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L’impatto della guerra russo-ucraina nel vicinato e non solo

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Lo scenario geopolitico muta in continuazione, essendo il risultato di continui cambiamenti nei rapporti di potere tra gli Stati, la cui posizione all’interno dello scacchiere internazionale, ovvero la cui potenza o fragilità, è data da scelte politiche interne, ma anche da fattori esterni, internazionali. Per capire questo, basta osservare l’impatto che l’invasione russa dell’Ucraina ha e sta ancora avendo a livello globale, tra gli stati e all’interno degli stati stessi. In particolare, lo scoppio di una guerra la cui posizione geografica sembra voler indicare il netto confine tra il mondo occidentale liberal-democratico e quello ex-sovietico illiberale ha provocato prese di posizione ben visibili, seppur contrastanti, negli stati vicini. I casi della Moldavia e della Georgia sono eloquenti.

Una breve panoramica delle spaccature politiche interne in Georgia e in Moldavia

Innanzitutto, per avere maggiore chiarezza, è bene ricordare alcune caratteristiche che accomunano questi stati: entrambi i paesi sono stati repubbliche socialiste sovietiche e quindi ex membri dell’URSS, la cui dissoluzione ha portato alla loro dichiarazione di indipendenza e alla loro nascita come Repubbliche. Inoltre, entrambi gli stati hanno dovuto far fronte a condizioni economiche limitate e precarie e ad un insieme di valori democratici che non hanno avuto modo di maturare, essendo stati soffocati dal regime socialista.

I sentimenti politici presenti all’interno dei due paesi possono essere raffigurati come spaccati a metà. Da un lato, infatti, vi è la presenza di forze politiche che richiamano la necessità di mantenere forti i rapporti politico-economici con la Federazione Russa, già influente sulle azioni interne grazie ai suoi legami con i partiti socialisti dei rispettivi paesi. A titolo di esempio, basti pensare al supporto della Russia alle autoproclamate repubbliche di Abkhazia e Ossezia del Sud durante e dopo il conflitto contro la Georgia del 2008 o alle manifestazioni filo-russe organizzate dal partito populista e fortemente euroscettico Sor a Chisinau il mese scorso, risultato dell’influenza russa e della capacità di orchestrare manifestazioni, in cui della volontà del popolo moldavo c’è gran poco.

Dall’altro lato invece fa da contraltare la presenza di partiti e figure politiche che condividono valori democratici e che sono dichiaratamente europeisti, come il partito liberale moldavo Pas, sostenitore dell’attuale presidente della Repubblica, Maia Sandu, che fin dall’inizio della sua presidenza non ha esitato a rafforzare i rapporti con l’UE e altri stati occidentali, come gli USA, attori fondamentali nel fornire sostegno economico e nel contribuire alla sensibilizzazione e alla diffusione di valori democratici nel paese. In parallelo, la presidente georgiana Salome Zurabishvili, opponendosi alle forze filo-russe, ha manifestato preoccupazione a seguito dell’invasione russa, temendo che il prossimo stato invaso potrebbe essere, appunto, la Georgia.

Con uno sguardo all’attualità dei fatti, in particolare dopo lo stravolgimento degli equilibri di potere internazionali scaturiti dalle azioni russe e dalle reazioni ucraine sul proprio territorio, la presidenza di turno del Consiglio dell’UE si è trovata di fronte a tre richieste di adesione all’Unione Europea, da parte di tre stati ad essa vicini: Ucraina, Moldavia e Georgia. Tra questi, a giugno 2022, Ucraina e Moldavia hanno anche ricevuto dal Consiglio Europeo lo status di candidato per l’ingresso nell’UE: questo insieme di azioni, circoscritte nel tempo e nello spazio, esprimono una presa di posizione chiara da parte dei tre stati, che, nonostante le spaccature interne a livello di sentimenti politici, sono propensi a voler condividere un futuro nell’Unione Europea e a voler dare un’impronta democratica al proprio sistema politico. La netta presa di posizione del popolo georgiano, in particolare, è riuscita a colpire il mondo occidentale: pur non essendo paragonabile alla resistenza ucraina militare e civile, possiamo trovare anche in Georgia una forma di resistenza anti-russa, risultato della volontà di opporsi a decisioni contrarie ai valori democratici

Dopo un anno esatto, infatti, il desiderio di appartenenza europea da parte del popolo georgiano si è potuto sentire e percepire anche a distanza, grazie alla determinazione che traspare dai volti di chi è sceso in piazza a Tbilisi a manifestare contro l’adozione in prima lettura da parte del Parlamento georgiano della legge sulla “trasparenza dell’influenza straniera”. Per capire brevemente di cosa si tratta basti ricordare che l’entrata in vigore di tale legge prevederebbe la registrazione di tutte le organizzazioni che ricevono più del 20 per cento dei loro finanziamenti dall’estero come “agente straniero” e influirebbe negativamente sulle libertà e sui diritti fondamentali del paese. Si tratta tra l’altro di una proposta di legge di influenza putiniana: la Russia infatti già dal 2022 ha ampliato l’utilizzo politico dell’etichetta ‘agente straniero’, utilizzata dal 2012 per colpire media indipendenti e Ong.

Come si è potuto notare dalla diffusione immediata della notizia e come testimoniato dalla potenza delle fotografie scattate in piazza a Tbilisi, l’approvazione parlamentare di questa legge ha suscitato un forte malcontento tra i georgiani, le cui manifestazioni europeiste sono anche degenerate in decine di arresti, e hanno visto la polizia anti-sommossa usare i cannoni ad acqua contro i civili. Tra questi, Nana Malashkia, come immortalato dalla fotografia che ha fatto il giro del mondo rendendo la donna l’icona della protesta, con quel gesto di resistenza, mentre regge la bandiera dell’Unione respinta dal getto forte dell’acqua, mostra al mondo la presenza del forte sentimento di appartenenza dei georgiani ai valori comunitari. Lo stesso ha fatto la presidente Salome Zurabishvili con le sue parole, dichiarando l’intenzione di porre il veto sulla legge in questione.

Si può notare nuovamente come all’interno dello stesso paese forze contrapposte si oppongano, suscitando a loro volta reazioni esterne: è stata immediata, infatti, la risposta preoccupata da parte dell’UE nei confronti della possibile nuova legge in Georgia, che, secondo Joseph Borrell, alto rappresentante UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza, rischia di avere un impatto negativo sulla società civile, nonché sulle relazioni del paese con l’Unione stessa. D’altro canto lo stesso presidente del consiglio dell’Unione europea, Charles Michel, ha mostrato il suo supporto nei confronti dei manifestanti georgiani, ribadendo come il diritto alla protesta pacifica sia un elemento chiave per la democrazia.

Per concludere, le tensioni geopolitiche non sono sconnesse dalle dinamiche interne agli stati, anch’essi caratterizzati da rapporti di forza endogeni, che, parallelamente ai fattori esterni ad essi, rendono complessi i tentativi di comprensione delle dinamiche internazionali. È buona prassi dunque avvalersi di lente di ingrandimento e senso critico per tentare di analizzare i fatti in un’ottica onnicomprensiva, che non tralascia né i processi interni e nemmeno quelli esterni. Così facendo, il qui ed ora diventa più comprensibile, fornendo più strumenti per poter costruire il tempo e lo spazio futuri, a cui tutti prendiamo attivamente parte.

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