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La Festa dell'Europa: perché il 9 maggio?

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«LEuropa non è stata fatta: abbiamo avuto la guerra». Sono queste le tragiche parole che a Parigi il ministro degli Esteri francese Robert Schuman pronunciava nella sua celebre Dichiarazione. Era il 9 maggio 1950, la guerra era finalmente terminata, ma dell’Europa non restavano che le macerie. Decine di milioni di persone avevano perso la propria vita nel Secondo conflitto mondiale. Gli orrori causati dalla follia del nazionalismo e dei regimi totalitari erano ben evidenti nella consapevolezza collettiva. Grandi città erano state rase al suolo dai bombarda- menti e la fisionomia del continente era stata modificata in modo indelebile. Ogni cittadino europeo aveva provato sulla propria pelle la povertà e la fame.

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In Europa la guerra c’era sempre stata: l’odio nei confronti del Paese vicino era la norma. I confini, gli interessi economici, la volontà di essere più potenti dell’altro, di esserne superiori: questo aveva causato l’enorme tragedia. Il continente non conosceva la pace: i brevi periodi di tempo in cui non si impugnavano le armi erano più simili a delle tregue che a delle risoluzioni pacifiche definitive. Ci si preparava sempre al conflitto successivo, con una smania di rivalsa e vendetta che non lasciava spazio alla costruzione di un futuro comune. Questo fu bene evidente, ad esempio, al termine del Primo conflitto mondiale, con il Trattato di “pace” di Versailles, che di pacifico aveva ben poco. La Germania sconfitta andava punita, umiliata: i tedeschi non imbracciavano più le armi, ma restavano dei nemici. Con questa logica si ponevano le basi per il delirio autoritario e per il nuovo conflitto.

Questo non sarebbe più dovuto accadere; la guerra era un incubo che non doveva ripetersi. È con questa convinzione che i Paesi europei si mossero nel secondo dopoguerra. Bisognava ricostruire un intero continente; l’economia e i commerci dovevano riavviarsi. Era quindi necessaria una maggiore integrazione tra gli Stati europei. Nell’immediato dopoguerra, in tutta Europa, vi fu un pullulare di movimenti europeisti e federalisti, con l’appoggio di vari capi politici. Lo stesso Winston Churchill, protagonista della vittoria, sosteneva che si dovesse «ricostruire la famiglia europea per creare gli Stati Uniti d’Europa». Si iniziava ad affermare il sogno, già teorizzato nel celebre Manifesto di Ventotene del 1941, di un’Europa maggiormente integrata, di un’Europa unita.

Un ruolo determinante in tal senso fu giocato dagli Stati Uniti d’America, che con lo spauracchio che l’Europa potesse cadere sotto l’influenza sovietica, e con la necessità di un partner commerciale che assorbisse le esportazioni americane, promossero la cooperazione internazionale, intervenendo con un piano di aiuti per l’Europa. Lo European Recovery Program, meglio conosciuto come Piano Marshall, annunciato nel giugno 1947, imponeva che Stati europei collaborassero per ottenere i fondi con cui far ripartire l’economia. Si trattava di un primo passo per l’integrazione europea. L’anno dopo nacque l’Organizzazione Europea di Cooperazione Economica, un primo fondamentale luogo di incontro per i paesi europei. Da qui in poi vi furono una serie di tentativi di integrazione, un dialogo continuo che portò alla formulazione di vari negoziati e di proposte.

Era in questo contesto che Schuman tenne la sua Dichiarazione. Il testo del suo discorso fece storia, perché affermava con decisione la necessità di un’Europa organizzata come presupposto per una pace mondiale. Il ministro francese proponeva un qualcosa senza precedenti: la messa in comune della produzione franco-tedesca di carbone e acciaio «all’interno di un’organizzazione aperta agli altri Paesi europei e sotto la supervisione di un’Alta autorità, le cui decisioni avrebbero vincolato gli Stati membri». Questo non solo avrebbe messo fine alla disputa storica tra Francia e Germania sulle aree carbonifere al confine tra i due Paesi, come il bacino della Ruhr, ma rendeva materialmente impossibile una guerra futura tra Francia e Germania; inoltre, stabiliva delle basi comuni per lo sviluppo economico e alla ricostruzione. Ciò che però rende unico e fondamentale questo discorso è la proposta di istituire un’Alta Autorità con decisioni vincolanti per gli Stati aderen- ti. Si trattava, per la prima volta nella storia europea, della creazione di un organo sovranazionale, composto da «personalità indipendenti designate su base paritaria dai governi», a cui i singoli paesi dovevano sottostare. Nelle intenzioni di Schuman l’Alta Autorità avrebbe dovuto costituire «il primo nucleo concreto di una Federazione europea indispensabile al mantenimento della pace».

L’esito di questo discorso fu la firma nell’anno successivo, più precisamente il 18 aprile 1951, del Trattato di Parigi, con il quale si istituiva la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA). Essa segnava la prima tappa del processo di integrazione e andava a creare una nuova entità politica: l’Europa.

È interessante notare come a recepire questo discorso vi fossero una serie di personalità che, come chi lo recitava, condividevano il sogno di un’Europa unita, in una congiunzione straordinaria di intenti, che diede l’avvio al processo di integrazione. In Francia c’era Robert Schuman, in Germania Konrad Adenauer, in Italia Alcide De Gasperi: i padri fondatori dell’Europa. Loro tre, insieme a molti altri, credevano e volevano fermamente un’Europa federale: il processo di integrazione europea nacque con questa ferma volontà.

L’importanza della Dichiarazione Schuman sta in questo: al suo interno non troviamo una semplice proposta di integrazione, ma una promessa. La promessa di un’Europa di pace dopo secoli di guerre, di un’Europa unita in uno Stato Federale. Per questo la Festa dell’Europa si celebra ogni 9 maggio

Chissà cosa penserebbe Schuman dell’Europa di oggi. Di traguardi dal 1950, in questo del tutto singolare processo fatto di passi indietro ed enormi balzi avanti, ne sono stati raggiunti tanti: dai sei Paesi firmatari della CECA siamo diventati 27. Da nemici che eravamo, siamo divenuti Comunità Economica prima, e Unione Europea poi. L’Europa è oggi il più grande mercato integrato al mondo: abbiamo libertà di circolazione, per persone, beni, servizi e capitali. Abbiamo una Banca Centrale Europea che governa la politica monetaria; una moneta unica, l’Euro, in ben venti paesi. Abbiamo delle istituzioni comuni: la Commissione, il Consiglio e il Parlamento Europeo. Siamo cittadini europei, con tutte le tutele che ne derivano: abbiamo una Carta fondamentale dei diritti dell’Unione Europea.

E nonostante questo no, l’Europa non è stata fatta, o almeno non quella che i padri fondatori auspicavano. C’è ancora molto da fare per concludere il processo di integrazione e divenire una federazione con una politica estera unica e una politica fiscale comune; una federazione con un Parlamento dotato di maggiori poteri, in cui le logiche di forza dei singoli Stati vengano meno.

Festeggiamo il 9 maggio per essere consapevoli di com’era l’Europa prima della Dichiarazione Schuman, ma anche per ricordarci di portare a termine la promessa contenuta al suo interno.

diMartina Dal Dosso

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