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SOMMARIO Maya Hansen jacket and dress, Miss G Designs headpiece. Photographer: Robert John Kley Stylist: Jimi Urquiaga
EDITORIALE
I
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20
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PORTRAITS
29
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40
ELISA SEDNAOUI
ZAHA HADID page
46
KIESZA page
52
14
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CONTENTS
DEATH BECOMES
HER IN NEW YORK
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58
LOULOU
DE LA FALAISE
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64
II
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EDITORIAL INSOMNIA page
71
EDITORIAL BELLE DE NUIT chapter
III
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93
MUSTAFA SABBAGH page
109 16
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A
N
SOMMARIO
IV
chapter
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119
EDITORIAL
NOTHING BUT THE NIGHT
FOCUS
chapter
page
V
133
page
155
chapter
EDITORIAL UNEXPECTED RED
VII
chapter
18
JEWELRY
VI page
177
EDITORIALE di Cinzia Malvini
“Ti piacerebbe intervistare Loulou?”. L’inconfondibile accento italo francese di Jacques rimbalzò nel mio cellulare fugando qualsiasi dubbio. Era il gennaio del 2003. A un anno esatto dall’uscita di scena di Yves Saint Laurent, suo mentore in una carriera lunga più di trent’anni, Loulou de la Falaise si apprestava a lanciare la sua prima collezione di abiti e bijoux. Due giorni dopo ero su un volo destinazione Parigi, rue de Bourgogne. Chiacchiere, semplicità, gentilezza e quel certo non so che, il je ne sais quoi, che rende indimenticabili certe donne, non solo parigine. Ancora oggi, a distanza di tempo, ringrazio il mio amico per quell’incontro così speciale, con gli occhi azzurro cielo e la straordinaria storia di Loulou. Sfogliando con attenzione il magazine che avete tra le mani, troverete anche lei nelle pagine e nelle pieghe di un giornale scandito, anche fotograficamente, da donne che lasciano un segno, tra ombre, chiaroscuri e lampi rossi di passione. (In)consolabili vedove miliardarie grondanti gioielli, come quelle raccontate dalla mostra al Met di New York, modelle, artiste, attrici. E poi editoriali fotografici mossi tutti dallo stesso fil rouge: lasciare una traccia con passione e volontà. Le stesse che dovrebbero muovere il mondo, non solo della moda, e che di certo, nel nostro modo e con i nostri mezzi, ci spingono a darvi qualcosa di più, sempre, uscita dopo uscita. Per provare anche noi a lasciare un segno. Se rosso fuoco o nero notturno, decidetelo voi. Buona lettura.
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“Would you like to interview Loulou?” Jacques’ unmistakable French accent emanating from my mobile phone left no room for doubt. It was January of 2003. One year precisely after her mentor Yves Saint Laurent, in a career lasting more than 30 years, stepped down, Loulou de la Falaise was preparing to launch her first collection of clothes and jewellery. Two days later I was on a flight to Paris, my destination rue de Bourgogne. Delightful, relaxed conversation and that je ne sais quoi that makes certain women unforgettable and not only those of Paris. I am still grateful to my friend today, after all this time, for that meeting with Loulou, her amazing story and those cornflower blue eyes. And today she is here again on the pages of the magazine you are now holding in your hands, as too are other women who have made a mark; in our photographic editorials, between shadows, chiaroscuro and flashes of passionate red. (In-)consolable wealthy widows weighed down by their jewellery like those to be seen at the exhibition at the Met in New York and models, artistes and actresses. And other photographic editorials too, all inspired by the same leitmotiv: making a mark through passion and commitment. Those that move the world, not only the world of fashion, and what certainly drives us, in our way and with our means, to always give you something extra, from one issue to the next. So that we too can make our mark. Whether it be in passionate red or the black of night is for you to decide. Enjoy your read.
PORTRAITS
EVA GREEN by Valeria Palieri
“Una bellezza indecente” - come l’ha definita il cineasta Bernardo Bertolucci che l’ha diretta nella pellicola The Dreamers - divenuta nel giro di pochi anni la graffiante protagonista di Sin City, la procace Bond girl di 007 Casino Royale e la regina Sibilla di Gerusalemme nel film Le crociate del super regista Ridley Scott. Ma guai a chiamarla femme fatale, perché Eva Green, autentica parisienne, classe 1980, ha sempre dichiarato di essere: “Introversa, pigra, scontrosa, troppo seria, quasi noiosa e a volte persino asociale”. Difficile crederle, ma soprattutto immaginare che dietro quelle parole si celi lo sguardo azzurro intenso e provocante, incorniciato da una lunga chioma corvina, di una delle donne più sexy del nuovo millennio, salita alla ribalta sul grande schermo per l’inconfondibile fascino, conturbante e misterioso, da autentica dark lady. Senza contare poi le numerose apparizioni nelle pubblicità dei più celebri marchi internazionali del settore della moda e della cosmetica, che ne hanno accentuato negli anni l’indole notturna e conturbante. Dall’inafferrabile creatura, protagonista della campagna di Midnight Poison - fragranza firmata Christian Dior - alla voluttuosa testimonial della collezione di gioielli del brand Montblanc. Oggi, a 34 anni, la “sognatrice sessantottina”, consolidata presenza nelle classifiche delle donne più sexy del pianeta, diventa il volto e la silhouette del Calendario Campari 2015, ruolo attribuito prima di lei alla poliedrica e talentuosa Uma Thurman:“Lavorare con un marchio come Campari è un onore e un privilegio - racconta l’attrice - Quest’anno il tema è molto speciale, con un equilibrio persuasivo e quasi magico tra tradizione e contemporaneità. Alla base di ciascuna immagine vi è la storia dei cocktail più amati, ma con un aspetto modernissimo, ricco di creatività e stile”. In attesa di comparire tra le pagine patinate di Mythology Mixology, questo il nome dell’edizione 2015 del fortunato calendario, Eva approda nuovamente al cinema con il prequel/sequel della fortunata pellicola Sin City, diretta da Robert Rodriguez e Frank Miller. Il titolo? Sin City - Una donna per cui uccidere.
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“So beautiful it’s indecent” - as the director Bernardo Bertolucci who directed her in the film The Dreamers, described her - and she was, in just a few short years, to play the tough protagonist of Sin City, the provocative 007 Bond girl in 007 - Casino Royale and Queen Sibylla of Jerusalem in the film Kingdom of Heaven by super-star director Ridley Scott. But don’t dare to call her a femme fatale, because Eva Green, born in Paris in 1980, has always declared herself to be: “Shy, lazy, moody, too serious, almost annoying and sometimes even ant-social”. Hard to believe or, even more, imagine that those words emanate from an intense, provocative look framed by the jet black locks of one of the sexiest women of the new millennium, who came into the limelight on the big screen through the provocative and mystical allure of a truly dark lady. Without counting her many appearances in advertisements for the most famous international fashion and cosmetics brands, which have, over the years, accentuated their nocturnal, provocative characteristics, from an elusive creature, the protagonist of the Midnight Poison campaign - a perfume by Dior - to the voluptuous face of a range of jewellery by Montblanc. Today, at 34 years old, a “rebellious dreamer”, with a confirmed place in the charts as one of the sexiest women on the planet, has become the face and body of the Campari Calendar 2015, a role given previously to the multitalented Uma Thurman: “Working for a name like Campari is an honour and a privilege”, said the actress, “This year the theme is very special, with a persuasive and almost magical balance between tradition and modernity. The history of the most loved cocktails lies behind each picture but with a very modern twist, very creative and stylish”. While waiting to appear on those glossy pages of Mythology Mixology, this is the name of the 2015 calendar, Eva can be seen again at the cinema in the prequel/sequel film Sin City directed by Robert Rodriguez and Frank Miller. The title? Sin City: A Dame to Kill For.
PORTRAITS
Campari Calendar 2015, courtesy of Campari, ph. Francesco Pizzo. 33
PORTRAITS
SARA CAVAZZA FACCHINI by Valentina Uzzo
Difficile immaginare quanti significati custodisca una collezione, al di là di quello più immediato ed evidente, legato alla moda. Guardare oltre l’abito, tra le sue pieghe, significa spesso scoprire qualcosa di più di un segreto di sartoria, rivelando l’indole di un designer insieme ai suoi bisogni. Ed è proprio un intimo desiderio di femminilità a muovere Sara Cavazza Facchini, direttore artistico di Genny, una delle più consolidate realtà del made in Italy, fin dagli anni ’60. Gianni Versace, Claude Montana, Dolce e Gabbana, Christian Lacroix e Rebecca Moses sono alcuni dei più internazionali nomi della moda che hanno apposto, nel corso del tempo, la propria firma su uno stile inconfondibile, fatto di sofisticato glamour e intima femminilità, i due lati di una stessa medaglia. “Sono una donna che lavora, madre di due figli. Mi piace indossare capi che rappresentino la mia personalità, ma che riescano allo stesso tempo a convivere con i convulsi ritmi quotidiani”, racconta Sara, che ha preso saldamente in mano la direzione creativa della maison dall’estate del 2013 a modo suo, ovvero, innestando su una grande storia del made in Italy una natura curiosa e cosmopolita, intensamente appassionata e, va da sé, super femminile. Nonostante la sua vocazione sia sempre stata quella di lavorare come stilista, Sara Cavazza Facchini, classe 1979, inizia la carriera come modella: prima fotografata da Oliviero Toscani all’età di 16 anni, protagonista, poi, a Venezia nel 1997 di un’installazione di Vanessa Beecroft. Un’attività che non ferma gli studi: Sara si laurea a pieni voti all’Università di Trento in Sociologia presentando una tesi sulla figura dello stylist. Dopo un master allo Ied, Istituto Europeo di Design, la stilista conosce Mathias Facchini, ad di Swinger International, diventato poi suo compagno di vita e di lavoro. Insieme condividono il gusto per il bello, per l’Italia e il made in Italy, valori che li guidano in direzione di Genny: infatti, nel 2011 la casa di moda viene acquisita dalla società che imprime una nuova energia alle sue collezioni. Futuro e tradizione, esperienza ed entusiasmo e, naturalmente, anche lei, Sara, che si affida ai codici di un’eleganza senza tempo, intimamente e autenticamente femminile. Profumo di donna, nell’abito, ma anche nella fragranza: Eterea, il nome scelto per il lancio del primo profumo della casa. “Perché tutto può e deve coesistere in armonia, nella vita come nella moda”, afferma Sara Cavazza Facchini.
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It is difficult to imagine how many meanings there are in a collection, apart from the immediate and obvious ones concerning fashion. Looking beyond a dress or hidden in its folds, often means discovering more than just sartorial secrets but the designer’s personality as well as his or her desires. And it is precisely her own desire for femininity that drives Sara Cavazza Facchini, artistic director at Genny, one of the most firmly established Italian brand names since the 60s. Gianni Versace, Claude Montana, Dolce and Gabbana, Christian Lacroix and Rebecca Moses are some of the best known names internationally who, over time, have put their signatures to an unmistakable style, consisting of sophisticated glamour and intimate femininity, two sides of the same coin. “I am a working woman, mother of two children. I like wearing clothes that express my personality but which at the same time manage to co-exist with the demands made by everyday life”, says Sara. She has now had the reins of the maison creative direction firmly in her hands since the summer of 2013, in her own way, or rather by adding to the brand’s great made in Italy reputation her curiosity, cosmopolitan and intensely enthusiastic nature plus, it goes without saying, super-femininity. Despite her vocation always having been that of designer, Sara Cavazza Facchini, class of 1979, began her career as a model: first photographed by Oliviero Toscani at the age of 16, then as the protagonist in an installation by Vanessa Beecroft in Venice in 1997. Activities that did not stop her education: she achieved a degree with full marks in Sociology at Trento University with a thesis on the stylist work. After a masters at the Ied, Istituto Europeo di Design (European Institute for Design), she met Mathias Facchini, ceo of Swinger International who became her partner in both life and work. They both share a love of the beautiful, for Italy and for made in Italy, values that drove them in Genny’s direction. In fact in 2011 this fashion house was acquired by the company that gave a new energy to its collections. Future and tradition, experience and enthusiasm and, naturally, Sara too who puts her trust in a code of intimately and truly female timeless elegance. The scent of a woman, in her designs but also her choice of perfume: Eterea, the name chosen for the fashion house’s first fragrance. “Because everything should and must co-exist in harmony, in life as in fashion”, says Sara Cavazza Facchini.
PORTRAITS
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KEY FACTOR TALENT
ELISA SEDNAOUI
LA BELLEZZA (DI ELISA) SALVERÀ IL MONDO
BEAUTY (ELISA’S) WILL SAVE THE WORLD di Cinzia Malvini
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KEY FACTOR TALENT
Modella, attrice, oggi anche regista e produttrice. Solare e notturna, la sua bellezza incanta. Come un mistero. Che si svela solo alla fine
She is model and actress and today also director and producer. Her sunny and dark beauty is captivating. Like a mystery. Which is only revealed right at the end
Ti viene incontro coprendo a lunghe falcate lo spazio smisurato del Grand Palais e fai giusto in tempo a pensare che la bellezza è questione di dna, o forse di personalità. O magari sarà mistero? E la fortuna? Non c’entra forse anche quella, a volte nel rendere indimenticabile una persona, uomo o donna che sia? “Io mi ritengo molto fortunata”, mi dice, con uno sguardo che può solo fare prigionieri, Elisa Sednaoui modella, attrice e oggi anche regista. 26 anni, fisico mozzafiato, occhi azzurri di cui sopra, è lei, la musa di Karl Lagerfeld che tanto ricorda Laetitia Casta, una delle protagoniste del Festival del Film di Roma per Soap Opera, la commedia di Alessandro Genovesi con Fabio De Luigi e Cristiana Capotondi, scelta come apertura della sezione Fuori Concorso. “So di essere fortunata non solo per il mio fisico, ma anche per le persone che ho intorno. A cominciare dalla mia famiglia, mio figlio Jack che oggi ha due anni, mio marito (Alex Dellal, manager nel campo dell’arte, già compagno di Charlotte Casiraghi, ndr), mia mamma che è spesso con me”. Due gocce d’acqua, la mamma che potrebbe essere una sorella. Allora, davvero, la bellezza è un fatto genetico. No, forse riguarda più il carattere. “Sono una donna forte e come tale voglio avere accanto a me un uomo forte. Mi piace, però, rispettare i ruoli tradizionali, una certa femminilità che apparentemente può sembrare fragile. Sono felice di essere donna e di celebrare l’uomo per quello che è, deciso, determinato, con una traccia di vulnerabilità che nulla toglie. Anzi...”.
She strides towards you across the vast space of the Grand Palais and you only just have time to think to yourself that beauty is a matter of dna, or perhaps of personality. Or perhaps is mystery? Is it luck? Doesn’t that also play a part in making a person unforgettable, whether male or female? “I consider myself very lucky”, she told me, with a look that could only captivate you, Elisa Sednaoui model, actress and today director too. This 26 years old, with her breath-taking figure and blue eyes, is Karl Lagerfeld’s muse very much recalling Laetitia Casta, one of the leading characters in Soap Opera at the Film Festival in Rome, a play by Alessandro Genovesi with Fabio De Luigi and Cristiana Capotondi and chosen to open the Fuori Concorso section. “I know I am lucky and not only because of my figure, but also because of the people I have around me. Beginning with my family, my son Jack who is now two, my husband (Alex Dellal, curator, and ex-partner of Charlotte Casiraghi, ed) and my mother who is often with me”. A mother who could well be a sister. So it is true that beauty is genetic. Or perhaps it is more a question of character. “I am a strong woman and as such I need a strong man. I like sticking to traditional roles though, a certain femininity that can seem fragile. I am happy to be female and to celebrate man for what he is, decisive, determined and with a trace of vulnerability that takes away nothing. Quite the opposite...”
Karl Lagerfeld ha fatto sfilare la nuova collezione di prêtà-porter per la prossima estate nel Grand Palais trasformato in uno specialissimo boulevard Chanel con tanto di modelle che esibivano cartelli e manifestavano per la libertà della donna. A lei è mai capitato di scendere in piazza per la difesa dei diritti, non solo femminili? “Come sempre Chanel sa entusiasmarci, sorprenderci, divertirci stando sempre al passo con i tempi. La collezione disegnata da Karl è moderna e forte, proprio come lui. Sarà difficile scegliere cosa indossare. Detto questo non sono mai scesa in strada per manifestare in favore di qualcuno o qualcosa, di un diritto o di un pensiero. Penso, però, di farlo ogni giorno con il mio lavoro e le relative scelte come, ad esempio, il documentario Bukra ra Insh’Allah (letteralmente: “Domani, se Dio lo vuole”) che ho girato negli ultimi due anni, passando molto tempo a Luxor anche mentre ero incinta. Da tempo avevo voglia di mettermi dietro la telecamera per narrare un Egitto più intimo, fatto di conversazioni tra persone che provano a fare i conti con i desideri e la realtà. Pensando a questa terra, la maggior parte della gente passa direttamente dalle piramidi a piazza Tahrir. Una semplificazione che non fa onore a tutta la grande, dolorosa storia che c’è in mezzo”.
Karl Lagerfeld showed his new Chanel prêt-à-porter collection for next summer at the Grand Palais in a boulevard called Chanel setting in which the models carried banners as if in a feminist demonstration. Have you ever joined a demonstration in the street to demand any rights? “As always, Chanel knows how to thrill us, surprise us and amuse us by always being in keeping with the times. Karl’s collection is modern and powerful, just like he is. It will be difficult to choose what to wear. Having said that I have never demonstrated in the street for someone or something or a right or an ideal. I do think though that I do it every day with my work and the relative choices I make, like for example Bukra ra Insh’Allah (literally: “Tomorrow, God willing”) which I directed over the last two years, spending a lot of time in Luxor even while I was pregnant. I had wanted to be on the other side of the camera for quite some time to record a more intimate Egypt, made up of conversations between people who try to balance their hopes with their reality. Thinking just about that country, most people go directly from the pyramids to Tahrir Square. A simplification that pays no tribute to all the great and painful history it involves”.
Opposite page, Elisa Sednaoui at Chanel S/S 2015 prêt-à-porter fashion show, ph. Anne Combaz.
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KEY FACTOR TALENT
The Pirelli Calendar 2011, Elisa Sednaoui in the backstage at grooming. Opposite page, Elisa Sednaoui as Flora, photographed by Karl Lagerfeld for the Pirelli Calendar 2011.
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BEING ZAHA HADID di Cinzia Malvini
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FEMALE FLUIDITY
La chiamano non a caso la regina delle curve per quella inconfondibile (e incantevole!) sinuosità che accompagna le sue opere, da Chicago a Tokyo, passando per Baku, senza dimenticare le incursioni italiane, commerciali o culturali che dir si voglia, tra Milano e Roma. Ma per Zaha Hadid quella linea stondata di muri e pareti più che una firma sembra essere quasi una filosofia di vita, un metodo per entrare nelle solide pieghe dell’architettura del mondo e restarci per l’eternità. Designer e architetto irachena, prima donna a vincere il Pritzker Prize, l’Oscar dell’architettura, inserita a pieno titolo dal Time tra le 100 personalità più influenti del pianeta, la Hadid ha posato la sua mano e il suo disegno industriale e artistico ovunque nel mondo e sui più differenti progetti. Come testimonia il lancio quasi concomitante di tre lavori, così diversi e lontani per destinazione e sentimento, ma ugualmente e intimamente coinvolgenti: dal museo della memoria del genocidio cambogiano a Phnom Penh, un progetto lungamente atteso e finalmente rivelato a metà ottobre, alla galleria dedicata alla matematica nello Science Museum di Londra, che svolgerà l’arduo compito di avvicinare il pubblico a una disciplina odiata da molti studenti, trasformando i concetti matematici astratti in esperienze coinvolgenti e interattive per i visitatori di ogni età. E, infine, non ultimo, ovvero last but not least, per dirla nella lingua del Paese che la ospita, la nuova linea di articoli per la casa, una home collection venduta nei grandi magazzini Harrods di Londra. Senza dimenticare, però, anche le polemiche che non accennano a placarsi, sul Al-Wakrah Stadium, la prima struttura che il Qatar ha messo in cantiere in vista dei mondiali di calcio del 2022: un progetto firmato dal megastudio californiano AECOM, in collaborazione con Zaha Hadid, così evidente e individuabile nelle appendici laterali della copertura a forma di labbra, nelle linee sinuose e il colore rosato che immediatamente hanno richiamato il paragone con i genitali femminili, dilagando, come il più potente virus, sulla rete. Una riprova della sua forza e del suo impatto mediatico. Da molti, infatti, se non da tutti, esperti, architetti, studenti, turisti, artisti e stilisti o più semplici cittadini del mondo, la Hadid è universalmente riconosciuta e chiacchierata. Controversa, ma soprattutto apprezzata. Da Londra, base del suo studio che conta circa 400 architetti, alla Cina, all’America, al Medio Oriente, spostando sempre più in avanti i confini dell’architettura e dell’urbanistica grazie a quelle forme ondulate e sinuose. Proprio come ben testimonia, tra le sue ultime opere, la Sackler Gallery, un padiglione di 900 metri quadrati, affacciato sul Tamigi, avvolto da una copertura in fibra di vetro che regala al tetto la sensazione di essere quasi sospeso. Un senso di assoluta leggerezza per quella che si presenta come la prima struttura permanente della Serpentine Gallery, nel cuore di Kensington Gardens. “Sentivo il bisogno insieme a Patrik (Schumacher, architetto inglese con cui la Hadid ha lavorato, ndr) di arrivare a una sintesi tra antico e moderno, seguendo un ragionamento simile a quello che mi aveva guidato nella realizzazione del Maxxi di Roma”, ha dichiarato alla stampa. E proprio con l’Italia la Hadid ha un rapporto controverso. Se da un lato l’architetto lamenta la poca velocità di esecuzione e la lentezza dei lavori nei cantieri del Bel Paese, dall’altro il richiamo è costante e le proposte si moltiplicano, siano esse opere pubbliche o interventi nel privato. Come accade ad esempio con Stuart Weitzman, celebre designer di scarpe americano che ha chiesto alla Hadid di realizzare il concept delle sue boutique nel mondo: un dialogo tra geometria e materia, spazio e contenuto che è scambio e interazione tra ergonomia, esposizione, fruibilità. “Nell’arte e nell’architettura come nella politica degli Stati, bisogna agire con il coraggio incosciente che avevano i funamboli nei circhi del 1800 ”, ha dichiarato la Hadid. “Loro camminavano
There is good reason why she is called the queen of curves, for that unmistakable (and captivating!) fluidity in all her works, from Chicago to Tokyo via Baku and without forgetting incursions into Italy, in Milan and Rome, whether commercial or cultural or whatever you want to call them. But for Zaha Hadid those curved walls are more a philosophy of life than a personal signature, a way of reaching into the heart of the world of architecture and staying there forever. An Iraqi designer and architect and the first woman ever to win the Oscar of architecture, the Pritzker Prize, included between the 100 most influential people in the world by Time, Hadid’s industrial and artistic flair is to be seen in the most varied projects the world over. As testified by the launch of three projects at virtually the same time. They are very different and distant from each other both in function and feeling, but equally and intimately captivating: from the centre documenting genocide in Phnom Penh in Cambodia, a long-awaited project finally unveiled in the middle of October, to a gallery dedicated to mathematics for the Science Museum in London which will have the hard task of changing the attitude of the general public to a subject which is particularly disliked by many school children, transforming abstract mathematical concepts into engaging and interactive experiences for visitors of every age. And, last but not least, a new range of items for the home, a home collection which is sold at Harrods in London. Without however forgetting those controversies that don’t seem to go away about the Al-Wakrah Stadium, the first structure being built in Qatar for the world cup of 2022. This project, entrusted to the huge AECOM studio of California with the collaboration of Zaha Hadid, which is so recognisable because of the lateral lip shapes of the roof, its swirling design and tones of pink, that it was immediately likened to the female genitalia and spread round the web like a virus. Confirmation this of her fame and her impact on the media. In fact Hadid is universally recognised and talked about if not by everyone, by experts, architects, students, tourists, artists, and designers or, more simply, by citizens of the world. Controversial but above all liked. From London, the base for her studio with its 400 architects to China, America and the Middle East pushing the boundaries of architecture and town planning ever further with her swirling and undulating shapes. Testified too by one of her latest works, the Sackler Gallery, a 900 square metre pavilion on the Thames, swathed in a glass fibre cover creating the feel of an almost suspended roof. A sense of absolute lightness for the inaugural pavilion for the Serpentine Gallery in the heart of Kensington Gardens. “I felt the need, along with Patrik (Schumacher a British architect with whom Hadid has worked, ed) to achieve a synthesis between ancient and modern following a thought process similar to the one that had guided me for the Maxxi in Rome”, she told the press. And it is with Italy precisely that Hadid has a contentious relationship. Although on one hand she complains of the slowness of work on building sites in Italy, on the other hand her attraction is constant and proposals keep multiplying, both for public and private buildings. As for example what happened in the case of Stuart Weitzman, a celebrated American shoe designer who asked Hadid to design the concept for his stores throughout the world: a dialogue between geometry and the material, space and content, an exchange and interaction between ergonomics, display and accessibility. “In art and in architecture as in politics, you have to act with the blithe courage that tightrope walkers had in the 19th century”, Hadid declared. “They walked without a safety net. We too should try, keeping ourselves firmly attached to the technology we have to hand. Take a run up and jump...” She did it and continues to do it, and attempts it on any surface: from the 70,000 square metres of the Guangzhou Opera House, an amazing rounded and irregular
Opposite page, portrait of Zaha Hadid, 2004, ph. Steve Double, Taschen, from Philip Jodidio, Hadid. Complete Works 1979-2013, Taschen. 47
KIESZA Dall’austerità della marina militare al From the rigour of the navy to the lure of fashion through music fascino della moda grazie alla musica di Pino Gagliardi
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ICON
PAS POSSIBLE LOULOU! “Una settimana era Desdemona in un bagliore di velluto viola e una corona di fiori, quella dopo Marlene [Dietrich] con le sopracciglia pettinate a forma di mezzaluna”, YSL “One week she was Desdemona in purple velvet flares and a crown of flowers, the next Marlene [Dietrich] with plucked crescent-shaped eyebrows”, YSL
Opposite page, Jean-Pierre Masclet, Loulou in B&W smoking.
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“PER ME, UNA MUSA APPARE FANTASTICA, MA SI PUÒ DIRE CHE SIA UN PO’ PASSIVA E AL CONTRARIO IO LAVORO MOLTISSIMO. A VOLTE, DALLE 9 DEL MATTINO ALLE 9 DI SERA O ADDIRITTURA FINO ALLE 2 DI NOTTE. DI SICURO NON SI PUÒ DIRE CHE IO SIA PASSIVA” “FOR ME, A MUSE IS SOMEONE WHO LOOKS GLAMOROUS, BUT IS QUITE PASSIVE, WHEREAS I WAS VERY HARD-WORKING. I WORKED FROM 9AM TO SOMETIMES 9PM, OR EVEN 2AM. I CERTAINLY WASN’T PASSIVE” LOULOU DE LA FALAISE
Photo: Marco D’Amico Fashion: Sabrina Mellace Mandala Creative Productions
Etro vest, dress, belt and pillows, La Perla culotte, Jimmy Choo shoes.
Valentino cape and skirt, Wolford bra. Opposite page, from left, Burberry Prorsum jacket and dress, Jimmy Choo belt, Wolford culotte; Giorgio Armani vest and skirt.
Belle de Nuit Photo: Robert John Kley Fashion: Jimi Urquiaga
Opposite page, Emilio Pucci coat and dress, Salvatore Ferragamo belt.
HervĂŠ LĂŠger jacket and dress, Roberto Cavalli stole. Opposite page, Salvatore Ferragamo coat, Alexander McQueen dress, Manolo Blahnik shoes.
PORTFOLIO
“Nero - come la sfida tecnica cui mi sottopongo nel conferire multidimensionalità al colore non-colore, nel dare valore allo #000, perché l’arte è arto, e la fotografia è profondità su una dimensione”. “Nero - come ogni Cristo, ogni Satiro, ogni Narciso, tabagisti ready-made e santi peccatori, ibridi in viaggio che si velano per svelarsi, si mascherano per vedersi, in asse con la verità di uno, in linea con la bontà selvaggia di ognuno”. “Nero - come un tableau che racchiude il Male ed il Bene, la Crisi sociale ed il Riposo individuale, reificati nell’atto umano del chiudere gli occhi per disperazione, o per sollievo. Perché l’unicità è connaturata all’uomo, ma il suo significato è sempre ambivalente”. Mustafa Sabbagh Translation: Claudio Capitani
MUSTAFA SABBAGH “Black - as the technical challenge which I undergo to confer multi-dimensionality to the colour non-colour, to give value to #000, because art is limb, and the photograph is one-dimensional depth.” “Black - like every Christ, every Satyr, every Narcissus, ready-made tabagists and sinner saints, hybrids on the road that veil themselves to unveil themselves, mask themselves to see themselves, in line with the truth of one, in line with the primeval goodness of each one.” “Black - like a tableau that encompasses Evil and Good, the social Crisis and the individual Respite, reified in the human act of closing eyes out of despair, or relief. Because uniquenessis innate to humans, but its meaning is always ambivalent.”
Mustafa Sabbagh, nato ad Amman, in Giordania, a soli sei anni scopre la sua passione per la fotografia quando trova una vecchia Polaroid in un cassetto. Dopo la laurea in Architettura all’Università di Venezia, si trasferisce a Londra, dove lavora come assistente di Avedon, per poi stabilirsi in Italia, a Ferrara.
Mustafa Sabbagh, born in Amman, in Jordan, discovers his passion for photography at just six years old when he finds an old Polaroid camera in a drawer. After a degree in Architecture at Venice University, he moves to London where he works as an assistant for Avedon and then returns to Italy and now he lives in Ferrara. 109
Nothing but the Night Photo: Robert John Kley Fashion: Jimi Urquiaga
Opposite page, Maya Hansen jacket and dress, Giuseppe Zanotti Design shoes, Miss G Designs headpiece.
Opposite page, Zana Bayne dress and mask.
FOCUS
ALEXANDER MCQUEEN:
SAVAGE BEAUTY “Love looks not with the eyes, but with the mind” (“L’amore non guarda con gli occhi, ma con la mente”): queste le parole che Shakespeare scrisse alla fine del 1500 in A Midsummer Night’s Dream, le stesse che Alexander McQueen si fece tatuare sul suo braccio destro. Una frase divenuta oggi il titolo del libro di Anne Deniau, amica e fotografa di McQueen: un documento fotografico, un tributo alle 26 sfilate realizzate tra il settembre del 1997 e il marzo del 2010 dall’irriverente e più geniale stilista inglese. Come la commedia teatrale metteva in scena i sentimenti, la follia, la magia e il sogno, così il designer ribattezzato “l’hooligan della moda” rappresentava le stesse emozioni sulle passerelle. A tratti romantico o più gotico, a volte arrabbiato, altre positivo, tutto sembrava mescolarsi nel suo cuore e nella sua mente, fino a prendere forma in opere d’arte di stoffa che hanno segnato per sempre il fashion system. Vita e morte, felicità e tristezza, le emozioni più
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“Love looks not with the eyes, but with the mind”; these are the words Shakespeare wrote at the end of the 16th century in A Midsummer Night’s Dream and the words Alexander McQueen had tattooed on his right arm. A phrase which has now become the title of a book by Anne Deniau, McQueen’s friend and photographer: a documentary in photographs, a tribute to the 26 fashion shows presented between September 1997 and March 2010 by this irreverent and brilliant British designer. Nicknamed the “hooligan of fashion” McQueen brought the same emotions as Shakespeare’s play to the catwalk, folly, magic and dream. Sometimes romantic, sometimes more gothic, other times angry and yet others more positive; they all seemed to get mixed up in his heart and mind and result in works of art in fabric which would mark the fashion system forever. Life and death, happiness and sadness, all the strongest emotions found a place in his
FOCUS
Portrait of Alexander McQueen, 1997, ph. Marc Hom, Š Marc Hom / Trunk Archive.
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“LONDRA È DOVE SONO CRESCIUTO. DOVE STA IL MIO CUORE E DOVE TROVO LA MIA ISPIRAZIONE” “LONDON’S WHERE I WAS BROUGHT UP. IT’S WHERE MY HEART IS AND WHERE I GET MY INSPIRATION” ALEXANDER MCQUEEN, JANUARY 2000
Duck feather dress, Alexander McQueen, The Horn of Plenty, A/W 2009-10, model Magdalena Frackowiak, image firstVIEW.
KILLER HEELS: THE ART OF THE HIGH-HEELED SHOE 142
A still from Knot by Rashaad Newsome, 2014.
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FOCUS
THE BEST OF
ALISTAIR TAYLOR-YOUNG Aver realizzato campagne pubblicitarie per maison come Christian Dior, Hermès, Lancôme, Fendi, Armani e Pierre Cardin non è l’aspetto del suo lavoro di cui più si vanta. Perché per Alistair Taylor-Young la vera passione è l’arte dello snap-shot, dove tutto è raccontato esattamente così come è, senza manipolazioni e alterazioni, reale, schietto e sincero più che mai. Anche se Taylor-Young rappresenta la quintessenza del fotografo inglese, forbito, ben vestito e con un paio di occhialetti tondi di corno, quello che più affascina è il suo profondo senso di libertà creativa, ben testimoniato dalla mostra The Best of Alistair Taylor-Young, fino al 29 novembre 2014 alla The Little Black Gallery di Londra. Il meglio di Alistair è tutto lì, in un’accurata selezione delle sue più interessanti fotografie, da quelle della mostra Holiday del 2012 a quelle pubblicate sul suo primo libro The Phone Book, migliore testimonianza del suo grande talento e della eccezionale capacità di ricavare piccoli capolavori di
The advertising campaigns he has done for names like Christian Dior, Hermès, Lancôme, Fendi, Armani and Pierre Cardin are not those aspects of his work he boasts mostly about. Because Alistair Taylor-Young’s true passion is for the snap-shot, in which everything is seen exactly as it is, without manipulation or alteration, real, frank and as sincere as possible. Even though Taylor-Young looks like the quintessential British photographer, elegant, well-dressed, in a pair of horn-rimmed spectacles, what is most intriguing is his profound sense of creative freedom, now so well shown in the exhibition The Best of Alistair Taylor-Young, until 29th November 2014 at The Little Black Gallery in London. The best of Alistair is all there in a carefully chosen selection of his most interesting photographs, from those of the exhibition Holiday of 2012 to those published in his first book The Phone Book. The best expressions of his great talent and his exceptional ability to create little masterpieces
Opposite page, Sequin, © Alistair Taylor-Young.
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FOCUS
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Blue Lips, © Alistair TaylorYoung.
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Pink Lips, © Alistair TaylorYoung.
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UNEXPECTED RED Photo & Fashion: Zhanna Bianca Photoroom Z
Valentino dress and bag.
Roberto Cavalli dress.
CARTIER Grintosa e inconfondibile, la pantera Cartier - il motivo in onice e diamanti fu lanciato nel 1914 - lascia la sua impronta sui cinquantasei nuovi preziosi della maison. Audace, il tema animalier è protagonista su anelli “vanità”, bracciali tribali e collane dal fascino felino. The bold and unmistakable Cartier panther - introduced in 1914 in onyx and diamonds leaves its mark on fifty-six of the maison’s new range. The animal theme features on “vanity” rings, tribal bracelets and necklaces with feline appeal.
Panthère de Cartier. Collana in oro giallo, lacca nera, onice, granati tsavorite e diamanti. Pagina a fianco, collana in oro giallo, lacca nera, onice, citrino, granati tsavorite e diamanti. Necklace in yellow gold, black lacquer, onyx, garnets tsavorite and diamonds. Opposite page, necklace in yellow gold, black lacquer, onyx, citrine, garnets tsavorite and diamonds. Š Cartier, Tania & Vincent.
DAMIANI
Dal design caldo e avvolgente, i preziosi della collezione Gomitolo esibiscono luminose fasce intrecciate che formano artistici “gomitoli” di diamanti, in un trionfo della lavorazione a pavé. Of warm and embracing design, the fine pieces in the Gomitolo collection feature artfully designed bands like balls of thread of gleaming pavé diamonds.
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Damiani Gomitolo. Dall’alto, orecchini e bracciale in oro bianco e diamanti neri. Pagina a fianco, anello in oro bianco e diamanti neri. From the top, earrings and bracelet in white gold and black diamonds. Opposite page, ring in white gold and black diamonds.
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JEWELRY
Nato da genitori americani nel quartiere Samatya di Istanbul, Sevan Bıçakçı, come molti bambini turchi, a soli dodici anni inizia a lavorare nel leggendario Grand Bazaar della città natale presso Hovsep Çatak, maestro orafo. “Era un buon insegnante, con un grande cuore. Mi ha insegnato le giuste maniere e come intrattenere un cliente. Ero un dispettoso, iperattivo, goffo bambino di dodici anni, ma lui non ha mai rinunciato a me. Mi ha mostrato come essere una brava persona”, ricorda Sevan Bıçakçı. Dopo scuola e durante le vacanze, Sevan osserva attentamente il lavoro di Hovsep e dei molti artigiani sotto i quali ha successivamente lavorato e, dopo anni passati a provare e riprovare, carpisce i segreti di un’arte tanto antica e misteriosa quanto ancora sorprendente. Tutte queste esperienze fatte di continui cambiamenti, evoluzioni e sperimentazioni, gli hanno regalato quella flessibilità e quella capacità di reinventarsi che lo hanno portato a realizzare finalmente il suo sogno nel 2002: la sua prima collezione. Una linea di anelli “Sultan Head” potenti, scultorei, pittorici e grafici dai volumi importanti in cui si fondono elementi della storia dell’impero Bizantino
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The son of American parents and born in the Samatya district of Istanbul, Sevan Bıçakçı, like many Turkish children, began at just twelve years old to work in the legendary Grand Bazaar of his native city with the master goldsmith Hovsep Çatak. “He was a good teacher, with a big heart. He taught me good manners and how to treat a client. I was a twelve years old mischievous, hyper-active, gauche boy but he never gave up on me. He showed me how to be a good person”, recalls Sevan Bıçakçı. After school and during the holidays, Sevan closely observed Hovsep and the many other craftsmen for whom he would eventually work. And after years of trial and error, he learnt the secrets of this ancient art which was as mysterious and astonishing as it still is today. All that experience - consisting of continuous change, evolution and experiment - gave him a flexibility and ability to reinvent himself that led him, ultimately, to realise his dream in 2002: his first collection. A range of large, strongly designed, sculptural, pictorial and graphic “Sultan Head” rings which embody elements of the Byzantine and Ottoman empires, from the city’s architecture to its monuments and mosques. A link between the past, present and future, between the material and the
JEWELRY
Sevan Bıçakçı, at work on chainmail bracelets, © Kemal Olça.
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The Master, ring with gold, silver, diamonds, one black diamond and a citrine with inversely engraved brains intaglio, Š Kemal Olça. 192
JEWELRY
Butterfly earrings, gold, silver and diamonds, © Kemal Olça.
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