Weekly Report N°4/2016

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N°4, 24 GENNAIO – 6 FEBBRAIO 2016 ISSN: 2284-1024

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Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo Milano, 7 febbraio 2016 ISSN: 2284-1024 A cura di: Georgiy Bogdanov Oleksiy Bondarenko Davide Borsani Lettine Ilenia Buioni Giuseppe Dentice Danilo Giordano Antonella Roberta La Fortezza Giorgia Mantelli Ester Mauro Violetta Orban Maria Serra

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Photo Credits: Reuters/Khaled Abdullah; Reuters/Max Rossi; Primary Pixels Photo Gallery; Presidenza del Consiglio dei Ministri; Associated Press; AP Photo/Santi Palacios, File; Agence-France Press.


FOCUS SIRIA-IRAQ ↴

Ancora una volta gli sforzi diplomatici delle Nazioni Unite per porre fine al conflitto siriano si sono rivelati fallimentari a causa dell’incapacità delle parti di trovare un accordo su un ipotetico processo di transizione post-Assad da iniziare nel Paese a guerra finita, o quantomeno congelata. Una situazione tale da costringere l’inviato speciale dell’ONU e della Lega Araba, l’italiano Staffan de Mistura, a sospendere temporaneamente per consultazioni i colloqui di pace e ad indire un nuovo round di incontri per il prossimo 25 febbraio, sempre a Ginevra. I colloqui di pace di Ginevra sono parte di un processo di riconciliazione guidato dalle Nazioni Unite e basato sulla Risoluzione 2254 adottata dal Consiglio di Sicurezza il 18 dicembre scorso, che prevede un cessate il fuoco in Siria e un periodo di 18 mesi di negoziati utili a definire tappe e modalità della transizione politica, culminanti con la stesura di una nuova Costituzione e l’avvio di libere elezioni. Sin dalla vigilia dei colloqui del cosiddetto Ginevra III, i delegati dell’Alto Comitato dei Negoziati (HNC) – soggetto politico istituito lo scorso 10 dicembre a Riyadh e rappresentativo delle opposizioni sunnite ad Assad – avevano confermato che la delegazione siriana non avrebbe preso parte al tavolo delle consultazioni e non avrebbe accettato alcun accordo di cessate il fuoco senza la presenza di due pre-requisiti fondamentali: la certezza di un’esclusione del Presidente Bashar al-Assad da qualsiasi processo di transizione politica e lo stop dei raid aerei russi su Aleppo e il nord del Paese in mano agli insorti anti-regime. Proprio quest’ultimo fattore ha decretato, poche ore dopo l’avvio dei primi incontri interlocutori tra le parti, la rottura delle trattative di pace, costringendo quindi de Mistura a dover rinviare i prossimi colloqui al 25 febbraio. 1


Infatti, proprio mentre si stavano svolgendo i colloqui di Ginevra, il regime dava avvio ad un’importante offensiva militare nei pressi di Aleppo condotta da parte delle truppe governative, supportate dall’alto da quelle russe e via terra da Hezbollah e da milizie sciite legate a Teheran. Con la conquista dell’area intorno ad Aleppo e delle città di Nubul e Zahraa, le truppe di Assad hanno riconquistato sì alcuni importanti avamposti all’opposizione armata siriana, ma hanno soprattutto interrotto l’ultima importante linea di rifornimento dalla Turchia per le zone controllate dai ribelli, anche quelli islamisti.

LA CAMPAGNA DI ALEPPO (SETTEMBRE 2015 – FEBBRAIO 2016) – FONTE: INSTITUTE FOR THE STUDY OF WAR

Le forze pro-Assad hanno inoltre strappato agli insorti Ataman, città strategicamente rilevante a circa 3 Km a nord di Dara’a, nel sud del Paese e vicino al Golan, il cui controllo è ancora largamente nelle mani dei ribelli islamisti. Mentre le truppe regolari sono impegnate nell’offensiva militare a nord, lo Stato Islamico (IS) torna a compiere nuove stragi terroristiche nello scenario siro-iracheno. Il 31 gennaio, l’IS ha condotto un attentato contro il santuario sciita di Sayyida Zeinab, nei pressi di Damasco, uccidendo più di 70 persone e provocando oltre un centinaio di feriti. Pochi giorni dopo, il 2 febbraio, sul fronte iracheno, il gruppo guidato dal Califfo Abu Bak al-Baghdadi ha attaccato un checkpoint militare uccidendo 18 soldati iracheni a nord di Ramadi, città da cui i militanti islamisti erano stati estromessi lo scorso 28 dicembre. Nonostante l’esercito iracheno abbia dichiarato la città 2


di Ramadi libera, i miliziani dell’IS hanno condotto numerosi attacchi nei confronti dei soldati di Baghdad, dimostrando una elevata capacità di resistenza. Sul piano internazionale, infine, le questioni relative alla lotta allo Stato Islamico sono state al centro delle discussioni del terzo Vertice ministeriale del cosiddetto Small Group, ovvero la riunione dei Paesi della coalizione internazionale a guida statunitense impegnati nella più ampia coalizione anti-IS, che si è tenuto a Roma lo scorso 2 febbraio. Il Vertice ha visto la partecipazione dei Ministri degli Esteri di 23 Paesi occidentali e della regione, insieme con l’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza dell’Unione Europea, Federica Mogherini. Durante l’incontro, il Segretario di Stato USA John Kerry ha chiesto con insistenza alla Russia di cessare i bombardamenti sulla Siria che ucciderebbero, indiscriminatamente, donne e bambini. Il Ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha invece difeso la posizione russa, spiegando che Mosca non cesserà i suoi attacchi aerei «fino a quando non sconfiggerà organizzazioni terroristiche come Jabhat al-Nusra». Sempre dalla Russia, il portavoce del Ministero della Difesa, Igor Konashenkov, avrebbe affermato alla stampa che la Turchia starebbe preparando un intervento di terra nel nord della Siria: per avvalorare questa tesi Mosca ha mostrato alcune fotografie satellitari che rivelerebbero la presenza di un checkpoint nell’area di Reyhanli-Sarmada, al confine turcosiriano, dove Ankara fornirebbe armi e rinforzi ai ribelli siriani, in funzione anti-curda. Su una linea interventista si sarebbe mostrata disponibile anche l’Arabia Saudita che, per mezzo del Generale Ahmed al-Asiri, avrebbe garantito la propria disponibilità ad inviare truppe di terra per combattere l’IS in Siria se la coalizione guidata dagli USA darà il suo consenso. L’offerta saudita non è stata dettagliata ma, probabilmente, verrà discussa durante il Vertice dei Ministri della Difesa della coalizione che si terrà a Bruxelles la settimana prossima. Ciò che invece sembra certo è il rafforzamento della presenza militare dell’Italia in Iraq: a margine dell’incontro di Roma, e sulla spinta dell’invito rivolto dal Segretario alla Difesa USA Ashton Carter e del Ministro della Difesa francese Laurent Fabius, Roma è in procinto di inviare altri 130 soldati ed elicotteri ad Erbil. Con il nuovo schieramento, che dovrebbe svolgere operazioni di personnel recovery, cioè il recupero di eventuali feriti e dispersi nelle missioni di combattimento, la presenza italiana in Iraq raggiungerebbe quota 1000 soldati, risultando così il secondo contingente militare dopo quello degli USA nel Paese. Nei prossimi mesi dovrebbero inoltre aggiungersi ulteriori 450 soldati che avranno il compito di sorvegliare i lavori di ripristino e di messa in sicurezza della diga di Mosul, sul fiume Tigri, il cui appalto è stato vinto dal Gruppo Trevi.

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UNIONE EUROPEA-IMMIGRAZIONE ↴

Il Comitato dei Rappresentanti Permanenti dei governi dei 28 Paesi membri dell’Unione Europea (COREPER) ha approvato l’accordo sul finanziamento di 3 miliardi di euro in favore della Turchia da utilizzare per il miglioramento delle condizioni di vita dei profughi siriani in territorio turco e per contenere il flusso migratorio. Rispetto all’accordo negoziato lo scorso autunno e approvato il 29 novembre – intesa che in cambio della maggior cooperazione turca in materia di immigrazione aveva fatto registrare una convergenza circa la ripresa dei negoziati di adesione di Ankara all’UE oltre che la possibilità dell’inserimento della Turchia nel sistema Schengen –, il fondo sarà alimentato per 1 miliardo dal budget europeo e per 2 miliardi dai singoli Stati membri in ragione del rispettivo reddito nazionale lordo, scomputati dal calcolo ai fini delle regole del patto di stabilità. Con 224,9 milioni (anziché 281,6 come inizialmente preventivato) l’Italia sarà il quarto maggior contribuente dopo Germania (427 milioni), Regno Unito (327,6) e (Francia 309,2). La formalizzazione dell’accordo è stata infatti resa possibile dallo scioglimento delle riserve in merito proprio dall’Italia che, impegnata in un delicato braccio di ferro con la Commissione europea – e con la Germania – circa la concessione di una maggior flessibilità di bilancio, ha in proposito coerentemente avanzato la richiesta di detrarre dal calcolo del deficit anche le spese sostenute nell’ambito delle operazioni di salvataggio nel Mediterraneo marginalmente alla crisi libica. La dimensione mediterranea della crisi migratoria, e specificatamente sul fianco sudorientale, è ad ogni modo messa in rilievo dalla pubblicazione di un Rapporto della Commissione europea (27 gennaio) sulle mancanze della Grecia circa un adeguato controllo sulle frontiere esterne. Tali carenze riguarderebbero in particolar 4


modo il processo di identificazione e di registrazione dei migranti, oltre che il controllo dell’autenticità dei documenti e l’inserimento delle impronte digitali nelle banche dati europee. Sebbene le autorità greche abbiano dichiarato che tale Rapporto è basato su un controllo effettuato lo scorso novembre e che dunque da allora il governo ha messo in atto tutte le misure necessarie per colmare le proprie lacune, la Commissione ha chiesto ad Atene di apportare le misure correttive richieste entro tre mesi. Nonostante il portavoce per la politica di Immigrazione e asilo della Commissione UE, Natasha Bertaut, abbia escluso che un Paese europeo possa essere estromesso da Schengen, il Vertice di Amsterdam dei Ministri degli Interni (25 gennaio) ha evidenziato l’ennesima rottura con il governo ellenico sul tema e sembra profilare l’attivazione dell’articolo 26 del Codice Schengen, ossia la reintroduzione dei controlli di frontiera interni fino ad un massimo di 2 anni, con il rischio che la chiusura dei confini settentrionali con la Macedonia (alla quale l’UE, soprattutto sotto l’impulso dell’Ungheria, si è impegnata a garantire sostegno) possano determinare in Grecia una situazione umanitaria di fatto insostenibile. Il futuro del Trattato di Schengen – una cui sospensione è stimato che possa avere un costo di 3-4 miliardi di euro, senza considerare le ricadute sul transito delle merci – e il suo funzionamento saranno oggetto di discussione del Consiglio europeo del prossimo 18 febbraio insieme con le questioni relative al ricollocamento automatico e alla gestione delle richieste di asilo per i Paesi di primo arrivo. Sull’argomento i Paesi dell’Europa settentrionale sembrano correre tuttavia in maniera autonoma. Dopo aver reintrodotto (alla pari di Germania, Svezia, Norvegia, Austria e Francia) i controlli temporanei alle frontiere, la Danimarca ha per esempio approvato a larga maggioranza (26 gennaio) il progetto di legge che prevede la confisca di denaro e gli oggetti di valore dei migranti al fine di garantirne la permanenza e il mantenimento nel Paese. Il fatto che la Commissione europea ne abbia ammesso la compatibilità con la normativa internazionale (purché tali confische si configurino “necessarie e proporzionate”), lascia pensare che le divisioni tra i Paesi europei propensi alla reintroduzione delle frontiere e quelli più favorevoli alla libera circolazione sia destinata ad approfondirsi con rischi sempre più concreti sulla tenuta dell’unione politica prima ancora che sui meccanismi di solidarietà fra Stati membri e sul sistema di accoglienza europeo.

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BREVI AFGHANISTAN, 1-2 FEBBRAIO ↴ Un raid dell’aviazione statunitense nella provincia di Nangarhar ha distrutto l’edificio in cui si trovava “La Voce del Califfato”, stazione radio creata dai miliziani dello Stato Islamico (IS) in Afghanistan, con l’evidente scopo di

silenziare un

importante strumento di

propaganda del gruppo jihadista in questione. Secondo fonti locali nello strike aereo, nel quale sono stati uccisi almeno 29 terroristi, sarebbe stato distrutto anche un tribunale islamico gestito dall’IS. Questi ultimi attacchi testimoniano la preoccupazione degli statunitensi e delle forze della coalizione per la crescente affermazione dell’IS in un territorio già fortemente colpito dalla minaccia talebana. I due meeting quadrilaterali finora svoltisi alla presenza di rappresentanti di Afghanistan, Pakistan, Stati Uniti e Cina, non hanno dato i risultati sperati per intraprendere una effettiva roadmap per la pace nel Paese centrasiatico, stante soprattutto la difficoltà di individuare una leadership talebana condivisa. L’annuncio della morte del Mullah Omar, storica guida dei talebani, ha scatenato una guerra fratricida per la leadership del movimento, che a poche ore dalla notizia era stata affidata al Mullah Mansour. Nonostante queste difficoltà interne, da alcuni mesi il movimento talebano ha intrapreso una serie di dure offensive contro il governo e contro la coalizione occidentale, soprattutto nella provincia di Helmand, che hanno permesso di riconquistare nuovi disretti. Nell’attentato più cruento del nuovo anno, il 1° febraio un attentatore suicida si è fatto esplodere all’esterno di un edificio della polizia a Kabul, uccidendo 20 pesone e ferendone almeno 29. La paternità dell’attentato è stata rivendicata dai talebani che, in un comunicato, hanno rivelato di aver ucciso almeno 40 poliziotti, aumentando a proposito, come fanno solitamente, l’entità dei danni provocati.

IRAN, 25-27 GENNAIO ↴ Dopo oltre dieci anni dall’ultima visita di un Presidente iraniano in Europa, è cominciato il 25 gennaio a Roma il tour di Hassan Rouhani, nel corso del quale una posizione

di

preminenza

è

stata

assunta

dalla

sottoscrizione dei primi Memorandum of Understanding (MoU), dapprima con l’Italia e, a seguire, con la Francia. Durante il bilaterale, il Premier Matteo Renzi ha ammesso che i ventiquattro accordi conclusi – per un valore totale di 17 miliardi di euro – rappresentano solo la premessa dei futuri progetti di investimento tra l’Italia e la Repubblica Islamica. Se 6


la cooperazione istituzionale si focalizza prioritariamente su politiche agricole, sanità, trasporti

e

infrastrutture,

molteplici

sono

state

le

intese

siglate

a

livello

imprenditoriale. Grazie ad un accordo con la Azim Gostaresh Hormoz Shipbuilding Industry Co (AGH), Fincantieri sarà impiegata nella realizzazione di un nuovo complesso cantieristico iraniano nel Golfo Persico, all'interno della zona economica speciale; il gruppo Danieli S.p.A. sarà attivo nel mercato dell’alluminio nell’ambito della joint-venture Persian Metallic; Isotta Fraschini Motori, controllata di Fincantieri, ha siglato un accordo con la Arka Tejarat Qeshm (ATQ) per la fornitura locomotori di manovra e di propulsori marini. Saipem ha stipulato due protocolli di intesa con National Iranian Gas Company e con la Persian Oil & Gas Company, per la realizzazione di un gasdotto e l’ammodernamento delle raffinerie di Pars Shiraz e Tabriz. Natura variegata rivestono, invece, gli accordi di principio sottoscritti con il governo di Parigi, per circa 15 miliardi di euro. Airbus si è aggiudicato la commessa per il rinnovo dell’obsoleta flotta iraniana e per l’addestramento dei piloti; Bouygues Construction e Aéroports de Paris svolgeranno un ruolo chiave nell’ampliamento dell’aeroporto di Teheran; la compagnia francese Total SA ha concluso un contratto per l’acquisto di oltre 150.000 barili al giorno di greggio; la Compagnia Generale Marittima ha siglato uno storico MoU nel trasporto marittimo tra l’Iran e il resto del mondo. Lo stop alle sanzioni e l’accesso degli investitori europei nel mercato iraniano inaugurano una nuova era per la storia di Teheran, alla quale l’Europa richiede affidabilità economica, nonché un effettivo impegno diplomatico per la stabilizzazione della regione mediorientale.

LIBIA, 2-3 FEBBRAIO ↴ Secondo fonti di stampa locale non ancora accertate, nonostante la bocciatura del 25 gennaio scorso da parte della Camera dei Rappresentanti di Tobruk (HoR) –

il

Parlamento

ufficialmente

riconosciuto

come

legittimo dalla comunità internazionale – il Consiglio Presidenziale Libico (CPL) guidato dal Primo Ministro in pectore Fayez al-Sarraj dovrebbe annunciare a breve la nuova squadra di governo. L’HoR aveva in particolare criticato due capitoli dell’iter decisionale del CPL: la mancata nomina di Khalifa Haftar quale Ministro della Difesa e il passaggio di tutti i poteri di sicurezza, difesa e di capo delle forze armate nelle mani del Primo Ministro. Riunito a Shkirat, in Marocco, al-Serraj ha definito come “necessario e urgente” l’insediamento del governo di unità nazionale libico, spiegando inoltre che il nuovo soggetto sarà composto da 12 Ministri – e non più da 32 come la precedente proposta –, espressione delle tre regioni storiche del Paese (cinque dalla Tripolitania, quattro dalla Cirenaica e tre dal Fezzan). In attesa dello sblocco del l’impasse politica, gli attori internazionali sono tornati a fare pressioni sulle autorità locali al fine di velocizzare il processo politico che, come ha anche sottolineato Martin 7


Kobler, inviato speciale della Nazioni Unite, procede a rilento rispetto agli eventi militari. A fronte, dunque, dell’incertezza politica, cresce il timore di un rafforzamento del fronte jihadista legato allo Stato Islamico (IS) nel Paese. Infatti, secondo indiscrezioni di intelligence occidentale, i miliziani legati all’IS sarebbero oggi all’incirca 5.000 e il continuo affluisso di foreign fighters nel Paese avrebbe convinto il Presidente Barack Obama a cercare una soluzione militare al fine di scongiurare l’ipotesi di una Libia come hub del terrorismo islamista globale. Una situazione, questa, che è stata ampiamente dibattuta nel Vertice della coalizione anti-IS tenutosi a Roma il 2 febbraio, al quale ha preso parte anche il Segretario di Stato USA John Kerry. Sebbene rimanga ancora soltanto nel ventaglio delle ipotesi, la soluzione militare – coordinata a livello internazionale e guidata dagli USA – potrebbe trasformarsi presto in una possibilità concreta se le parti riunite a Tobruk e Tripoli non sbloccassero la paralisi politica entro il prossimo 8 febbraio, termine ultimo per l’insediamento del nuovo governo di unità nazionale. Al fine di evitare lo scenario militare, Kobler avrebbe minacciato l’uso di sanzioni internazionali nei confronti dei leader politici e militari che impediscono la nascita del nuovo governo. Si tratterebbe di una misura già paventata in passato da UE e ONU e basata sul blocco dei conti economici in Europa, del sequestro degli appartamenti e dei beni di proprietà dei principali leader politici locali che si opporrebbero all’accordo di transizione in Libia.

DISTRIBUZIONE DELLE FORZE IN CAMPO IN LIBIA- FONTE: INTERNAZIONALE

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STATI UNITI, 1° FEBBRAIO ↴ Si è tenuto in Iowa il primo round delle primarie delle presidenziali americane sia per il Partito Democratico sia

per quello Repubblicano. L’Iowa, importante

appuntamento

soprattutto

dal

punto

di

vista

psicologico, non assegna un ampio numero di delegati ai vincitori della contesa (insieme al New Hampshire, Stato dove le primarie si terranno il 9 febbraio, i delegati assegnati corrispondo al 2% del totale). Dal lato dei democratici, ha ottenuto una risicata vittoria l’ex Segretario di Stato, Hillary Clinton, con un margine dello 0,3% sul senatore indipendente del Vermont, Bernie Sanders, sostenuto soprattutto dall’ala liberal degli attivisti e dagli under trenta. Era atteso uno scarto maggiore in favore della Clinton in base ai sondaggi della vigilia, che però si è ben difesa e ha portato a casa il risultato. Dal lato dei repubblicani, invece, si conferma maggiore l’incertezza rispetto ai rivali democratici. Benché fosse in testa ai rilevamenti demoscopici nei giorni e nelle settimane precedenti al voto, il tycoon Donald Trump si è dovuto accontentare della seconda piazza dietro il senatore Ted Cruz, il quale ha trovato terreno fertile in uno Stato che, per chi si identifica nella destra, vede di buon occhio un candidato ultra-conservatore. La sorpresa vera è stata però Marco Rubio, più al centro rispetto a Cruz, che si è classificato al terzo posto. Secondo gli analisti, tale exploit potrebbe far convergere endorsement e finanziamenti da candidati come Jeb Bush, tra i fanalini di coda, verso l’ispanico senatore della Florida. Il round in Iowa ha mietuto alcune “vittime” tra gli aspiranti Presidenti di entrambi i partiti. Tra i democratici, infatti, ha ritirato la candidatura Martin O’Malley, lasciando così a confrontarsi solo la Clinton, che continua ad essere favorita, e Sanders. Tra i repubblicani si sono ritirati l’ex governatore Mick Huckabee, l’ex senatore Rick Santorum – che si è schierato in favore di Rubio – e il senatore Rand Paul, il cui sostegno potrebbe essere rilevante per i candidati rimasti in gioco.

YEMEN, 28 GENNAIO – 6 FEBBRAIO ↴

Lo Yemen continua a essere teatro di combattimenti sempre più intensi fra le forze governative e i ribelli sciiti Houthi, registrando nelle ultime settimane un elevato numero di vittime causato dai raid aerei della coalizione a guida saudita, dagli attentati terroristici e dalla profonda crisi umanitaria in atto. Dall’inizio del coinvolgimento dell’Arabia Saudita contro gli Houthi nel marzo 2015 si stima che i morti siano stati almeno 5.800 e le Nazioni Unite calcolano che almeno l’80% della popolazione abbia urgente bisogno d’acqua, cibo e 9


medicinali. Il 29 gennaio migliaia di yemeniti sono scesi in piazza nella capitale Sana’a e nelle province di Ibb e Amran per condannare l’aggressione saudita al loro Paese, denunciando il silenzio della comunità internazionale in merito alle violazioni commesse da Riyadh e dai suoi alleati nel conflitto in corso. Un rapporto del gruppo di monitoraggio dell’ONU sulla guerra yemenita divulgato il 28 gennaio accusa l’Arabia Saudita di violazioni al diritto umanitario, di azioni sistematiche contro la popolazione civile e di utilizzo della fame come tattica di guerra, richiedendo una commissione d’inchiesta internazionale sul tema. Sullo sfondo del vuoto istituzionale creatosi nel Paese si inserisce l’azione delle formazioni terroristiche attive nell’area; lo Stato Islamico (IS) ha rivendicato l’attacco kamikaze nei pressi della residenza presidenziale ad Aden, teatro di attentati contro esponenti del governo e delle forze di sicurezza rivendicati da al-Qaeda e dall’IS da quando è stata indicata dal governo Hadi come capitale provvisoria. Agli inizi di febbraio, dopo alcuni giorni di combattimenti con i separatisti yemeniti del sud, al-Qaeda nella Penisola Arabica (AQAP) ha annunciato la conquista della città di ‘Azzam, una cittadina di 50.000 abitanti situata tra Aden e la ricca provincia di gas e petrolio dell’Hadramawt. Lo scorso anno AQAP aveva occupato Mukalla, capitale dell’Hadramawt, ed è giunta ormai a minacciare concretamente Aden. La drammatica condizione vissuta dalla popolazione civile è testimoniata dalle accuse rivolte dalla ONG Human Rights Watch agli Houthi, che imputa loro di aver confiscato gli aiuti umanitari diretti alla città di Ta’izz e sostiene che «la loro confisca di cibo e materiale sanitario [nella città] è crudele».

NUMERO DI PERSONE COLPITE DALLA CRISI UMANITARIA NEI SINGOLI GOVERNATORATI – FONTE: OCHA

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ALTRE DAL MONDO AZERBAIJAN, 28 GENNAIO – 3 FEBBRAIO ↴ Una delegazione del Fondo Monetario internazionale (FMI) si è recata in visita in Azerbaijan per una missione conoscitiva in vista di un’eventuale cooperazione economica. Dalla seconda metà del 2015, il tracollo finanziario conseguente al deprezzamento del petrolio (che da solo costituisce il 70% del PIL) ha investito l’ex Repubblica sovietica, alimentando le proteste popolari contro il declino del tenore di vita. Il Ministro delle Finanze azero Samir Sharifov ha smentito il ricorso urgente ad un prestito internazionale, sebbene il Financial Times avverta che le trattative potrebbero avere ad oggetto un credito complessivo pari a 4 miliardi di dollari, prevalentemente a carico del FMI. Tuttavia, il portavoce del FMI, Mohammed el-Qorchi, non ha confermato l’entità del possibile finanziamento. Senza dubbio, il supporto del FMI stimolerebbe le potenzialità del Paese, quale esportatore e terra di transito di idrocarburi, a condizione che il Presidente Ilham Aliyev offra maggiori garanzie di trasparenza economica e bancaria.

CAMERUN, 25-29 GENNAIO ↴ Dall’inizio dell’anno il Camerun ha subito numerose aggressioni – a distanza di pochi giorni l’una dall'altra – da parte di gruppi armati presumibilmente legati a Boko Haram, che hanno sconfinato dalla vicina Nigeria: il 25 gennaio a Bodo, un attentato suicida ha causato la morte di 32 persone e una ventina di feriti; tre giorni dopo due donne kamikaze si sono fatte esplodere nelle vicinanze di una scuola a Kerawa, nel nord del Camerun; infine, il 29 gennaio, nella città di Bargaram sono rimaste uccise almeno 6 persone. A fronte di questa situazione, il Governatore della Regione dell’estremo nord, Midjiyawa Bakaris, ha deciso la chiusura dei mercati nei dipartimenti di Logone e Chari, Mayo Tsanaga e Mayo-Sava, tra i più colpiti dal gruppo terroristico. Infatti le aggressioni dei Boko Haram sono finora quasi sempre avvenute in luoghi affollati e spesso i militanti si sono spacciati per mercanti in modo da non destare sospetti, prima di farsi esplodere o di fare uso delle armi.

CINA, 2 FEBBRAIO ↴ La rete di Stato cinese CCTV ha annunciato l’ultima di una serie di riforme dell’esercito e della struttura di sicurezza e difesa nazionale proposte dal Presidente Xi Jinping. La riforma si inserisce infatti all’interno di un elaborato processo di un più efficiente ricorso alle risorse militari a propria disposizione e di ridefinizione dello strumento militare nazionale, che tenga conto inoltre dei nuovi obiettivi geopolitici della Cina. In particolar modo, la riclassificazione di sette regioni militari in cinque “zone di battaglia” rigidamente sottoposte al controllo del Partito Comunista, avrebbe lo scopo primario di alleggerire tali regioni dai fardelli amministrativi e permetterne una maggiore concentrazione sugli aspetti più tecnici. 11


COREA DEL NORD, 2-6 FEBBRAIO ↴ L’agenzia sudcoreana Yonhap ha annunciato che la Corea del Nord ha lanciato un missile per portare in orbita un satellite di osservazione terrestre, che avrebbe, secondo Pyongyang, scopi meramente civili. Il missile è stato lanciato nella direzione aerea di Okinawa, verso il sud del Giappone. USA, Giappone e Corea Sud hanno chiesto immediatamente la convocazione d’urgenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che si è riunito alle 11 (le 17 in Italia) del 7 febbraio. Pyongyang nei giorni scorsi aveva annunciato il lancio del missile da effettuarsi tra l’8 e il 25 febbraio. La notizia del nuovo test nordcoreano arriva a meno di un mese dal quarto esperimento nucleare condotto da Pyongyang e desta nuovi sospetti sulle intenzioni del leader nordcoreano Kim Jong-un. Giappone, USA, Corea del Sud e Cina, ultimo alleato della Corea del Nord, sospettano infatti che il lancio annunciato possa servire a testare tecnologie per missili balistici a lungo raggio. In risposta all’ennesima provocazione nordcoreana, Tokyo ha rafforzato il proprio apparato di difesa schierando nel Mar di Giappone un cacciatorpediniere equipaggiato con sistema di combattimento AEGIS, dotato di missili in grado di intercettare e neutralizzare bersagli multipli, e rendendo operative le batterie di PATRIOT, le quali sono il sistema di difesa più efficace nell’intercettazione di missili balistici. Tokyo ha inoltre ordinato alle proprie forze di difesa l’abbattimento di qualsiasi eventuale missile nordcoreano che sorvoli il territorio nipponico.

CUBA-FRANCIA, 2-3 FEBBRAIO ↴ Il Presidente cubano Raùl Castro si è recato in visita ufficiale in Francia dove ha incontrato l’omologo François Hollande e il Primo Ministro Manuel Valls. L’incontro è stata l’occasione per discutere soprattutto del reinserimento di Cuba nel contesto internazionale a seguito del riavvicinamento tra L’Avana e Washington. Dal punto di vista bilaterale, Castro spera di rafforzare i legami con Parigi dal punto di vista economico, politico e commerciale. Negli incontri si è discusso molto di turismo, una priorità per lo stato economico di Cuba.

EGITTO, 31 GENNAIO ↴ Un ennesimo attentato terroristico ha colpito l’Egitto e in particolare la Penisola del Sinai. Un ordigno rudimentale è stato fatto esplodere al passaggio di un carro armato dell’esercito egiziano, mentre percorreva la strada che collega al-Arish a Sheikh Zuweid. L’esplosione, che ha causato la morte di due militari e il ferimento di altri due, è stato rivendicato dal Wilayat Sinai, cellula egiziana dello Stato Islamico e responsabile della gran parte degli attentati avvenuti nel Paese dalla deposizione del Presidente Mohammed Mursi nel luglio 2013.

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NIGERIA, 30 GENNAIO ↴ Almeno 86 persone sono morte e 100 sono rimaste ferite in un attacco rivendicato dal gruppo islamista Boko Haram nel villaggio di Dalori, a 12 chilometri da Maiduguri, nella Nigeria nord-orientale. Il massacro è avvenuto nella tarda serata di sabato 30 gennaio ed è durato circa 4 ore. I jihadisti si sono introdotti nel villaggio a bordo di auto e motociclette, indossando uniformi militari regolari. Testimoni hanno riferito che i terroristi hanno colpito i civili con armi ed esplosivi e hanno appiccato il fuoco alle case, bruciando vivi gli abitanti, tra i quali anche diversi bambini. Il portavoce dell'esercito nigeriano, il colonnello Mustapha Ankas, ha inoltre riferito che mentre le persone scappavano, tre attentatrici suicide si sono fatte largo tra la folla e si sono quindi fatte esplodere. La scelta dell’area di Maiduguri da parte di Boko Haram non è stata casuale. La città conta oggi 2,6 milioni di abitanti, di cui circa 1,6 milioni di sfollati interni, che hanno abbandonato le proprie case a causa dell’avanzata dall’organizzazione terroristica.

RUSSIA, 2 FEBBRAIO ↴ Il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin ha nominato il Tenente Generale Igor Korobov come nuovo Capo del Direttorato Principale per l’Informazione (GRU), servizio di intelligence militare russo. La nomina di Korobov è avvenuta in seguito alla morte improvvisa del suo predecessore Igor Sergun, scomparso il 3 gennaio 2016, ufficialmente per insufficienza cardiaca. Rimasto sempre al di fuori delle vicende pubbliche, Korobov è considerato all’interno delle strutture dei servizi segreti nazionali come “una persona seria” ed affidabile. Già responsabile dell’intelligence strategica, la sua nomina potrebbe rappresentare l’inizio della riforma del GRU con lo scopo di riportare il servizio a occuparsi principalmente dell’intelligence strategica, ruolo svolto attivamente negli anni Settanta e Ottanta.

SPAGNA, 3 FEBBRAIO ↴ Dopo la rinuncia ufficiale da parte del Premier uscente Mariano Rajoy, il Re Felipe VI ha affidato al leader del PSOE, Pedro Sanchez, l’incarico di trovare un’intesa con le altre forze parlamentari per la formazione di un governo. Il Premier designato avrà ora un mese di tempo per trovare un difficile accordo con Podemos, Izquierda Unida e i gruppi autonomisti e non indipendentisti baschi e catalani per la formazione di un esecutivo progressista.

TURCHIA-RUSSIA, 29 GENNAIO – 4 FEBBRAIO ↴ La Turchia ha accusato la Russia di aver violato nuovamente lo spazio aereo turco il 29 gennaio durante il volo di un Su-34; Recep Tayyp Erdoğan ha parlato a tal proposito di un “gesto irresponsabile” che, se ripetuto, non potrà mancare di avere delle “conseguenze”. Dopo aver ottenuto ancora una volta il sostegno verbale degli alleati 13


atlantici, il Presidente turco ha poi chiesto, attraverso i canali diplomatici ufficiali, un incontro con Vladimir Putin. A sua volta, la Russia, per il tramite del suo Ministro della Difesa, Sergej Shoigu, ha respinto l’accusa di sconfinamento tacciandola di essere parte di un piano propagandistico turco contro Mosca. Il 3 febbraio la Turchia ha, inoltre, rifiutato il sorvolo di gruppi di osservatori russi AN-30B nell’ambito delle operazioni del Trattato Cieli Aperti (siglato in ambito OSCE), per presunte divergenze concernenti l’itinerario del volo lungo il confine turco-siriano. La violazione del trattato è stata prontamente sottolineata da Mosca che ha parlato di un pericoloso precedente. La stessa ha inoltre accusato Ankara non solo, come ormai di consueto, di rifornire di armi e rinforzi i terroristi in Siria, ma di essere intenzionata a condurre un’azione militare più incisiva che contempli persino un’invasione del territorio siriano, dato che emergerebbe, secondo Mosca, dal «crescente numero registrato di mosse nascoste delle forze armate turche». Il governo turco ha reagito alle accuse negando i presunti rifornimenti ai terroristi e parlando a sua volta di un’azione di propaganda da parte di Mosca.

UCRAINA, 2 FEBBRAIO ↴ Il Ministro dell’Economia e del Commercio ucraino, Aivaras Abromavičius, ha rassegnato le dimissioni giustificando la sua decisione con l’impossibilità di portare avanti il suo incarico a causa della corruzione presente nel sistema politico-economico del Paese. In particolare, l’ex Ministro ha accusato personaggi politici vicini a Petro Porošenko, alludendo a Ihor Kononenko, di avere compiuto azioni concrete volte a paralizzare le riforme messe in atto dal suo Ministero. Il Presidente ucraino ha promesso che l’Ufficio nazionale anti-corruzione verificherà queste accuse. La notizia delle dimissione di Abromavičius è stata accolta con preoccupazione dagli osservatori occidentali. In particolare, Christine Lagarde, Direttore Operativo del Fondo Monetario Internazionale, ha sottolineato che la situazione attorno ad Abromavičius rappresenta un chiaro segnale del fallimento di Kiev nella sua campagna contro la corruzione.

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ANALISI E COMMENTI LA CINA IN AFRICA: OPPORTUNITÀ E LIMITI DELLA “WIN-WIN STRATEGY” GIORGIA MANTELLI ↴ A partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, l’Africa ha rivestito un ruolo fondamentale per la Repubblica Popolare Cinese. Una relazione sviluppatasi rapidamente in virtù della diffusione e dell’attecchimento nel Continente di principi solidaristici e anti-coloniali fatti propri dalla rivoluzione maoista. Oltre che sul piano politico, negli anni Pechino e i Paesi sub-sahariani hanno lavorato molto per sviluppare relazioni economico-commerciali entro cui dare sfogo alla cooperazione comune, producendo però evidenti squilibri sociali soprattutto in Africa. Nonostante i limiti rappresentati dalla “win-win stategy”, lo sviluppo del Continente nero non sembra tuttavia poter prescindere, almeno nel breve periodo, dalla presenza e, soprattutto, dagli investimenti economici della Cina. Tra il 1963 e il 1964, il Primo Ministro cinese Zhou Enlai pose per la prima volta le basi per le future relazioni sino-africane governate da principi di parità, reciprocità d’interessi e non interferenza nelle rispettive politiche interne (…) SEGUE >>>

COME LA SCOPERTA DI ZOHR CAMBIA IL PANORAMA ENERGETICO DI ISRAELE IRENE MASALA ↴ Israele aggiunge un altro tassello alla diatriba sul gas. Un gruppo di compagnie, capeggiato dalle società Isramco Negev e Modiin Energy, ha scoperto l’ennesima riserva di gas naturale nella zona costiera israeliana del Mediterraneo. L’annuncio è stato dato il 17 gennaio e le dimensioni del nuovo giacimento dovrebbero essere paragonate a quelle del già noto Tamar. Secondo quanto riportato dalle due compagnie, la nuova falda avrebbe una portata stimata di 8,9 TCF (trillion cubic feet) di gas ed è situata a est e a ovest della zona Daniel. Il giacimento Tamar, scoperto nel 2009 e seguito nel 2010 dal Leviathan – i due più importanti giacimenti dell’offshore israeliano –, vanta riserve per 10 TCF per un totale di 275 miliardi di metri cubi. È stato considerato fondamentale nel soddisfacimento del fabbisogno energetico di Israele, oltre che nella capacità di export, tanto che la questione energetica viene spesso associata a quella della sicurezza nazionale (…) SEGUE >>>

SFIDE ECONOMICHE ED EQUILIBRI POLITICI DEL PORTOGALLO DI ANTONIO COSTA GIUSEPPE CONSIGLIO ↴ La travagliata nascita del nuovo governo portoghese a trazione socialista, varato a fine novembre e guidato dall’ex sindaco di Lisbona António Costa, offre una plastica rappresentazione di come l’intervento delle Istituzioni europee nelle fasi della campagna elettorale e della costituzione dei governi nei Paesi dell’area Euro stia diventando una prassi consolidata. Agitando lo spauracchio dei mercati, l’ex Presidente della Repubblica Aníbal Cavaco Silva, esponente del Partito Socialdemocratico (PSD) e in carica fino allo scorso 24 gennaio, all’indomani delle elezioni legislative del 4 15


ottobre conferiva l’incarico di costituire il nuovo governo al Premier uscente Pedro Passos Coelho, fautore nonché attivo esecutore delle riforme garantite da Lisbona a fronte del salvataggio da 78 miliardi di euro negoziato nel 2011 con la Banca Centrale Europea (BCE), Commissione europea e Fondo Monetario Internazionale (FMI). Sebbene Coelho avesse perso la maggioranza assoluta dei seggi (…) SEGUE >>>

GEOPOLITICA DELLA COREA DEL NORD PAOLO BALMAS ↴ Dal punto di vista geopolitico la Corea del Nord è un’“isola” circondata da quattro giganti dell’economia mondiale: Cina, Russia, Giappone e Corea del Sud. Occupa quindi una posizione strategica al centro di un flusso economico già enorme, ma che potrebbe crescere oltremisura se questo piccolo Paese, la cui postura sembra lanciare una sfida al mondo, decidesse di optare per un’apertura diplomatica e per un processo di assorbimento da parte del mercato globale. Si parla di “isola” perché la Corea del Nord è giunta a un punto critico di isolamento politico ed economico che lo rende di fatto slegato dal resto del mondo. Esistono luoghi e strumenti per comunicare con l’esterno, ma la filosofia stessa del sistema di governo professa una forma di autarchia che difficilmente può adeguarsi alle attuali dinamiche internazionali. Quindi, l’isolamento è certamente dovuto alle pressioni sostenute dalle sanzioni economiche imposte dalle Nazioni Unite e da altri organi internazionali e nazionali, ma è potenziato anche da un rigido atteggiamento interno (…) SEGUE >>>

A cura di OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE Ente di ricerca di “BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO” Associazione culturale per la promozione della conoscenza della politica internazionale C.F. 98099880787 www.bloglobal.net 16


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