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CONTENTS
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Editorial Letter
31 32 34 36 38 40
CHAPTER I PORTRAITS MØ Norah Jones Miranda Kerr Chichi Meroni Joan As Police Woman
42
Diane Arbus and Other Female Photopraphers
48
Anja Niemi
60
Manuela Mariotti
67
CHAPTER II Madame X
87
CHAPTER III Masterpieces
100
The State of Being Intimate
121
CHAPTER IV You, Rock!
139
CHAPTER V Intimacy
162
Giancarlo Petriglia
168
Chantal Thomass
177
CHAPTER VI Match Point
191
CHAPTER VII Closer
205
CHAPTER VIII Into the City
221 222 228 236
CHAPTER IX FOCUS L’altro sguardo. Fotografie italiane 1965-2015 Alice Springs: The Mep Show Hair by Sam McKnight
243
CHAPTER X Feminine, Unique, Red
257
CHAPTER XI Stehend
269
Addresses
Gazèl vest, Daizy Shely shirt, Ter et Bantine trousers, Giorgio Armani glasses. Photographer: Fabrizio Scarpa Fashion: Sabrina Mellace
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EDITORIAL LETTER Cinzia Malvini
È
un caldo pomeriggio di fine estate e io sto pigramente “navigando” sul mio iPad a caccia di qualche notizia, qualche buona notizia, possibilmente. L’occhio cade su una foto che racconta il più bel passato, eppure parla, per contrasto, al presente: è un ritratto in bianco e nero, firmato Frank Horvat, scattato nel 1958 all’ippodromo di Longchamp, a Parigi, lo sguardo femminile sottolineato dal make up scuro, incorniciato, o forse delimitato?, dai fiori di stoffa che decorano il cappellino a tamburello di Givenchy e dall’ampio collo a cratere, che si presume di organza, e che sale fino a sfiorare le ciglia. Uno sguardo racchiuso che, a differenza di quanto sta accadendo in questi giorni caldi e difficili, sa di eleganza, di femminilità, di Allure, come suggerisce il titolo della mostra berlinese: duecento scatti della collezione privata di Susanne von Meiss, designer svizzera che dalla fine degli anni ’80 coltiva la grazia e la bellezza, con la sua raccolta. Altri sguardi, altri tempi, penso a ieri e oggi, ma anche alle foto che ognuno di noi ha nel cuore e in testa, alcune radicate dalla tenerezza degli anni passati, altre spinte dall’urgenza del presente. Foto che raccontano vite e storie. Mi piacerebbe inserire anche quella di Susanne nel nostro Mag, che però sta andando in stampa e: “La mostra sta finendo”, mi ricorda Flavia, con consueta precisione, dalla redazione di Milano. Dunque, non ci saranno anche quegli scatti in questo nuovo numero, ma molti altri uniti ad altrettanti racconti di vita, come accade sempre, quando si parla di fotografia. Provate, per finire, a chiedere ai vostri cari e agli amici quale sia la foto del cuore: vi sorprenderete a scoprire come la risposta sia multipla. Difficile che ne esista solo una, ma piuttosto saranno diverse, a seconda dei tempi e degli anni. A riprova di tante storie e tante vite. O di una sola vita, anche quella di ciascuno di noi, pronta sempre a essere raccontata come una lunga, bella, inconfondibile storia. P.S. E, comunque, aspettiamo di sapere da voi quali sono le vostre foto preferite in questo nuovo numero del Mag! Arrivederci.
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I
t was a warm late summer afternoon and I was idly browsing the internet on my iPad looking for news, possibly some good news. My eye fell upon a photo of a beautiful past, and yet, on the contrary, it expressed the present: it was a black and white portrait by Frank Horvat taken in 1958 at the Longchamp racecourse in Paris. A woman’s face emphasized by dark make up and framed, or perhaps bordered?, by fabric flowers decorating her pill box hat by Givenchy and by a very wide and concave collar, possibly in organza, which rose almost to eye level. Her introverted expression, in contrast to what was happening during those hot and difficult days, expressed elegance, femininity and Allure as the title of this exhibition in Berlin suggests: two hundred photographs from the private collection of Susanne von Meiss, a Swiss designer who, from the end of the 80s, collected grace and beauty. Different expressions, different times, I thought of the past and of the present but also about those photographs each one of us keep in our hearts and in our heads, some of them rooted in the tenderness of the past, others driven by the urgency of the present. Photographs that tell the stories of lives. I would like to have put Susanne’s photo in our Mag, but it was going to print and “The exhibition is coming to a close”, Flavia reminded me from the editor’s office in Milan with her usual precision. So those photos won’t appear in this issue but lots of others will, together with just as many life stories, as is always the case when it comes to photography. You try and ask your family and friends what their favourite photo is: you will be surprised at the many different answers. It probably won’t be just one but several different ones, depending on the period and how long ago. The proofs of so many stories and so many lives. Or of one single life, even each of our own, ever ready to be expressed as a long, beautiful and unique story. P.S. And we are looking forward to hearing from you which photographs are your favourites in this issue of our Mag! Till the next time.
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MØ PORTRAITS
Barbara Bolelli
“Sta per mooer. O mo. Oppure moo. Nient’altro”. Capelli biondi, folte sopracciglia, a ventotto anni, MØ, Karen Marie Ørsted, è la pop star che non ti aspetti. “La cosa più radicale che tu possa mai fare è essere te stessa”. MØ cresce a ovest di Odense, sull’isola di Fionia in Danimarca, ascoltando le Spice Girls insieme ai Sonic Youth. A sette anni scrive la sua prima canzone e a diciotto fonda con l’amica del cuore Josefine il duo noisy pop electro MOR: di buona famiglia - la mamma, un’insegnate, è tra le sue più grandi fan - ragazza ribelle con la passione per la musica e la politica, il femminismo e l’arte, inizia sperimentando e mixando diversi stili dal suo pc, lasciandosi influenzare dal pop come dal punk, dall’elettronica di Peaches e Robyn come dall’R&B e dal soul. Nel 2009 diventa MØ - che in danese suona come “fanciulla” - e, dopo l’incontro con il produttore e chitarrista Ronni Vindahl, decide di andare da sola. Seguono un mega contratto con RCA e Chess Club Records, un ep - Bikini Daze - e l’album di debutto No Mythologies To Follow, da cui i singoli Pilgrim, Maiden e XXX 88, coprodotta da Diplo: un disco nell’insieme caratterizzato da un mix tra button pushing e electro pop da ballare e melodie ombrose combinate a testi davvero sorprendentemente tristi. Nel 2015, complice un tweet, Diplo la vuole nei Major Lazer per Lean on: “Nessun altro può cantarla come MØ”, avrebbe detto in proposito il dj e producer americano. È un successo commerciale di portata globale. Oggi, tra un tour negli States questo autunno/inverno, Alexander Wang che la sceglie per la prossima campagna e un nuovo album atteso per la fine dell’anno, lei non può fare a meno di constatare come sia davvero difficile essere se stessi. La sua ultima hit, Final song, per ironia della sorte, prodotta da MNEK (Beyoncé, Zara Larsson), è la dimostrazione di come la sua personale ricerca non si sia fermata a una sola risposta: “Final song è ancora più spirituale e fragile rispetto alle precedenti - dice Penso che sia importante cambiare… È la musica a richiederlo, ogni canzone ha bisogno di ricerca. Ognuna ha una sua anima. Il brano e il video (diretto da Tomas Whitmore e girato a Los Angeles, ndr) raccontano entrambi del momento in cui ci si riconnette con la propria interiorità. Di quella scintilla che è già dentro di te e che ti fa andare avanti …”. C’è in effetti qualcosa che la differenzia dalla maggior parte degli artisti pop della scena mondiale: la sua scintilla è l’immediatezza. Tra button pushing, sintetizzatori e testi malinconici, MØ è irreplicabile nel suono, nella voce, nell’atteggiamento e nella storia. E persino nel look: provateci voi a sembrare delle sirenette, ballando come matte e masticando la big bubble.
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“Pronounced mooer. Or mo. Or even moo. Just that”. MØ, or Karen Marie Ørsted, twentyeight, with her blond hair and thick eyebrows, is not the kind of pop star you would expect. “The most radical thing you can ever do is be yourself ”. MØ was brought up west of Odense on the island of Fionia in Denmark listening to the The Spice Girls and Sonic Youth. She wrote her first song at seven and when she was eighteen she formed the electropop duo, MOR, with her best friend Josefine. From a good family - her mother is a teacher and among her biggest fans - she is a rebellious girl with a passion for music, politics, feminism and art. She began experimenting and mixing different styles of music on her PC, letting herself be influenced by pop music as well as punk, the electronic music of Peaches and Robyn as well as by R&B and soul. In 2009 she took the stage name MØ - which means “maiden” in Danish - and after meeting the producer and guitarist Ronni Vindahl, decided to go it alone. Following a big contract with RCA and Chess Club Records, an EP - Bikini Daze - and her debut album No Mythologies To Follow, which included the singles, Pilgrim, Maiden and XXX 88, co-produced by Diplo: a disc featuring a mixture of “button pushing”, electropop dance music and shadowy melodies combined with surprisingly sad lyrics. In 2015, thanks to a tweet, Diplo wanted her in the Major Lazer for Lean On. “No one can sing it like MØ can”, said the DJ and American producer. It was a success the world over. Today, between touring the USA this autumn and winter, being the face of Alexander Wang for his coming advertising campaign and a new album to be released at the end of the year, she can do no more than verify how really difficult it is to be yourself. Her latest hit, Final Song, produced by MNEK (Beyoncé, Zara Larsson), is ironically the proof of how her experimentation has not stopped at just one answer. “Final Song is even more spiritual and fragile compared to what came before - she says - I think it is important to change… It is the music itself that demands it, each song needs to be researched. Each one has a soul of its own. The song and the video (directed by Tomas Whitmore and filmed in Los Angeles, ed) both tell of the time when you reconnect with your inner self. The spark that is already inside you and that drives you forward…” There is, in effect, something that differentiates her from most pop singers on the world stage: her spark and her immediacy. From “button pushing”, synthesisers and melancholic lyrics, MØ has a unique sound, a unique voice, a unique attitude and a unique place in history. Even in her look: you try looking so good dancing wildly and chewing bubble gum.
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PORTRAITS
Ph. Max Knight. 33
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MIRANDA KERR PORTRAITS
Flavia Impallomeni
Occhi di un azzurro incredibilmente intenso e due fossette vicino alla bocca che vengono fuori quando sorride per le quali milioni di uomini avranno di sicuro perso la testa! Certamente, non hanno saputo resistere a quella sua bellezza, pulita e semplice, tipica della ragazza della porta accanto, allo stesso tempo eletta più volte tra le donne più sexy del mondo, Orlando Bloom (sposato nel 2010, si separano 3 anni dopo) da cui ha avuto il figlio di 5 anni Flynn Christopher e, oggi, Evan Spiegel, cofondatore di Snapchat, più giovane di lei di 7 anni, con cui presto convolerà a nozze. Ma Miranda Kerr è molto più della super top, da quasi 10 anni ai primi posti nella classifica di Forbes delle più pagate, da quando nel 2007 Victoria’s Secret la sceglie come angelo (è la prima australiana a diventarlo). “La moda secondo me è un modo per esprimere se stessi. È un’opportunità fantastica per dimostrare la propria creatività - dice - Un giorno puoi sentirti più femminile e un altro più forte e decisa e con i vestiti che indossi puoi dirlo. Credo che sia divertente. Diciamo, che ci sono molte possibilità di divertirsi con la moda!”. Nata a Syndney nel 1983, passa l’infanzia nelle sperdute campagne australiane nella fattoria della nonna. A soli 13 anni debutta sulle pagine di una rivista per adolescenti dando inizio alla sua carriera (il magazine fu addirittura accusato di favoreggiamento della pedofilia per aver usato una modella tanto giovane, nonostante fosse una pubblicazione per teenager), ma nel frattempo riesce anche a laurearsi alla All Hallows School di Brisbane in scienze dell’alimentazione e psicologia della salute. Compare nuda e incatenata al tronco di un albero sulla copertina di Rolling Stone nel giugno 2009 per attirare l’attenzione sull’estinzione dei koala e lo stesso anno partecipa attivamente alla raccolta di fondi per le vittime di incendi in Australia. Pubblica due libri che sono una sorta di compendio per aiutare le donne a credere nelle proprie qualità e lancia la linea di cosmetici al cento per cento organica, Kora Organics: “Anche adesso sto lavorando alla creazione di nuovi prodotti di skin care, sono realizzati in Australia, ma si possono acquistare in tutto il mondo on line”. Nel 2011, dopo aver sfilato in esclusiva per Balenciaga, Prada la vuole a Milano, sarà il volto della nuova campagna mondiale. Oggi, torna per lo show di La Koradior, il brand asiatico di cui è testimonial, al suo debutto in Europa: “La collezione è davvero fantastica, moderna, portabile e allo stesso tempo classica”, dice e aggiunge: “Adoro Milano, era da era da tanto tempo che non tornavo, è stato divertente scendere dall’aereo e correre qui! Mi piacerebbe restare per un po’ in città, ma sono una mamma e non vedo l’ora di tornare da mio figlio!”.
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She has incredibly deep blue eyes, two dimples in her cheeks when she smiles for which millions of men have lost their heads and at the same time she has been voted one of the sexiest women in the world! Orlando Bloom, with whom she had her five year old son Flynn Christopher, certainly was unable to resist her simple, pure, girl-next-door beauty. They were married in 2010 and separated three years later. Today, following the announcement of the engagement in July, she is soon to marry Evan Spiegel, co-founder of Snapchat and seven years her junior. But Miranda Kerr is much more than a beautiful top model, for almost 10 years in first place in Forbes magazine as the highest earning model, since she was chosen to be a Victoria’s Secret angel in 2007 (and the first Australian to become one). “In my opinion fashion is a way of expressing yourself. It is a fantastic opportunity to demonstrate your creativity - she says One day you might feel more feminine and another day stronger and more determined and with the clothes you wear you can say that. I think it’s fun. Let’s say, there are lots of opportunities to have fun with fashion!” She was born in Sydney in 1983 and brought up in the Australian countryside on her grandmother’s farm. At just 13 years old she debuted on the cover of a teenage magazine, which launched her career (the magazine was even accused of aiding paedophilia for having used such a young model despite it being a magazine for teenagers) but in the mean time she attended All Hallows School in Brisbane and went on to study nutrition and health psychology. In June 2009 she appeared chained to a tree trunk and nude on the cover of Rolling Stone in order to draw attention to the near extinction of the koala bear and the same year actively took part in raising money for the victims of fires in Australia. She has had two self-help books published for helping women believe in themselves and has launched a range of 100% organic cosmetics, Kora Organics, “Now I am working on the creation of new skin care products too. They are made in Australia but can be bought on line all over the world”. In 2011, having modelled exclusively for Balenciaga, Prada brought her to Milan to be the face of a new worldwide advertising campaign. Today she is back in that city to take part in the Asiatic brand, La Koradior show for its debut in Europe and for which she is testimonial; “It really is a fantastic collection, modern, wearable and classic at the same time”, she says, adding: “I love Milan, it has been a long time since I came here, it was exciting to get off the plane and rush here! I would like to stay for a while but I’m a mother and I can’t wait to get back to my son!”
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PORTRAITS
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FROM ANOTHER POINT OF VIEW
DIANE ARBUS E LE ALTRE: L’OBBIETTIVO AL FEMMINILE
DIANE ARBUS AND OTHER FEMALE PHOTOGRAPHERS Enrico Maria Albamonte
La fotografia di moda in tutte le sue complicate e patinate vicissitudini storiche ha conosciuto e continua a conoscere e registrare, accanto a personaggi della statura di Helmut Newton, Mario Testino, Richard Avedon e David Bailey, solo per citarne alcuni, un punto di vista tutto femminile che spesso elude il cliché del fatuo e dell’effimero attingendo vette artistiche influenti su intere generazioni di fotografi e film maker. Diane Arbus, con la sua fotografia spesso brutale e allergica alle regole, costituì in questo quadro un caso emblematico fino a segnare pagine di storia dell’immagine e del cinema davvero inquietanti quanto indelebili: fu alla sua famosissima e minacciosa immagine di due gemelle del 1967 che il visionario cineasta Stanley Kubrick si ispirò per dare corpo e anima alle “sue” gemelle protagoniste degli incubi chiaroveggenti del piccolo Danny nel film Shining. La Arbus, che sul grande schermo nel biopic Fur, diretto da Steven Shainberg, è stata rappresentata da Nicole Kidman, proveniva da un ambiente alto-borghese, una famiglia di proprietari di pellicce, fin da piccola manifestò strane fobie e sposò molto giovane Allan Arbus, uno
Fashion photography in all its historical, complex and glossy permutations acknowledged and continues to acknowledge, along with names of the calibre of Helmut Newton, Mario Testino, Richard Avedon and David Bailey to name but a few, an entirely female point of view which often evades those fatuous and ephemeral clichés and achieve artistic heights that have influenced entire generations of photographers and film makers. Within this context Diane Arbus, with her antipathy to rules and often brutal photography, is an emblematic case. Even making cinematic and photographic history with work that is as truly unsettling as it is unforgettable: it was her famous and menacing photograph of twins taken in 1967 that inspired the visionary film director Stanley Kubrick when giving body and soul to “his” twins, the protagonists of little Danny’s clairvoyant nightmares in the film Shining. Arbus, who was played by Nicole Kidman on the big screen in the biopic Fur directed by Steven Shainberg, came from an upper middle class fur coat owning family and she manifested strange phobias from when she was small. She was married very young to the penniless Allan Arbus who
Lady on a bus, N.Y.C. 1957.
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ANJA AND ME
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INTERVIEW
Valentina Uzzo
Mona (1), © Anja Niemi.
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INTERVIEW
Norvegese, è considerata una delle artiste moderne più interessanti di oggi. Nelle sue fotografie i personaggi diventano protagonisti di uno spettacolo quasi sempre tragicomico. Ma la verità è che nella foto la persona è sempre la stessa, è lei, Anja Niemi, fotografa, soggetto e direttore di ogni suo scatto. Perché Anja “funziona” solo se è da sola
She is Norwegian and considered one of the most intriguing artists of today. In her photographs the characters become the protagonists of an almost always tragi-comic story. But the truth is that the person in the photograph is always the same one, it is her, Anja Niemi, photographer, subject and director of every one of her pictures. Because Anja can only “work” on her own
Anja Niemi in tre parole. Sono molto determinata, ho un buon occhio per l’estetica delle cose e anche un po’ un’illusionista.
Anja Niemi in three words. I am very determined, visual and perhaps a bit of an illusionist.
Lei è fotografa, soggetto e direttore dei suoi scatti. Dove nasce la voglia di lavorare da sola? Mi sento più a mio agio in questo modo. Divento troppo inibita quando ci sono altre persone intorno a me. Sono più rilassata quando sono solo io sul set.
You are the photographer, director and subject of your photographs. Where did your desire to work alone come from? I feel more comfortable like that. I get too self conscious when there are other people round me. I am more relaxed when I’m alone on a set.
Non a caso si fa chiamare “one-man band”. Si può diventare pazzi a far tutte le cose contemporaneamente. Ci si sente un po’ come se si suonassero quattro strumenti nello stesso momento. Ci sono volte in cui vorrei chiedere un piccolo aiuto, ma so che il risultato non sarebbe quello che voglio.
Good reason why you’re called a “one-man band”. You can go crazy doing everything at the same time. You feel a little like you’re playing four instruments at the same time. There are times when I would like to ask for a little help, but I know the result would not be the one I want.
Come descriverebbe la sua arte fotografica? Sono storie tradotte in immagini con una nota di fondo dark e un tocco di humor.
How would you describe your work? They are stories translated into pictures, with a touch of the dark and a touch of humour.
Cosa vuole raccontare attraverso i suoi scatti? Mi piace far divertire, magari cercando di allentare un po’ la pressione e provando a giocare con i difetti. Tutti i miei personaggi hanno qualche crepa nella loro, altrimenti troppo perfetta, apparenza.
What do you want to say through your photographs? I like to entertain, perhaps by lightening the pressure and trying to play with our shortcomings. All my characters usually have a few cracks in their otherwise rather polished surfaces.
Qual è il rapporto tra una donna e la sua interiorità secondo lei? Penso che le donne siano piuttosto rigide con loro stesse. Cerchiamo di essere all’altezza delle nostre aspettative che sono effettivamente un po’ troppo alte, ma credo che questo valga per chiunque, non solo per le donne.
In your opinion what is the relationship between a woman and her inner self? I think women are rather hard on themselves. We try and live up to our expectations, which in fact are set a little too high, but I think that goes for everyone, not just women.
Dove trova l’ispirazione? Dagli oggetti, dalle parole, dalle persone, dai vestiti, dai film, dalle coreografia di danza, da noi stessi. L’ispirazione si può trovare ovunque!
Where does your inspiration come from? From things, words, people, clothes, films, the choreography of dances, from ourselves. You can find inspiration everywhere!
The Secretary, © Anja Niemi.
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INTERVIEW
#(R)EVOLUTION
MANUELA MARIOTTI: Valentina Uzzo
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INTERVIEW
Circondata da un’aura punk rock che più che uno stile rappresenta per lei uno stato d’animo, è romantica e femminile quanto carismatica e rivoluzionaria. E quella rivoluzione pacifica che tanto le appartiene, Manuela Mariotti, direttore creativo di Dondup, l’ha messa in atto dando vita, insieme al nuovo team, a un progetto di crescita del brand che sceglie Milano come biglietto da visita. Come ci racconta, insieme a molto altro, a 360°
Surrounded by an aura of punk rock, which to her is more a state of mind than a style, Manuela Mariotti, the creative director of Dondup, is as romantic and feminine as she is charismatic and revolutionary. And this revolutionary pacifist, together with her new team, has taken the steps needed to give life to a plan for expanding a brand, the first step being in Milan. As she herself tells us
Partiamo dalla grande novità, l’apertura del primo flagship store di Dondup, in via della Spiga 50, che è stato inaugurato in occasione di Milano Moda Donna. Che significato ha in questo momento questo opening? È un momento importante per il brand, l’opening fa parte del nuovo, ambizioso, progetto di espansione verso i mercati internazionali, ma è anche una grande occasione per raccontare la filosofia di Dondup, che è un vero e proprio lifestyle, un “modo di essere” che comprende esperienze, valori e sperimentazioni.
Let’s start with the big news, the opening of Dondup’s first flagship store in via della Spiga 50, which was opened during Milano Moda Donna. What does this opening at this particular time mean to you? It is an important time for the brand, this shop is part of a new and ambitious plan of expansion towards an international market, but it is also a great occasion to publicise Dondup’s philosophy, which really is a life style, a “way of being” that includes experience, quality and experiment.
Un progetto di espansione che ha scelto come prima tappa la città di Milano. Quale potrebbe essere il secondo mercato? Per quanto riguarda l’Italia, il prossimo step sarà Roma, poi seguirà l’estero.
You are growing and the first step is a shop in Milan. Where might you go next? As far as Italy is concerned the next step is Rome, and then abroad.
Lei ha dichiarato: “L’apertura della boutique coincide con il desiderio di raccontarsi in modo coerente e completo”. Ovvero? Dondup non rappresenta solo moda, è continua ricerca e sperimentazione che si traduce nella valorizzazione del made in Italy, dell’artigianalità e delle materie prime. Un esempio potrebbe essere il guado, colorante naturale utilizzato nella tintura della seta, nel lino e nel cotone dei nostri denim.
You have said, “The opening of the shop coincides with the desire to express yourself in a coherent and complete way”. In other words? Dondup doesn’t only mean fashion. It represents continuous research and experiment which is translated into promoting made in Italy, craftsmanship and our raw materials. One example could be guado (woad), a natural dye used for silk, linen and for our denim.
All’interno del negozio, ciascuno degli spazi presenti parla volutamente una propria lingua, portando il cliente a scoprire storie e racconti differenti. Qual è stata l’intenzione? L’idea nasce dall’intenzione di creare una “casa ideale” firmata Dondup, un luogo d’incontro e di scambio culturale. L’ospite potrà sentirsi a proprio agio in ogni momento, apprezzando il legame tra moda e arte. Abbiamo adibito lo spazio che si affaccia su via della Spiga a laboratorio sperimentale e, lì, ospiteremo vari artisti internazionali che abbiano voglia di mostrare le loro opere e creare nuove sinergie con il brand.
Each area of your shop’s interior speaks its own language, leads the customer to discover different stories. What was your intention? It came from the idea of creating the perfect Dondup “home”, a place to meet, a place for cultural exchanges. The visitor must feel at ease the whole time in order to appreciate the link here between fashion and art. We destined the area looking out onto via della Spiga as a laboratory for experiment and we are going to host various international artists in it who would like to exhibit their work and create new synergies with the brand.
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Photo Fabrizio Scarpa Fashion Sabrina Mellace
Burberry jacket and dress, a.testoni boots.
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Mr & Mrs Italy coat, Iceberg dress, Dsquared2 double brooch, Moreschi boots. Opposite page, N°21 top and skirt, Destin scarf, Krizia gloves, La Perla lingerie and stocking, a.testoni boots.
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Photo Angela Improta Fashion Sabrina Mellace
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Prada, Cahier bag. Opposite page, Valentino, Rockstud Spike bag.
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THE STATE OF BEING INTIMATE Barbara Bolelli
Bettina Rheims, L’air des rails, Gare d’Austerlitz, quai n°15, février 2009, Laetizia Venezia, Inge van Bruystegem, © Bettina Rheims, courtesy galerie Jérôme de Noirmont, Paris, from Bettina Rheims, Serge Bramly, Rose - c’est Paris, Taschen.
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A VISUAL DIARY
L’altra metà della fotografia è intima e personale. Stanze d’albergo sbiadite, ricordi d’infanzia e un corpo, quello delle donne, ostentato, toccato, violato, esaltato in tutta la sua bellezza Se un tempo le immagini avevano la funzione di interpretare la realtà, renderla in qualche modo intelligibile, nella fotografia contemporanea sembrano invece appropriarsene. Nuovi stili e nuove tecniche - dal frame still allo staging - e un genere tutt’altro che nuovo, quello dell’album/diario, da sempre parte del corredo dell’altra metà. Amici, amanti, storie private e ferite aperte, sogni mai dimenticati e drammi irrisolti, corpi spezzati e giochi erotici, tra deformazione ed esasperazione di sensualità e sporcizia: sembra proprio che le donne abbiano bisogno di scoprirsi e di andare sul personale, provare nuove soluzioni e amare le persone. Intrappolare la vita per sempre e nel posto più intimo, in una foto. Niente di più distante dalla freddezza quasi divina, a volte anche giocosa, che caratterizza i colleghi, basti pensare a Newton, Avedon, Testino o Richardson… Queste artiste scelgono la vulnerabilità, una vulnerabilità che, concretizzata in fotografia, si fa punto di forza.
Photography by women is intimate and personal. Faded hotel rooms, memories of childhood and a body, a female body, shown off, touched, violated and glorified in all her beauty Once photographs had the purpose of representing reality, make it in some way intelligible, but it appears on the other hand that contemporary photographs actually take possession of it. New styles and new methods - from still frames to staging - and a genre that is anything but new, the album/diary has always been part of the female photographer’s inventory. Friends, lovers, private stories and open wounds, never forgotten dreams and unresolved dramas, broken up bodies and erotic games, the deformation and exasperation of sensuality and filth: it seems women really do have the need to expose themselves and get personal, experiment with new solutions and love people. Capture life forever, and in the most intimate place, in a photograph.
Nan Goldin, C.Z. and Max on the Beach, Truro, Massachusetts, 1976, The Museum of Modern Art, New York, acquired through the generosity of Jon L. Stryker.
Nothing is further from that almost divine and sometimes even playful coldness that characterises the work of male photographers, just think of Newton, Avedon, Testino or Richardson… These photographers chose vulnerability, a vulnerability that, when immortalised in a photo, becomes a strength.
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Photo Ivan Genasi Fashion Luigi Gaballo
From left, Mr & Mrs Italy jacket, Dsquared2 dress, Emilio Cavallini tights, Mumati Gioielli earrings; Dsquared2 dress, Mumati Gioielli necklace and bracelet.
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Gucci Opposite page, Valentino dress and turtleneck, Emilio Cavallini tights, Sharra Pagano necklace, Mumati Gioielli bracelet.
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Anteprima coat, Brunello Cucinelli shirt.
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Photo Gautier Pellegrin Fashion Sabrina Mellace
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Missoni
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INTERVIEW
WELCOME TO MY HOME
GIANCARLO PETRIGLIA
Valentina Uzzo
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INTERVIEW
La tavola è pronta (ma non apparecchiata, perché è pomeriggio e la cucina ha appena chiuso) e lo è anche lui. Lo è sempre stato, sin dal primo giorno in cui si presentò munito di carta e penna all’Accademia di Belle Arti di Brera. Oggi, dopo tanti anni, la giornata tipo di Giancarlo Petriglia, designer di borse da uomo e da donna super luxury, inizia alle 10.30 del mattino e si conclude a notte inoltrata. Gli impegni sono tanti, ma la voglia di fare per quel ragazzo milanese che quattro anni fa si aggiudicò il premio Who Is On Next? e che oggi mette orgogliosamente la sua firma sulla direzione creativa della linea accessori di alcune delle maison più importanti non passa mai. Appassionato del suo lavoro, innamorato dell’arte e della buona cucina, ci fa sedere a uno dei tavoli del suo The Small, il ristorante che ha aperto nel cuore di Milano, lì dove più di ogni altro luogo, Giancarlo si sente a casa, invitandoci a scoprire e ad assaporare una storia, la sua, dalle molteplici sfaccettature
The table is ready (but not laid because it’s afternoon and the kitchen has just closed) and so is he. He always has been, ever since the first day he turned up armed with pen and paper at the Brera Academy of Fine Art. Today, several years later, a typical day in the life of Giancarlo Petriglia, designer of super luxury bags for women and men, begins at 10.30 in the morning and continues into the night. His commitments are many but the enthusiasm of this young man from Milan who won the Who Is On Next? prize four years ago and today the proud creative director for accessories for some major fashion houses, never wains. Passionate about his work and in love with art and good food he sat us at one of the tables in The Small, the restaurant he opened in the heart of Milan where he feels more at home than in any other place and has invited us to discover and taste the many facets of his story
Partiamo da quello che è l’universo di Giancarlo Petriglia a 360°, il The Small. Che cosa rappresenta per lei questo posto? Il The Small è stato pensato per rappresentare la parte più intima di me, è la mia visione di casa ed effettivamente è come se fosse realmente una casa. Qui dentro c’è tutto quello che mi appartiene, tutta la ricerca di oggetti di antiquariato, modernariato, di artisti contemporanei di cui sono grande appassionato. Tutto diventa un gioco, il mixare tanti oggetti che appartengono a mondi differenti tra loro. D’altronde anch’io sono un contrasto unico, ma coerente. Concettualmente sono un designer, un creativo che realizza accessori e borse molto speciali, per qualcuno piccole opere d’arte, ma nello stesso tempo sono anche un imprenditore che cerca di fare il possibile affinché il proprio progetto viva, facendo i conti con la realtà e con un mondo completamente diverso. Con il The Small e Plus P, che significa “Più Petriglia” (lo show room delle sue collezioni, ndr), ho voluto esprimere tutto quello che nella moda non avrei potuto fare, come ad esempio ospitare opere di artisti contemporanei, presenti nella galleria al piano inferiore del ristorante.
Let’s start with a 360° look at Giancarlo Petriglia. What does The Small mean to you? The Small was conceived to represent the most intimate part of me, it is my vision of home and, in effect, it’s as if it really were my home. Everything in here is everything that I am, all my research into antique and modern objects and works by contemporary artist of which I am a great enthusiast. It’s all a game, mixing lots of objects together that belong in different worlds. But then I too am a singular but coherent mix of contrasts. Conceptually I’m a designer, a creative who makes very special accessories and bags, for some they are small works of art. But at the same time I am also an entrepreneur trying to do everything possible to make my projects successful and come to terms with reality and a completely different world. With The Small and Plus P, which means “Plus Petriglia” (his showroom for his collections, ed), I wanted to express everything I was not able to do through fashion, such as, for example, hosting works by contemporary artists, on show in the gallery on the floor below the restaurant.
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INTERVIEW
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INTERVIEW
L’acconciatura giusta ce l’ha e pure sorprendentemente azzeccata visto che, in quanto a stile, la chiamano la “signora della lingerie chic”. È lei, Chantal Thomass, il nuovo direttore artistico del Crazy Horse, il celebre cabaret parigino di Avenue George V che celebra 65 anni di glamour e spumeggianti follie. La novità della stagione? Le ballerine potrebbero apparire meno nude di quello che ci si potrebbe aspettare…
The perfect and surprisingly appropriate hairstyle for Chantal Thomass, since as far as style goes she is called the “queen of chic lingerie”. She is the new creative director for the Crazy Horse, the famous Paris cabaret club in Avenue George V, which is celebrating 65 years of folly and glamour. And what’s new for the season? The dancers may well appear less nude than you might expect…
Valentina Uzzo
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INTERVIEW
È alla guida della direzione artistica dello spettacolo che si terrà fino al 31 dicembre 2016 al Crazy Horse. Novità? Tanti colori leggermente diversi, ma sempre con i codici di stile di Chantal Thomass naturalmente. Quindi, tanto nero, bianco, rosso e rosa. In più, questa volta le ragazze sono più vestite del solito, ma, signori, non vi preoccupate(!), non rimangono così per molto. Perché? Che cosa ha intenzione di fare? Solitamente le ballerine si presentano già nude, ma è la luce a farle sembrare vestite. È molto più sexy se si tolgono i “vestiti” sul palco. Per questo il Crazy Horse ha chiamato me! Louboutin, Dita Von Teese, Philippe Decouflé. Secondo lei, qual è stato il miglior spettacolo fino a ora?
Dita Von Teese è stata veramente spettacolare. Ha una grazia e un’eleganza molto sofisticata nelle movenze del suo corpo. Anche Arielle Dombasle è stata straordinaria. Eccezionale anche l’impatto delle suole rosse di Louboutin sulle dieci ragazze, con le loro bellissime gambe. Che cosa l’ha ispirata? Film, musical degli anni Cinquanta e Sessanta, Busby Berkeley e Bob Fosse, Swinging in the Rain… La sua acconciatura, il taglio di capelli carré, uguale a quello delle ballerine è stata decisamente la ciliegina sulla torta. Sì, è stata veramente una fortunata coincidenza! Non ho mai provato ad assomigliare alle ragazze del Crazy Horse, ma lo trovo piuttosto divertente, non credete?
You head artistic direction for a show to be held until 31st December 2016 at the Crazy Horse. What’s going to be new? Lots of slightly different colours but always within the Chantal Thomass style code, of course. So lots of black, white, red and pink. And this time the girls are more covered up than usual, but, gentlemen, don’t worry, they don’t stay like that for long! Why? What are you going to do? Usually the dancers start off in the nude but the lighting makes them look dressed. It’s much sexier if they take their clothes off on stage. That’s why the Crazy Horse came to me! Louboutin, Dita Von Teese, Philippe Decouflé. In your opinion which has been the best show up to now? Dita Von Teese was truly spectacular. She has a very sophisticated grace and elegance in how she moves her body. Arielle Dombasle was exceptional too. As was the effect of Louboutin’s red soles on those ten girls with their beautiful legs. What was your inspiration? Films, Fifties and Sixties musicals, Busby Berkeley and Bob Fosse, Swinging in the Rain… Your square bob hairstyle by chance is exactly like the dancers’. Yes it really was a lucky coincidence! I have never tried to look like the Crazy Horse girls, but I do think it’s quite amusing, don’t you? But that’s not all. You add your personal touch by decorating the entrance to welcome the audience right at the doors of the nightclub. In what way? We give out something even more personal at the entrance. Let’s move on to the Chantal Thomass label. What does wearing an item of lingerie signify for you? I put on a bra in the same simple way I put on a pair of shoes, it is an indispensable item of clothing for a woman. It makes her feel self-confident, but it has to go with the clothes she is wearing, in form and in colour. It is the pleasure of feeling something elegant next to the skin…
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INTERVIEW
Ma non è tutto. Lei porta il suo tocco personale rivestendo anche gli spazi per dare il benvenuto agli spettatori già all’apertura delle porte del locale. In che modo? Vogliamo dare, all’ingresso del cabaret, un touch ancora più personale. Passiamo all’universo di Chantal Thomass. Che cosa significa per lei indossare un capo di lingerie? Lo indosso con la stessa semplicità con cui mi metto un paio di scarpe, è un accessorio indispensabile per la donna, la fa sentire sicura di sé, ma deve essere coerente con i vestiti che
Have you got a favourite bra? I would say a black one. My latest model, or rather the model that will be launched in six months time. Which ones should every woman have in her top drawer? Black, flesh, white, one or two patterned ones for the summer, two “invisible” ones, a lace one, one with decorated straps and lastly a good push up for a great plunge neckline. How many do you own? About 150 or maybe more! I have every kind!
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Photo Ivan Genasi Fashion Luigi Gaballo
Versace
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Woolrich jacket, Salvatore Ferragamo dress, Fendi gloves, Versace backpack and fur accessory, Oakley sunglasses, Sarah Borghi tights.
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Chanel dress, sweater and case, Oakley sunglasses, Sarah Borghi tights, Lotto Leggenda sneakers.
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Photo Martina Ferrara Fashion Serena Pompei
Sandro dress.
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Photo Francesco Allegretti @ Mks-Milano Fashion Dinalva Barros @ Mks-Milano
Herno coat, Rossignol sweater, Rossella Jardini collar, Antonelli Firenze trousers, Pierre Mantoux tights, Lanvin shoes.
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K-Way R&D Direct cape, Iceberg vest, Ermanno Scervino shirt and trousers. Opposite page, Tagliatore 0205 coat, Woolrich sweater, Swarovski necklace, Madame Berwich trousers, Lanvin bag, Giuseppe Di Morabito boots.
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FOCUS
A FEMALE GAZE
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FOCUS
Malena Mazza, Senza titolo, 1993.
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FOCUS
ME AND YOU
ALICE SPRINGS:
Alice Springs, Helmut Newton with Lisa Lyon, Venice, California, 1981, © Alice Springs.
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Gisele Bündchen, ph. © Alexei Hay, Trunk Archive.
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Photo Melissa Marcello Fashion Pippy Kong
Ermanno Scervino
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Marc by Marc Jacobs coat, Annakiki blouse.
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Ermanno Scervino hat.
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Photo Sonia Marin Fashion Pina Gandolfi
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Elisabetta Franchi dress, Vivetta coat, Ugo Cacciatori rings, CastaĂąer boots.