7 minute read
di Giuseppe Assandri
Crisi ambientale e crisi sanitaria
Poi d’improvviso arrivò il Covid
di Giuseppe Assandri
«L’umanità sta giocando a dadi con l’ambiente». La frase, del premio Nobel per l’economia 2018 William Nordhaus, economista statunitense docente alla Yale University di New Haven (Connecticut), fotografa efficacemente una convinzione sempre più diffusa. Ma cambierà qualcosa o…
Era il 2019. La giovane attivista svedese Greta Thunberg era stata scelta da Time come personaggio dell’anno e in Italia il movimento delle Sardine aveva raccolto consensi tra chi cercava di contrastare la deriva del razzismo sovranista e cercava un nuovo approccio alla politica, vicina ai bisogni delle persone. La disastrosa estate del 2019 sembrava aver riscritto la storia del clima. Un importante studio pubblicato sulla prestigiosa rivista “Nature”1 aveva confermato – nonostante l’inquilino della Casa Bianca continuasse a negare l’evidenza –come l’impatto umano e la negligenza dei governi ad agire fossero la causa del riscaldamento globale, dell’emergenza idrica e degli eventi estremi sempre più devastanti. Negli ultimi 20 anni, con tassi di crescita esponenziale, i disastri ambientali (alluvioni, incendi, siccità, ecc.) infatti sono cresciuti vorticosamente, con 4,5 miliardi di persone coinvolte. Poi, all’improvviso, è arrivato il Covid19. Da un anno non si parla d’altro, con un ossessivo bollettino quotidiano di cifre, percentuali, contagi e decessi, interviste e sproloqui di esperti o presunti tali. Mentre di crisi climatica non si parla (quasi) più. Greta è tornata a scuola. Le sardine si sono inabissatee solo da poco riemerse. Tra regioni che cambiano colore da un giorno all’altro e vaticini su quando tutto potrà «tornare come prima». Manca quasi del tutto la ricerca delle cause di questo sconvolgimento globale delle economie e degli stili di vita. Proliferano le spiegazioni cospirazioniste ed è impressionante il rifiuto di mettere in discussione i modelli di sviluppo, le scelte, i modi di produrre, spostarsi, scaldarsi, nutrirsi. C’è qualcuno che pensa davvero che tutto dipenda da un “incidente” imprevedibile accaduto nel mercato del pesce di Wuhan o in un laboratorio scientifico cinese? Possibile che la crisi sanitaria in cui siamo immersi sino al collo fosse un evento imprevedibile? Eppure non era stato solo Bill Gates2 (oggi incredibilmente accusato su internet di complotto3) a dire che un virus, magari diffuso per via aerea, avrebbe potuto fare milioni di morti in tutto il mondo e che non eravamo pronti a combatterlo. I suoi stessi avvertimenti, tragicamente inascoltati, erano stati lanciati da molti scienziati, pubblicati nei rapporti dell’Ipcc4 e su molte riviste scientifiche. È lo stesso Bill Gates, col suo libro più recente, a porre con forza l’attenzione sulla necessità di non dimenticare che la vera sfida è il clima, più della pandemia. L’idea è che, come è stato per il vaccino, messo a punto in pochi mesi, ci potranno essere progressi straordinari, grazie alle tecnologia ma anche alle decisioni politiche e ai comportamenti di tutti gli esseri umani. Personalmente non mi capacito che si possa pensare che una volta che saremo tutti vaccinati tutto potrà tornare come prima. Non ho alcuna competenza scientifica in materia, ma sono profondamente convinto che ci sia una stretta connessione tra la crisi ambientale e la crisi sanitaria attuale. Le emissioni di gas serra, la deforestazione, gli allevamenti intensivi con le micidiali deiezioni che provocano, la concentrazione di milioni di persone in aree urbane e industriali ristrette, sono la causa di milioni di morti ogni anno, per malattie e anche delle epidemie dovute alla zoonosi e ai «salti di specie». Far finta di niente e girarsi dall’altra parte, aspettando solo il momento in cui tornare a vivere “come prima”, mi pare miope e pernicioso. «Lo sentivamo tutti ch’era troppo furioso il nostro fare. Stare dentro le cose. Tutti fuori di noi. Agitare ogni ora – farla fruttare», ha scritto Maria Angela Gualtieri5 . Questa epidemia non è stata la prima e non sarà l’ultima. Bisogna guardare in faccia la realtà. Senza falsi ottimismi né catastrofismi disperati. Ci sono a mio parere fondati motivi per essere molto preoccupati, ma anche qualche motivo per non perdere la speranza.
Forse non è troppo tardi per invertire la rotta6 e per far sì che la terra sopravviva all’uomo7 . Poiché “Pepeverde” si occupa di lettura e letteratura, possiamo trovare molti spunti di riflessione illuminanti in opere recenti di scrittori che, spesso mescolando narrativa e saggistica, si interrogano e ci interrogano su come porci di fronte al futuro nostro e del pianeta in cui viviamo. Citiamone alcuni, tra i più interessanti e talora provocatori. Come Minuti contati. Crisi climatica e Green New Deal di Noam Chomsky e Robert Pollin8, un saggio intervista molto istruttivo, che esamina la crisi climatica in connessione con l’economia capitalista e la distruzione ambientale. Di particolare interesse il capitolo in cui descrive il programma necessario per portare a termine con successo la transizione verso un’economia verde9 . Ma sono le parole di alcuni romanzieri che più mi appaiono stimolanti per approfondire e formarsi un’opinione personale che possa guidare le nostre scelte e comportamenti, anche quando la crisi sanitaria sarà in qualche modo superata. Dal libro, a metà tra narrativa e saggistica, di Jonathan Safran Foer, Possiamo salvare il mondo prima di cena10 all’opera dello scrittore indiano Amitav Gosh, La grande cecità. Il cambiamento climatico e l’impensabile11 . Ma la lettura a mio parere più ricca, originale e stimolante è Il tempo dell’acqua, dell’islandese Andri Snaer Magnason12 , che chiama a raccolta scienziati e saghe familiari, guide spirituali e mitologie antiche. Di fronte alla vastità e alla bellezza della natura a rischio, c’è l’invito a salvare la natura da noi stessi e salvarci, così, insieme a lei. Il tempo di agire e mobilitarsi è ora. «Dovrei annunciare che un miliardo di vite umane sono a rischio? E a che titolo parli, mi chiederebbero? Mi è apparsa in sogno Auòhumla, la mucca universale. Parlo a suo nome». Lo sforzo è di trovare la parole del pericolo, della catastrofe e della speranza. Tra gli scrittori capaci di parlare di cambiamento climatico fuori da ogni schema, con riflessioni acute e spietata ironia, c’è anche Jonathan Franzen, nel suo racconto – reportage dedicato agli uccelli marini, La fine della fine della Terra (Einaudi, 2019). Ancora più stimolante e provocatoria è la lettura di un piccolo libro di Franzen, intitolato E se smettessimo di fingere? (Einaudi, 2020), in cui l’autore invita ad ammettere che non possiamo più fermare la catastrofe climatica. Accettare che il disatro sta arrivando è dire la verità. Dimezzare le nostre emissioni renderà gli effetti del riscaldamento meno severi, ritardando il punto di non ritiorno. Ridurre e ritardare le conseguenze disatrose è un obiettivo che vale la pena di perseguire. Possiamo mantenere democrazie e comunità funzionanti, attraverso un «portafoglio di speranze» a breve e lungo termine. Finché abbiamo qualcosa da amare, abbiamo qualcosa da sperare. Aggiungo che – in fondo – qualche motivo per non cedere al pessimismo lo abbiamo. L’Unione Europea ha varato un gigantesco piano di transizione ecologica e di riduzione delle emissioni entro il 2030 che potrà avere effetti tangibili. Alla Casa Bianca c’è un altro presidente e gli Usa rientrano negli Accordi di Parigi. Tutto questo non basta, lo sappiamo. E i movimenti giovanili del 2019 ci hanno mostrato che i ragazzi non sopportano più mari inquinati, sprechi, detriti spaziali. Né i miti troppo facili del marketing. Possiamo sperare che i giovani vogliano riparare il mondo. O almeno provarci. E se sappiamo proporre ai bambini e ragazzi buone letture che nutrano le loro menti, abbiamo un motivo di speranza in più.
Note
1 www.nature.com/articles/s41586-019-1401-2. 2 L’intervento di Bill Gates, è un TED-Talk, tenuto il 23 aprile del 2015, che si può ascoltare su Youtube. 3 Si veda la recente intervista a Bill Gates su “7-Corriere della sera”, del 19 febbraio 2021. 4 Ipcc, Intergovernmental Panel on Climate Change, il gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite. 5 Maria Angela Gualtieri, Nove marzo duemilaventi, in “Doppio Zero”. 6 Le restrizioni per il coronavirus hanno determinato un netto decremento di inquinamento, si veda l’articolo di Alexis Myriel in “Terra Nuova”, aprile 2020. 7 Si veda l’articolo di Bruno Latour su “La Stampa” del 10 marzo 2021 e il libro di François Gemenne Aleksandar Rankovic, Atlante dell’Antropocene, Mimesis 2021 8 Noam Chomsky e Robert Pollin, Crisi climatica e Green New Deal, Ponte alle Grazie, Firenze 2020. L’dea che bisogna fare presto, ma che non è tutto perduto riecheggia nel titolo di un libro di Luca Mercalli, Non c’è più tempo, Einaudi,Torino, 2018. 9 Si veda anche Jeremy Rifkin Un Green New Deal globale che prevede (ottimisticamente!) il crollo della civiltà dei combustibili fossili entro il 2028 e un audace piano per salvare la Terra. 10 Jonathan Safran Foer, Possiamo salvare il mondo prima di cena, Guanda, Milano, 2019. 11 Amitav Gosh, La grande cecità. Il cambiamento climatico e l’impensabile 12 Andri Snaer Magnason, Il tempo dell’acqua, Iperborea, Milano, 2021.