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Due chiacchiere con Amnesty Verona

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Oggi abbiamo il piacere di intervistare Silvia Savoia, responsabile di Amnesty International Verona, organizzazione internazionale impegnata nella difesa dei diritti umani.

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Ciao Silvia, vorresti spiegarci quali sono le campagne portate avanti da Amnesty International e come intendete affrontare le ingiustizie a livello globale?

«In Italia e nel mondo i diritti umani sono sempre più spesso in pericolo, ed è per questo che Amnesty International svolge un lavoro di ricerca, sensibilizzazione e informazione per tenere i riflettori accesi sulle ingiustizie. Grazie all'azione dell'organizzazione, si vuole coinvolgere l'opinione pubblica per sensibilizzare i governi e le istituzioni sulla necessità di porre fine a tutte le forme di ingiustizia. Al momento, Amnesty International sta portando avanti diciotto campagne, tra cui spiccano "Proteggo la protesta", che mira a sfidare gli attacchi internazionali e diffusi alle mobilitazioni pacifiche, offrendo sostegno alle persone coinvolte nelle proteste; "Cambiamenti climatici e diritti umani", che si propone di contrastare i danni provocati dal cambiamento climatico e richiede un'azione immediata e su larga scala per proteggere la sopravvivenza delle generazioni future; e "#iolochiedo", una campagna finalizzata all'adeguamento della legislazione e alla promozione di un forte cambiamento culturale, al fine di rendere chiaro che il sesso senza consenso è stupro. Molte delle nostre campagne trovano corrispondenza nell’agenda 2030 dei Sustainable Development Goals (SDGs)».

Riguardo agli SDGs per il 2030, potresti parlarcene un po’ di più?

«Certamente! Gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, così come definiti dalle Nazioni Unite nel 2015, mirano a raggiungere un futuro migliore e più sostenibile per tutti entro il 2030. In questo senso, dunque, rappresentano un’ulteriore conferma di quanto abbracciato da Amnesty International e portato avanti, in termini di lotte e campagne di sensibilizzazione, negli ultimi decenni. Uno di questi obiettivi (il quinto), ad esempio, riguarda la parità di genere e l'autodeterminazione di tutte le donne e ragazze, sia in modo trasversale che specifico. Per raggiungere tale obiettivo, è necessario eliminare ogni forma di violenza contro le donne e le bambine, compreso il traffico di donne e lo sfruttamento sessuale, riconoscere e valorizzare il lavoro domestico non retribuito e la cura, eliminare ogni pratica abusiva come il matrimonio combinato, il fenomeno delle spose bambine e le mutilazioni genitali femminili, nonché garantire la partecipazione piena ed effettiva delle donne e pari opportunità di leadership a tutti i livelli decisionali in ambito politico, economico e della vita pubblica. Tutti elementi che ritroviamo nella missione di Amnesty International».

Parlando della condizione femminile, non possiamo non pensare a quanto sta accadendo in Iran. Qual è la posizione di Amnesty?

«Ovviamente sosteniamo la lotta delle donne e degli uomini in Iran e chiediamo con loro l'abrogazione immediata dell'articolo 638 del Codice penale islamico, che obbliga le donne a indossare il velo in pubblico, la fine della repressione violenta e letale delle proteste e la fine dell’impunità delle autorità iraniane. Le donne in Iran sono quotidianamente sottoposte a molestie, detenzioni arbitrarie, aggressioni equiparabili a tortura da parte della polizia “morale”, delle forze paramilitari e di quella parte di popolazione che si sente tutelata dal sistema autoritario iraniano nel perpetuare atteggiamenti violenti e discriminatori. Alle donne viene inoltre negato l’accesso all’istruzione, all’impiego e agli spazi pubblici come aeroporti, campus universitari, centri ricreativi, ospedali ed uffici governativi. Questa condizione si è ulteriormente aggravata dall’uccisione di Mahsa Amini, avvenuta il 16 settembre 2022 e dalle proteste che da allora infiammano il paese».

Mi hai menzionato la campagna #iolochiedo, di cosa si tratta?

«Il concetto di base è semplice: "Il sesso senza consenso è stupro". Anche se ad alcuni può sembrare banale, è bene ricordare che, in Italia, il Codice penale definisce lo stupro solo in base all'uso della violenza, della forza, della minaccia di uso della forza o della co- ercizione, senza menzionare il consenso. A livello legislativo, questo cambio di paradigma è stato proposto e adottato dal Consiglio d’Europa nel 2011 all’interno della “convezione di Istanbul”, un trattato internazionale volto all’eliminazione della violenza contro le donne, spesso considerato come riferimento nella lotta contro la violenza di genere.

Nonostante siano trascorsi più di 10 anni, ad oggi, solo 9 dei 31 paesi europei hanno emesso leggi in linea con tale convenzione (tra cui quelle che definiscono lo stupro come assenza di consenso) e anche il nostro Paese, per avendo ratificato la convenzione di Istanbul nel 2014, manca ancora di un aggiornamento della legge. Questo non è solo un aspetto di forma, ma interessa la vita di molte donne che, pur vittime di stupro, non sono messe in condizione di chiedere giustizia e di denunciare l’avvenuto rapporto non consensuale alla polizia in quanto privo di violenza fisica».

Un altro tema caldo è l’immigrazione, come si pone Amnesty International?

«Negli ultimi anni, diversi paesi hanno prestato sempre più attenzione all'esternalizzazione delle politiche migratorie. Questa pratica può assumere diverse forme, come accordi formali o disposizioni informali all'interno di quadri di cooperazione, accordi diplomatici, progetti e programmi tra gli stati. Amnesty International ritiene che l'esternalizzazione delle frontiere e delle procedure di asilo ponga un rischio significativo per i diritti umani. Anche l’Italia sta attraversando un periodo di grande cambiamento nel sistema di accoglienza per richiedenti asilo e beneficiari di protezione internazionale, caratterizzato da procedure di accoglienza più rigide, la cancellazione della protezione umanitaria e tagli ai finanziamenti. I decreti sicurezza hanno peggiorato il sistema di accoglienza in Italia, generando ghettizzazione e povertà economica e sociale, con un aumento delle vittime dello sfruttamento lavorativo e delle attività criminali. Anche le politiche europee per la chiusura della rotta del Mediterraneo centrale hanno avuto un impatto devastante sui rifugiati e sui migranti, causando morti in mare e portando alla deriva le persone in cerca di salvezza. Amnesty International ha denunciato il comportamento crudele della polizia croata lungo la rotta balcanica e l’accordo UE-Turchia che ha intrappolato migliaia di persone in condizioni disperate sui campi delle isole greche».

Cosa fate a livello locale?

«Siamo molto attivi sia sui social che nei luoghi di incontro. A Verona, il nostro gruppo collabora con diverse associazioni locali per sensibilizzare la popolazione e le istituzioni sull'importante tema delle proteste in Iran. A livello pratico questo si traduce nell'organizzazione di numerosi presidi e nella promozione dell'educazione ai diritti umani nelle scuole di ogni ordine e grado, anche attraverso l'organizzazione di conferenze e incontri. In linea con la campagna di Amnesty #iolochiedo, portiamo in diverse realtà la mostra "Com'eri vestita?", in collaborazione con l'associazione "Isolina e...", per combattere il pregiudizio secondo cui lo stupro sia causato dal modo in cui le donne si vestono. L'ultimo evento organizzato dal nostro gruppo è stato il convegno intitolato “Nella rete… io non ci casco”, in collaborazione con l’Università di Verona, in merito al tema del bullismo e del cyber-bullismo».

In conclusione, è fondamentale ribadire che la difesa dei diritti umani rappresenta un pilastro imprescindibile dell'Unione Europea. La Carta dei diritti fondamentali dell'UE sancisce l'uguaglianza, la libertà, la solidarietà e la dignità umana come valori fondamentali dell'UE, che devono essere tutelati in ogni ambito. È quindi compito di tutti noi, come cittadini europei, di agire in modo responsabile e contribuire alla promozione e alla salvaguardia dei diritti umani, a partire dalle nostre comunità locali. Speriamo che il lavoro di Amnesty possa ispirare altre organizzazioni e governi a impegnarsi a difendere i diritti fondamentali di tutti.

diLaura Spazzini

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