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COMUNICAZIONI – Roald Dahl nella mente dei bambini di Anna Oliverio Ferraris

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di Franca De Sio

di Franca De Sio

COMUNICAZIONI

Roald Dahl nella mente dei bambini

di Anna Oliverio Ferraris

Che cosa piace leggere ai bambini tra gli 8 e gli 11 anni? Difficile dare una risposta esauriente perché i bambini di quella età leggono ciò che gli insegnanti e i genitori propongono loro, anche se una certa influenza ce l’hanno, ovviamente, i compagni di scuola e gli amici. Non temo però di sbagliare di molto nel dire che, se si sono imbattuti in Matilde, La fabbrica di cioccolato, Il grande ascensore di cristallo oppure Il GGG, Le streghe, Il dito magico e Gli sporcelli, Roald Dahl è il loro autore preferito, almeno per qualche anno. Un personaggio poliedrico questo Roald Dahl (19161990) e di una creatività esplosiva, direi debordante, senza freni. Di origine norvegese è stato un asso dell’aviazione britannica e una spia durante il secondo conflitto mondiale, uno storico del cioccolato, un sceneggiatore di film e anche un inventore di apparecchi medici. Ma perché Roald Dahl piace tanto ai bambini, mentre la lettura delle sue storie può suscitare, qua e là, smorfie e critiche di noi adulti? Ho cercato di capirlo sforzandomi di calarmi nella mente di un bambino tra gli otto e gli undici anni, nella sua visione del mondo a quell’età, nel suo bisogno di fronteggiare gli adulti, che sono la sua controparte ma il cui linguaggio e comportamenti appaiono spesso bizzarri, incomprensibili, a volte ingiusti e crudeli. Ho così capito, leggendo Dahl, che se noi grandi diamo per scontato di avere sempre ragione e che i bambini devono seguire i nostri tempi, approvare le nostre scelte, comprendere il nostro linguaggio (compresi i pregiudizi e le ipocrisie), loro invece ci osservano con curiosità cercando di dare un senso a ciò che per loro risulta incomprensibile. La loro risposta a questa incomprensione è il timore di sbagliare, la paura delle nostre reazioni, ma anche il divertimento nell’escogitare soluzioni buffe e impreviste che alla fine consentono di avere la meglio

sui comportamenti “incomprensibili” e spesso “stupidi” dei grandi. Un altro motivo del successo di Dahl è il fatto che nei suoi racconti non c’è traccia di politically correct, il che è in sintonia con la libertà di pensiero di un bambino tra gli otto e gli undici anni, oltre a rivelare un bisogno di rivalsa di Dahl stesso la cui infanzia fu segnata da un’educazione severa impartitagli nei collegi inglesi di allora. Nei racconti di Dahl si ritrova lo spirito anarcoide e spensierato di Giannino Stoppani, il protagonista di Gianburrasca: un ragazzo che oggi, è bene ricordarlo, verrebbe diagnosticato come iperattivo e bisognoso di un’insegnante di sostegno, ma che in altra epoca era soltanto un ragazzo molto vivace e un po’ bullo, fastidioso fin che si vuole per i suoi genitori, sorelle e insegnanti, ma carico di energia vitale e pieno di inventiva. Queste storie piacciono anche per il ritmo, simile a quello di Alice nel paese delle meraviglie ma più veloce. Un susseguirsi di eventi apparentemente casuali e scollegati tra di loro ma tenuti insieme dal bisogno che il lettore ha di farsi stupire e di divertirsi passando da una bricconata all’altra. Ci sono anche delle riflessioni, qua e là, sul bene e sul male, sulla cattiveria e la bontà, sull’amicizia e il tradimento, sulla ricchezza e sulla povertà. Tutte riflessioni interessanti per il giovane lettore che le fa proprie senza contestarle né discuterle. Ciò che invece noi adulti mal tolleriamo sono certe punizioni drastiche, che vengono infitte senza possibilità d’appello e senza un briciolo di pietà, come quei bambini viziati e presuntuosi che nella fabbrica di cioccolato vengono risucchiati da certe pompe e trasformati in dolcetti (non importa se papà e mamma non li rivedranno mai più!), o come quei due “sporcelli”, vecchi cattivi e di pessimo carattere che, incollati al pavimento da un gruppo di uccelli e di scimmie vendicative, man mano si rimpiccioliscono fino a rientrare nel proprio corpo e sparire del tutto lasciando di sé soltanto «i vestiti, due paia di scarpe e un bastone da passeggio». Ma questo è, per l’appunto, il metro di giudizio dei bambini di quell’età: le condanne sono senza appello e la punizione deve essere molto severa!

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