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PRIMO PIANO
Corriere del Veneto Giovedì 6 Giugno 2019
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La mobilitazione di sabato
GrandeprotestaNoNavi «OccupiamoS.Marco» Prefettopreoccupato
Chi in piazza, dietro una bandiera, chi in procura, attraverso un esposto. Le proteste si moltiplicano: sabato alle 16, alle Zattere, i comitati No Grandi Navi torneranno a protestare per chiedere l’estromissione della crocieristica dalle acque veneziane, in una manifestazione, ma l’obiettivo dei comitati è di occupare San Marco. «Abbiamo chiesto la deroga al prefeto», dicono. Per questo Vittorio Zappalorto è già sulle barricate: «Ci aspettiamo di tutto – ha detto - La affronteremo con più cautele rispetto a quelle necessarie, non stiamo sottovalutando nulla». Intanto il gruppo Ambiente Venezia ha presentato un altro esposto alla procura, condannando l’immobilismo delle istituzioni italiane sul problema: «Dopo quanto accaduto non ci vuole un decreto per spostare le navi, ce ne vorrebbe uno per farle entrare visto che l’accesso dovrebbe essere già diventato impossibile». E il consigliere comunale ed ex magistrato Felice Casson punta il dito proprio contro la procura: «Non è vero che non potevano intervenire se non a danno consumato» (gi.co. - e.bir.) © RIPRODUZIONE RISERVATA
Comune e Regione ancora all’attacco del governo
terminal del Lido sarebbe realizzato sul lato della scogliera che delimita la bocca di porto e grazie a una lunata (barriera) verrebbero realizzati otto accosti per le navi. La stima è di 450 milioni di euro, ma la relazione sottolinea che «appare notevolmente sottostimata». I tempi complessivi di autorizzazione e realizzazione (il progetto del luglio del 2015 inserisce anche la possibilità di realizzare un collegamento sublagunare) sono previsti in circa undici anni, ma «contrariamente alle indicazioni europee, nazionali e locali implica un consumo di risorse naturali e presenta rilevanti impatti ambientali». Il terminal alla bocca di porto di Malamocco è già stato scartato qualche giorno fa dal provveditore alle Opere pubbliche del Triveneto e quindi anche dal ministero delle Infrastrutture per le forti problematiche ambientali e di gestione delle navi. Era previsto di fronte alla spiaggia di Pellestrina (ora c’è la piattaforma del Mose che deve essere smantellata): tempi previsti 7 anni e mezzo, spesa almeno un miliardo. Francesco Bottazzo © RIPRODUZIONE RISERVATA
meno. Di conseguenza, al confronto con l’anno d’oro, anche la spesa diretta complessiva è calata di 45 milioni, mentre il giro d’affari totale si è ridotto di 123 milioni. All’epoca della presentazione dello studio, il presidente di Clia Italia, Roberto Martinoli, aveva sottolineato: «I numeri dimostrano che la nostra industria ha moltiplicatori importanti, specialmente nei porti capolinea come Venezia, che infatti produce effetti economici significativi sull’indotto della città, del territorio circostante e su tutto l’Adriatico». Sempre ragionando sui numeri, Venezia rappresenta il secondo porto del Paese dopo Civitavecchia per
«Marghera può ospitare subito le prime navi» Ma c’è il veto del ministro «Da domani mattina il 10 per cento delle grandi navi da crociera può essere spostate sul canale Vittorio Emanuele. Sarebbe un primo provvedimento, ma lo deve decidere Toninelli, invece di mentire perfino al Parlamento», dice Luigi Brugnaro. Si tratta di una cinquantina di navi, quelle più piccole (il pescaggio è di soli 6 metri e mezzo), ma il sindaco di Venezia non si ferma qui: «Ci sono poi degli ormeggi nel canale della Fincantieri e lì ci possono stare 3-4 navi. Sono soluzioni di emergenza per scaricare il traffico dal canale della Giudecca. Non ci sono i progetti?». Le polemiche sull’incidente della Msc Opera di domenica e sullo stallo che in realtà dura dal 2012, anno del decreto Clini-Passera che vieVENEZIA
numero di passeggeri in movimento. A questo c’è da aggiungere un altro risvolto: rispetto al massiccio afflusso di visitatori, dai quali, soprattutto in alcuni periodi dell’anno, la città lagunare è presa letteralmente d’assalto, le responsabilità dei crocieristi sono decisamente limitate. Rappresentano, infatti, soltanto il 5% dei flussi turistici diretti a Venezia e, come si diceva, dal 2013 a oggi sono costantemente diminuiti, riducendosi di un quarto. Inoltre, sempre sul piano del governo dei flussi, i crocieristi costituiscono un grande vantaggio: è possibile conoscere con larghissimo anticipo, infatti, il numero esatto delle persone che arriveranno nel porto e il giorno e l’ora in cui
tava le grandi navi ma solo dopo aver trovato una via alternativa, proseguono. Ma si guarda anche al futuro per trovare soluzioni che, dopo la grande paura di una tragedia sfiorata, tolgano il prima possibile le
crociere dal bacino di San Marco. E Brugnaro, a Radio 24, ha messo sul tavolo una proposta, su cui pare d’accordo anche il governatore Luca Zaia: «Le navi possono andare dritte a Marghera da una via
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I passeggeri
Nel 2017 (dati Clia) sono approdati a Venezia con le navi da crociera 1 milione e 417 mila passeggeri. Erano 400 mila in più nel 2013, anno in cui si registrò il picco record
La spesa giornaliera
Sempre secondo i dati Clia, i crocieristi che approdato a Venezia spendono mediamente 426 mila euro ogni giorno (676 mila se si considerano solo i giorni i cui almeno una nave è presente in città)
d’acqua che esiste da una vita, il canale dei Petroli - ha detto Zaia - una banchina di due chilometri che esiste già». Certo, manca il terminal, ma si parla appunto di ipotesi d’urgenza. «Servirebbero solo alcuni lavori di adeguamento», osserva Renato Brunetta, deputato di Forza Italia. E sul Vittorio Emanuele insiste anche il prefetto di Venezia Vittorio Zappalorto: «Si dovrebbe consentirne almeno la manutenzione che non viene fatta da trent’anni anni - dice - Vtp (il gestore della Marittima, ndr) si è già offerta di fare le caratterizzazioni, per cui sarebbe a costo zero per la città. Bisogna assumersi la responsabilità di prendere questa decisione». Zappalorto spinge anche sul protocollo fanghi:
sbarcheranno. L’impatto economico sulla città ha un valore particolarmente rilevante anche perché Venezia è base di partenza per le gradi navi: questo significa che molti crocieristi arrivano qualche giorno prima oppure si fermano per qualche giorno al termine della crociera, alimentando l’industria turistica locale. Più in generale, secondo i dati forniti da Clia, l’Italia beneficia più di altre destinazioni del giro d’affari crocieristico, grazie alla sua posizione geografica al centro del Mediterraneo: nel nostro Paese si realizza il 27,6% dell’intero fatturato continentale, pari a 13,2 miliardi di euro. © RIPRODUZIONE RISERVATA
«Altrimenti non si può neanche fare la manutenzione ordinaria dei canali». Il ministero delle Infrastrutture però sembra aver preso un’altra strada, come ha ribadito Danilo Toninelli ieri in aula, rispondendo a tre interrogazioni del question time. Niente Marghera («non esiste nessun progetto, solo uno studio embrionale» insiste il ministro), problemi sul Vittorio Emanuele («senza protocollo fanghi non si può scavare»), per il futuro terminal testa a testa tra le ipotesi San Nicolò e Chioggia («Malamocco è stato bocciato dal provveditore Roberto Linetti per motivi di natura ambientale»). Ma per il presente ha comunicato che già martedì si riunirà il gruppo di lavoro della Capitaneria di Porto che dovrà «mitigare nell’immediato il passaggio delle grandi navi nello splendido bacino di San Marco». La linea pare quella di criteri più stringenti del famoso «algoritmo»
Le misure Zappalorto continua a sostenere che scavare il Vittorio Emanuele risolverebbe i problemi che già ora vieta il passaggio alle navi con certe caratteristiche, soprattutto di dimensioni. «Stiamo costruendo insieme ai colossi crocieristici un progetto che mantenga Venezia al centro mondiale della crocieristica senza impatti ambientali e salvaguardando il lavoro», ha detto Toninelli. «Cosa deve decidere il gruppo di lavoro? Ridurrà i passaggi? Ma i problemi di sicurezza restano - incalza Nicola Pellicani, deputato del Pd - Chioggia e Lido sono soluzioni irrealistiche». «Serve un blocco immediato del passaggio delle grandi navi», dice Federico Fornaro (LeU). Intanto domani la procura di Venezia, che ha indagato sei persone per l’incidente, dovrebbe affidare la consulenza tecnica sulla nave: restano dunque ancora dubbi su quando la Msc potrà ripartire A. Zo. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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IL GIORNALE DI VICENZA
VENETO
VERONA.Cedeilsoffittodell’autogrillinA4
Telefono 0444.396.311 | E-mail: veneto@ilgiornaledivicenza.it
Nonhaavutoripercussioniilcedimentodellapartealtadelsoffittoinsalaristorante nell’autogrill«Scaligera»diSoave,lungol’autostradaA4versoVenezia:nonc’erano clientieilavoratorieranoaltrove,spiegal’Associazionenazionaledipendentiautogrill.
POLITICA. Il movimento veneto muta pelle: tesseramento al via a breve
“VENETOACQUE”. LaRegioneapprova i conti
LaLegafacappotto MaSalviniadesso lariorganizzerà
IlCapitano: «Dopoilballottaggiofaròlanomina del commissario». In pole c’è Nicola Finco (Regione) Maperil cambiodi partitoc’èancoradaattendere Cristina Giacomuzzo
«La Lega fa cappotto in Veneto. Ma è una Lega mal organizzata. I risultati ci sono stati, vero. Ora, però, serve diventare un partito snello ed efficace. Soprattutto qui. Perché qui ci sono zone dove il partito è seduto. Dove chi è responsabile lo è da troppo tempo e magari blocca o rallenta i nuovi ingressi. Serve aprirsi e muoversi di più». Non saranno state queste le parole precise di Matteo Salvini ai suoi big veneti - quando lunedì li ha incontrati per un pranzo veloce dopo l’inaugurazione della primo tratto funzionale della Pedemontana - ma il concetto è questo. TESSERE. Sì, perché in casa
Lega da mesi non si aspetta che l’ordine del Capitano a partire per seguire le indicazioni e concretizzare il nuovo partito, quello che manderà in pensione la Lega con il “Nord”. Ma sembra che ci sarà ancora da aspettare. Colpa di «questioni tecniche e legali» nel passaggio da vecchio a nuovo partito, ancora da definire. E poi le priorità del leader politico, anche vicepremier e ministro, in questo periodo sono altre: sta lavorando per dare un nuovo assetto al governo giallo-verde a seguito delle recenti europee. Insomma, il partito può attendere. Come il tesseramento 2019 che ancora non è stato avviato (non solo in Veneto) complice la trasformazione del partito nel limbo. Ma chi è vicino a Salvini assicura
che a brevissimo arriveranno a casa dei militanti e dei sostenitori le tessere. E ai nuovi che visti i risultati nelle cabine elettorali dovrebbero essere davvero tanti - sarà data la possibilità di formalizzare l’iscrizione. IL COMMISSARIO E LA STRUTTURA. Anche la nomina del
commissario regionale, cioè colui il quale dovrà traghettare il partito fino al primo congresso del nuovo gruppo politico, dovrebbe avvenire a breve. Sempre lunedì scorso, a domanda precisa, Salvini ha risposto: «Li nominerò dopo il ballottaggio». Praticamente fra quattro giorni. E guarda caso lunedì è convocato un federale a Milano. All’ordine del giorno della riunione non risulta al momento nulla
Arrivailserbatoio che utilizza il Brenta peritubianti-Pfas Lasocietàincaricata sta finendol’operada 6milioni Lavorianche perbonifiche eper Alleghee Sottoguda VENEZIA
Ibig vicentinie venetidellaLega sul palco conMatteo Salvini
a riguardo, ma si sa, tutto può succedere in via Bellerio. A meno che con la frase «dopo il ballottaggio» Salvini non intendesse anche luglio. Quel che è certo è che Toni Da Re, neo eletto europarlamentare, segretario regionale uscente, è pronto a scattare: «Sono disponibile a ricoprire ancora questo incarico, se il Capitano vorrà», dichiarava nei giorni scorsi sotto il tendone dell’inaugurazione della Pedemontana, a pochi metri dal suo leader. Ma pare che non sarà così che andrà. Anche se nomi ufficialmente e ufficiosamente non ne sono stati fatti, molti vedono in Nicola Finco, bassanese, capogruppo della Lega in Consiglio regionale, l’uomo giusto per l’incarico: convince il leader Salvini, il governatore Za-
VENEZIA. StopaSanMarcomaglientivoglionolaMarittima.Brugnaro: «Ilministromente»
Maxinavi, scontro alla Camera Toninelliri-bocciaMarghera «Nonc’è nessuno studioserio: si lavora alle ipotesi di Chioggia e Lido» VENEZIA
«Non esiste alcun progetto del Porto di Marghera», quindi «non c’è mai stato nessun blocco da parte mia. Non vedo come si possano bloccare o abbandonare nei cassetti del Ministero progetti mai pervenuti». Così si è difeso ieri alla Camera nel question time il ministro per le infrastrutture Danilo Toninelli, incalzato dalle interrogazioni di Leu e Forza Italia (col deputato Renato Brunetta) e difeso invece da quella dei 5Stelle (col deputato Alvise Maniero), dopo l’incidente di domenica con la nave da crociera finita contro la banchina di S. Basilio nel canale della Giudecca e su un’imbarcazione turistica (4 feriti) . SCONTRO FRONTALE. Come
noto, lo scontro è frontale e durissimo. Da una parte Comune, Regione e altri enti che sostengono la soluzione dell’utilizzo del Canale dei petroli fino a porto Marghera e poi da lì del canale Vittorio Emanuele, per tenere lontane le grandi navi da crociera dal bacino di S. Marco, ma consentendo loro di giungere comunque all’attuale stazione Marittima vicina a piaz-
Un’immaginedell’incidente didomenicaa Venezia
zale Roma («basta solo scavare per adeguare i canali che già esistono alla stazza delle navi», ha ribadito Brunetta): l’accusa a Toninelli (su cui si accentrano le voci di una possibile fuoriuscita dal governo in base a un ipotetico rimpasto) è di non aver fatto nulla. Dall’altra parte il Ministero e Toninelli: ieri ha ribadito che questa è un’idea senza nessun approfondimento progettuale perché manca la “Via-valutazione impatto ambientale” bisogna prima dire che tipo di fanghi inquinanti verrebbero portati alla luce con gli scavi e che destinazione si dovrebbe dare loro. Replica il sindaco veneziano Luigi Brugnaro a Radio24: «Toninelli mente sapendo di
mentire: c’è un verbale allegato al Comitatone del 7 novembre 2017 che diceva esattamente quello che ha detto il governatore Zaia. Il canale c’è: non c’è il progetto perché lui non ha dato corso all’accordo. Il Ministero deve ordinare all’Autorità portuale di elaborare progetti e scavi». DUE ALTRE SOLUZIONI. «Ho
convocato - dice Toninelli Autorità marittima, Provveditore e Autorità portuale e li ho invitati a riattivare il Gruppo di lavoro costituito nel marzo del 2017: si riunirà martedì». Il ministro ha detto che sta lavorando coi ministri Bonisoli e Costa al nuovo terminal crocieristico, ma l’iter è lungo. Si è giunti a tre ipotesi
TEL. 0444 649428
MP_03482
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Giovedì 6 Giugno 2019
con fattibilità tecnico-economica - d’intesa con l’allora viceministro leghista Rixi (poi dimessosi, come noto), il Comune e la Regione. E «due settimane fa, sono arrivati solo due degli approfondimenti richiesti, in quanto l’ipotesi di Malamocco è stata ritenuta impraticabile dal provveditore Linetti e dall’Autorità di Sistema portuale per ragioni ambientali». Restano in piedi quindi Chioggia e Lido di Venezia per farvi giungere le grandi navi. «Nelle interlocuzioni che abbiamo avuto abbiamo ovviamente parlato con i colossi crocieristici e con loro stiamo costruendo un’idea definitiva per un progetto che non abbia impatti ambientali, che non tocchi l’occupazione e mantenga elevato il livello turistico».
ia, e trova l’appoggio del ministro veronese, Lorenzo Fontana, come del presidente del Consiglio regionale, Roberto Ciambetti, e dell’assessore regionale, il padovano Roberto Marcato. Ci sono anche altri nomi in lizza: la super votata alle europee Mara Bizzotto, per esempio. O il sindaco di Treviso, Mario Conte. Sarà Salvini a scegliere. A lui anche il compito di definire la struttura, l’organizzazione del nuovo partito: il commissario regionale potrà contare su un “comitatone” di big, una sorta di direttivo con i saggi del partito? O sarà affiancato dai commissario provinciali? O ancora sarà l’uomo solo al comando alle dirette dipendenze del Capitano? Si attendono dispacci. • © RIPRODUZIONERISERVATA
È in arrivo anche il serbatoio da 6,2 milioni di Carmignano di Brenta che accumulerà e custodirà l’acqua buona presa dalle falde del Brenta in modo da poterla poi inviare sia verso la Bassa Padovana ad “Acquevenete” (che utilizzerà anche un serbatoio a Montagnana) per poi giri l’acqua verso la zona rossa dei Pfas, a Poiana, sia in futuro lungo la condotta che da Carmignano-Piazzola porterà acqua a Brendola, sempre per poter eliminare l’uso dei pozzi leoniceni che pescano acqua inquinata da Pfas. L’opera è quasi completa, lo scrive la Regione che l’aveva affidata alla sua “Veneto acque” e ha dato l’ok all’approvazione del bilancio 2018 della società “in house” con un utile di 143 mila euro. “Veneto acque”, che conta in tutto persone fisse in organico, segnala che ad ottobre «si esaurirà la fase di costruzione del
IlcartellodeilavorilungoilBrenta
serbatoio di accumulo» lungo il Brenta, dove sono già pronti i nuovi pozzi per pescare acqua di falda. Entro l’anno la società poi completerà il progetto della condotta da Montecchio a Brendola e assegnerà il progetto di quella da Piazzola a Piazzola. Il business per “Veneto acque” però si sta spostando sempre più su rifiuti e bonifiche: cura per la Regione il progetto di marginamento di aree Alcoa ed Enel a Fusina, avvierà la gara per la darsena della Rana al nuovo Petrolchimico e si occupa dello smaltimento rifiuti della ex “Nuova Esa” a Marcon (con nuovi ritrovamenti). La società segue anche il post-tempesta Vaia: si occupa dello sghiaiamento del lago di Alleghe e della sistemazione dei Serrai di Sottoguda a Rocca Pietore. • P.E.
ANCEVENETO. «No deregulation, sì tempi brevi»
«Sblocca-cantieri,attenti anonfermareiComuni» PADOVA
«In queste settimane il decreto Sblocca-Cantieri è finito dentro una lavatrice con modifiche, ripensamenti e nuove ripartenze: oggi è difficile darne una valutazione precisa e calcolare gli effetti sul nostro settore. Quella che non è mai cambiata è la priorità per Ance Veneto: rimettere in moto i cantieri e gli investimenti in infrastrutture. E questo sarà anche il criterio del nostro giudizio sulle nor-
me che usciranno dal Parlamento in queste ore». Così ieri il presidente di Ance Veneto, Giovanni Salmistrari, sul via libera al Senato alla sospensione del Codice degli appalti prevista dal decreto. «L’abbiamo detto più volte: per far ripartire gli investimenti in infrastrutture è necessario semplificare le procedure alle stazioni appaltanti. Infatti col Codice appalti gli enti locali non erano sempre in grado di realizzare, in tempi brevi, gli adempimenti necessari a rispettare
le norme. Difficoltà che si è tradotta nell’allungamento delle tempistiche. E purtroppo il proliferare di regole non è detto serva a tutelare la legalità». «La nostra preoccupazione - chiude - è che togliere dall’oggi al domani le regole del Codice Appalti mandi in tilt gli uffici delle stazioni appaltanti che non sanno più come comportarsi. E questo comporterebbe un stand by ancor più dannoso per il settore dell’edilizia. Per rimettere in moto investimento ed infrastrutture serve una road map che porti realmente alla semplificazione. Noi non vogliamo una deregulation, ma un sistema che tuteli gli onesti senza mettere in stand by le procedure». •
FA_11975
sensibilità, rispetto, massima cura per i tuoi cari...
MOSE. Intanto preoccupa la
futura gestione del Mose: il ministero Mef «non ha ritenuto economicamente sostenibile» la proposta degli enti che i costi di gestione siano a carico dello Stato. Ma Toninelli: «Tutto risolto.: sì al commissario straordinario per il completamento fino al collaudo dell’opera e stanziamento di 40 + 25 milioni dei fondi ai Comuni». • P.E. © RIPRODUZIONERISERVATA
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Primo Piano
Giovedì 6 Giugno 2019 www.gazzettino.it
Lo schianto a Venezia
Grandi navi, Toninelli: «Marghera non esiste» Il Prefetto: «Ci ascolti»
IL DIBATTITO VENEZIA Marghera «non esiste», Malamocco è stata esclusa per «ragioni ambientali», quindi la scelta del nuovo porto crocieristico sarà tra Chioggia e Lido San Nicolò. Ma siccome, anche se si deciderà entro giugno, ci vorrà tempo sia per costruire il nuovo approdo delle navi bianche che per rendere praticabili via d’acqua alternative al Bacino di San Marco e alla Giudecca, già martedì prossimo si riunirà il ricostituito gruppo di lavoro del 2017, quello composto da Capitaneria di Porto, Provveditore interregionale alle opere pubbliche e Autorità portuale, per introdurre nuove limitazioni alle crociere a Venezia. Tre giorni dopo l’incidente a San Basilio, dove la Msc Opera è andata addosso alla motonave fluviale River Countess, causando quattro feriti, l’argomento della crocieristica a Venezia è stato ieri oggetto del question time a Montecitorio. Il ministro alle Infrastrutture Danilo Toninelli ha risposto a tre interrogazioni, continuando a smentire il sindaco di Venezia e il governatore Zaia: «Non esiste alcun progetto Marghera». Solo che, da Venezia, gli ha risposto il prefetto Vittorio Zappalorto: «Toninelli dice che manca un progetto-Marghera? Bene, gli faccio notare che non esiste nemmeno un progetto-Chioggia».
LE RISPOSTE Rispondendo all’onorevole Federico Fornaro (LeU), il ministro Toninelli ha detto perché il decreto Clini-Passera del 2012 è rimasto inattuato: «Quel decreto, emanato a seguito della tragedia della Costa Concordia naufragata nei pressi dell’Isola del Giglio, subordinava l’efficacia del divieto di transito nel Canale di San Marco e nel Canale della Giudecca delle navi superiori a 40.000 tonnellate alla disponibilità di vie di navigazione alternative a quelle vietate. Dal 2012 a oggi il problema è rimasto irrisolto e non è mai stato individuato alcun percorso alternativo per le Grandi Navi. Di conseguenza, il divieto di transito non è mai stato applicato». È stato rispondendo a Fornaro che il ministro ha annunciato la riunione per martedì del ricostituito gruppo di lavoro, quello del 2017 che ha portato all’ordinanza che, sulla base di fattori legati alle dimensioni, diceva uqli navi potevano entra-
CHIOGGIA, IL SINDACO: «CROCIERE E DEPOSITI DI GPL SONO INCOMPATIBILI, MA IO SPERO DI AVERE LE PRIME»
LE REAZIONI VENEZIA Il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro non sa ormai più cosa dire a proposito del ministro Toninelli. Dopo aver detto che questi “non ha fatto nulla” e che “fa solo confusione” Brugnaro ha esaurito gli aggettivi. Ieri non ne voleva più parlare, poi, però dopo il question time alla Camera in cui Toninelli ha ribadito che non ci sono progetti nel cassetto, continuando a ribadire la sua contrarietà a Marghera e che la soluzione sarà condivisa con la popolazione, Brugnaro è sbottato, ospite di Radio 24. «La gente ha votato questo presidente (riferendosi a Luca Zaia) e questo sindaco. Il ministro “nominato” se ne faccia una ragione - ha detto Brugnaro perché tutto quello di cui si era
Il ministro M5s: «Non c’è un piano» `Zappalorto: «Ma neppure per In arrivo nuovi limiti per le crociere le altre ipotesi ci sono progetti» `
QUESTION TIME Il ministro Danilo Toninelli sui banchi della Camera con i colleghi Elisabetta Trenta e, a destra, Marco Bussetti
Le alternative Nel secondo porto veneto l’ostacolo del deposito Gpl Incroci pericolosi per Chioggia: qui è stato realizzato il super-deposito Gpl che rende incompatibile il traffico delle navi da crociera. O l’uno o l’altro quindi. Il vantaggio di questa soluzione? Le banchine esistono già.
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Malamocco, ipotesi già ritenuta incompatibile Il sito ipotizzato era quello sulle piattaforme di cemento realizzate per il sistema Mose a ridosso dell’isola di Pellestrina, ma questa soluzione è stata ritenuta dal Mit «incompatibile per ragioni ambientali».
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A San Nicolò vicino al vecchio aeroporto
(foto LAPRESSE)
Le ipotesi Percorsi possibili nuovo progetto (Vittorio Emanuele) Canale Contorta-S. Angelo Percorso crociere
Porto Marghera
Percorso mercantili (Canale Petroli)) I possibili porti 1 2 3 4
Canale Vittorio Emanuele
MARGHERA (porto commerciale) 4
Dentro o fuori la laguna? Per l’estremità nord del Lido - dopo c’è il primo aeroporto di Venezia esistono già diversi progetti. Lo scalo in mare andrebbe a confliggere con le spiagge. E all’interno? Tutto da definire.
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VENEZIA
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Lido San Nicolò
Stazione Marittima (porto passeggeri)
Bocca di porto del Lido
VENEZIA
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Canale Petroli
2 Malamocco
Chioggia 1
«LA GENTE HA VOTATO UN SINDACO E UN PRESIDENTE DELLA REGIONE, ANCHE IL MINISTRO SE NE FACCIA UNA RAGIONE»
Rispondendo invece ai deputati Giorgio Mulè e Renato Brunetta di Forza Italia - e poi ad Alvise Maniero del M5s - Toninelli ha scandito: «Non esiste alcun progetto del Porto di Marghera. Si tratta di un’idea, uno studio embrionale. Non esiste uno studio di fattibilità tecnico-economica, dunque non esiste alcuna ipotesi progettuale. Non è mai stato formalizzato alcunché e al mio Gabinetto non è mai stato inviato nulla di quello di cui hanno parlato in molti in questi giorni. Quindi, non c’è mai stato nessun blocco da parte mia. Non vedo come si possano bloccare o abbandonare nei cassetti del ministero progetti mai pervenuti». Toninelli non è stato tenero neanche nei confronti del Porto: «Abbiamo appreso dal presidente dell’Autorità di sistema portuale, Pino Musolino, dell’esistenza di un’analisi multicriteria delle alternative per la crocieristica di Venezia. E, dopo averne formalmente chiesto copia, giungevano sulla mia scrivania 13 idee di circa due paginette l’una». A Musolino è poi stato chiesto di redigere un elaborato di fattibilità tecnico-economica di tre delle ipotesi progettuali avanzate, cioè Chioggia, Lido San Nicolò e Malamocco. «Due settimane fa, sono arrivati solo due degli approfondimenti richiesti, in quanto l’ipotesi di Malamocco è stata ritenuta impraticabile dal Provveditore Linetti e dall’Autorità di Sistema portuale per ragioni ambientali». Il ministro ha detto di aver ascoltato anche le compagnie crocieristiche: «Stiamo costruendo con loro l’idea definitiva di un progetto che non abbia impatti ambientali e che non tocchi l’occupazione, perché Venezia torni centro mondiale della crocieristica». Sferzante la replica di Brunetta: «Le ipotesi Chioggia, Malamocco e Lido sono una follia Quanto a Chioggia, il sindaco pentastellato Alessandro Ferro ha ribadito che il porto crocieristico non può coesistere con il deposito da 9mila metri cubi di Gpl previsto nella sua città: «Le due cose sono incompatibili, ma questo non significa che io sia contro le navi e contro Toninelli. Anzi, è vero il contrario: io spero che il nostro ministro scelga Chioggia per le grandi navi, così ci toglierà il deposito di Gpl». Ma tecnicamente Chioggia potrebbe ospitare le navi da crociera? I canali sono sufficiente profondi? «Queste sono cose tecniche, si farà tutto quello che serve». Alda Vanzan © RIPRODUZIONE RISERVATA
Brugnaro insiste: «Le scelte del 2017 si possono già realizzare, da subito» parlato nel Comitatone del 2017 si può già fare e il ministro non lo ha fatto». Come è noto, il Comitatone del novembre 2017 non aveva deliberato, ma c’era un verbale che faceva riferimento all’adeguamento del canale Vittorio Emanuele ÏII come soluzione a breve per
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La zona industriale esclusa dal Mit La banchine di Porto Marghera individuate dal Comitato del 2017 per il terminal crociere non piacciono al Mit. Pesa soprattutto la commistione che si andrebbe a creare tra traffico di petroliere e “love boat” cariche di turisti
re e quali no. L’obiettivo ora è di “mitigare” ulteriormente gli effetti del passaggio delle navi, quindi si intuisce, aumentare i divieti.
L’inchiesta
Msc Opera bloccata per le perizie Dovrebbe iniziare venerdì la perizia necessaria per accertare le cause e individuare le eventuali responsabilità penali in merito all’incidente avvenuto domenica, nel canale della Giudecca, che ha coinvolto la nave Msc Opera. Ad affidare l’incarico e a definire il quesito a cui i consulenti tecnici dovranno rispondere, è il pm Giorgio Gava, che si occuperà del fascicolo aperto dalla collega Lucia D’Alessandro, di
turno domenica, la quale si è limitata a gestire gli adempimenti urgenti, tra cui i sequestri. Ieri mattina il procuratore capo, Bruno Cherchi, ha precisato che il sequestro dei componenti della nave necessari agli accertamenti tecnici sarà mantenuto per tutto il tempo necessario ai consulenti tecnici. Dunque sarà difficile che Msc Opera possa riprendere la navigazione sabato.
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portare le navi a Venezia senza passare per San Marco. «Il ministro - prosegue il sindaco di Venezia - ha detto che ci presenterà tre progetti che risolveranno tutto. Bene. Diremo che cosa ne pensiamo, anche se abbiamo anticipato che sono sciocchezze. C’è stato l’incidente? Cominciamo da domani a far passare le navi che si possono spostare per il Vittorio Emanuele. Nel frattempo, a porto Marghera si possono ormeggiare 3-4 navi immediatamente come soluzioni di emergenza e scaricare il traffico. Poi, dopo un anno di carotaggi e verifiche si riuscirà credo a dragare il canale portandolo da 6.5 a 8 metri di profondità. Il canale
esiste, vogliamo solo riattivarlo, ma può farlo solo il ministro». Anche il deputato veneziano del Pd, Nicola Pellicani, ha pesantemente criticato Toninelli e il suo operato. «Il ministro - spiega Pellicani ha utilizzato l’incidente di Venezia come scudo per polemizzare con i suoi alleati di governo, senza dare alcuna risposta di merito. Abbiamo appreso che martedì si riunirà il gruppo di lavoro con il compito di prendere le prime decisioni. Ma per decidere cosa? Ad oggi transitano davanti a San Marco 500 navi all’anno. Verranno ridotti i passaggi? Ma i rischi, i problemi di sicurezza, rimarranno intatti. Dite - conclude - cosa volete fare. Ma non potete continuare a prendere i giro il mondo intero». Michele Fullin © RIPRODUZIONE RISERVATA
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GIOVEDÌ 6 GIUGNO 2019 LA NUOVA
PRIMO PIANO
Lo schianto in laguna
Casson contro la Procura «Gli esposti c’erano Doveva e poteva indagare» L’ex pm veneziano accusa: «La magistratura avrebbe dovuto intervenire per evitare che il pericolo diventasse delitto, come puntualmente accaduto» Roberta de Rossi VENEZIA. «Le associazioni ambientaliste hanno presentato due esposti, nel 2017 e nel marzo di quest’anno, per sottolineare la necessità di tutelare la sicurezza della navigazione. Risultato? La Procura è rimasta totalmente inerte: eppure rientra tra le sue competenze valutare non solo i disastri, ma anche situazioni di pericolo. Per questo il codice prevede i “Delitti di pericolo”, che se si concretizzano diventano “di danno”. La Procura in questi anni avrebbe potuto fare indagini, sentire tutte le istituzioni coinvolte, chiedere loro cosa intendessero fare per adempiere al decreto Clini Passera, che impone l’allontanamento delle navi superiori alle 40 mila tonnellate di stazza dal bacino di San Marco: in una situazione di totale inerzia delle istituzioni politiche, la magistratura poteva e doveva intervenire per evitare che il pericolo diventasse delitto, come puntualmente è accaduto domenica con l’incidente della Msc Opera. Ora la Procura è dovuta intervenire». Diretto e affilato, l’ex senatore e ex pm e giudice istruttore di Venezia Felice Casson critica la magistratura veneziana. L’occasione è la presentazione da parte dell’Associazione Ambiente Venezia di un nuovo esposto inviato a Procura, ministro dell’Ambiente Sergio Costa, a quello delle Infrastrutture Danilo Toninelli, per ricostruire nove anni di continui rinvii nelle decisioni politiche per togliere dal Canale della Giudecca le grandi navi, come
previsto dalla legge sin dal 2012. Gli ambientalisti chiedono a magistrati e ministri di «valutare i profili di illeicità penale di quanto accaduto e assumere tutte le iniziative necessarie volte ad ovviare al gravissimo rischio ambientale che oggi incombe sulla laguna di Venezia». Nel tempo, l’associazione ha presentato esposti sia per la mancata applicazione del Clini-Passera sia per l’inquinamento dell’aria provocato dagli scarichi delle grandi navi in transito. «Il rischio in questi anni è andato aumentando», commenta Armando Danella, a nome di Ambiente Venezia, «perché se è vero che in attesa dell’indi-
L’Associazione Ambiente Venezia ricostruisce nove a anni di rinvii viduazione dei percorsi alternativi - sempre rinviata dalla politica - la Capitaneria di porto ha fissato a 96 mila tonnellate la stazza massima delle navi in transito, è pur vero che negli ultimi due anni il numero dei transiti è cresciuto: per portare più passeggeri, si usano più navi. E ogni passaggio è un pericolo, come dimostra lo spaventoso incidente di domenica. Ogni nave che passa rappresenta un rischio: è inconcepibile che le istituzioni preposte siano immobili, soprattutto la Capitaneria di porto. Uno stallo tra proposte di “vie alternative” irrealizzabili e soluzioni che invece hanno ottenuto già la valutazione di impatto am-
bientale positiva, con costi e tempi certi di realizzo, dimenticate». Il riferimento è al progetto privato Duferco per realizzare uno scalo passeggeri in bocca di Porto del Lido, prima del Mose. Dopo la bocciatura del progetto di scavo Contorta dell’Angelo poi ritirato dal porto dell’era Costa, il progetto di scavo delle Tresse, anch’esso sospeso, ora l’ipotesi caldeggiata da Comune di Venezia, Regione Veneto, operatori portuali è quella di far entrare le navi passeggeri attraverso il Canale dei Petroli, farle sfilare a Marghera, per poi raggiungere l marittima dopo aver riportato a misura i fondali del Canale Vittorio Emanuele III. Progetto che il ministro Toninelli dice non essere mai giunto sul suo tavolo e che è del resto assolutamente inviso agli ambientalisti, che vogliono le navi fuori dalla laguna di Venezia. Non a Porto Marghera. «Queste navi non hanno il doppio scafo, per i serbatoi di carburante», prosegue Danella, «e hanno un consumo che mediamente si aggira sulle 15 tonnellate per ora di navigazione, con un’autonomia di oltre due settimane di moto: dalle 3 alle 4 mila tonnellate di idrocarburi, senza dover rispettare le rigide normative imposte alle petroliere. La Capitaneria ha la responsabilità di garantire sicurezza e ambiente nelle zone portuali». «C’è un fattore di rischio marittimo legato ai passaggi sotto costa», conclude l’avvocato Paolo Seno, legale dell’associazione, «che diventa esponenziale nel caso di Venezia e che aumenta con l’aumentare dei passaggi». —
antonio rosa salva
«Tema sentito, l’incidente ha fatto aprire gli occhi» VENEZIA. La Vogalonga è nata 45 anni fa per rilanciare la voga alla veneta, le remiere veneziane e al tempo stesso iniziare la lotta al moto ondoso. Quest’anno, inevitabilmente, rappresenterà per molti anche un momento di riflessione sul rapporto tra imbarcazioni e laguna, tra ambiente e città storica, tra necessità di mobilità e grandi navi. Gli organizzatori mantengono una posizione neutrale, su quest’ultimo argomento, alla luce dei fatti di domenica scorsa e delle proteste che a Venezia hanno trovato nuovo vigore.
lo studio transport & enviroment
«Costa e Msc le navi più inquinanti» Il Porto: le stime Arpav sono diverse VENEZIA. Dalle crociere arri-
va il 2 per cento del totale di polveri sottili a Venezia durante l’inverno e l’8 per cento nei tre mesi estivi. E a ciò, si aggiunge che fin dal 2007 le compagnie armatrici si impegnano a usare carburanti a contenuto di zolfo inferiore allo 0,1per cento sia quando entrano in laguna sia durante le operazioni di manovra. Sono le precisazioni dell’Au-
torità di Sistema Portuale di Venezia e Chioggia dopo lo studio presentato al Clean Air Dialogue di Torino. Realizzato da Transport & Environment, un’associazione con sede a Bruxelles di cui fa parte la rete dei Cittadini per l’aria insieme a We are here Venice, Ambiente Venezia, Laguna Bene Comune. Nella ricerca si legge come Venezia sia la prima città in
Italia, e la terza in Europa (dopo Barcellona e Palma di Maiorca), per inquinamento provocato dalle grandi navi. Più nel dettaglio, ogni anno in laguna 68 grandi navi stazionano quasi 8.000 ore in porto a motori accesi, emettendo 27.520 kg di ossidi di zolfo: 20 volte la quantità dello stesso inquinante prodotta dalle automobili nell’intera area comunale, Marghera
e Mestre comprese. A ciò si aggiungono 600.337 kg di ossidi di azoto e 10 961 kg di particolato. Il Porto, dal canto suo, rende noto che la programmazione della sua attività si basa esclusivamente su analisi e valutazioni ufficiali emesse da istituti pubblici. Come Arpav, ad esempio, che nell’ambito del Progetto Apice ha stimato le emissioni in atmosfera
«Siamo consapevoli del fatto che, quanto accaduto, ha scosso l’animo di molte persone», dice Antonio Rosa Salva (nella foto), «ma la Vogalonga non vuole intromettersi in queste vicende. L’incidente di San Basilio ha forse fatto aprire maggiormente gli occhi sui rischi che si corrono. È un fatto grave, certo, pur essendo alla fine andata bene rispetto a ciò che sarebbe potuto accadere. Tuttavia, non abbiamo sentori di ripercussioni sulla nostra manifestazione, ma sicuramente qualcuno, è da aspettarselo, organizzerà qualco-
del comparto portuale, comprendendo sia il traffico turistico sia il traffico merci. Dal 2007, poi, è in vigore l’accordo Venice Blue Flag che impone agli armatori di usare carburanti con quantità di zolfo pari a 0,1%. Un’autolimitazione estesa anche ai rimorchiatori coinvolti nelle manovre. Questo, secondo l’Arpav, ha ridotto del 46 per cento le polveri sottili del comparto crocieristico. In più, è stata da poco finanziata una nuova centralina di monitoraggio a Fusina (che si aggiunge a quella di Rio Novo). Gestita da Arpav, permetterà di rilevare le emissioni dei traghetti. Intanto lo studio realizzato da Transport & Environment fa sapere che 203 navi da crocie-
sa per manifestare il proprio dissenso». E allora gli organizzatori si concentrano sull’edizione 2019 della Vogalonga, che sarà la 45esima, non certo un traguardo di poco conto. «Il tetto è di 8 mila partecipanti e 2 mila imbarcazioni», aggiunge Rosa Salva. «Siamo a oltre 1.800 imbarcazioni, a oggi, e molte altre se ne aggiungeranno con una media di quattro persone a bordo. La Vogalonga rappresenta un impegno molto più complesso rispetto al normale lavoro quotidiano che ci caratterizza nei
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REGIONE ATTUALITÀ
Giovedì 6 Giugno 2019 Corriere del Veneto
Commissario per finire il Mose ma mancano i soldi per gestirlo
● L’editoriale
Futuro a sinistra, offrire idee chiare
Sparisconoi fondidestinatiallamanutenzione, ilMefbloccatutto:nonc’ècopertura Il Mose sarà commissariato e arriveranno i primi soldi della legge speciale ai Comuni lagunari. Ma dopo un braccio di ferro durato un’intera giornata, a partire dal no della Ragioneria dello Stato confermato in mattinata, dell’emendamento al decreto «sblocca cantieri» è sparita di nuovo la «struttura pubblica» che avrebbe dovuto occuparsi della gestione e manutenzione delle dighe mobili per salvare Venezia dall’acqua alta. «Non ci sono le coperture», è stato il diktat del ministero dell’Economia, nonostante il tentativo di mediazione in extremis del viceministro leghista Massimo Garavaglia. Ovvio che la Ragioneria dia pareri tecnici contingenti, ma in questo momento lo Stato non pare in grado di (o non vuole) finanziare il futuro del Mose. E comunque resta il fatto che il tema di come gestire e manutenere l’opera viene rinviato ancora, non si sa a quando. Il Provveditorato già da tempo ha dato una stima dei costi: 80-100 milioni all’anno, che dovranno coprire gli stipendi dei dipendenti, le «bollette» (solo di corrente elettrica si parla di 6 milioni di euro) e la manutenzione vera e propria. Un mese fa il ministero delle Infrastrutture aveva ipotizzato che ogni membro di
VENEZIA
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Ferrazzi Bene l’ok al ministero dell’Ambiente, ma servivano garanzie per i dipendenti
questa «struttura pubblica» avrebbe dovuto mettere la sua quota parte: 15 milioni a testa i quattro ministeri (oltre a quello guidato da Danilo Toninelli anche Economia, Beni Culturali e Turismo) e la Regione Veneto, 10 milioni Comune di Venezia e Città metropolitana e 5 milioni l’Autorità di sistema portuale. Proposta che aveva scatenato una sollevazione popolare degli enti locali, che sdegnosamente avevano replicato che il Mo-
● La parola
PARATOIE
Il Mose è un sistema di dighe mobili che difenderà Venezia dall’acqua alta. E’ composto da 78 paratoie divise in 4 schiere: due alla bocca di porto del Lido (divisa a metà con un’isola artificiale), una a Malamocco e una a Chioggia. Le paratoie sono piene d’acqua e stanno nascoste sul fondo della laguna: quando è prevista un’acqua alta di 110 centimetri o superiore, verranno riempite di aria e sollevate, chiudendo così il passaggio di acqua tra il mare e la laguna. I lavori sono ancora in corso.
se se lo sarebbe dovuto pagare lo Stato con la fiscalità generale. A quel punto è iniziato un balletto di testi: prima l’ipotesi di «cabina di regia» è stata espunta, poi è stata accolta la proposta di Brugnaro e Zaia di rimetterla con la specificazione che a pagare fosse lo Stato. In realtà è stata una «trappola», perché mentre il Mit accoglieva l’emendamento, dall’altra parte il Mef lo ha cassato. Ieri poi, a un certo punto, in commissione Bilancio si era ipotizzato che il comma potesse passare solo scaricando i costi sugli enti locali. Pare che a Venezia siano volati fulmini e saette con Zaia e la Lega locale furibondi con i compagni di partito a Roma e le linee sono diventate torride, tanto da fermare l’aula per un’ora e mezza. Alla fine è stato il ministro Toninelli ad annunciare l’accordo. «Passa in una riformulazione in cui la parte dei costi il Mef l’ha bocciata e i tre commi diventano due: commissario straordinario e stanziamento dei 40 più 25 milioni dei fondi ai comuni della laguna», ha detto Toninelli a margine della discussione, proseguita fino a tarda serata. Il ministro ha poi precisato che i fondi di legge speciale – i primi 65 milioni di un pacchetto di 265 fermo da più di
un anno – «non venivano assegnati perché i Comuni non si mettevano d’accordo sui criteri di destinazione». Frase che farà inferocire i sindaci, a partire da Luigi Brugnaro, che accusavano Toninelli di non convocare il Comitatone. Il testo prevede dunque la nomina entro 30 giorni di un commissario «sblocca cantieri», che avrà i poteri di stazione appaltante: il suo compenso sarà a carico dei fondi già previsti per l’opera. La commissione Bilancio aveva aggiunto un capoverso in cui si diceva che entro 3 mesi avrebbe dovuto fare una ricognizione di quanto serviva sia per finire l’opera, che per gestione e manutenzione. E’ poi aggiunto, tra i ministeri da consultare per la nomina, quello dell’Ambiente ai quattro di cui sopra, come chiesto dal senatore Pd Andrea Ferrazzi. «Ma è stato bocciato quello sulla salvaguardia di 250 dipendenti di Consorzio Venezia Nuova, Thetis e Comar - lamenta Ferrazzi - Così si perdono competenze, è una grave responsabilità». «Toninelli continua a danneggiare il Veneto e ora non paga il futuro del Mose - dice il collega Massimo Ferro (FI) - bisogna mandarlo a casa». Alberto Zorzi © RIPRODUZIONE RISERVATA
La vicenda ● Nell’ambito del decreto «sblocca cantieri» è stato inserito un emendamente relativo al Mose ● Inizialmente era prevista una «struttura pubblica» per la gestione e manutenzione, stimata in 100 milioni l’anno e anche gli enti locali (Regione, Comune e Città metropolitana) avrebbero dovuto mettere una quota parte di 35 milioni ● La protesta di Luca Zaia e Luigi Brugnaro ha portato prima a togliere il testo, poi a rimetterlo con la specificazione che i costi sarebbero stati a carico dello Stato ● Il nuovo testo è stato però bocciato dalla Ragioneria dello Stato ● Resta la nomina entro 30 giorni di un commissario e lo sblocco dei primi 65 milioni di legge speciale
Nuova polemica
Sanità, dalla Calabria 9,4 milioni al Veneto Il Sud torna a pungere il Veneto. Dopo la polemica innescata a metà maggio dal governatore della Campania, Vincenzo De Luca, che aveva definito «una pozzanghera» Jesolo e Cavallino, località più alte in classifica rispetto a Napoli per numero di turisti, ora tocca alla Calabria. «La Calabria finanzia la sanità veneta», il titolo comparso sui giornali locali dei giorni scorsi. Ma stavolta il gusto della polemica vira sull’amarezza di un popolo costretto ai viaggi della speranza per curarsi. Oltre 200 pazienti all’anno (su 306) curati in Azienda ospedaliera a Verona per il cancro al pancreas arrivano dalla Regione al centro di un decreto ad hoc, così come 267 malati di tumore al fegato trattati a Padova su un totale di 544. Pellegrinaggi che, insieme a tutti gli altri verso il resto del Paese, costano 300 milioni di euro. «Le strutture sanitarie di Verona si reggono solo sui pazienti del Sud — si legge sul Corriere della Calabria, che cita dati Agenas
VENEZIA
(l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) — con tariffe pesanti, anche di 70mila euro a ricovero. Ma la Regione Calabria rimborsa solo la tariffa unica di compensazione, concordata in Conferenza Stato-Regioni e pari a poco più di 20 mila euro a ricovero. Da qui le rimostranze del governatore Luca Zaia». Secondo gli ultimi dati sulla mobilità sanitaria validati dal ministero della Salute, il Veneto vanta 403.282.107 euro di crediti dalle altre Regioni per averne curato i cittadini, a fronte di 241.854.485 euro di debiti da saldare ai territori meta della «fuga» dei propri residenti. Il saldo è in attivo di 161.427.621 euro. I pazienti provenienti dalla Calabria «valgono» 9,4 milioni di euro. I più numerosi arrivano da Lombardia (per un totale di 73 milioni di euro), Emilia (57,5 milioni) e Friuli (50,9). Molise (1,2 milioni di euro) e Valle D’Aosta (400 mila euro) i fanalini di coda. (m.n.m.) © RIPRODUZIONE RISERVATA
Di corsa Tanti malati calabresi, soprattutto con tumore al pancreas e al fegato, si curano in Veneto
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SEGUE DALLA PRIMA
ono “storie irresistibili” che vogliono suscitare una reazione, muovere comportamenti. Lo scopo non è capire la realtà, ma ottenere il consenso. Tuttavia ho sempre pensato: oggi non ci sono analfabeti, la gente si informa, non accetta passivamente quel che un personale politico discutibile propone. In questi giorni ho per caso osservato da vicino il lavoro di alcune persone in una friggitoria di un mercato e ho immaginato la loro vita. Ci si alza presto, si prepara il furgone con tutta la roba pronta, si parte per il mercato rionale, si frigge e si cuoce pollo tutta la mattina, esposti all’unto e al caldo tutto il tempo. Ma si lavora con precisione, con gentilezza, e con grande efficienza. Poi si ripulisce a fondo, e via a casa. Ho pensato: queste sono persone normali, non sono diverse da me, né ignoranti né indigenti. Hanno sicuramente un titolo di studio, dei figli iscritti all’università, possibilità di vita (qualche viaggio, qualche pranzo al ristorante, una casa con salotto) simili alle mie. È probabile tuttavia che di fronte ai mille messaggi a cui ognuno di noi è esposto con i media di oggi si possa scegliere quello più diretto. Senza nostalgia: in passato i simboli immediati e diretti della falce e del martello, o quelli dello scudo crociato, parlavano in modo sempre comprensibile; si avvertiva un’appartenenza. Allora più di oggi mantenere un atteggiamento personale o critico non era facile, non per ignoranza, ma perché una vita di lavoro lo rendeva quasi impossibile. Oggi, l’aumento delle disuguaglianze non ripaga le maggiori opportunità offerte a tutti, e allora lo slogan semplicistico, accompagnato da un atteggiamento deciso e determinato, non appare minaccioso; al contrario può apparire diretto alla dignità delle persone, alla difesa di una vita di lavoro e non offensivo per le coscienze. Ci si può affidare, come hanno fatto in molti anche in Trentino. Gli slogan non sono una buona idea in politica; “vendere un prodotto” non è compito di chi rappresenta gli interessi di tutti. Tuttavia, basta con il politichese: sapere nuovamente suscitare fiducia e senso di appartenenza con idee chiare e visioni convincenti è uno dei obiettivi di una sinistra che voglia rinnovarsi. Paola Giacomoni
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Chioggia
RECENTI STUDI DIMOSTRANO CHE L’AREA NON SAREBBE MAI STATA CONFISCATA DA NAPOLEONE
LE POSSIBILI SOLUZIONI Pierdomenico Pregnolato, membro della Salvaguardia: «L’unica soluzione è un accordo tra gli enti interessati»
Giovedì 6 Giugno 2019 www.gazzettino.it
mestrecronaca@gazzettino.it
Università, bloccati i lavori `Il problema è la proprietà dell’area: antichi documenti La Commissione di Salvaguardia sospende l’iter per realizzare il distaccamento dell’ateneo di Padova mostrano che è della parrocchia e non del Demanio `
La storia di Chioggia nel libro di Rizziato NUOVO VOLUME
CHIOGGIA Antichi documenti mettono in discussione la proprietà dell’area dove l’Università di Padova intenderebbe insediarsi, nella porzione settentrionale dell’isola di San Domenico. Non apparterrebbe al Demanio, così come si riteneva, bensì alla parrocchia. Si tratta del cadente plesso che ospitava i vecchi laboratori della scuola marittima “Cini”. Presone atto, la Commissione di Salvaguardia non ha potuto far altro che bloccare l’iter preliminare al via libera ai lavori, per la realizzazione del previsto distaccamento della facoltà di Biologia, dedicato all’ambiente marino.
DOCCIA FREDDA Nulla, sino a qualche giorno fa, lasciava presumere la situazione. Stando ai documenti conservati nell’archivio comunale, la porzione settentrionale dell’isola risultava infatti effettivamente annoverata tra i beni pubblici disponibili. L’inattesa verità avrebbe trovato ampia conferma nel corso di recentissimi, accurati studi dai quali sarebbe inequivocabilmente risultato che la vasta area in questione non sarebbe mai stata confiscata né da Napoleone Bonaparte, nel 1797, e nemmeno nel 1866, quando il Veneto fu annesso al Regno d’Italia. Il Governo imperiale francese parrebbe, infatti, essersi limitato alla confisca della sola, attuale sede della Guardia di Finanza che, fino alla caduta della Repubblica veneta, ospitava il seminario. L’edificio fu adibito a caserma. Successivamente, come pare ormai ampiamente dimostrato, lo Stato unitario italiano si limitò a confermare gli espropri napoleonici, tralasciando ogni riferimento riguardante gli spazi attigui, rimasti appannaggio della vecchia proprietà. «La situazione – spiega l’ingegner Pierdomenico Pregnolato, membro della Salvaguardia – potrebbe sbloccarsi solamente a patto che la parrocchia, il Comune e lo Stato arrivino a un auspi-
EX SCUOLA “CINI” I locali che ospitavano i laboratori dell’ex scuola marittima “Cini”, nell’isola di San Domenico
cabile accordo. Personalmente ritengo che dovrebbe essere quantomeno assicurata, a chiunque, la possibilità di raggiungere il sito, passando attraverso il chiostro adiacente alla chiesa. Lo spazio parrocchiale, precluso da un cancello, potrebbe essere fatto rientrare tra i percorsi turistici e religiosi». Il caso dell’ex “Cini” fa pressappoco il paio con quello dell’ex Lazzaretto, che sorge accanto al lato sud della chiesa di San Domenico. Nel 2012, l’autorità ecclesiastica si accorse appena in tempo del fatto che l’edificio, anch’esso creduto demaniale, le apparteneva ancora. Il Comune aveva già avviato la procedura di vendita ad un privato che intendeva trasformarlo in struttura ricettivo-turistica. Anche in questo caso, la confusione documentale affondava le proprie radici negli anni imme-
diatamente precedenti e successivi all’unità d’Italia. Pareva che il convento dei Gesuiti (adibito nel 1911 a lazzaretto) fosse stato confiscato loro, nel 1897, in forza alla legge che ordinava la demanializzazione dei beni appartenenti agli ordini religiosi. Tutto sembrava definito con quell’atto di imperio, mantenuto secretato sino a pochi anni or sono. Ulteriori ricerche archivistiche hanno, invece, dimostrato che, all’epoca, la Compagnia di Gesù non sarebbe risultata in alcun modo espropriabile del complesso di San Domenico per il semplice motivo che, nel 1897, essa non ne era affatto proprietaria. L’edificio apparteneva, infatti, alla Diocesi nei confronti della quale lo Stato non risulta aver mai avviato alcuna specifica azione di confisca. Roberto Perini
Guardia di Finanza
Motoscafo “invisibile”, pescatori multati Un motoscafo “mimetizzato” contro la pesca a strascico. E’ stato questo il “trucco” usato dalla Guardia di finanza di Chioggia per sorprendere, l’altra notte, un peschereccio della marineria di Pila mentre pescava, a strascico, a meno di tre miglia dalla costa. Pesanti le sanzioni applicate: quattromila euro di multa, sequestro delle reti, il cui valore può agevolmente superare quello della sanzione suddetta e, soprattutto, l’applicazione di sei punti sulla licenza di pesca. Per cercare di sfuggire alla vigilanza delle fiamme gialle i
pescatori abusivi di solito si servono di “pali”, ovvero di complici pagati a prestazione (un centinaio di euro a notte) che, in prossimità delle stazioni della Finanza, a Chioggia e a Porto Levante, controllano le uscite dei motoscafi e, in caso di necessità, avvertono con i telefonini chi sta pescando. Ma l’altra sera, i finanzieri hanno utilizzato un mezzo particolare, un motoscafo, chiamato «banana» dagli stessi pescatori, che ha uno scafo particolarmente basso e, quindi, si mimetizza bene tra le onde. (d.deg)
“Storia di Chioggia, dalle origini ai giorni nostri”. E’ il nuovo libro del giornalista Pierluigi Rizziato, ex redattore della redazione di Mestre de “Il Gazzettino” che ha seguito per anni proprio la pagina del quotidiano dedicata a Chioggia e Cavarzere. La presentazione ufficiale è in programma oggi pomeriggio alle 18 nella sala dei lampadari del municipio alla presenza anche del sindaco Alessandro Ferro. La serata sarà moderata da Roberto Perini del “Gazzettino”. Rizziato è diventato giornalista professionista nel 1982. Originario di Mestre, ha scritto recentemente la storia della sua città e ha poi deciso di bissare proponendo la storia di Chioggia, città a cui è molto legato, come egli stesso spiega nella prefazione del libro: «Una Fiat 500 bianca, la mia, comperata nel 1967 e una macchina fotografica marca “Chinon” sul sedile posteriore. La meta? Chioggia. Ci venivo spesso negli anni a ridosso della maggiore età, quando avevo voglia di allontanarmi dalle solite cose e dalle solite faccende, per rilassarmi. Trovavo gradevole passeggiare guardando le vetrine dei negozi del corso, godere dell’atmosfera delle calli, apprezzare la tranquillità delle fondamenta lungo i canali, guardare i barconi allontanarsi verso la laguna, ascoltare le chiacchiere dei pescatori fuori dai bar, scattare foto immortalando gli scorci più belli. Di Sottomarina mi piaceva la spiaggia fuori stagione, con poche persone a passeggiare lungo la battigia». Il volume racconta la storia istituzionale e politica della città, ma anche la cultura, l’arte, la musica, il bel vivere, i palazzi e le chiese. Il libro è edito da “Biblioteca dell’immagine”. M.Bio.
Crociere, il “no” di Zaia fa infuriare i 5 Stelle CHIOGGIA «Ma Zaia lo sa di cosa sta parlando?». Non è per niente diplomatica la reazione dei Pentastellati chioggiotti alle recenti affermazioni sulla croceristica del governatore Luca Zaia. Se fino a pochi giorni fa, infatti, erano tre (Lido, Chioggia e Malamocco) le possibili destinazioni, al di fuori di Venezia, delle grandi navi, sottoposte all’esame del ministro Toninelli, le polemiche seguite all’incidente della Msc Opera, hanno evidenziato la propensione del ministro per le prime due (Toninelli l’ha ribadito anche nel question time di ieri alla Camera) e la contrarietà di Zaia alla seconda, ovvero Chioggia, da egli stesso definita «inquietante», in
un’intervista. Una presa di posizione alla quale i Cinquestelle reagiscono ricordando al presidente regionale che «a Chioggia esiste un porto, costruito con decine di milioni di soldi pubblici» che non può rimanere inutilizzato. E che, «in una recente commissione consiliare, Galliano Di Marco, direttore di Venezia Terminal Passeggeri, azienda partecipata dalla Regione tramite Apvs e Veneto Sviluppo, ha apertamente indicato Chioggia come ipotesi preferita dalle grandi compagnie del settore crociere, per il semplice, ma fondamentale, motivo che è l’unica collegata a terra». Lo stesso consiglio comunale di Chioggia, con voto unanime («anche del consigliere leghista Dolfin») ha approvato, in marzo, un ordine del giorno
«con il quale si incaricava l’amministrazione di sviluppare la croceristica senza nessuna limitazione» e il sindaco, Alessandro Ferro, ha ribadito, proprio l’altro ieri, la sua posizione favorevole alla croceristica a Chioggia, anche in funzione deterrente rispetto all’impianto gpl che è «incompatibile» con la presenza di navi passeggeri. Il capogruppo cinquestelle Paolo Bonfà attac-
I CONSIGLIERI COMUNALI DI MAGGIORANZA CONTESTANO LA POSIZIONE DEL GOVERNATORE: «VENGA QUI E PARLIAMONE»
ca: «Prima di parlare Zaia dovrebbe informarsi meglio. Parla di Marghera come ipotesi, ma a Marghera c’è mai stato? Secondo lui i turisti sarebbero contenti di fare un lungo tragitto in laguna a ridosso dei monumenti di archeologia industriale per arrivare in una zona tristemente famosa per l’inquinamento am-
PORTUALITA’ Lavori al Porto in una foto d’archivio
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bientale? A noi Marghera sembra la peggior soluzione per le crociere». E il suo collega consigliere, Daniele Padoan, aggiunge: «Vorremmo che Zaia ci spiegasse come mai le grandi navi non possono passare a San Marco ma non sembra preoccuparsi se le gasiere potranno passare a poche decine di metri dal centro storico di Chioggia. Forse le ritiene meno pericolose delle navi turistiche o di Chioggia non gli interessa nulla? La Regione ha importanti competenze in materia di sviluppo del territorio, però non si può avere la presunzione di conoscerlo senza aver sentito e concordato le scelte con chi ci vive. Per questo invitiamo il Governatore ad una serena discussione». Diego Degan
STORIA DELLA CITTA’ Il volume scritto da Rizziato
IL GIORNALISTA HA RACCONTATO LE VICENDE ISTITUZIONALI, MA ANCHE LE BELLEZZE ARTISTICHE
GIOVEDÌ 6 GIUGNO 2019 IL MATTINO
MONSELICE - CONSELVE - ESTE - MONTAGNANA
mo lui che è stato assessore da quindici anni, Lunghi sindaco da dieci, Fabio Conte sindaco per dieci anni. Adesso si sono ritrovati di nuovo tutti assieme dopo essersi detestati. Come faranno a governare? Parliamo poi del centro storico? Perché quanto scritto nel suo pro-
mantenute e la distanza che hanno creato tra “il palazzo” e la cittadinanza o un futuro fatto di persone giovani e concrete, pronte a collaborare in amministrazione con tutti e con i cittadini. Io sono rimasta fedele alla mia squadra senza cercare apparentamenti di comodo solo
per arrivare alla poltrona che per vent’anni quelli che sono ora con lui gli hanno sempre negato! ». «Io non ho partiti che mi comandano e non devo eseguire ordini da terzi. I cittadini di Monselice sono il mio partito» esordisce Gianni Mamprin a proposito alle differenze tra lui e la rivale «lei invece è legata alla Lega che impartisce ordini e direttive dall’alto. Io non sono una persona che cerca visibilità e pubblicità, come invece fanno la Lega e il suo leader. Il mio modo di fare è più pacato, non cerco di apparire nei social e non sbandiero quello che faccio. Io parlo con le persone, mi confronto con la gente che vive la piazza e Monselice. Non è il mio stile mettermi in mostra, io preferisco ascoltare e fare, piuttosto che parlare. Io sono una persona libera, che sa discernere, collaborare. Non sono il burattino di alcuno. Libero anche dai miei colleghi ed assessori, perché un sindaco deve sentirsi libero di poter decidere e non deve essere costretto ad agire per logiche di partito o poltrone. Non ho mai alzato e non alzerò muri, se mi viene dato un suggerimento intelligente “dagli avversari”, lo colgo. Gli ambientalisti potranno avere delle pecche, come le posso avere io, ma ci hanno aperto gli occhi su tante cose. Bisogna ascoltare tutte le persone, solo dopo averle ascoltate si possono trarre le conclusioni».
sponde Fama «L’elettorato si è dimostrato attivo e ha seguito la campagna elettorale. Non tutti però se la sono giocata bene, potevano affrontare un dialogo anche con noi sin dal principio. Invece la sinistra ha fatto una scelta che ha avvantaggiato il centrodestra. Se si fossero uniti ci avrebbero dato del bel filo da torcere. La competizione è bella, peccato che non ce l’abbiano concessa». Perché non avete stretto alleanze per il ballottaggio? «Per coerenza, applicata sin dal principio. La nostra politica era di rispettare tutto ciò che avevamo detto in campagna elettorale: contiamo sulle nostre forze e sul nostro elettorato». È stata una sua personale scelta quella di volere una candidata della Lega alle amministrative?
«Una scelta condivisa da tutta la squadra e nel direttivo leghista. Una donna rappresenta l’innovazione e Giorgia ha cultura e sa parlare bene, dovevamo dare una svolta a una politica ferma su vecchi modi di fare. Matteo Salvini è riuscito a operare un cambiamento concreto, una pulizia con il passato che i cittadini hanno ben percepito». Che cosa ha dato una spinta così forte al partito della Lega? «Sta cambiando il sistema politico e il generale si riflette sul locale. Salvini è riuscito a generare un cambiamento concreto, una pulizia con il passato che i cittadini hanno ben percepito. E poi qui valgono la concretezza e la capacità di dialogo che sono caratteristiche della nostra candidata». G. Z.
Giorgia Bedin con il presidente della Regione Luca Zaia
spiega il sindaco Massimo Cavazzana «per un uomo che amava, viveva e parlava ai cavalli». Toccante il ricordo di un amico, Alberto Meneghini: «I cavalli erano la sua vita. Ne sapeva riconoscere il carattere prima ancora di avvicinarsi e sapeva dirti quale era adatto oppure no. Con lui ci si divertiva. Mitici i trekking in Toscana a San Galgano, in Trentino a Vezzena, sui Lessini, sul Lago di Garda, al mare a Chioggia e sui Colli Euganei. I suoi cavalli sfilavano al corteo della Giostra della Rocca a Monselice con la contrada di San Martino, mentre lui guidava un carro trainato da quattro splendidi cavalli grigi. Era un uomo buono e mite». Nicola Stievano
ospedaletto euganeo
verso il ballottaggio a monselice
Bedin: «Io rappresento il nuovo» Mamprin: «Non sono un burattino» I due candidati fra cui domenica i cittadini dovranno scegliere il sindaco spiegano le differenze di personalità e di metodo che li caratterizzano gramma non lo ha attuato negli ultimi 15 anni? Io non ho mai fatto campagna elettorale denigrando o dicendo falsità sul mio avversario, come invece ha fatto lui a suon di volantini. E per fortuna che è insegnante di Religione! I cittadini ora devono scegliere tra 20 anni di amministrazione passata con tutte le promesse non
Giada Zandonà MONSELICE. Il conto alla rovescia per i candidati a sindaco Giorgia Bedin e Gianni Mamprin è cominciato, mancano ormai solo due giorni alla consultazione che deciderà chi fra loro due indosserà la fascia tricolore nei prossimi cinque anni. Sono entrambi di centrodestra (Bedin leghista con l’appoggio di liste civiche di centro, Mamprin con Forza Italia e raggruppamenti civici di centrodestra). Hanno lavorato assieme in buona sintonia per cinque anni, appare difficile per gli elettori trovare differenze marcate fra di loro. Loro hanno invece ben chiari i motivi per cui i cittadini dovrebbero votarli, proprio per le differenze che li caratterizzano. «Gianni Mamprin ha sempre detto di sì a tutti, tantissime promesse e sì mai mantenuti. Io invece mi sono sem-
La leghista: «Sono capace di dire dei no» Lo sfidante: «Non cerco il clamore: io faccio» Gianni Mamprin assieme al figlio Pietro
pre fatta carico delle problematiche e ho agito. Quando non c’erano i presupposti ho avuto anche il coraggio di dire dei “no”» afferma Giorgia Bedin «La mia squadra rappresenta davvero il nuovo: Lega, liste civiche moderate e di centro. Mentre nella squadra di Mamprin trovia-
l’analisi della segretaria legHista
Fama: «Gli elettori hanno voglia di cambiare» Zaia conferma l’appoggio MONSELICE. Il presidente della
Regione Veneto Luca Zaia è tornato ieri a Monselice, per portare a Giorgia Bedin il suo sostegno in vista del ballottaggio, durante un breve incontro con gli elettori in centro: «I cittadini devono avere la garanzia di avere un sindaco di tutti e in relazione diretta con le istituzioni» ha detto «Per me è più semplice dialogare con chi condivide il mio percorso amministrativo, piuttosto che con chi passa le giornate a rompermi le scatole e ma-
gari a far polemiche con la Regione. Questo non vuol dire che “darò soldi” a lei e non all’avversario, ma qui ci vuole un sindaco che batta i pugni e dica “prima vengono quelli di Monselice, poi gli altri”». All’ombra della Rocca una stretta collaboratrice di Giorgia Bedin è Francesca Fama, segretaria cittadina della Lega. Soddisfatta dell’esito elettorale a livello comunale? «Il risultato per noi è stato ottimo, secondo le aspettative» ri-
tribano
Addio a Girotto del Criollo Era l’uomo dei cavalli TRIBANO. Una carrozza traina-
ta dai cavalli che ha tanto amato accompagnerà l’ultimo viaggio di Mario Girotto, il “Marco Polo delle redini lunghe”. Il titolare del centro ippico “Il Criollo” di Tribano è morto martedì scorso, aveva 71 anni, lascia la moglie Alessandra e si congeda dal mondo dell’equitazione. Per questo oggi il feretro sarà accompagnato al funerale, alle 15.30 nel capoluogo, dai suoi cavalli. «Abbiamo concesso una deroga al corteo»
Mario Girotto
Autista frena di colpo e il carico scivola via
Il camion “protagonista” dell’incidente di ieri a Ospedaletto
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piacenza d’adige
Il sindaco Magri ha assegnato tutte le deleghe Lucio Marchetti è nuovamente il vicesindaco di Piacenza d’Adige. Primo Magri ha confermato la fiducia al vicesindaco della scorsa amministrazione, assegnandogli anche le deleghe a Bilancio, Tributi, Personale, Attività produttive, Agricoltura, Verde e Patrimonio. L’altro assessore sarà invece Maria Grazia Rovigati, referente per Istruzione, Scuola, Cultura, Politiche giovanili, Manifestazioni. Il sindaco ha tenuto per sé la delega al Sociale. Giovanni Zanellato è invece capogruppo, ruolo a cui il sindaco crede molto: «Senza un’opposizione, il consiglio dovrà essere pungolo e stimolo per la giunta». Zanellato ha inoltre deleghe a Monitoraggio mandato, Associazioni e Sport, condivise con Elena Tecchio e Nadir Toniolo. Giacomo Stella si occuperà di Terza età, Caterina Saltarin di Protezione civile, Polizia, Vigilanza e tutela dell’ambiente, quindi Guglielmo Crivellaro di Artigianato, Commercio, Rapporti con la Chiesa. E ancora, Debora Casaro è delegata a Comunicazioni alla cittadinanza e Monitoraggio bandi, mentre Giuseppe Bellamio a Lavori pubblici, Infrastrutture ed Edilizia pubblica e privata. Il consiglio di insediamento si terrà martedì prossimo alle 19.30.
(ZANGIROLAMI)
OSPEDALETTO EUGANEO. Il ca-
mion frena e il carico di ferro sfonda la cabina dell’autista. È quanto avvenuto ieri, intorno alle 13, in centro abitato a Ospedaletto Euganeo. Protagonista un camion che stava percorrendo la regionale 10. Arrivato al semaforo della chiesa, il camionista ha frenato di colpo e i blocchi di ferro, evidentemente non fissati accuratamente, sono scivolati fino a sfondare il suo abitacolo. Nessuno è rimasto ferito ma i disagi alla viabilità sono stati notevoli. Tra le proteste più vibranti ci sono quelle del sindaco Giacomo Scapin, contrario al passaggio del traffico pesante attraverso un centro abitato come quello di Ospedaletto Euganeo. N.C.
GIOVEDÌ 6 GIUGNO 2019 LA NUOVA
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VENEZIA
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grandi opere
Gestione del Mose, c’è la prima bocciatura «Non ci sono soldi per la maxi struttura» Per il Ministero delle Finanze non c’è la copertura per il progetto proposto dal Mit. Ok, invece, per il super commissario Il ministero per l’Economia e le finanze boccia come «economicamente non sostenibile» la mega struttura ipotizzata dal ministero dei Trasporti per la futura gestione del Mose, membri: i ministeri delle Infrastrutture, dell’Economia, della Ricerca scientifica e dell’agricoltura, oltre alla Regione, Comune, Porto e Città metropolitana. Struttura «ricalibrata recependo le istanze dei territori interessati», precisa in una nota il ministero dei Trasporti, dopo l’approvazione in commissione al Senato del super emendamento allo sblocca-cantieri che prevede la nomina di un commissario per il completamento delle dighe mobili, ma boccia la struttura di gestione, «nonostante l’interessamento del viceministro Garavaglia». Una punzecchiata del dicastero pentastellato al viceministro leghista all’Economia. Ma resta il problema: gli enti locali saranno tagliati fuori dalla gestione del Mose? L’emendamento al decreto sblocca cantieri che è stato approvato in Commissione al Senato arriva dopo forti tensioni. La prima bozza di emendamento presentata dal Mit prevedeva, infatti, il finanziamento della gestione futura del Mose (si ipotizzano oltre 100 milioni di euro l’anno) «anche attraverso l’introduzione di un’apposita imposta di scopo». Una indicazione che aveva provocato l’immediata, accesa reazione del presidente veneto Zaia e del sindaco Brugnaro, che avevano replicato con una serie di osservazioni, che avevano portato alla riscrittura dell’emendamento da parte del Mit, prevedendo che gli oneri per la gestione della struttura siano «integral-
mente a carico del bilancio dello Stato», come pure «le passività economiche causate nelle fasi precedenti all’attivazione della nuova struttura, e le eventuali passività pendenti a quella data o eventualmente sopravvenute». Ora la decisione del Mef, che ferma la maxi-struttura, ma autorizza l’impiego dei fondi a favore delle amministrazioni, che certo non sono contente di essere tagliate fuori dalla futura gestione dell’opera. Plaude invece il Mit. «Accogliamo con favore l’approvazione dell’emendamento al decreto Sblocca cantieri che consente di nominare un commissario per il completamento del Mose», si legge in una nota del ministro Toninelli, «e che soprattutto ripartisce finalmente i fondi per la salvaguardia della laguna. Il Mose è storicamente un mastodontico ricettacolo di sprechi e scandali, un’opera costosissima sia sul fronte della costruzione che della manutenzione. Una infrastruttura che, però, a questo punto va completata e fatta funzionare». Il super emendamento che riguarda la grande opera – sulla cui messa in servizio non ci sono ancora date certe – è così passato in commissione riformulato, da tre a due commi: «Commissario straordinario per il completamento fino al collaudo dell’opera (favorito il provveditore per le Opere pubbliche, Roberto Linetti, OES) e lo stanziamento di milioni dei fondi ai comuni della laguna», ha detto Toninelli, precisando che i fondi sono «già destinati» e «non venivano assegnati perché i comuni non si mettevano d’accordo sui criteri di destinazione». — R.D.R.
rialto
Cresce il “Giardino di Pippo” nel sottoportego dei Oresi Il “Giardino di Pippo” cresce. Da domani sera il nuovo negozio sotto i portici di Rialto (sotoportego dei Oresi 64) sarà infatti il punto vendita degli oggetti disegnati da Carolina, Marco e Lorenzo Marin, fatti realizzare da artigiani italiani. Vetri, ceramiche, illuminazione, complementi di abbigliamento tutti progettati da loro sfruttando la trentennale esperienza dei genitori e la bravu-
Da sinistra, Carolina, Lorenzo e Marco Marin
tutti i dubbi
Coperture finanziarie E la fine dei lavori Sopra, le paratoie al Lido durante una delle prove. Ancora non è certa la data di fine lavori. Sotto, a sinistra il viceministro Massimo Garavaglia e, a fianco, il provveditore Roberto Linetti.
ra del figlio. Ma soprattutto ispirandosi alle idee di Pippo, il figlio più giovane scomparso tre anni fa che, non ancora ventenne, stava accumulando premi e riconoscimenti nel campo del disegno architettonico. Una scelta controcorrente rispetto al turismo di massa ma una scelta fortemente voluta anche come un segno di cambiamento per Venezia. In mezzo a centinaia di negozi per turisti che offrono chincaglieria fatta in Cina quella del “Giardino di Pippo”, con oggetti disegnati in città e realizzati artigianalmente in Italia, è anche un atto di amore di quattro veneziani per la loro città.
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Giovedì 6 Giugno 2019 www.gazzettino.it
La salvaguardia di Venezia
CANTIERE Il jack up ormeggiato all’Arsenale di Venezia: la grande piattaforma per posare le paratoie del Mose sui fondali delle bocche di porto della laguna
Gestione Mose, è dietrofront lo Stato non pagherà le spese `Toninelli spiega: il ministero dell’Economia Stralciato l’emendamento che metteva a carico dell’Erario i costi di manutenzione non ritiene «sostenibile» l’impegno proposto `
IL CASO VENEZIA Chi gestirà il Mose, una volta completato? Non si sa. Chi pagherà le spese di funzionamento delle dighe mobili di Venezia? Mistero. Doveva farsene carico Roma, ma, improvvisamente, la frase “con oneri a carico del bilancio dello Stato” è scomparsa. Cancellata e non sostituita. Come se il tema non fosse all’ordine del giorno. Il che, effettivamente, è vero nell’anno 2019, ma appena il Modulo sperimentale elettromeccanico per la tutela e la salvaguardia della laguna di Venezia sarà pronto, qualcuno dovrà pur farlo funzionare. E, di conseguenza, qualcuno dovrà pagare la gestione del meccanismo di tutela della città dalle alte maree. O si è costruito un mostro per lasciarlo marcire sott’acqua?
LA POLEMICA La notizia è di ieri mattina, quando, in commissione Bilancio al Senato, vengono portati in votazione gli emendamenti al Decreto Sblocca-Cantieri. Ce n’è
uno che riguarda il Mose e che a suo tempo aveva fatto discutere perché il ministro alle Infrastrutture Danilo Toninelli (M5s) aveva previsto che a farsi carico della manutenzione delle dighe mobili - circa 100 milioni di euro all’anno - fossero, oltre allo Stato, anche Regione Veneto, Comune e Città metropolitana di Venezia, attraverso un’imposta di scopo con ricavato vincolato a carico dei turisti. «Il Mose è un’opera nazionale e se ne deve occupare il governo», aveva tuonato il governatore Luca Zaia, annunciando che per quanto lo riguardava era «strada sbarrata». Alla fine Toninelli aveva fatto marcia indietro, tanto che era stato presentato un altro emendamento, a firma Antonella Faggi (Lega) e Agostino Santillo (M5s) in cui si specificava che i soldi che serviranno a far funzionare il Mose saranno totalmente a carico dello Stato. Testuale: la Struttura per la gestione del Mose “è composta e opera a mezzo di una dotazione economica finanziata con oneri a carico dello Stato”.
100 milioni di euro stimati per la manutenzione annuale delle dighe
ACQUA ALTA Una prova delle paratoie mobili alle bocche di porto
MA SONO IN ARRIVO I SOLDI PER I COMUNI DELLA GRONDA LAGUNARE: 25 MILIONI DEL 2018 E 40 PER IL 2019
COLPO DI SCENA Ma quello che viene portato in votazione ieri mattina in commissione Bilancio al Senato non è l’originario emendamento Faggi/Santillo. È un altro testo. Che conferma la nomina di un commissario straordinario, ma non più per “il completamento e
la messa in esercizio” del Mose, bensì per “sovraintendere alle fasi di prosecuzione dei lavori volti al completamento dell’opera”. Quisquilie? Può darsi, però inizialmente era chiaro che il commissario dove completare e mettere in esercizio in Mose, adesso un po’ meno. Ma la sorpresa è un altra: nel nuovo emendamento non c’è più alcun riferimento alla Struttura pubblica di gestione, quella che doveva mettere assieme quattro ministeri (Economia, Trasporti, Beni culturali, Agricoltura/Turismo) più Regione Veneto, Comune e città metropolitana di Venezia, Autorità di sistema portuale e che doveva funzionare con risorse statali. Come mai? La spiegazione arriva dal ministero di Toninelli: il ministero dell’Economia e delle finanze «non ha ritenuto economicamente sostenibile il comma dell’emendamento sulla struttura di gestione che era stato ricalibrato recependo le istanze dei territori interessati». La bocciatura, ha precisato la nota, è venuta «nonostante l’interessa-
mento del viceministro Massimo Garavaglia». L’emendamento in commissione è passato, ma pare di capire che sia stato solo un ok tecnico. Tant’è che poi, in aula, su richiesta del relatore Santillo, l’emendamento è stato accantonato.
I FONDI In Comune di Venezia lo stralcio della gestione del Mose non sembra aver destato grande preoccupazione. Prima o poi, è il convincimento, qualcuno si occuperà della gestione del Mose, intanto l’importante è che venga finito, come peraltro sottolineato dal ministero di Toninelli: “Il Mose è storicamente un mastodontico ricettacolo di sprechi e scandali, un’opera costosissima sia sul fronte della costruzione che della manutenzione. Una infrastruttura che, però, a questo punto va completata e fatta funzionare». A far felici gli enti locali è semmai la conferma dell’arrivo dei fondi: i 25 milioni del 2018 e i 40 milioni del 2019 saranno ripartiti non più attraverso il Comitatone ma con decreto del presidente del Consiglio dei ministri su proposta di Toninelli, sentiti gli enti attuatori. A protestare è il deputato dem Nicola Pellicani: «Il decreto sblocca-cantieri con i successivi vari emendamenti e subemendamenti è stato scritto e riscritto mille volte, con il risultato finale di scoprire che l’Agenzia per la manutenzione e la gestione delle dighe mobili non si potrà fare perché mancano le risorse. Questo governo è ormai allo sbando, passerà alla storia per non aver fatto nulla per Venezia». Alda Vanzan © RIPRODUZIONE RISERVATA
Via libera allo “sblocca cantieri”, meno vincoli alle gare `Il decreto snellisce
il codice degli appalti per velocizzare le opere LE MISURE ROMA La sospensione generale di due anni al codice degli appalti chiesta dalla Lega non è passata. Ma con il decreto sblocca cantieri - che oggi avrà il suo primo via libera al Senato - la maggioranza ha comunque ottenuto il suo obiettivo di alleggerire il testo unico sui lavori pubblici, e di riflesso il ruolo dell’Anac, per velocizzare la realizzazione delle piccole e delle grandi opere. Ieri in aula per disincagliare il provvedimento sul quale il Carroccio e i
Cinquestelle hanno sfiorato la crisi di governo - è passato il subemendamento Patuanelli-Romeo, che non soltanto ha sancito la pax sul fronte giallo verde, ma ha inserito una serie di deroghe sul versante degli appalti. Per esempio l’affidamento diretto dei lavori, cioè senza gara, si applicherà ai cantieri del valore tra i 40.000 e i 150.00 euro, ma a patto di valutare almeno tre preventivi o cinque operatori economici. Oltre le soglia dei 350.000 euro si passerà alla procedura negoziata, consultando minimo dieci operatori economici. Stesso iter entro il milione di euro, ma valutando le offerte di 15 soggetti. Soltanto sopra questa cifra si fa ricorso ai bandi aperti di natura europea. Salta il concetto del massimo ribasso, sostituito da una
formula che esclude le anomalie nelle offerte oltre un livello predeterminato. Fino all’anno prossimo, poi, si potrà ricorrere ancora all’appalto integrato, mentre il subappalto non potrà superare il 40 per cento di quanto messo a gara. Sempre fino al 2020 i Comuni non capoluogo di provincia potranno bandire i lavori senza affidarsi alle stazioni appaltanti centralizzate. Non sarà più necessario nominare i commissari dall’albo dell’Anac.
LO “SCUDO” Intanto i dubbi di costituzionalità sottolineati dalla magistratura contabile e i timori di Confindustria e dei mercati non sono bastati a fermare il cosiddetto emendamento “ammazza Autostrade”. La maggio-
IN CANTIERE La Tav in Veneto
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ranza ha dato il via libera alla norma che offre una manleva giudiziaria contro colpa grave e danno erariale ai funzionari del ministero delle Infrastrutture, che avviano la procedura di revoca delle concessioni autostradali. L’unica modifica ammessa dalla maggioranza è che i funzionari del Mit non devono, come nella prima versione, chiedere un parere preventivo all’Avvocatura generale dello Stato, ma alla Corte dei conti. Proprio da questo fronte si era segnalata l’incostituzionalità di una disposizione, che inficerebbe le procedure per valutare la sussistenza della responsabilità erariale e, di conseguenza, potrebbe avere ripercussioni nel calcolo di un successivo indennizzo a favore dell’azienda privata della concessione. Dal
mondo dei concessionari autostradali hanno letto l’emendamento come un atto di sfida nella lunga guerra tra il governo e Atlantia dopo il crollo del Ponte Morandi. Ma si fa anche notare che - al di là del valore politico - la norma è di difficile applicazione e che non modifica l’iter lunghissimo della procedura di revoca. In soldoni, potrebbe creare soltanto più incertezza sul versante giudiziario. Lo sblocca cantieri è atteso martedì prossimo alla Camera per un’approvazione rapida. Nei prossimi giorni si attende la lista da parte del governo con tutte le opere da velocizzare con la nomina di commissari, che avranno poteri di general contractor. Francesco Pacifico © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Primo Piano
Giovedì 6 Giugno 2019 www.gazzettino.it
Lo scontro sulla giustizia
Migranti e zone rosse Salvini attacca i giudici «Ecco chi mi boicotta» La lista del Viminale con i nomi di chi ha “firmato” le sentenze avverse Imbarazzo dei grillini: «Evidentemente lui sa cose che noi non sappiamo» `
IL CASO ROMA Matteo Salvini va all’attacco delle sentenze che mettono in dubbio “zone rosse” e Decreto sicurezza. Tanto che per contrastarne gli effetti ha scelto due strade: i ricorsi e qualche dossier sui giudici che le hanno emesse. «Mi chiedo - attacca il ministro - se certe iniziative pubbliche e alcune prese di posizione di certi magistrati siano compatibili con un’equa amministrazione della giustizia».
IL RICORSO Il responsabile del Viminale annuncia di aver fatto preparare il ricorso contro i provvedimenti, all’interno del quale è stata inserita “la lista” dei magistrati che hanno firmato le sentenze. La notizia rimbomba come un gong su una Associazione nazionale magistrati già parecchio provata dalle inchieste e dalla guerra di correnti nella catego-
ria. «Salvini getta discredito sull’intera funzione giudiziaria», replicano, chiedendo al Csm di tutelare i colleghi. La presa di posizione sui giudici e sui loro verdetti arriva dopo la decisione del Tar della Toscana di accogliere il ricorso dell’Aduc contro le “zone rosse” istituite a Firenze: c’è, scrivono i giudici, una «irragionevole automaticità» tra la «denuncia per determinati reati e l’essere responsabile di “comportamenti incompatibili” con la vocazione e la destinazione di determinate aree». Una sentenza, la terza in poco più di due mesi, che fa seguito a quelle di altri due giudici di Bologna e Firenze, contrarie al Viminale, sull’iscrizione nel registro anagrafico di cittadini stranieri, altra misura-bandiera contenuta nel decreto sicurezza. «Non intendiamo controllare nessuno né creare problemi alla magistratura in un momento così delicato come quello che sta vivendo il Csm - chiarisce
in parlamento e cambi le leggi».
L’AVVOCATURA
LA POLEMICA Matteo Salvini e, sopra, uno sbarco di migranti
poi il ministro, anche se non arretra - Abbiamo bisogno di una magistratura forte e indipendente, ma contesto che se un giudice fa un dibattito a favore dell’immigrazione e il giorno dopo emette una sentenza su un immigrato, allora non fai il giudice e ti candidi alle elezioni, vai
La battaglia per le procure Anm: via le toghe coinvolte IL CASO ROMA L’Associazione nazionale magistrati prova ad evitare il baratro. Sceglie la linea dura: vota all’unanimità un documento che chiede le dimissioni dei quattro consiglieri del Csm intercettati durante le trattative sulle nomine dei procuratori di Roma e Perugia con il pm Luca Palamara e i parlamentari Cosimo Ferri e Luca Lotti, e deferisce ai probiviri tutte le toghe coinvolte. Si evita così la crisi. Ma la crepa si allarga: Corrado Cartoni, Paolo Criscuoli, Gianluigi Morlini e Antonio Lepre, attualmente autosospesi dal Consiglio, non intendono fare un passo indietro. Così Palazzo dei Marescialli rischia di precipitare in un limbo, con quattro componenti in meno, dal momento che Luigi Spina, indagato per favoreggiamento e rivelazione del segreto istruttorio, è l’unico ad essersi dimesso.
Dagli atti, nel frattempo trasmessi alla I commissione del Consiglio che dovrà valutare eventuali incompatibilità ambientali, spuntano altri dettagli. A cominciare dalle ingerenze di Luca Lotti che ieri, in una nota, ha manifestato indignazione per il fatto che gli incontri con i togati suscitino tanto scalpore. Ma l’imbarazzo istituzionale cresce: dalle conversazioni intercettate emerge non solo come Lotti influisse sulla nomina del capo della procura di Roma, ma anche il suo disappunto nei confronti del vicepresidente del Csm, poco collaborativo nonostante l’appoggio ricevuto dal
Pd al momento della nomina. Durante gli incontri con Ferri e Palamara, Ermini, che al plenum si sarebbe comunque astenuto dalla votazione per il procuratore di Roma, veniva tacciato di essere poco disponibile alle istanze della sua area politica di provenienza, senza tener conto del ruolo istituzionale assunto dal vicepresidente del Csm.
NEL MIRINO TRE MAGISTRATI (TUTTE DONNE) DI FIRENZE E BOLOGNA «AVREBBERO DOVUTO ASTENERSI»
Riunioni organizzate da Palamara secondo le ricostruzioni della Gdf QUANDO Dal 9 al 16 maggio
I PRESENTI Luca Palamara (magistrato)
L’ASSEMBLEA
E le nomine non sono più all’ordine del giorno. Di certo, in caso di sostituzione, il volto del Consiglio cambierebbe, con Mi azzerata e una prevalenza del gruppo di Davigo e della corrente di sinistra.
NEL MIRINO Luca Palamara
VENEZIA I magistrati non si prestino al clientelismo per fare carriera o cercare protezioni e difendano la loro autonomia e indipendenza svolgendo al meglio il proprio lavoro, rifiutando favori e dunque condizionamenti. L’assemblea delle toghe venete, “ferita” e indignata, ha votato ieri pomeriggio, un documento di denuncia e condanna; di richiamo al senso di responsabilità di ciascuno di fronte ai gravi fatti emersi nel corso dell’inchiesta condotta a Perugia sull’ex presidente dell’Anm, Luca Palamara, che ha travolto numerosi componenti del Csm di fronte a nomine pilotate per motivi politici e di
Brescia
Luigi Morlini (cons. Csm)
Perugia L’ARGOMENTO Trattative per Roma le nomine degli uffici giudiziari, in particolare di Roma, Perugia e Brescia
Luigi Lepre (cons. Csm)
carriere personali.
L’INCONTRO Nell’incontro, affollato come non mai, organizzato dalla sezione regionale dell’Associazione nazionale magistrati, il pm Roberto Terzo ha parlato di vicenda tristissima che dimostra l’esistenza «di una vera e propria associazione per delinquere che vorreb-
I PM MICHELOZZI: «È EMERSO UN INTRECCIO PERVERSO CON LA POLITICA, SERVE IMPEGNO SANO E TRASPARENTE»
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DOVE In alberghi di Roma Luca Lotti (deputato Pd)
Paolo Criscuoli (cons. Csm)
DIMISSIONI «I gravissimi episodi emersi in relazione alle indagini svolte dalla procura di Perugia, suscitano sconcerto, turbamento e indignazione nei magistrati italiani». Il documento votato ieri
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Gli incontri “segreti”
I magistrati veneti: «Ora bisogna sapere reagire»
L’INCHIESTA
L’INCHIESTA BLOCCA LE NOMINE DEI NUOVI PROCURATORI. IL CSM RISCHIA LO SCIOGLIMENTO CON 4 CONSIGLIERI “CONGELATI”
Negli uffici del Viminale si sta anche ragionando sulla possibilità di rivolgersi all’Avvocatura dello Stato per valutare se i magistrati che hanno emesso le sentenze avrebbero dovuto astenersi «per posizioni in contrasto con le politiche del governo». I loro nomi e qualche impegno pubblico vengono elencati nel dettaglio. Tre i chiamati in causa, tutte donne: la presidente della II sezione del Tar della Toscana Rosaria Trizzino, la presidente della I sezione del tribunale civile di Bologna Matilde Betti e il magistrato del tribunale di Firenze Luciana Breggia. «Avrebbero dovuto astenersi dice il Viminale - per una serie di idee e opinioni contro la politica governativa espresse pubblicamente o attraverso rapporti di collaborazione o vicinanza con riviste sensibili al tema degli stranieri come “Diritto, im-
migrazione e cittadinanza”». Parole che creano una ennesima occasione di disagio nel governo, con i grillini imbarazzati per l’entrata a gamba tesa del leader del Carroccio, ma silenziosi. A cominciare da guardasigilli Alfonso Bonafede. «Evidentemente Salvini sa cose che noi non sappiamo», è il commento che fanno circolare. La presa di posizione contro i giudici, però, non sembra coincidere con la volontà di avviare in tempi rapidi la discussione per la riforma del sistema giudiziario. Il ministro dell’Interno, comunque, sembra avere le idee chiare anche su questo. Il suo obiettivo è cambiare le regole puntando a una riforma della giustizia più garantista. Da qui prevedere la revisione del reato di abuso di ufficio e la tanto discussa separazione delle carriere tra giudici e pm. Alberto Gentili Cristiana Mangani
Cosimo Ferri (deputato Pd)
Luigi Spina (cons. Csm)
Corrado Cartoni (cons. Csm)
dall’Anm, che ha convocato (a causa dei tempi tecnici previsti dallo statuto) per il 14 settembre l’assemblea generale, lascia pochi margini di manovra, specificando che se i profili penali e disciplinari dei togati saranno oggetto degli accertamenti delle autorità competenti, restano le «gravissime violazioni di natura etica e deontologica». Si tratta degli «incontri, avvenuti al di fuori della sede istituzionale del Consiglio e aventi ad oggetto anche la nomina dei Procuratori di Roma e Perugia, ai quali hanno partecipato consiglieri in carica, due deputati, uno dei quali magistrato in aspettativa e l’altro imputato nell’ambito di un procedimento trattato dalla Procura di Roma, e un ex consigliere, aspirante all’incarico semidirettivo di procuratore aggiunto di Roma e indagato dalla procura di Perugia».
INTERFERENZE be condizionare la magistratura, cioè il potere di controllo», invitando tutti i colleghi a guardarsi allo specchio e a reagire, soprattutto i più giovani, recuperando valori e consapevolezza del proprio importante ruolo; denunciando la smania di carriera, rivendicando uno scatto di dignità. Il rappresentante veneto al Consiglio direttivo centrale dell’Anm, il pm Stefano Buccini, ha parlato di legittima indignazione dei magistrati di fronte a quanto è accaduto, al quale vanno opposti limpidezza, correttezza e spirito di servizio. Il pm Massimo Michelozzi, ha difeso le correnti, sostenendo che garantiscono trasparenza, dialogo e confronto, mentre quello emerso dall’indagine di Perugia è una vera malattia, un «intreccio perverso con la politica», al quale i magistrati devono reagire con «un impegno sano, trasparente e diffuso». (gla)
Condotte, «mai smentite dai diretti interessati», che «rappresentano un’inammissibile interferenza nel corretto funzionamento» del Csm. Condotte che «non possono in alcun modo essere giustificate o sminuite in considerazione dell’incalcolabile danno che hanno arrecato all’Istituzione e ai singoli magistrati». Di qui la richiesta di «dimissioni immediate». L’Associazione ha anche deferito al collegio dei probiviri per «verificare la sussistenza di violazioni del codice etico» Palamara, Ferri, Spina, Lepre, Cartoni, Criscuoli e Morlini, riservandosi di deferire altri colleghi che risultassero coinvolti nella medesima vicenda o in altre simili». I quattro togati di Palazzo dei Maresciali, però, tengono duro: «Nessuna interferenza nelle nostre scelte». Valentina Errante © RIPRODUZIONE RISERVATA
GIOVEDÌ 6 GIUGNO 2019 IL MATTINO
PADOVA
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sanità
Il campo di gioco e le tribune della Kioene Arena ieri sono state prese d’assalto da cinquemila candidati che hanno partecipato alla prima giornata del concorso per operatore socio sanitario. Oggi il secondo round: in tutti gli aspiranti operatori sono 11mila e concorrono per 312 posti. Molte le mamme che si sono presentate con un bebè: per questo è stata predisposta una sala allattamento (FOTO BIANCHI)
In 11mila per 312 assunzioni «Il posto fisso è un sogno» Prima giornata del maxi-concorso dell’Azienda zero per operatore socio sanitario Allestita una stanza allattamento. C’è chi ha dormito in pullman, molti dall’estero In 11 mila per i 312 posti da operatore socio sanitario (oss) che l’Azienda zero ha messo a bando nel marzo scorso. La Kioene Arena ieri e oggi parla tutti i dialetti d’Italia ma pure le lingue (principalmente dell’est europa) dei candidati comunitari a cui la Regione Veneto ha aperto le selezioni.
sugli spalti e sul campo da gioco del palazzetto dello sport padovano. Un’impresa epica, quella di ottenere un posto in graduatoria, che ha visto l’impegno di 70 dipendenti dell’Azienda zero in attività di vigilanza, mentre il bar della struttura lavorava a pieno regime.
L’ASSALTO
Due ore per il riconoscimento, un’ora e mezza per la prova scritta (l’orale sarà a luglio) e una sala allattamento per le tante mamme che hanno affrontato il concorso con il figlio in braccio. C’è chi viene da Salerno, da Cagliari e
Tra ieri mattina e questo pomeriggio, ad un ritmo di poco meno di 3000 candidati a sessione (una alla mattina e una pomeridiana), giovani e meno giovani, uomini e donne, hanno dato l’assalto ai banchi
LA PROVA
il preMio dell’ordine
Psicologia e innovazione 4 padovani in finale Ci sono anche quattro psicologi padovani tra i finalisti della IV edizione del “Premio innovazione in psicologia”, che si concluderà questa sera all’Orto Botanico con la premiazione dei vincitori. I temi trattati sono i più diversi: le aree proposte dal Premio spaziano dal benessere all’innovazione, e così anche i progetti concorrenti. Maria Giorgia Dionisio (area innovazione), ad esempio, si è occupata di animali e di co-
me il loro malessere possa influenzare il nostro: insieme ad una veterinaria, ha analizzato i problemi comportamentali dei cani per rendere i proprietari consapevoli della correlazione tra la patologia del proprio animale ed eventuali ripercussioni psicofisiche nel padrone. Barbara Dardi (psicologia del lavoro), invece, è partita dalla “Danceability” (ovvero una danza tra persone normodotate e persone diversamente
da Foggia, da Venezia e da Verona, dal Comelico Bellunese e ancora dall’estero, libro dei test in mano, in attesa del proprio turno. Molti sono veterani dei concorsi, altri alla loro prima esperienza. LE SPERANZE
«Vengo da Legnago» spiega Alice, 32 anni e la faccia contenta di chi pensa di avere fatto un’ottima prova. «Lavoro come oss da qualche anno e ho studiato un bel po’ anche se ho potuto dedicare ai test solo qualche ora, la sera. Credo di avere fatto quasi tutto giusto, ma se avessi un avuto qualche ora in più di studio sa-
abili mentali) per trattare le relazioni interpersonali all’interno dell’azienda. Di rapporti tra colleghi si è occupato anche Tommaso Ghellar, che ha messo a punto un sistema grafico per gestire le relazioni nel mondo del lavoro. Per il settore benessere, infine, è arrivato in finale Matteo Mazzuccato, che ha proposto un intervento di educazione e sensibilizzazione sul revenge porn ( “pornovendetta”) tra minori. Il premio è organizzato dall’Ordine degli psicologi del Veneto con il supporto tecnico della start-up padovana Azzurro Digitale. In palio, per i vincitori, dodici borse di studio per complessivi 20 mila euro. — Silvia Quaranta
rebbe andata anche meglio. È il mio primo concorso pubblico, siamo in tanti, e non posso che sperare per il meglio perché un posto fisso nel pubblico sarebbe un bel passo in avanti». Ma tra i tanti candidati c’è pure chi nel pubblico lavora già da tempo, con contratti a tempo, in attesa che si sblocchi qualche graduatoria. «Di concorsi ne ho fatti almeno una decina» spiega Guido, 38 anni di Foggia che lavora a tempo determinato a Reggio Emilia nella sanità pubblica. «Sono in graduatoria in tre aziende ospedaliere ma se dovessi ottenere un tempo indeterminato mi trasferirei in
Veneto senza problemi. Il punto è tutto là: cerco un po’ di sicurezza, il posto dove lavoro è secondario». Per un po’ di certezze sono pronte a trasferirsi anche famiglie intere. «Sono un baby pensionato» spiega il 58 enne Teobaldo di Agropoli in provincia di Salerno. «Mia moglie sta facendo il test e la sto aspettando. Siamo partiti ieri alle 8 di sera, finita la prova rimontiamo in pullman e torniamo verso casa. Per me trasferirmi non è certo un problema ma ho due figli e il più grande, che deve fare la maturità l’anno prossimo, vorrebbe rimanere ad Agropoli. Spiace lasciare il posto dove sei nato ma da noi se lavori tanto ti pagano poco e se lavori poco ti pagano proprio una miseria». LA SOLIDARIETÀ
Ma c’è pure chi ha fatto gruppo, per condividere le spese di viaggio, come Nicola, Maddalena di Comelico Bellunese e chi come Marta, a 29 anni è pronta a rifarsi una vita a Padova, lasciando l’amata Sardegna a caccia di un sogno di stabilità, un posto fisso in sanità. — Riccardo Sandre
tre storie
Marta da Cagliari
Teobaldo da Agropoli
Alice da Legnago
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GIOVEDÌ 6 GIUGNO 2019 LA TRIBUNA
TREVISO
Politica, il doPo voto
L’asse Zaia- Conte- Marcon per la nuova Lega trevigiana Partite le grandi manovre in vista del commissariamento regionale Per il sindaco di Treviso subito due partite strategiche: Israa e Contarina La Lega trevigiana, la più votata d’Italia si appresta a disegnare il suo futuro. Il voto delle Europee e l’imminente commissariamento della Liga nathional, manderanno in soffitta la lunga fase del commissariamento provinciale, che ha finito per creare molto sofferenza nel partito. L’effetto Salvini ha supplito - eufemismo - allo stallo interno, peraltro assorbito anche dell’attivismo del direttivo provinciale. Ora c’è voglia di aprire una fase nuova, non solo al K3. L’ha invocata anche il capitan Matteo. È il momento dei giovani, degli emergenti e dei quarantenni. In primis Mario Conte, dopo il trionfo nel capoluogo di un anno fa, ora pure delegato agli enti locali. Il suo peso anche nel partito è enormemente cresciuto. Un altro riferimento imprescindibile è Luca Zaia, che ha esteso sempre più la sua rete di amministratori. E ancora, Stefano Marcon, presidente delle provincia sindaco di Castelfranco, altro riferimento del
fronte degli amministratori caro a Zaia. È una spina dorsale territoriale e di filiera amminisstrativa che potrebbe riverberarsi pari pari nel partito. E se lunedì il federale di Milano incoronerà Finco a commissario nathional saliranno pure le quotazioni di Riccardo Barbisan, molto vicino i n Regione al bassanese.
Se ci saranno i congressi circolano i nomi di Paolin Canova e Pettenon
La folla all’ultima festa della Lega al Prato della Fiera
Poi, certo, si vedrà i futuri segretari saranno eletti dai congressi, o designati dall’alto. Intanto si formano i primi schieramenti, per la convergenza sul gruppo Conte degli ex bossiani, specie nel capoluogo. Dall’altra parte si parla di un asse molto stretto tra Zaia e Da Re, nuovo terminale trevigiano, e non solo, in Europa.
Ma cosa farà l’ex segretario Dimitri Coin, non più in sintonia con Da Re, e cui molti fedelissimi han voltato le spalle? E cir colano già i nomi dei papabili alle segreterie: in pole per il provinciale Bepi Paolin, segretario organizzativo regionale, beffato alle ultime politiche. Alternative? Bepi Canova e Valter Pettenon, già bracci destri di Coin. Il primo, peraltro, sarebbe ben visto anche nel capoluogo, dove la scomparsa delle circoscrizioni porterà a unire le tre sezioni. Non meno complessa e strategica la partita delle nomine. Una nel capoluogo, è delicatissima: l’Israa, le case di riposo. Il cda è in proroga da 18 mesi. La Lega ha già detto chiaro e tondo a Conte che vuole Mauro Michielon presidente al posto di Luigi Caldato (ex Pdl), indigesto al Carroccio da quando si è astenuto sul blitz del lo statuto che ha scippato la palla delle nomine a centrosinistra ed ex sindaco Manildo. Conte e pezzi di Lega, frenano, non disdegnano un Caldato- bis. L’altra è la guida di Contarina. Al K3, ma non solo, si chiede un profilo manageriale al posto di Franco Zanata (Pd). E proprio Conte è il primo a volere la svolta. In Lega c’è chi ha proposto Alessandro Manera, il fedelissimo di Conte (ma dovrebbe lasciare la giunta, per Conte è un eresia, anche perché dicono che Zaia abbia altri disegni per il futuro) - e chi invece spinge per Pier Paolo Florian, oggi ad di Ats, che però altri vorrebbero confermare alla società del ciclo idrico. — A.P.
diretto in germania
Velivolo muto Caccia si leva da Istrana e lo intercetta Un caccia F-2000 Eurofighter dell’Aeronautica militare, impegnato nel servizio di sorveglianza dello spazio aereo, si è levato ieri da Istrana per intercettare un velivolo civile privato DA42 decollato da Roma Urbe e diretto a Baden – Baden (Germania). Durante il sorvolo qu est’ultimo aveva perso il contatto radio con il servizio di controllo del traffico aereo (ATC). Il caccia è decollato nel primo pomeriggio dalla sede del 51 Stormo – dove è arrivato l’ordine di decollo immediato, in gergo scramble – da parte del CAOC (Combined Air Operation Centre) di Torrejon in Spagna, ente della Nato responsabile nell’area, in coordinamento con il Comando Operazioni Aeree (Coa) di Poggio Renatico (Ferrara). Il velivolo è stato intercettato dal caccia, e da questo scortato fino al confine nazionale, una volta appurato che non ci fossero condizioni di emergenza lo di pericolo per la sicurezza nazionale). —
GIOVEDÌ 6 GIUGNO 2019 CORRIERE DELLE ALPI
REGIONE
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Lo schianto in laguna
Traffico in aumento 502 navi nel 2018 «5 mila lavoratori 150 milioni in città» Agenti marittimi e sindacato dopo l’incidente della Msc Opera «Crocieristica, risorsa da difendere». Ma Venezia va protetta Roberta De Rossi VENEZIA. Nove grandi navi in
Stazione marittima di Venezia tra sabato e domenica, giorno dell’incidente, più due battelli fluviali e un aliscafo. Oltre 40 mila persone tra passeggeri in arrivo e partenza in un solo fine settimana. Navi da rifornire, persone da spostare, turisti in città. «Siamo ovviamente preoccupati da quanto accaduto, ma anche sollevati dal fatto di aver lanciato pochi giorni fa il nostro appello al governo perché assuma le decisioni necessarie e attese da tempo per permettere al porto di Venezia di operare: una realtà produttiva e occupazionale fondamentale». A parlare è il presidente degli agenti marittimi Alessandro Santi, tra i firmatari della missiva ai ministri dei Trasporti e dell’Ambiente per chiedere interventi urgenti per il ripristino dei fondali del Canale dei Petroli (che sta limitando il pescaggio delle navi, penalizzando il porto commerciale) e di autorizzare lo scavo del canale Vittorio Emanuele, per togliere le grandi navi dal Bacino di San Marco, secondo il progetto di Porto e Comune. Quanto al traffico passeggeri, i dati di Vtp per il 2018 raccontano di numeri in crescita rispetto al 2017, dopo anni di calo: l’anno scorso si sono contati 502 approdi di navi per 1,560 milioni di passeggeri (erano stati 466 e poco più di 1,4 milioni nel 2017), 100 bat-
telli fluviali (per 20 mila passeggeri), 391 aliscafi (con quasi 100 mila viaggiatore). In totale 1.680.599 passeggeri. Su quanto valga, nello specifico, il settore crocieristico, c’è da sempre un braccio di ferro tra operatori e ambientalisti: i primi parlano di 5 mila occupati nel settore, i secondi che li dimezzano. «Ci sono le imprese di servizio a terra, chi si occupa di rifornire le navi, i dipendenti delle diverse agenzie che seguono le pratiche, quanti si occupano del rifornimento di vivande, il mondo dei trasporti: 5 mila persone ci sono tutte», commenta il sindacalista della Fip Cgil, Antonio Capiello, «per questo siamo molto preoccupati dalla mancanza di decisioni sul futuro del comparto. Come Cgil, da sempre diciamo che il passaggio per la Giudecca non è più tollerabile: cosa sarebbe successo se l’avaria fosse avvenuta davanti a San Marco? Quello che ci preme è salvaguardare i posti di lavoro. Dove trasferire le navi? Non a Chioggia: quel porto non può ospitarle; ipotesi off shore sono archiviate da tempo; il Duferco in bocca di Porto? Non sta a noi dirlo, ma certamente la soluzione immediata è Marghera, lungo il Canale del Petroli dove le navi passano da sempre. Certo, c’è un problema di convivenza con il traffico commerciale: ci vogliono 3 ore per il transito e sono previsti 3 convogli in entrata e 3 in uscita, ma la soluzione si possa trovare sull’h24, salvaguar-
cifre e dati
40 mila i passeggeri in arrivo ed in partenza in un solo fine settimana
Una veduta dall’alto della Stazione marittima con le navi ormeggiate
1,6 mln il numero dei passeggeri totali registrati nel 2018 secondo i dati forniti da Vtp
100 i battelli fluviali, come la River Countness, che sono approdati a Venezia nel corso dello scorso anno, scaricando a Venezia 20 mila passeggeri
502 le navi che sono approdate a Venezia nel corso del 2018, capaci di portare 1,5 milioni di passeggeri. Il numero è in aumento rispetto all’anno precedente quando erano state 466 con poco più di 1,4 milioni di viaggiatori
5 mila i lavoratori che, secondo gli stessi operatori, sono occupati nel comparto. Per gli ambientalisti, invece, la cifra è più che dimezzata
la bocciatura
Mose, alt del ministero di Tria alla gestione Stato-enti locali VENEZIA. Il ministero per l’Economia e le finanze boccia come «economicamente non sostenibile» la mega struttura ipotizzata dal ministero dei Trasporti per la futura gestione del Mose che comprenderebbe i ministeri delle Infrastrutture, dell’Economia, della Ricerca scientifica e dell’agricoltura, oltre alla Regione, Comune, Porto e Città metropolitana. Struttura «ricalibrata recependo le istanze dei ter-
ritori interessati», precisa in una nota il ministero dei Trasporti, dopo l'approvazione in commissione al Senato del superemendamento allo sblocca-cantieri che prevede la nomina di un commissario per il completamento delle dighe mobili, ma boccia la struttura di gestione, «nonostante l’interessamento del viceministro Garavaglia». Una punzecchiata del dicastero pentastellato al viceministro leghista all’Eco-
nomia. Ma resta il problema: gli enti locali saranno tagliati fuori dalla gestione del Mose? L'emendamento al decreto sblocca cantieri che è stato approvato in Commissione al Senato arriva dopo forti tensioni. La prima bozza di emendamento presentata dal Mit prevedeva, infatti, il finanziamento della gestione futura del Mose (si ipotizzano oltre 100 milioni di euro l’anno) «anche attraverso l'introduzione di
dando tutta la portualità, commerciale e crocieristica: posti di lavoro di qualità, non parliamo di mille euro al mese». Tutte le categorie chiedono ormai che quanto prima le grandi navi lascino il bacino di San Marco (per Marghera-Vittorio Emanuele), ma altro punto controverso è quale sia la ricaduta sulla città di Venezia del traffico crocieristico, in termini di economia generale, in una città già soffocata da troppi turisti. È ancora Santi ad intervenire: «Una ricerca del Clia, l’associazione delle compagnie armatoriali di crociera, ha stimato in 155 milioni di euro l’impatto generato dalle crociere sull’economia della città: 109 milioni di spese dei viaggiatori (alberghi, ristoranti, negozi), oltre 9 degli equipaggi, quasi 37 di spese dirette delle navi da crociera, tra rifornimenti e ancoraggio. Una media di 400 mila euro al giorno: 10 mila stanze d’hotel solo per gli equipaggi. C’è il modo per salvaguardare Venezia e la sua economia». Questo il punto di vista degli operatori: resta da trovare il difficile equilibrio con Venezia. — BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
un'apposita imposta di scopo». Una indicazione che aveva provocato l’immediata, accesa reazione del presidente veneto Zaia e del sindaco Brugnaro, che avevano replicato con una serie di osservazioni, che avevano portato alla riscrittura dell’emendamento da parte del Mit, prevedendo che gli oneri per la gestione della struttura siano «integralmente a carico del bilancio dello Stato», come pure «le passività economiche causate nelle fasi precedenti all'attivazione della nuova struttura, e le eventuali passività pendenti a quella data o eventualmente sopravvenute». Ora la decisione del Mef, che ferma la maxi-struttura, ma autorizza l’impiego dei fondi a favore delle amministra-
esclusa l’opzione marghera
Toninelli: grandi navi a Chioggia o Lido VENEZIA. «Il progetto di Marghera non esiste». È secco il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli nel rispondere alle tre interrogazioni alla Camera di Leu, M5s, e Forza Italia su cosa intenda fare il governo per togliere le grandi navi dal Bacino di San Marco, dopo lo spaventoso incidente di domenica. Marghera (con scavo del canale Vittorio Emanuele fino in Marittima) è la soluzione caldeggiata da Comune, Regione, operatori portuali: per il Mit non è neppure in campo. «Ciò che mi preme chiarire è che non esiste alcun progetto Porto di Marghera», parla veloce Toninelli nell’aula di Montecitorio, «si tratta di un’idea, uno studio embrionale e non certo di una soluzione che da domani farebbe traslocare le grandi navi dalla laguna di
zioni, che certo non sono contente di essere tagliate fuori dalla futura gestione dell’opera. Plaude invece il Mit. «Accogliamo con favore l'approvazione dell'emendamento al decreto Sblocca cantieri che consente di nominare un commissario per il completamento del Mose», si legge in una nota del
Il responso del dicastero di Roma «Economicamente non sostenibile» ministro Toninelli, «e che soprattutto ripartisce finalmente i fondi per la salvaguardia della laguna. Il Mose è storicamente un mastodontico ricet-
Venezia. Mancano la valutazione di impatto ambientale, la disciplina dello smaltimento dei fanghi e la relativa quantificazione economica. Non esiste uno studio di fattibilità. Al mio Gabinetto non è mai stato inviato nulla». Il ministro ci tiene a ribadire due cose: che sull’ipotesi Marghera non vede «come si possano bloccare o abbandonare nei cassetti del Ministero progetti mai pervenuti». E che si lavora da tempo su altri fronti, per arrivare a una decisione entro poche settimane. L’alternativa in campo, per lui, è tra Chioggia e Bocca di Porto del Lido. Martedì si riunirà il gruppo di lavoro tra Provveditorato, Porto, Capitaneria che ha regolato il transito delle navi in attesa delle scelte politiche sulle vie alternative. —
tacolo di sprechi e scandali, un'opera costosissima sia sul fronte della costruzione che della manutenzione. Una infrastruttura che, però, a questo punto va completata e fatta funzionare». Il super emendamento che riguarda la grande opera è così passato in commissione riformulato, da tre a due commi: «Commissario straordinario per il completamento fino al collaudo dell'opera (favorito il provveditore per le Opere pubbliche, Roberto Linetti, OES) e lo stanziamento di milioni dei fondi ai comuni della laguna», ha detto Toninelli, precisando che i fondi sono «già destinati» e «non venivano assegnati perché i comuni non si mettevano d'accordo sui criteri di destinazione». —
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Giovedì 6 Giugno 2019 Corriere del Veneto
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Palazzo Gussoni, Segim pronta a lasciare
Ha iniziato la sua attività ad ottobre proprio per cercare di acquistare la sede del Tar Palazzo Gussoni Grimani, la mestrina Segim. Ora che la Regione ha congelato la procedura di messa all’asta, la società sta valutando cosa fare. Palazzo Balbi ha comunicato l’altro ieri, verbalmente, di aver sospeso tutto perché uno dei soci è l’imprenditore mestrino Federico Semenzato che dal 12 marzo è detenuto con l’accusa di aver riciclato 1,6 milioni di euro per conto della ‘ndrangheta. Gli altri soci sono i fratelli - non coinvolti in alcuna inchiesta - e in famiglia si sta valutando se è il caso di partecipare ad eventuali rialzi, quando l’asta sarà sbloccata. «Apprendiamo dalla stampa che la Regione ha congelato la
All’asta Il palazzo sede del Tar
procedura ma a noi non è stata notificata alcuna sospensiva — spiega l’amministratore unico di Segim, il commercialista mestrino Alessandro Valentini — L’offerta della società è irrevocabile e dunque si parteciperà, quando sarà indetta. Ma sono ore nelle quali si sta decidendo se è il caso di concorrere ad eventuali rialzi». La preoccupazione della famiglia è legata allo stato di salute di Federico Semenzato, detenuto nel carcere di massima sicurezza di Bologna. «Era già provato fisicamente a causa di un repentino dimagrimento di 40 chili dettato dalla necessità di un’operazione — spiega l’avvocato Loris Tosi — La detenzione ha peggiorato la sua condizione e ha avuto un tracollo, certificato
anche dai medici del carcere. Per questo, nei prossimi giorni, chiederemo che sia messo agli arresti domiciliari». Lo sbocco della vicenda penale indirizzerà anche le scelte successive della famiglia e, forse, dell’iter amministrativo della vendita. La Regione ha fatto sapere di aver inviato tutta la documentazione in Procura in attesa di consigli su come procedere ma il materiale non pare essere arrivato nelle mani del procuratore Bruno Cherchi. La cronologia della vicenda è alquanto intricata. Segim si costituisce a maggio del 2018 con 50mila euro di capitale, inizia l’attività ad ottobre e il primo atto è la proposta di acquisto della sede del Tar per 9,6 milioni di euro inviata il 16 di-
Venerdì e sabato
cembre. Ma per la Regione è troppo bassa. Il 30 gennaio 2019 il Gip di Venezia emette il decreto di sequestro preventivo di alcune quote societarie legate a Federico Semenzato e a sua madre; il 25 febbraio Segim invia la nuova proposta da 10 milioni e 130mila euro. La busta viene aperta il 12 marzo, giorno dell’arresto. Gli uffici ritengono congrua l’offerta e il 21 maggio il presidente Luca Zaia porta in giunta la deliberazione che prende la cifra come base per un’asta al rialzo da indire prossimamente. Tra le attività della famiglia Semeznato c’è la valorizzazione immobiliare in funzione alberghiera, ma palazzo Gussoni non potrà diventare hotel. Monica Zicchiero © RIPRODUZIONE RISERVATA
Numero unico, Anagrafe, servizi Si accende lo scontro a Ca’ Farsetti Scioperinegliuffici.Isindacati:dipendentisovraccaricati.IlComunechiedetempo «L’organizzazione fa acqua da tutte le parti, vanificando l’obiettivo di una corretta informazione e facendo ricadere tutto su cittadini e lavoratori». Si accende lo scontro tra sindacati e Ca’ Farsetti, soprattutto con la Filt Cgil sempre più critica contro la giunta fucsia. Questa volta nel mirino c’è «Dime», il servizio di contact center unico fortemente voluto dall’amministrazione e che ad oggi impiega 21 dipendenti, ma Anche Anagrafe e Stato civile con i lavoratori che domani sciopereranno. «Di questi, 14 provengono dal call center di Vela, tre dagli uffici di Venis e solamente 4 da Veritas a cui il Comune ha affidato la regia dell’intero progetto ma che finora si è ben guardata dal trasferire i suoi servizi all’interno del contact center unico» attacca il segretario della Filt Valter Novembrini. Secondo il sindacalista tale organizzazione solleva due questioni: «Da un lato riteniamo che i dipendenti Vela siano stati sovraccaricati di lavoro con l’aggiunta di nuovi servizi a quelli che già svolgevano per la loro società, dall’altro ci chiediamo se veramente Veritas stia credendo nel progetto essendosi limitata a fornire solamente 4 persone e avendo il proprio call center a parte». L’obiettivo dell’amministrazione è di fornire un servizio più vicino, rapido e diretto al cittadino. Non sarà più necessario «peregrinare» tra uffici, ci pensa il «contact center» (attivo tutti i giorni dalle 8 alle 20) a smistare la telefonata al servizio e alla persona giusto. Sarà come chiamare il centralino di una grande azienda, croce e delizia degli utenti. Ma il sindacato è preoccupato per i lavoratori, «le società non ci hanno dato risposte adeguate durante gli incontri che abbiamo avuto, e per questo abbiamo deciso di rivolgerci direttamente all’amministrazione». «Il Dime non è un semplice call center ma una VENEZIA
La vicenda ● Protesta dei sindacati contro il numero unico del Comune. Sotto accusa l’organizzazione del lavoro: operatori sovraccaricati, accusa la Cgil ● Domani intanto i dipendenti dell’Anagrafe, Stato civile e Urp sciopereranno e terranno un presidio in via Palazzo davanti al Municipio
piattaforma multicanale che rientra nel progetto di Citizen Relationship Management (CzRM) per l’erogazione di numerosi servizi e che è attualmente in corso di implementazione» è la replica di Ca’ Farsetti. «Tutto rientra in un amp i o d i s e g n o d i
riorganizzazione che, mettendo insieme più soggetti, necessita inevitabilmente di una fase di integrazione ed evoluzione — aggiungono — Ciò a cui bisogna fare riferimento è il progetto complessivo, a cui lo scorso marzo è stato riconosciuto il Premio dei premi per
● Nuovi fondi Più sicurezza a Dorsoduro Aumenta la rete antincendio Oltre 50 chilometri realizzati VENEZIA Un altro tassello per il completamento della rete antincendio del centro storico andrà presto al suo posto. Finanziati con tre milioni di euro, i nuovi 4,5 chilometri di condotti di sicurezza copriranno Dorsoduro e più precisamente le zone di Nomboli, Papadopoli, Malcanton, Ragusei, Cereri, San Sebastiano, Carmini e Romite.
«Attualmente — spiega l’assessore ai Lavori Pubblici Francesca Zaccariotto — la rete antincendio realizzata e in esercizio è composta da oltre 52 chilometri di condotte, circa 760 idranti e sette centraline di pressurizzazione». Si tratta di uno stanziamento che segue quelli degli ultimi due anni – 1,5 milioni nel 2018 e 2,2 milioni nel 2017 - e che va a
rafforzare la rete, ormai completa oltre il 70 per cento. «Entro la fine del 2019 riusciremo a coprire il centro storico con 160 nuovi idranti e ad ampliare la rete antincendio di quasi nove chilometri di tracciato», specifica l’assessore al Bilancio Michele Zuin, mettendo in fila tutti gli interventi recenti. (gi.co.) © RIPRODUZIONE RISERVATA
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L’iniziativa
L’amministratore: situazione da valutare. Federico Semenzato in gravi condizioni VENEZIA
SanPoloAllaCollonna S.Albano AllaProvvidenza DeNotariis
l’innovazione». In sostanza il Comune chiese tempo al tempo, permettendo al nuovo servizio (il numero unico sarà 041041) di svilupparsi e tenendo presente che l’organizzazione attuale della forza lavoro potrebbe variare da qui a breve ribilanciando la presenza dei dipendenti delle varie partecipate. Domani, intanto, i dipendenti di Cgil, Uil, Csa, Diccap, Cobas ed Rsu impiegati negli uffici Anagrafe, Stato civile ed Urp del Comune di Venezia incroceranno le braccia e terranno un presidio in via Palazzo a Mestre. «La decisione è stata formalizzata a seguito del fallimentare incontro in Prefettura dello scorso 17 maggio», spiegano in una nota unitaria i sindacati, secondo i quali i settori «versano in una grave situazione per quanto riguarda organici e organizzazione del lavoro». «Oggi i servizi impiegano 121 persone e sono previsti otto pensionamenti, a fronte dei quali abbiamo già previsto altrettante nuove assunzioni», ribatte l’amministrazione. Andrea Rossi Tonon © RIPRODUZIONE RISERVATA
Venezia libera della plastica con il Clean Up
V
enezia senza plastica con la prima edizione dell’International Clean Up Day, due giorni dedicati alla sensibilizzazione sulla dispersione di plastica nell’ambiente. L’evento, organizzato dall’associazione Plastic Free Venice Lagoon in collaborazione con Veritas, Legambiente, Venice Calls, e La Salsola, ha come obbiettivo creare un’alleanza tra cittadini e associazioni, per promuovere un cambio di abitudini e mentalità. L’evento inizierà domani con una conferenza sul tema della plastica nella sede di San Giobbe di Ca’ Foscari. Il giorno seguente invece sarà dedicato ad un’azione di pulizia collettiva a cui parteciperanno tutte le associazioni coinvolte, e che si svolgerà sia nel centro storico, con punti d’incontro a Castello e Cannaregio, sia a Mestre e a Marghera. L’evento sarà internazionale e si svolgerà in contemporanea a Firenze, Roma e Santa Barbara, in California, grazie alla collaborazione della Start Up Prontopia, che punta a includere nell’evento anche i turisti più volenterosi, così da creare un’azione congiunta per la protezione di Venezia. Sabato sarà ancora all’insegna della difesa ambientale a Venezia con una giornata di pulizia: il punto di ritrovo sarà in campo dei Gesuiti dalle 9 alle 14, procederanno con le barche per arrivare alla secca di San Michele, poi a seconda dell’affluenza dei partecipanti i volontari potrebbero dirigersi anche verso l’isola di Campalto e la secca del Tronchetti. Gli organizzatori precisano comunque che il Clean Up Day è un evento rivolto ai singoli cittadini, non alla sfera istituzionale. «L’obbiettivo è costruire un cambiamento che parta dal basso, senza aspettare i tempi burocratici della politica», ha dichiarato Davide Poletto, vice presidente di Plastic Free Venice Lagoon. L’intento è creare un lavoro cooperativo, di sinergia, tramite azioni volontarie che vadano a influire sulla vita di tutti i giorni. Per chi volesse partecipare, i punti d’incontro verranno presentati alla conferenza di venerdì e sono già visibili su Facebook. Vi sarà, poi, un meeting point con stand permanente Ocean Space, che distribuirà un set limitato di materiali, strumenti di raccolta e di gadgets «Plastic Free» in campo San Lorenzo dalle 9.30 alle 16.00 Teresa Trallori
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GIOVEDÌ 6 GIUGNO 2019 CORRIERE DELLE ALPI
CORTINA - CADORE
san vito
Scuola di rianimazione per ragazzi e docenti del liceo classico Ieri mattina si sono svolte le lezioni teoriche e pratiche Il Lions ha donato le attrezzature per le esercitazioni
Alessandra Segafreddo SAN VITO. Ieri mattina il liceo
classico di San Vito è stato sede d’incontro tra operatori sanitari, docenti e alunni per l’apprendimento del protocollo Bls-d (Basic life support and defibrillation, ovvero supporto di base delle funzioni vitali e defibrillazione) cioè una sequenza di azioni ben definita che dovrebbe essere messa in atto quando si assiste alla perdita di coscienza di una persona che si presume possa essere stata colpita da un arresto cardiorespiratorio. Il progetto prende il via dalla donazione, da parte del Lions Club, di un manichino mezzo busto e di un defibrillatore semiautomatico trainer. Il liceo classico è stato scelto come scuola-pilota
per l’Alto Bellunese, cioè luogo del primo incontro, coordinato dall’Usl 1 il cui referente sanitario per il progetto di diffusione della cultura della rianimazione cardiopolmonare tra gli studenti delle superiori in provincia è Mauro Fantinel, responsabile di Dolomiti Emergency. Nell’attività sono coinvolti gli insegnanti tutor (Lionello Bellotti e Giuseppe Verardo) che dovrebbero diventare dei collaboratori in grado di fornire le spiegazioni teoriche e pratiche sulle manovre di rianimazione agli studenti nel corso dell’anno scolastico. A questo scopo da settembre si inseriranno delle ore di insegnamento di primo intervento (su base volontaria) per chi frequenta il quinto anno. È inoltre previsto un corso di formazione completo in rianimazione con rilascio del-
la certificazione all’uso del Dae (defibrillatore semiautomatico) valida per tutta la vita. Questo corso sarà tenuto da istruttori certificati della scuola di formazione di Dolomiti Emergency. Ieri a scuola, presenti anche rappresentanti del Lions Club, dell’Usl e del Comune, è stata data una dimostrazione Bls-d a tre gruppi distinti di studenti. I giovani hanno partecipato anche ad una lezione pratica delle manovre di rianimazione cardiopolmonare e dell’uso del defibrillatore facendo delle prove su manichini. Il classico è stato scelto come prima scuola per avviare questo percorso formativo. Al momento solo due altre scuole sono state selezionate: una a Belluno e una a Feltre. — BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
pieve di cadore
I presenti ieri al liceo Classico di San Vito per la dimostrazione di rianimazione cardiopolmonare
lorenzago
Ladri in azione in un cantiere edile rubati un escavatore e un demolitore Ladri in azione nella notte tra martedì e mercoledì in un cantiere edile a Lorenzago di Cadore. La denuncia è arrivata ai carabinieri di Vigo di Cadore, ieri mattina direttamente da parte del titolare dell’im-
presa individuale che sta eseguendo l’intervento. Il proprietario ha raccontato di essersi accorto che, all’interno del cantiere ubicato in località “Fienili di campo” nel comune di Lorenzago, nei pressi del Passo della Mauria, era-
no spariti un escavatore e un demolitore elettrico per un valore complessivo di alcune migliaia di euro. Ignoti, quindi, si sono introdotti nel cantiere durante la notte tra martedì e mercoledì asportando, indisturbati, l’attrezzatura. I carabinieri, quindi, si sono recati subito sul posto per i rilievi del caso. E ora si cercano tutti i possibili indizi e le eventuali tracce lasciate dai ladri per risalire alla loro identità e recuperare il bottino.
valle
Il portale Internet del Comune Partiti ieri i lavori di ripristino si rinnova ed è più accessibile della strada che porta alla diga PIEVE DI CADORE. Varato, gra-
zie alla collaborazione con la Regione Veneto, il nuovo portale internet del Comune di Pieve di Cadore. Per accedervi basta digitare il vecchio indirizzo: www.comune.pievedicadore.bl.it. La necessità di dotare il Comune di un portale tecnologicamente avanzato era stata ravvisata già durante la campagna elettorale dello scorso anno ed era stato inserito nel Progetto Cadore come servizio prioritario. Ci sono voluti mesi di lavoro, ma il risultato è nettamente migliorativo rispetto a quello precedente. «Giorno dopo giorno», afferma il sindaco Giuseppe Casagrande, «il racconto della vita delle comunità di Pieve si possono trovare nel nuovissimo sito. Si chiama “MyPortal 3.0” ed è frutto di una proficua collaborazione tra gli esperti di informatica della Regione Veneto e quelli del Comune di Pieve.È più di un semplice portale. Si tratta di una piattaforma tecnologica che consente all’amministrazione non solo di informare ma anche di diffondere e gestire tutta una vasta gamma di servizi digitali». «MyPortal», ha commentato, Luana Frescura dell’ufficio Protocollom, «è davvero semplice da gestire anche perché è stato realizzato con il contributo dei cittadini che hanno partecipato attiva-
VALLE. Consegnato il cantie-
Il municipio di Pieve di Cadore
mente a tutte le fasi progettuali: dalla raccolta delle informazioni di base alla definizione delle interfacce fino alla verifica della qualità per i risultati ottenuti». Il portale è incentrato su quattro aree tematiche precise: “Mi interessa”, “Amministrazione”, “Vivere” e “Io sono”. Oltre all’attività amministrativa della giunta, del consiglio e dell’organizzazione degli uffici e dei servizi, nei quattro canali tematici vengono evidenziati i punti di maggiore interesse che il Comune ha nei confronti di famiglie, imprese, ambiente,
cultura, tradizioni e lingua ladina. «L’area in continua evoluzione, alla quale tutti i cittadini sono invitati a partecipare», conclude il sindaco, «è “Vivere”. Qui si potranno trovare notizie sul variegato mondo dell’associazionismo, ma anche eventi, appuntamenti, progetti ed iniziative che animano le nostre comunità. E un autentico valore aggiunto è rappresentato dalle foto che tutti sono invitati a mandare all’indirizzo:segr.pieve@cmcs. it». — Vittore Doro
re per il ripristino della viabilità della strada che porta alla diga di Valle. Ieri mattina il sindaco Marianna Hofer ha consegnato il cantiere alla ditta che eseguirà i lavori, vale a dire la Dolomiti Rocce 4.0. L’intervento si è reso necessario dopo l’uragano Vaia che ha completamente distrutto la strada che porta alla diga e anche quella che dalla diga porta a Dubiea. Dall’indomani della tempesta si è cominciato a lavorare per progettare lo opere di ripristino. A Valle sono arrivati 940 mila euro per la sistemazione di quattro strade danneggiate dalla tempesta. La settimana prossima partirà il cantiere per sistemare la via che porta alla diga di Valle; poi si interverrà su quella che va dalla diga a Dubiea, sulla strada a Venas in località Dovesto e sui muri della via che porta a Costapiana. «I lavori veri e propri inizieranno la settimana prossima», spiega Hofer, «ma la ditta sta già avviando il cantiere e si inizieranno quindi a vedere i primi movimenti. L’opera durerà un mese; per metà luglio contiamo di poter riaprire la strada e permettere ai cittadini di recarsi sui loro terreni a rimuovere gli schianti provocati dalla tempesta». L’iter «è stato più veloce di quello che avevamo preventi-
Un’immagine della diga di Valle di Cadore
vato», precisa la prima cittadina che prosegue spiegando che «da quando sono stata nominata soggetto attuatore ho potuto usufruire delle deroghe previste dalle ordinanze emanate dal commissario Zaia e così la procedura è stata veloce. Ringraziamo la Regione e in particolare l’assessore alla Difesa del suolo Gianpaolo Bottacin», prosegue il sindaco, «perché ha mantenuto la parola di farci arrivare i soldi necessari agli interventi ed inoltre ha garantito il suo sostegno con gli uffici regionali per riuscire a portare avanti gli iter buro-
cratici». Ma non ci sono solo opere post Vaia. È iniziato anche il lavoro di manutenzione del piazzale antistante l’ex scuola elementare di Venas che prevede la riasfaltatura completa del parcheggio e la sistemazione di punti deteriorati. «Questa opera», chiosa Hofer, «è la prima di un ampio progetto di sistemazioni e asfaltature delle strade e delle piazze di Venas e Valle. Grazie all’arrivo del bel tempo abbiamo iniziato. Lavoriamo a testa bassa e andiamo avanti». — A.S.
REGIONE ATTUALITÀ
Corriere del Veneto Giovedì 6 Giugno 2019
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Padova
Arriva la cella matrimoniale per coppia gay tunisina PADOVA Offrì la sua vita ai nazi-
sti in cambio di altre 44, purtroppo invano. Morirono tutti, quel 28 aprile 1945 a Saonara (Padova), ma il sacrificio del generale dei carabinieri Giuseppe Dezio è diventato il simbolo del sangue di migliaia di appartenenti all’Arma che «ogni giorno mettono la loro vita al servizio del Paese». Lo ha sottolineato ieri a Padova il generale Enzo Bernardini, durante la festa per i 205 anni del corpo, celebrata
Quei 130 carabinieri feriti «per la libertà di tutti» Festa dell’Arma, il ricordo di chi si è sacrificato. Reati in forte calo
per la prima volta in Prato della Valle, davanti al Comando interregionale carabinieri «Vittorio Veneto», intitolato proprio a Dezio. Solo in Veneto l’anno scorso 130 militari sono stati feriti in servizio e uno è morto. Il 13 luglio 2018 l’appuntato scelto Antonino Modica, in servizio in Polesine, è stato travolto da un tir mentre aiutava un camionista rimasto in panne sulla Transpolesana. «E’ un dolore che si ripete ogni anno — ha ammonito il comandante interregionale —. Colpisce tante famiglie dell’Arma, che perdono mariti, padri, fratelli, figli, pronti a sacrificarsi perché gli italiani possano vivere liberi e nel rispetto delle leggi. Rivolgo il mio pensiero ai nostri fami-
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Bernardini Siamo nel cuore della gente per le stazioni, riferimento affidabile
liari, che ci stanno vicini e ci sostengono tutti i giorni, e ai miei carabinieri, ricordando loro: gli alamari che indossiamo sono il simbolo di ciò che siamo. Cioè custodi della legge e del rispetto per le libere istituzioni». Pensiero condiviso dal vescovo di Padova, monsignor Claudio Cipolla, presente insieme a tutti i prefetti, i procuratori e le autorità delle 22 province coperte dal Comando «Vittorio Veneto», oltre alla presidente della Corte d’appello di Venezia, Ines Marini, ai procuratori generali, al governatore Luca Zaia e al sindaco di Padova, Sergio Giordani. «I carabinieri ci aiutano a proteggere quei valori fondanti per la società civile e per la nostra coscienza che non sempre riusciamo a tute-
lare da soli», ha annuito il prelato. I risultati emergono dalle statistiche 2018. I reati predatori sono in calo: -15% di rapine, con il dato che quelle ai danni di banche e uffici postali sono quasi scomparse; -20% di furti in generale e -3% di quelli in abitazione. Aumentano di poco i furti nei negozi e i borseggi, ma soprattutto le truffe ad anziani e informatiche. «Ci stiamo impegnando sempre più su questo fronte — aveva detto nei giorni scorsi il comandante della Legione Veneto, generale Giuseppe La Gala — riservando una particolare attenzione ai più deboli e indifesi». La vicinanza dell’Arma al cittadino è testimoniata anche dalle 873 stazioni gestite dal
15%
Nel 2108 si sono registrati un -15% di rapine e un 20% di furti
80%
In Veneto si denuncia l’80% di reati. Nel resto d’Italia il 72%
La celebrazione Un momento della festa per i 205 anni dell’Arma organizzata ieri pomeriggio in Prato della Valle, a Padova (Bergamaschi)
Comando interregionale, con un totale di 14mila uomini e mille reparti. In particolare nel Veneto le caserme dei carabinieri coprono il 93% dei Comuni e il 75% della popolazione, che qui denuncia l’80% dei reati, contro una media nazionale del 72%. «Il nostro è l’unico corpo che è contemporaneamente forza armata e di polizia — ha spiegato il generale Bernardini — se siamo entrati nel cuore della gente è per le stazioni, punto di riferimento costante e affidabile. Non scordiamo mai la nostra mission, mantenendo però viva la disponibilità nei confronti del prossimo e rinnovando l’impegno ad affrontare le sfide future per rispondere alle richieste d’aiuto della popolazione». E nel Nordest i carabinieri si sono distinti pure per la difesa del tessuto economico — sgominando bande di criminalità organizzata legate alle mafie tradizionali —, e per il contrasto alle violenze in famiglia. Michela Nicolussi Moro © RIPRODUZIONE RISERVATA
La rievocazione
Ingegneriearchitetti inviaggioperrifare 75annidopolosbarco inNormandia Nella vita sono architetti, ingegneri, agenti commerciali, operai, commercianti. Uno è imprenditore. Tutti sono appassionati di storia militare e assieme hanno deciso di «ripetere» lo sbarco in Normandia. Hanno preso una settimana di ferie e sono partiti per la Francia in aereo mentre altri camion e bisarche partivano dal Veneto con a bordo mezzi militari. Stanno partecipando con le divise d’epoca al 75esimo anniversario del D-Day. Il 6 giugno 1944 dall’Inghilterra partirono 160 mila soldati che sbarcarono con 6.939 mezzi navali sulle spiagge della Normandia difese dall’esercito di Hitler. Oggi a Colleville-sur-Mer, nel Nord della Francia, il presidente Usa Donald Trump e quello francese Emmanuel Macron ricorderanno tutte le vittime del giorno che ha cambiato le sorti della Secon-
da Guerra mondiale. Sono centinaia gli appuntamenti previsti in questo giorni. I sei veneti hanno fissato il «campo base» a Longue-sur-mer, una postazione strategica dove c’era una batteria di cannoni tedeschi che l’esercito alleato è riuscito a neutralizzare il primo giorno dello Sbarco. Spiega Vittorio Baghin, imprenditore, amministratore delegato di Agglo Baghin di Riese Pio X, azienda specializzata nella pavimentazione: «Per comprendere il passato dobbiamo conoscere meglio la storia militare e le vicende belliche che hanno cambiato il corso degli eventi». Baghin è l’anima della onlus fondata nel 2015 e che ha sede alla ex caserma Patussi di Udine. Si chiama «Crcs» e sta per «Cingoli e ruote per conoscere la storia». È nata con lo scopo di riunire chi è interessato al collezionismo militare e ai veico-
Veneti Il gruppo di amici veneti che oggi parteciperà alla rievocazione dello sbarco in Normandia A sinistra,, due di loro durante una simulazione della battaglia
li d’epoca. Vi fanno parte otto volontari attivi e 137 soci. Hanno recuperato, ristrutturandoli, 14 mezzi militari fra cui un carro armato semovente Priest donato dagli Usa all’Italia nel 1945. «Il prossimo anno saremo a Trieste e a Udine per ricordare la liberazione
dall’esercito tedesco», aggiunge il commerciante bassanese Alberto Bordin. Mentre il compaesano Antonio Bizzotto, ingegnere, ricorda che «le armi che utilizziamo non possono più sparare». Gianni Marchi, commerciante di Marostica, aggiunge che
lo Stato italiano sta affidando alla Onlus materiale bellico che potrebbe, entro un anno o due, dare vita a un «museo itinerante». L’architetto Luca Cheso di Bassano precisa che in Italia il gruppo si è fatto conoscerre con la «Colonna della libertà», una sorta di «Mille miglia» dei mezzi militari. In Francia vestono le divise dell’82esima e della 101esima truppa aviotrasportata Usa. «Sono I soldati che si sono paracadutati nelle retrovie la notte dello Sbarco per preparare il terremo alle operazioni», aggiunge Alvise Franceschin, veneziano di Santa Maria di Sala, operaio specializzato che lavora in Piemonte nella fabbrica che assembla gli F35. Si è tagliato tutti i capelli lasciandosi crescere solo una cresta e si è truccato il volto. «Le foto storiche che ho trovato in Rete - spiega - mostrano i soldati che si tagliavano i capelli in questo modo e si truccavano come facevano gli Indiani per darsi coraggio». Alla fine, aggiunge Vittorio Baghin, anima del gruppo, «è sbagliato definirci guerrafondai. Siamo dei bambini che non sono cresciuti e che vivono con questa grande passione per la storia militare». Antonino Padovese © RIPRODUZIONE RISERVATA
PADOVA Il sogno della cella matrimoniale cullato e negato a Rosa e Olindo Romano, gli autori della strage di Erba, è diventato realtà per due spacciatori tunisini reclusi al Penale (condanne definitive) del Due Palazzi di Padova. Carcere nel quale nelle ore diurne vige il regime delle «celle aperte», che ha agevolato l’outing dei due giovani fidanzati under 30. Prima si sono presentati mano nella mano al «passeggio» e poi hanno dichiarato agli altri detenuti e alla polizia penitenziaria: «Noi ci amiamo e ci vogliamo sposare». Dichiarazione «pericolosa» per le «regole interne» alla prigione, che infatti li ha esposti a minacce, liti e risse, tanto è vero che uno dei due ha tentato di impiccarsi. «L’hanno salvato in tempo due colleghi, che l’uomo ha poi cercato di sfregiare con una lametta nascosta in bocca», racconta Gianpietro Pegoraro, segretario regionale Cgil Penitenziari. Fatto sta che la coppia ha chiesto al direttore del Penale, Claudio Mazzeo, di poter avere una cella tutta per sè. «E nonostante il sovraffollamento dell’istituto, che conta 601 detenuti costretti a dividere una cella anche in quattro, loro l’hanno ottenuta — denuncia Aldo Di Giacomo, segretario generale del Sindacato polizia penitenziaria —. E per di più in un braccio protetto, dove non vige il regime di apertura delle celle. Sono nel lato A del primo blocco, di solito riservato ai destinatari di provvedimenti disciplinari perché colpevoli di aggressioni o danneggiamenti. Insomma, stanno tranquilli, al punto che spesso gli agenti li sorprendono a fare sesso. E non serve a nulla presentare rapporto». Uno dei due lavora, pulisce le scale del reparto. «Non è giusto negare le stanze dell’affettività ai detenuti desiderosi di stare qualche ora con la moglie o la compagna e concedere invece la cella matrimoniale ai gay — sottolinea Di Giacomo —. Eppure succede sempre più spesso, in tutta Italia. L’episodio di Padova succede all’incredibile scoperta della cella doppia assegnata nel carcere di Potenza a due coppie di lesbiche». «Le camere dell’amore o della fertilità non sono state ammesse nel nuovo ordinamento penitenziario — ricorda Pegoraro — anche perché tutti i sindacati autonomi si erano dichiarati contrari». Il caso di Padova si risolverà tra un mese, quando uno dei due fidanzati uscirà, per fine pena. M.N.M.
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REGIONE ATTUALITÀ
Giovedì 6 Giugno 2019 Corriere del Veneto
Dispositivo-choc del tribunale di Roma
Quote latte, il gip: «Dati falsi, politici inerti e conniventi»
La vicenda ● Il gip di Roma ha archiviato l’inchiesta per truffa e falso relativa alle quote latte. Nel dispositivo il giudice sostiene però che «I dati posti a fondamento delle quote latte in Italia sono non veritieri in quanto fondati su dichiarazioni spesso false e su calcoli errati
«I dati posti a fondamento delle quote latte in Italia sono non veritieri in quanto fondati su autodichiarazioni spesso false e su un sistema di calcolo errato». Peggio ancora: «La falsità dei dati è nota a tutte le autorità amministrative e politiche, rimaste consapevolmente inerti per vent’anni per evitare di scontentare singole corporazioni o singoli centri di interesse, così determinando ingenti danni allo Stato italiano che ha pagato le multe e agli allevatori-produttori che fino a oggi hanno rispettato le regole». Sono alcuni passi del provvedimento - durissimo - pubblicato ieri ed emesso dal giudice per le indagini preliminari di Roma, Paola Nicola, con il quale si archivia il procedimento avviato dalla procura capitolina che ipotizzava reati che andavano dall’abuso d’ufficio alla truffa, fino all’associazione per deVENEZIA
linquere. L’inchiesta era partita in seguito alle risultanze della commissione ministeriale voluta nel 2009 dall’allora ministro Luca Zaia. Il sospetto era che l’Italia avesse comunicato all’Unione Europea una produzione di latte molto superiore a quella reale e questo, a cascata, potesse aver comportato multe inesistenti allo Stato e quindi agli allevatori. Le conseguenze sono note: produttori messi in ginocchio dalla cartelle esattoriali (centinaia i veneti coinvolti), proteste di piazza e un braccio di ferro politico che, a distanza di oltre vent’anni dagli scontri di Vancimuglio, non si è mai fermato. Ora arriva questo provvedimento del tribunale di Roma che sicuramente gli allevatori potranno brandire nei tribunali civili dove ancora si discutono i ricorsi contro le sanzioni. Perché il gip non usa mezzi termi-
ni, quando scrive che «l’unica certezza a cui si è giunti nel presente procedimento penale, è che i dati sui capi che producono latte è falso e che i numeri forniti da Agea (l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura, ndr) e dall’Istituto zooprofilattico sperimentale di Teramo sono del tutto inattendibili, tanto da
Le proteste Da anni molti allevatori contestano la regolarità delle quote latte
conseguirne la non verosimiglianza di quelli concernenti il latte prodotto. D’altra parte è una questione di mera logica che, se è errata la cifra degli animali da cui si ricava il latte, non può che essere errato il quantitativo stesso del latte». Per il giudice sarebbero «quasi sei milioni i capi improduttivi inseriti nel patrimonio bovino produttivo nazionale». In pratica avrebbero conteggiato tutte le vacche, anche quelle troppo anziane per produrre il latte. Com’è stato possibile? Secondo il tribunale la responsabilità sarebbe di «fortissimi e occulti centri di potere tutti convergenti nel violare regole e controlli per far arricchire alcuni produttori e allevatori a discapito di altri». Di certo - scrive il giudice - «vi è stata per decenni una totale incapacità e superficialità, e verosimili connivenze, da parte degli organi di controllo degli assessorati al-
l’agricoltura delle Regioni nell’ottemperare ai propri obblighi di accertamento (...) si sono intrecciati per anni malcostume, inerzia, negligenza, assenza del senso delle istituzioni e di rispetto delle regole di trasparenza (...) tali da rendere difficile, se non impossibile, l’individuazione delle responsabilità». Anche se si è chiusa con l’archiviazione, per gli avvocati Maddalena Aldegheri ed Ester Ermondi, che tutelano centinaia di allevatori, è comunque una vittoria: «Per la prima volta un tribunale mette nero su bianco ciò che ripetiamo da anni: il sistema delle quote era “truccato”. Finalmente si restituisce onore e dignità ai produttori che per primi denunciarono ciò che lo stesso giudice, oggi, definisce un gigantesco meccanismo di falsificazione dei dati». A.Pri. © RIPRODUZIONE RISERVATA
IL SIMBOLO DELLA CITTÀ «QUEL BAGLIORE E L’ALLARME» BASSANO DEL GRAPPA (VICENZA)
«Da sempre penso che il Ponte degli Alpini abbia un’anima» confida Laura Chiminello, l’oste di «Ca’ Brando», la locanda sospesa sulla riva sud del fiume Brenta. Un’anima antica, come quel progetto che Andrea Palladio consegnò nel 1569 alla città di Bassano del Grappa; e fragile, a causa dei cedimenti strutturali che nel 2015 hanno costretto ad avviare un delicato intervento di restauro. Da ieri, quell’anima è anche un po’ bruciacchiata. «Intorno alla mezzanotte -
Il buio e la trave avvolta dal fuoco A sinistra, le transenne che ieri, per buona parte della giornata, hanno impedito l’accesso al Ponte di Bassano in modo da lasciare campo libero a vigili del fuoco e operai del Comune. Sopra, nella foto scattata la scorsa notte da Laura Chiminello, le fiamme avvolgono la trave del ponte
«Va a fuoco il Ponte di Bassano» Notte con l’incubo di Notre Dame
Il principio d’incendio ha solo danneggiato una trave. Fiamme forse innescate da un sigaro
racconta Chiminello - mentre facevo su e giù dalle scale per servire ai tavoli, ho visto uno strano bagliore alla base del ponte, verso la riva opposta. Non ci potevo credere: qualcosa stava andando a fuoco! Ci mancava anche questo, dopo tutti i problemi che sta attraversando il nostro bellissimo monumento». L’oste ha subito dato l’allarme. Le fiamme stavano divampando su una delle grosse assi di legno - in gergo vengono chiamate «saette» che dalla base dell’antica struttura si ancorano alla parete dell’edificio che ospita la Taverna al Ponte, sulla riva nord del fiume. «Le saette, specie quelle all’estremità dell’opera, hanno un ruolo fondamentale per reggere i piloni che, a loro volta, sostengono la copertura in legno», spiega Diego Pozza, il funzionario del Comune che sta seguendo i lavori. I vigili del fuoco di Bassano sono arrivati in pochi minuti. «Hanno subito spento le fiamme, per fortuna prima che il rogo si allargasse, coin-
La vicenda ● La notte scorsa un principio di incendio ha interessato il Ponte Vecchio (più conosciuto come Ponte degli Alpini) a Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza. ● Le fiamme, subito domate dai vigili del fuoco, hanno danneggiato una trave in legno della struttura. Pare esclusa l’origine dolosa del rogo
volgendo la base del ponte», racconta il gestore della taverna. Se i soccorsi non fossero stati così tempestivi, forse ieri i bassanesi si sarebbero risvegliati con le immagini di una Notre Dame all’italiana. È andata bene, e in mattinata è iniziata la verifica dei danni. La trave risale probabilmente al 1948, quando la struttura venne ricostruita dopo che (nel febbraio di tre anni prima) un manipolo di partigiani l’aveva fatta saltare in aria per salvare la città dai nazisti. «Abbiamo dovuto inserire dei piloni di metallo e dei tiranti, per scaricare altrove il peso della copertura. Ora non ci sono più pericoli per la stabilità del tetto», assicura Pozza. E infatti, dopo che per buona parte della giornata i turisti si erano visti negare l’ingresso al monumento per lasciare posto agli operai, nel pomeriggio l’accesso è stato riaperto. Resta da capire come sia potuto accadere. «Da quanto ne so, non ci sono telecamere che riprendono quel punto»,
ammette il neo-sindaco Elena Pavan, che appena presentata la nuova giunta già si ritrova ad affrontare la prima grana per la città. Le indagini sono quindi affidate ai reparti specializzati dei vigili del fuoco, che per alcune ore hanno lavorato intorno alla trave annerita. «Un esame, eseguito con la nostra strumentazione, ha dato esito negativo circa la presenza
di acceleranti», spiega il comandante provinciale Luigi Diaferio. Tradotto: sul legno non sembrano esserci tracce di alcol o benzina, che equivarrebbe a dimostrare l’origine dolosa del rogo. «Abbiamo comunque prelevato alcuni campioni che ora verranno analizzati nei nostri laboratori, in modo da escludere definitivamente questa ipotesi».
Pericolo scampato La trave è solo annerita, grazie alla tempestività dei vigili del fuoco
Ma se non è stata l’azione di un piromane, resta in piedi soltanto la causa accidentale. Tra le assi di legno, specie quelle meno visibili al «pubblico», si infila il fogliame spinto dal vento e sono spesso avvolte dal guano (che è infiammabile) degli uccelli, i quali a volte le utilizzano come base d’appoggio per i loro nidi. Tutto questo potrebbe aver alimentato le fiamme forse innescate - è l’ipotesi che circola anche tra alcuni dei soccorritori - da una sigaretta o più probabilmente da un sigaro (le sigarette, negli ultimi anni, sono prodotte in modo tale che il tizzone raggiunga temperature meno elevate e si spenga più rapidamente, proprio per ridurre il rischio di incendi) lanciato distrattamente da qualcuno che si trovava sul ponte o sul balcone della taverna che si staglia appena sopra alla trave. «Se dovesse essere davvero questo l’origine di tutto chiosa il sindaco - sarebbe una triste conferma di come l’inciviltà che ci circonda possa danneggiare gravemente la nostra città». Ultimati gli accertamenti, i vigili del fuoco trasmetteranno i risultati alla procura di Vicenza che, sulla base di quanto scoperto, potrebbe decidere di aprire un’inchiesta. Andrea Priante © RIPRODUZIONE RISERVATA
XVII
Primo Piano
Giovedì 6 Giugno 2019 www.gazzettino.it
I ballottaggi nel Miranese / Le interviste
Spinea, la piazza non divide gli alleati Emanuele Ditadi crede nella rimonta grazie all’apparentamento `Il candidato del centrosinistra deve recuperare quasi il 10%per cento con i fuoriusciti M5S. «Referendum sul progetto piazza del Sapere» «Tra i miei non ho sentito critiche all’accordo con De Pieri, lo stimo» `
DIVISI DA 1418 VOTI SPINEA Emanuele Ditadi, un bottino di 5656 voti al primo turno. Ha scelto lui il 38,69% dei 14617 spinetensi che domenica 26 maggio si sono presentati ai seggi. La sua avversaria, Martina Vesnaver, ne ha presi 1418 in più, il 48,40% del totale. In vista del ballottaggio di domenica Ditadi ha suggellato l’apparentamento con la lista di Progetto Spinea, che al primo turno ha sostenuto la candidatura di Massimo De Pieri, ma che si è sentita più compatibile con la sua coalizione. Le distanze dal centrodestra si accorciano. Alla fine del primo turno sono già emersi, dai voti, i nomi di alcuni eventuali assessori? In giunta ci sarà posto per Massimo De Pieri? «Non è ancora stato deciso niente e non ci si basa sull’esito del primo turno. Con De Pieri, nel discutere l’ipotesi di apparentamento, abbiamo parlato solo di programma e dei nodi cruciali di una eventuale collaborazione. È una persona di cui ho stima, è molto preparato sui temi dell’urbanistica e l’edilizia ma non sono sul piatto i posti di assessore». Con Progetto Spinea, parte della sua maggioranza potrebbe bocciare il progetto della piazza del Sapere su cui lei ha investito molto in campagna elettorale. «Il punto è che Progetto Spinea ha la propria idea sull’acquisizione del Bersaglieri alla sistemazione di piazza Fermi. Per il Bersaglieri la prima cosa da fare sarà verificare tecnicamente la possibilità dell’acquisto e solo a quel punto la decisione, che è così importante e su cui si discute da 50 anni, sarà affidata ai cittadini attraverso un referendum che, considerando i tempi tecnici, potrà coincidere con le Regionali 2020, per ridurre i costi». Costringerete i cittadini a fare referendum su qualsiasi co-
STOCCATE FINALI NOALE L’ultimo assalto. Dopo lo scontro sul mancato confronto diretto, Michela Barin arriva alla resa dei conti riservando all’avversaria Patrizia Andreotti le ultime stoccate e non manca di togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Quarantotto anni, avvocato, consigliera comunale uscente della civica Noalesi al Centro ed ex assessore, al primo turno Barin si è fermata a soli 67 voti dalla sindaca uscente: margine ampiamente recuperabile, soprattutto negli elettori di Lega e Forza Italia dispersi 12 giorni fa. Ma è anche il tempo di tirare le somme di un mese intenso di incontri, scontri, strette di mano e frecciatine. Barin, che campagna elettorale è stata? «Bellissima, piena di gente, piazze, confronti. A me piace la corsa e la fatica: mi sono divertita». Siete stati accusati di essere ostaggio di poteri forti. Come risponde? «I poteri forti, quelli che comandano Noale dal chiuso dei loro uffici, sono coloro che tirano le fila dei progetti e dei rendering che abbiamo visto in questi me-
sa? «La nostra e democrazia è rappresentativa e a fronte di questo continueremo ad assumerci le nostre responsabilità. Ma su temi fondamentali come quello della piazza, da sempre molto sentito dalla cittadinanza, riteniamo che uno strumento democratico come il referendum darà ai cittadini l’occasione di esprimere la loro opinione in modo diretto». Avete ripreso la campagna elettorale insieme; i vostri sostenitori come hanno reagito all’apparentamento? «Non ho sentito critiche e sono tutti soddisfatti dell’apparentamento. Del resto con il loro sostegno alle civiche al primo turno gli elettori ci avevano dato proprio questa indicazione. Al ballottaggio abbiamo quindi rafforzato il fronte civico, per lanciare il nostro messaggio: Spinea ha bisogno di una persona che guardi agli interessi della città e che non segua le direttive dei partiti politici». State puntando proprio sul confronto “civico” contro “politico”. Come mai non ha la tessera del Pd? «Ho fatto questa scelta perché attualmento livello nazionale non mi sento allineato con nessun partito e ho deciso di destinare tutte le mie energie alla città che non ha bisogno di regia dall’alto. I valori, è innegabile, rimangono quelli del centrosinistra, motivo per cui il Pd mi sostiene». La campagna elettorale si sta scaldando, ma solo sui social. Post sugli avvoltoi da una parte, e i vari “zecche” e video sull’Islam dall’altra. Ha preso posizione o trovato qualcosa di scorretto?
APPARENTAMENTO Emanuele Ditadi a un dibattito con Massimo De Pieri, con cui ha fatto l’accordo. Defilata Martina Vesnaver
Gli ultimi appelli
Tour veneziano per il presidente Zaia al Villaggio dei fiori e quindi a Noale
«PECCATO CHE VESNAVER ABBIA RIFIUTATO IL FACCIA A FACCIA FINALE, SU TEMI CHIAVE NON SAPPIAMO CHE PENSA»
Luca Zaia a Spinea e poi a Noale all’ora di pranzo per sostenere la Lega e tutto il centrodestra di Michela Barin: l’incontro con il governatore è fissato alle 12.45 alla Pasticceria Prosdocimi e l’intento è quello di chiamare a raccolta soprattutto l’elettorato leghista, che in parte è mancato a Barin per vincere al primo turno. Ma prima, il presidente della Regione Veneto sarà a Spinea, dove alle 11.45 incontrerà gli elettori al Villaggio dei fiori in sostegno a Martina Vesnaver. Intanto a Noale la coalizione ha diffuso anche un video in cui è Giorgia Meloni a spendersi per Barin, tramite la Lista Dalla Vecchia che ha al
suo interno elementi di Fratelli d’Italia. Nessun big invece, come al primo turno, per Patrizia Andreotti, fedele alla vocazione civica delle sue liste, che in questi giorni sta completando il tour delle frazioni per incontrare gli elettori. Tra l’altro le due pretendenti, arrivate al ballottaggio separate da poche decine di voti, si sono sfidate a poche decine di metri ieri sera in centro, con comizi “a vista”: Barin in piazza Castello alle 20.30, Andreotti alle 21 alla Torre delle campane. Sabato è giornata di silenzio e riflessione elettorale, domenica notte Noale avrà il suo nuovo sindaco. (f.deg.)
Candidata del centrodestra Deve recuperare 67 voti
Veleni di Noale, Barin contrattacca «Poteri forti? Stanno con la Andreotti» si. A Noale tutti sanno che l’ostaggio è proprio la sindaca uscente. Noi di forte abbiamo i principi e a quelli ci siamo votati di fronte ai noalesi: sanità pubblica, uffici comunali che funzionano, lotta anticorruzione e partecipazione attiva». Come replica a chi la accusa di essere una candidata di facciata manovrata da Lega e Forza Italia? «Lei fa riferimento ai vergognosi volantini diffamatori che mi hanno additata come “presta-
«QUI SI SA CHE E’ PROPRIO LA SINDACA USCENTE OSTAGGIO DI COLORO CHE DAI LORO UFFICI TIRANO LE FILA DEI PROGETTI»
nome”: a parte la querela in corso, posso solo dire che io manovro da sola senza paura. Chiedete a chi mi ha conosciuto all’opera». Lo scontro con Andreotti generato dal comizio finale di due settimane fa l’ha parecchio indispettita: ci spiega cosa significa questa famosa clausola sul potere di veto della Lista Dalla Vecchia? «Paolo Dalla Vecchia mi ha chiesto garanzie su questo tema, così come sul contrasto ai palazzinari e io, di fronte alla assoluta sintonia di idee che ho con lui, ho aderito. Oggi abbiamo un’alleanza granitica e questo fa paura ai nostri avversari. Indispettita proprio no: mi sono fatta una bella risata quando la sindaca urlava contro Paolo. E’ la nostra controparte a subire le imposizioni del potere, non certo noi».
Veniamo al ballottaggio. Un apparentamento con la lista di Stevanato era francamente difficile da immaginare. Ci ha sperato davvero e su che presupposti poteva concretizzarsi un accordo con il centrosinistra? «Hanno dichiarato “mai con la Lega”, mentre io con la Lega ho lavorato, e bene, portando a Noale quello che il centrosinistra non è mai riuscito a fare, soprattutto a difesa delle fasce più deboli. Sui 7 punti proposti
AL VOTO Michela Barin, 48 anni
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«PIENA SINTONIA CON DALLA VECCHIA SUL CONTRASTO AI PALAZZINARI. SU 7 PUNTI PROPOSTI DA STEVANATO OK A 5»
«Sì, a tratti sono stati troppo accesi, da entrambe le parti, anche con qualche grave accusa totalmente infondata nei miei confronti e verso i dipendenti pubblici. Accuse dalle quali Vesnaver non ha mai preso le distanze. Al mio gruppo ho chiesto di stare sui temi e ho fatto togliere il post sugli avvoltoi, che comunque non era riferito alle persone ma al fatto che il centrodestra abbia in passato contribuito all’aumento della cementificazione». Anche Vesnaver però si è sentita attaccata e ha deciso di rifiutare altri confronti tra candidati sindaci. «Io invece avrei trovato necessario un altro faccia a faccia tra me e lei su alcune questioni, come la gestione delle risorse economiche del Comune e su come intende affrontare momenti difficili per gli enti locali. Non avendo esperienza non conosciamo le sue opinioni in merito». Melody Fusaro © RIPRODUZIONE RISERVATA
da Stevanato trovo massima sintonia in almeno 5 di essi, tanto che paiono presi dal nostro programma di coalizione, quello condiviso con la Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia». La coalizione è ampia ed eterogenea e annovera candidati che in passato non se le sono mandate a dire, come saprà tenerla unita se sarà eletta sindaco? «Un bel piatto di pasta, pan biscotto, salame e formaggio, vino buono, solo per fare degli esempi: a tavola non si invecchia e ci si capisce meglio. Se questo non basterà tirerò fuori la toga da avvocato». Merende a parte, perché domenica un elettore noalese dovrebbe scegliere lei invece di Andreotti? «Semplice, per avere un po’ di buonsenso al governo della città. Prima vanno fatte le cose che servono davvero ai noalesi. Sarà banale ma per me fossi e tombini puliti, strade e marciapiedi sicuri per tutti, parcheggi comodi, scuole e palestre funzionanti vengono prima delle pavimentazioni di pregio in piazza XX Settembre». Che qualità riconosce alla sua avversaria? «Il sorriso». Filippo De Gaspari © RIPRODUZIONE RISERVATA