BookMod@ Donna

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PUBBLICAZIONE PERIODICA TRIMESTRALE N. 109 M-3915-109-€ 55,00-RD Italy only € 35,00

FSV 100,00 (compreso Ticino) - B € 65,00 - F € 55,00 - D € 75,00 - E € 56,90 - P € 63,10 - A € 59,59 - NKr 695,00 - L € 60,00

INTERNATIONAL EDITION

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Periodico Trimestrale di Moda e Informazione Prêt-à-Porter Donna - P/E - S/S 2011 - Numero 109 Presidente Giovanna Roveda giovanna.roveda@bookmoda.com Direttore Editoriale Marco Uzzo

marco.uzzo@bookmoda.com

Direttore Responsabile Gianluca Lo Vetro gianluca.lovetro@bookmoda.com Coordinamento redazione Gianpiero Di Bari g.dibari@bookmoda.com Redazione Antonella Scorta Sonia Spagnol

antonella.scorta@bookmoda.com sonia.spagnol@bookmoda.com

Grafica e Produzione Lorenzo Capitani produzione@bookmoda.com Carlo Prosdocimi carlo.prosdocimi@bookmoda.com Hanno collaborato Carmela Bruno, Marco Masserini, Kino Traduzioni Studio MVM Servizi Fotografici Marco Bertani, Simone Manzo, Roberto Tecchio, Luca Maria Traverso-

Autorizzazione del Tribunale di Milano n° 383 del 28.05.1990 - N° Iscrizione ROC 9982

Segreteria di Redazione Cecilia Scolari cecilia.scolari@bookmoda.com Tipografia GRAFICHE MAZZUCCHELLI S.p.A. - Via Cà Bertoncina, 37 - 24068 Seriate (BG) Tel. 0352921300 - Fax 0354520185 - www.mazzucchelli.it Fotolito ITALCOLOR s.r.l. - Via L. Cavaleri, 6 - 20147 Milano Tel. 0289699716 - Fax 0289699717 - italcolor@italcolor.it Diffusione Italia: MESSAGGERIE INTERNAZIONALI - Via Manzoni, 8 - 20089 Rozzano (MI) numero verde 800827112 Estero: A.I.E. AGENZIA ITALIANA ESPORTAZIONE S.p.A. Via Manzoni, 12 - 20089 Rozzano (MI) - Tel. +39 025753911 r.a. - Fax +39 0257512606 Pubblicità Lisa Morasso - PUBLIFASHION S.r.l. Via A. Manzoni, 26 - 20089 Rozzano (MI) Tel. +39 02892395.1 - Fax +39 028242644 lisa.morasso@bookmoda.com www.bookmoda.com

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Contributors Beppe Angiolini: Presidente della Camera Italiana Buyer Moda

Fabriano Fabbri: docente di Arte Contemporanea all’Università di Bologna

Chairman of the Italian Chamber of Fashion Buyers

Professor in Contemporary Art at Bologna University

Eva Desiderio: fiorentina doc, inviato speciale del Quotidiano Nazionale e firma storica del giornalismo di costume. A pieno titolo è autrice dell’intervista al CEO di Gucci sul museo della maison

Daniela Fedi: prima firma di costume del quotidiano Il Giornale, ha scritto con Lucia Serlenga Alla corte di re Moda (ed. Salani). In questo numero intinge il suo pennino acuminato nel lato B del successo di Milano Moda Donna

A true Florentine, special correspondent of Quotidiano Nazionale newspaper and historic signature of custom journalism, she is the author of an interview to Gucci CEO about the next opening maison museum

First custom big name of Il Giornale newspaper, wrote in collaboration with Lucia Serlenga the book Alla corte di re Moda (by Salani). For this issue, she dip her sharp nib into the B side of Milano Moda Donna success

Federica Muzzarelli: docente di Fotografia e cultura visuale nei corsi di laurea in Moda dell'Università degli Studi di Bologna, polo di Rimini

Luigi Treccani degli Alfieri: dj e studente di ingegneria del suono presso il Sae Institute di Milano

Professor in Photography and visual culture at Bologna University, detached pole Rimini

Dj and student in sound engineering at Sae Institute in Milan

Via A. Manzoni, 26 - 20089 Rozzano (MI) Tel. +39 02892395.1 - Fax +39 028242644 e-mail: redazione.milano@bookmoda.com


Ph. Stefano Massè

FREEMIUM La prima, grande, novità è la cifra del giornale: freemium. Siamo talmente convinti che questo neologismo di Francesco Morace tra fre-e e pre-emium sia una rivoluzione epocale che, oltre ad averne fatto lo spunto dell’inchiesta Reazione a Catena, lo abbiamo messo in pratica nella filosofia di Book Mod@. Compresa la nuova suddivisione netta tra l’eccellenza del dossier sfilate e l’attualità raggruppata nelle pagine d’apertura in un magazine totalmente free. In quest’ultimo anno abbiamo lavorato molto per leggere i défilé in termini di costume. Sulle pagine di Book Moda@ le passerelle sono diventate una corsia preferenziale per entrare nel vivo delle evoluzioni a 360 gradi: un punto di partenza (anziché di arrivo) per un giornalismo di ricerca e approfondimento negati dalla rapidità del web. Di numero in numero, gli interventi scritti, affiancati alle immagini, hanno configurato un giornale nel giornale. Che ora si concentra in un blocco unico ulteriormente arricchito dove, tra i vari contributi, trovate un’intervista in esclusiva di Eva Desiderio al CEO di Gucci, Patrizio di Marco.

IL NEO(N) BAROCCO DI CARMEN MIRANDA Cambia anche il dossier sfilate, introdotto da un corsivo di Daniela Fedi. Le immagini sono più grandi, per goderne a pieno la qualità della stampa e delle lavorazioni manuali nel segno dell’artigianalità Made in Italy. Spesso gli scatti sono incorniciati da interventi grafici che esaltano il messaggio della passerella. Mentre, ai testi introduttivi si sono aggiunte le citazioni delle critiche internazionali più autorevoli, con la logica dei comments internettiani. Come sempre, alcuni défilé sono corredati da link. In particolare, vi segnalo quello su Carmen Miranda, icona evocata dalla collezione Prada che sintetizza al meglio le tendenze più nuove e interessanti: il ritorno ai colori (fluo) - come in ogni momento storico in uscita da una crisi - e quel tropical/déco che il geniale Gianni Versace osò negli Anni ’90, ispirandosi all’Ocean Drive di Miami. Vent’anni fa fu uno choc estetico. Oggi la congiunzione di estremi, sino agli ossimori come il barocco minimal ribattezzato “neo(n) barocco” sulla nostra copertina, sembra la sola regola per innovare in un mondo che ha consumato di tutto. Per questo nel servizio fotografico di moda due modelle agli antipodi, una bionda e una mora, la prima casual, l’altra di sangue blu, si scontrano/incontrano sullo sfondo delle Langhe, terra di eccellenze italiane già apprezzate da Hemingway e decantate da Woody Allen. Negli scatti di Marco Bertani le identità delle protagoniste arrivano a fondersi/con-fondersi in un gioco senza logica cronologica che fa rivivere la Contessa di Castiglione. Del resto, guardatela bene: l’amante di Napoleone III, spinta da Cavour tra le braccia dell’imperatore per conciliare l’unità d’Italia d’imminente celebrazione (150esimo anniversario, 1861/2011), non sembra Lady Gaga? A mettere in luce le affinità tra queste due grandi eccentriche è il saggio di Federica Muzzarelli, docente di Fotografia e cultura visuale per la moda, che da buona accademica omette un’osservazione di s-costume: la politica passava dalle seduttrici ancor prima che si facesse l’Italia. Gianluca Lo Vetro

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COMING 2011

COOL p a s t

r e t u r n s

di Sonia Spagnol

Black jazz 1901. Nasce a New Orleans il trombettista e cantante Louis Daniel Armstrong. 1942. Ella Fitzgerald inizia la carriera solista. Due voci per un genere musicale che sta dettando stile sulle passerelle: il jazz. Originario delle comunità africane del Sud degli Stati Uniti, questo sound torna in auge con il revival degli Anni ’20. Non a caso, proprio un concerto jazz è stato il culmine di una festa di Prada al Joe’s Pub di New York, per lanciare la Swing sunglasses collection. Caratteristici di questo genere musicale, il bianco/nero e la confluenza di diverse tipologie melodiche che oggi chiameremmo contaminazione: popolare americana, blues, leggera, ragtime. Se la Fitzgerald, a cui la Virginia ha intitolato un teatro, veniva chiamata “Mama Jazz”, Armstrong era soprannominato “Satchmo”, abbreviazione di “Satchelmouth”, il modo in cui suonava. L’artista quest’anno è stato celebrato dal “silent movie” Louis di Dan Pritzker: film musicale senza parole. La sua villetta newyorchese nel Queens è una casa-museo aperta al pubblico con foto, manifesti, cimeli e oggetti da cui parecchi stilisti avrebbero già attinto spunti.

anni/years

1911. Nasce Ginger Rogers, partner sul set del celebre ballerino Fred Astaire. Ricordata anche per essere stata la prima danzatrice ad apparire in pantaloni lunghi - ampi, morbidi e a vita alta - l’attrice statunitense è stata ritratta da Andy Warhol negli Anni ’60. Il suo amico Isamu Noguchi, artista nippo-americano, l’ha raffigurata in un busto di marmo rosa (in mostra fino al 30 gennaio 2011 in The Art of Gaman, Renwick Gallery, Washington).

1981. Rei Kawakubo debutta a Parigi con Comme des Garçons: brand del pauperismo concettuale che trasforma il panorama del prêt-à-porter. Fondata nel 1969, la griffe sovverte ogni stereotipo della moda, intesa dalla stilista giapponese come fuga dal quotidiano.

1911. Ginger Rogers, screen partner of the famous dancer Fred Astaire was born. Also remembered as the first actress to be seen wearing long, wide, draped high-waisted trousers. She had her portrait painted by Andy Warhol in the sixties. Her Japanese American artist friend Isamu Noguchi made a pink marble bust of her (on show until 30th January 2011 at the The Art of Gaman, Renwick Gallery, Washington).

1981. Rei Kawakubo showed for the first time for Comme des Garçons in Paris: the conceptual pauperism brand that changed the face of prêt-à-porter. Founded in 1969, the label subverted every stereotype of fashion, understood by this Japanese designer as escape from realism.


FASHION UMB3RS Cappelli Borsalino venduti all’anno negli Anni ‘20, il 50% dei quali all’estero. Borsalino hats sold annually in the twenties, 50% of which were exported. Il costo del reggiseno più caro del mondo, prodotto da Victoria’s Secret con 1300 pietre preziose. The price of the most expensive bra in the world, made by Victoria’s Secret with 1,300 precious stones. La distanza percorsa in media da un paio di jeans, dalla materia prima al prodotto finito. The average distance travelled by a pair of jeans from raw material to finished product.

Black jazz 1901. The trumpet player and singer Louis Daniel Armstrong was born. 1942. Ella Fitzgerald began her solo career. Two singers and jazz, a musical genre that is influencing design on the catwalks. Originating with the Africans of the southern states America this music came back into fashion in the twenties. It’s no surprise that the Prada party at Joe’s Pub in New York to launch the Swing sunglasses collection ended with a jazz concert. The characteristics of jazz were formed by the fusion of a number of types of music; popular American, blues and rag time. Fitzgerald has a

1971. Michael Hart fonda il Progetto Gutenberg, antenato d e l l ' e b o o k . Convertendo in formato elettronico libri non sottoposti a copyright, da allora ha raccolto oltre 30.000 testi in 59 lingue e dialetti. La maggior parte sono scaricabili in formato ePub, perciò utilizzabili anche con l’iPad, legalmente.

1971. Michael Hart founded Project Gutenberg, the fore runner of the ebook. Since then the project has converted 30,000 out of copy right books in 59 languages and dialects into electronic format. They are downloadable at ePub and can therefore be legally used with an iPad.

theatre named after her in Virginia and came to be called “Mama Jazz”. Armstrong’s nickname was “Satchmo”, an abbreviation of “Satchelmouth”, descriptive of the way he played. He has been celebrated this year with a silent movie called Louis by Dan Pritzker, a music only soundtrack with no dialogue. His home in Queens, New York is now a museum with photographs, posters and memorabilia from which many designers have already drawn inspiration.

1886. La Francia regala a New York la Statua della Libertà, trasportandola in mille sezioni, assemblate a Ellis Island. Realizzata nel 1883 per commemorare un secolo dalla fine della Rivoluzione americana, è alta 93 metri. Visibile a una distanza di 40 km, Miss Liberty ha una corona a 7 punte che rappresentano i 7 mari. Il modello originale si trova a Parigi vicino al ponte Grenelle (sotto). 1886. France presented New York with the Statue of Liberty, transported in 1,000 pieces and assembled on Ellis Island. It was made in 1883 in celebration of the centenary of the end of the American Revolution. It is 93 metres high and the original model of it is to be found in Paris near Grenelle bridge (on the left).

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Renato Grignaschi racconta gli Anni ’70

Anna Piaggi and Kark Lagerfeld

“Quando la moda era reale”


“La moda si rivolge agli Anni ’70 perché ha bisogno di ritrovare collegamenti con la realtà”. Condivisibile osservazione di Renato Grignaschi, uno dei primi fotografi delle sfilate che quell’epoca l’ha vista e ritratta proprio da vicino. “Ho cominciato a scattare nel 1974 – ricorda –. Eravamo solo in 4 in sala sfilate: io, Oliviero Toscani e due colleghi. I défilé erano ancora presentazioni in atelier, le modelle erano mannequin con il portamento da libro-in-testa. E gli abiti erano portabili”. Nel nascente prêt-à-porter, Grignaschi ha immortalato i grandi stilisti italiani e francesi che hanno scritto la storia del fashion. A Book Moda racconta in esclusiva quegli incontri straordinari e il suo punto di vista su quell’epoca: dall’interno. O meglio, dietro l’obiettivo. Perché il ritorno agli Anni ’70 sarebbe legato a un bisogno di concretezza? La profonda crisi economica degli ultimi anni credo abbia condotto le griffe a riconsiderare il proprio allontanamento dalla moda della gente in strada. E lo stile della fine degli Anni ’70 e degli Anni ’80 era molto vicino alla realtà: i vestiti in passerella erano quelli venduti in boutique. Eppure, le icone di quell’epoca sembrano irraggiungibili… È vero: erano donne bellissime, ma carismatiche. Con personalità. E facevano vivere gli abiti che indossavano. Mentre ora? Le modelle sono meccaniche. In che senso? Guardi come incrociano le gambe, mentre sfilano. O quanto alzano le ginocchia. In più, sono slavate e spesso scheletriche. In strada le si riconosce per la loro magrezza, non per la bellezza. E perché hanno sempre la bottiglietta d’acqua in mano. La moda degli Anni ’70 aveva più successo perché le modelle erano più belle? Diciamo che allora i capi facevano sentire le donne “femmine” e questo le rendeva seduttive. Un esempio? Ricordo Pat Cleveland sulla passerella di Valentino, a Parigi, con un abito a frange che lei faceva ruotare e vibrare con i movimenti del suo corpo. Uno show, più che una sfilata… Già, nella capitale francese i défilé erano più spettacolari che a Milano: Kenzo presentava sotto il tendone di un circo e Issey Miyake mandava in passerella le modelle con cappellini illuminati da fibre ottiche. Ma alla fine degli Anni ’70 Milano ha recuperato terreno, rubando la scena a Parigi e diventando il centro della moda. Grazie alla qualità straordinaria dei nostri stilisti emergenti e alla presenza di tutte le più belle modelle del mondo che facevano a gara per indossare i loro abiti. Quando si è accorto che stava cambiando qualcosa? Quella volta in cui gli ospiti di un villaggio turistico dove alloggiavamo durante un servizio fotografico, hanno fatto apprezzamenti sulla stylist e non sulle modelle. Perché negli Anni ’90 l’immagine della donna è mutata radicalmente. Il gusto per le ragazze anoressiche, disarmoniche, quasi “brutte”, non era più in linea con la sensibilità di noi fotografi dei ’70/’80. Per questo ho deciso di dedicarmi esclusivamente ai ritratti e allo studio della luce. Lei ha immortalato anche i grandi stilisti. Com’erano davanti

Carol Alt and Renato Grignaschi

all’obiettivo? Ognuno con una propria personalità. Spesso affine al loro stile. Fuori un po’ di nomi. Armani è estremamente razionale, metodico, rigoroso come i suoi abiti. L’ho conosciuto scattando le campagne di Erreuno, quando Re Giorgio disegnava il brand. E poi mi ha chiamato per realizzare le pubblicità di tre collezioni Mani. Alla prima è venuto di persona per controllare ogni singolo scatto con il lentino. Minuziosamente. Chiedendomi anche il perché del taglio trasversale di una foto. Le altre due volte, dopo aver verificato che il mio lavoro era in linea con la sua idea di donna, mi ha lasciato nelle mani della sorella Rosanna. E Gianni Versace? Ci siamo conosciuti in occasione del ritratto con Isa Stoppi. E ci siamo rivisti 5 anni dopo in un corridoio del JFK di New York e mi ha salutato calorosamente. Come pochi avrebbero fatto. Forse Franco Moschino, una persona raffinata, colta e davvero friendly. Molto più riservato mi sembrò Gianfranco Ferré. Me lo presentò Marina Fausti (giornalista di moda, ndr) in treno nel 1975, dicendomi che era molto in gamba e che sarebbe diventato famoso. E le donne? Krizia è autoironica e con i piedi per terra, nonostante il successo. Laura Biagiotti la ricordo invece per la sua delicatezza e gentilezza. Un giorno nel suo castello in provincia di Roma mi mostrò dei semi, raccolti per prendere spunto per i colori della collezione successiva. Sarà stato anche a stretto contatto con i giornalisti. Sì, con la prima generazione delle redattrici di settore. Per le quali la moda era quasi una religione. E non c’era il protagonismo che c’è oggi. Si riferisce a quei “Diavoli” di direttori che vestono Prada? Assolutamente no. Anzi: ho conosciuto Anna Wintour quando era responsabile moda del New York Magazine. E le posso assicurare che Meryl Streep nel film parla troppo per essere lei. La Wintour è di poche parole, è fredda. Ma non è spietata. Una volta le chiesi perché continuava a lavorare con un parrucchiere anche se non era così bravo. E lei con grande umanità mi disse: “Non mi ha mai mollato anche quando altri rifiutavano dei servizi. E gli sono grata”. Come sta cambiando Internet il mondo della fotografia? Il web ha rivoluzionato qualsiasi ambito. Oggi per il mondo le foto sono i francobolli che si vedono online. Mentre, per noi fotografi il 30x40 sulla carta stampata era sacro. Il digitale, poi, ha devastato la fotografia ad alto livello perché chiunque con una macchina pensa di essere un professionista. Ma lo strumento non fa il gusto. E la post produzione non può correggere tutto. Sonia Spagnol Brooke Shields and Renato Grignaschi

La “parola” all’obiettivo di chi ha immortalato gli esordi dei più grandi stilisti. Armani con il lentino, Versace al JFK e i semi della Biagiotti. Focus su un’epoca in cui “le modelle non erano meccaniche”. Critica ai francobolli di Internet. Con elogio al Diavolo.

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Rosanna and Giorgio Armani

Renato Grignaschi talks about the seventies

“When fashion was real” The word goes to the man who immortalised the debuts of the greatest designers. Armani with his lens, Versace at JFK and Biagiotti’s seeds. Focus on a time when “models weren’t mechanical”. Criticism of the postage stamp photos on the

Leonore Bancillon and Kenzo

internet. And a eulogy to the Devil “Fashion is turning to the seventies because it needs to reconnect with reality”. An observation shared by Renato Grignaschi, one of the first fashion photographers of the time to work close up at the shows. “I began photographing fashion shows in 1974”, he remembers. “There were only four of us, myself, Oliviero Toscani and two colleagues. The shows were still presentations, held in the ateliers; the models had that book-on-the-head posture. And the clothes were wearable”. Grignaschi immortalised the nascent prêt-àporter by the great Italian and French fashion designers who wrote the history of fashion. In an exclusive interview with Book Moda he tells us about those extraordinary meetings and his opinion of the period, from the inside, or rather from behind the lens. Why is a return to the seventies linked with a need for reality? I think the severe economic crisis of the last few years has led the big names to reconsider their distance from the fashions of the people in the street. And fashion at the end of the seventies and eighties was very close to reality: the clothes on the catwalks were those sold in the shops. Yet the models of the time seemed like out of reach icons... That is true; they were beautiful, charismatic women, with their own personalities. And they brought the clothes they wore to life. And now? Models are mechanical. How do you mean? Look how they cross their legs or lift their knees when they walk down the catwalk. Also they are very pale and often skeletal. You can recognise them in the street by their thinness not their beauty and because they always carry a bottle of mineral water. Was seventies fashion more succes-

sful because the models were more beautiful? Let’s say that the clothes made women feel feminine and this made them seductive. For example? I remember Pat Cleveland modelling for Valentino in Paris in a fringed dress that swung and shimmered with the movement of her body. A spectacle more than a fashion show… In fact. The shows were more spectacular in Paris than they were in Milan: Kenzo showed in a circus tent and Issey Miyake’s models wore illuminated fibre optic hats on the catwalk. But at the end of the seventies Milan gained ground, stealing the show from Paris and becoming the capital of fashion. Thanks to the extraordinary quality of our emerging designers and to the presence of all the most beautiful models in the world who vied with each other to wear their clothes. When did you notice that things were changing? The time when the guests in a tourist village where we were staying to do a shoot made comments on the stylist rather than the models. Because in the nineties the image of the female changed radically. The taste for anorexic, uncoordinated, almost ugly girls was no longer in line with the sensitivity of we photographers of the seventies and eighties. This is why I decided to dedicate myself exclusively to portraits, to the study of light. You have also immortalised the great designers. What were they like faced with a lens? Each one has his or her own personality, often akin to their style. Let’s hear a few names. Armani is extremely rational, methodical and rigorous, like his clothes. I met him when I was shooting the Erreuno campaign, when he


Valentino and Giorgina Brandolini

Gianni Versace and Isa Stoppi

How is the Internet affecting photography? The web has revolutionised everything. Today the world thinks of photography as those postage stamp pictures seen on the net. For us photographers the 30 x 40 print is sacred. The digital has devastated quality photography because anyone with a digital camera thinks he is a professional. But the camera alone is not enough. Post production can’t correct everything. Pino Lancetti and Ester Kamathari

was the designer. And then he asked me to do the advertising for three Mani collections. He came himself for the first shoot and checked every single detail of every photograph with a magnifying glass. He also questioned me about the angle of one of my photos. The other two times, after reassuring himself that my work was in line with his ideas about women, he left me in the hands of his sister Rosanna. And Gianni Versace? We met when I did a portrait with Isa Stoppi. And we met 5 years later in a corridor at JFK in New York and he greeted me very warmly. As few would have done. May be Franco Moschino, he was refined, cultivated and really friendly. Gianfranco Ferré seemed much more reserved. Marina Fausti (fashion journalist, ed.) introduced him to me on a train in 1975, telling me he was very good and would become famous. And the women? Krizia can laugh at herself but also has both feet firmly on the ground despite her success. And I remember Laura Biagiotti for her delicacy and kindness. One day, in her castle in the province of Rome, she showed me some seeds she had gathered for the colours for her next collection. You will have had close contact with the journalists as well. Yes, with the first generation of fashion editors, for whom fashion was virtually a religion. And there wasn’t that celebrity culture there is today. Are you referring to “Devils” who wear Prada? Absolutely not. On the contrary, I met Anna Wintour when she was fashion journalist for the New York Magazine. And I can tell you that, in the film, Meryl Streep talks far too much to be like her. Wintour doesn’t talk much; she is cold but not ruthless. I once asked her why she kept using a hairdresser who she didn’t think was that good. And with great humanity she told me, “He has always stuck by me even when others have let me down and I am grateful to him”.


Post Zara/H&M

Rivoluzione a “catena” La controffensiva di Upim, OVS Industry e Benetton al fast fashion delle grandi catene internazionali. Il popular si eleva al pop (art). Ma oltre il low cost, si profila il freemium teorizzato da Francesco Morace. Dai grandi magazzini alle eccellenze è di nuovo rivoluzione. Un’inchiesta per capire in quale direzione. Interviste a Francesco Morace, Alessandro Benetton, Thomas Sokolowski e Luca Caprai. Con zampata finale di Beppe Grillo

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g i a n l u c a

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Ago e filo, Claes Oldenburg

Anche per i cosiddetti “terminator” della moda è tempo di cambiamenti. Inizialmente osteggiate e bollate dagli stilisti come “vetrine di copie cheap”, Zara, H&M e Mango hanno introdotto una rivoluzione che sta scatenando, seppur in ritardo, la controffensiva italiana. Portabandiera della riscossa, Stefano Beraldo, amministratore delegato del Gruppo Coin, che in 4 anni ha investito 400 milioni di euro per il lifting di Coin, Upim e OVS. Dopo aver portato una mostra di Andy Warhol all’Upim di corso Buenos Aires a Milano, riconvertito in PopUpim city shopping mall, il geniale imprenditore ha stretto un accordo con Ted Baker di Londra, che ha aperto una serie di corner nei Coin di Milano, Firenze, Venezia e Treviso. Nel frattempo, sulla scia del felice accordo con Fiorucci per la linea Baby Angel prodotta da OVS Industry, Beraldo ha siglato un’intesa con Ennio Capasa di Costume National che in primavera firmerà la linea EEqual per i magazzini un tempo più economici. Tante iniziative hanno risvegliato Benetton. Il pioniere dell’unione di tutti i colori sotto il segno del Made in Italy, agli stilisti preferisce l’arte (intervista ad Alessandro Benetton). In particolare, quella di Warhol. Tanto più che, per elevarsi senza snaturarsi, il “popular” ricorre sempre più spesso e astutamente al pop di Warhol (intervista a Thomas Sokolowski). Fatto sta che all’improvviso il Bel Paese delle grandi firme sembra aver riscoperto i grandi magazzini. Ma è già tempo di altre svolte.

Stefano Beraldo

Se Zara si con-fonde con Zoran Unitamente agli outlet, Zara, H&M & Company, hanno mutato anche l’approccio alla moda, stimolando quello che il sociologo Francesco Morace definisce “freemium”: un nuovo modello di consumo ibrido tra il “free” della gratuità (figlia di Internet) e il “premium” delle eccellenze (vedi intervista a Francesco Morace). In questo scenario, il low cost è cresciuto di qualità e il premium è più economico. Ma soprattutto, la gente investe il massimo solo nelle passioni personali, accontentandosi di una qualità media (seppur più elevata) per tutti gli altri generi. Domandone: il prêt-à-porter più alto è ancora una di queste “passioni” per cui mettere mano al portafogli? Luca Caprai di Cruciani conferma (vedi intervista). In ogni caso, l’era dello status symbol è finita. Al suo posto trionfa un clever/smart symbol: l’intelligenza e il gusto con cui, mescolando low cost, vintage, premium, etc. si ottiene la massima resa con la minima sposa. Sicché, le signore non sciorinano più la griffe del capo. Ma la storia con cui hanno composto il cocktail di un look brillante. E Zara si con-fonde con Zoran.

Coming soon Il 23 novembre H&M lancia la capsule disegnata da Lanvin. A fine novembre Gap presenta la capsule di Valentino per celebrare lo sbarco della catena in Italia. Prima vetrina: Milano. E in primavera arriva la collezione EEqual disegnata da Ennio Capasa per OVS Industry.

On 23rd November H&M will launch a capsule collection designed by Lanvin. At the end of November Gap will present a capsule collection by Valentino in celebration of the chain’s launch in Italy. First shop to open in Milan. And next spring the collection EEqual by Ennio Capasa for OVS Industry will be in stores.

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1. Alber Elbaz for Lanvin. 2. Paolo Piccioli and Maria Grazia Chiuri for Valentino. 3. Stefano Beraldo and Ennio Capasa.


Ipse dixit

Post Zara/H&M

Giornetti “ Massimiliano (designer di

The counter-offensive mounted by Upim, OVS Industry and Benetton to the international chain stores’ fast fashion. Popular has become pop (art). And, beyond low cost, a profile of Francesco Morace’s freemium theory. Another revolution in the large chain stores and luxury brands. An enquiry to try and understand in which direction. Interviews with Francesco Morace, Alessandro Benetton, Thomas Sokolowski and Luca Caprai. With a final word from Beppe Grillo It is a time of change even for the so-called “terminators” of fashion. Initially classed as enemies of fashion designers and as cheap copies, Zara, H&M and Mango unleashed a revolution to which Italy is belatedly mounting a counter offensive. Its standard bearer is Stefano Beraldo, director of the Coin Group which has invested 400 million Euros in four years to change the image of Coin, Upim and OVS. After holding an Andy Warhol exhibition in Upim in Corso Buenos Aires in Milan it was restructured to be a PopUpim city shopping mall. This shrewd entrepreneur also drew up an agreement with Ted Baker of London to open a series of shops-in-shops in the Coins of Milan, Florence, Venice and Treviso. In the meantime, in the wake of a felicitous agreement with Fiorucci for a Baby Angel range produced by OVS Industry, Beraldo signed a contract with Ennio Capasa of Costume National for Eequal, an inexpensive range for the stores. All these initiatives woke up Benetton, the pioneer of the union of “all the colours” with the Made in Italy label. Its designers prefer art (see the interview with Alessandro Benetton). In particular, Warhol. In fact, in order to advance without change of image, the “popular” makes increasing and astute use of Warhol’s pop art (see interview with Thomas Sokolowski). The fact is that sud-

denly the Italy of the great fashion names appears to have rediscovered the chain store. But other changes are taking place too. If Zara is “mixed up” with Zoran Together with outlets, Zara, H&M & Company have also changed the approach to fashion, stimulating what the sociologist Francesco Morace calls “freemium”: a new hybrid form of consumption, from the “free” (born from the internet) to the “premium” of excellence (see interview with Francesco Morace). Within this scenario, the low cost has improved in quality and the premium has become less expensive. But above all, people invest the most only in their personal passions and content themselves with average quality (even if improved) for everything else. An important question: is top prêt-à-porter still one of these “passions” that people are still prepared to pay for? Luca Caprai of Cruciani thinks so (see interview). In any case, the era of the status symbol is over. A clever/smart symbol has taken its place: the intelligence and taste of mixing low cost, vintage and premium etc. to obtain the maximum with the minimum. No, women don’t display labels any more but the story behind the composition of a cocktail that produces a brilliant look. And Zara is “mixed up” with Zoran (see clever symbol).

(Giusi Ferré, Corriere Economia)

Massimiliano Giornetti (Ferragamo’s designer) explains how haute couture owes a lot to fast fashion, especially Zara and H&M. «They have taught everyone to dress well, more than prêtà-porter, by making clothes affordable». (Giusi Ferré, Corriere Economia)

1-2. Mondanità di strada: sempre più pop anche gli eventi. Red carpet sul marciapiede milanese di corso Buenos Aires. Warhol girl servono drink ai passanti. - 3. Arte ai grandi magazzini: gli interni del PopUpim city shopping mall sono ispirati alle opere di Claes Oldenburg, come Ago e Filo in piazza Cadorna a Milano. - 4. Frasi di Italo Calvino nei corner dei nuovi concept store United Colors of Benetton. - Sullo sfondo, particolari della campagna pubblicitaria Upim.

A “chain” revolution

Ferragamo) spiega che al fast fashion, soprattutto Zara ed H&M, la moda alta deve molto. «Hanno insegnato a vestirsi bene più del prêt-àporter, portando gli abiti a livelli economicamente accessibili».

Ipse dixit Miky Gioia: «La mia maglia? Non mi ricordo se è di Zara o di Zoran». «My jersey? I can’t remember if it’s by Zara or Zoran». 4

1-2. Jet set in street: the events are more and more popular. Red carpet on corso Buenos Aires. Warhol girls serve drinks on the street. - 3. Art in department stores: PopUpim city shopping mall inspired by Claes Oldenburgʼs works, as Ago e Filo, Cadorna square in Milan. 4. Italo Calvinoʼs extracts in new United Colors of Benetton concept stores. - In the background, some details from Upim ad campaign.

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Neologismi

Freemium Dalla fusione tra lusso e free nasce un ibrido che mette in discussione anche il low cost. Lo teorizza il sociologo Francesco Morace. La nuova regola del bargain. E il consumo vocazionale. Una rivoluzione che assomiglia al prêt-à -porter Anni ’70. Anche se la moda...

Francesco Morace


“C’erano una volta il basic e il lusso. Ora è tempo di freemium, una compenetrazione tra la cultura del free e le eccellenze del premium”. Francesco Morace definisce così, il nuovo modello di consumo al quale sta dedicando un libro in uscita la prossima primavera: un’analisi che metterà in discussione l’intero sistema moda. Comprese le recenti novità delle grandi catene come Zara. “Tutto è nato dalla massificazione degli outlet – spiega il presidente del Future Concept Lab –. La gente si è abituata a comprare il meglio a meno. Da eccezione, l’affare si è trasformato in abitudine: regola del bargain. Pertanto, si è consolidata la certezza destabilizzante che la qualità del prodotto non sia sinonimo di prezzo alto, per definizione. All’improvviso, si è spezzata la catena ‘vale, ergo costa tanto’. E viceversa”. Dunque? Da un lato, la qualità va verso la massa. Basti pensare ai quotidiani americani che si possono leggere gratuitamente on line. D’altro canto, il free è migliorato. Di conseguenza, il low cost senza dignità entra in crisi. A questo livellamento più alto hanno contribuito le grandi catene come Zara, H&M e OVS Industy? Indubbiamente sono responsabili di una progressione della qualità di massa. Ma nel freemium c’è un trucchetto che è la grande novità: questo pacchetto di confine prevede l’accesso facile e gratuito fino a un certo punto. Quando entrano in scena le passioni del singolo, non si bada più a spese e si cerca il superlativo assoluto. Il premium, per l’appunto. Esempio? I giovani condividono musica a costo zero. Ma per il concerto del loro beniamino sono disponibili a spendere 100/150 euro. Morale: non si sceglie su tutto, non si è più costretti a pagare tanto e sempre, ma solo quando si sceglie in base alle inclinazioni personali. Da qui, la definizione di un nuovo “consumo vocazionale”. Un’evoluzione della specie dei consumi sempre più mirati e motivati? Certo. Le notizie on line sono gratuite, ma se vuoi l’approfondimento lo paghi. E allora, chiedi anche che sia stampato su carta di grande qualità. E la moda? Rientra nei consumi “che non si scelgono” o nella sfera delle passioni? Il freemium è nato proprio con il prêt-à-porter degli stilisti che portò la qualità massima dell’alta moda verso la massa. Ma adesso il sistema rischia di restare un po’ indietro. Paradossalmente, rispetto a un paradigma di cui fu inventore. G.LoVe.

Neologisms

Freemium The closing gap between the luxurious and the free has produced a hybrid that leads to the questioning of the low cost. The sociologist Francesco Morace theorises on this. The new reign of the bargain. And vocational consumption. A revolution resembling what happened in the seventies to prêtà-porter. Even if fashion... “Once upon a time there was the basic and the luxurious. Now it is freemium, a mixture of the culture of the free and the excellence of the premium”. This is how Francesco Morace defines the new consumer model about which he is writing a book, to be published next spring. An analysis that will question the entire fashion system. Including the new big chains like Zara. “It all began with the standardisation of the retail outlet – explains the president of Future Concept Lab – People have become accustomed to being able to buy the best for less. It has become the rule rather than the exception; the bargain is king. Therefore, the destabilising certainty has been realised that, by definition, the quality of a product is not synonymous with a high price. Suddenly the link between high quality and expensive and vice versa has been broken”. Therefore? On one hand quality is within the reach of the masses. Just think of the American dailies which can be read on line for nothing. On the other hand, what is free has improved. Consequently undignified low cost is in crisis. Have the large chains like Zara, H&M and OVS Industy contributed to this higher level of equalisation? They are undoubtedly responsible for the improved quality of mass production. But there is a catch in freemium and this is the novelty; its borders allow easy and free access but only up to a certain point. When the passion of the individual comes into play cost is no longer a factor and the absolute best is looked for. In fact, the premium. An example? The young share music at no cost. But for a concert by their heroes they are prepared to spend €100-€150. The moral; not everything is a choice, not everything is always expensive but only when chosen on the basis of personal inclination. This leads to the definition of a new “vocational consumption”. The evolution of increasingly targeted and motivated kinds of consumer goods? Certainly. News on line is free but if you want to know more you pay for it. So you expect it to be printed on good quality paper. And fashion? Does that fall into the category of the “not chosen” or the realm of passion? Freemium is the result of the prêt-à-porter by designers who brought the quality of haute couture to the masses. But now the system risks falling a little behind. Paradoxically, through a prototype it invented itself. Il freemium alle sfilate. Borse di grandi firme (Jil Sander a sinistra e Missoni a destra) nei e con i sacchetti in plastica da supermercato. Freemium at fashion shows. Famous designersʼ accessories (Jil Sander on the left and Missoni on the right) in or with supermarketʼs plastic bags.


Fuori di moda

“DIVENTEREMO I CINESI DEI CINESI” 7 domande sulla moda a Beppe Grillo “Sono di cultura genovese. Più che spendere, mi piace consumare”. Con un giaccone Woolrich in un punto vendita WP Lavori in corso, Beppe Grillo dice la sua sulla moda. Abbiamo sentito bene? Anche l’impegnato Grillo usa il verbo “consumare”? Sì, ma per me “consumare” significa indossare l’abbigliamento sino a quando non è liso, bucato. La moda, invece, si basa sul meccanismo esattamente opposto: creare dei bisogni inesistenti nella gente, affinché continui a comprare, comprare, senza consumare effettivamente. Cosa disapprova di questo sistema? Le persone credono di essere appagate, quando acquistano un bene di cui non hanno bisogno e che in realtà non soddisfa un bel niente. Anche se il sistema fa credere che fosse indispensabile. In passato, però, anche lei vestiva griffato. Ci ricordiamo bene il suo giubbottino Versace e quei bei maglioni di Missoni... Beh sì, in passato... Dica “la verità”: anche lei ha fatto qualche marchettina di moda come tanti colleghi dello spettacolo... Eh beh... (ride inclinando la testa, n.d.r). Ma quando mi sono reso conto che eravamo ben in cinque a girare con lo stesso golf, ho chiuso con la moda firmata. Ma non con le barche e le belle macchine... Comunque, adesso c’è la democratizzazione della moda con le grandi catene tipo Zara o H&M. Che ne pensa? Quello che la gente risparmia al momento dell’acquisto lo paga in termini di sudore e lavoro chi cuce a cottimo sulle navi. Ormai, la manifattura italiana è in via d’estinzione. Per via dei costi. Ma anche i cinesi iniziano ad avere i loro cinesi... Cioè? A loro volta, stanno delocalizzando in Mongolia. Che a sua volta delocalizzerà ad altri “cinesi”. Così, l’ex popolo di Mao sta diventando un esempio di comunismo più capitalista dei capitalisti. Punto d’arrivo? Diventeremo i cinesi dei cinesi. Perché loro saranno sempre più ricchi. E noi sempre più poveri. G.LoVe.

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Beyond fashion “WE WILL BE THE CHINESE’S CHINESE” 7 questions on fashion put to Beppe Grillo “I am Genoese at heart, more than spending I like consuming”. In his Woolrich jacket at a branch of WP Lavori in corso, Beppe Grillo gives us his opinion on fashion. Did we hear right? Even the committed Grillo using the word consume? Yes but for me consuming means wearing something until it’s completely worn out. Fashion on the other hand is based on precisely the opposite. It creates inexistent desires in people so they just go on buying without ever actually consuming anything. What don’t you like about this system? People think they have fulfilled a need when they buy something they don’t need and in fact it gives no satisfaction whatsoever. Even if the fashion system makes you believe it’s indispensable. But you have worn designer labels in the past. We remember well your Versace jacket and those lovely Missoni sweaters... Well, perhaps in the past... Tell us the truth, you have surrendered to fashion, like so many entertainers... Well... (laughs and lowers his head, ed.). But when I realised there were five of us all going round in the same sweater I ended my relationship with labels. But not with splendid boats and cars... Anyway now fashion is democratised with large chains such as Zara or H&M. What’s your opinion? What people save at the till is paid for by the sweat and labour of those who do piece work. The Italian manufacturing industry is dying because of its costs. But now even the Chinese are beginning to have their Chinese... Meaning? In their turn they are moving to Mongolia. This in its turn will move other Chinese. In this way Mao’s ex citizens are becoming examples of the most capitalist of communists. And where is it leading? We will become the Chinese’s Chinese. Because they will get richer and richer and we will become poorer and poorer.


Firenze brand di moda e memorie

GG COME GIGLIO Dal ballo al museo: Gucci si riavvicina a Firenze. Intervista al Ceo della maison. “Così si ripensa il lusso”. Quanto conta la tradizione. E quanto costa il made in Italy: “100 in Italia, 10 in Cina”. Anche Laudomia Pucci progetta una galleria retrospettiva. Mentre, Ferragamo...

d i “L’idea è quella di un centro culturale aperto alla città e in contemporanea al mondo”. Nelle aspirazioni di Patrizio di Marco, Ceo di Gucci, c’è tutta l’essenza tra storia e modernità del brand con le due G, che nel 2011 festeggerà 90 anni di successo e di lusso, inaugurando il Museo Gucci in Piazza della Signoria a Firenze. Ultimamente Gucci è molto attivo nel recupero delle memorie. Dopo aver restaurato La Dolce Vita di Federico Fellini, ha sponsorizzato il primo Ballo del Giglio nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio: gala benefico sotto il patrocinio della principessa Carolina di Hannover. Quasi una prova generale per i festeggiamenti del 90esimo della maison. Presidente di Marco, a che punto sono i preparativi del Museo? “Sarà al Palazzo della Mercatanzia. Ho già presentato il progetto al sindaco Matteo Renzi. Vogliamo realizzare un centro culturale aperto alla città, non un posto muffoso. Dunque, non solo un’esposizione dei nostri pezzi d’archivio, ma una struttura con un bookstore e un Gucci Caffè, che spero aprirà anche la sera. Insomma, un’ottima cosa per Gucci che al tempo stesso esalterà nel mondo il marchio “Firenze”. Per non dire che in Piazza Signoria passano ogni anno 8 milioni di persone ad alto tasso di turisti internazionali. Una finestra sul pianeta senza uguali. Per questo il palazzo è già stato restaurato. Per un breve periodo ha ospitato gli studi stilistici. Poi Frida Giannini ha trasferito i 55 designer della sua squadra creativa a Roma. Così, abbiamo destinato il palazzo al museo. L’operazione va di pari passi all’innalzamento della qualità della produzione.

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D e s i d e r i o Misura anti crisi? O nuova strategia seppur ancorata alle radici? Tutto e due le cose insieme. Occorre ripensare il lusso, non darlo più per scontato. Bisogna offrire prodotti focalizzati: proposte su misura e non transitorie. Da qui anche la scelta di campagne pubblicitarie alla riscoperta dell’heritage e di quei banconi dove ancora si cuciono le borse a mano come negli anni Cinquanta. Il Museo Gucci segna anche un riavvicinamento a Firenze? Voglia di rimarcare la fiorentinità del brand con un baluardo proprio là dove predicava Savonarola, a pochi passi dagli Uffizi? Questa é la nostra città, qui la storia di Gucci é nata. E da qui va avanti. Per questo a luglio abbiamo lanciato nel Palazzo la nostra prima collezione baby, donando all’Unicef un milione di dollari per continuare nel progetto d’istruzione in Africa. Oltre alla storia e alla tradizione, “l’impegno” come tattica per garantire un futuro al mondo e al brand? Abbiamo l’occhio sempre attento all’etica. Da alcuni mesi abbiamo introdotto il packaging completamente riciclabile. E controlliamo tutta la filiera, per garantire il più puro made in Italy. Per questo abbiamo acquisito due concerie a Santa Croce che lavorano in esclusiva per noi. Noi facciamo tutto in Italia. Solo gli orologi vengono dalla Svizzera. Certe volte mi sento un po’ l’ultimo dei mohicani in questa battaglia. Quanto costa salvaguardare il made in Italy? Fatto 100 il costo della manodopera italiana, quello cinese è pari a 10. Chiaro no? Tutto sarebbe più facile e convenientissimo. Invece no: noi produciamo nel nostro paese. E per fare una Jackie Bag ci vogliono ancora 270 minuti di lavorazione Con quali altri argomenti, si conquistano i clienti di oggi? Un corteggiamento continuo, a partire dal primo passo, quando entrano nei nostri negozi. Sono loro le nostre antenne sul mercato. 1-3. Gli artigiani al lavoro nei laboratori Gucci di Casellina, In un'immagine d'archivio del 1953 (ph. Photo Locchi) e ai giorni nostri - The artisans while working in the Gucci's workshops of Casellina. Now and in an archive image from 1953 (ph. Photo Locchi).

Ballo del Giglio Ispirato al tradizionale Ballo della Rosa monegasco inventato dalla principessa Grace, il Ballo del Giglio è il gala benefico organizzato nel Salone de’ Cinquecento di Palazzo Vecchio dal sindaco di Firenze Matteo Renzi (ph. 4) con l’Alto Patronage della principessa Carolina di Hannover (ph. 4-8). Il ricavato della serata è stato devoluto all’Associazione Amade Italia per i diritti dei minori e al finanziamento del restauro della statua di Hermes in

Palazzo Vecchio. Disegnati dall'artista Silvano Campeggi, gli inviti all'evento erano riservati a solo 250 ospiti, tra cui Carla Braccialini, Ermanno Scervino e l’imprenditore Alessandro Bastagli. Tra i premi della lotteria del gala, la penna stilografica Visconti prodotta in 60 esemplari per l’occasione, con la quale Carolina di Hannover (ph. 9) ha firmato il libro degli ospiti di Palazzo Vecchio.

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Sei più fluo o sei più natura? Appartieni alla categoria di esseri umani irrimediabilmente attratti dalla sfera dell’artificio, con tutto il suo corollario di alta tecnologia? O preferisci un’immersione totale nella natura e nel primordio? Copri il tuo corpo con elementi inorganici, con tessuti hitech violentemente colorati o metallizzati? Oppure lo fasci con delicatezze tenui e vegetali? La domanda sembra autoimporsi dopo le sfilate P/E 2011. Santacroce, che colori Fluo è il titolo del primo romanzo di Isabella Santacroce, in trilogia con Destroy e Luminal. La protagonista, Starlet, ha un look molto in voga nella moda più recente e sperimentale di oggigiorno. “I miei capelli – racconta – sono lunghissimi e di un viola Dior incredibile. Indosso hot pants in lycra, micro maglia arancio, calze glitter e shoes fluorescenti”, ma questo è niente, tutto il guardaroba di Starlet irradia toni catarifrangenti, “un abito di peluche fucsia” per esempio, che starebbe benissimo anche a Misty, diafana protagonista di Destroy, ancora più cromaticamente e ideologicamente aggressiva di Starlet. Del resto, sussurra Misty, “Il sintetico, l’artificiale, era solo plastica quello che volevo”. La technoeroina di Luminal non è da meno a cominciare dal titolo ultravioletto del romanzo. Si chiama Demon, beve un intruglio fosforescente che sembra kryptonite e ha un corpo con “consistenza della plastica pregiata”. Umanità sintetica Assaporate tra le pagine di un libro, a una prima impressione le parole della Santacroce le assoceremmo alla mente di una personalità eccentrica, al limite dell’anomalia. Forse della follia. Tuttavia, fermo restando che ogni operatore culturale progetta umanità tutt’altro che banalmente ipotetiche, vedendo i riflessi di una simile prospettiva estetica tra le passerelle internazionali della moda, Milano inclusa, ne esce una razza altrettanto attratta dal sex appeal dell’inorganico, direbbe il filosofo Mario Perniola. Un’umanità sparsa quindi in mezzo a noi, non solo una sofisticata e veritiera costruzione letteraria. Fuori i nomi: Marni, Prada, Missoni. A questo nucleo si potrebbero annettere tanti altri stilisti da Parigi e Londra, a conferma di una linea consolidata e consolidabile appassionata di elementi “fluo” e sintetici. Banane al neon: bananeon Marni realizza mantelle che richiamano le trame di cellule viste in negativo, di un derma ovviamente artificiale, tenuto su tinte da pelle robotica o colorato a stesure piatte, come se le donne di Consuelo Castiglioni si preparassero a varcare lo schermo pixellato di un videogioco. O di un pianeta abitato da Veneri ad alta tecnologia. Prada punta su campiture ancora più acide, quasi retroilluminate, fatte di blu elettrici, arancioni radioattivi, di verdi e di gialli color evidenziatore, a volte sagomati su abiti monocromi, altre con innesti decorativi ispirati a un barocco digitale dove scimmiette e banane convivono con gessi e stucchi. Un barocco freddo, ironico. Distaccato. Dal sapore quasi optical le soluzioni di Missoni, che come altre maison rilancia in pompa magna la lezione di Emilio Pucci, con i suoi incastri a toppe, “da puzzle” senza gradazioni cromatiche, solo che stavolta il risultato agguantato da Angela Missoni si arricchisce di riferimenti che sanno di vera e propria Arte concettuale. Nelle sue giacche sembra infatti di individuare l’eco di artisti che hanno fatto della luce fluorescente e del neon uno stemma identitario, una specie di energia primaria giocata su frasi, parole e luminescenze. Così, l’onda lunga di un Bruce Nauman si stampiglia a galvanizzare colori e tessuti, mentre le installazioni lisergiche di un Olafur Eliasson si adagiano a formare placche geometriche, frutto di una caleidoscopica magia elettronica.

I colori al neon illuminano le avanguardie dello stile. Ma alle techno modelle al Luminal fanno eco creature floreali. Analisi di una nuova estetica tra il sintetico di Nauman, il lisergico di Eliasson e la Natura

One-way colour tunnel, Olafur Eliasson

Are you more “fluorescent” or more natural? Do you belong to that category of human beings who are fatally attracted to artifice, with all its attendant hi-tech? Or do you prefer a full immersion of nature and the natural? Do you cover your body in the inorganic, in hi-tech fluorescence and metal-ware? Or do you swathe it in the delicacy of the natural? The Spring/Summer 2011 shows demand that these questions be asked. Santacroce, what colours Fluo is the title of Isabella Santacroce’s first book in her trilogy, followed by Destroy and Luminal. Starlet, the main character has a very experimental contemporary fashion look. “My hair”, she tells us “is very long and an incredible Dior purple. I wear Lycra hot pants, orange micro knit tops, glitter tights and fluorescent shoes”. But this is nothing, the whole of Starlet’s wardrobe radiates with shimmering clothes, “a dress in fuchsia plush” for example which would also suit Misty, the diaphanous protagonist of Destroy who is even more chromatically and ideologically aggressive than Starlet. After all, whispers Misty, “the synthetic, the artificial, it is just plastic I want”. The technoheroine of Luminal is nothing less, starting with the ultra violet


Le nuove luci della moda

Fashion in a new light

di fabriano fabbri Opposites; fluorescent colours illuminate the avant-garde. But these techno clothes are echoed by the floral of Luminal. The analysis of a new aesthetic, from Nauman’s synthetics and Eliasson’s acid colours to the natural title of the book. She is called Demon, drinks a phosphorescent concoction like kryptonite and has the body “of the consistency of superior plastic”. Synthetic humanity Emanating from the pages of a book, at first sight we would associate Santacroce’s words with the mind of an eccentric bordering on the abnormal, may be even mad. Even so, assuming that every cultural operator has anything but banally hypothetical design and seeing the reflections of a similar perspective at the international fashion shows, including Milan, a type has emerged that is just as attracted by the sex appeal of the inorganic, as the philosopher Mario Perniola would say. So among the humanity around us, not just in a sophisticated literary creation. Out with the names then; Marni, Prada and Missoni. Other names from Paris and London could be added to this nucleus, in confirmation of this consolidated enthusiasm for the “fluo” and synthetics. Neon bananas: bananeon Marni showed capes recalling the pattern of cells seen in the

negative, of an obviously artificial epidermis, either in the colours of robotic skin or in flat colours as if Consuelo Castiglioni’s women are about to step out of the pixelated screen of a video game, or from a planet inhabited by hi-tech Venuses. Prada is even more acidic, almost backlit, electric blues, radioactive oranges, highlighter pen greens and yellows, sometimes shaped round mono-colour dresses, other times as decorative inserts inspired by a digital baroque of cherubs, monkeys and bananas. Missoni offers a cold and ironic baroque, removed, almost optical and, like other houses, relaunches Emilio Pucci’s lesson in great pomp, in a jigsaw of layers and patches without colour gradations, only this time enriched with the conceptual art references seized upon by Angela Missoni. In fact there is an echo in her jackets of artists that have made fluorescent light and neon there badge of identity, a kind of primal energy of phrases, words and luminescence. And the long shadow of Bruce Nauman galvanises the colours and the fabrics while the lysergic acid installations by Olafur Eliasson form geometric panels of a kaleidoscope of electronic magic.

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Jil Sander

1. Pastor Angelicus, Franco Summa

Human/Need/Desire, Bruce Nauman Missoni

Sembra riprendere il quesito posto da Fabriano Fabbri la mostra Quali cose siamo (Triennale di Milano, fino al 27 febbraio 2011, foto 1 e 2). Con una girandola di colori al neon visti anche alle sfilate. In particolare da Jil Sander e Marni. It seems to recall the question posed by Fabriano Fabbri, the show Quali cose siamo (Triennale in Milan, until 27th february 2011, photos 1 and 2). With a whirl of neon colours which were seen also on catwalks. In particular, at Jil Sander and Marni.

Today I am feeling prismatic, Olafur Eliasson

2. Damiem, Alessandro Ciffo D&G: giardino reale in passerella e al plasma sulla scenografia. D&G: a real garden on the catwalk and a plasma one on the set.

Marni

Tra lisergico e vegetale Insomma, siamo più fluo o siamo più natura? In realtà siamo entrambi. Tanta abbondanza di materiale inorganico è controbilanciata dalla ricomparsa di elementi floreali e clorofilliani. Vedi le ninfe di Alberta Ferretti, le miss gardening di D&G. Esseri che ristabiliscono un equilibrio con le forze invisibili della natura. E alla fin fine scopriamo che negli steli delle piante scorre una linfa verde-fosforescente. Lysergic or natural So are we more “fluo” or more natural? In reality we are both. So much abundance of inorganic material is counter-balanced by the reappearance of the floral and the green. Look at Alberta Ferretti’s nymphs, D&G’s gardeners. Beings that re-establish equilibrium with the invisible forces of nature. And, in the end, we discover that a phosphorescent green lymph flows through the stalks of nature.

D&G

In background Green Light Corridor, Bruce Nauman,1970


BOOK MODA BLACK BOOK

LE VELINE DEL WEB Non vogliamo essere miopi come chi scuote la testa, lamentando la “fine del giornalismo in una baracconata”. Cerchiamo, invece, di capire il dilagante fenomeno dei blogger. Nei siti come bryanboy.com o theblondesalad.com, i curatori raccontano in un paio di righe cosa stanno combinando nel mondo, ma soprattutto con quali outfit. Chi non è avvezzo alla condivisione di Facebook o Twitter non può capire. Pazienza. Il dato interessante è comunque l’audience di questi new media: virale! Il resto è ancora la vecchia storia della popolarità (messa al servizio del marketing) che racconta Marta Marzotto: “Fatti un nome e, se ti fai la pipì addosso, diranno che hai sudato per la fatica”.

LA QUALITÀ RELATIVA/IL PARERE DELL’INESPERTO Ora, è interessante capire “come” i blogger si facciano un nome: a cosa debbano la loro fama. Di sicuro, non al giornalismo di approfondimento. Anzi, la rapidità del web impone esattamente l’opposto: la qualità relativa. Il Premio Pulitzer insomma, non occorre. Semmai, per conquistare la celebrità online sembra indispensabile andare alle sfiTHE STARLETS OF late con un abbigliamento/travestimento che si noti. La priTHE WEB ma stagione ti guardano un po’ storto, ma ti fotografano We don’t want to play the short-sighted and shaperché fai colore, la seconda sei già famoso, perché 6 ke our heads, complaining of the end of journalism. mesi prima ti puntavano tutti l’obiettivo. E in ogni Instead, we want to try and understand the widespread caso, puoi sempre autofotografarti e pubblicarblogger phenomenon. sites like bryanboy.com or theblonti sul web o fotografare/pubblicare il tuo ami- desalad.com, in just twoOn lines bloggers tell us what they are co che, a sua volta, ti fotografa/pubblica con doing and, particularly, what they are wearing. Those who are not dinamiche da onanismo di gruppo. familiar with Facebook or Twitter won’t understand. Never mind. Obiettivo: polarizzare più follower pos- In any case the interesting part is this new media’s audience; viral! All sibili online per conquistare a cascata the rest is the old story of fame (in the service of marketing) as Marta gli altri media, ergo pr e stilisti, sem- Marzotto says, “make a name for yourself and if you wet yourself doing pre in cerca di grancasse per la noto- so they will say you sweated for your success”. rietà dei brand. Pure i grandi direttori dei giornali, ormai, amano con- RELATIVE QUALITY/THE INEXPERT OPINION tornarsi di blogger. Magari da esibire solo come “accessori” cool. Now it is interesting to understand “how” bloggers make a name for themselDel resto, da qui a dire che certe ves; what do they owe their fame to. Certainly not to serious journalism. Quite “mascherine” siano professionisti the opposite, the web is about speed; relative quality. So you don’t need the dell’informazione, ce ne passa. Pulitzer Prize. If anything, to achieve on line fame it appears indispensable to Tanto più che si distinguono pro- attend the shows in an eye catching outfit/fancy dress. The first time you will prio per i loro pareri dichiarata- get odd looks but, because of your outfit, will be photographed. The second time will already be famous because 6 months earlier everyone had been pointing mente da inesperti. Le firme che you their lenses at you. And anyway you can always photograph yourself and uploamano celebrarsi ante mortem con ad it to the web or photograph and upload your friend who in his/her turn can mega mostre e ingombranti libri photograph you, kind of group onanistic dynamics. The objective is to attract devono pensarci: “saranno le cro- the most possible on line followers and conquer masses of other media as well, nache di costoro a perpetuare il ergo PR and designers always in search of sounding the praises of their labels. loro mito?” Nel frattempo, dopo le Even serious newspaper editors like being surrounded by bloggers these days. tanto vituperate veline della tv, May be just to show as cool “accessories”. This is a long way from saying abbiamo qualcosa di molto simile sul- that journalists lie behind every “mask”. They are noticeable precisely lo schermo del computer: le prime scu- through their openly declared inexpert opinions. The big names who lettavano sul tavolo di Striscia la notizia, enjoy celebrating themselves ante mortem with huge exhibitions and le seconde posano all’uscita dei défilé. Ma coffee table volumes must be thinking, “will it be their chronicles that la profondità professionale è la stessa. perpetuate their myth?” Meanwhile, following the much reviled TV starlet presenter, we have something very similar on the compuInvisibile. ter screen. The former writhed on the tables in Striscia la notizia, the latter pose at the exit doors of the shows. But the professional depth is the same. Zero. Il Vetriolo

www.bookmoda.com

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Krizia dress, Giuseppe Zanotti Design shoes.


Langhe in metamorfosi The metamorphosis of Langhe

Photos Marco Bertani - Postproduction Carlotta Borgogna - Stylist Kathryn Tynes - Texts Marco Uzzo Hair & make up Graziella Di Gregorio @ Mod Art, Nicola Di Lecce @ Mod Art


C’N’C Costume National coat, Galliano shirt, Free Soul jeans, D.A. Daniele Alessandrini socks, Brunello Cucinelli boots. Opposite page, for her Mauro Grifoni shirt and jeans, Brunello Cucinelli cache-coeur, D.A. Daniele Alessandrini socks, Pedro Garcia shoes; for him Dsquared2 sweater, Bagutta shirt, Louis Vuitton scarf, Brunello Cucinelli socks; Brunello Cucinelli bag and throw, Salvatore Ferragamo throw.


La stampa anglosassone le indica come "New Tuscany" nelle quali si fondono paesaggio, cultura e food. Per gli americani sono meta del turismo e delle eccellenze da degustare sulle orme di Hemingway, che faceva tappa qui sistematicamente. Prima di imbarcarsi per l'America. Le Langhe sono due strisce di terra piemontese che, in un silenzio quasi spirituale, custodiscono straordinari tesori e incredibili sorprese. L'algida Nasia le scopre in un fine settimana d'autunno. Quando ad Alba si batte l'asta del tartufo bianco, "diamante grigio" della terra al quale Woody Allen ha dedicato il racconto Papille Fatali (dalla raccolta Pura Anarchia, ed. Bompiani, 2007). Lungo i tornanti costeggiati dai vitigni di Barolo e Barbaresco, il viaggio si snoda in tutte le "direzioni": dalla profondità di una grotta di sale bianco con l'acqua nera, alle torri del castello di Grinzane Cavour. S'infrangono tutti i limiti. Anche quelli cronologici. Sulla facciata del maniero di Costigliole d’Asti si srotolano le opere dell'artista contemporaneo Valerio Berruti. Mentre nei saloni si clona la Contessa di Castiglione. Insieme ai guerrieri di Sandro Chia, Nasia osserva la sua metamorfosi nell'eccentrica Contessa. Ed è citazione di Scherzo di follia.

The Anglo-Saxon press calls it the "New Tuscany" where landscape, culture and food are mixed with each other. For the Americans, these are places to visit and excellences to taste along the Hemingway's route, and he stopped regularly here. Before embarking for America. The Langhe are two strips of Piedmontese land which protect, with an almost spiritual silence, extraordinary treasures and unique surprises. The algid Nasia discovered them during an autumnal weekend. When the auction of white truffle takes place in Alba, the "grey diamond" of the Earth, to which Woody Allen dedicated the tale Fatal papillae (from the series Mere Anarchy, published by Bompiani, 2007). Along the hairpin bends surrounded by the Barolo and Barbaresco vineyards, the tour snakes towards all "directions": from the depth of a white salt cave with black water to the towers of the Grinzane Cavour castle. All constraints are broken. And the time too. On the façade of the Costigliole d’Asti castle the works of contemporary artists Valerio Berruti are displayed. Whilst in the lounges the Countess of Castiglione is cloned. Nasia, together with Sandro Chia's warriors, observes her transformation into the eccentric Countess. A mention of Scherzo di follia.


Big photo, Krizia coat, Brunello Cucinelli gloves. Small photos, C’N’C Costume National blouson on a statue by Valerio Berruti. Small photo in the middle, from the left, Krizia coat and scarf, Bagutta shirt, Dsquared2 boots; GF Ferré shirt, Krizia trousers, vintage coat, Brunello Cucinelli scarf, Dsquared2 boots and hat.



LA SFILATA LA SFILATA LA SFILATA LA SFILATA LA SFILATA LA SFILATA LA SFILATA

LA SFILATA LA SFILATA LA SFILATA LA SFILATA LA SFILATA LA SF Passerelle da 10

“LE” SFILATE Eccezione: di solito dedichiamo queste pagine a “la” sfilata; quella passerella che si è distinta per creatività, spettacolarità o - perché no? - strategia di comunicazione (vedi il debutto di Tom Ford a New York). Questa stagione, tuttavia, c’è davvero l’imbarazzo della scelta. Se Giorgio Armani ha rinnovato il suo canonico buonsenso, lanciando il blu versus la durezza del total black, Miuccia Prada si è riconfermata un’astuta rivoluzionaria, teorizzando il “minimal barocco”: binomio “impossibile” dai colori fluo. Il primo ha perseverato sull’evoluzione sostenibile dei vestiti, componendo una silhouette in tre pezzi (micro bolero/camicia allungata/pantalone asciutto) per rispondere ai desiderata di un abbigliamento trasformista e dinamico. Al contrario e comme d’habitude, la seconda ha scardinato le regole con un gesto impertinente che ricorda il dito alzato di Maurizio Cattelan. Insomma, Armani ha rassicurato e su di lui non si discute. (Infatti, resta la firma che vende più abiti). Prada invece ha destabilizzato, imponendo il dibattito. Chi scegliere, allora? Il creativo moderato, ma reale? L’inventiva tanto estrema, quanto virtuale? Identità autentiche La scelta si fa ancor più difficile, perché Dolce e Gabbana hanno confezionato uno show perfetto. Il tema del corredo, comprensibile a tutti, carico di tradizioni/emozioni, nonché

corroborante per il DNA siculo del brand, è stato proiettato dalla coppia nella contemporaneità di una collezione bianca: “senza macchia” di nome e di fatto. Un’epopea candida che fa piazza pulita, in sintonia con i tempi che chiedono “chiarezza”. Non è tutto: tra questi magnifici tre si è inserita Angela Missoni, evolvendo il put together di famiglia in un melting pot di culture tribali e citazioni di video art. Là, dove un tempo c’erano gli zig zag e le righe, oggi si incontrano/scontrano africanismi e parole fluorescenti alla Nauman. C’è di più. Se Donatella Versace ha saputo rinnovare la greca neoclassica della maison, eleggendola a leit motiv postmoderno in pvc di una collezione impeccabile, anche Frida Giannini per Gucci ha firmato quella che i più definiscono la “migliore prova della stilista”. Fanno testo i tubini totem. Ce n’è abbastanza per motivare la difficoltà a individuare “la” sfilata? Del resto, questa manche di Milano Moda Donna è stata indicata come una “stagione d’oro”. E non è stata certo una fortunata casualità. Il denominatore comune di tante passerelle da 10 sta, infatti, nella coerenza: dalla razionalità di Armani alla lucida follia di Prada, ognuno ha fatto se stesso all’ennesima potenza. E giustamente. Nell’epoca dei cloni virali, si paga solo per l’identità più autentica. Gianluca Lo Vetro

Top mark catwalks

“THE” SHOWS This is exceptional. Usually we dedicate this page to “the” show of the season. The one that stands out for its creativity, impressiveness or, why not, even its strategy (for example Tom Ford’s debut in New York). However this season we are really spoilt for choice. Giorgio Armani has returned to his classic good sense and launched blue versus the rigidity of total black and Miuccia Prada has reconfirmed herself as an astute revolutionary with her “minimal baroque”, an “impossible” combination in fluorescent colours. The former has persevered with sustainable evolution, creating three piece silhouettes (micro-boleros/long shirts/clean cut trousers) responding to a desire for easy dynamism. On the other hand and as usual, the latter has ignored the rules with an impertinent gesture like the one finger raised by Maurizio Cattelan. So Armani has reassured us and nothing can be said against him (in fact he still sells the most clothes). Prada on the other hand has trodden new ground. So, who to choose? The moderate but realistic creative or inventiveness as extreme as it is virtual? Authentic identities The choice gets even harder because Dolce e Gabbana put on a perfect show. Understandable to all and loaded

with tradition/emotion as well as being confirmation of the label’s Sicilian DNA, the pair designed a contemporary collection in white. Immaculate in name and fact. An epic creation making a clean sweep and in tune with the times expecting “clarity”. And that is not all; Angela Missoni must be added to these three. She has evolved the family tradition into a melting pot of tribal and video art. Where once there were zig zags and stripes, today we find African prints and the fluorescent words of Nauman. And what is more, where Donatella Versace has been able to renew the neoclassic key trim and symbol of the house, raising it to postmodern status in PVC in an impeccable collection, for Gucci Frida Giannini has put her name to what most consider to be the ultimate test for a designer, the sheath dress. Are these enough reasons why one single show cannot be chosen? Also this Milano Moda Donna season of shows have been nominated “golden”. And it certainly hasn’t been just a lucky accident. The common denominator in so many number one shows in fact, lies in their coherence: from Armani’s rationality to the lucid folly of Prada, each one, with its own identity, has surpassed itself. Rightly so. In the era of viral clones only the most authentic identity is rewarded.

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Prada

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Giorgio Armani

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Missoni

Dolce & Gabbana

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LA SFILATA LA SFILATA LA SFILATA LA SFILATA LA SFILATA LA SF

LA SFILATA LA SFILATA LA SFILATA LA SFILATA LA SFILATA LA SF


Gucci

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Versace

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DOLCE & GABBANA www.dolcegabbana.it

Il baule della nonna veste la donna Tutti gli elementi degli antichi corredi per un guardaroba contemporaneo. Bianco totale con incursioni di maculati e parentesi nere. Sicilianità e Dolcegabbanità all’ennesima potenza. La sfilata che ha messo d’accordo stampa e compratori.

Grandma’s trousseau All the elements of the old trousseau for a contemporary wardrobe. Nearly all white with incursions into black. The strengths of the Dolce & Gabbana and Sicilian connection. This is the show the press and buyers agree about.

Comments Daniela Fedi, il Giornale

Tutti i colori del bianco. Nessuno li ha fatti come Dolce & Gabbana: una poesia. All the nuances of white. Nobody made them like Dolce & Gabbana: actual poetry. Michela Zio, MF fashion

I buyer italiani incoronano il bianco di Dolce & Gabbana. Italian buyers endorse Dolce & Gabbana’s whites. Paola Pollo, Corriere della Sera

Abiti dalle lenzuola del corredo. Il periodo bianco di Dolce & Gabbana. Clothes from the trousseau. Dolce & Gabbana’s white period.

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Mani di fata

Skills in needlework

DI PUNTO IN BIANCO

STITCH BY STITCH

di Carmela Bruno

HARDANGER: di origine norvegese, prende nome dall’omonimo fiordo. Utilizzato per abbellire i costumi tradizionali delle feste e i corredi, si esegue bianco su bianco con motivi geometrici traforati.

RICAMO CLASSICO: insieme dei punti basici del ricamo, tramandati attraverso i secoli. Tipico della biancheria domestica, le prime tracce risalgono all’anno Mille anche se si diffuse su scala europea nel XII secolo.

HARDANGER: of Norwegian origin, its name comes from the homonymous fjord. It's used to embellish traditional costumes during feasts and wardrobes. It is made white on white tone with fretted geometric motifs.

CLASSIC EMBROIDERY: the group of basic stitches which were passed on across centuries. It's typical for household linen: the first evidence goes back to the 11st century, but in Europe it was spread in the 12th century.

MACRAMÈ: merletto a nodi, il cui nome è stato importato dai marinai del Medio Oriente approdati a Genova. Il termine “mahrana” deriva dalla fusione delle parole arabe “frangia” e “nodo”. Le donne liguri realizzavano così gli asciugamani e tuttora a Genova la salvietta viene detta “macramè”.

PUNTO MADAMA: ricamo su tessuti in origine poveri come la canapa e il cotone. Venne introdotto intorno al 1530 da Caterina de’ Medici e le nobildonne se ne innamorarono subito perché semplice da realizzare. In seguito Caterina lo arricchì con disegni dal sapore medievale: figure grottesche, aquile, pavoni, cigni e alberi.

MACRAMÉ: knotted needlework, whose name was imported by seamen, from the Middle East it landed in Genoa. The word “mahrana” comes from the combination of two Arabian words: “fringe” and “knot”. The women from Liguria made in this way bath cloths and still today in Genoa the bath cloth is called “macramé”. PUNTO CROCE: intreccio di fili a forma di X, ricamati su tela con ago a punta arrotondata e cruna lunga. Praticata originariamente nell’Asia Centrale, si diffuse in Europa nel Medioevo, soprattutto nelle vesti ecclesiastiche. CROSS STITCH: a yarn's weave which forms an X, embroidered on a cloth with a needle which has rounded top and long eye. At the beginning made in Central Asia, it was widespread in Europe in the Middle Age, above all for clerical dresses.

MADAMA STITCH: needlepoint on poor fabrics like hemp and cotton. It was introduced around 1530 by Caterina de’ Medici and the ladies appreciated it immediately, as it was easy to make. Later Caterina enriched it with medieval patterns: grotesque figures, eagles, peacocks, swans and trees. RETICELLO: citato per la prima volta in un atto di divisione dei beni tra le sorelle Angela e Ippolita Sforza-Visconti del 1493, questo ricamo si ottiene sfilando i fili a intervalli regolari. Si prepara così la griglia su cui poi si procede con il lavoro. RETICELLO: mentioned for the first time in an asset sharing deed between sisters Angela and Ippolita SforzaVisconti from 1493, this needlework is obtained by unthreading yarns with regular intervals. To prepare the net on which the work can be continued.

PUNTO FIAMMA O BARGELLO: con motivi a rombi, nidi d’ape, losanghe e melograni, nacque a Firenze intorno al Quattrocento. Caratteristico di questo ricamo su canovaccio, il grande uso del colore.

PUNTO ANTICO: stile del 1400, utilizzato come decorazione semplice per ornare la biancheria. Basato sull'alternarsi di vuoti e pieni, si esegue su tessuto senza disegno prestabilito ma attraverso la conta dei fili.

FLAME STITCH OR BARGELLO: with diamonds, honeycombs, lozenges and pomegranates, it originated in Florence around the 15th century. The wide use of colours is typical of this needlepoint on canvas.

ANTIQUE STITCH: an embroidery from 1400 which was used as a simple decoration to enrich linen. Based on the alternation of empty with full space, it is made on fabric without any pre-established pattern, but by counting the yarns.

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GIORGIO ARMANI www.giorgioarmani.com

Comments Eva Desiderio, QN Il Giorno

Genio e regolatezza. Genius and restraint. Renata Molho, Il Sole 24 Ore

La magia di Armani sta esattamente nella capacità di creare oggetti del quotidiano che facciano sognare, ma che siano altrettanto mistici. The magic of Armani is in his ability to create the everyday that offers a dream and is mystic at the same time.

Rapsodie in blu Gli uomini blu del deserto come argomento mediatico e astuto tocco di styling per un Armani monocromatico. Il colore della sapienza per un’infinità di classici “sapienti”. A riconferma dell’eternità di Giorgio.

Rhapsodies in blue

Roberta Filippini, Ansa.it

Il risultato è che la figura si divide in tre parti e si slancia. The result is that the figure is divided in three and become elongated.

Blue men of the desert to the media and an astute touch of styling for a monochrome Armani. The colour of wisdom for an infinite number of “wise” classics. Confirmation of Giorgio’s eternity.

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Cromologia: storia e significati del colore di Armani

Chromology: the history and meaning of Armani’s colours

BLUSSARIO

BLUE

Arte “Una mattina, siccome uno di noi era senza nero, si servì del blu: era nato l'impressionismo”. (Pierre-Auguste Renoir) Blues La musica malinconica del blues deve il suo nome all’espressione inglese to be blue che significa “essere triste”. Conservatore In molti Paesi, il blu in politica indica i partiti conservatori. Distanza È il colore della distanza. E per la sua inaccessibilità, anche dell’uccello della felicità: “uccello azzurro”. Non a caso, Vasilij Kandinskij scrive “l’azzurro più cerchi di afferrarlo e più sembra allontanarsi, sfuggire”. Eco Non più il verde, ma il blu, oggi rappresenta la colorazione eco-friendly per la carta stampata, perché i residui di questo inchiostro hanno minore impatto ambientale. Fragranza Bleu de Chanel è il nuovo profumo delle due C, che si aggiunge alle “fragranze cromatiche” Bulgari Blu, Blu Mediterraneo di Acqua di Parma, Light Blue di Dolce & Gabbana e Polo Blue di Ralph Lauren. Lo spot per l’essenza maschile di Chanel è diretto da Martin Scorsese e rende omaggio a Blow Up di Antonioni. Infinito Nell’Antico Egitto il blu è il colore dell’introspezione e dell’infinito, nonché la tinta della pelle del dio dell’aria Amon. Letterario “Blu scuro è il colore della notte dove si concentrano e si bloccano i nostri occhi, le orecchie, le parole, tutto quanto”. (Banana Yoshimoto) Nobile “Colore di appartenenza nobiliare – scrive Luciana Boccardi nel suo libro Colori. Simboli, storia, corrispondenze (ed. Marsilio, 2009) – il blu è la tinta degli aristocratici. L’espressione ‘sangue blu’ nasce nella Spagna super-cattolica e conservatrice e indica la maggiore visibilità delle vene sotto il candore dell’epidermide di braccia non avvezze al lavoro manuale svolto all’aria aperta”. Olio e polvere Prima della sintesi chimica dei colori, per ottenere una tinta blu veniva mescolato olio di lino e polvere di lapislazuli; questo procedimento lo rendeva il colore più costoso in assoluto, usato quindi con parsimonia. Primario È uno dei tre colori primari, insieme al giallo e al rosso. Rifrazione Il blu tinteggia il cielo perché è l’unico con lunghezza d’onda così corta da essere rifratta dalle molecole di gas dell’atmosfera. Mentre le lunghezze d’onda maggiori vengono riflesse. Sapienza In quanto colore del cielo, dato che il pensiero sta in alto, il blu viene associato alla sapienza, all’unio mentalis alchemica, alla congiunzione fra logos e psiche. Vero “Il blu esprime la verità”. (Ben Johnson) Zona Sessuale Il termine “blu” deriva dal latino blavus, sbiadito o azzurro chiaro. Un’ipotesi etimologica vuole che la voce alludesse alla colorazione della zona sessuale, indicata con quell’aggettivo per metonimia.

Art “One morning one of us had no black and used blue instead; impressionism was born”. (Pierre-Auguste Renoir) Blues This melancholic music owes its name to the expression to be blue meaning “to be sad”. Conservative In many countries blue is the colour of the conservative party. Distance It is the colour of distance. And because of its inaccessibility also of the bird of happiness, the blue bird. It was for good reason that Wassily Kandinsky wrote, “the more you search for blue the more it escapes you”. Eco The colour of the printed word is blue not green because the residue of this colour ink is less harmful to the environment. Fragrance Bleu de Chanel is the new perfume by the double C, to add to other “chromatic fragrances”, Bulgari Blu, Blu Mediterraneo by Acqua di Parma, Light Blue by Dolce & Gabbana and Polo Blue by Ralph Lauren. The advertisement for the men’s fragrance by Chanel was directed by Martin Scorsese and is a tribute to Blow Up by Antonioni. Infinite In ancient Egypt blue was the colour of introspection and the infinite as well as the skin colour of Amon, the god of air. Literary “Dark blue is the colour of night in which our eyes, ears, words, everything is concentrated, blocked”. (Banana Yoshimoto) Noble “The colour of being noble- wrote Luciana Boccardi in her book Colours. Symbols, History, Correspondence (published by Marsilio, 2009) – blue is the colour of aristocrats. The expression ‘blue blooded’ originated in very Catholic and conservative Spain indicating the increased visibility of the veins under the pale skin of arms that had never done manual work in the open air”. Oil and powder Before chemical colours blue was obtained by mixing linseed oil and powdered lapis lazuli; this made it the most expensive of all colours and was therefore used very sparingly. Primary It is one of the three primary colours, together with yellow and red. Refraction The sky is blue because it is the only colour with a short enough wave length to be refracted by the molecules of gas in the atmosphere. Longer wave lengths are reflected. Sexual Zone The term “blue” come from the Latin blavus, faded or light blue. One hypothesis is that the word alluded to the colouration of the genitals and was used as a metonym. True “Blue expresses truth”. (Ben Johnson) Wisdom It is the colour of the sky given that thought is on high, blue is associated with wisdom, with the alchemy of the unio mentalis, with the balance of logos and psyche.

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KRIZIA www.krizia.it

4D Le linee curve dello scultore Tony Cragg, portabandiera del 4D, suggeriscono architetture tessili e volumetrie sperimentali. Da capire.

4D The curves of the 4D standard bearer, the sculptor Tony Cragg, suggest architectonic textiles and experimental volumes. Difficult to understand.

Comments Barbara Rodeschini, MF fashion

L’estetica griffata Krizia per la primavera estate 2011 trae ispirazione dall’opera dello scultore Tony Cragg e dalla visione architettonica di Zaha Hadid. The Krizia style for spring 2011 takes its inspiration from the sculptor Tony Cragg and Zaha Hadid’s architectural vision.

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Tony Cragg’s curves

SPAZI ALLA MATERIA

SPACE AND MATERIAL

I volumi sinuosi, le spalline arcuate e i lembi sagomati e sovrapposti degli abiti di Krizia citano le sculture di Tony Cragg. Le opere dell’artista di Liverpool nascono da uno studio sugli elementi, iniziato quando da giovane era tecnico di laboratorio presso un istituto di ricerca dei materiali. Da lì, le creazioni di Cragg, dove le sostanze e in particolare i metalli prendono forma, plasmati con una tecnica e una sensibilità artistica tale da dare ai solidi forme fluide e dinamiche, nonché colorazioni originali. I concentrati di curve e di piani paralleli offrono punti di osservazione sempre nuovi in un dinamismo che porta alla corrispondenza diretta fra arte, materia e scienza. Come se Cragg, per dare corpo alla propria forza espressiva, si allargasse nello spazio tridimensionale della scultura. Là dove la seta, lo shantung e i tessuti metallici si animano sulla passerella di Krizia, donando spessore ai modelli; vetro, bronzo, acciaio, plastica, legno e pietra hanno preso vita in trent’anni di attività dello scultore britannico. E fondamentale nel lavoro di Cragg non è solo la scelta dell’elemento costitutivo, ma anche la sua manipolazione in figure capaci di evolversi e trasformarsi. L’interesse per il moto dei corpi lo sprona quindi a cercare un continuo confronto con lo spazio e a studiare il rapporto tra oggetti, materiali e rappresentazioni. Un’operazione estetica, dove la contemplazione artistica sostituisce l’osservazione della natura e “la percezione dell’ottusa nostra realtà, soggetta solo alle leggi dell’utile”. ss

The graceful volumes, rounded shoulders, shaped hems and layering of the Krizia collection reflect the sculptures of Tony Cragg. The work by this Liverpool artist was born from his early experience in research into materials as a laboratory technician. His art grew from this, an art in which materials and in particular metals take shape, moulded with techniques and artistic sensitivity that give solids fluid and dynamic shapes and original colours. His concentration of curves and parallel planes offer endless new viewpoints with a dynamism leading to a direct relationship between art, material and science. It’s as if Cragg expands into the sculpture’s volume to give body to his powers of expression. Where silk, shantung and metallised fabrics are brought to life on the Krizia catwalk, giving substance to the models so glass, bronze, steel, plastic, wood and stone have been brought to life in the thirty years of work by this British artist. And what is fundamental in Cragg’s work is not only his choice of material but his manipulation of shapes that can evolve and change. His interest in motion therefore spurs him to search for a continuous relationship with space and study the analogy between objects, materials and performance. An aesthetic decision, where artistic contemplation substitutes observation of nature and “the perception of our desensitised reality, subjected only to the laws of the useful”.

Tony Cragg, On a Roll, 2007

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Le curve di Tony Cragg


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Luci su Nauman

Light on Nauman

NEON ART La sua grande libertà sperimentale, svincolata dal mezzo impiegato, ne sigilla le affinità con il put together di Missoni, inondando la collezione della maison con colori fluo. Bruce Nauman è un artista trasversale: utilizza media tradizionali e contemporanei; spazia tra fotografia, disegni, video, proiezioni multiple e performance di vario genere. Ma le opere più originali della sua arte concettuale sono i neon. Di grande attualità anche perché 60 anni fa, nel 1951, Lucio Fontana li utilizzò in Luce Spaziale per “vestire” il soffitto della Nona Triennale di Milano, aprendo quella che sarebbe stata definita la “neon art”. Nelle installazioni di Nauman il contenuto domina sulla forma e i giochi di parole mettono in luce, di nome e di fatto, le problematiche della condizione umana. Leone d’oro alla Biennale di Venezia nel 1999, il concettualista statunitense racconta le malattie della nostra civiltà con sguardo impietoso ma, al tempo stesso, con profonda empatia per la solitudine e l’inquietudine psicologica del singolo. Bruce Nauman ha creato dei modelli espressivi per l’arte contemporanea e l’Indianapolis Museum of Art li celebrerà a breve, esponendo opere di giovani talenti che ne sono stati influenzati (Framed, 5 novembre 2010 6 marzo 2011). Tra questi potrebbe esserci anche Angela Missoni che ha acceso sulla sua maglieria parole in libertà come insegne al neon. Per la cronaca, quando Nauman sbarcò in Laguna alla 53esima Biennale del 2009, la stilista offrì una cena in suo onore sul Timoteo, il burchio di famiglia. Illuminante fu l’incontro. ss

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His great experimental freedom, liberated from any specific medium, has confirmed it’s affinity with Missoni, bathing the collection in fluorescent colours. Bruce Nauman is a transversal artist; he uses traditional and modern media, from photography to drawing, video, multiple projections and performances in a variety of genres. But the most original of his conceptual work is in neon. Also very topical because 60 years ago, in 1951, Lucio Fontana used it in Luce Spaziale to “dress” the ceiling of the 9th Triennale in Milan, giving birth to what would be called “neon art”. In Nauman’s installations content dominates shape and word games illuminate, both in name and in fact, the human condition. Winning the Golden Lion at the Venice Biennale in 1999, this American conceptualist pitilessly narrates the sickness of our civilisation but, at the same time, with a profound empathy for the solitude and unease of the individual. Bruce Nauman has created a new model of expression in contemporary art and the Indianapolis Museum of Art will soon be celebrating it with an exhibition by young artists who have been influenced by him (Framed, 5th November 2010 – 6th March 2011). Angela Missoni may well be one of them with her knitwear which she has lit up with words, like neon signs. For the record, in 2009 when Nauman arrived in Venice for the 53rd Biennale, the designer invited him to a supper in his honour on the Timoteo, the family boat. The meeting was illuminating.


PRADA www.prada.com

Messico e neon Linee rigorose + stampe tropicali: cotoni da lavoro giapponesi + colori fluo = minimal barocco. L’ultima provocazione di Prada destinata, come sempre, a fare scuola di pensiero. Furbissima nell’apparente assurdità.

Mexico and neon Rigorous lines plus tropical prints, Japanese cottons plus fluorescent colours equals minimal baroque. Prada’s latest innovative provocation. Very clever in its apparent absurdity.

Comments Daniela Fedi, il Giornale

Il minimalismo flamboyant di Miuccia Prada è un ossimoro con cui, prima o poi, tutti devono fare i conti. The flamboyant minimalism of Miuccia Prada is an oxymoron of which sooner or later everybody has to keep count. Stefano Roncato, MF fashion

Spavalda, affascinante, ipnotica. Audacious, captivating and hypnotic.


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2 1, 2, 5, 6, 14. Images from the volume South Beach Stories by Gianni & Donatella Versace, Leonardo Arte, 1993. 3. Anche il magazine Colors (#78, ed. Fabrica, 2010) dedica lʼultimo numero al ballo in Sud America. Nellʼimmagine, scattata a Poços de Caldas in Brasile, il costume di Carnevale Reflections of nature realizzato da Marcus Togni. Also the Colors magazine (#78, ed. Fabrica, 2010) dedicates the last issue to South America dances. In this photo, shot in Poços de Caldas in Brazil, the Carnival costume Reflections of nature by Marcus Togni. 7, 12. Photos from Scarpe e piedi famosi. Dallʼautobiografia di Salvatore Ferragamo (ed. by Stefania Ricci, Milano, 2000). 8-11. Thanks to Carmen Miranda Museum (ph. Caru Ribeiro). 13. Prada, S/S 2011.

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Tropical Déco

CARMEN RETURNS Nulla è più antitetico al minimal di Prada. Eppure, proprio la signora che ha tolto persino le calze al guardaroba invernale ha tirato in ballo Carmen Miranda: la vedette del samba con l’indimenticabile copricapo di frutta che negli Anni ’30 fece conoscere al mondo la musica popolare brasiliana, sino a diventare sinonimo del Paese nel quale si trasferì giovanissima. Nata nel 1909 in Portogallo, ma naturalizzata brasiliana, Maria do Carmo Miranda da Cunha, dopo un esordio nella nascente radio, nel 1939 migrò negli Stati Uniti, cantando e ballando a Broadway i ritmi, i colori e i sapori del Brasile. Complice di scena, l’abbigliamento che la stessa Carmen studiava di persona, forte di aver iniziato a lavorare come commessa in un negozio di moda. Indimenticabili, i suoi sombreri carichi di frutta che servivano a elevare la sua statura di un metro e 50 (nel film Copacabana ne indossò uno di ben 12 chili), le zeppe (molte delle quali firmate da Salvatore Ferragamo) e le polsiere che accentuavano le movenze sinuose delle braccia. Per non parlare delle banane che ispirarono anche i titoli di film musicali come Banana split (1943). Seppur carnevalesco - tanto da divenire uno stereotipo degli show en travesti - questo look fece la storia del costume, influenzando anche la moda che stava scoprendo le contaminazioni esotiche. Nel ’43 il department store di New York Macy’s dedicò addirittura le sue vetrine alla moda di Carmen Miranda. Morta a soli 46 anni nel ’55, la star di Tico Tico è rimasta un’icona del suo Paese, dove le è stato dedicato un museo a Rio de Janeiro. Manco a dirlo, Miuccia Prada ha citato la star brasiliana celebrata pure da Radio Days di Woody Allen, alla sua maniera concettuale: epurandola da ogni riferimento folkloristico. Anche se proprio la sudamericanità di Carmen è uno degli elementi che la rende cool in una stagione orientata all’etnico centro-sudamericano. (Vedi anche Moschino). Non è tutto. Carmen Miranda, che riversò frutta e colori sugli Anni ’30, può essere considerata un’espressione del tropical déco: il “volto” canoro di Miami South Beach, il quartiere di Miami dove le linee pure del déco si fondono al calore latino in una miscela esplosiva che Versace stampò sulla seta negli Anni ’90. Qualcosa di molto simile a quella congiunzione di estremi che è il “barocco minimal” di Prada, seppur molto diverso nell’esito finale. Nothing is more antithetical than Prada’s minimal. And yet it is precisely she who has even removed tights from the winter wardrobe, who has brought back Carmen Miranda: the star of the samba with her unforgettable head-dress of fruit who taught the world popular Brazilian music in the thirties, to the extent that she became synonymous with the country to which she emigrated as a very young girl. Born in Portugal in 1909 but becoming a naturalised Brazilian, Maria do Carmo Miranda da Cunha, after debuting on early radio, emigrated to the United States in 1939 to sing and dance the rhythms, colours and flavours of Brazil on Broadway. Her clothes were part of the scene and designed herself, having begun work as a sales assistant in a clothes shop. Her sombreros overflowing with fruit that she used to make her look taller than her 1.5 metres (in the film Copacabana she wore one that weighed 12 kilos) are unforgettable as are her platform shoes (many by Salvatore Ferragamo) and her bracelets that accentuated her sinuous arm movements. Without forgetting the bananas that also inspired the title of the musical film Banana split (1943). Even though this look was carnevalesque, to the extent that it became the stereotype for drag shows, it made costume history and influenced fashion too, which was just discovering the exotic. In 1943, even Macy’s in New York dedicated two shop windows to Carmen Miranda fashion. She died in 1955 at only 46 year old but the star of Tico Tico would remain an icon of her adopted country, which would dedicate a museum to her in Rio de Janeiro. Needless to say, Miuccia Prada has cited the Brazilian star, celebrated also in Radio Days by Woody Allen, in her own conceptual manner: purging her of any folkloristic reference. Even though it is precisely Carmen’s South Americanism which is one of the factors that makes her cool in a season oriented towards the ethnic of central South America. (See also Moschino). And that’s not all. Carmen Miranda, who filled the thirties with colour and fruit, could be considered an expression of tropical art déco: the singing “face” of Miami South Beach, the area of Miami where the pure lines of art déco merge with Latin heat in an explosive mixture that Versace printed on his silks in the nineties. Something very similar to that conjugation of extremes that is Prada’s “minimal baroque”, even though with a very different end result. G.LoVe. 12 13

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ROBERTO CAVALLI www.robertocavalli.com

Se 40 fa 90 La squaw declinata in tutte le forme più alte dell’artigianato toscano. Elemento chiave del DNA di Cavalli. Lavorazioni indescrivibili di rara perizia. Oltre il prêt-à-porter una collezione ai confini dell’alta moda. Ma soprattutto una celebrazione dei 40 anni dello stilista.

SUCCESS MAKES 40 The squaw interpreted in all the highest forms of Tuscan craftsmanship. Key element of Cavalli’s DNA. Indescribably fine workmanship. Beyond prêt-à-porter, a collection bordering on haute couture and more than anything a celebration of the label’s fortieth year.


Comments Daniela Fedi, il Giornale

La collezione festeggia in un colpo solo: 40 anni di carriera, i colori polverosi e l’incredibile maestria degli artigiani toscani. The collection celebrates at a stroke 40 years of business, dusty colours and the incredible skills of Tuscan handicraft. Suzy Menkes, International Herald Tribune

Roberto Cavalli: Leopard King. Roberto Cavalli: Leopard King. Tim Blanks, Style.com

Era tutto nella lavorazione. It was all in the workmanship.

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NEW YORK - LA SFILATA

TOM FORD www.tomford.com Se le sfilate servono a comunicare un brand, più che a mostrare come ci vestiremo, Tom Ford ha fatto centro con il suo défilé a New York. Anticipata da un’astuta cortina di mistero, l’attesa collezione donna del più divo tra i creatori ha debuttato a porte chiuse con un centinaio di selezionatissimi ospiti, pochissimi giornalisti e un solo fotografo. In arte Terry Richardson, super star dell’obiettivo. In passerella, annunciate dallo stesso Ford come nei défilé di un tempo, un manipolo di star/amiche/potenziali clienti: da Beyoncé a Marisa Berenson. Un campionario di femminilità che contempla tutte le età, le personalità e le taglie in una sorta If di reality d’alto bordo (1 - 0 per Tom). Gli abiti? Beato chi li ha fashion visti! Perché neanche nel mare magnum di Internet si trova la shows are foto di un modello. Le giornaliste più accreditate giurano che more for advertisiano tutti perfetti anche quando sono “sbagliatissimi”. Ma sing a name rather tant’è: in una sorta di contrappasso, nell’era dell’ipercomuthan for showing us nicazione e dello strapresenzialismo, ha fatto più notizia what we will be wearing l’assenza della presenza. Nel senso che proprio l’imposthen Tom Ford has scored a sibilità di vedere un’immagine ha scatenato la curiobull’s eye with his show in New sità massima dei media (2 - 0 per Tom). York. Hotly anticipated by the press E se per assurdo non ci fossero stati neanche i and shrouded in mystery the much vestiti, sarebbe stato lo stesso. Non è tutto. La awaited woman’s collection by the divo collezione invisibile di Ford non potrà essere of designers took place behind closed copiata dalle grandi catene di abbigliamendoors with just one hundred hand-picked to (3 - 0 per Tom) che attingono idee a pieguests, very few journalists and only one photone mani dalle passerelle, bruciandole grapher, Terry Richardson, super star of the lens. con anticipo spaventoso. Stilisti e A handful of stars, friends and potential clients were uffici stampa, bulimici di redempresented on the catwalk, as in the old days, by Ford ption, hanno di che riflettere su himself: from Beyoncé to Marisa Berenson, a cross secquella che secondo Book tion of high class femininity covering all ages, personaliMod@ è stata “La sfilata”. ties and sizes (1 - 0 to Tom). The clothes? Anche se non possiaLucky indeed were those who saw them! Because there is mo mostrarvene not even a single photograph to be seen on the Internet. The neanche un’immost reliable of journalists swear they were all perfect even magine. when “absolutely wrong”. But so it was: in this era of instant Miss Liberty communication and information it is the lack of it here that has made greater news. In the sense that precisely the impossibility of seeing a single photo has unleashed the media’s curiosity (2 - 0 to Tom). And if there had not even been any clothes the effect would have been just the same. And that is not all. Ford’s invisible collection cannot therefore be copied by the large clothing chains (3 - 0 to Tom) which fleece the ideas off the catwalks and copy them at frightening speed. Designers and press offices, those bulimics of redemption, will have plenty to reflect about on what, according to Book Mod@, was the number one show, even though we can’t show you a single photo.Miss Liberty

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DIESEL BLACK GOLD www.diesel.com

La donna della riserva Pelle & pizzi selvaggi. Eco squaw: frange e foglie di nappa. Corsetti fioriti.

The woman from the Indian reserve Wild leather & laces. Eco squaw: fringes and nappa leather leaves. Flowered corsets.


LACOSTE www.lacoste.com

Cocco/Coco Anni Venti & Chanel > Bianco + nero -> Op Art. Fori e trafori -> Safari -> Tramonti africani. Cristophe Lemaire chiude in bellezza. Info: il prossimo stilista sarĂ Felipe Oliveira Batista.

Coco leather/ Coco The twenties & Chanel -> White + black -> Op Art. Flowers and frets > Safari -> African sunsets. Cristophe Lemaire finishes well. Info: the next designer will be Felipe Oliveira Batista.


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Corrispondenze

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ss

The twenties has many affinities with the decade we are about to enter and not only in fashion. From the “boy” look to happy hour…

Boom dei grandi magazzini. Nell’intento del suo inventore, il senatore Borletti, doveva coniugare la convenienza dei prezzi e un alto standard qualitativo. Così, in un negozio di vestiti in piazza Duomo nasce “la Rinascente”: il cui nome viene inventato nel 1917 da Gabriele d’Annunzio. Negli Anni ’20 il punto vendita di piazza Duomo offre anche il servizio postale, telegrafico e telefonico, un’agenzia bancaria, parrucchiere, barbiere e sala da tè con orchestra. / Esplode il fenomeno delle grandi catene internazionali. H&M, Zara e Mango, a cui fanno eco in Italia OVS Industry e Upim, rivoluzionano la distribuzione della moda. Boom in large chain stores. The intention of senator Borletti, the founder of “la Rinascente” (a name invented by Gabriele d’Annunzio in 1917) in Piazza Duomo in Milan, was to sell high quality at affordable prices. So a dress shop became a leading department store which, in the twenties also offered postal, telegraphic and telephone services, a bank, hairdressers, barbers and tea room with orchestra. / Large international chain store phenomenon explodes. H&M, Zara and Mango, echoed in Italy with OVS Industry and Upim, revolutionise fashion distribution.

Rivoluzione degli orli. Il senso di libertà, che pervade la società dopo gli anni di privazioni dovuti alla guerra, accorcia gli orli delle gonne, lasciando scoperte le gambe. / Torna il corto ma “allungato” dall’abbinamento ai fuseaux. The hem revolution. The sense of freedom that pervaded society after years of shortage following the war, saw hems go up and legs bared. / Short is back but “lengthened” by the addition of leggings.

Nasce la tv. Il 25 marzo 1925 l’ingegnere scozzese John Logie Baird mostra per la prima volta il funzionamento dell’apparecchio nel centro commerciale londinese Selfridges. / Switch off: la televisione si rivoluziona, abbandonando il segnale analogico a favore di quello digitale che permette di moltiplicare il numero dei canali trasmessi con le stesse frequenze utilizzate finora. Birth of TV. On 25th March, 1925 the Scottish engineer John Logie Baird showed how this equipment worked for the first time in Selfridges in London. / Switch off: television is revolutionised, the analogue signal is abandoned in favour of digital which allows for a greater number of channels over the same frequencies.

Viene inventata “l’ora felice”, cioè l’aperitivo, connessa a un incremento del consumo di alcoolici. In origine questi 60 minuti di pausa etilica nascono per i marines imbarcati. / L’happy hour, ibrido tra un aperitivo e una cena, è il momento sociale per eccellenza delle nuove generazioni. Resta invariato il consumo elevato di alcoolici. Happy Hour was invented, the aperitif time which coincided with an increased consumption of alcohol. This 60 minute break was originally introduced for marines on board. / Happy hour, a hybrid of aperitif and supper, is the number one social moment for the young generation today. High consumption of alcohol remains the same.

Emporio Armani

Marcello Dudovich, 1925

Correlations

Non solo citazioni di moda. Gli Anni ’20 del ’900 hanno tante affinità con il corrispettivo decennio che si sta aprendo. Dalle maschiette all’invenzione dell’happy hour...


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Transizione dei sessi. Nel 1920 viene introdotto il termine “maschiette” per indicare giovani occidentali con i capelli corti che indossavano gonne minicorte e si comportavano in modo disinibito: guidando, fumando, bevendo e trattando il sesso con disinvoltura. / I transgender sono alla ribalta delle cronache. Se nel 2006 Vladimir Luxuria si conquista uno scranno in Parlamento, alle ultime sfilate di Parigi Raf Simons manda in passerella un transessuale. Il termine, però, viene coniato dal medico David Cauldwell nel 1949. The transition of the sexes. In 1920 the term “flappers” look was introduced to describe western youth who wore their hair short, wore short skirts and whose behaviour was uninhibited; driving, smoking, drinking with an uninhibited approach to sex./ Transgenders in the news. If in 2006 Vladimir Luxuria won a seat in parliament, at the last Paris show Raf Simons a transsexual walked the catwalk. The word however, was coined in 1949 by doctor, David Cauldwell.

Abiti dritti e semplici lasciano una grande libertà di movimento, conciliata anche da tessuti morbidi. L’idea della bellezza cambia: la donna deve avere fianchi stretti e gambe lunghe. E i primi reggiseni, che fanno la loro comparsa proprio in questi anni, sono addirittura progettati per schiacciare il seno, piuttosto che valorizzarlo. / Ritorno ad Halston e al lungo privo di qualsiasi orpelli.

Si diffondono i materiali sintetici. Uno per tutti, il rayon: “seta artificiale” o “seta del legno” che si ottiene dalla cellulosa. / Eco tech. Gli stilisti elevano le performance dei tessuti trattando il naturale con l’artificiale e viceversa.

Versace

Straight dresses in soft fabrics allowed for greater freedom of movement. The idea of beauty changed, the woman had to have slim hips and long legs. And the first bras made their appearance in those years, designed to flatten the breasts, rather than accentuate them. / Return to Halston and the long lack of frills.

Il raso è la stoffa di questo decennio. Pregiato, lucido e dalla mano morbida, ha una storia strettamente collegata a quella della seta. Può essere sintetico e di cotone. Il suo nome deriva da “radere”: raso=rasato, reso liscio. / Rilanciato dagli stilisti, il raso o satin si ritrova spesso in versione tecnologica.

Juan Carlos Obando

Spread of synthetic materials. The first was rayon, “artificial silk” or “silk from wood” obtained from wood cellulose. / Eco tech. Designers bring to the fore the performance of fabrics by treating the natural with the artificial and vice versa.

Satin was the fabric of the decade. Prestigious, shiny, with a soft handle, traditionally closely linked with silk. Can be synthetic or cotton. / Relaunched by the designers, often in techno versions.

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MARC JACOBS www.marcjacobs.com

Gli at-tributi di Marc Tributo a Yves Saint Laurent, Missoni e Walter Albini Anni ‘70: maschile/ safari/a sbuffo/ millerighe/nude look. Jodie Foster – Taxi Driver. Tra micro hot pants e macro cappelli. Frullato di passato in salsa moderna. Furbissimo.

Marc's at-tributes A tribute to Yves Saint Laurent, Missoni and Walter Albini Seventies: masculine/safari/ puff/thin-striped/ nude look. Jodie Foster – Taxi Driver. Between micro hot pants and macro hats. A shake of past in a modern key. Very smart.


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PHILOSOPHY DI ALBERTA FERRETTI www.philosophy.it

Le vie del colore Esplosione di colori da capo a piedi/ passerella. Le Hawaii incontrano Hong Kong. Floreale tropicale - orientale. Il nuovo cheong sam lon caleidoscopico. Tutto corto e breve. Vitale ed energetica.

The coLOUR roads Explosion of colours from top to bottom/runway. The Hawaii meets Hong Kong. Floral – tropical - oriental. The new kaleidoscopic cheong sam lon. Everything is short and cropped. Vital and energetic.


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