Mag uomo06

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MAN


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MAN

SOMMARIO Valentino

EDITORIAL LETTER

Photographer: Matteo Felici Fashion: Sabrina Mellace

I

chapter

page

14

page

PORTRAITS 17

28 VIVIENNE WESTWOOD page

THE NEW DIGITAL AGE 38 GENTLEMEN page

REIMAGINING

page

44

VENUS

chapter

57 II EDITORIAL page

MONUMENT’S MAN

chapter

III

EDITORIAL

page

75

GEOMETRICAL STUDIO 10


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MAN

CONTENTS page

88

LOST & FOUND RIA DUNN

IV chapter

EDITORIAL page

101

SILVER LIGHT

EDITORIAL

SYNONYMS AND ANTONYMS page

119

chapter

V page

VI chapter

139 EDITORIAL TOP FLOOR

chapter

VII FOCUS page

159

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EDITORIAL LETTER Cinzia Malvini

S

ono da poco stata a Catania per l’inaugurazione di Breve storia del resto del mondo, antologia di opere di Pietro Ruffo dedicate ai grandi temi sociali, ospitata fino al prossimo 10 luglio nello spazio della Fondazione Puglisi Cosentino a Palazzo Valle, un edificio tra i più rappresentativi del barocco siciliano. Avevo conosciuto Ruffo, giovane e gentile artista romano, la scorsa estate in occasione dello show di Valentino in piazza Mignanelli a Roma, un super evento voluto dal binomio creativo, Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli, per ritornare a sfilare nella capitale dopo anni, in occasione dell’opening della nuova boutique. Mi aveva colpito il gesto artistico, scarno e moderno, con cui Ruffo aveva superbamente inserito una scenografia asciutta in uno spazio romano che trasuda arte classica da tutti i pori, o sampietrini, come preferite. La stessa impressione che ho provato nella mia breve, ma intensa tappa catanese: ora come allora, il dialogo e l’integrazione tra la cultura più moderna accanto a quella tradizionale era ovunque, in perfetto equilibrio. Difficile staccare gli occhi dalle libellule dell’artista intagliate nel legno, sugli atlanti e sui volti dei grandi pensatori francesi, come dagli ornamenti e dagli affreschi di Palazzo Biscari, sorprendente casa privata della famiglia Moncada Paternò, visitata anche dallo scrittore tedesco Johann Wolfgang von Goethe che cita la residenza nella sua imponente opera, Viaggio in Italia, fondamentale a suo tempo per la diffusione e la conoscenza della cultura italiana, artistica, ma non solo. L’Italia da sola rappresenta il 50% del patrimonio culturale mondiale e non è difficile da capire, l’arte è ovunque e sotto gli occhi di tutti, da mattina a sera, dal primo all’ultimo giorno di vita. Impossibile, per fortuna, sfuggirle, sia che ti venga incontro in modo più evidente sia che si celi nei giardini di una casa di riposo alle porte di Milano, dove abbiamo scattato la cover di questa uscita. Una sorpresa anche per noi che volevamo ricordare, senza alcuna forma di presunzione intellettuale, ma più semplicemente seguendo un filo estetico, come davvero l’arte sia ovunque nel nostro Paese, nelle diverse forme o pieghe, siano quelle di un territorio o di un pantalone. Perché come ha efficacemente ricordato il ministro dei beni e delle attività culturali, l’onorevole Dario Franceschini, venuto a inaugurare l’89esima edizione di Pitti Immagine Uomo a Firenze nel gennaio scorso: non si può parlare di Italia senza parlare di cultura che è anche quella di un made in Italy, fatto, pensato, prodotto e realizzato, scegliete voi la formula che preferite, qui. Di certo nutrito da un Paese che, oggi come ieri, continua a ispirare i protagonisti di un mondo di eccellenze, della pittura, della scrittura, dell’artigianalità senza dimenticare la moda. Da sempre espressione ed esercizio di stile, proporzioni, gusto e cultura, classica o trasgressiva che sia, al pari delle migliori forme d’arte.

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I

recently went to Catania for the inauguration of A Brief History of the Rest of the World, a collection of works by Pietro Ruffo on important social topics shown in a fine example of Sicilian baroque architecture, the Palazzo Valle of the Puglisi Consentino Foundation, until the next July 10. I had met Ruffo, a young and gentle Roman artist, last summer at the Valentino show in piazza Mignanelli in Rome, a huge event organised by the creative duo Maria Grazia Chiuri and Pierpaolo Piccioli to celebrate the return to the capital after several years and the opening of a new store. I had been struck by the lean, modern artistic gesture made by Ruffo, superbly inserting a linear stage set in an area of Rome that exudes classical art from every pore, or every cobble, if you prefer. I had experienced the same impression in my short but hectic trip to Catania: now as then, the dialogue between and the integration of the most modern culture with the traditional was everywhere, in perfect equilibrium. It is hard to take your eyes off the artist’s dragonflies engraved on wood, on atlases and faces of the great French thinkers, or from the ornaments and frescos of Palazzo Biscari, the unusual home of the Moncada Paternò family. It had also been visited by the German writer Johann Wolfgang von Goethe who mentioned the residence in his impressive work, Italian Journey, which was important in its day for disseminating knowledge on the art and culture of Italy. Italy alone contains 50% of the world’s cultural heritage and that is not difficult to understand. Art is everywhere and everywhere the eye turns, from morning to evening and from the first to last day of life. Fortunately it is impossible to escape from it, whether you come across it in the most obvious way or whether it is hiding in a garden of a rest home just outside Milan, where the photograph for the cover of this issue was taken. That was a surprise for us too, we just wanted to record, without any kind of intellectual presumption and simply following an aesthetic thread, how art really is everywhere in our country, in its various forms or folds, whether on the land or in a pair of trousers. Because as the honourable Dario Franceschini, minister of Italian cultural heritage effectively recorded when he came to open the 89th edition of Pitti Immagine Uomo in Florence in January: you can’t talk about Italy without talking about culture which also means the made in Italy; here made, conceived, produced or what you will. It is certainly fed by a country which, today as yesterday, continues to inspire the protagonists of a world of excellences, from painting, writing, and craftsmanship without forgetting fashion. That has always been an expression of and exercise in style, proportion, taste and culture and, whether it be transgressive or classic, equal to the very best forms of art.


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KEY PIECES

Giorgio Armani: determinata, maschile, sicura di sé… Giorgio Armani sceglie l’elegante nuance del testa di moro per lo zaino in pelle di vitello impreziosito dalla stampa cocco, con comoda tasca esterna e tasca interna con zip. Perfetto da abbinare alle slip on con suola in gomma bianca, anch’esse in pelle di vitello color testa di moro abilmente intrecciata sulla tomaia, per un effetto che ricorda la paglia e che ci riporta alla mente calde immagini di estate…

Giorgio Armani: determined, masculine, self-confident... Giorgio Armani has chosen the elegant colour of chestnut brown for a rucksack in crocodile printed calfskin with a useful external pocket and internal zip pocket. Perfect co-ordinated with slipons with white rubber soles, they too in matching chestnut calf skin, the uppers cleverly woven to give a cane effect bringing the warmth of summer to mind...


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PORTRAITS

SCOTT EASTWOOD Valentina Uzzo

Patriottico, maschile e gentiluomo d’altri tempi con le donne, come lui stesso tiene a precisare. A Scott Eastwood, figlio del due volte premio Oscar, Clint, piace essere quel tipo old school che in una classica conversazione tra amici si ritrova a essere l’unico a non conoscere le canzoni del momento, a cui piace ascoltare la bella musica, il blues, il country, andare a cavallo e avere una vita semplice, lontano dai riflettori di Hollywood. A tal punto da arrivare a desiderare di continuare a recitare, ma senza diventare famoso. Una serie di passioni, le sue, nate durante gli anni del liceo, quando trascorreva intere giornate nel grande ranch di papà Clint nella California del Nord. Si definisce “cowboy nell’anima” e questo gli ha facilitato molto le cose quando, nel 2015, è stato chiamato a interpretare il ruolo del cavalcatore di tori Luke Collins nel film tratto dall’omonimo romanzo di Nicholas Sparks, La risposta è nelle stelle. Ma la sua scalata verso l’Olimpo è iniziata ben prima, nel 2006, debuttando sul grande schermo proprio con un film diretto dal padre, Flags of Our Fathers. “Sono cresciuto girando i set di tutto il mondo insieme a mio padre. Ogni giorno mi sento ispirato da lui, ma il fatto che io sia figlio di Clint Eastwood non significa che non debba lavorare per vivere. La mia vita non cambia, lavoro duro ogni giorno, cercando di farlo nel miglior modo possibile”. “Una volta mio padre mi disse: ‘Se non sei il più bravo non ti prendo, prenderò il più bravo, non mio figlio’ e quando compresi di saper portare quel cognome decisi di iniziare a usarlo. Credo che anche mio padre lo volesse”. E Scott, alla soglia dei 31 anni appena compiuti, dimostra di aver sfruttato al meglio la sua eredità, annoverando nel suo curriculum kolossal, come nel caso di Fury, al fianco di Brad Pitt e Shia LaBeouf, An American Crime, Invictus - L’invincibile, Non aprite quella porta 3D. E ancora, Gran Torino e Pride. E poi, ci sono gli “attesissimi”, le tre importanti produzioni: Snowden, firmato dal regista undici volte candidato all’Oscar Oliver Stone, Suicide Squad di David Ayer e Live by Night, il nuovo lungometraggio di e con Ben Affleck, tratto dal romanzo di Dennis Lehane. E aspettando la loro uscita, Scott si tiene impegnato nella nuova campagna di Persol, Meet the New Generation, chiamato a rappresentare la nuova generazione di astri nascenti del cinema, indossando, due dei modelli Persol più in voga nella Hollywood degli anni ’50, quella che vide papà Clint alle prese con i primi provini della sua carriera.

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Patriotic, masculine and, with women, an old fashioned gentleman, as he likes to say himself. Scott Eastwood, son of the twice Oscar winning Clint, likes being that kind of old school who in the usual, everyday conversations between friends he finds he is the only one not to know the songs of the moment; he likes listening to good music, the blues, country, he likes to go riding and live the simple life, far from the Hollywood spotlights. To the extent of wanting to continue acting but without becoming famous. He has a number of passions, originating at high school when he spent entire days on his father Clint’s enormous ranch in North California. He describes himself as a “cowboy in the soul” and this helped him a lot when, in 2015, he was asked to play the role of the bull rider Luke Collins in the film based on the book of the same title, The Longest Ride. But his climb up the ladder of fame began a lot earlier, in 2006, debuting on the silver screen in a film directed by his own father, Flags of Our Fathers. “I grew up with my father on film sets all over the world. I feel inspired by him every day, but the fact that I am the son of Clint Eastwood doesn’t mean I don’t have to work for my living. My life doesn’t change, I work hard every day, trying to do be the best possible”. “My father once said to me, ‘If you are not the best I won’t take you on, I will take the best, not my son’ and when I had learnt how to carry that surname I decided to start using it. I think my father wanted that too”. And Scott, at just 31, proves how he has made the very best of his heritage, his impressive curriculum numbering films like Fury alongside Brad Pitt and Shia LaBeouf, An American Crime, Invictus, Texas Chainsaw 3D. As well as Gran Torino and Pride. And then there are more, three much awaited major productions: Snowden directed by an eleven times Oscar nominated Oliver Stone, Suicide Squad directed by David Ayer and Live by Night, the new feature length movie directed by and starring Ben Affleck, from the book by Dennis Lehane. And while waiting for their release, Scott is keeping himself busy with the new Persol advertising campaign, Meet the New Generation, for which he has been asked to represent a new generation of emerging film stars by wearing two of the most fashionable styles of Persol in the50s, the ones that saw his father taking the first auditions in his career.


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PORTRAITS

Scott Eastwood in the Meet the New Generation campaign by Persol. 19


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BRYAN LEE CRANSTON PORTRAITS

Barbara Bolelli

La storia del più controverso sceneggiatore di Hollywood, Dalton Trumbo, scrittore e attivista - premio Oscar al miglior soggetto per Vacanze romane di William Wyler (1953) e La più grande corrida di Irving Rapper (1956) realizzati sotto pseudonimo e autore, tra gli altri, di Exodus di Otto Preminger e Spartacus di Stanley Kubrick (entrambi, 1960) - rivive al cinema nell’interpretazione di uno straordinario Bryan Lee Cranston, riconsegnando così a quell’uomo accattivante, che tanto amava scrivere nella sua vasca da bagno, l’ultima parola, ovvero la giusta attenzione dopo il maccartismo e l’allontanamento subiti nell’America degli anni ’40/’50. Un biopic sulle vicende e gli affetti di un outsider, L’ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo del regista Jay Roach, che ha portato a Cranston la candidatura ai Golden Globe e al premio Oscar come miglior attore protagonista. Perché allora non ritrarre Bryan Lee Cranston che ritrae Dalton Trumbo? “Ho imparato molto. E più imparavo più coglievo la sua essenza - rivela l’attore - Il denominatore comune che si ritrova nei suoi film è che c’è sempre un personaggio che sceglie l’onore al posto della crescita personale, che combatte per il percorso giusto. Dalton Trumbo ha sentito che poteva essere la voce delle persone più deboli e questo l’ha reso straordinario. Ho cercato di mostrare soprattutto il lato umano: la pressione che subì avrebbe potuto distruggere la sua famiglia… eppure, ciò non avvenne proprio per il forte legame con i suoi cari. Le sue figlie sono state di grande aiuto”. Californiano, classe 1956, Bryan Lee Cranston è principalmente noto per il ruolo di Walter White nella pluripremiata serie televisiva Breaking Bad. Un interprete di esperienza e innata bravura, capace di muoversi con abilità tra teatro, tv e cinema. Figlio di un aspirante attore, reduce da un’infanzia tutt’altro che semplice, ha la recitazione nelle vene e nel cuore, come per Trumbo era con la scrittura. Grande fan di Star Wars e di J. J. Abrams, i suoi eroi sono Dick Van Dyke, Jack Lemmon, Rod Steiger e Spencer Tracy, per non parlare di Marlon Brando. “Prima di accettare una parte valuto sempre con attenzione tre aspetti - dice - La prima cosa è la storia stessa. Mi prende? Uscirò dal cinema sentendomi meglio? Anche se per due ore riesce a farmi dimenticare i miei problemi, sono due ore preziose. La seconda cosa è il testo. Anche la storia più fenomenale, necessita di essere ben scritta. E poi c’è il personaggio”. Nessun dubbio sul fatto che Dalton Trumbo lo abbia conquistato: “Amava il suo Paese. Pensava che potesse migliorare ancora. E nel film afferma: ‘Tutti abbiamo il diritto di sbagliare’. Ecco, permettere a tutti la libertà di sbagliare è l’essenza dell’americanismo”.

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The story of the most controversial screenwriter in Hollywood, Dalton Trumbo, writer and activist - who won an Oscar for writing Roman Holiday directed by William Wyler (1953), The Brave One directed by Irving Rapper (1956) written using a pseudonym and author among others of Exodus directed by Otto Preminger and Spartacus directed by Stanley Kubrick (both in 1960) - has been brought back to life through the exceptional acting of Bryan Lee Cranston. Thus giving the attention owed to such a fascinating man, who loved to write in his bath tub, after the ostracising he suffered from and the blacklisting in the America of the 40s/50s. A biopic on the life and loves of an outsider, Trumbo, directed by Jay Roach, brought Cranston a nomination for a Golden Globe and Oscar as best leading actor. So why not portray Bryan Lee Cranston who portrayed Dalton Trumbo? “I learned a lot. And the more I learned the more I absorbed his essence - reveals the actor - The common denominator in his films is that there is always a character who chooses honour in the place of personal growth, who fights for justice. Dalton Trumbo felt that he could be the voice of the weakest and that is what made him special. I tried above all to show his human side: the pressure he was under could have destroyed his family... and yet that didn’t happen because of the strong bond that linked them. His daughters were a great help to him”. Californian, born in 1956, Bryan Lee Cranston is principally known for his role as Walter White in the multi-award winning TV series Breaking Bad. An experienced actor with an innate talent who is able to move easily between theatre, TV and film. The son of an aspiring actor and with a childhood that was anything but simple, he has acting in his blood and in his soul, as Trumbo had for writing. A great fan of Star Wars and J. J. Abrams, his heroes are Dick Van Dyke, Jack Lemmon, Rod Steiger and Spencer Tracy and Marlon Brando of course. “Before accepting a part I always consider three aspects carefully - he says - The first thing is the story itself. Does it grab me? Will I come out of the cinema feeling better? Even if it allows me to forget my problems for two hours, those are two precious hours. The second is what is the script like. Even the most amazing story needs to be well written. And then there is the character”. There is no doubt that he was captivated by Dalton Trumbo: “He loved his country. He thought it could become even better. And in the film he says: ‘We all have the right to be wrong’. Yes, allowing the freedom to be wrong is the essence of being American”.


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PORTRAITS

Bryan Lee Cranston in Trumbo, distributed by Eagle Pictures. 21


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“LA MIA CAMPAGNA PER VENEZIA”

“MY CAMPAIGN FOR VENICE” Cinzia Malvini


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ART FORMS

ETRO THE CIRCLE OF POETS L’arte è per Etro parte della sua stessa identità. “Faithful to Love and Beauty”, fede nell’amore e nella bellezza, è il motto di riferimento, il Circolo dei Poeti ne è la messa in atto. Undici artisti, undici giovani scapigliati, sostenitori del bello, della condivisione e dello scambio generatore di nuove possibilità di espressione. Undici discipline, undici pensieri, undici diverse forme d’arte. Undici racconti, attimi quotidiani di vita milanese, fotografati in bianco e nero da Nicolò Gialain. Un circolo di poeti, con poetessa!, che prende spunto dal movimento letterario della seconda metà dell’Ottocento. Portando aria nuova nella cultura, ora come allora. F.I.

For Etro art is part of its identity. “Faithful to Love and Beauty” is the motto and The Circle of Poets is its enactment. Eleven artists, eleven young “Scapigliati” (Italian bohemian), supporters of beauty, of sharing and exchange as a generator of new forms of expression. Eleven disciplines, eleven different kinds of approach, eleven different art forms. Eleven stories, instants in the daily life of Milan, photographed in black and white by Nicolò Gialain. A circle of poets, and one poetess!, inspired by the Italian literary movement of the second half of the 19th century. Bringing the same fresh air to culture, as it did then.

Adalberto Lombardo, regista. Alan Borguet, pittore. Andrea Zardin, gallerista. Catherine Leo, studentessa di Belle Arti. Cesare Rimini, designer. Edoardo Tabacchi, tatuatore. Federico Signorelli, imprenditore. Jaques Leo, pittore. Matteo Ciabattini, architetto. Niccolò Basso, musicista. Nicolò Gialain, fotografo.

Adalberto Lombardo, director. Alan Borguet, painter. Andrea Zardin, gallery owner. Catherine Leo, Fine Art student. Cesare Rimini, designer. Edoardo Tabacchi, tattoo artist. Federico Signorelli,entrepreneur. Jaques Leo, painter. Matteo Ciabattini, architect. Niccolò Basso, musician. Nicolò Gialain, photographer.

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subvErtising

I NUOVI GENTLEMEN DELL’ERA DIGITALE RITORNO AL FUTURO:

BACK TO THE FUTURE:

THE NEW DIGITAL AGE GENTLEMEN Enrico Maria Albamonte

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Matt Damon in The Martian, ŠtCFHE, now available in dvd and blu-ray.

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BEING VENUS

RIMMAGINARE VENERE REIMAGINING VENUS Barbara Bolelli

La dea della bellezza nata dalle spume del mare ha tanto da dire sull’arte italiana. Sensualità, mito, tratti e proporzioni disegnati da artisti quali Botticelli, Leonardo, Correggio e Tiziano sono stati più che volentieri rimmaginati nei lavori di stranieri e contemporanei. L’occasione è, allora, quella di prendere Venere a modello e di osservare come davvero il chiodo fisso dell’arte non sia poi mai stato rappresentare cose nuove quanto, invece, rappresentarle con novità

The Goddess of Beauty, born from the sea, has a lot to say for Italian art. Sensuality, myth, line and proportion drawn by artists like Botticelli, Leonardo, Correggio and Titian have more than happily been re-imagined by both foreign and contemporary artists. Let’s see then how Venus has been taken as a model to observe how obsession in art has never been about painting something new but of painting subjects in a new way

Jeff Koons, Antiquity 1, 2009-2012, © Jeff Koons, courtesy of the artist, from Art Now! Vol. 4, Taschen.

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BEING VENUS

CHAPTER I, VENUS PUDICA Se si considera che il ritrovamento della Venere di Milo - originale greco del 130 a.C., rinvenuto senza braccia da un contadino e poi portato in Francia - è datato 1820, è facile pensare a come prima di allora tutte le attenzioni fossero per un’altra statua, la Venere capitolina - la Venere per antonomasia, fino a quel momento. Caso vuole che quest’ultima fosse, poi, già di per se stessa una rimmaginazione: una copia romana della celebre, amatissima statua di Afrodite eseguita da Prassitele nel 360 a.C. La Venere capitolina fu quindi per molto tempo il punto di riferimento di bellezza e canone, un canone che si rifaceva al modello classico della Venus pudica: la dea era rappresentata nell’atto di coprirsi vergognosa, con una mano sul seno e l’altra sul pube. 2002, Venus, invece, si s-copre sensualmente mostrando a tutti, più che il pudore, una manicure assolutamente perfetta: se l’è rimmaginata proprio così il re del kitsch, l’artista più amato e vezzeggiato di oggi, Jeff Koons, che, concentrandosi proprio su quel dettaglio, ne ha dato un’interpretazione mondana e moderna. Come sarebbe Venere oggi? Come una pornostar che abbraccia la Pantera rosa.

CHAPTER I, PUDIC VENUS If you consider that the discovery of the Venus de Milo, Greek, circa 130 BC - found armless by a peasant and then taken to France - was in 1820, it is easy to think how before then all the attention was on another statue, the Capitoline Venus - until that time considered the quintessential Venus. It so happens that this Venus was already a re-imagining: a Roman copy of the much loved and famous statue of Aphrodite by Praxiteles in 360 BC. The Capitoline Venus was then, for a very long time, the canon and reference point for beauty, a canon which was inspired by the classic model of a Pudic Venus: the goddess was represented in the modest act of covering her breasts one hand and her groin with the other. In 2002 on the other hand Venus sensually un-covers herself, rather than modesty, revealing all and an absolutely perfect manicure: this is exactly how the king of kitsch, the most loved and cherished artist of today, Jeff Koons has re-imagined her, concentrating precisely on that detail and giving her a worldly, modern interpretation. How would Venus look today? Like a porn star in the arms of the Pink Panther.

The Capitoline Venus (detail), Musei Capitolini, Rome. Opposite page, Jeff Koons, Venus, 2002, Easyfun-Ethereal series, © Jeff Koons Studio, from Jeff Koons, Taschen.

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Photo Matteo Felici Fashion Sabrina Mellace

Giorgio Armani


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Dolce&Gabbana Opposite page, Prada.


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Photo Angela Improta Fashion Sabrina Mellace


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Etro coat and shirt. Opposite page, Salvatore Ferragamo sweater.


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Bottega Veneta jacket and T-shirt. Opposite page, Valentino jacket, shirt and trousers.


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LOST & FOUND RIA DUNN Flavia Impallomeni


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INTERVIEW

“È il ciclo della vita… i momenti in cui perdiamo noi stessi e quelli in cui ci ritroviamo. La perdita e la riscoperta”. Lost & Found Ria Dunn, marchio nato nel 2007 dalla mente imprenditoriale di Alessandro Esteri e da quella creativa della moglie Ria Dunn, si è fin da subito affermato come un vero e proprio stile di vita e non come un semplice brand di moda, ai capi di abbigliamento si sono aggiunte le produzioni di una linea di complementi d’arredo e di una birra artigianale in vendita da Eataly. Tutto avviene, nasce e cresce nelle campagne toscane vicino ad Arezzo, dove si trova la sede dell’azienda e anche la casa di Alessandro e Ria, da quando, di origini canadesi, si è stabilita in Italia dal Nord America dove lavorava. Oggi, Lost & Found Ria Dunn presenta un nuovo progetto, un cortometraggio, o meglio sarebbe dire un documentario, girato dal talento francese William Lacalmontie, per conoscere il marchio, che cos’era e che cosa è, attraverso la quotidianità della sua designer. Otto mesi di lavoro, una storia lunga 40 minuti, trasmessa per 12 volte durante l’ultima edizione di Pitti Uomo, un racconto vero, intenso, diretto: “Niente copione, niente idee precostituite… niente make up. Per farlo, William doveva essere sempre lì - racconta Ria - Mi ha visto nei momenti buoni e in quelli cattivi. Una stilista, una madre, una donna che pulisce il pollaio. Volevamo comunicare in modo diretto con la gente che può apprezzare Lost & Found Ria Dunn”.

“It’s the cycle of life… the moments when we lose ourselves and the moments when we find ourselves. Loss and Discovery”. Lost & Found Ria Dunn, a brand launched in 2007 through the entrepreneurial spirit of Alessandro Esteri and the creative spirit of his wife Ria Dunn, was immediately affirmed as a true way of life and not just as a fashion label. The production of a range of objects for the home and a craft beer sold at Eataly, were added to the clothes. Everything took place, originated and grew in the Tuscan countryside near Arezzo, where the company has its headquarters and which is also the home of Alessandro and Ria who was originally from Canada but settled in Italy after working in North America. Today Lost & Found Ria Dunn has presented a new project, a short film or better a documentary made by the talented Frenchman William Lacalmontie, to publicise the brand, relate what it was and what it is, through the everyday life of its designer. Eight months work for a 40 minute film, a true, intense and direct story, which was shown 12 times during the last edition of Pitti Uomo: “No script, no pre-meditated ideas… no make up. To do that William had to always be there - said Ria - He saw me in my good moments and my bad. A designer, a mother, a woman cleaning the hen house. We wanted to express in a direct way with people who can appreciate Lost & Found Ria Dunn”.

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INTERVIEW

INTERVISTA CON RIA DUNN

AN INTERVIEW WITH RIA DUNN

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INTERVIEW

Come è nata l’idea di dar vita a Lost & Found Ria Dunn? Che cosa è diventato oggi? Lost & Found Ria Dunn è nato in un momento difficile della mia vita, immagino che si possa chiamare una vera e propria crisi. Prima della creazione del marchio, mi sono ritrovata trapiantata dal Nord America all’Europa e ciò non è stato semplice. Avevo lavorato per molti anni come “designer” e, tuttavia, è stato difficile trovare il giusto fit in Italia. In un certo senso, è stato come essere strappata dalla mia comfort zone e dalla mia identità. Mi sono resa conto che il modo di lavorare che avevo adottato in passato non era più giusto per me e che la mia idea per un marchio era diversa. Così, dopo un lungo viaggio nel Nordafrica, con Alessandro Esteri abbiamo deciso di creare il brand insieme.

How did the idea for Lost & Found Ria Dunn originate? What has it become today? Lost & Found Ria Dunn was created during a difficult moment in my life, I guess you could say a crisis. Before the creation of the brand I had uprooted myself from North America to Europe and it proved to be complicated. I had worked for many years as a “designer” and yet it was difficult to find the right fit in Italy. In a way it was like being torn away from my comfort zone and my identity. I realized that working the way I had done in the past was no longer right for me and that my idea for a brand was different. So following a long journey round North Africa with Alessandro Esteri, we decided to create a brand together.

Il nome che avete scelto è molto particolare, ma allo stesso tempo ha un suono semplice, essenziale, potremmo dire quasi familiare. Che cosa significa per lei? È un nome con il quale tutti noi abbiamo a che fare, in particolare quando perdiamo qualcosa. Ma in realtà rappresenta il ciclo della vita… i momenti in cui perdiamo noi stessi e ci ritroviamo. La perdita e la riscoperta. Mi sento vicina a questo nome, perché credo che descriva molto bene lo stato in cui ci troviamo. Sotto molti punti di vista, abbiamo perso le nostre fondamenta, senza capire più ciò che siamo diventati. Volevo che il brand facesse riferimento al ritorno alle origini, ma con lo sguardo puntato in avanti e in continua evoluzione… La creazione e il sogno, ma con i piedi ben piantanti per terra.

The name you have chosen is a very particular name but essential and simple at the same time, we could almost call it familiar. What does it mean for you? In fact, it is a name that we all relate to, typically when we lose something. But actually the name represents the cycle of life… the moments when we lose ourselves and find ourselves. Loss and Discovery. I feel very close to this name because I think it represents the state we are in now very well. In many ways we have lost our base and don’t understand very well what we represent anymore. I wanted this brand to be about retouching and origins but going forward and evolving… Creating and dreaming, but with our feet on the ground.

Lost & Found Ria Dunn è uno stile di vita, una visione del mondo che lei ha condensato in tre parole: integrità, ribellione, indipendenza. Perché le ha scelte? Abbiamo bisogno di integrità in quello che facciamo, sempre. L’indipendenza è importante, perché è necessaria per restare connessi, ma non sottomessi, a un sistema che altrimenti potrebbe indurti in errore o forzarti in direzioni che potrebbero essere quelle sbagliate per te. La ribellione è quel curioso stato d’animo che ti fa fare le cose in modo diverso e provare nuove strade. Un po’ come il punk che dà la giusta scossa.

Lost & Found Ria Dunn is a life style, a vision of the world that you have condensed into three words: integrity, rebellion and independence. Why did you choose those? We need integrity in what we do, always. Independence is important because it is important to be connected but not tied to systems that can mislead you or pressurise you to go in directions that may not be right for you. Rebellion is that curious spirit that wants to do things differently and try new ways. A little bit of punk makes things vibrant.

Il suo approccio alla moda è molto diverso dal solito, non si cura di essa se la si intende come tendenza del momento. Che cosa è dal suo punto di vista? Penso che sia un’ottima domanda con una risposta non così buona. Che cosa è la moda oggi? Forse potrà sorprendervi, ma non mi sento molto vicina alle tendenze e al fashion system. Ma credo che ognuno di noi abbia bisogno di bellezza nella propria vita. Di ciò che ci fa sognare, che ci dà speranza e fuggire, ogni tanto. Se un abito può fare anche solo una piccola parte, se è in grado di farci sentire un po’ più vicini a noi stessi, è per questo che lo faccio.

Your approach to fashion is very different from the usual, you don’t consider it as trends of the moment. So what is it for you? I think this is a good question with a not very good answer. What is fashion now? It may surprise you if I were to tell you that I don’t feel very close to trends and the fashion system. But I do believe that we all need beauty in our lives. We need things that allow us to dream, to have hope and to escape from time to time. If an item of clothing can be a small part of that, make us feel a little closer to ourselves, that that is why I do it.

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Photo Mario Gomez Fashion Sabrina Mellace

Valentino coat, sweater and jeans, Paolo Pecora T-shirt.


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Giorgio Armani jacket, sweater and trousers, Dr. Martens shoes. Opposite page, Ermenegildo Zegna jacket, sweater, polo shirt and trousers, Neil Barrett shoes.


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Photo Melissa Marcello Fashion Alessandra MacrĂŹ

From left, Mauro Grifoni jacket and trousers, Ballantyne polo shirt, Moreschi sandals; Tagliatore jacket and trousers, Lardini turtleneck, Moreschi sandals.


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Ermanno Scervino jacket. Opposite page, from left, Stone Island shirt, Porsche Design trousers; Drome jacket, Andrea Incontri sweater, Patrizia Pepe trousers.


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Photo Marco Marezza Fashion Luigi Gaballo

From left, Michael Kors trench, shirt and trousers, a.testoni shoes, Pugnale & Nyleve sunglasses; Trussardi jacket, sweater, trousers and bag, Moreschi shoes; Canali jacket, shirt and trousers, Roberto Botticelli shoes.


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From left, Barbour coat, Paolo Pecora jacket, Corneliani scarf, Brunello Cucinelli trousers, Alain Mikli glasses; Gucci hat, Brunello Cucinelli jacket, Paolo Pecora T-shirt and trousers, Lardini scarf, Alto Milano socks, Bottega Veneta sandals, Alain Mikli glasses; Bottega Veneta hat, 120% Lino jacket, Lardini sweater, Berwich trousers, Orciani belt, Alto Milano socks, Corneliani sandals, Diesel glasses.


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FOCUS

COGLI L’ATTIMO CAPTURE THE MOMENT

Bianco e nero, una spiaggia, tre ragazzini di colore, 10-12 anni circa, si rincorrono tra le onde che si frangono sulla riva. È l’istante fissato per sempre dal fotografo ungherese Martin Munkácsi e lo stesso che ha cambiato la vita di Henri Cartier-Bresson: “È stata quella foto a dar fuoco alle polveri, a farmi venir voglia di guardare la realtà attraverso l’obiettivo”. Nato a Chanteloup-en-Brie, Francia, nel 1908 e scomparso nel 2004 all’età di 96 anni, la prima macchina fotografica la riceve nel ’29 dallo scrittore Harry Crosby, suo commilitone nell’esercito francese, ma è solo nel ’31, al rientro da un viaggio in Costa d’Avorio e dopo aver visto l’immagine di cui sopra, che inizia a utilizzarla con passione. Regista - ha lavorato varie volte con Jean Renoir e attore - voleva capire cosa si provasse a stare dall’altra parte - ma soprattutto pittore, tanto che a partire dagli anni ’70 lascia la fotografia e si dedica prettamente a disegnare e dipingere, Henri Cartier-Bresson è tutto questo, certo, ma il suo talento, quello che lo ha reso un’artista indimenticabile, sta semplicemente nel saper comprendere

Black and white, a beach, three black kids aged between 10 and 12 chase each other through the waves breaking on the shore. An instant caught forever buy the Hungarian photographer Martin Munkácsi and the one that changed Henri Cartier-Bresson’s life forever. “It was that photograph that lit the touch paper for me, made me want to see the world through a camera lens”. He was born in Chanteloup-en-Brie in France in 1908 and died in 2004 at the age of 96. Henri Cartier-Bresson was given his first camera by his comrade-in-arms in the French army, the writer Harry Crosby in 1929 but it was only in 1931, on returning from the Ivory Coast and after having seen the previously mentioned picture that he began using it with a passion. He was a director, he worked several times with Jean Renoir, and actor - he wanted to see what it was like on the other side - but above all a painter, to the extent that from the 70s onward he abandoned photography and dedicated himself entirely to drawing and painting. Henri Cartier-Bresson was all of these things,

Derrière la gare Saint-Lazare, Paris, 1932, © Henri Cartier-Bresson, Pierre Gianadda Foundation-Coll. Sam Szafran. 160


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FOCUS

THE POWER OF THE GLOSSY BEAUTY

“Quello che trovo interessante è lavorare in una società piena di tabù. E la fotografia di moda è parte di questa società in cui i tabù che ti assalgono vanno affrontati. O aggirati”. Voglia di scoprire, desiderio di emozionare, il gusto di catturare, sembrerebbe semplice la filosofia alla base del lavoro di Helmut Newton, maestro di una rivoluzionaria fotografia di moda di fine Novecento: sedurre, divertire e intrattenere creando delle storie, siano esse più o meno compiute, ambigue relazioni di

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“What I find interesting is working in a society with certain taboos. And fashion photography is about that kind of society. To have taboos, then to get around them”. Helmut Newton, the master of a revolutionary style of fashion photography at the end of the 20th century, had an apparently simple philosophy; the desire to discover, to excite and capture in a photograph. He wanted to seduce, amuse and entertain by creating more or less finished stories and play ambiguous games


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FOCUS

Helmut Newton, The Story of O, American Vogue 1975, Š Helmut Newton Estate.

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FOCUS

INVISIBLE ROOMS FRANCIS BACON

Francis Bacon, in oltre trenta opere tra dipinti, disegni mai visti e documenti per una delle pi첫 grandi esibizioni a lui mai dedicate: Francis Bacon: Invisible Rooms, alla Tate Liverpool dal 18 maggio al 18 settembre 2016

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Francis Bacon in over 30 works; paintings, drawings and documents exhibited for the first time in one of the largest exhibitions ever dedicated to him: Francis Bacon: Invisible Rooms at Tate Liverpool from 18th May to 18th, September 2016


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FOCUS

Francis Bacon, Study for a Portrait 1952, Š Estate of Francis Bacon, all rights reserved, DACS 2016. 171


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