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di Giuseppe Assandri
S.O.S. SCUOLA
«La scuola in primo piano» Tutti lo dicono ma…
di Giuseppe Assandri
Èpassato un anno dall’inizio della pandemia. Molti studenti, specie di scuola superiore, sono ancora costretti alla didattica a distanza. Fino a quando? Difficile fare previsioni che rischiano di essere presto smentite. Intanto c’è all’opera un nuovo governo di unità nazionale con (quasi) tutti dentro. Un nuovo ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi (per dieci anni assessore all’istruzione in Emilia Romagna) con il quale Agostino Miozzo (ex coordinatore del CTS, il Comitato Tecnico Scientifico) collaborerà per un nuovo piano di piena ripartenza della scuola, riaperte almeno in parte dopo Pasqua. Forse nessuno immaginava che ci saremmo ritrovati in questa situazione. E non è solo un problema italiano. Secondo uno studio recente stare in classe non spinge la curva dell’epidemia e in nessun paese le scuole sono state chiuse così a lungo. È in corso la campagna di vaccinazione, che procede sinora a singhiozzo per vari motivi, per il taglio nell’approvvigionamento dei vaccini ma anche per le difficoltà, organizzative e burocratiche a cui siamo purtroppo abituati. L’emergenza continua e continuerà a lungo.
Fare i conti con la realtà
Sulle pagine di Repubblica (3 marzo 2021) Michela Marzano, docente universitaria e scrittrice che vive a Parigi, invita a smetterla di promettere e non poter rispettare la parla data, chiudere, aprire e richiudere. Bandire i troppo facili ottimismi e le scorciatoie semplicistiche. Litigi (come quelli tra Governo e Regioni) e polemiche (come quella ormai archiviata sui banchi a rotelle) non servono a nulla. “Se lo scopo è quello di ritrovare la vita di prima, dobbiamo innanzitutto uscire dalla crisi sanitaria”. Mi pare un’affermazione condivisibile. E allora bisogna pretendere dal governo un piano vaccinale davvero efficace, con tempi certi e modalità efficaci. In altri paesi è stato fatto, è possibile. Il nuovo commissario in divisa da generale sarà in grado di assicurarlo? Vogliamo credere che sarà così. Vaccinare gli insegnanti e attivare test rapidi, laddove ci siano le condizioni per riaprire le scuole, eventualmente con sistemi di turnazione.
Ma bisogna anche smetterla di sparare a zero sulla Dad, cercando piuttosto di migliorarla. Si può fare, come ci suggerisce ad esempio il libro di Luca Toselli, La didattica a distanza. Funziona, se sai come farla, 2020. Consapevoli delle sue potenzialità e dei suoi limiti. Stare ore al pc è molto faticoso non può certo sostituire la scuola in presenza, che è fatta non solo dai momenti di lezione ma anche della dimensione della socialità, che è ciò che più manca ai ragazzi. Gli insegnanti, anche se non è facile, dovrebbero modificare il modo di fare lezione, essere elastici ed evitare di caricare di compiti bambini e ragazzi. E poi non dobbiamo dimenticare che la DAD taglia fuori una parte significativa di allievi, accentuando le diseguaglianze.
Le conseguenze per gli alunni
Si tratta di un grave problema sociale. Ma, seppure in maniera diversa, la chiusura delle scuole incide pesantemente su tutti gli alunni e sulle loro famiglie. In dodici mesi le conseguenze sull’istruzione dei bambini, delle bambine e degli adolescenti sono ben visibili: in tutto il mondo hanno perso in media più di un terzo dell’anno scolastico medio globale che è di 190 giorni. Si stima che nel mondo siano stati persi 112 miliardi di giorni subendo le forti conseguenze della pandemia sulla loro istruzione e il loro futuro. Lo dice l’ultimo rapporto di Save the children che invita a uno sguardo globale. C’è una domanda forte e diffusa: mettere davvero in primo piano la scuola. A parole tutti lo dicono e le dichiarazioni di principio si sprecano. Lo hanno chiesto e lo chiedono, anche nelle piazze italiane alunni e studenti e movimenti dal basso come il comitato “Priorità alla scuola”. Si stima che, in assenza di interventi, ci sarà una perdita di apprendimento equivalente a 0,6 anni di scuola e di un aumento del 25% della quota di bambini e bambine della scuola secondaria inferiore al di sotto del livello minimo di competenze. La perdita di apprendimenti sarà più grave – come argomenta giustamente Save the Children – nelle famiglie meno istruite. Nel mondo, e questo è veramente un grave rischio globale, non andare a scuola farà crescere il lavoro minorile, i matrimoni precoci, le forme varie di abuso e di aumento del ciclo di povertà.
E allora?
Dobbiamo essere realisti e volare alto. C’è bisogno di uno sforzo straordinario per trasformare la crisi in un’opportunità di ripensare la scuola. Archiviare per sempre i tagli all’istruzione, mettere in circolo le buone pratiche sperimentate negli altri paesi e avviare una stagione diversa. Tutti possiamo contribuire facendo sentire la nostra voce a chi manovra le leve del potere. Anche chi, come noi, crede nella lettura come cibo per la mente e vaccino contro dittature, diseguaglianze e sovranismi miopi e asfittici.