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RESTAURANTS AND BRANDING Brand extension, le potenzialità della ristorazione
RISTORAZIONE E BRANDING
Di Matteo Melani
Per trasmettere i propri valori molti marchi della moda hanno aperto bar e ristoranti. Si tratta di una tecnica per comunicare la propria mission con canali diversi.
Il settore della ristorazione sta vivendo un periodo di grandi cambiamenti, con sempre più persone che si appassionano alla cucina e che intendono trascorrere il proprio tempo libero gustando piatti in compagnia. Negli ultimi anni in televisione si è arricchita sempre più di programmi dedicati al cibo (non solo coking-show come Masterchef, ma anche documentari che raccontano le pietanze tipiche in giro per il mondo), le coscienze dei consumatori si stanno sensibilizzando verso alimenti più salutari e crescono i corsi di cucina amatoriale. Insomma uno scenario che risente della globalizzazione della nostra epoca, in cui il ristorante non è più solo un luogo dove si mangia e ci si rilassa, ma è soprattutto un vettore di esperienze in cui il cliente è coinvolto in prima persona. Perché allora non fare della ristorazione una tecnica di Armany Cafè brand extension? Diversi marchi della moda hanno compreso le capacità strategiche della ristorazione, aprendo esercizi sotto la propria insegna. Oltre a pubblicizzare, il ristorante conserva anche una funzione educativa, in cui l’individuo ha l’opportunità di scoprire la marca sotto varie forme e sperimentarla attraverso un canale diverso. “Il successo delle operazioni di brand extension si fonda su tre fattori: la capacità del marchio di trasferire la sua conoscenza accumulata nel tempo alla nuova categoria, la difficoltà percepita di tale trasferimento di know-how, e la complementarità tra la categoria di vocazione e quella nuova”, ha spiegato Chiara Mauri, SDA Bocconi professor di Marketing. La ristorazione riflette tutte e tre le caratteristiche della brand-extension, intesa come opportunità
per allargare il proprio nome in mercati Emporio Armani
diversi. In generale il primo a tentare questa strada è stato Giorgio Armani, che con i suoi café in giro per il mondo ha dato impulso anche ad altri player del settore di aprire locali propri.
L’INTUIZIONE DI RE GIORGIO
Se parliamo di cibo, la cucina italiana ha pochi rivali nel mondo con tanti turisti che vengono nel Belpaese per gustare le tipicità locali. Conscio di questo fatto, nel 1998 Giorgio Armani ha aperto il primo Emporio Armani Cafè a Parigi. Considerando gli usi e costumi di allora, si è trattata di un’operazione innovativa e coraggiosa per trasmettere la propria mission. Il ristorante infatti, attraverso il design dei propri arredamenti, racconta i valori del brand come la raffinatezza, la qualità e il minimalismo. Un’attenzione particolare è dedicata ai piatti, che esaltano i prodotti Made in Italy. Come ha
ricordato lo chef Massimo Mori, direttore dell’Emporio Armani Cafè, la prima richiesta che gli ha fatto Giorgio Armani quando lo ha assunto è stata quella di proporre ai parigini il miglior spaghetto pomodoro e basilico di Francia. Negli anni il ristorante ha allargato la propria offerta, annoverando nel proprio menù piatti come il vitello tonnato (col tonno di Pantelleria), il risotto al tartufo bianco (col tartufo di Alba) e il tiramisù (inzuppato nel caffè Illy). Il cliente che si siede ai tavoli dell’Empori Armani Cafè vive un’esperienza di alto prestigio, conoscendo e gustando pietanze gourmet. L’idea di Re Giorgio è piaciuta fin da subito e nel 2018 il ristorante ha ricevuto una stella Michelin. Si tratta di un record, dato che è stato il primo ristorante a guida italiana a vincerla in Oltralpe. Oggi gli Emporio Armani Café nel mondo sono 7: a Bologna,a Parigi, a Monaco, a Dubai, a Tokyo Aoyama, a Il Cairo e a Milano. People’s Choice
NON SOLO CIBO
La storia degli Emporio Armani Cafè dimostra che per avere un buon ristorante, servire buon cibo non basta. Occorre innanzitutto definire una strategia di brand extension coerente con la propria filosofia, così da comunicare al meglio i propri valori. Poi bisogna sviluppare tecniche di comunicazione in cui si stimoli l’utente non solo a emozionarsi, ma anche a informarsi e a incuriosirsi. Un’idea può essere quella di realizzare un sito web con news o interviste a esperti del settore alimentare o organizzare eventi propri del target di riferimento, come dei dj-set. Quanto alla location, occorre considerare che tutti gli elementi del ristorante hanno un ruolo preciso nel raccontare il brand. Un esempio è il People’s Choice, ristorante di Tommy Highfilger situato a Milano e recentemente ristrutturato. Si trova in piazza Oberdan, a pochi passi dall’adiacente negozio e rispecchia gli ideali di sostenibilità e integrazione che la multinazionale da sempre richiama. Infatti, si estende su una superficie di 85 metri quadrati all’interno di un suggestivo giardino cittadino, dove il verde degli alberi trasmette un senso di pace e rilassatezza. L’intero People’s Choice è composto da 110 posti a sedere, proprio per favorire l’incontro tra persone di qualsiasi etnia e provenienza. Per rafforzare il proprio marchio, Tommy
Hifilger ha pensato di creare cocktail col nome delle proprie collezioni come Flower Power Seventy, Disco Eighty, Denim Ninety e 2020, che raccontano l’evoluzione di Tommy Hilfiger come designer attraverso i decenni. Anche per un ristorante con un’insegna famosa serve esperienza prima di raggiungere un livello alto. Occorre infatti sperimentare, dotarsi di personale all’altezza del ruolo e saper combinare le pietanze con i gusti del proprio target di riferimento.
GLI ULTIMI ESEMPI DI RISTORAZIONE BRAND EXTENSION
Se da una parte occorre seguire un filo logico fra brand e ristorazione, è importante seguire le tendenze per offrire trattamenti sempre al passo coi tempi. Anche in questo caso, Armani si è dimostrato all’avanguardia. Infatti con lo chef Nobu Matsushisa è stato il primo a proporre, in Italia e nel mondo, la contaminazione tra cucina tradizionale e influenze peruviane e italiane, definendo il concetto di fusion. All’interno del negozio Armani in via Monzoni a Milano esiste un ristorante guidato da Matsushisa che Gucci I dolci di Hello Kitty
serve piatti in cui le diverse cucine si mescolano e piatto simbolo è il sashimi di ricciola con un tocco di jalapeño. I nomi altisonanti si sa richiamano sempre tanta attenzione e per rilanciare la propria
osteria Gucci ha pensato bene di chiamare
come chef Massimo Bottura, premiato nel 2019 come Miglior cuoco al mondo. Grazie alle presenze in televisione, i grandi chef sono diventati personaggi pubblici a tutti gli effetti e ciò amplifica il nome del locale. Dopo Firenze, Gucci e Bottura hanno raddoppiato, aprendo un’analoga osteria a Los Angeles. Oltre ai brand di nicchia hanno aperto proprie strutture anche brand più accessibili. Hello Kitty, marchio col famoso gattino, vanta due bar negli Stati Uniti: uno a Irvine e uno a Las Vegas. Entrambi i locali hanno arredamenti bianchi e rosa e servono perlopiù dolci e bevande. Il target di riferimento è quello dei bambini e dei millenials. Oltre che ordinare cibo, il marchio ha organizzato l’appuntamento del tè pomeridiano, dove in alcuni giorni si può bere e mangiare dolci. In questo caso si è trattato di un metodo per fidelizzare il cliente e, visto il successo, si può dire che la strategia ha funzionato. Negli ultimi anni sta prendendo campo anche l’idea dei temporary bar, cioè dei bar di durata temporanea. Un esempio è Zara che nel 2019 a New York ha allestito in due occasioni diverse (una in autunno e l’altra nel giorno del Gay Pride) un foodtruck, cioè un chiosco dove vengono venduti panini e patatine. Tutti casi citati dimostrano che aprendo un ristorante o un bar la marca arricchisce la propria risonanza, trasmettendo al proprio pubblico i valori che intende perseguire.