Book Moda Pret a Porter108

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PUBBLICAZIONE PERIODICA TRIMESTRALE N. 108

FSV 100,00 (compreso Ticino) - B € 65,00 - F € 55,00 - D € 75,00 - E € 56,90 - P € 62,50 - A € 59,59 - NKr 695,00 - L € 60,00 Italy only € 35,00

fall/winter 2010-11

M-3915-108-€ 55,00-RD


Periodico Trimestrale di Moda e Informazione - Prêt-à-Porter Autunno/Inverno - Fall/Winter 2010-2011 1- Numero 108 Direttore Editoriale Marco Uzzo marco.uzzo@bookmoda.com

1.

Direttore Responsabile Gianluca Lo Vetro gianlucalovetro@bookmoda.com

Contributors 1. Pier Paolo Piccioli, Valentino’s designer & Stefano Guindani, photographer 2. Maria Luisa Bertolini, journalist 3. Kehinde Wiley, artist 4. Luigi Treccani degli Alfieri 5. Fabriano Fabbri, teacher in Contemporary Art at Bologna University 6. Beppe Angiolini, Chairman of the Italian Chamber of Fashion Buyers

Art Director Diego Lombardo diego.lombardo@bookmoda.com Redazione Gianpiero Di Bari g.dibari@bookmoda.com Antonella Scorta antonella.scorta@bookmoda.com

2.

Sonia Spagnol sonia.spagnol@bookmoda.com

4.

Francesco Rapazzini (Corrispondente da Parigi) frapax@orange.fr Produzione Lorenzo Capitani produzione@bookmoda.com Hanno collaborato Carlo Prosdocimi carlo.prosdocimi@bookmoda.com Marco Caruccio, Luca Maria Traverso Traduzioni Studio MVM Servizi Fotografici Marcelo Capizzano, Lucio Colapietro (stylist) Simone Manzo, Roberto Tecchio

3.

5. 6.

Autorizzazione del Tribunale di Milano n° 383 del 28.05.1990 - N° Iscrizione ROC 9982

Segreteria di Redazione Cecilia Scolari cecilia.scolari@bookmoda.com Amministrazione Maurizio Milazzo maurizio.milazzo@bookmoda.com Giovanna Pennati giovanna.pennati@bookmoda.com Tipografia GRAFICHE MAZZUCCHELLI S.p.A. Via Cà Bertoncina, 37 - 24068 Seriate (BG) Tel. 0352921300 - Fax 0354520185 www.mazzucchelli.it Fotolito ITALCOLOR S.r.l. - Via L. Cavaleri, 6 - 20147 Milano Tel. 0289699716 - Fax 0289699717 italcolor@italcolor.it Diffusione Italia: Messaggerie Internazionali Via Manzoni, 8 - 20089 Rozzano (MI) numero verde 800827112

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2010

COMING

COOL p a s t

r e t u r n s

di Sonia Spagnol

Tempo di spazio Dal 2000 la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) è abitata da 2 astronauti, sostituiti con cadenza semestrale. Il programma, nato dal lavoro congiunto delle agenzie spaziali di Europa, USA, Canada, Russia e Giappone, in Ottobre raggiungerà il record di permanenza umana nello spazio, superando il primato della stazione russa Mir, non più operativa. La ISS è in orbita intorno alla Terra ad un’altitudine di circa 350 km. Per compiere il giro completo del pianeta impiega 92 minuti. La “casa spaziale”, costruita in più di 40 viaggi, ha un volume pressurizzato di 1.000 metri cubi e una massa di 400.000 chili. Al suo interno, l’ossigeno viene generato tramite l’elettrolisi dell’acqua. Da qualche stagione, la moda è proiettata verso lo spazio, in particolare nella ricerca di tessuti tecnici e avveniristici. Ma questo anniversario, sommato alla sensazionale notizia che ben quattro donne sono state mandate proprio sulla ISS, potrebbe ispirare un revival dello stile lunare, peraltro Anni ’60: epoca già citata dalle ultime passerelle. Senza considerare che tra abitazioni e neo-turismo in orbita c’è tutto un guardaroba da studiare ex novo per l’assenza di gravità. In vista del primo volo orbitale con equipaggio a bordo attorno a Marte, promesso da Obama per il 2035.

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anni/years

1880: Incredibile ma vero: viene trasmessa la prima conversazione telefonica wireless. Alexander Graham Bell e Charles Sumner Tainter inventano il fototelefono funzionante con i raggi del sole. Tuttavia, l’apparecchiatura non trova applicazione per mancanza di dispositivi adeguati.

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1930: Gli scienziati Arnold Collins e Wallace Carothers della DuPont inventano il neoprene, originariamente denominato “duprene”. Utilizzato per le mute da sub, entra nell’abbigliamento quotidiano negli Anni ’80 con le sperimentazioni di Gianni Versace e Nicola Trussardi. Per l’estate 2010 Versus propone il pizzo in neoprene.

1880. Unbelievable but true, the first wireless telephone conversation was transmitted.

Alexander Graham Bell and Charles Sumner Tainter invented a photo telephone which worked with sun light. However it was a project that was never completed.

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1930: The scientists Arnold Collins and Wallace Carothers of DuPont invented Neoprene, which was originally called “Duprene”. It was originally used for wet-suits but entered into the realms of everyday clothing in the eighties with experiments by Gianni Versace and Nicola Trussardi. For the summer 2010 Versus presents the Neoprene lace.


Space time Since 2000 the International Space Station (ISS) has been manned by two astronauts on six monthly rotas. This programme is jointly run by the space agencies of Europe, the USA, Canada, Russia and Japan and in October the record of the length of time man has been in space will beat the record set by the Russian station, Mir (no longer in operation). The ISS orbits the earth at an altitude of approximately 350 km. It takes 92 minutes for a single orbit. The station took 40 trips to build, has a pressurised volume of 1,000 m3 and weighs 400,000 kilos. Oxygen is generated by electrolysis with water. Over the last few seasons the world of fashion has taken a new look at space, especially in the field of technical and futuristic textiles. But this anniversary, celebrated by the news that four women have gone to the space station, could inspire the revival of a lunar style (so sixties): an age that has already been seen on the catwalks. And that’s without considering that, without gravity, a whole new wardrobe for astronauts and space tourists needs to be invented. Looking for the first orbital flight around Mars, with human crew on board, as promised by Obama by 2035.

MAN RAY EXHIBITIONS

Man Ray – Robert Mapplethorpe (Fondazione Marconi, Milano, fino al 22 maggio) Man Ray (Palazzo Casotti, Reggio Emilia, 7 maggio - 13 giugno) Man Ray: Unconcerned But Not Indifferent (National Art Centre, Tokyo, 14 luglio - 13 settembre) Man Ray: African art and the modernist lens (University of Virginia Art Museum, Charlottesville, Virginia, 7 agosto - 10 ottobre)

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1825: Maria Carolina di Berry, moglie di Carlo Ferdinando di Borbone, è considerata la prima bagnante della storia: suscita scalpore andando in mare con un abito di lana pesante, calze e scarpe di vernice. Scandaloso, perché le dame dell’epoca si fanno solo lambire dall’acqua e vengono accompagnate in carrozza fino sul bagnasciuga.

1825: Maria Caroline of Berry, the wife of Charles Ferdinand of Bourbon is considered one of the first sea bathers ever: she caused a scandal by entering the sea dressed in a thick woollen dress, stockings and patent leather shoes. This was considered a scandal because the women of that time at most would only paddle on the edge of the water and then be transported back to changing huts in a carriage.

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1890: Nasce Man Ray, pittore e fotografo dadaista, saccheggiato dalla moda. L’artista statunitense rifiuta radicalmente l’arte tradizionale e nel 1921 scopre per caso le rayografie: disegni luminosi che esaltano il carattere paradossale e inquietante del quotidiano con immagini deformate, quasi in rilievo.

1890: Man Ray was born. This American painter and photographer of the Dada movement was plundered by fashion. He turned his back on classical art and, in 1921, quite by chance discovered rayographs: images made with light that exaggerated the paradoxical and unsettling character of everyday objects by altering their shapes which appeared almost in relief.

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2010

COMING

COOL p a s t

r e t u r n s

Top birthday Nel 1930 Mickey Mouse fa la sua prima apparizione. Floyd Gottfredson, storico disegnatore della Walt Disney, nel 1928 viene incaricato da Walt di pensare la striscia sul topo più famoso del mondo. Per ben 45 anni Gottfredson svilupperà la saga di Topolino, creando tutti i personaggi di contorno, da Macchia Nera (1939) a Eta Beta (1947). Compresa la memorabile spalla di Mickey: Pippo (battezzato prima Dippy the Dawg, poi Goofy). Il primo Topolino che si muove sullo schermo cinematografico è in bianco e nero con braghe corte e non indossa i guanti bianchi sulle quattro dita. Con l’avvento del colore, i suoi calzoni si tingeranno prima di verde e poi di rosso. Il cartoon simbolo dell’azienda viene pubblicizzato per la prima volta nel 1934 da un pallone gonfiabile della Good Year con la sua stessa forma, alto oltre 15 metri. In Italia le storie di Mickey Mouse conquistano i lettori attraverso il giornale Topolino, in edicola dal 1932. A sdoganare Topolino nel fashion sarà Elio Fiorucci. Negli Anni ’70 avrà l’intuizione di stamparne l’effige su una fortunatissima serie di T-shirt, lanciando la moda dei soggetti infantili per gli adulti. Tuttora Dolce e Gabbana citano espressamente i topolini di Fiorucci nelle loro collezioni Dolce & Gabbana. Ma c’è da scommettere che per questo suo importante compleanno gli omaggi della moda a Mickey Mouse si moltiplicheranno.

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1850: Muore Honoré de Balzac, autore nel 1830 del Trattato della vita elegante. Lo scrittore francese sostiene che l’eleganza è una categoria dell’esistenza. Ma molti dei suoi consigli oggi appaiono anacronistici. “Uno strappo è una disgrazia, una macchia è un vizio”, ad esempio è soppiantata dalla nuova moda che fa dei difetti le virtù più cool.

1850: Honoré de Balzac died. In 1830 he wrote the Treatise on Elegant Living. This French writer states that the elegant life style is a category of existence. But today much of his advice seems anachronistic. “A rip is a misfortune, a stain is a vice”, for example has been replaced by a new fashion which makes the coolest virtue of defects.

anni/years

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1840: Samuel Morse inventa il telegrafo elettrico che utilizza ufficialmente l’omonimo codice a tratti e punti. Si dice che il primo messaggio inviato sia stata la citazione biblica: “what hath God wrought!” (“cosa Dio creò!”). Nella moda si attendono nuove grafiche tratto-punto.

1840: Samuel Morse invented the electric telegraph officially using the code named after him made up of dashes and dots. It is said that the first message sent was a quotation from the Bible: “what hath God wrought!”. We are expecting dash and dot prints in fashion.

Il 2010 negli altri calendari: The year 2010 in other calendars:

Calendario islamico Islamic calendar

Calendario cinese Chinese calendar


© Disney Italia

In 1930 Mickey Mouse made his first appearance. Floyd Gottfredson, Walt Disney’s famous cartoonist, was asked by Walt to draw what was to become the most famous mouse in the world in 1928. Gottfredson was to develop the saga of this little mouse for 45 years, creating all the other characters from The Phantom Blot (1939) to Eega Beeva (1947). Including Mickey’s famous sidekick: Goofy (first christened Dippy the Dawg). The first animated Mickey Mouse to be seen on the cinema screen was in black and white wearing short trousers and without the white gloves on his four fingered hands. With the advent of colour, he was first green and then red. This cartoon, the symbol of the company, was advertised for the first time in 1934 by an over 15 metre high Goodyear air balloon in the shape of Mickey Mouse. Mickey’s adventures conquered Italy in the Topolino comic books which have been published since 1932. It would be Elio Fiorucci who would introduce Mickey Mouse onto the adult fashion scene. In the seventies he had the fortuitous intuition to print an image of this mouse onto a series of T-shirts, launching the fashion of children’s books characters for adults. Even today Dolce & Gabbana have purposely made references to Fiorucci’s Mickey Mouse in their D&G collections. But you can be sure that, for this important birthday, fashion will pay further homage to this little mouse.

iron ic/ico nic

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1950: Nasce Wolford, marchio statunitense di calze. Per la prima volta nella storia della maglieria, il nylon è usato come filato per realizzare calze trasparenti. Per celebrare l’anniversario, un body pant con collant in serie limitata. 1950: Wolford was launched, the American makers of stockings and tights. For the first time in the history of knitted yarns, nylon was used to make sheer stockings. A body pant with tights in limited edition celebrate the anniversary.

Vikram Samvat

Radici/Roots Shaka Samvat

calendario induista indu calendar

Kali Yuga

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Nuovo caos

MASSA LIQUIDA

Cinzia Ruggeri

Le contaminazioni dei linguaggi si combinano nel mare di Internet, generando un magma verticale e informe. Parola di Fabriano Fabbri corroborata da 7 opinion leader. A questa modernità s’ispirano l’arte e la moda dell’informe. Mentre, persino il vetro perde la sua rigidità, diventando flessibile: si piega ma non si spezza.

UNA B@BELE “ANTIFORM ” John Galliano

Comme des Garçons

Se per Babele s’intendono la commistione e la convivenza di linguaggi, Cinzia Ruggeri negli Anni ’80 aveva già tradotto il concetto nell’abito Zigurath. Sottovalutata dal fashion system italiano, questa straordinaria creatrice legata al gruppo Memphis e Studio Alchimia, fu antesignana nell’elaborazione di indumenti comportamentali. Pezzi che, oltre a compenetrarsi con il design, fossero un tutt’uno con quello che oggi chiameremmo “life style”. Moda e cibo si fusero così, nel capo-tovaglia o negli orecchini di marzapane da mangiare in passerella. Habitus e abitazione si incrociarono nel modello Seconda casa. Mentre, la summa di questi esercizi produsse la Palla di pelle di pollo: un pallone confezionato con vera epidermide dell’animale da cortile. A ben vedere, nel guardaroba gli esempi di impollinazione con relative trasformazioni d’uso di molti capi, hanno radici ben più lontane. Come minimo affondano ai tempi in cui Chanel rubò le impunture alle giacche da equitazione per decorare le sue borse. Pertanto, parlare di Babele in termini di métissage non è certo una novità. Melting pot come quelli delle ultime sfilate di Galliano e Gaultier estremizzano in chiave teatrale, miscellanee concettualmente già viste. Al contrario, come ci indica l’intervento di F a b r i a n o Fabbri, è inedita la visione di una torre orizzontale, anziché verticale: liquida come il mare di Internet, laddove nella Genesi era rigida. Da qui il neologismo B@bele. Fisica e simbolica, questa inversione interessa il mondo della moda, perché sta producendo un nuovo concetto di forme: informideformi, magmatiche e liquide. In quest’ottica, passerelle parigine come quella di Comme des Garçons risultano più chiare e perfino meno avveniristiche. Di fondo, i più non accusano già da tempo di vivere in una società piatta dalla quale non si eleva più nulla? Semmai, accade il contrario: tanti prodotti - per mera logica commerciale - vanno verso la massa; si buttano in un’orizzontalità che diluisce ogni altezza. In tutti i sensi.

di Fabriano Fabbri Se proviamo a immaginare la versione visiva delle torre di Babele del 2000 e oltre, con lunghi tentacoli piantati a fine anni sessanta, dobbiamo abbandonare l’idea dei verticalismi falloidi di grattacieli alti e svettanti. Niente di tutto questo. A tal proposito andrebbe anche raddrizzata tutta in positivo la polemica scatenata qualche tempo fa dal palazzo che Daniel Libeskind ha progettato per l’Expo di Milano, accusato, dai miopi detrattori di turno, di essere scandalosamente moscio. Una distorsione da Viagra architettonico. Perché tanta resistenza contro morfologie “soffici”, così bene inserite nel panorama dell’estetica contemporanea? LA TORRE DEL COMPUTER La vecchia lagna tra apocalittici e integrati, ovviamente. Eppure basta spostare l’occhio un po’ più in là dell’orticello misoneista – che rifiuta biecamente la ricerca del nuovo – per comprendere quanto il mondo della moda sia sintonizzato da tempo con le forme simboliche della Babele odierna, Libeskind incluso. Una Babele, dichiariamolo subito, ambientale, elettronica, informatica. Una Babele di softness. Morbida, da «modernità liquida», direbbe Zygmunt Bauman. Oggi come oggi, il modo migliore e forse più semplice per ottenerne l’esemplificazione visiva sta nel richiamarsi alle torri più anonime, ma molto più diffuse che

G.Lo Ve.


tutti noi abbiamo a portata di scrivania: le torri dei computer. La geometrici dell’astrazione più pura e del razionalismo più oltranzista. Babele postmoderna è la rete delle comunicazioni telematiche che Con cubi, rettangoli, forme pitagoriche. “Forme”. Sterili e asettiche, sguscia in orizzontale nello schermo del pc. Dell’iPhone, dell’iPad da combattere con linee altrettanto radicali e opposte. Mosse, fresco di conio. È la maglia invisibile delle frequenze satellitari e galvanizzate. Imprevedibili e caotiche. Nello stesso periodo Morris cellulari. La sua rappresentazione simbolica non è quindi un inaugura le serie delle sue sculture antiform con la vasta produzione oggetto a 3 dimensioni fatto di cemento e acciaio, è una dei “feltri cascanti”, in sintonia con un altro adoratore della mollezza, modulazione di bit elettronici foderata di pixel.

il tedesco Joseph Beuys.

Come si traduce, questo ben di dio tecnologico, in moda e arte?

UN CAOS CASCANTE

I DECOSTRUZIONISTI

Facciamo un salto temporale da quel clima diffuso di ostilità verso

Le recenti sfilate parigine hanno proposto stilisti già operativi alla sagome regolari e balziamo a Parigi. I tagli di Yamamoto? Quasi fine degli anni sessanta, anagraficamente nati “attorno al 1940”. sempre asimmetrici, con lembi che si ripiegano su se stessi. Le

“Mother body emotional densities, for alive temple time baby son (2007)”: opera in mostra all’esposizione Ernesto Neto and the New Decor. Londra, Hayward Gallery (19 giugno - 5 settembre). A work on show at the “Ernesto Neto and the New Décor (2007)” exhibition at the Hayward Gallery in London from 19th June to 5th September. Info: southbankcentre.co.uk

Fra questi, Yohji Yamamoto e Rei Kawakubo, cui si aggiunge, ma geometrie? Apparentemente tagliate con coltello, al contrario si con linee di ricerca differenti, anche Vivienne Westwood. E poi si sovrappongono e si complicano, con sbuffi di materia informe pronta sale tra i nati “attorno al 1960”, su tutti John Galliano, via con John a rigonfiare i pantaloni di Galliano, tra maniche irsute e capigliature Richmond, Martin Margiela e in genere con tutta l’abbondante ipertricotiche. Guardando gli stivali di Margiela afflosciati alle pattuglia dei cosiddetti “decostruzionisti”. Parola un po’ troppo caviglie, le giacche spiegazzate con protuberanze e bitorzoli o gli abusata anche se non fuorviante, quella di “decostruzionismo”. abiti ridotti a esili tramature, non possiamo che salutare l’ennesima Meglio però sostituirla con l’espressione di «antiform», tratta dal manifestazione di “antiform”. Di materiali rigorosamente soft e dizionario dell’arte e forgiata da Robert Morris nel 1968, appena un “cascanti”, vivi e vegeti come non mai anche in arte. Ernesto Neto è anno prima che la Kawakubo iniziasse l’avventura di Comme de il perfetto omologo degli stilisti appena citati, con installazioni di Garçons. Morris sgomma verso l’antiform dopo essere stato il elementi globulari pendenti dal soffitto o accasciati a terra come capofila del Minimalismo, movimento che celebra i rigori amebe fuori taglia.

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the new chaos

Genesis was rigid. Confirmation is given in the opinions of those we interviewed on the subject. Physical and symbolic, this inversion affects the world of fashion because it is producing a new concept of shape: inform-deform, magmatic and liquid. From this angle, the French shows such as Comme des Garçons are easier to understand and even less futuristic. In the end don’t most people complain of living in a flat society from which nothing new emerges? If anything it is the opposite: many products – just commercial logic- are aimed at the masses; they get thrown into a mare magnum which dissolves anything vertical, in every sense. G.Lo Ve.

Different languages merge in an internet sea, generating a vertical and formless magma. These are the words of Fabriano Fabbri and corroborated by seven opinion leaders. Both art and fashion take inspiration from this formlessness. Even glass loses its rigidity, becomes flexible, bends but doesn’t break.

An “antiform” B@bel Shao Yen Chen

Tze Goh

If by Babel you mean the mixing and merging of languages, Cinzia Ruggeri had already done it in the eighties with her Zigurath dress. This extraordinarily talented person and certainly undervalued by the Italian fashion world, was associated with the Memphis group and Studio Alchimia and the first to create behavioural clothes. Pieces that, apart from being pervaded with design, were at one with what we would call today “life style”. In this way fashion and food were merged into the table-cloth dress or marzipan earrings to be eaten on the catwalk: habitus and home were to merge in the form of a second home. While the sum of this exercise produced a ball made with the real skin of a farmyard bird from the tongue twister, Palla di pelle di pollo (a ball made with the skin of a chicken). On a closer look there are other examples of cross-pollination and changes of use in the wardrobe with much older roots. They at least go back to the time when Chanel stole the top stitching from riding coats to decorate her handbags. So talking of Babel in terms of métissage is certainly nothing new. The melting pots like Galliano and Gaultier’s most recent shows go to extremes in a theatrical way, conceptual miscellany which has already been seen. On the other hand, as Fabriano Fabbri’s comments on Babel tell us, what is new is a horizontal tower rather than a vertical one: as fluid and flowing as the internet sea, when the one in

Maison Martin Margela

LIQUID MASSES

di Fabriano Fabbri If we try and imagine what a 21st century tower of Babel would look like, one with long roots extending back to the end of the seventies, we would abandon the idea of phallic shaped skyscrapers stretching towards the sky. None of any of that. In such a case even the controversy that erupted some time ago about the building Daniel Libeskind designed for the Milan Expo, accused as it was, by the usual myopic suspects, of being scandalously soft. The opposite of architectural Viagra. Why so much resistance to “soft” shapes that are so well integrated into the contemporary aesthetic panorama? THE COMPUTER TOWER The old argument between the apocalyptical and the well integrated obviously. And yet you just need to move your eyes just the smallest distance beyond the front garden of the most conservative, those who reject anything new, to understand how much the world of fashion has been in tune already for quite some time now with the symbolic shape of today’s tower of Babel, including

Anche il vetro non è piu’ rigido: diventa flessibile nella lampada Flex by Reflex, grazie alla tecnologia mutuata Even glass is no longer rigid: it becomes flexible in the Flex lamp by Reflex thanks to dagli specchi (8mm) dei the same technology used in the mirrors (8mm) on solar panels. pannelli solari.


Libeskind. We must say at once that it is an environmental, electronic, super information highway Babel, a soft Babel. Liquid modernity as Zygmunt Bauman would say. As it stands today, the best and may be simplest way to see a visual example is by thinking of the most anonymous but much more common tower, the one we all have within arms’ reach of our desks, the computer tower. The post modern Babel is the super information highway which unfolds on our computer screens, on our iPhones and the brand new iPad. And the invisible network of satellite and cellular frequencies. It’s the symbolic representation therefore, not of a three dimensional object made in steel and cement, but a modulation of electronic bits, lined in pixels. So how is this technological gift translated into fashion and art?

slipped into “antiform” after having been the leading light of Minimalism, a movement which celebrates the geometric rigour of the purest of Abstractism and the most stubborn rationalism. With cubes, rectangles, Pythagorean forms. “Forms”. Sterile and antiseptic, to be reacted to with just as much radicalism and opposition. Something moving, galvanising, unpredictable and chaotic. At that same time Morris presented his series of antiform sculptures with a vast production of draped felt, playing the same tune as that other lover of softness, the German, Joseph Beuys. SOFT CHAOS Let’s take a trip back through time to that period of hostility towards regular shapes and go to Paris. Yamamoto’s shapes? Nearly always Il plurilinguismo, idealizzato in una torre di Babele, è il progetto che Alessandro Mendini e Silvia Annichiarico hanno richiesto ad alcuni artisti del New Italian Design. Le opere sono in mostra fino al 27 gennaio 2011 al Triennale Design Museum. Milano Alessandro Mendini and Silvia Annichiarico asked several New Italian Design artists to produce a work inspired by the merging of many languages as symbolised by the tower of Babel. The results are on show at the Triennale Design Museum until 27th January 2011. da sinistra / from left: Obbligo di saluto, Esterni, 2010 - U.S.B. (Unité d’habitation Stacking Babel), Giulio Iacchetti, 2010 - Oasis Time, Miriam Mirri, 2010 - Poetica Torre del Rifiuto, Matteo Ragni, 2010

THE DECONSTRUCTIONISTS The recent Paris shows were held by designers who were already working at the end of the sixties, those born around 1940. Among these, Yohji Yamamoto and Rei Kawakubo, to whom we could, in a different vein, also add Vivienne Westwood. And then you get to those born around 1960, first and foremost John Galliano, and then John Richmond, Martin Margiela and then, in general, to the rest of a pretty large bunch of so-called “deconstructionalists”. “Deconstructionalism”, an overused word though not misleading. It would be better to substitute it with the word “antiform”, taken from the dictionary of art and used by Robert Morris in 1968, just a year before Kawakubo began her Comme des Garçons story. Morris

asymmetric, with tails of fabrics folded back on itself. Geometry? Apparently cut with a knife and, quite the opposite, overlaid and complicated, puffs of formless material preparing to become Galliano trousers, and hirsute sleeves and super woven hairdressing. Looking at the boots by Margiela, folding round the ankles, the crumpled jackets with their protuberances and lumps or dresses reduced to flimsy concoctions, we can do nothing but salute the “millionth” manifestation of “antiform”. Rigorously soft and draped material is as alive and well in art too. Ernesto Neto is the artist version of the above mentioned designers, with his installations of globular shapes hanging from the ceiling or piled up on the floor like oversized amoeba.

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FELICE LIMOSANI artist “Tanto per cominciare è un’opportunità, perchè nasce dalla confluenza dei linguaggi, via web. È una massa liquida senza confini: in costante evoluzione. Ma nel momento in cui prende una forma, definendosi, è già superata”.

DANIELE BASSO designer di Glocal Design “È un cilindro: all’esterno nero, all’interno tutto di specchi sfaccettati. Il simbolo della comunicazione odierna che parte dal singolo, rimbalza in continuazione attraverso la multimedialità. Ma effettivamente non riesce a comunicare con gli altri. Nella moda la Babele è lo sport chic che preferisco definire ‘design wear’: l’unica forma di abbigliamento nella quale convivono più linguaggi”. “It’s a cylinder: black on the outside and lined with faceted mirrors on the inside. The symbol of communication today which begins with one that then ricochets continuously through multimedia. But in fact it can’t communicate with others. In fashion Babel is sport chic which I like to call design wear, the only way of dressing and in which several languages merge”.

“For a start it is an opportunity, because it is born from the confluence of languages, via the web. It is a mass of liquid without borders: in constant evolution. But the moment it does assume a shape, becomes defined, it has already been superseded”.

sopra: il designer con l’istallazione Il muro siamo noi nello spazio Napapijri - above: the designer with the installation We are the wall at the Napapijri exhibition space

CARLO RIVETTI

the president of Sportswear Company

“È una macchia d’olio orizzontale sull’acqua: magmatica, in continuo divenire. Si fonde, si rompe, naviga, si combina e ricombina in continuazione senza regole. Ormai anche l’organigramma dei team delle aziende più all’avanguardia tende ad essere piatto e senza gerarchie verticali. Con precisione, non si può più identificare neanche un modello di consumatore. Quando si crea, bisogna pensare a un’occasione d’uso, più che a un individuo specifico”. “It is a splash of oil on water: magmatic, continually changing. It floats, breaks up and reforms in continuation and with no rules. Also even the organisation chart of the teams in most avantgarde companies tends to be horizontal, no vertical hierarchy. You cannot even identify an exact, model customer. When you do, you have to think of the occasion more than the specific type of person”.

sopra: variazioni della poltrona Sacco di Zanotta vestite da Stone Island sopra: variation of the armchair Sacco by Zanotta clothed by Stone Island


RENZO ROSSO patron di Diesel

“Vola verso l’alto immateriale: è il sogno che coltiva ognuno di noi”. “That things go skywards, that’s everyone’s dream”.

BARNABA fornasetti designer di Fornasetti

“... è il proliferare di architetture verticali a Dubai”. “... is the proliferation of that vertical architecture in Dubai”.

Barnaba Fornasetti, sullo sfondo il paravento a tema La città delle Carte Barnaba Fornasetti, in the background the The City of Cards screen

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CRISTINA MOROZZI guru del design design guru “È un vortice d’acqua che continua a ingrandirsi, alimentato dall’iper comunicazione. Ma non è più esclusivo, bensì inclusivo: non divide l’umanità, ma la connette”. “It’s like a whirlpool that keeps getting bigger and bigger, fed by super-communication. But it isn’t exclusive anymore, it is inclusive: it doesn’t divide people but unites them”.

sotto: vassoi Lord Ovale di Skitch below: the Lord Ovale of Skitch tray

ROSITA MISSONI stilista

“Beh, i Missoni con il loro put togheter hanno già dato in fatto di babelico. Tuttora penso che il disordine sia molto interessante. Ma per essere attuale va razionalizzato in una forma di nuovo ordine”. “Well, the Missonis have played their part in Babel. I still think the chaotic is very interesting. But to be modern it should be given a new shape, a new order”.

a destra: la stilista con un totem di ceramiche Missoni prodotte da Ginori on the right: the designer with a Missoni ceramic totem made by Ginori


NEURO MARKETING D I

G I A N P I E R O

D I

B A R I

Marketing e neurologia si incrociano nelle nuove strategie di mercato Marketing and neurology merge to create new marketing strategies


Gli spot danno al cervello Il neuro marketing, battezzato nel 2002 dal professor Ale Smidt è l’ultima frontiera della comunicazione. Rivolto a un cliente che diventa paziente

tutti gli strumenti del neuromarketing BPV (Pulsossimetro) EEG (Elettroencefalografia) ECG (Elettrocardiografia) EMG (Elettromiografia) Potenziali evocati

Già negli anni Novanta si vociferava che all’ingresso dei supermarket americani diffon-

Tracciamento oculare

dessero profumo di pane fresco per stimolare l’appetito. L’escamotage, che serviva ad

Lettura delle espressioni del viso

aumentare la voglia di comprare, si può considerare una delle prime forme di neuro

FMRI (Risonanza magnetica

marketing. Ancora sconosciuta persino alle agenzie italiane pubblicitarie più all’avan-

funzionale della formazione delle

guardia, e da quanto ci risulta ignota al mondo della moda, questa nuova tecnica, per

immagini)

certi versi inquietante, agisce sul cervello. Con l’obiettivo di carpirne le reazioni chimi-

MEG (Magnetoencefalografia)

che e, conseguentemente emotive, di fronte a un prodotto o a un messaggio. In tal

PET (Tomografia a emissione di

modo è possibile ottenere elementi scientifici su cui elaborare messaggi più incisivi. Per

positroni)

quanto appaia futuribile il Neuro Marketing è stato codificato già dal 2002 quando, il

Ampiezza del respiro

professor Ale Smidts (professore di Marketing presso la Rotterdam School of

Attività conduttiva della Pelle

Management RSM) ha legato alcune scoperte neuro scientifiche ai canali di comunica-

Temperatura della pelle

zione dell’acquisto. Il sogno irrealizzato di Lenin che, nel 1919, chiese al fisiologo Ivan

Analisi stress vocale

Pavlov come i suoi lavori sui riflessi condizionati potessero contribuire alla concezione “dell’uomo nuovo” che stavano costruendo i bolscevichi.

Strategia/terapia In particolare è la corteccia prefrontale mediana, la regione più reattiva alle immagini pubblicitarie Sulla quale si concentrano le attenzioni e le azioni del neuro marketing. Gli strumenti d’indagine? Dalle risonanze elettromagnetiche alle elettroencefalografie – che misurano l’attività elettrica del cervello convertendola in valori relativi all’attenzioinsomma (vedi box). Proprio per questo, e per la necessità di compiere gli studi su soggetti volontari, i costi del neuro marketing sono altissimi. Lo sa bene Martin Lindstrom che per pubblicare il suo libro Neuromarketing ha dovuto analizzare duemila cervelli in un triennio di lavoro costato svariati milioni di dollari. Non a caso dunque, le aziende che ricorrono al neuromarketing sono circa una sessantina in tutto il mondo, dai grandi gruppi televisivi (Tf1) alle multinazionali del calibro di Mercedes Benz e Coca Cola. “Spesso però – sottolinea il prof. Olivier Ouiller, ricercatore in neuroscienze all’università Florida Atlantic – le imprese non amano divulgare i risultati di queste indagini, temendo i tanti dubbi e le molteplici incertezze dell’opinione pubblica al riguardo”.

L’ importanza dei 7 secondi Fatto sta che il web 2.0 concilia doppiamente il neuro marketing: primo perché l’interazione del consumatore con il computer registra passo dopo passo, le sue scelte, costituendo un archivio prezioso per gli studi sulla mente e sui comportamenti; secondo perché la velocità di Internet, che ha condizionato tutti gli altri media sta modificando radicalmente il concetto di apprendimento e soprattutto i suoi tempi. Nello specifico di uno spot di 15 sec. il consumatore memorizza solo il messaggio degli ultimi 7. Dunque, diventa sempre più importante andare dritti all’obiettivo. Va da sé che resta aperta tutta la questione etica di una pubblicità sempre più intrusiva. Altro che la tanto temuta propaganda: ormai siamo ai confini dello strizza cervelli che trasforma il cliente in un paziente.

Piotr Janas: peritoneum, 2009 oil on canvas. Thanks to Cardi Black Box Gallery

ne, all’emozione e alla memoria -. Apparecchiature e terapie da reparto di neurologia,

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Piotr Janas: rorschach test, 2009 oil+pen on canvas. Thanks to Cardi Black Box Gallery

reason why there are only about sixty businesses in the whole world that use neuromarketing, from giant television groups (Tf1) to multinationals of the calibre of Mercedes Benz and Coca Cola. “Often though”, stresses Professor Olivier Ouiller, professor of neuroscience at the Florida Atlantic University, “businesses don’t like divulging the results of this research, fearing the many doubts and uncertainties on this subject in the public opinion”.

The importance of seven seconds Anyway the fact is that web 2.0 doubly favours neuromarketing: firstly because the interaction of the consumer with the computer records every

TV advertising goes to the head Neuromarketing, established in 2002 by Professor Ale Smidt, is the last frontier in advertising. It is aimed at the customer who will become the patient Already in the 1990s it was said that the smell of freshly baked bread was circulated round the entrances of supermarkets to stimulate the appetite. This trick, which served to increase the shopper’s desire to buy, could be considered one of the first examples of neuromarketing. This new and, from a certain aspect, unsettling technique works on the brain and is still unknown here, even in Italian advertising agencies and, as far as we know, completely unknown in the world of fashion. It is aimed at trying to understand the chemical reactions in the brain and therefore the emotional ones when confronted with a product or an advertising message. In this way it is possible to obtain scientific data from which to elaborate more targeted messages. Neuromarketing was already been developed in 2002 when Professor Ale Smidts (Professor of Marketing at the Rotterdam School of Management, RSM) linked certain neuroscientific discoveries to advertising channels aimed at achieving sales. The unrealised dream of Lenin who, in 1919, asked the physiologist, Ivan Pavlov how his work on conditioned reflexes could contribute to the conception of “the new man” that the Bolsheviks were developing.

Strategy/Therapy The study of neuromarketing is being concentrated on the region of the brain that reacts most too advertising images and that is the medial prefrontal cortex in particular. The instruments of research? From electromagnetic resonance to electroencephalography which measures the electric activity of the brain and then converting it to measurements of concentration, emotion and memory. In short, the equipment and therapies of Neurology departments (see box). For this very reason and the need to carry out research on volunteers, the cost of neuromarketing is extremely high. Martin Lindstrom knows this well because in order to publish his book Neuromarketing on the subject he had to analyse 2,000 brains over three years of research at a cost of several million dollars. This is the

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choice he or she makes, building up a valuable archive for studies on the mind and its behaviour; and secondly because of the speed of the internet, which has conditioned all other media and radically altered the concept of learning and above all its speed. For example in a 15 second advertisement the observer only registers the message of the last 7 seconds. Therefore it becomes increasingly important to get straight to the point. It is obvious that the ethical question of increasingly intrusive advertising remains open. Apart from the great fear of propaganda, we are now bordering on being brain washed, which transforms the client into a patient.

all the neuromarketing instruments BPV (Pulse-oximetrer) EEG (Electoencephalography) ECG (Electrocardiography) EMG (Electromiography) Evoked potential Eye tracking Decoding facial expressions FMRI (Functional magnetic resonance imaging) MEG (Magnetoencephalography) PET (Positron Emission Tomography) Breath range Skin conductance Skin temperature Vocal stress analysis


La settimana della moda francese al Carrousel du Louvre. 89 sfilate senza sovrapposizioni in calendario. 6.000 e pi첫 addetti ai lavori accreditati tra giornalisti, buyer, fotografi. Scenografie faraoniche, e la grandeur francese si riconferma tale.

The Imperial State Crown

The French Fashion Week in the Carrousel du Louvre. 89 shows without any schedule overlapping. More than 6,000 registered operators: journalists, buyers and photographers. Sumptuous stages and confirmation of the French grandeur.



PARIGI - LA SFILATA

MANISH ARORA

www.manisharora.ws

B-Hollywood

Il caschetto è da maschietta, primi ‘900. Ma forse è un casco di chissà quale civiltà extraterrestre. O (perché no?) di un’eroina da videogame, visto che brilla di blu led da Blade Runner. Definire le creature dell’indiano Manish Arora, astro nascente delle passerelle parigine, è impossibile. Quando indossa certe tute dalle spalle larghe, sembra proiettata nello spazio. Poi, però, scivola in una tunica dritta e torna indietro nei secoli. Se certe stampe geometriche potrebbero anche essere cellule ingrandite, i fioroni forse sono rosoni di architetture neo gotiche. Nulla è definito: tutto muta continuamente come la luce dei cristalli che brillano ovunque, rivelando le radici indiane del creatore. La stampa lo ha già ribattezzato il “Galliano di Bollywood”. Ma Book Mod@ ha eletto la sua passerella a “Sfilata” di stagione, perchè Arora sembra compiere un passo avanti rispetto al geniale John. Complice la nazionalità extra comunitaria, il designer riesce ad essere più incisivo nel gioco delle contaminazioni e al tempo stesso meno teatrale di Galliano. In tal modo le sue donne con le antenne (o extension rigide?) risultano più vicine alla sostanza dei tempi meticci: con uno styling semplificato, rendono ancor più evidente l’essenza di un momento storico complesso.


The headdress is like a boyish helmet or even like those of extra terrestrials from outer space. Or even (why not?) like that of a video game heroine, seeing as it is aglow with Blade Runner like blue LED lights. It is impossible to define Manish Arora’s, the new star of the Paris catwalks, creatures. When she is wearing certain wide shouldered one-piece outfits, she seems like something from outer space. But then she reappears in a straight tunic dress and seems to have just stepped out of the history books. Certain geometric prints could even be enlarged human cells; the huge flowers could be the rose windows of neo-gothic architecture. Nothing is sure: everything is in constant change just like the light reflected from the multitude of crystals everywhere, revealing the Indian roots of their creator. The press has already nicknamed him the “Galliano of Bollywood”. But Book Mod@ has voted this show “The show of the season”, because Arora seems to have taken a step further than that genial John. It is also because he is not European that this designer manages to be more incisive at the influence game and at the same time less theatrical than Galliano. This is why his women, with those antennae (or rigid extensions?) seem closer to the heart of these muddled times: his simplified styling highlights even more the essence of this most complicated of periods.

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BOOK MODA NEWS

Progetti speciali Shinmai Creator’s Project al Tokyo Midtown Hall. A Degree Fahrenheit, Akane Utsunomiya, Fabiola Arias, The Individualist(s) sono i quattro marchi vincitori di questo importante concorso supportato dalla Shisendo Co. Ltd. che parteciperanno all’Expo 2010 di Shangai.

Vivienne Westwood Red Label

Special Projects

Shinmai Creator’s Project in the Tokyo Midtown Hall. A Degree Fahrenheit, Akane Utsunomiya, Fabiola Arias, The Individualist(s) are the four winning brands of this important competition supported by Shisendo Co. Ltd. which will attend the Expo 2010 in Shanghai.

2010 asian designers ’ collection La Japan Fashion Week e il Comune di Tokyo, con il patrocinio della Onward Kashiyama Co. Ltd., promuovono questo concorso per scoprire i nuovi talenti della moda asiatica. Dieci Paesi partecipanti di cui 4 designer giapponesi e altri 9 da tutta l’Asia.

The Japan Fashion Week and the Tokyo Municipality, under the banner of the Onward Kashiyama Co. Ltd., promote this competition to discover the new talents of Asian fashion. Ten attending Countries, with four Japanese designers and other nine coming from the entire Asia.


Jacket and belt by Maison Martin Margiela.

Le vecchie forme si scompongono e ricompongono in nuovi equilibri provocatori The new shapes are composed and decomposed to create new challenging balances

S-FORMALE p h .

M a r c e l o

C a p i z z a n o

styliST Lucio Colapietro STYLI ST ASSISTANT SIMONA CARIPPO make up Elisabetta Gavazzi Hair styling Noelia Corral @ Close up.it


Jacket by Burberry London, top by Galliano, jeans by Just Cavalli, belt by Roberto Cavalli, half boot by Dsquared2, earrings by Sharra Pagano, bracelet with boule by Marina Fossati, chain bracelet by Haute, “Oval one� wristwatch by Marco Mavilla, ring in gold and enamel by Etro, enamelled black and silver ring by Schield.


a cura di G. D. B.

LONDON FASHION WEEK

La settimana della moda inglese a Somerset House.

68 sfilate Oltre 5.000 visitatori tra buyer, giornalisti e fotografi accreditati 200 designer tra emergenti e marchi famosi

The Imperial State Crown

The British Fashion Week in the Somerset House. 68 shows Over 5,000 visitors subdivided into buyers, journalists and registered photographers. 200 designers, both emerging and famous.



LONDRA - LA SFILATA

JOHN ROCHA

www.johnrocha.ie

Frastagliata

Il non finito, il semilavorato, il caotico. Il vittoriano rivisto e riletto. Pelli selvagge come over, trucioli di tessuto per le gonne e sul fondo dei cappotti. Linee a trapezio. Mantelline. Copricapo conici e turriti. Le calze con gli oblò. Maschietti in bombetta. - Jack the Ripper? Dio salvi la regina (Vittoria). In equilibrio tra ieri e oggi come un funambolo. Book Mod@ ha scelto la passerella di John Rocha come “Sfilata” di stagione perché nella sua collezione ci sono tutti i riferimenti all’immaginario del Regno Unito assimilati con gli occhi dell’Oriente. Lo stilista è originario di Hong Kong, ma ormai inglese più del porridge. Quando disegna l’abito nero intarsiato da labirinti di fettucce in pelle mostra il lato oscuro della perfida Albione, invece la sottoveste a riccioli, corta e svolazzante, rivela l’innocenza dei college per signorine di buona famiglia: Jane Austen non ha scritto invano. I cappelli stratificati sembrano o no ideali per Ascot? L’entusiasmo che Rocha dimostra nei confronti dell’Inghilterra sarà poco British, ma è molto efficace. I cappottini a redingote, alti e svasati in fondo; le mantelline per il fiacre, i completi in lana cotta e frastagliata oscillano tra passato e futuro: tra la pacatezza dei tempi andati e l’immediatezza internettiana.


Jagged Unfinished, semi-finished, chaotic. Revisited and revamped Victorian style. Wild furs for overcoats, fabric chips for skirts and coat's edges. Trapezoidal lines. Small capes. Conic and towering hats. Holed stockings. Men with bowlers. - Jack the Ripper? - God saves the Queen (Victoria). Keeping a balance like a rope walker. Book Mod@ chose John Rocha catwalk as the season's “Show� because of his collection gathers all the references to United Kingdom imaginary seen by oriental eyes. The designer comes from Hong Kong, but by now he is more British native than the porridge. When he designs the black dress inset with leather tassels' labyrinths, he shows the dark side of the perfidious Albion, whilst the short and fluttering, petticoat with curls reveals the innocence of well-born girl's colleges: Jane Austen did not write in vain. Is stratified hair ideal for Ascot? The enthusiasm shown by Rocha for the United Kingdom is maybe not very British, but highly effective. The small frock-coats, high and with a flared bottom, the hackney carriage's capes, the outfits in boiled and jagged wool weaver between past and future, between the past quietness and the Internet's immediacy.

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ph. Kino Kehinde Whiley davanti a una sua opera - Kehinde Wiley in front of his work

ART D’AFRICA

AFRICAN ART

Il suo nome, Kehinde, significa “seconda nascita di gemelli” nella lingua Yoruba. E in un certo senso è l’insegna della sua filosofia creativa alla continua ricerca della metà africana nelle culture mondiali. Con questo approccio tra arte e riscatto sociale, sintetizzato negli inconfondibili portrait a uomini di colore, Kehinde Wiley - nato a Los Angeles da madre afroamericana e padre nigeriano - si è affermato a livello internazionale. In occasione dei mondiali di calcio, che si svolgeranno in Sud Africa a fine giugno, ha collaborato con Puma applicando sette pattern grafici alla limited edition di abbigliamento e calzature del brand sportivo. In esclusiva per Book Mod@ l’artista racconta come la cultura africana si stia connettendo al mondo. E quanto le debbano artisti e movimenti di tutti i tempi: da Picasso all’hip hop, attraverso i Beatles e i Rolling Stones.

His name, Kehinde, means “the second born of twins” in the Yoruba language. And in a certain way this is his guiding, creative philosophy, what lies behind his constant research into the role played by Africa in world culture. With this approach, between art and social redemption and synthesised in his distinctive portraits of African people, Kehinde Wiley, born in Los Angeles of an AfroAmerican mother and Nigerian father, has become internationally famous. For the occasion of the world cup to be held in South Africa at the end of June in South Africa, he has worked with Puma and designed seven prints to be applied to a limited edition of clothing and shoes by this sportswear brand. In an exclusive interview for Book Mod@ he tells us how African culture is spreading round the world. And how much artists and movements from all eras owe to it: from Picasso to hip hop, the Beatles and the Rolling Stones.

M.U.


A world continent

UN CONTINENTE MONDIALE DI Kehinde Wiley “Il prossimo progetto sarà dedicato agli ebrei etiopi. Da sempre lavoro sul travaso della cultura africana nel mondo, iniziato con la diaspora a Cuba e in Giamaica. Ho cominciato esplorando le contaminazioni tra il Continente Nero e gli Stati Uniti, probabilmente ispirato dal fatto di essere figlio di un nigeriano cresciuto negli Usa. Dalle nazioni ai grandi movimenti di costume, tanti hanno attinto alle nostre radici. Africani sono i colori del Brasile, ma anche dell’hip hop, dei tessuti cinesi, indocinesi e indiani. Da noi è passata la musica dei Beatles, dei Rolling Stones e di Elvis. Persino i più grandi artisti, Modigliani, Picasso e Matisse, sono stati suggestionati dalla nostra iconografia. Non intendo dire che ci hanno copiati. Anzi, questi esempi sono la faccia più bella della globalizzazione. L’arte poi non è di nessuno, appartiene a tutti, perché in continua evoluzione e fusione. Con il mio lavoro, tuttavia, voglio mettere in luce l’importante ruolo degli echi africani negli altri mondi. Ormai esistono figure di colore come Wole Soyinka e Yinka Shonibare che si sono conquistate un ruolo di primo piano nel panorama artistico. Ma il nostro apporto resta in gran parte da scoprire. I mondiali di calcio saranno certamente un’ottima chance, un po’ lo sono state le Olimpiadi cinesi, per mettere in luce la nostra immagine. Anche se è difficile sintetizzarne le sfaccettature: africani sono tanto il Marocco, quanto il Sud Africa; due realtà agli antipodi. Il nostro continente è tre volte l’America. E anche in questa immensità sta la sua ricchezza”.

“My next project will be dedicated to the Jewish people of Ethiopia. I have always worked on the diffusion of African culture throughout the rest of the world, which began with the Cuban and then the Jamaican Diaspora. I began by exploring the exchange between the African continent and the United States, probably inspired by myself, being the son of a Nigerian and raised in America. Many have been influenced by Africa, from countries to great cultural movements. Africans are the colour of Brazil, but also of hip hop and Chinese, Indo-Chinese and Indian fabrics. We have influenced the Beatles’ music, the Rolling Stones and Elvis. Even the great painters, Modigliani, Picasso and Matisse have taken inspiration from us. I do not mean they copied us. In fact quite the opposite, these examples are the good side of globalisation. Art doesn’t belong to anybody, it belongs to everyone because it evolves continuously. However, in my work, I want to highlight the important role of African influence in these other worlds. Now we have African personalities like Wole Soyinka and Yinka Shonibare who have become well known throughout the world. But for the most part our contribution is yet to be discovered. The World Cup will certainly be a fantastic opportunity to strengthen our image, as, to some extent, were the Olympics in China. Even if it is difficult to synthesise all the various facets: Africa is as much Morocco as it is South Africa; two extremes of the same continent. Africa is three times as big as America. Its richness is also in its immensity.”

Sopra/above: Puma T-shirt Sotto/below: the brand’s outfit with interventions of Kehinde Wiley.

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la boutique e´ unacapanna Boutiques in huts Se tante culture hanno attinto dall’Africa, l’Occidente sta raggiungendo anche gli angoli più remoti del Continente Nero. Tra Malindi e Watamu sui banchetti e le capanne trionfano le insegne delle grandi firme. E non solo della moda. L’incontro/scontro tra queste due realtà è un paradosso che a tratti sfiora la comicità. foto e testi a cura di marco uzzo

Where many cultures have been influenced by Africa, the west is also infiltrating the remotest corners of that continent. Our most famous labels are to be seen on the market stalls and in huts from Malindi to Watamu. And not only fashion labels. The meeting/clashing of these two realities is a paradox that often borders on the comic.


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Nero su bianco: dal tovagliolo alla tela

Pino Ceriotti

Black on white: from napkin to canvas

alla scoperta di un artista che porta l’Africa “in tavola” Tovaglie, tovaglioli damascati, strofinacci con le frange: sui fondi Anni ’30 dell’azienda di famiglia la Manifattura Michele Ceriotti, Pino Ceriotti, dipinge volti di tutte le etnie. L’artista, nato nel ’55 a Busto Arsizio, ritrae volti e razze di etnie in via di estinzione: “una spiritualità che rischia di essere cancellata dalla tracimazione del villaggio globale”. Non a caso, Ceriotti ama equiparare questi suoi lavori post pop agli stendardi che si portano in processione. Mentre, nella filosofia della sua opera si riflette l’impegno sociale di un artista sensibile che ha fondato Artelier: associazione per l’accoglienza e la stimolazione creativa di soggetti in difficoltà.

From a background of table clothes and damask table napkins made by the family run business, Manifattura Michele Ceriotti since the thirties emerges the artist, Pino Ceriotti who paints the faces of all the peoples of the world. He was born in 1955 in Busto Arsizio, and paints portraits of races which are becoming extinct: “a spirituality which is at risk of being wiped off the face of the earth”. It is with good reason that Ceriotti loves applying his post Pop works to the flags and standards that are carried in processions. At the same time the philosophy of his work is reflected in the social commitment of a sensitive artist who founded the Artelier: an association to welcome and stimulate creativity in those in need.

From household textiles to canvas, an artist who brings us Africa

Maria Luisa Bertolini

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Skirt, belt, leggings and pumps by Gaetano Navarra, sunglasses by Albino.

MY SPACE Le distanze si accorciano. Lo spazio non è più lontano. E lo stile siderale diventa terrestre. Sullo sfondo dell’Area 51 in Nevada: misteriosa base americana dove si conserverebbero (?) anche gli alieni Distances shorten. Space is no farther. And the star style becomes terrestrial. In the background of the Area 51 in Nevada: a mysterious American bases where also (?) aliens should be stored

ph. Marcelo Capizzano stylist Lucio Colapietro ph. assistant Adam Shane make-up Tai Mua hair styling Jeffrey Dille


Printed micro dress and belt by Love Sex Money, bangles by Gaetano Navarra.


ph. Gabiria Lucioli

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5. 6.

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1.

Loro sono già “in”... (davvero o per scherzo) They’re already “in vogue”... (really or as a joke) a cura di Prosdocimi

1. 2. 3. 4. 5.6.8.9.

Fashion Kenyan just in fork armband Halle Berry just in tribal Gucci Giraffe just in African mood Serengeti Egiptian pyramids just in geometric cuts Celebrities in Blumarine: Sharon Stone, Jerry Hall just in leopard @ Montblanc event, Cindy


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Ostrich just in running lifestyle Elephants just in fashion family Missoni model just in African dress @ Cairo Fashion Show Bisons just in leisure time Michael Roberts just in Tiger W

14. 15. 16. 17. 18. 19.

Dean e Dan Caten just in safari style @ Mini presentation Etro foulard just in African prints Etro model just in Black Continent colours Lizard just in reptile immobility Sphinx just in ancient design Mask just in totem spirit

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2. 1. - 3. Abiti dandy realizzati in tessuti batik Dandy dresses in batik fabrics 2. Alien Angel, 2007 4. The swing (aftet Fragonard), 2001

1. 4.

3.


Viene dall’arte tessile e arriverà in Trafalgar Square con un’istallazione dedicata al vascello di Lord Nelson. E un messaggio di stoffa.

A textile art coming to Trafalgar Square in an installation dedicated to Lord Nelson’s ship. It is a message in textiles.

Batik in a bottle Sta per sbarcare in Trafalgar Square a Londra con un vascello: il battello dell’ammiraglio Nelson in una bottiglia gigante. L’opera dell’artista anglo-nigeriano Yinka Shonibare è una replica in scala del Nms Victory con cui l’eroe britannico vinse la battaglia di Trafalgar contro le truppe franco-spagnole, nonostante l’inferiorità numerica. A rivelare il segno distintivo di Shonibare, che partecipò anche alla 49° Biennale di Venezia, le 37 vele in vivaci tessuti africani. L’autore infatti, lavora sulle stoffe - in particolare i batik - come metafora della collusione di culture. Originarie dell’Indonesia, queste fibre furono industrializzate dai colonizzatori olandesi che tentarono di rivenderle agli indonesiani stessi. Ma se in quella terra non ebbero successo, in Paesi come il Ghana e la Nigeria attecchirono, divenendo negli Anni ’60 addirittura il simbolo della liberazione e dell’identità nazionale. Provocatoriamente, Shonibare li impiega per ricostruire costumi classici della cultura anglosassone in istallazioni che provocano un clash di culture. Specialmente quando i “manichini” abbigliati sono dandy che affermano la loro individualità, sfidando il perbenismo.

A ship is coming to dock in Trafalgar Square in London: it is the HMS Victory, Admiral Nelson’s ship in a gigantic bottle. It is the work of the Anglo-Nigerian artist, Yinka Shonibare and it is a scale model of the HMS Victory, the ship in which this British hero won the Battle of Trafalgar against the French and Spanish fleet, notwithstanding their inferior numbers. Shonibare, who also exhibited at the 49th Venice Biennale, has placed his stamp on this work by making all 37 sails in brightly coloured African fabrics. In fact, this artist works with textiles, in particular batik, using it as a metaphor for the merging of cultures. Batik originally came from Indonesia and was industrialised by the Dutch colonisers who tried to sell it back to the Indonesians themselves. But whereas it achieved no success in that country, it really caught on in Ghana and Nigeria, becoming, in the sixties, even the symbol of independence and national identity. Provocatively Shonibare uses it to make classic Anglo-Saxon clothes in installations symbolising a clash of cultures. Especially when the mannequins so dressed are dandies, affirming their individuality and challenging the establishment.

M.U.

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BOOK MODA MEMORY C’ART 1.

1. Carlton, Ettore Sottsass, 1981. 2. Casablanca, Ettore Sottsass, 1981. 3. Colorado, Marco Zanini, 1983. 4. Brazil, Peter Shire, 1981. 5. Cucumber, Martine Bedin, 1985.

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4.


Memphis compie trent’anni. Una mostra a Napoli celebra l’anniversario del movimento milanese di grande attualità Memphis is thirty years old. An exhibition in Naples celebrates this anniversary of this Milanese movement

di Antonella Scorta

Alle origini del Post The origin of post È stato sulla cresta dell’onda soltanto sette anni, ma la sua influenza è più che mai d’attualità alla vigilia del trentesimo compleanno. Già, Memphis ha una data di nascita precisa: l’11 dicembre 1980, quando un gruppo di designer si riunì una sera nella casa milanese di Ettore Sottsass. Mentre ascoltavano la canzone di Bob Dylan Stuck inside of Mobile with Memphis blues again, decisero di fondare un movimento per combattere il design degli Anni Settanta, caratterizzato da linee essenziali e minimaliste e soprattutto da un’estrema povertà nella tavolozza dei colori, con una netta predominanza del nero. Al secondo incontro, nel febbraio del 1981, ogni creatore - tra cui Hans Hollein, Arata Isozaki, Andrea Branzi, Michele De Lucchi, Aldo Cibic - presentò una serie di disegni e progetti molto azzardati nelle linee e nei cromatismi. A settembre presso la galleria “Arc ’74” di Milano era già tempo per la prima mostra: una serie di oggetti in plastica, un materiale scelto proprio perché considerato povero e solitamente connotato da una “mancanza di cultura”. Era nato il postmoderno: un termine che, anche se coniato negli Anni Trenta, ebbe la più ampia diffusione proprio alla fine degli Anni Settanta, riferendosi al superamento dell’architettura razionalista e dell’eccessivo formalismo. Il gruppo Memphis si sciolse nel 1988, nella convinzione di essere riuscito quantomeno a contrastare il gusto minimale tipico dell’epoca. Ma il solco che aveva tracciato era profondo, poiché aveva cambiato il concetto di arredo ed era diventato un punto di riferimento, amato od odiato, comunque imprescindibile, per chi si occupi di design. La mostra 30 anni di Memphis, a cura di Alberta Saladino, dal 6 al 29 maggio presso la Fondazione Plart in via Martucci 48 a Napoli, celebra questo movimento, che, anche se saldamente radicato nel made in Italy, ha sempre avuto un respiro internazionale. Tra gli 5. oggetti in esposizione, la famosa libreria “Carlton” dello stesso Sottsass, che con il suo incrociarsi di linee spezzate multicolori somiglia un po’ a un totem e un po’ a un gioco, interpretando perfettamente uno degli assiomi del gruppo: “Memphis dona agli oggetti uno spessore simbolico, emotivo e rituale. Il principio alla base di mobili assurdi e monumentali è l’emozione prima della funzione”. Infatti, secondo i designer di Memphis la creazione di mobili e complementi non è una semplice azione tecnica dal fine puramente pratico; come sottolineava Sottsass, “uno crede di disegnare un oggetto e invece finisce per condizionare nell’uomo rapporti molto più larghi e penetranti con tutto l’atto del lavorare”. Memphis, con il suo mix di fantasia e avanguardia, ha sempre annoverato molti estimatori anche nel mondo della moda: è rimasta memorabile l’asta battuta da Sotheby’s a Monaco di Baviera nel 1991 della collezione di Karl Lagerfeld.

It rode the crest of the wave for just seven years, but its influence is ever more pertinent, on this, the eve of its thirtieth anniversary. Of course, because Memphis has an exact date of birth: 11th December 1980, when a group of designers met one evening in the Milan home of Ettore Sottsass. While listening to the song by Bob Dylan, Stuck inside of Mobile with Memphis blues again, they decided to form a movement in reaction to seventies design which was characterised by the linear and the minimal and, in particular by its extreme poverty of colour range, with a substantial predominance of black. When they met again, in the February of 1981, each designer, including Hans Hollein, Arata Isozaki, Andrea Branzi, Michele De Lucchi and Aldo Cibic, presented a series of very daring drawings and projects both in shape and colour. In September, at the “Arc ’74” gallery in Milan it was time for the first exhibition: a series of objects in plastic, a material chosen precisely because it was considered a poor material and usually associated with a “lack of culture”. Post modern was born: a term that although coined in the thirties was more widely used at the end of the seventies to refer to the end of rationalist architecture and excessive formalism. The Memphis group was dissolved in 1988, in the conviction of having been fairly successful at counteracting the taste for minimalism of the period. But the furrow they had ploughed ran deep, because it had changed the concept of furnishing and had become a reference point, either loved or hated but in either case inescapable, for anyone involved in design. The exhibition 30 years of Memphis, curated by Alberta Saladino, from 6th to 29th May at the Plart Foundation in Via Martucci, 48 in Naples, celebrates this movement which even though was decidedly Italian, has always had an international feel. Among the exhibits is the famous “Carlton” bookcase by Sottsass himself, with its multi-coloured criss-crossing truncated lines, a little like a totem and a little like a game, perfectly interpreting one of the axioms of the group: “Memphis gives objects a symbolic, emotive and ritual weight. The principle at the root of absurd and monumental furniture is emotion before function”. In fact, according to the Memphis designers the creation of furniture and accessories is not just technical with a practical end: as Sottsass said, “you think you are designing an object but you end up conditioning man to much broader and penetrating relationships”. Memphis, with its mix of imagination and avant-garde, has always had many fans even in the fashion world: the auction held by Sotheby’s in Munich in 1991 of Karl Lagerfeld’s Memphis collection will never be forgotten.

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