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Editoriale Verona Èuropa

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Che cos’è una Verona europea? Una città può essere più o meno europea? Al giorno d’oggi, nel contesto della globalizzazione e della rete internazionale di scambi e di comunicazioni, per ogni città europea si pone la scelta sul modello di città a cui si vuole ambire. Evidentemente questa scelta spetta anche a Verona, che in questo mese di maggio, grazie soprattutto allo sforzo dell’Amministrazione comunale, festeggerà la Festa dell’Europa. È chiaro che già scegliere di riunire enti e associazioni per proporre a tutta la cittadinanza un mese con decine di eventi sui più svariati temi europei rappresenta una scelta ben precisa delle priorità che una città si pone.

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Questa scelta e la domanda sulla Verona europea si legano inestricabilmente con un’altra domanda: è possibile coniugare l’identità cittadina – vicina, evidente, tradizionale e quotidiana – con l’identità europea – lontana, nascosta e ideale?

Le risposte a queste due domande si intrecciano e dipendono strettamente l’una dall’altra. Senza un’identità e un sentire comune e diffuso, sarebbero inutili i tentativi di costruire una città di sguardo e stampo europeo. Allo stesso tempo, se l’identità locale vive anche dell’identità europea, il terreno per costruire una città europea sarà decisamente più fertile.

Ed è dall’aspetto dell’identità che si deve partire. Noi giovani federalisti europei viviamo contemporaneamente nella territorialità della sezione locale e nel respiro europeo di interessi, esperienze, viaggi e sogni. E fondiamo la nostra appartenenza su questo doppio livello. Così, ci sentiamo allo stesso tempo veronesi ed europei. E, magari, anche veneti e italiani. Noi la chiamiamo identità multilivello, nel senso che non troviamo conflitti fra le varie identità di cui ci sentiamo portatori e che sentiamo ugualmente parte di noi. Chi vive in Europa oggi, infatti, è pervaso da più livelli istituzionali e identitari: dal Comune e il paese di origine, fino al livello europeo, passando per regioni e stati nazionali. E questo contesto è meraviglioso: se si compie quel salto mentale che scardina l’idea dell’identità rigida e monolitica, si entra in un contesto culturale in cui le differenze si possono accostare senza passare dal conflitto; e in cui varie identità possono sommarsi e accumularsi senza annullarsi o limitarsi reciprocamente. Chi si sente veronese, allora, può sentirsi anche veneto, italiano ed europeo, perché fra i vari livelli non ci sono contrasti, ma ricchezza.

Una comunità cittadina che condivide questa visione può allora aprirsi a un orizzonte europeo. E qui entra in gioco il secondo aspetto di una città europea, quello dello stampo europeo che la città può darsi. Innanzitutto, i valori su cui si è fondata l’Europa dopo la Seconda guerra mondiale possono essere promossi anche a livello cittadino. Spesso si sente parlare di città aperta, in contrapposizione alla città chiusa. Ma la città aperta altro non è che una città che sceglie i valori che le società europee hanno posto al centro delle proprie Costituzioni a metà Novecento. In altre parole, quei valori che sono quanto di più condiviso fra i cittadini di tutti gli Stati (e le città) europee: la pace, la solidarietà, la dignità umana, l’uguaglianza e la libertà.

In seconda battuta, una città di stampo europeo è una città aperta agli esempi e alle contaminazioni delle esperienze internazionali. È una città che quando sceglie alza lo sguardo e cerca esempi positivi anche al di là delle Alpi. È una città che cerca le occasioni di finanziamento e che sa farsi trovare pronta per le opportunità di progetti e fondi a cui accedere. È una città che sa attrarre gli investimenti internazionali per creare lavoro e per dare più motivi ai propri giovani per restare. È una città che sa accogliere chi arriva da fuori, che costruisce un polo universitario internazionale e che offre opportunità agli studenti che la scelgono. È una città, infine, che mira a costruire collegamenti e vie di comunicazione con i poli strategici europei: e quale città meglio di Verona può approfittare della propria posizione geografica?

Aprirsi al livello europeo, dunque, non significa solamente perseguire ideali e valori che, per alcuni, non intaccano realmente la vita quotidiana dei cittadini (anche se, a questi, andrebbe risposto che libertà, uguaglianza e pace intaccano la vita delle persone molto più di una strada asfaltata). Aprirsi al livello europeo significa anche miglioramento della città nei suoi aspetti più concreti.

In conclusione, una Verona europea non è una Verona che deve estraniarsi dalla sua identità o dal contesto italiano, ma al contrario è una Verona che apre i propri orizzonti e che si affaccia, arricchendo le proprie peculiarità, sul vasto mare delle opportunità europee. È una questione di orizzonte e di stampo. È una città che non insegna ai propri giovani che tutto il mondo è racchiuso nelle mura cittadine, ma che sprona ad amare il proprio territorio e contemporaneamente a contaminarsi con quel che c’è fuori. È una città i cui cittadini possano definirsi veronesi e anche europei.

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