento siro-iracheno dello Stato Islamico (IS). Dal punto di vista nazionale ed europeo, l’ondata di attacchi ha avuto il proprio punto culminante negli attacchi di Parigi del 13 novembre 19
scorso, la cui eccezionalità consisterebbe nel fatto di aver visto coinvolti obiettivi esclusivamente civili e nell’assenza di una minaccia preventivamente sostanziata, come nel caso di Charlie Hebdo. Ciò ha generato un immediato clamore mediatico e fomentato un clima di paura generalizzata, anche e soprattutto a fronte della fiducia riposta dalla popolazione francese nei propri apparati di sicurezza dopo gli eventi del gennaio 2015. Eppure, analizzando a fondo l’andamento delle vicende mediorientali e l’evoluzione del movimento di Abu Bakr al-Baghdadi, gli attentati di Parigi s’inseriscono in un trend ben definito, che aveva assegnato ad un simile evento un carattere di alta prevedibilità. Per comprendere a fondo le ragioni di quello che, a tutti gli effetti, appare come un colpo di coda della formazione del sedicente Califfo Ibrahim (nom de guerre di al-Baghdadi), bisogna considerare al contempo le dinamiche proprie della strategia internazionale dell’IS e l’andamento dello sviluppo del teatro siriano e iracheno (…) SEGUE >>>
LE RELAZIONI TRA GUERRA E TERRORISMO NELL’ETÀ CONTEMPORANEA ANDREA BECCARO ↴ I recenti attacchi a Parigi, definiti dai più come terrorismo, e la risposta nelle dichiarazioni del Presidente francese Hollande, il quale parla apertamente di guerra, ci devono condurre a riflettere su questi due termini: terrorismo e guerra. Il problema riguarda la definizione di questi due fenomeni, perché, malgrado si possano riempire biblioteche intere con volumi e articoli accademici che trattano di cosa sia l’uno e l’altra, in realtà una definizione condivisa non esiste. Cerchiamo dunque di capire con un procedimento induttivo la relazione esistente fra i due fenomeni per comprendere meglio sia la loro natura sia i legami che li uniscono. Partiamo dal concetto di guerra stabilendo fin da subito alcuni principi basilari entro cui si deve muovere la nostra riflessione. Convenzionalmente dalla pace di Westfalia in poi (quindi dal 1648, ovvero un periodo di tempo molto limitato se si pensa all’intera storia dell’uomo e della guerra) e nel solo mondo europeo (ovvero una piccola seppur importante porzione di spazio geopolitico sul globo terrestre), la guerra è stata definita come lo scontro armato tra due Stati sovrani che si riconoscevano reciprocamente (…) SEGUE >>>
A cura di OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE Ente di ricerca di “BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO” Associazione culturale per la promozione della conoscenza della politica internazionale C.F. 98099880787 www.bloglobal.net
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