Rivista arti marziali cintura nera budo international marzo 2014

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TIRO CON L’ARCO ISTINTIVO A CAVALLO

WU SHU & CINEMA Dopo aver praticato e gareggiato per anni in Ucraina e in Europa, ho sentito il desiderio di migliorare le mie Arti Marziali in termini di autenticità. Ho sentito da molto tempo che c’è qualcosa che noi (noi bianchi) non riusciamo a comprendere completamente del Wu Shu (parlando delle arti marziali cinesi in particolare).

Il Tiro con L’Arco a cavallo è un’arte marziale unica che combina queste due immagini. Il cavallo in questo caso è uno specchio importante per riflettere le proprie capacità e realizzare un allenamento intensivo con un compagno. I cavalli vivono e si interagiscono a un livello non verbale, il cavallo riconosce le vere motivazioni della persona e i movimenti del corpo.

SGM CACOY CANETE Ogni sport o arte marziale possiede i suoi grandi esempi. Mohammed Alì nella Boxe o Helio Gracie nel Jiu Jitsu brasiliano sono che leggende ispirano milioni di p e r s o n e . Nell’Eskrima si può di Cacoy dire Canete. Le sue capacità sono così eccezionali che questa leggenda vivente di 95 anni e 12°Dan nel Doce Pares riesce ancora a stupirci. Ciò che molta gente non sa è che lui ha anche alti gradi in altre discipline. Possiede l’8°Dan di Jiu Jitsu, Judo e 6°Dan nell’Aikido e Karate.

KNIFE FIGHTING CONCEPT

COMBAT HAPKIDO Personalmente, quella che credo sia la ragione più convincente per fare training e crosscomprendere lo Yin e lo Yang, è l’apprendimento della difesa personale più efficace possible. Per questo, nel mio viaggio ultraquarantennale, mi sono sempre sforzato di essere coerente a certi principi che considero essenziali per qualsiasi vero Maestro.

TRADIZIONE SHIZEN – UN VIAGGIO IN UNA STORIA MAI RACCONTATA invitiamo il lettore a conoscere alcune di quelle storie così come furono tramandate, come un ascoltatore in un cerchio, a leggere di un racconto o di un mito, poichè non possiamo offrire nulla che sia documentabile a eccezione di una cultura comune alle antiche leggende del territorio giapponese che, aldilà del fatto che ancora sopravvivano, sono state contaminate e adattate nel corso dei secoli.

Negli ultimi mesi abbiamo potuto leggere del SDS Concept e del Tomahawk Fighting Concept. In questo numero parlerò del combattimento col coltello, un altro sistema, il SAMI. Come gli altri due, il Sistema di Combattimento con è un Coltello sistema primario di combattimento t o t a l m e n t e indipendente, che si fonda su principi e concetti di lotta. Il coltello è uno degli oggetti culturalmente più antichi. La difesa contro attacchi da coltello, sta attirando sempre più attenzioni nel mondo delle arti marziali.

BRAZILIAN JIU JITSU Nell’accademia specializzata di lotta, BJJ/Grappling, MMA e K1 “Mecas Academy” di Marcos S.Sarsa, abbiamo avuto la fortuna di chiudere l’anno vecchio con la sempre piacevole presenza del geniale maestro di Brazilian Jiu Jitsu, Gil Catarino; è la terza volta in 2 anni che questo curioso brasiliano, cintura nera 4°Dan, viene a Madrid per impartire un altro dei suoi eccellenti stage e supervisionare i progressi degli assistenti istruttori e garantire agli stessi un promettente futuro di alto livello.

UN GIORNALE SENZA FRONTIERE

BUDO INTERNATIONAL NEL MONDO

Budo International è senza alcun dubbio la rivista di Arti Marziali più internazionale del mondo. Siamo convinti di vivere in un mondo aperto. Gli unici confini sono quelli che la nostra mente vuole accettare. Così costruiamo, mese dopo mese, una rivista senza frontiere, dove ci sia spazio per tutte le informazioni che interessano ai praticanti, qualunque sia il loro stile.

Budo International è un gruppo editoriale internazionale che lavora nell’ambito delle Arti Marziali. Raggruppa le migliori aziende che lavorano nel settore ed è l’unica rivista al mondo pubblicata in sette lingue diverse e che viene diffusa in oltre 55 Paesi di tre continenti tra cui: Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Germania, Inghilterra, Stati Uniti, Australia, Svizzera, Olanda, Belgio, Croazia, Argentina, Brasile, Cile, Uruguay, Messico, Perù, Bolivia, Marocco, Venezuela, Canada, Senegal, Costa d’Avorio…


E-BUNTO I sacerdoti e sciamani Shizen, i Miryoku, dedicarono tutta la loro vita per rispondere affermativamente a questa domanda. Partendo dal dubbio, invece di farlo dalla certezza o dalla fede, le loro conquiste sul piano spirituale resero le loro conoscenze un tesoro unico e duraturo, esattamente per il loro impegno nel guardare l’inconcepibile con occhi e mente aperti, per subito dopo dimostrare le loro scoperte attraverso il linguaggio dei fatti.

SHAOLIN HUNG GAR KUNG FU Nel mondo delle arti marziali ci sono molti stili e sistemi che hanno storie che si assomigliano. E se analizziamo le storie, molto presto possiamo vedere che molti di loro hanno le stesse origini. Uno dei in luoghi in cui tutto ciò accade è senza dubbio la Cina, nel caso dei famosi templi del Kung Fu. I due più famosi erano quello del nord e quello del sud.

JEET KUNE DO

Rick Faye è l’istruttore capo del Gruppo Kali del Minnesota (MKG), è stato allievo e istruttore per oltre 25 anni, uno dei cinque Istruttori Superiori, di Guru Dan Inosanto, l’unico fuori dallo stato della California; il suo curriculum a livello marziale è davvero impressionante. Il quartier generale della scuola è a Minneapolis, MN, in cui conta più di 150 allievi e numerosi istruttori.

PAOLO CANGELOSI KAPAP Il KAPAP (Krav Panim El Panim) è un’arte marziale israeliana che oggi è riconosciuta a livello internazionale, che è sorta come un ponte tra vari sistemi marziali. Il KAPAP fu unificato quando venni scelto per diventare un istruttore dell’unità YAMAM, una unità superiore israeliana che opera contro il terrorismo.

I personaggi marziali della mia vita. Paolo Cangelosi, un uomo impeccabile. Conobbi Paolo Cangelosi molti anni fa, eravamo parecchio più giovani ma non ricordo esattamente la data, la mia memoria è orribile, però ricordo bene il momento e le circostanze. Molte volte Paolo è venuto a Madrid per registrare una serie di magnifici video, i suoi articoli hanno dato lustro a questa rivista e sono stati al centro dell’attenzione dei nostri lettori più appassionati delle tradizioni marziali Cinesi. La versatilità e l’enorme patrimonio di conoscenze di Paolo sono stati bersaglio di molti ignoranti. Proprio così, Paolo ha dovuto sopportare un sacco di invidie e critiche; al giorno d’oggi, il tempo ha messo tutte le cose al suo posto.

MARCO COSTAGUTA WINGTSUN Una delle prime cose che abbiamo fatto quando fondammo la TAOWS Academy fu di costruire dei ponti di collegamento con altri rami o scuole di Wing Chun. Tutto ciò, impensabile poco tempo addietro, ci ha fornito non soltanto delle nozioni su aspetti sconosciuti della stessa arte, ma anche un ambiente di cameratismo eccezionale, di rispetto tra artisti marziali. In definitiva, un ambiente da Kung Fu.

WENG CHUN KUNG FU L’Associazione Internazionale di Weng Chun Kung Fu diretta dal Gran Maestro Andreas Hoffmann annuncia l’inaugurazione ufficiale del primo tempio Weng Chun di tutto il mondo. Così come il tempio Shaolin del Sud situato nel sud della Cina, il nostro nuovo tempio è posto nella costa sud del Mediterraneo in Italia, nel centro turistico Rama Beach Cafè, nei pressi della città di Napoli.

Nella splendida cornice della antica citt marinara, si tenuto il Gala THE HERO, che ha portato alcune inte ressanti no vit , oltre che dal punto di vist marziale, anche da quello cultura ed etnico. CINTURA NERA era l pe testimoniare l evento nella perso di Nicola Pastorino che ha strapp una breve intervista al super -imp gnato Marco Costaguta.

Direttore editoriale: Alfredo Tucci, e-mail: budo@budointernational.com. Facebook: http://www.facebook.com/BudoInternationalItalia. Traduttore: Leandro Bocchicchio. Pubblicità e Redazione: Nicola Pastorino, e-mail: budoitalia@gmail.com Hanno collaborato: Don Wilson, Yoshimitsu Yamada, Cass Magda, Antonio Espinós, Jim Wagner, Coronel Sanchís, Marco de Cesaris, Lilla Distéfano, Maurizio Maltese, Bob Dubljanin, Marc Denny, Salvador Herraiz, Shi de Yang, Sri Dinesh, Carlos Zerpa, Omar Martínez, Manu, Patrick Levet, Mike Anderson, Boulahfa Mimoum, Víctor Gutiérrez, Franco Vacirca, Bill Newman, José Mª Pujadas, Paolo Cangelosi, Emilio Alpanseque, Huang Aguilar, Sueyoshi Akeshi, Marcelo Pires, Angel García, Juan Díaz. Fotografi: Carlos Contreras, Alfredo Tucci.


"Il senso della vita è trovare il tuo dono. Lo scopo della vita è regalarlo". Pablo Picasso uando le cose girano sul loro asse naturale, si produce l'inversione. L'inversione è un fenomeno che precede ogni disastro, perché non si può camminare con la testa, né pensare con i piedi. Ignorata dalla maggioranza, l'inversione è presente nella nostra società su tutti i piani. Per andare avanti, devono spingere dietro; le piramidi devono essere ampie alla base. L’anteriore deve sottostare e alimentare il posteriore e il basilare il più elaborato. Quando si produce il fenomeno inverso, troviamo piramidi di popolazioni nelle quali nasce meno gente di quella che muore, come succede in Europa. I bambini iniziano a essere un bene scarso e il loro valore come gruppo comincia ad aumentare. Anticamente i bambini si generavano in quantità perché erano manodopera per la famiglia ed anche perché morivano come mosche. Ognuno doveva farsi largo nella lotta per il suo pane e il suo posto. Loro non erano il centro, bensì la base. Oggigiorno i bambini non mantengono i loro anziani bensì è il contrario; i giovani non escono da casa fino ai venticinque anni o più, dipendenti dai loro genitori e senza lavoro. E dicono che è la generazione più preparata! Sfortunatamente "sapere cose" non è essere preparato. Essere preparati è uno stato di spirito, di coraggio; è determinazione, è disposizione e forza per lottare; ma, quale disposizione possiamo sperare da chi è stato così viziato? Genitori stressati con sensi di colpa per non dedicare tempo ai loro figli, li riempiono di regali in un ambiente di consenso; dare per compensare questo sentimento al posto di esigere, non porre limiti effettivi, i bambini moderni, per il loro estremo valore, sono stati iper protetti e quindi debilitati. Se non hai lottato per le cose, come puoi stimarle? Mettere il carro davanti ai buoi porta a questo, ma chi poteva astrarsi nel suo tempo e vedere quello che stava succedendo? Chi poteva percepire i risultati dell’effetto d’inversione delle forze? L’intera società è immersa in tempi d’inversione delle forze e risponde a questa grande bolla spazio temporale nella quale siamo tutti coinvolti. Nessuno può astrarsi dall'ambiente, però sì, attraverso l'essere cosciente e con intrepido sforzo, mantenere la lucidità e agire di conseguenza sapendo, questo sì, che si nuoterà contro corrente, perché tutto spinge in direzione opposta. Le società moderne mettono l'accento sull'individuo, non sul gruppo, come succedeva nel tribale. L'egoismo estremo giustifica tutto e si pone come unico comandamento e valore delle società postindustriali; tutto vale, il trionfo economico si glorifica come unica ragione, non importa a che costo, né come. Benché l'accento fosse sul gruppo, le società antiche possedevano un’organizzazione che paradossalmente facilitava la realizzazione dell'individuo. L'alienazione e le malattie mentali sono un simbolo di questa modernità che non fornisce ai giovani i giusti e necessari riti di

Q

"Qualunque tempo scorso fu anteriore". Les Luthiers

passaggio per inserirsi in modo sano nella società, crescendo con valori positivi e salutari. Queste giuste difficoltà che premiano la virilità, la lealtà e le virtù eterne di rispetto e onestà, sono definitivamente antiquate. L'orgoglio di corrispondere a qualcosa di buono e giusto per il gruppo, di occupare un posto in esso e guadagnare l'approvazione degli anziani, è qualcosa d’impensabile. I vecchi erano ascoltati e riveriti, il giovane sentiva l’orgoglio di superare le sue prove e guadagnare il suo posto nel gruppo. Non c'erano problemi di disoccupazione, perché c'era molto da fare, come oggi, ma il modo di retribuirlo si è arroccato nell'assurdo e nell'ingiustizia. L'offerta e la domanda si sono alterate e non si basano su beni e necessità reali, bensì fittizie. Il sistema sta cedendo e trasformandosi in qualcosa d’insano, di conseguenza la piramide della ricchezza si ostina a stabilirsi in triangoli ogni volta più stretti e allungati lasciando la base senza sostegno. L’1% della popolazione mondiale possiede la metà della ricchezza del pianeta, le classi medie, il gran trionfo delle società Occidentali, si degradano in modo rapido, impoverite e schiacciate sotto imposizioni sempre maggiori per sostenere stati che hanno smesso di servire il cittadino da tempo; convertiti in mostri insaziabili, praticano l'autofagia sotto la promessa del bene-stare, e producono solo leggi su leggi, coartando la libertà dell'individuo che pretendono di difendere. Di fronte alla società del ben fare, o del bene essere, le società del bene-stare definiscono come propria reputazione, quello che è il loro proclama essenziale: state calmi! Non muovetevi, lasciateci fare! Ci occupiamo noi di tutto! State comodi! Deliziatevi dei vostri "diritti”... Abbiamo messo la volpe a guardare le galline in un paradiso artificiale e insostenibile. Che cosa possiamo sperare? La comodità porta alla scomodità, la facilità alla difficoltà, se vuoi distruggere qualcosa, devi solo facilitarla. Senza etica il potere porta solo corruzione; le basi dell'ingiustizia sorgono dalla natura stessa delle cose, quando sono male dirette. Non possiamo incolpare nessuno di agire come tutti stiamo agendo. Il problema non si risolverà con ritocchi, né ideologie, rivoluzione o utopie, perché finché non cambia l'individuo e la sua consapevolezza, non cambierà il gruppo; la base stessa della nostra educazione si basa su criteri quantitativi piuttosto che qualitativi, perché il quadro sociale funziona su criteri d’inversione dei valori, e perché la lucidità, al contrario della stoltezza, che campa a suo agio e senza limiti, è un tesoro che si ottiene solo con lo sforzo e questo, è mal visto. Non siamo stati allenati per esso. Chi potrebbe incolpare i più giovani di ciò? Io ho diritto di ... ma non obblighi per... Abbiamo fatto la dichiarazione dei diritti umani, ma non quella dei doveri... tocchiamo un punto, mettiamo tutto lì, niente nell'opposto... la bilancia naturalmente si squilibrerà... non è tempo di piangere per i diritti, bensì di comprendere i doveri, di andare più in là delle ovvie ragioni, di comprendere quanto è profondo è il


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dilemma, di sapere che camminiamo nel divisorio dei tempi. La risposta ora non è nel gruppo, bensì nell'individuo. Se siamo esseri spirituali che vivono una vita materiale, possiamo svegliarci ad altre dimensioni dell'essere, perché compiendo propositi superiori, l’inferiore per forza entrerà in concordanza; perché per tanto che ci sia inversione dei poli, la grande legge tende a organizzarsi in accordo alla sua stessa natura, ma in un piano superiore, solo così si realizzerà per sempre, l’inferiore alimenterà il superiore, l’anteriore il posteriore, fino al collasso del tempo. I nostri tempi personali tuttavia sono piccoli, la vita è un sospiro, vedere oltre, sfruttare ogni istante per compiere processi superiori nell'evoluzione individuale, è la migliore risposta alle convulsioni che viviamo, perché in questo piano, non c'è uscita, nessuno esce vivo dalla vita. Solamente trascendendo possiamo sfruttare le turbolenze di questi tempi, per svegliarci a qualcosa di più grande, per vedere oltre l’evidente, per transitare in piani di consapevolezza superiori. La mia guerra non è di questo mondo, neppure di coloro che in questo mondo segnarono le differenze, tuttavia qui siamo e bisogna vivere, meglio con lucidità e con strumenti per sapere che si cuoce e non si viene cotti.

Alfredo Tucci es Director Gerente de BUDO INTERNATIONAL PUBLISHING CO. e-mail:budo@budointernational.com


Passato, presente e futuro nel WingTsun. TAOWS Academy Passato... Sono passati tre anni da quando, insieme a un team di miei istruttori, decisi di fondare la TAOWS Academy. Devo riconoscere che all’inizio non sapevamo molto bene cosa volevamo essere, ma avevamo assolutamente chiaro ciò che NON volemamo essere. Quando prendemmo questa decisione, che supponeva di non continuare con le linee che aveva tracciato il mio Sifu e Sigung e che dopo diverse dispute personali portarono alla separazione dei loro pecorsi e quindi dei “nostri percorsi”, sia io che la mia equipe di insegnanti più vicini decidemmo di creare qualcosa di cui sentirsi orgogliosi quando il trascorrere degli anni ci avrebbe obbligato a guardare indietro, al nostro passato. Ma non è il momento di vantarsi troppo. Appena tre anni non significa nulla nel panorama odierno e nella storia delle Arti Marziali, ma posso dire, senza remore, che siamo alquanto contenti e orgogliosi dell’evoluzione e la direzione che abbiamo intrapreso attualmente. Decidemmo di chiamare la nostra associazione TAOWS Academy in onore a uno dei miei libri caposaldo: “L’Arte della Guerra del

“Una delle grandezze del Wing Tsun è che possiede un principio e una fine a livello tecnico: “Siu Nin Tao, Cham Kiu Tao, Biu Tze Tao, Muk Yan Chong, Bart Cham Dao e Luk Dim Boon Kuan”


WingTsun


“Il Wing Tsun è un eccellente stile di boxe cinese, che consente di dedicare tutta una vita all’allenamento e alla crescita completa del praticante”

“Sebbene riceva queste domande quasi quotidianamente, la mia risposta è sempre la stessa: Pratico Wing Tsun “senza nessuna etichetta”!”


WingTsun generale Sun Tzu. È un libro molto ispiratore per me e che fa parte di quelli più letti e studiati dal sottoscritto. Devo ammettere che questo libro è stato un’opera molto importante nella mia formazione in tutti questi anni di studio delle Arti Marziali e anche una eccellente fonte di apprendimento sul comportamento delle persone e della società in generale. Tutt’ora continuo a scoprire dei piccoli dettagli che non avevo ancora captato nelle precedenti 100 letture... “L’Arte della Guerra” del generale Sun Tzu è uno dei libri rappresentativi di una saggezza antica quantomai valida al giorno d’oggi. Senza tempo. Il suo nome in lingua inglese “The Art Of War Society” ha ispirato quello della mia scuola (TAOWS Academy). Sebbene in principio le nostre motivazioni non andassero oltre il potersi allenare sotto l’egida di un’associazione che unisse gli interessi di praticanti di WingTsun e di altri sistemi di Arti Marziali, il nostro progetto, la filosofia o la stessa idiosincrasia della nostra associazione, hanno poi generato una dinamica della quale andiamo particolarmente fieri. La quantità di maestri, scuole, praticanti o simpatizzanti che si uniscono al nostro progetto o che ci manifestano il loro consenso e supporto, sono per noi una motivazione ulteriore per continuare a studiare, ad allenarsi e a indagare in merito a questa antica arte da combattimento. Per più di quindici anni ho fatto parte della associazione più importante del mondo. Sono stato parte attiva del processo promozione ed espansione dell’organizzazione nel mio paese e sono stato formato direttamente dal mio Sifu, che ho accompagnato nei suoi numerosi viaggi in tutta Europa per insegnare WT. Gli sono molto grato per tutti i suoi insegnamenti e

inutile dire anche assai influenzato dal suo modo di concepire questo stile di lotta. Ho cercato in ogni momento di imparare tutto ciò che di buono mi hanno insegnato i miei maestri e mi sono adoperato molto per comprendere la natura delle tecniche, le tattiche, le strutture e i metodi di trasmissione che tanto successo avevano procurato a questa associazione, che in meno di trent’anni, grazie a tutto ciò, aveva posto uno stile praticamente sconosciuto in Europa, all’avanguardia tra gli stili che sono centrati nella “difesa personale”. Parlo in questi termini perchè per molti anni, il WingTsun è stato venduto come: Il miglior stile di Difesa Personale che esiste... Credo che è una definizione abbastanza pericolosa, sia nel tono (un tantino magniloquente) che per il contesto in cui fu collocata. Quando parliamo di Difesa


“Per quanto adesso i grandi “guru” di questo stile si impegnino nel continuare a vendere etichette ai loro seguaci e a parlare di sistemi personale, mettiamo il WT in una sorta di calderone in cui si trova un pò di tutto. Ma, a mio avviso, il WingTsun ci può offrire molte più cose che la sola capacità di difenderci tramite dei semplici “trucchetti”. Porre di nuovo il WingTSun in tale contesto, credo che abbia provocato dei considerevoli problemi di identità. Il Wing Tsun è un eccellente stile di boxe cinese, che consente di dedicare tutta una vita all’allenamento e alla crescita completa del praticante. In tutti questi anni, ho avuto l’opportunità di conoscere eccellenti insegnanti, magnifici combattenti e persone eccezionali. Molti hanno mollato e la cosa peggiore è che lo hanno fatto con una sensazione molto negativa, perchè erano sicuri che questo stile potesse dare molto di più di quanto stava facendo. E’ solo difesa personale? Poca sostanza per dedicare tutta la vita al suo studio... Troppe incongruenze prodotte dalla mancanza di un obbiettivo, o forse dall’esatto contrario, da un obbiettivo che non è quello appropriato. Nel libro “Alto Livello” (una critica costruttiva al sistema WingTsun), edito dalla Budo International che realizza la rivista Cintura Nera, faccio un riassunto di quelli che per la mia opinione sono stati i mali di questo sistema oltre a sottolineare, perchè no, quelli che sono i suoi punti di forza. Affermo che è facile criticare (è umano), ma non altrettanto proporre e realizzare soluzioni per quelle cose che non ci piacciono del mondo che amiamo. Noi ci stiamo provando. Dopo la fine dei nostri rapporti con i “padri” dello stile, la prima cosa che feci fu una revisione di tutto il sistema, da cima a fondo. Cercando di dare un senso e un ordine logico a un sacco di pezzi, forme e idee che consapevolmente


WingTsun completi e altre storielle simili, la realtà e una delle grandezze del Wing Tsun, è che possiede un principio e una fine a livello tecnico”

o meno si erano trasformate in una sorta di puzzle senza fine. Intrappolato in una poco interessante diatriba tra se è meglio restare più fedeli all’antica tradizione originaria cinese, o dare spazio a stili più moderni, il sistema perse la propria rotta...smarrì la sua natura, l’intenzione con cui fu creato. Ora è il nostro turno. Siamo diventati adulti ed è arrivato il momento di prendere delle decisioni, essere intraprendenti e smettere di vivere di rendita su ciò che altri hanno fatto prima di noi. Di fare proposte per migliorare lo stile al quale molti di noi (praticanti di Arti Marziali) dedichiamo migliaia di ore di pratica nelle nostre vite.

Presente... Da diverse parti del mondo mi chiedono: Che tipo di Wing Tsun fa lei? Qual’è il suo lineage? Cosa propone? Cosa lo rende differente da altre scuole? Sebbene riceva queste domande quasi quotidianamente, la mia risposta è sempre la stessa: Pratico Wing Tsun “senza nessuna etichetta”! Per quanto adesso i grandi “guru” di questo stile si impegnino nel continuare a vendere etichette ai loro seguaci e a parlare di sistemi completi e altre storielle simili, la realtà e una delle grandezze del Wing Tsun, è che possiede un principio e una fine a livello tecnico: “Siu Nin Tao, Cham Kiu Tao, Biu Tze Tao, Muk Yan Chong, Bart Cham Dao e Luk Dim Boon Kuan”. La mia risposta a tutti loro è sempre la stessa: Prova, avvicinati per conoscere più maestri, scuole, rami e opinioni possibili...è meglio! Il nostro proposito è di formare quanto prima il praticante con tutto il sistema, in un lasso di tempo ragionevole, per poi, in una seconda fase, concentrare la pratica nel proprio allenamento individuale. Primo imparare tecniche, tattiche, idee e filosofia dello stile per poi PRATICARLE nel corso degli anni, per sviluppare al massimo il potenziale di ciascun individuo, in base alle



WingTsun relative capacità e alle ore di allenamento che vengono dedicate. Lo spirito critico che ho ereditato dal mio maestro, credo sia stato assai positivo per cercare di restare con i piedi per terra e trovare un giusto equilibrio tra il classico e il moderno. Per così collocarci nella strada maestra. In realtà, la sola cosa che posso garantire a coloro che approdano nella mia associazione è tanto ALLENAMENTO! Quello che facciamo si fonda ora e per sempre nella pratica. Ed è la pratica di questo stile di Boxe Cinese tutto ciò che deve caratterizzare quanto facciamo da e per le Arti Marziali. Sinceramente, il resto ci interessa poco. Attualmente, le nostre linee guida di lavoro si basano principalmente su due pilastri: Lo studio delle origini del sistema: le mie interviste con un’infinità di maestri di rami differenti e, soprattutto in questo momento, il mio lavoro come direttore tecnico del dipartimento di Wing Tsun della Federazione Spagnola di Lotta e Discipline Affini, mi permette di CONDIVIDERE delle esperienze con tutti i lineage del Wing Chun oggi esistenti, che influiscono quotidianamente sulla mia visione di ciò che facciamo e soprattutto sulla comprensione dei sistemi di combattimento. Il mio “piano” è sempre stato comprendere il

passato, lavorare nel presente e pensare a come farlo meglio nel futuro. La sperimentazione, la pratica e lo sviluppo di sistemi che ci aiutino a migliorare. Mi rifiuto di continuare a fare le cose come le facevano altri per il semplice fatto che altri prima di noi le facevano in quel modo. Ciò che c’è di buono rimane, quello meno buono...dobbiamo cercare di migliorarlo. E questo aspetto occupa molti dei nostri sforzi e studi per la pratica. Quando fondammo la TAOWS Academy facemmo una lista di tutte le cose che non ci piacevano del sistema in vigore. Sia a livello istituzionale che a livello didattico e naturalmente pensando a come potevamo migliorare lo stile che


“Mi rifiuto di continuare a fare le cose come le facevano altri per il semplice fatto che altri prima di noi le facevano in quel modo”

“I nostri piani sono sempre di continuare ad essere critici, costruttivi e umili lavoratori. E’ il decalogo che provo a trasmettere giorno dopo giorno ai miei istruttori e scuole!”


praticavamo anche a livello tecnico e tattico. Se volevamo fare qualcosa di diverso, dovevamo essere coraggiosi e allontanarci dalla tendenza della stragrande maggioranza delle scuole che pianificavano di cambiare una lettera al nome WingTsun, disegnare un nuovo logo che somigliasse all’originale del proprio Sifu, abbassare leggermente i prezzi per esami e lezioni e fare la guerra per chi aveva più scuole o allievi... Quando vedo queste cose dico a me stesso...questo non è un bene per l’arte!... Questo non è Kung Fu e ovviamente non ha nulla a che vedere con le Arti Marziali! Ma soprattutto non è interessante per le persone che desiderano praticare Arti Marziali. Conosco centinaia di eccellenti praticanti di WingTsun, ma soprattutto diverse centinaia di eccellenti persone che hanno lasciato la pratica dell’arte, stanche di queste cose alquanto dannose per la stessa. Noi non lo facciamo e mai lo faremo. La pratica di quest’arte ancestrale è fondamentale per noi, al di sopra di qualsiasi altra cosa. Una delle prime cose che abbiamo fatto quando fondammo la TAOWS Academy fu di costruire dei ponti di collegamento con altri rami o scuole di Wing Chun. Tutto ciò, impensabile poco tempo addietro, ci ha fornito non soltanto delle nozioni su aspetti sconosciuti della stessa arte, ma anche un ambiente di cameratismo eccezionale, di rispetto tra artisti marziali. In definitiva, un ambiente da Kung Fu. Devo ammettere che stabilire rapporti di scambio didattico con maestri del calibro del GM Steve Tappin (Escrima Concepts) o del mio insegnante Jair Correa de Magallaes (BJJ), mi ha aiutato moltissimo al momento di comprendere alcuni metodi di allenamento e programmatici per migliorare il WT e sono state esperienze di grande arricchimento che senza ombra di dubbio proseguiranno in futuro.

Futuro... Dopo tre anni, potrei citare molti dei traguardi personali e istituzionali che abbiamo conseguito, ma ritengo che sia il momento di fare un bilancio da una prospettiva assolutamente terrena e cercare di riaffermare il messaggio originale con cui questa associazione è stata creata da e per i praticanti di Arti Marziali in generale e in particolare per quelli di Wing Tsun. I nostri piani sono sempre di continuare ad essere critici, costruttivi e umili lavoratori. E’ il decalogo che provo a trasmettere giorno dopo giorno ai miei istruttori e scuole! Credo fermamente che le persone che incentrano il loro cammino nelle Arti Marziali e nella pratica dei propri stili, raggiungano mete e obbiettivi molto più dignitosi e interessanti di quelle che si concentrano su “altri aspetti”. Negli anni a venire cercheremo di portare il nostro punto di vista in altri paesi dell’Unione


Europea e in America, sempre con la promessa che tutto ciò che faremo sarà sempre dettato dal sacrificio, dalla pratica e dal massimo rispetto per tutte le persone, le istituzioni e i praticanti. Quest’ultimo anno siamo riusciti a introdurre, per la prima volta in una Università Spagnola, dei corsi ufficiali di WingTsun. L’essere riconosciuti da una università e arricchire e punteggiare il curriculum accademico degli allievi che la frequentano, è una svolta storica di cui possiamo andare orgogliosi. Come anche la creazione di un dipartimento di tutte le scuole di Wing Chun in Spagna che sia riconosciuto dal CSD, ma che serve in particolare da punto di incontro tra rami, maestri, tendenze e scuole molto differenti che però hanno trovato in esso un luogo in cui poter condividere con rispetto e umiltà, con tante persone, “cose diverse” che provengono dalla stessa radice. Lanceremo nuovi progetti nei quali tenteremo di migliorare sempre tutto quello che facciamo e se non ci verrà impedito, faremo ciò che davvero ci piace fare nella TAOWS Academy: Praticare WingTsun!!! Praticare Arti Marziali!!!


Nuovi libri! Questo libro è il primo che parla apertamente di una tradizione Sciamanica giapponese che dal Secolo XII rimase segreta. Si tratta della cultura spirituale degli Shizen ("i naturali"), un popolo che raggiunse la sua massima espressione intorno al Secolo XIV sull'Isola di Hokkaido, al Nord del Giappone. La cultura apparteneva alla popolazione Aino, culla di guerrieri e sacerdoti, gli abitanti originari delle Isole, di razza caucasica e in perenne lotta con gli invasori Yamato. Oggigior no solo un tre percento dei giapponesi possiede geni Aino, tuttavia la sua saggezza sul mondo spirituale fu tale che, nonostante l'essenza fu mantenuta segreta, "contaminò" intensamente la cultura giapponese e la sua influenza si può percepire in aspetti dello Shinto, nello Shugendo, nelle Arti Marziali e nelle tradizioni e abitudini di tutto il Giappone. I saggi Miryoku, gli Sciamani del popolo Shizen, erano temuti e ricercati persino dallo stesso Shogun per via del loro potere e delle loro conoscenze. L'e-bunto è rimasto talmente segreto che anche digitando il suo nome su Google, non ne esce niente. La ricchezza della sua eredità è enor me e le sue conoscenze del mondo spirituale e delle interazioni con esso sono sorprendenti e poderose. Filosofia, psicologia, strategia, alimentazione, medicina spirituale ... le materie che compongono l'ebunto sono molto vaste e ricche mentre la sua Cosmogonia possiede la finezza, la profondità e la raffinatezza della Grecia classica. Questo lavoro è dunque una primizia storica, ma anche una fonte d'ispirazione per comprendere come i popoli antichi esplorarono l'ignoto, interagendo in modo sorprendente con le forze dell'Universo, a partire dall'analogia e dal linguaggio dei fatti, giungendo a conclusioni che solamente ora la scienza moder na incomincia ad intravvedere. Una conoscenza che lontano dal rimanere un qualcosa d'infor mativo o sterile, fu utilizzata come medicina spirituale, trasmettendoci un bagaglio immensamente ricco che solo ora, finalmente, incomincia ad aprirsi al resto dell'umanità, trovando in questo modo il suo giusto riconoscimento.

Prezzo: €19.95

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TRADIZIONE SHIZEN – UN VIAGGIO IN UNA STORIA MAI RACCONTATA (PARTE 1) Senza dubbio avranno ragione quei grandi visionari che annunciarono l’arrivo di un’era in cui tutto avrebbe visto la luce. Con l’ascesa degli sport da combattimento delle scuole moderne e di conseguenza, volontariamente o no, della messa in disparte di tradizioni che attraverso storie e leggende difendevano i loro concetti, il mondo moderno è oggi testimone di una nuova epoca. Ricordiamo, io e Juliana, quando la BBC i n g l e s e d i ff u s e u n d o c u m e n t a r i o s u l l ’ a l l o r a celebre scuola Katori Shinto Ryu, nell’immagine del grande Otake Sensei. In Brasile, terra da cui proveniamo, l’ammirazione era enorme negli occhi di coloro che vedevano quel documentario, che senza dubbio metteva in discussione i loro riferimenti marziali. Indipendentemente dall’epoca, è sicuro che l’accesso alle informazioni è sempre stato un mezzo per chiarire le cose e di conseguenza, per la constatazione di alcuni aspetti curiosi. L’approdo della famiglia Ogawa in Brasile in effetti, parlando una lingua differente – che alcuni al tempo classificarono come Ainu-go – delineò un parallelismo curioso nel rapporto tra le strutture antropologiche relative al Giappone antico. Decenni dopo, conversando con Takeo Nagaki (autore del primo articolo sulla scuola Ogawa Sensei in una rivista di arti marziali brasiliana – KIAI, 1994), questi, attraverso indagini curiose e attraverso conferenze e seminari, spiegò ai più interessati la parabola degli Hagumo, i presunti

antenati di coloro che conosciamo come il Popolo Shizen. Rivisitiamo un attimo la storia. Il primo libro di storia del Giappone fu scritto agli inizi del XVIII secolo, prima in una versione, “Kojiki”, poi in una più ampia come “Nihon Shoki”. Il contenuto riferito agli anni precedenti è ancora motivo di discussioni, tuttavia, si considera affidabile il contenuto posteriore alla fine del XVII secolo d.C. Ciò ci riporta immediatamente al fatto che, in maniera distinta rispetto ad altri paesi, i documenti storici del territorio giapponese non sono reperibili con la stessa precisione che in altre zone e pertanto qui non potremmo parlare che di conoscenze che sono state tramandate nel corso di generazioni, come tradizione culturale, senza modo di presentare la dovuta documentazione che comprovi l’affidabilità delle informazioni. Forse, per la stessa ragione, la tradizione e la cultura degli Shizen appartengono al contesto delle leggende e della mitologia di un Giappone ancestrale, senza le caratteristiche etniche che conosciamo attualmente, qualcosa che risiede nelle storie degli antenati, che conserva delle similitudini con quelle raccontate attorno a un fuoco, in cima a una montagna o nel pieno di una foresta, da una cerchia di indigeni con caratteristiche proprie, come quelle che si potrebbero benissimo trovare nelle terre dell’Ovest della regione NordAmericana, o in qualsiasi altra regione che in passato sia stata abitata da una tribù antica. In questa maniera, invitiamo il lettore a conoscere alcune di quelle storie così come furono tramandate, come un ascoltatore in un cerchio, a leggere di un racconto o di un mito, poichè non possiamo offrire nulla che sia documentabile a eccezione di una cultura comune alle antiche leggende del territorio giapponese che, aldilà del fatto che ancora sopravvivano, sono state



contaminate e adattate nel corso dei secoli. Ripassiamo un pò il territorio nipponico per poter collocare la nostra storia. Questo è composto da quattro isole principali, ma noi ci concentreremo di più nella zona di Hokkaido e a Nordest di Tohoku (Honshu). Regioni condivise tra gli Emishi e gli Ashihase. Gli Emishi, all’epoca conosciuti come Ezo, che continuarono a vivere a Hokkaido nel XVII secolo, successivamente vennero chiamati Ainu. Si sa molto poco di quello che è accaduto agli Ashihase agli albori dell’era moderna. Si pensa che furono spinti più a nord dagli stessi Ainu. Esistono tre etnie che dobbiamo considerare nell’antico Giappone: Emishi, Giapponesi e Ashihase. La letteratura giapponese sostiene la teoria che gli Emishi erano considerati dei ribelli e perciò potenziali obbiettivi di conquiste – il che li divise nel corso delle varie epoche tra coloro che si sottomisero alle normative Yamato come alleati e quelli che vivevano ai margini della loro autorità e visti come barbari che stavano aldilà delle frontiere. Qui iniziamo ad avvicinarci a ciò che è stato tramandato come Popolo Shizen. Michinoku, nome dato dagli Yamato giapponesi ai Tohoku, tradotto letteralmente “strada profonda” nel senso figurativo di luogo remoto, era la zona dove gli Emishi ribelli abitavano, molto oltre le frontiere sotto il comando degli Yamato. Gli Ashihase erano considerati in generale come un popolo di stranieri e non si sa esattamente chi

fossero. Nelle ricerche più recenti vi è una tendenza a mettere in relazione gli Ashihase e gli Emishi, così come lo si fa tra questi ultimi e i Giapponesi. Con l’espansione della c o n q u i s t a Giapponese su Tohoku, gli Emishi si trasferirono a Hokkaido. Gli Ashihase, cacciatori e soliti vivere sulle rive dei fiumi, dalle caratteristiche asiatiche, si spostarono più a sud in direzione di Hokkaido o vennero assorbiti e conquistati dagli Emishi di cultura Satsumon (nome dato al gruppo Emishi che sarebbero gli antenati degli Ainu), ma non lo sappiamo con certezza perchè i Satsumon emigrarono anch’essi a Hokkaido e si stabilirono nella loro zona nello stesso periodo. Altri sostengono che in verità gli Emishi crearono la cultura Satsumon. Esistono altri fatti e scoperte archeologiche che indicano che i Jomon furono gli antenati degli Ainu; altri, per la caratteristica dello scheletro Jomon ritrovato, che erano collegati ai mongoli o a gruppi asiatici dell’est e pertanto di razza distinta. (Ossenberg 1986: 199-215; Kidder 1993: 79-101). In ogni modo, gli Emishi e gli Ainu furono gli ultimi del periodo Jomon che vennero conquistati e, se torniamo alla storia, vedremo che le frontiere tra i giapponesi e questi popoli del nord arretrarono verso sud ed esistono prove chiare di questa ipotesi. Concentrandoci di più sugli Emishi, erano visti come uomini pelosi dai conquistatori giapponesi, data la presenza di peli nel corpo

“All’interno della cultura Shizen, ciascun villaggio avrebbe collaborato in maniera distinta alla sopravvivenza della cultura”


“Quattro villaggi determinarono il rafforzamento di questa cultura: Yabu, Yama, Tayo e Kawa�


“El autor del primer libro de la tradición espiritual Shizen publicado en cuatro idiomas y disponible para los estudiosos de la materia, es nuestro director Alfredo Tucci”



(Mojin o Kebito), caratteristica questa condivisa anche dagli Ainu, conosciuti come Ezo prima dell’Epoca Meiji. Tutto ciò ci porta a credere che di fatto è difficile pensare che il Giappone antico era formato da un solo gruppo etnico, ancora di più quando il collegamento sanguineo e culturale avvenne tempo dopo l’unificazione politica. Perciò, anche ritenendo gli Emishi gli antenati degli Ainu, la loro cultura era diversa da quella di quest’ultimi o da quella dei Giapponesi. Nonostante l’influenza che lasciò il periodo Yamato, come l’utilizzo dei cavalli per la guerra e l’apparizione del titolo Shogun a causa delle guerre contro di loro, gli Emishi rifiutarono certamente di affiliarsi ai giapponesi e in seguito a più grandi complicazioni storiche, molti Emishi si separarono in gruppi distinti o sparirono del tutto grazie ai matrimoni con gli altri gruppi etnici nipponici. Secondo la trasmissione delle informazioni nel corso delle generazioni, gli Shizen, dopo il Periodo Edo mischiati alla casta samurai, oltre a conservare tutta la loro struttura etimologica, sociale e i propri manufatti per la sopravvivenza, fecero la differenza agendo nel ruolo di negoziatori. Secondo Takeo Nagake possedevano dei metodi specifici sviluppati durante la loro storia, che persino ai giorni nostri richiamano l’attenzione di scienziati e accademici di eminenti università. Metodi c o m e s t r a t e g i a ( Yu g o k a , i n g i a p p o n e s e Senryaku), psicologia (Hugoka, in giapponese Shinrigako), filosofia (Husu, in giapponese Tetsugako) e un lungo eccetera. Ovviamente nessun termine occidentale può tradurre la portata e l’essenza di tali meccanismi. La

verità è che tutta questa alterazione dei schemi sociali a livello secolare, fomentò una struttura di pensiero che che ha finito per costruirsi una propria linea razionale e una cultura debitamente preordinata. Anche al giorno d’oggi, la principale barriera che definisce bene l’interno e l’esterno di ciascun gruppo di persone che dicono di appartenere a tale cultura è, senza dubbio, il linguaggio – tratto distintivo nelle scuole di origine Shizen. Costituita da importanti membri della società, pensatori, dispensatori di opinioni, ecc. dal XIX secolo, i gruppi ebbero una grande influenza ovunque passarono. Secondo i professionisti degli ambienti accademici, la cultura Shizen stabilisce dei modelli propri all’interno di una normativa sofisticata, anche ai nostri tempi. In passato, è sempre difficile stabilirlo con date precise, ma qui, seguendo la linea di pensiero degli antropologi, nell’era Kamakura, quattro villaggi determinarono il rafforzamento di questa cultura: Yabu, Yama, Tayo e Kawa. Le ricerche interne indicano nel villaggio di Yabu il loro pioniere. All’interno della cultura Shizen, ciascun villaggio avrebbe collaborato in maniera distinta alla sopravvivenza della cultura, anche se come vedremo nel corso della storia, appartenendo a gruppi ribelli, vennero perseguitati e decimati. La trasmissione di ciò che si conosce oggi, fu possibile grazie all’integrazione con i giapponesi e i loro studi vennero riorganizzati attraverso tale prospettiva e riesaminati attraverso piccoli gruppi di differenti province. Nel prossimo articolo, caratteristiche culturali Shizen.

tratteremo

le




In questa nuova serie di DVD didattici, il Maestro Mark Gridley presenta e spiega nel dettaglio, l'uso dei punti di pressione nella difesa personale. Il programma di Punti di Pressione Tattici del Combat Hapkido è il risultato di svariati anni di studi e indagini sotto la guida e l'assistenza di uno dei maggiori esperti mondiali in materia e si basa su principi pratici e attuali della moderna Difesa Personale, senza l'eccessiva e mistica complessità di altri analoghi sistemi sui punti di pressione. Il corso di Punti di Pressione Tattici del Combat Hapkido è ampiamente utilizzato dalle forze di polizia di tutto il mondo e può essere integrato in qualsiasi programma di Arti Marziali. La serie conta di quattro volumi che comprendono tutto il programma per Istruttori: Corso per Assistente Istruttore, Corso per Istruttore Associato, Corso per Istruttore e Corso per Istruttore Senior.

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Tiro con l’arco a cavallo naturale© Collegamento tra Arti Marziali e L’Arte di cavalcare, di Petra Engeländer – Scuola Indipendente di Arceria a Cavallo Un cavallo e un arco, troviamo questa scena in molti esercizi delle Arti Marziali Asiatiche. La posizione del cavallo e i movimenti, che simboleggiano la figura di un arco, ci indicano che il cavallo e l’arco sono elementi importanti nelle arti marziali. Il Tiro con L’Arco a cavallo è un’arte marziale unica che combina queste due immagini. Il cavallo in questo caso è uno specchio importante per riflettere le proprie capacità e realizzare un allenamento intensivo con un compagno. I cavalli vivono e si interagiscono a un livello non verbale, il

cavallo riconosce le vere motivazioni della persona e i movimenti del corpo. “Il cavallo comporta un’elevata attitudine sociale e la coscienza del movimento in comunione con esso e richiede che il cavaliere sia capace di eguagliare o migliorare tali caratteristiche. Il controllo delle emozioni è di grande importanza per saper stare a cavallo. Il cavallo immediatamente mostra col suo comportamento il proprio livello di sviluppo. Il fatto che tutte le abilità di un artista marziale siano usate per essere impiegate sul cavallo, fa si che il tiro con l’arco a cavallo sia soltanto per un artista marziale preparato.”

Tradizione e innovazione Il tiro a distanza e il tiro con l’arco meditativo continuano ad rappresentare degli ingredienti fondamentali nelle arti


marziali giapponesi e coreane. In Europa, il tiro con l’arco a cavallo è tornato a destare interesse e negli ultimi anni si vedono molti tornei di questo sport. Engeländer ha insegnato per 14 anni il tiro con l’arco a cavallo, come parte della sua scuola ed è una delle migliori nel sistema dei tornei. Il suo approccio è cambiato nel 2011 allontanandosi dalle Arti Marziali sportive per tornare all’immagine tradizionale di guerriero esperto. Ha sviluppato un sistema di insegnamento per cavallo e cavaliere, che unisce esercizi di Arti Marziali e tiro con l’arco a cavallo moderno, per insegnare e conservare l’essenza dell’arte del combattimento a cavallo.

Petra Engeländer parla della IEHAS: “Ciò che rende la Natural Horseback Archery © (Arceria Naturale a cavallo) un’arte così speciale, è il cavallo. Nel tiro con l’arco a cavallo abbiamo il bersaglio come “nemico” e il rapporto col cavallo come alleato. E’ qui che entra in gioco il nostro compagno di allenamento, uomo e animale devono allenarsi come una squadra. La Maestria consiste nel trovare l’equilibrio e la concentrazione. Le relazioni tra equitazione e Arti Marziali sono andate perse col passare dei secoli, dice Engeländer: “Il cavallo faceva parte della vita

quotidiana della gente nel contesto degli “Sport e tempo libero”. La vicinanza e il rapporto con il cavallo oggi è limitata e la necessità di montare è passata dalla vita quotidiana ad un uso più sportivo. Le eccezioni sono le culture in cui ancora oggi il cavallo ha una grande tradizione come in Spagna o in altri paesi. “E’ come molti altri sport. Appena i risultati e i titoli entrano in gioco, il cavallo viene più utilizzato come un mezzo che come un fine, invece di essere visto come una cosa sola nel senso dell’arte del combattimento a cavallo. Nella nostra scuola vediamo il cavallo come un’espressione del nostro stesso corpo e come un’arma…”




Arti Marziali e Cavalli Engeländer ha avviato un esperimento nel 2011 e ha lavorato con vari esperti di Arti Marziali per vedere se le loro conoscenze hanno un impatto sul lavoro con i cavalli. Secondo la visione di Engeländer, una persona deve avere la mente e il corpo allenati per raggiungere la Maestria e ottenere una buona comunicazione con i cavalli, sia a terra che durante la monta. La presenza, l’approccio e il linguaggio del corpo chiaro dei maestri. Questi sono gli elementi sviluppati dalla Engeländer negli esercizi del suo sistema didattico. Con la riscoperta dell’arceria a cavallo, nell’intenzione orientarla verso l’aspetto sportivo, gli elementi che mancavano erano evidenti. Poiché l’arco è un’arma e bisogna maneggiarla,


è necessario andare aldilà delle normali nozioni, nel momento in cui si cavalca. Le emozioni troppo forti hanno un’influenza negativa sul comportamento del cavallo e sulle impostazioni di tiro, i cavalli non vengono visti come partner alla pari e il comportamento sociale tra loro si deteriora. Il galoppo a mano libera in una zona aperta richiede una connessione straordinaria e la capacità di addestrare il cavallo alla monta senza redini. Il tiro a una distanza tra i 10 e i 60 metri richiede la capacità di centralizzare il corpo, saper mettere a fuoco e prendere il controllo del proprio respiro e del Ki.

Engeländer: La parte superiore del corpo si estende con l’arco e la parte inferiore si mantiene in equilibrio, compensa il movimento e mantiene un collegamento con il cavallo in posizione verticale. Solo nella fase di volo del galoppo, l’energia dell’arco e del cavallo si canalizza verso la freccia per riuscire a mirare al meglio. Tirando da un cavallo si raggiunge uno stato meditativo di coscienza che aiuta la mente a rimanere calma e concentrata sul momento. Non c’è spazio per i pensieri, solo per l’azione, qui e ora. Engeländer scocca 9 frecce in meno di 20 secondi dal suo cavallo, in un tratto dritto di 100 metri in terra. Il primo tiro è a 60 metri in un paglione da 90 cm di diametro. Engeländer dice che si trattava del tipo di attacco tradizionale dalla monta contro una linea nemica vicina. Il tiro rapido e alla cieca di una freccia nel tiro con l’arco da guerra è una tecnica che mescola conoscenze tradizionali e moderne.

IEHAS La scuola di Arti Marziali Per realizzare questi collegamenti tra le Arti Marziali e l’esperienza dell’equitazione, Engeländer ha creato una scuola di arti marziali itinerante per agevolare un insegnamento di alto livello anche al di fuori del centro didattico IEHAS. Engeländer viaggia dunque con gli allievi più avanzati e due dei suoi migliori cavalli per insegnare nei suoi seminari ad artisti marziali e cavalieri la Natural Horseback Archery ©, il tiro con l’arco da cavallo senza sella ne redini, in una meravigliosa unione tra corpo e mente con l’animale. Inoltre, è possibile tirare con l’arco da cavallo senza cavalcare. Gli interessati a queste Arti Marziali possono trovare qui le informazioni sui seminari.


Información: Independent European Horseback Archery School (Escuela Independiente Europea de Tiro con Arco a Caballo) Pettra Engeländer Tiene fascinación desde la infancia por los caballos y las armas. Ha recibido formación en danzas asiáticas, medicina tradicional china y Feng Shui Su Trabajo principal es entrenadora de caballos, y presidenta del IEHAS www.horsebackarchery.de Pettra Engeländer Cinturón Negro 4º dan en el Fighting System Tara Miliata de Robert V. Jones Cinturón Negro 9º dan y fundador del Zen Do Kai Cinturón Negro en el Sistema Kassai de Tiro con Arco a Caballo


Hung Gar el mondo delle arti marziali ci sono molti stili e sistemi che hanno storie che si assomigliano. E se analizziamo le storie, molto presto possiamo vedere che molti di loro hanno le stesse origini. Uno dei in luoghi in cui tutto ciò accade è senza dubbio la Cina, nel caso dei famosi templi del Kung Fu. I due più famosi erano quello del nord e quello del sud. Il tempio del nord fu il primo dei due e non solo quello che ha provocato lo sbocciare delle arti marziali nel paese, bensì anche quello che

N

promosse il Buddhismo Chan (“Chan” = “Zen” in Giapponese). Già a quel tempo venne posata la pietra su cui si sarebbe fondato il successo futuro del Kung Fu. Alcuni monaci che cercavano di allontanarsi dalla capitale cinese (l’odierna Pechino) si diressero verso il Fukkien, nel sud del paese. Fu allora che venne creato il famoso tempio di Shaolin del sud. Si deve sapere che la parola “Shaolin” in cinese vuol dire “giovane bosco”. E siccome il tempio del sud era vicino a un bosco molto giovane, gli diedero quel nome. Molti anni dopo che il tempio del Nord venne distrutto

dalle truppe dei Manchu. Siccome dopo quell’evento il Tempio Shaolin era l’unico grande tempio del Kung Fu nel paese, tutti i maestri, anche quelli del nord, si recarono laggiù. Disgraziatamente molti anni dopo anche il tempio del sud venne raso al suolo dal governo. I maestri e gli allievi del tempio erano obbligati a continuare a praticare Kung Fu in un sotterraneo. Dal momento che lo Shaolin Kung Fu era proibito e punito con la morte, quello fu il periodo in cui il nome venne cambiato in Hung Gar Kung Fu, in onore del migliore allievo del Tempio Shaolin, Hung Hee Gung.




Kung Fu Alcuni anni più tardi il Kung Fu del tempio ritornò ad essere legale – ma non fece mai ritorno ai templi. Invece, il Kung Fu Hung Gar veniva tramandato di maestro in maestro fino ai giorni nostri. C’è sempre più di un allievo che si trasforma in un grande maestro. Però ce n’era sempre e solo uno che era l’erede designato e ne aveva la responsabilità. Se oggi guardiamo al lineage dei maestri del tempio del sud vediamo che tutto il sapere del Hung Gar è nella famiglia Chiu. O per dirla meglio, tutto il sapere lo detiene il capo dello stile, Dr. Chiu Chi Ling, 10°Dan. Il Gran Maestro Chiu Chi Ling oggi ha più di 70 anni e possiede ancora un sacco di energia e entusiasmo per l’Hung Gar Kung Fu. Cresciuto per le strade di Hing Kong, il figlio più giovane delle leggende del Kung Fu, Chiu Kow e Siu Ying, oggi vive a S.Francisco, negli Stati Uniti. Nessun’altro maestro ha dato lezioni a Bruce Lee, Jackie Chan e Jet Li. Chiu Chi Ling lo ha fatto e ha anche partecipato a oltre 70 film di Kung Fu. Ma come possiamo immaginare, un Gran Maestro come lui non si ferma mai perché ogni mese viaggia in tutto il mondo per fare lezione ai suoi allievi sparsi ovunque. Con l’eredità dei suoi padri, la notorietà dell’Hung Gar e il suo particolare modo di insegnare in tutto il mondo, Chiu Chi Ling oggi ha più di 30.000 allievi a


Kung Fu “E’ un grande onore essere il braccio destro di Chiu Chi Ling e avere la responsabilità di tanti allievi e dell’Hung Gar. Ma alla fine ho lo stesso obbiettivo che ha sempre avuto il mio maestro: fare si che l’Hung Gar Kung Fu sia il numero uno nel mondo intero. Se non oggi, domani!”

livello globale. E’ naturale che in un gruppo di così tante persone ci siano quelli che si mettono più in evidenza rispetto ad altri. E che si allenano ancora più duramente di altri. Allievi che crescono e diventano responsabili delle proprie scuole. Così come accadde nel tempio con i suoi 10 migliori discepoli. Così come accade anche con il Gran Maestro Chiu Chi Ling. Dopo molti anni di lezioni e di insegnamento c’è stato un allievo che è divenuto il migliore di tutti i 30.000. E soprattutto è il primo non asiatico. Stiamo parlando del Gran Maestro Martin Sewer, 8°Dan, dalla Svizzera. Per molti anni si è visto come Martin Sewer abbia supportato il suo maestro Chiu Chi Ling nella sua missione di diffondere l’originale Shaolin Hung Gar Kung Fu. Una tappa fondamentale di questo percorso è stata anche quando Martin Sewer è diventato un maestro professionista, vivendo solo del suo insegnamento come maestro di Kung Fu. Quindi non c’è da stupirsi quando nel 2009 il GM Chiu Chi Ling riconosceva ufficialmente (davanti alle telecamere) che Martin Sewer è il suo allievo migliore. Persino oggi assistiamo a fatti che lo confermano. Anche quest’anno Chiu Chi Ling, per la seconda volta, ha trascorso le vacanze con il suo migliore allievo, Martin Sewer. Le vacanze li hanno portati a S.Francisco e a Las Vegas. Vacanze col GM Chiu Chi Ling. Una cosa che nessun’altro allievo prima di lui aveva mai fatto. Sin dall’inizio a S.Francisco è stata grande festa quando si è celebrato il compleanno della fidanzata di Martin Sewer (Simo= “Madre di Kung Fu”. La compagna/moglie del maestro). E’ stato organizzato un grande party di Kung Fu e come normale in queste occasioni, molti

invitati hanno dimostrato il loro kung fu per la Simo, la moglie di Martin Sewer. Ma non c’era molto tempo per riposare dopo la festa. C’era da andare diretti a Las Vegas! Chi conosce Chiu Chi Ling sa che le vacanze con lui non solo soltanto Shopping ed escursioni, ma anche lezioni di Kung Fu. Moltissimi allievi di Chiu Chi Ling come Paul e Peter Lee, avendo saputo delle vacanze del loro maestro, sono venuti a trovare lui e Martin Sewer. E così ogni lezione di Kung Fu poteva iniziare un po’ dappertutto, in un supermercato, o nel mezzo di una stazione di servizio. Sotto la supervisione di Chiu Chi Ling, Martin Sewer dirigeva maggioranza delle lezioni con i suoi Sidai (Sidai= “Fratello giovane di Kung Fu). Era da molto tempo che i Sidai di Martin Sewer lo avevano visto e naturalmente volevano sperimentare le sue tecniche. Impressionati dalle capacità di Martin Sewer, i suoi Sidai lo ringraziarono della lezione e gli promisero di continuare ad allenarsi duramente in futuro. Una volta rientrato a casa dalle vacanze con il suo Maes tro, Martin S ewer ric ev ev a il benvenuto dai suoi allievi in Svizzera. Aveva molte cose da raccontare e molte nuove tecniche da insegnare. E una volta ancora si è potuto vedere come sotto la tutela di una leggenda, un alli ev o c e l ’ha dav v ero fatta. A l l a domanda quale sia il grande obbiettivo della s ua s c u ola, Marti n S ewer ha risposto: “E’ un grande onore essere il braccio destro di Chiu Chi Ling e avere la res pons abi lità di tanti al l i ev i e dell’Hung Gar. Ma alla fine ho lo stesso obbiettivo che ha sempre avuto il mio maestro: fare si che l’Hung Gar Kung Fu sia il numero uno nel mondo intero. Se non oggi, domani!”



La Zen Nihon Toyama-Ryu Iai-Do Renmei (ZNTIR) è l'organismo che attualmente, una volta rivisti e adattati i concetti e la metodologia di una scuola proveniente da un sistema di combattimento reale, vuole preservare questa tradizione e le forme originali tramite un metodo che unisce corpo, mente e spirito in maniera realistica ed efficace. Questo DVD è stato creato a cura dei praticanti della Filiale Spagnola della Zen Nihon Toyama-Ryu Iai-Do Renmei (ZNTIR - Spain Branch) per far conoscere a tutti uno stile di combattimento, con una vera spada, creato nello scorso XX secolo e con radici nelle antiche tecniche di guerra del Giappone feudale. Qui potrete trovare la struttura basilare della metodologia che viene applicata nello stile, dagli esercizi codificati per il riscaldamento e la preparazione, passando per gli esercizi di taglio, le guardie, i kata della scuola, il lavoro in coppia e l'introduzione alla pietra miliare su cui si basa il Toyama-Ryu: il Tameshigiri, o esercizio al taglio su un bersaglio reale. Ci auguriamo che la conoscenza dell'esistenza di uno stile come il Toyama-Ryu Batto Jutsu sia una riscoperta di un modo tradizionale e allo stesso tempo differente dalle attuali discipline da combattimento, che attragga coloro che desiderano andare più lontano nella pratica delle arti marziali. Gli appassionati della spada giapponese e i neofiti, troveranno questo DVD utile come punto di riferimento e supporto al proprio apprendimento.

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Tutti i DVD prodotti da Budo International vengono identificati mediante un’etichetta olografica distintiva e realizzati in supporto DVD-5, formato MPEG-2 (mai VCD, DivX o simili). Allo stesso modo, sia le copertine che le serigrafie rispettano i più rigidi standard di qualità. Se questo DVD non soddisfa questi requisiti e/o la copertina non coincide con quella che vi mostriamo qui, si tratta di una copia pirata.

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Negli ultimi mesi abbiamo potuto leggere del SDS Concept e del Tomahawk Fighting Concept. In questo numero parlerò del combattimento col coltello, un altro sistema, il SAMI. Come gli altri due, il Sistema di Combattimento con Coltello è un sistema primario di combattimento totalmente indipendente, che si fonda su principi e concetti di lotta. Il coltello è uno degli oggetti culturalmente più antichi. È un utensile, ma anche un’arma, un segnale distintivo del proprio rango sociale, un monile decorativo alla stregua di un’opera d’arte, moneta di scambio, oggetto rituale e attrezzo di uso sportivo. La difesa contro attacchi da coltello, sta attirando sempre più attenzioni nel mondo delle arti marziali. Il coltello è una delle armi più antiche conosciute dall’umanità – e una delle più pericolose. Si possono trovare coltelli utilizzati nelle culture di tutto il mondo, da uomini e donne, in tutte le situazioni della vita. Tuttavia, il progresso tecnologico ha portato alla scomparsa di alcune delle arti marziali più antiche. In questo articolo farò una breve introduzione della Lotta con il Coltello TCS, così come di alcuni aspetti teorici della difesa senza armi contro attacchi da coltello.

STORIA IN EUROPA I praticanti di arti marziali europee hanno utilizzato principalmente armi bianche, basti pensare alla scherma o alla spada da combattimento. La maggior parte di questi stili ha le sue radici tra Germania, Spagna, Italia o Francia. Nella lunga storia del coltello come arma, si sono costituiti molti stili e scuole di combattimento con coltello. Di solito erano differenti, a seconda della regione, della cultura e delle proprie radici. TCS KNIFE FIGHTING CONCEPT (Concetto di lotto con il Coltello TCS) Il sistema di Lotta con il coltello TCS è stato concepito come un sistema indipendente, che è dedicato al 100% a tutti gli aspetti dell’arma, come il combattimento, la difesa contro attacchi da coltello, l’uso tattico e la scherma. Questo approccio ci ha permesso di imparare e di allenarci, e pertanto di sviluppare uno stile di arti marziali che combina un’arma tradizionale con metodi di allenamento moderni.


Volevamo progettare un sistema europeo, innovativo e lontano dalla politica e dalle strutture stagnanti. I recenti progressi tecnici, i distinti metodi di pratica e formazione, i principi, i concetti indipendenti e specifici, gli allenatori e istruttori che didatticamente sono al culmine della loro carriera, sono i mattoni con cui si costruisce la Lotta con Coltello TCS. La Lotta con coltello TCS è al 100% basato sul coltello, il che significa che consideriamo l’argomento molto serio e importante per lasciare che sia una mera appendice di un altro sistema. Certi concetti della lotta armata non possono ne adattarsi ne mescolarsi e quindi non devono essere usati nella difesa del coltello. Tutto ciò ci ha obbligato a concentrarci sulle caratteristiche di quest’arma, nel suo maneggio, nei suoi punti di forza e nelle sue debolezze. Le possibiltà di raggiungere un alto livello nell’uso e nella difesa contro il coltello, fanno si che il nostro sistema risulti attraente.

Testo: Peter Weckauf, Irmi Hanzal, & Thomas Schimmerl Foto: Mike Lehner


ARTI MARZIALI, DIFESA PERSONALE E SPORT La Lotta con coltello TCS colma le lacune esistenti tra le tre aree di arti marziali, difesa personale e sport. Le arti marziali: si concentrano nello sviluppo e il miglioramento della tecnica dell’utente. La difesa personale: migliora e aumenta la sicurezza personale dell’utente o di altre persone in situazione di pericolo. Sport: l’addestramento del coltello è utile per migliorare le qualità essenziali come la forma fisica, la capacità decisionale, la dedizione, il coraggio, la fiducia, la strategia e la tattica. Questi componenti – o pilastri – si integrano tra loro. Sport – scherma con il coltello – miglioramento di qualità come reattività, velocità, agilità, coordinazione, ecc. Tutti questi sono importanti per un’efficace autodifesa. Le arti marziali apportano determinati metodi di allenamento che perfezionano le capacità di una persona. E per ultimo, ma non meno importante, introduciamo i fattori di stress e uno scenario di allenamento basato sull’auto-difesa. L’autodifesa, le arti marziali e l’influenza dello sport si completano tra loro nella Lotta con coltello TCS.

ELEMENTI DELL’ALLENAMENTO CON IL COLTELLO Combattimento con Coltello: Coltello contro coltello. L’attaccante e il difendente utilizzano entrambi attivamente il coltello. Difesa con Coltello: si definisce come la difesa senza armi (per civili e professionisti è uguale) contro uno o più attaccanti che Grafico 1


usano coltelli, ma anche come la protezione di terzi contro attacchi da coltello. Le minacce con Coltelli- coltelli che si usano per intimidire le vittime, minacce potenziali senza arrivare ad utilizzare attivamente i coltelli. Scherma sportiva, competizioni con Coltello, con regole, impiegando coltelli da allenamento speciali. Uso tattico dei coltelli – soprattutto in un contesto militare di uso del coltello come arma principale o secondaria. L’allenamento comprenderà tutti gli aspetti menzionati in precedenza. Tocca agli utenti decidere se vogliono dedicarsi allo studio del sistema completo, o piuttosto concentrarsi su aspetti specifici come la difesa da coltello.

DIFESA CONTRO ATTACCHI DI COLTELLO Gli attacchi con coltelli sono senza dubbio tra gli attacchi più pericolosi che ci sono; la difesa contro di essi è uno degli argomenti più complessi dell’autodifesa. Conosciamo una gran quantità di teorie, concetti differenti e numerose tecniche. Ciò che è cruciale per una difesa efficace, tuttavia, sono l’addestramento permanente, le strategie e gli scenari.

Dati Gli attacchi con coltello sono in cima alle statistiche europee per quanto riguarda le aggressioni armate. La mag-

gior parte di questi attacchi non sono previsti in anticipo. Succedono all’improvviso o sono provocati dall’abuso di alcool o droghe. Ci sono sempre più insegnanti di Arti Marziali e istruttori di difesa personale che capiscono l’importanza di questo tema, perciò si focalizzano su di esso. Distanze e posizioni per la difesa contro il coltello La distanza corretta puo essere fondamentale per l’esito finale degli attacchi con coltello. La corretta distanza si può mantenere retrocedendo o anche migliorare attraverso l’impiego di ostacoli, tipo tavoli o veicoli. Zona 1 – zona di attenzione La zona di attenzione si trova fuori dalla portata dell’attaccante. Allo scopo di portare un attacco, l’aggressore deve accorciare attivamente questa lunga distanza. Stare nella zona 1 permette di prepararsi all’attacco o persino di anticiparlo. Misure appropriate per: assumere la posizione di guardia, armarsi. Zona 2 – zona di pericolo La zona di pericolo è la zona in cui è quasi impossibile una difesa effettiva (senza controllare il braccio dell’attaccante). La zona di pericolo è conosciuta anche come media – o mezza – distanza. Allo scopo di difenderci in maniera efficace, dobbiamo chiudere la distanza all’aggressore fino a che non siamo nella zona di difesa. Se la legittima difesa non è possibile, si può sempre

aumentare la distanza. Zona 3 – zona di difesa Per strano che sembri, la difesa effettiva, il controllo dell’arma, o l’opportunità di attaccare i punti deboli dell’aggressore, ci obbliga a combattere contro un attaccante a una distanza molto ravvicinata. Parliamo della zona di difesa, che è pari alla massima lunghezza di un braccio.

COMRENDERE IL PERICOLO Qui abbiamo una regola: non sapremo mai esattamente quello che farà qualcuno o come reagisce la gente. A volte è più facile captare una minaccia, ma altre può non esserci alcun segnale di un’aggressione imminente. Essere capaci di anticipare il pericolo, tuttavia, è prezioso per la strategia difensiva. È importante trovare la fonte del pericolo, così come il genere. Solo allora si può valutare la minaccia e cominciare ad agire. Anche nella fase iniziale di uno scontro, la fase verbale, è indispensabile per modificare il radar del pericolo in modo da intuire possibili minacce dell’aggressore. Individuare le seguenti chiavi, verbali e non verbali: voce, linguaggio scurrile, postura aggressiva, movimento frenetico, mani che vanno in tasca per afferrare qualcosa, l’aggressore che si avvicina, ci spinge o ci strattona, lancia degli oggetti...



PIANIFICARE L’AZIONE NELLA DIFESA CONTRO IL COLTELLO Fondamentalmente, esistono due opzioni per la difesa: la pacificazione e l’aggresione. La decisione probabilmente dipenderà dall’intensità dell’attacco, dalle capacità fisiche dell’aggressore, dalle proprie abilità, così come dal luogo e dal momento. Il nostro piano d’azione serve come un memorandum per l’addestramento e la difesa degli attacchi da coltello. Per pericolosa che sia la situazione, la cosa più importante è avere un buon piano. Concetto – Colpire e correre – non usare mai tecniche di presa, se questa è la vostra scelta. La cosa migliore è praticare semplici parate, pugni e calci e combinarli con il normale comportamento del combattimento. Concetto – Difesa e controllo – la difesa efficace contro un’aggressione da arma bianca ci può costringere a dover prendere il controllo dell’aggressore e quindi della situazione. Fuggire non sempre è un’opzione. La miglior distanza per controllare l’aggressore è la Zona 3, la zona di difesa. Prevenzione La miglior difesa è l’attacco. Anticipare l’aggressore prima che questi possa attaccare con il coltello. Un attacco preventivo aumenterà drasticamente le vostre possibilità. Bisogna continuare ad attaccare fino a che non si presenta l’occasione di fuggire. Ricordate, la prevenzione è soltanto un’opzione, perchè non sempre è possibile anticipare un attacco. Posizione di guardia La difesa effettiva richiede preparazione, una postura di allerta. Il corpo deve essere teso, le braccia in posizione difensiva, ci deve essere molta distanza tra voi e l’aggressore. Anche così, assumere questa posizione di guardia non sempre sarà possibile, per esempio, in caso di attacchi imprevisti. Bloccare/schivare/parare Utilizzate uno o entrambe le braccia per difendervi contro un’aggressione da arma bianca. Usate le braccia per bloccare (contenere) l’attacco, per parare (deviare) o per schivare. Controllo del braccio Dopo la difesa iniziale, è assolutamente necessario controllare il braccio (armato) dell’avversario prima che produca danni maggiori.

Grafico 2


Attaccare l’aggressore Le tattiche puramente difensive non sono la migliore opzione contro un’aggressione da arma bianca. Per combattere contro l’aggressore bisogna attaccarlo in maniera massiccia e metterlo sotto pressione. Attaccare il braccio Attaccare il braccio è sinonimo di distruggere il braccio dell’attaccante – romperlo, lussarlo, stritolarlo, morderlo, triturarlo e/o disarmarlo! Non provate mai a disarmare un aggressore senza averlo attaccato corposamente, ferito o messo fuorigioco prima di tutto, farlo in altro modo è troppo rischioso. Per contro, l’ultimo passo per il disarmo dell’attaccante sarà assicurarsi che egli non possa usare più la sua arma e addirittura che la possiate usare voi per difendervi. Controllare l’aggressore Il perfetto controllo dell’aggressore si ottiene solo se

quest’ultimo non rappresenta più un pericolo nell’immediato. Controllare l’aggressore è opzionale, in quanto il controllo totale può non essere possibile da realizzare o non essere raccomandabile, per esempio, quando si affronta più di un attaccante. Correre Correre si può definire come fuggire da un posto a gran velocità

OPPORTUNITA’ PER LA DIFESA PERSONALE L’allenamento specifico e appropriato migliorerà le vostre possibilità contro un’aggressione da arma bianca. Anche così, non si può comunque essere sicuri al 100%. È necessario non solo controllare le tecniche di difesa, ma anche avere una volontà incondizionata di difendersi, le doti (velocità, reattività, resistenza...), la fiducia, la capaci-


tà di sconfiggere le paure, la padronanza della tattica e della strategia. Tutto ciò migliorerà le vostre possibilità di non essere vittime della violenza.

IN SINTESI Se volete imparare e comprendere un sistema da zero, è necessario conoscerne e capirne tutti i dettagli. Questo è, naturalmente, oltremodo chiaro per un argomento così complesso come la difesa contro attacchi da coltello. Solo coloro che sono disposti a trattare il tema coltello in tutti i suoi particolari, comprenderanno pienamente le nostre preoccupazioni. La Lotta con Coltello TCS è totalmente focalizzata sulle armi bianche ed è stata progettata per accompagnare gli allievi nella loro crescita nella difesa personale, nelle Arti Marziali, e negli sport da combattimento. Per corsi istruttori, seminari e altre informazioni, visitate HYPERLINK "http://www.knifefighting-concept.com" www.knifefighting-concept.com


Texto e foto: Fernando Cruces


GIL CATARINO “L’EVOLUZIONE DEL BRAZILIAN JIU JITSU” “Ritorno al futuro” Nell’accademia specializzata di lotta, BJJ/Grappling, MMA e K1 “Mecas Academy” di Marcos S.Sarsa, abbiamo avuto la fortuna di chiudere l’anno vecchio con la sempre piacevole presenza del geniale maestro di Brazilian Jiu Jitsu, Gil Catarino; è la terza volta in 2 anni che questo curioso brasiliano, cintura nera 4°Dan, viene a Madrid per impartire un altro dei suoi eccellenti stage e supervisionare i progressi degli assistenti istruttori e garantire agli stessi un promettente futuro di alto livello. Il responsabile del successo della sua presenza è Marcos S.Sarsa (uno dei massimi esponenti della dolce arte e del Grappling a Madrid) “ascoltato” da Diego Cabrera (anch’egli maestro di MMA) e Jonathan Vega (cintura nera di varie discipline), entrambi cinture nere dell’accademia di Gil Catarino. Non si è persa dunque l’occasione di realizzare questa intervista.

“L’origine dell’evoluzione” Gil Catarino è stato forgiato nella scuola di Ricardo de la Riva, a Rio de Janeiro, diventando uno dei suoi discepoli più dotati e intelligenti, per chi non lo conosce (anche se è difficile per chi mastica di BJJ)

“Non prendo mai tecniche da pubblicazioni di altri maestri che non siano i miei, tantomeno ne copio da video su YouTube e altro di simile, sono uno da palestra, uno che si allena e basta”


Brazilian Jiu Jitsu De la Riva è il geniale maestro che ha ideato un complesso di tecniche che portano il suo nome e sono divenute famose in tutto il mondo: la guardia de la Riva, i ganci de la Riva, le abrasioni di de la Riva, le leve articolari… come si suol dire e meglio non si potrebbe, “De la Riva ha fatto scuola” dal momento che suddette tecniche sono studiate in una moltitudine di palestre e messe in pratica in diverse competizioni con provata efficacia. Lo stesso Catarino confessa che tutte le mattine, nella sua palestra delle Canarie, egli elabora e studia anche i migliori metodi di allenamento,

reinventando e riaggiustando il necessario per ottenere i migliori risultati possibili – e sono sotto gli occhi di tutti – i suoi movimenti sono fluidi, versatili e eleganti, ma lui sottolinea: “Non prendo mai tecniche da pubblicazioni di altri maestri che non siano i miei, tantomeno ne copio da video su YouTube e altro di simile, sono uno da palestra, uno che si allena e basta; alcune volte sono stato contattato “in rete” da qualche interessato e così via, e gli ho detto testuali parole: se vuole far parte della scuola deve venire ad allenarsi lì, non certo su internet”.

-Spirito eclettico ereditato dal suo mentore il che li rende, con merito, delle vere icone dell’evoluzione del BJJ attraverso i principi basilari della vecchia scuola –

“L’uomo tranquillo” Il Maestro Catarino è un uomo tranquillo, parla lentamente e a voce bassa (come lui stesso ammette), per questo a volte ci chiede se abbiamo capito ciò che ci ha appena spiegato – consapevole inoltre della sua mescola linguistica tra Brasiliano e Canario- ciò


Maestri del Jiu Jitsu nonostante, si prende il tempo necessario per assicurarsi che il nostro udito si sia adattato al suo modo di parlare e quindi poterci trasmettere i principi basilari del BJJ. “Non solo bisogna conoscere le tecniche, le finte o le strategie, ma anche comprenderle” Ci dice che lui predilige poche tecniche ben perfezionate, piuttosto che conoscerne molte mal applicate e senza una conoscenza dettagliata delle

stesse – dalla massima “meno significa di più” il suo interesse nel correggere una a una, a prescindere dalla cintura che si possiede, le anomalie in una lezione e tutti i dettagli. Questo anche se all’apparenza dispone di un completissimo “arsenale” pratico e metodico nel suo particolare programma di allenamento, “frutto” di una lunga carriera marziale ben formata nell’accademia di De la Riva e dell’aver assistito a varie competizioni in tutto il mondo, dove ha per forza di cose sperimentato le maniere più appropriate per finalizzare con efficacia l’avversario ed evitare a sua volta di essere così finalizzato.

“Training Day” I corsi didattici di Sensei Catarino sono di alto livello tecnico e di grande interesse generale per gli amanti del BJJ/Grappling e delle MMA. Questo seminario nello specifico, lo ha impostato sui suoi innovativi passi di guardia in piedi con le croci alle ginocchia, passando per la posizione 1 dei “100 chili” e all’attacco di leve alle braccia e le loro molteplici varianti: leva inversa, finta di leva inversa e di nuovo leva 1°, presa al bavero con strangolamento “nord-sud”, leva inversa alternata con leva al ginocchio o lussazione della caviglia…; stupisce con l’abilità con cui si svincola dagli agganci con i piedi e da prese fortissime passando in guardia e finalizzando con leve atipiche da varie angolazioni e dimostrando la differenza tra una leva normale e quella eseguita con l’attacco dalla posizione di guardia – dalla posizione verticale di guardia, mantenendo la calma e il silenzio feudale che caratterizza questo carismatico maestro, rompe il vuoto tra i due contendenti con un azione devastante incollandosi senza staccarsi nemmeno di un millimetro con assoluto controllo della situazione-

“2012” Ricordo che nel 1° corso del 2012, che lo ha dedicato alle sue impressionanti tecniche di abrasione, passava comunque dalla 100 chili e indicava: “non mi piace che si passi direttamente alla montada, bisogna andare passo


dopo passo”. Mi venne in mente una frase di Goethe (che serve anche per illustrare questo umile articolo e i suoi concetti qui riportati): “ Non basta fare dei passi che ci conducono verso una meta, ogni passo in se deve essere una meta che al tempo stesso ci fa andare avanti”. Uno di questi mi è piaciuto particolarmente perché è passato in modo sottile (in una maniera incredibile) a una leva che non avevo mai visto in tanti anni “non voglio che afferriate il polso, sono leve rapide” sosteneva (allo stesso modo lo ha sottolineato in questa occasione e lo stesso principio per gli strangolamenti “strangolamenti rapidi”) e senza tralasciare nessun dettaglio – per piccolo che sia – ha anche segnalato: “dovete saper bloccare

“se un allievo ha a disposizione tante cose nuove e avanzate, conoscerà molto, ma non ne avrà nemmeno 4 forti e ben assimilate, non avrà afferraggi puliti ne leve solide”

con i piedi, perché le leve abbiano un peso e sia difficile (se non impossibile una volta arrivati al punto di non ritorno) sfuggire”. Lo affermava già Michelangelo: “La perfezione si ottiene prestando attenzione ai dettagli più piccoli” – Il 2° seminario è stato divertente, curioso e vario-

“Riprendere le posizioni” Tornando agli ultimi giorni dell’ultimo mese del 2013, il maestro Catarino mentre spiega la tecnica fa un inciso e dice che nella sua accademia mette molta enfasi nel lavoro convenzionale di base e nei “drills” (le ripetizioni fondamentali) “nella mia palestra alleniamo il nucleo base” spiega, “esercitiamo tutti i giorni 20 leve di seguito, 20 passi di


Maestri del Jiu Jitsu guardia…soprattutto per i target non mi piace mischiare presa al bavero, leva inversa…perché succede che se un allievo ha a disposizione tante cose nuove e avanzate, conoscerà molto, ma non ne avrà nemmeno 4 forti e ben assimilate, non avrà afferraggi puliti ne leve solide.” Viene anche chiarita l’importanza del combattimento libero, i sabati li dedicano a fare round (randoriu) per tutta la mattinata, con brevi pause di 2 minuti; il nobile maestro ci inviata alla sua palestra delle Canarie, non gli importa del grado “Siete tutti i benvenuti” dice (alcuni compagni e il nostro insegnante Marcos, ci sono stati varie volte e ne restano sempre felici). Partendo dalla stessa base lascia spazio a un’altra variazione, è sorprendente come sfrutti la sua incredibile elasticità per abbassare le posizioni nella loro totalità premendo i bloccaggi per poi abilmente svincolarsi e attraversare il corpo del contendente utilizzando tutto il corpo e le anche per effettuare le leve (personalmente mi ricorda molto il mio amato Pencak Silat), dimostrando – con straordinaria maestria - che anche per coloro che non possiedono tale flessibilità di offrire le giuste opzioni per variare la tecnica applicando l’alternativa più adeguata – è contemplata l’esistenza di varianti adatte a poter eseguire una tecnica con la stessa efficacia e maggior economia– un esempio: Senza la necessità di far passare la gamba sopra il corpo (portando in leva solo il braccio con il corpo e le gambe, qualcosa che si vede di rado) “tutti lo possono fare, chiunque” disse. Senza dubbio le sue esecuzioni del Brazilian Jiu Jitsu, con le loro infinite varianti e finalizzazioni, sono tanto spettacolari quanto efficaci.

“Un tipo geniale” Il Signor Catarino con il suo modo incontaminato di semplificare le spesso difficili combinazioni tecniche e la sua capacità di ottenere la piena integrazione tra i diversi partecipanti alle sue lezioni, si è adattato abilmente di conseguenza nobilitando se possibile ancora di più questa splendida e nobile arte con il suo nutrito impianto tecnico, iniettando dosi generose di autenticità, brillando come una delle grandi icone senza paragoni della dolce arte del Brazilian Jiu Jitsu e mettendo insieme tutta la naturalezza del suo corpo, i principi e i concetti, è riuscito a infondere una straordinaria energia a ciascuna delle persone presenti. A presto Maestro!


KOBUDO AIKIDO/KENDO/IAIDO

10171 Kimono de Kobudo

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Giacca Kendo. Tessuto speciale Giappone

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Il DVD "Krav Maga Ricerca e Sviluppo" sorgè dalla voglia di quattro esperti di Krav Maga e sport da combattimento: Christian Wilmouth, Faustino Hernandez, Dan Zahdour e Jerome Lidoyne. Ad oggi, loro dirigono molti club e conducono un gruppo di una ventina di professori e istruttori di molteplici discipline, dalla Krav Maga alle MMA, Mixed Martial Arts. Questo lavoro non è destinato a mettere in evidenza un nuovo metodo nè una corrente specifica di Krav Maga. Il suo scopo è semplicemente quello di presentare un programma di Krav Maga messo a fuoco sull'importanza del " c o n t e n u t o " , condividendo in questo modo le nostre esperienze.

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Tutti i DVD prodotti da Budo Inter national vengono identificati mediante un’etichetta olografica distintiva e realizzati in supporto DVD-5, formato MPEG-2 (mai VCD, DivX o simili). Allo stesso modo, sia le copertine che le serigrafie rispettano i più rigidi standard di qualità. Se questo DVD non soddisfa questi requisiti e/o la copertina non coincide con quella che vi mostriamo qui, si tratta di una copia pirata.

ORDINALA A: Budo international.net


Il mondo ha un’armatura invisibile, uno scheletro, un ordine? I sacerdoti e sciamani Shizen, i Miryoku, dedicarono tutta la loro vita per rispondere affermativamente a questa domanda. Partendo dal dubbio, invece di farlo dalla certezza o dalla fede, le loro conquiste sul piano spirituale resero le loro conoscenze un tesoro unico e duraturo, esattamente per il loro impegno nel guardare l’inconcepibile con occhi e mente aperti, per subito dopo dimostrare le loro scoperte attraverso il linguaggio dei fatti. Questo atteggiamento li portò a penetrare in profondità i misteri dell’Universo, quelli che regolano l’organizzazione delle energie e delle tensioni, attraverso un ricchissimo sistema basato sulla combinazione di analogia e empirismo. Le loro pratiche invasero ogni recesso della cultura Shizen e fecero di essa un esempio di una spiritualità disincarnata e priva di ogni fantasia, autoinganni o buonismo. I Miryoku chiamarono le forze con il loro nome e le trattarono tutte con lo stesso rispetto, aldilà di qualsiasi semplicismo morale o considerazione ideologica. Compresero che così come non si può nutrire una tigre con il latte, non si può dare della carne cruda a un neonato. Senza giudicare la natura del mistero, avanzarono verso l’ignoto con una straordinaria integrità. In questo libro, il secondo che scrivo sulla tradizione spirituale degli Shizen, vorrei avvicinare il lettore a una maggiore e più profonda comprensione di un mondo e di una cultura tremendamente distanti nello spazio e nel tempo. I dettagli operativi, rituali e segreti degli Shizen, sono a volte presenti nel testo e coloro che ne sono avvezzi li riconosceranno, ma la mia intenzione non è di rivelarli ne di divulgarli al pubblico, (che d’altra parte non saprebbe nemmeno cosa farsene), ma di partire dalla saggezza e dalle scoperte che portano con se per amplificare la comprensione del lettore, attraverso quanto essi ci rivelano su noi stessi e sull’Universo, sul mistero della vita e della morte, sullo scopo dell’esistenza e sul potere della coscienza.

Gli Shizen e l’antica saggezza Gli Shizen erano un popolo sobrio e pragmatico, perennemente in guerra contro gli invasori Yamato, per cui concentrarono le loro ricerche su aspetti che necessariamente erano in contrasto con ciò che è invisibile; il prezzo era la sopravvivenza del popolo. Sotto una tale pressione, i sacerdoti e i saggi Shizen, i Miryoku, non ebbero modo di perdersi, come tante altre culture sciamaniche, in speculazioni morbose così proprie dei percorsi relazionati con il mondo spirituale dell’antichità. Rimane comunque una curiosa somiglianza, in alcune delle sue caratteristiche, con culture antiche e ancora vive di origine assai diversa, africane, americane o australiane, il che ci porta a pensare che in ognuna di esse risiede un substrato comune che non è il risultato dell’alfabetizzazione, ne di qualche possibile contatto o contaminazione culturale geograficamente impossibile e storicamente improbabile. In ogni caso e a differenza di queste altre forme di religiosità, l’e-bunto parte dal dubbio invece che dalla certezza. Questa peculiarità è stata forse la madre delle sue caratteristiche



“I Miryoku chiamarono le forze con il loro nome e le trattarono tutte con lo stesso rispetto, aldilà di qualsiasi semplicismo morale o considerazione ideologica. Compresero che così come non si può nutrire una tigre con il latte, non si può dare della carne cruda a un neonato” distintive, che la rendono unica all’interno di questo gruppo di forme spirituali antiche. La sua idiosincrasia culturale comprende una lingua propria conosciuta come “Shizen-go”, che era parlata con piccole differenze nei 4 villaggi che componevano questa cultura etnicamente legata al popolo Ainu: Yabu, Kawa, Tayo e Yama. Il lignaggio spirituale di cui faccio parte è quello di Kawazuki Togo (il villaggio Kawazuki), per quanto buona pare del sapere e-bunto del nostro gruppo derivi da una persona del lignaggio del villaggio di Yabu, il Maestro Shiniyuke. Data la natura segreta di tali conoscenze, non esistono libri ne alcune informazioni disponibili. Shidoshi Shiniyuki in Brasile, dove viveva, ha formato nove Shidoshi, ma soltanto uno di loro, Shidoshi Jordan, ha proseguito nei suoi insegnamenti. Molte peripezie hanno dovuto prendere vita perché i nostri percorsi si incrociassero in Spagna ed entrambi, ognuno con le proprie inclinazioni, siamo stati convinti dal destino a ricominciare un lavoro titanico e dalle ceneri del nostro lignaggio, trovare nuove strade verso il fuoco ardente di una tradizione tanto antica quanto sorprendente. L’e-bunto (letteralmente “la Grande Forza”) come pratica iniziatica, è probabilmente una via per poche persone; tuttavia le sue vaste conoscenze sono patrimonio della saggezza dell’umanità e non devono andare perdute. Forse sono quelle e la loro diffusione ciò che si crede il contesto adatto perché dei futuri iniziati possano sorgere tra i tanti che, accedendo

alla scoperta di parte del loro patrimonio, imparano ad apprezzare la ricchezza unica di questo tesoro di conoscenza e la saggezza spirituale di una cultura potente ed estremamente ricca, spiritualmente parlando. Quegli eletti dalla vita o dalla propria storia personale a vivere in rapporto con la spiritualità attraverso l’ebunto, avranno così davanti a loro, adesso e in futuro, l’opportunità di realizzare il proprio destino. Detto compito mi ha spinto a scrivere questo nuovo libro che oggi non è nelle tue mani, caro lettore. I testi che lo compongono, sono solo una piccolissima parte di un sapere impressionante, tanto ampio quanto complesso e al quale vi si accede completamente attraverso delle iniziazioni e uno studio prolungato di una grande varietà di materie, dalla strategia alla medicina spirituale, dall’alimentazione alla filosofia. Le stupefacenti scoperte del mondo invisibile da parte degli Shizen, la loro cosmogonia, la ricchezza delle loro pratiche, formano uno stile di vita particolare che logicamente non è per molta gente. Per tutto ciò i loro rituali e i segreti profondi delle loro pratiche interne, rimarranno sempre nell’ambito di quel piccolo gruppo di persone inclini a vivere l’esperienza di questo percorso in prima persona, ma molti altri aspetti di suddette conoscenze possono essere condivisi apertamente a beneficio di qualsiasi persona che desideri sinceramente approcciarsi attraverso le loro chiavi di lettura agli eterni misteri e alle grandi domande dell’umanità.



“In Occidente il nostro nuovo riferimento è la scienza, visto che le religioni brancolano nel buio e purtroppo quasi tutte le conoscenze della nostra cultura sono andate perse” Gli iniziati del futuro avranno davanti a loro un’enorme compito che oggi già stiamo vivendo in prima persona noi che amiamo questo tesoro, quello di coniugare due epoche e culture così diverse e distanti, in maniera che il rispetto della tradizione non contraddica la comprensione e la necessaria evoluzione di coloro che vivono con essa, rendendo possibile una necessaria trasgressione, rispettosa della sua essenza e anche delle sue forme, perché la sua pratica vada oltre l’idea di un culto cieco e nostalgico di un tempo passato, che in ogni caso si possa affermare senza ombra di dubbio che è stato, come direbbero Les Luthiers, assolutamente precedente, ma non necessariamente migliore. La virtù di ciò che è antico non risiede nel suo aspetto cronologico, ma nel contrasto con cui sfida le nostre “classificazioni” del mondo, mettendole nella nostra adeguata piccolezza. E per quanto grande sia un metodo come quello scientifico, è piccolo se ti consente solo di concepire una parte di ciò che esiste, il materiale, il misurabile o il visibile, ignorando tutto il resto. La Scienza di oggi giorno è così cieca verso il mondo spirituale, come lo era solo poche centinaia di anni fa davanti al microscopio. Le tradizioni antiche come quella Shizen sono un grande enigma. Woody Allen disse che la tradizione è l’illusione della permanenza. Ma dalla modernità riusciamo solo a lamentarci di qualcosa che nemmeno riceviamo. Le tradizioni sull’invisibile che ci hanno lasciato i nostri nonni in Occidente, sono in gran parte retaggi formali lontani da una qualsiasi spiritualità, una cornice senza quadro dentro, o al massimo, un insieme di

ingenue superstizioni contaminate. Il poco che ha resistito all’assalto dello storico fanatismo religioso, si è rifugiato in piccole comunità segrete e sembra che ora comincino ad uscire dalle loro tane, ma senza perdere di vista gli amanti dei falò, che ci saranno comunque, o i fanatici sempre impegnati nel convincere gli altri di quello che soprattutto non sanno, ne comprendono. In tutte le culture si muore, ma rimaniamo simbolicamente in vita nei rituali di coloro che vengono dopo di noi. Oggi nelle società postmoderne nemmeno questo, perché viviamo dando le spalle alla morte, nell’autoinganno e nella paura di ammettere l’evidenza, cioè, che tutto è passeggero e ciascuno di noi ha la propria data di scadenza. In Occidente il nostro nuovo riferimento è la scienza, visto che le religioni brancolano nel buio e purtroppo quasi tutte le conoscenze della nostra cultura sono andate perse. Il resto del mondo va al suo ritmo, immerso nei propri tempi, alcuni, come sappiamo, ancora impegnati a uccidere chi non la pensa allo stesso modo. Stando così le cose adesso, vi stupite se li sciamani antichi conservavano in segreto le loro conoscenze? Per i saggi Shizen, la tradizione aveva a che fare con quelli che loro chiamavano “i fiumi navigabili della spiritualità”, forgiati dall’”intenzione” sostenuta dagli uomini col passare del tempo e nella esatta ripetizione di formule rituali di coloro che trovarono le giuste vie di comunicazione con l’invisibile e tracciarono nuovi e percorsi peculiari come egregore (Egregora= “aggregato di energie mentali, forze psichiche di bassa o alta qualità



creata da uomini o da Egregore, da Intelligenze. Nel linguaggio massonico indica un’identità collettiva ideale, fondata e sviluppata spiritualmente da una catena fraterna che si riconosce solidale in una comune idea” - ndt). Queste stesse mappe sono parte del tesoro che ci hanno lasciato gli Shizen e le mappe non si cambiano se ciò che descrivono è corretto; quello che uno fa, in ogni caso, è tradurle in un linguaggio moderno e se me lo chiedono di “colorarle” in modo che altri, che in seguito vorranno confrontarle, le comprendano con maggior facilità; tutto questo, possibilmente, senza falsificarle ne fare di esse ciò che non sono, ovvero una religione. L’e-bunto è lo studio della cosmogonia del popolo Shizen e questa comprendeva conoscenze perfettamente definite del mondo spirituale; ma lo spirituale, al contrario di quanto molti pensano, non è analogo alla religione. La spiritualità dei Miryoku e delle Minikui era un misterioso insieme di constatazioni e analogie, comprovate attraverso l’esperienza che permetteva loro di interagire in e con i vari piani della realtà o dimensionali. Questa capacità gli fece guadagnare il rispetto e perché no, il dovuto timore dei loro coetanei. Contro tutti i pronostici e nel mezzo di questo mondo materialista, l’e-bunto sta rivivendo e risvegliando l’interesse di molte persone. La ruota ha ricominciato a girare! E parliamo di una ruota così grande, che è stato molto difficile farla partire, ma una volta in movimento sarà molto difficile fermarla. Il mio scopo è che questa nuova fase sia partecipe del destino di coloro a cui appartiene questo diritto e lo realizzi nelle migliori circostanze. È mio impegno trovare l’incastro tra il suo tempo e il nostro e agevolare quindi il giusto riconoscimento e rispetto che merita tra le grandi scienze e saggezze che ci hanno lasciato in eredità i nostri antenati. Ho, questo si, un interesse particolare affinchè non diventi uno strumento per propositi mistici, religiosi o di qualche folle. Per questo e per favore, si astengano soprattutto questi ultimi; avere a che fare con l’infinita follia che implica l’essere in connessione con le forze che animano il mondo invisibile, necessita, come dice Castaneda, di tonnellate di buon senso, di tempra e saggezza. Se tu possiedi queste virtù caro lettore, potrai, non senza sforzo, avvicinarti all’inverosimile, guardare il precipizio e quando questo ti guarderà, rimanere sereno, per vedere la luce intensa che brilla negli occhi dell’oscurità.

A destra: Shidoshi Jordan e Shidoshi Juliana con l'autore del patrimonio Shizen e la cultura e la spiritualità rivivere in Occidente.




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Jeet Kune Do

Rick Faye: sulle orme di Dan Inosanto Rick Faye è l’istruttore capo del Gruppo Kali del Minnesota (MKG), è stato allievo e istruttore per oltre 25 anni, uno dei cinque Istruttori Superiori, di Guru Dan Inosanto, l’unico fuori dallo stato della California; il suo curriculum a livello marziale è davvero impressionante, del quale mettiamo in evidenza: Istruttore sotto il Sifu Paul Vunak in Concetti del Jeet June Do Istruttore sotto il Sifu Larry Harsell in Prese del Jeet Kune Do Istruttore sotto Arjarn Chai Sirasute di Muay Thai Istruttore sotto il Sensei Erick Paulson in Combattimenti con prese e sottomissioni Esperienza nel Wing Chun sotto Nino Bernardo, Francis Fong, William Cheung e Guro Dan Inosanto. Certificazioni di Organizzazioni di Polizia: Certificato di istruttore di tattiche di controllo, Alexandria Technical College. Istruttore di tattiche difensive Istruttore FBI, SWAT e tattiche speciali Istruttore della Polizia di Minneapolis Istruttore della Scuola di Polizia dell’Ontario, Canada. Organi di Polizia e di Sicurezza che si allenano con Guro Faye: Testo: Gladys Caballero & Pedro Conde. Foto: Antonio Mora.



Jeet Kune Do Agenti Federali di libertà vigilata Dipartimento dello Sceriffo della Contea di Hennepin Dipartimento dello Sceriffo della Contea di Washington Distaccamento FBI di Minneapolis Vari dipartimenti di polizia locali Il quartier generale della scuola è a Minneapolis, MN, in cui conta più di 150 allievi e numerosi istruttori. Tutti gli istruttori sono certificati da Rick Faye e vanno dall’apprendista al maestro, come egli stesso dice: “Ho fondato il gruppo di Kali nel Minnesota non pensando a esso come a una scuola, ci allenavamo e basta, ma poi cominciò a crescere e

a crescere…così iniziammo ad avere degli allievi e adesso ne abbiamo molti.” Rick Faye è nato a Minneapolis, Minnesota, la sua vita si è sempre svolta li, iniziò a praticare arti marziali quando era un ragazzino a scuola, praticò un po’ di Judo, Aikido e altre discipline marziali, nel 1979 conobbe Dan Inosanto che cambiò completamente la sua ottica sulle arti da combattimento. Ma come lo conobbe? “Fu per caso, il mio compagno di allenamento, Scott, un grande artista marziale, andò all’accademia di Aspen in Colorado per altri motivi che non avevano a che vedere con

le arti marziali, ma laggiù ebbe modo di vedere Dan Inosanto e quando tornò mi disse: “Devi vedere questo tizio, è incredibile”. Così andammo a Chicago a trovarlo e ad allenarci con lui, quando accadde mi dissi: voglio imparare tutto questo, quindi cominciammo a prendere appunti e facemmo fotografie e quando tornammo a casa iniziammo ad allenarci e successivamente tornammo da lui un’altra volta. Ci fu un periodo in cui andavamo a visitarlo due volte al mese e poi iniziammo a seguirlo dappertutto. A quei tempi si facevano dei grandi camp, il primo di questi durava otto settimane e ti


Intervista potevi allenare con qualsiasi artista marziale. Quindi andai là per allenarmi con Dan Inosanto, c’era anche Larry Hartsell. Dan mi disse: “Perché non ti alleni con lui?” Così mi allenai una settimana con Inosanto, la seguente con Larry e un’altra con Bill Wallace. Conobbi molta gente in quel camp, dopo quello eravamo entusiasti e iniziammo ad andare a diversi eventi e seminari. La prima volta con Dan Inosanto a Minneapolis fu tra il 1983 e il 1984, nessuno dei due ricorda bene la data. A quei tempi pensavamo solo a una cosa: Allenarci e allenarci…” Rick Faye fu l’assistente di Larry Hartsell in questi seminari, perciò molti praticanti e simpatizzanti del JKD lo conobbero, incluso colui che sta scrivendo, nel seminario che organizzai il 4 e 5 ottobre del 1987. Larry Hartsell specializzato nel grappling e grande esperto della materia, disgraziatamente è scomparso il 20 Agosto del 2007. Fino a che punto fu importante, a livello marziale, Larry Hartsell nella vita di Rick Faye? “Larry Hartsell fu mio mentore, mio amico e collega. Lui mi ha aiutato veramente, è stato davvero buono con me. Vuoi sapere un bell’aneddoto? La prima volta che andammo in Inghilterra, era il mio primo viaggio con Larry Hartsell, egli portava con se una borsa verde militare che pesava tantissimo e siccome io ero il suo assistente dovevo caricarmela in aeroporto, sul treno, ecc. Ogni volta pesava sempre di più e mi domandavo: cosa diavolo c’è dentro per pesare così tanto? A Londra andavo su e giù con questa borsa e…quando arrivammo alla sua stanza, Hartsell apre la borsa e tira fuori i suoi pesi. Oggi rido, ma a quell’epoca mi pareva un tantino strano…Io non sapevo come si viaggiava, ovvero, avevo un passaporto ma con un solo timbro, tutto qui. Accaddero molti episodi con Larry Hartsell, alcuni davvero curiosi, come quello che ti ho appena raccontato. Egli aveva una grande responsabilità nel diffondere il Jeet Kune Do in Europa e in Inghilterra. Dan Inosanto iniziò a venire in Europa negli anni 70 credo, nel 1978-79. Siccome lui era il nome del momento, tutti volevano imparare il Jeet Kune Do e Larry Hartsell mi aiutò,

andammo in Europa e naturalmente venimmo in Spagna la prima volta con Felipe Mercado, dopo con Josè Maria Fraguas e anche con te, a volte dormivamo su un divano, in altre occasioni in buoni hotel, furono grandi esperienze e grazie a Larry conobbi il mondo”. Curiosamente e al contrario della maggioranza dei praticanti e simpatizzanti del Jeet Kune Do, Rick Faye non iniziò ad allenarsi nell’arte per via di Bruce Lee, anche se ovviamente lo conosceva, lo considerava solamente un attore del cinema, o meglio: non è stato il “drago” colui che lo spinse a praticare lo stile. “Io non ero un fan di Bruce Lee, sono un grande ammiratore di Dan Inosanto, ma non di Bruce. Mio padre era un allenatore di football americano. Sono cresciuto in una famiglia in cui si conosceva e si praticava diversi sport, quindi i miei idoli erano altri. Per me Bruce Lee era solo un attore del cinema. Allora quando conobbi Dan iniziai a notare un po’ di più Bruce Lee. Mi piace il concetto del Jeet Kune Do, ma mi piace davvero il Kali, la Thai Boxing, mi sono sempre piaciuti, però continuavamo a insegnare l’arte del WingTsun durante le lezioni. E adesso c’è un ritorno al JKD, esso è di nuovo popolare. E il motivo per cui è così popolare è che grazie alle MMA questa generazione ha visto dei combattimenti reali, mentre nella mia vedevamo solo la fantasia, la pratica. Adesso il Jun Fan è seguito perché è sempre stato uno stile di combattimento reale, questo è Larry Hartsell”. Fantasia o realtà? Il Jun Fan si può applicare in combattimento? Si possono eseguire delle prese alle mani di un pugile o di un lottatore di MMA? “Si – sostiene fermamente Rick – si può realizzare una presa su un pugile e alcuni di loro le usano. Se guardi Klitschko lui afferra con il Jab, non sembra ma è così e noi non lo abbiamo imparato in questo modo. La gente dice continuamente che i pugili sono molto rapidi e non si possono afferrare, ma tu devi afferrarli, proprio perché sono molto rapidi rispetto a te. Ma non insegniamo così agli allievi, lo facciamo sentendo la pressione delle mani, però è certo che si può afferrare un pugile. Sicuramente lui ti colpirà, ma tutti colpiscono, il segreto sta nell’essere l’ultimo a colpire.” Il praticante di JKD esplora tutti gli stili, per scoprire i concetti che li hanno originati e prendere ciò che risulta utile dopo aver eliminato le cose ornamentali. “Il JKD promuove la non-forma, in modo che possa assimilare tutte le forme. E poiché non ha uno stile, il JKD si adatta a tutti gli stili. Col risultato che il JKD utilizza tutti i metodi e non è limitato da nessuno e in maniera simile usa qualsiasi tecnica o mezzo che serva al proprio fine.” A questo punto possiamo analizzare con più cognizione la polemica in cui si dibatte sul JKD da vari anni. Ci riferiamo alle differenze tra il ramo ufficiale del JKD, anche conosciuto come “Concetti del JKD” capeggiato da Dan Inosanto, il successore di Bruce, e l’altro conosciuto come “JKD Originale” (o “Jun Fan/JKD”), composto da tutta una costellazione dei primi allievi di Bruce Lee (Ted Wong, Jesse Glover, Jerry Poteet). I primi affermano di basarsi sull’applicazione dei concetti del JKD per esplorare innumerevoli arti marziali: Kali/Eskrima, Muay Thai, Savate, Pencak Silat, Gracie Jiu Jitsu, ecc. I secondi sono orientati a recuperare e praticare le tecniche e i metodi di allenamento così come li stabiliva Bruce negli anni 60/70, su questo argomento Rick Faye sostiene ciò che segue: “Ci sono due cose differenti, le arti marziali attuali che si praticano nelle scuole, come l’arte marziale del


Jun Fan e c’è il Jeet Kune Do, quando dici Jeet Kune Do la gente ha in mente la persona di Bruce Lee. Bruce Lee aveva il suo Jeet Kune do, ma tu hai il tuo Jeet Kune Do e lui il suo, io il mio, ma sono differenti. E’ molto difficile per la gente, per il pubblico capire tutto ciò. Ma il Jeet Kune Do è personale, dalla stessa fonte, ma è un’arte marziale personale. Attraverso l’arte marziale del Jun Fan impari questo e quello e possiedi le stesse nozioni come in una scuola, come se fossi in una università e questa è piena di conoscenze, ma tu prenderai delle cose da essa ed io altre. Ma ci sono concetti, principi del Jeet Kune Do che Bruce ci ha lasciato, come lo sviluppo delle qualità, dei diversi tipi di velocità e i metodi di allenamento. Le due cose più importanti come concetti sono che devi proseguire crescendo di volta in volta, raccogliendo più informazioni, alcune volte solo attraverso le esperienze e forse la

“Io non ero un fan di Bruce Lee, sono un grande ammiratore di Dan Inosanto, ma non di Bruce” stessa arte la vedrai sotto un’altra ottica da un anno all’altro.” Bill Wallace dichiarò che perfezionare tre calci e quattro pugni, gli erano costati anni e moltissime ore di allenamento, a suo avviso era necessario allenare soltanto quelle tecniche che usiamo in combattimento e che era una perdita di tempo impararne delle altre perché non ci sarebbe il tempo materiale per perfezionarle. Allora perché imparare e accumulare così tanto se poi non si è capaci di applicarlo in uno scontro? “Va bene, però non tutto lo usiamo

in combattimento, qualche volta gli scontri sono semplici, Bill Wallace lottava su un ring con delle regole. Le grandi competizioni attuali non hanno regole, anche queste sono cambiate. Rispetto Bill Wallace, era uno dei migliori, ma quei concetti di combattimento si mettono in pratica oggi? Se come praticante di Jeet Kune Do vuoi imparare un calcio o un altro, cercheresti chi ne è esperto, allora andresti a studiarli da Bill Wallace. Potresti allora dire che hai imparato qualcosa. Ma posso davvero farlo? Fa al caso mio? Così si acquisisce l’esperienza che è parte del Jeet Kune Do e dopo si deve prendere delle decisioni e chiedersi: tutto questo fa per me? Ogni cinque anni il tuo corpo cambia, la tua vita cambia, magari ti sposi, avrai dei figli e forse ti puoi far male. Bill Wallace colpiva con una sola gamba perché aveva avuto un incidente in macchina. Il Jeet Kune Do, come la vita, è in costante cambiamento ed evoluzione.”



Jeet Kune Do Bruce Lee dunque strutturava chiaramente una pratica marziale senza uno schema fisso, ovvero, che non fosse soggetta a nessuna regola o tradizione arbitrarie. “Seguire la nonvia come via. Non avere limiti come limite.” Non imporsi alcuna struttura significa poterle esplorare tutte senza assoggettarsi a nessuna. “Svuota il tuo bicchiere perché possa essere riempito; resta senza nulla per guadagnarti la totalità”. L’esplorazione

del JKD non consiste nell’accumulare, ma al contrario, nel semplificare, pulire, disfarsi del superfluo per arrivare all’essenza. Tutto ciò non contraddice gli argomenti del ramo dei “Concetti del JKD”, capeggiata da Dan Inosanto? “Personalmente penso che se per te è interessante e ne trai beneficio, allora va bene. Ti rimane sempre qualcosa, anche se stai solo osservando, è come il Jiu Jitsu; a

me piace la famiglia Machado, ma io non combatto così, però mi piace prendere parte alle loro lezioni e lavorare con loro, sono incredibili. Quindi prendo qualcosa da loro, ma non per questo sono un lottatore di Jiu Jitsu. Mi piace tantissimo la Thai Boxing ma io non combatto come un fighter di Thai Boxing, per me non ha senso perchè stanno troppo a corta distanza, non mi piace questo genere di combattimento, ma come


Intervista “Credo che il Jeet Kune Do ritornerà, sta già tornando, perche le MMA sono una che consente alla gente di vedere cosa significa combattere realisticamente e questo ci riporta ancora di più a quello che è il Jeet Kune Do.”

allenamento è perfetta. Mi da molto in termini di condizionamento fisico, in potenza, ecc., impari sempre qualcosa che ti può servire per migliorare un po’ a livello marziale, ma è solo una parte del tutto. A volte impari qualcosa, per esempio, dai calci di Bill Wallace, un po’ da Larry Hartsell, dal Kali. Nell’arte del Kali abbiamo dodici categorie, per me è molto divertente quando la gente mi dice: si ma non combatterai mai con un bastone, quando ne avrai uno nelle tue mani? Quando viaggio porto con me un bastone che posso utilizzare in qualsiasi momento come un bastone del Kali. A volte non è solamente per combattere, si può fare qualcosa per la salute, per esempio puoi fare capoeira solo per il movimento e per il ritmo e magari impari anche qualcosa che ti potrebbe essere utile anche in un combattimento. Puoi sapere o conoscere concetti di molte arti da combattimento e tuttavia quando combatti potresti essere molto scolastico, la parte combattiva del Jeet Kune Do non può essere molto scolastica. Paul Vunak è molto scolastico, ma è incredibile. “ Nei primi seminari con Dan Inosanto in Europa in generale e in particolare quelli in Spagna, che erano sul Jeet Kune Do, egli parlava e insegnava i concetti del JKD, in quelli successivi si concentrò sul Kali e nei concetti dei grandi maestri di quest’arte; molta gente si chiedeva cosa avesse a che fare quello con il Jeet Kune Do? Stava svilendo l’immagine dello stile? In merito a ciò Rick Faye commenta: “Ogni persona ha qualcosa che le piace e poi in seguito può non piacere più. Il Jeet Kune Do che si insegna nell’accademia di Jun Fan è una grande arte marziale e piace a molta gente, ma non devi unirti per forza a loro se non vuoi, è come il Silat, a molta gente non piace e va bene se non ne senti il bisogno, però ad altri piace. Per esempio, io amo suonare la batteria ma mia moglie mi guarda sempre come a volermi dire, ma che stai facendo? Però per me è interessante. Credo che il Jeet Kune Do ritornerà, sta già tornando, perche le MMA sono una competizione che consente alla gente di vedere cosa significa combattere realisticamente e questo ci riporta ancora di più a quello che è il Jeet Kune Do. E’ molto divertente vedere le MMA sullo schermo e sentire gli artisti marziali che dicono, si ma lui può colpire il ginocchio o colpire a terra, ah allora dovresti studiare il Jeet Kune Do. La unica cosa che desidero è che mi piacerebbe che più gente ne sapesse di più sul “curriculum” del Jeet Kune Do. C’è una separazione nella famiglia del Jeet Kune Do, abbiamo quello che è denominato il nucleo dello stile, come quello di Chris Kent, Ted Wong, queste persone si separarono perché volevano fare soltanto Jeet Kune Do, mentre le altre volevano fare cose nuove, gli piaceva il Kali, il Silat, la Thai Boxing, però continuando a fare Jeet Kune Do. A volte dipende dalla scuola. A volte ci sono persone che al 90% fanno Jeet Kune Do e forse al 10%


Jeet Kune Do Thai Boxing o Jiu Jitsu, ma ci sono altre scuole che fanno l’opposto, che fanno al 90% Kali o Thai Boxing e un 10% di Jeet Kune Do. Va bene. Nei suoi attestati Dan Inosanto dice, tu fai questa arte marziale a modo tuo.” A questo punto nasce il grande interrogativo, Dan Inosanto si è separato dalla grande famiglia del Jeet Kune Do? “Io non direi così, c’è un gruppo che si è separato da Dan perché egli è a capo del Jeet Kune Do. Alcune delle altre arti marziali sono difficili da praticare, il Silat è molto difficile così come il Kali, ognuno ha le sue preferenze e bisogna rispettarle.” Per il neofita in materia, c’è l’impressione che ciascun istruttore di Jeet Kune Do faccia una cosa distinta, praticando un sistema di combattimento diverso dai suoi istruttori e compagni… “Possono avere la loro propria modalità ma se si parla di Jeet Kune Do essi devono conoscere gran parte del sistema originale, c’è molto più materiale con cui lavorare. Stiamo parlando di Bruce Lee e Dan Inosanto, due persone molto intelligenti che prendevano qualcosa qua e là perché li sembrava pratico e utile per il JKD, perciò il “curriculum” del JKD che si sono ritrovati era eccellente. Credo che sia la cosa migliore, ma solo perché a me piace ed è soltanto un’opinione, ci sono altre arti marziali valide che possono essere adatte per combattere e che ad altre persone appariranno più interessanti, nel mio caso, per me il curriculum del Jeet Kune Do è il migliore e per questo lo pratico. Ogni persona è differente e possiede dunque differenti capacità, per esempio mio figlio gioca a calcio, ma non gioca nel Real Madrid perché non è così bravo; nel Jeet Kune Do succede lo stesso. L’unica cosa che potrei dire è che quando avvenne la scissione - come faccio a dirlo senza ferire i sentimenti di qualcuno? Nel mondo ci sono un sacco di ottimi combattenti e non voglio offenderli – alcuni dicevano, ok però tu non conosci il Jeet Kune Do come era in origine, personalmente ho pensato, chi pratica un sistema di combattimento allo stesso modo in cui lo si faceva 40 anni fa? Affrontando tale questione bisogna essere molto cauti, quando è coinvolto l’ego della gente non è affatto un bene. Se essi fanno ciò che fanno è perché lo vogliono e

“Auspico che si comprenda la politica delle arti marziali, siamo persone differenti e può darsi che qualcuno non ti stia simpatico o non ti piaccia il suo carattere, ma devi essere capace di rispettarlo”


Intervista danno ai loro allievi il meglio che possono. Sono brave persone, le conosco e le rispetto, ho altre idee e insegno ai miei allievi ciò che ritengo il meglio, ognuno ha le proprie idee e dobbiamo rispettarle.” Con Dan Inosanto, nei suoi primi seminari in Spagna, imparammo l’intercettazione, l’anticipo,

l’allenamento dei diversi tipi di velocità, ecc., ovvero l’essenza del Jeet Kune Do. Nei suoi seminari successivi gli insegnamenti si concentrarono nel Kali e nel Silat, tutto ciò ci sembrò un po’ contraddittorio e accadde qui come in altri paesi. Qual’è il motivo di questo cambiamento? Alcuni dissero che Dan Inosanto non voleva insegnare pubblicamente il JKD, oltre al fatto che

ovunque spuntavano esperti autodidatti del JKD. Rick ci dice a proposito: “Probabilmente egli faceva quello che gli organizzatori del seminario volevano, se tu avessi Dan Inosanto per uno stage lui ti domanderebbe: Bene, cosa vuoi che ti insegni? E la gente gli direbbe: voglio imparare il Kali e lo può insegnare, ma


Jeet Kune Do continua ad insegnare Jeet Kune Do perché nel Kali si possono applicare i concetti. Quando Dan andò a Minneapolis per un seminario insegnò Full e Kick Boxing, per me è quasi come il Jeet Kune Do, le prese sono molto simili, i pugni sono un po’ diversi così come i calci, ma questa è solo una mia opinione. Lui andò a

“Larry Hartsell fu mio mentore, mio amico e collega. Lui mi ha aiutato veramente, è stato davvero buono con me”

un’altra scuola in cui voleva insegnare Jeet Kune Do, Dan Inosanto è un uomo che ha una grande cultura del mondo delle arti marziali e quindi gli chiesero il Kali, per lui è uguale insegnare una cosa o l’altra. Una volta eravamo un gruppo di istruttori e ci disse che voleva promuovere il Kali e commentò: “voi potete fare Jeet Kune Do”, è il bello del


Intervista “La gente chiede di Bruce Lee a Dan Inosanto, a volte sono domande imbarazzanti e si dimenticano che egli era uno dei suoi migliori amici e che è morto”

sistema, non sei vincolato a niente, non segui nessuna regola o schema.” Alcuni pensano che Dan Inosanto si sia allontanato dalle indicazioni e dai concetti di Bruce Lee, ma sembra che Rick Faye non la pensi così… “La gente chiede di Bruce Lee a Dan Inosanto, a volte sono domande imbarazzanti e si dimenticano che egli era uno dei suoi migliori amici e che è morto, quindi sarebbe necessario essere delicati perché la cosa è dolorosa, è come con Larry Hartsell, a lui piace parlare di Larry Hartsell, ma gli fa ancora male. Bisogna essere rispettosi, ogni persona ha il proprio punto di vista sulla rotta che ha preso il Jeet Kune Do e deve essere rispettata; per me, le conoscenze di Dan Inosanto sono più elevate di quelle di qualsiasi altra persona che io abbia mai conosciuto, egli è talentuoso come atleta e assai dedito ai suoi allenamenti, ha 77 anni e si allena tutti i giorni tra le 6 e le 8 ore, quindi è un modello di salute, in quanto al combattimento non saprei, perché è molto nobile e gentile, non vuole mai far male a nessuno. Ho visto molte persone e ti rendi conto quando aspettano solo il momento per far del male a qualcuno. Spesso mi raccontano delle storie sulle sue esperienze di combattimento. A me interessa soltanto allenarmi, lavorare con i focus, sulle prese, questo mi è sufficiente. Tornando a Dan Inosanto, lui ha avuto più influenza nelle arti marziali di qualsiasi altro personaggio e si tratta di una influenza positiva. E’ un passo avanti a qualsiasi moda nelle arti marziali, a ogni nuovo stile. Quando Rickson Gracie e la sua famiglia vennero negli Stati Uniti, Dan Inosanto firmò i loro documenti di immigrazione e questo non è stato un caso isolato.” E’ indiscutibile che Dan Inosanto è una fonte inesauribile di sapere, ma come Bruce Lee, sarà unico nel suo genere o ci sarà qualcuno capace di succedergli? “E’ quello che spero – ci dice Rick – non lo so, speriamo che lui rimanga in attività ancora per molti anni, dopodiché non saprei, credo il meglio che possiamo fare è essere grati di quello che abbiamo avuto e cercare di ricordarlo, prendere appunti perché lui ti da lezione e alcune di quelle più importanti che ci offre non sono davvero sulle arti marziali, sono sulla gente, sullo spirito, quindi non so, spero che continui a farlo. Possibilmente che viva più di noi, perché siamo molto fortunati ad avere uno come lui. È incredibile essere un artista marziale in quest’epoca, perché puoi andare in ogni parte del mondo, in 10 o 20 ore posso essere ovunque e oggi le arti marziali sono miste. Quando iniziammo noi, se eri un praticante di Wing Chun non andavi a fare lezioni di


Jeet Kune Do Karate, non esistevano le arti marziali miste, se facevi Taekwondo non andavi a lezione di Shotokan. Io dovevo nascondermi per andare a lezione di Boxe, non dicevo al mio maestro di Wing Chun che le frequentavo. Ma mio fratello era in quel corso di Boxe e io volevo andarci. Adesso è tutto diverso e credo che Dan Inosanto sia stato uno dei promotori di tutto questo, di questo cambio di mentalità. Effettivamente negli ultimi anni è avvenuto un grande cambiamento di mentalità, è normale allenarsi e combinare vari stili, oltre all’evoluzione a livello tecnico e nel combattimento. Quali altri cambiamenti ci saranno? Quale futuro Rick Faye crede che avranno le arti marziali in generale e in particolare il Jeet Kune Do? “Credo sarà orientato di più verso l’ambito della salute e che saranno più popolari, più persone le praticheranno. Ora è tutto molto divertente, anche i bambini le praticano, adesso si possono comperare i focus persino nei negozi di alimentari, per contro quando iniziavamo noi dovevi conoscere qualcuno che ce li avesse. Il futuro sarà all’insegna di una maggiore popolarità e speriamo più pacifico, mi auguro che la gente perda il desiderio di fare del male agli altri. Un artista marziale dovrebbe essere pacifico, non violento, spero che sarà così. Non vedo perché non debba esserlo, questo è il punto in cui mi differenzio dalle MMA nelle quali ci sono ottimi lottatori, e valide commistioni tecniche, sono una competizione; ma mi riferisco all’atteggiamento, non c’è rispetto, sono aggressivi e belli tatuati. A volte vado ai seminari e ho dei ragazzi di 20 anni pieni di muscoli…ma dai, ho 56 anni e io non ho bisogno di fare lo stesso. Spero che la gente possa andare d’accordo. Ti dirò una cosa sulle arti marziali, auspico che si comprenda la politica delle arti marziali, siamo persone differenti e può darsi che qualcuno non ti stia simpatico o non ti piaccia il suo carattere, ma devi essere capace di accettarlo. Non ti devono piacere tutti, ma devi saperci convivere. Quando Bruce Lee morì, il Wing Tsun era nella posizione ideale per diventare l’arte marziale più importante del mondo perché era la base dello stile di Bruce Lee; il problema fu che non andavano d’accordo, non esistevano due Shifu di Wing Tsun che la pensassero allo stesso modo e questo fu notato dal pubblico a cui la cosa non piacque.” Non sarà successo lo stesso con il Jeet Kune Do? Bisogna ammettere che le discrepanze tra “Concetti del JKD” e “JKD Originale” non sono state una buona pubblicità per il sistema, soprattutto quando due maestri famosi come Ted Wong e Dan Inosanto ne avevano parecchie, a proposito, qual’era il rapporto tra loro? Vecchi amici e compagni di scuola… “Non so quali fossero i loro rapporti, prima erano amici, ma ad essere onesti non lo so. E come quando ci si separa tra amici, ognuno di queste persone ha degli allievi e sono essi che causano il problema. Ci sono persone come Larry Hartsell e poi persone come Chris Kent, questi sono allievi di Dan Inosanto, si conoscono tra loro, hanno degli allievi e sono

“Il JKD promuove la non-forma, in modo che possa assimilare tutte le forme. E poiché non ha uno stile, il JKD si adatta a tutti gli stili”


Intervista loro che creano problemi. Spero anche che la gente faccia più soldi, perché a volte è quello il vero problema. Se uno ha una grande scuola e un altro una piccola, quello della piccola dirà che l’altro non è buono per un qualsiasi motivo, troverà una ragione anche se questa fosse il bagno che non gli piace, o il pugno che dato in quel modo non funziona, perché lui lo fa diversamente. Quando vado in Inghilterra, gli inglesi

dicono: “quella persona è molto valida, però… ” e continuano parlandone negativamente. Così io dico: “ Lascia perdere il però… dimmi solamente che è valido e basta.” Ovviamente a Rick Faye interessa solo allenarsi e continuare a imparare dal suo Guru Dan Inosanto; la sua filosofia è semplice: perché perdere tempo in polemiche e discussioni? La sua priorità è soltanto praticare e apprendere dal suo maestro…


The Hero – 105 Stadium – Genova 01 marzo 2014 • GARE DI CONTATTO LEGGERO FIKBMS (INTERREGIONALI) E WAPSAC • SEMIFINALI CAMPIONATO MONDIALE DI CHAUSS' FIGHT (ITALIA VS FRANCIA) • CAMPIONATO ITALIANO WAPSAC • SEMIFINALI GENOVA-DAKAR DI LOTTA SENEGALESE • MATCH PRO DI KICK BOXING, THAI BOXE

Nella splendida cornice della antica città marinara, si è tenuto il Gala THE HERO, che ha portato alcune interessanti novità, oltre che dal punto di vista marziale, anche da quello culturale ed etnico. CINTURA NERA era là per testimoniar e l’evento nella persona di Nicola Pastorino che ha strappato una breve intervista al super impegnato Marco Costaguta. C.N.: Ciao Marco cosa bolle in pentola? M.C.: molte cosa caro Nicola, oggi siamo qui al palasport 105 Stadium con gli sport da ring, e vedremo per la prima volta in Italia due semifinali mondiali di CHAUSS' FIGHT che in Francia è il numero uno tra gli sport più seguiti, tutti gli elite francesi combattono in questa specialità. Similare alla Savate ma con regolamento della Kick Boxing, si combatte con le scarpette ai piedi e con il classico pantalone lungo attillato o da full contact. Avremo inoltre un titolo mondiale della WAPSAC Italia che, insieme alla WAPSAC internazionale è una fusione del ministero dello sport.

C.N.: cosa rappresenta questa sigla? M.C.: World Association Promotional Savate And Chauss Figth è la nuova sigla internazionale leader del settore di questo ultimo sport da ring. C.N.: molto interessante, ma non è l’unica novità che ci proponi, ci puoi parlare di questo cerchio di sabbia che avete allestito vicino al ring? M.C.: Si è una novità per l’Italia: è un cerchio di 8 metri di diametro con uno strato di 20/30 centimetri di sabbia dove si combatterà la Lotta Senegalese, Lut Senegale in francese; è uno sport primario nel suo paese d’origine, che ha un seguito molto alto, addirittura più del nostro calcio tradizionale, ci sono dei grandissimi campioni che guadagnano borse veramente alte. Per la prima volta a Genova ci sarà la gara per la cintura dei pesi massimi chiamata GENOVA-DAKAR sotto l’egida di WAPSAC ITALIA che avrà la sua finale il prossimo 7/8 giugno presso la Fiera Internazionale di Genova, nel Palasport, che viene usato anche per il famoso Salone Nautico, pensa che tiene 30.000 spettatori. C.N.: che caratteristiche ha questa specialità, rispetto alle altre discipline da combattimento?

M.C.: Si avvicina molto alla classica lotta Greco-Romana pero c’è anche l’uso dei pugni, cosa che questa sera sarà molto limitata a causa delle leggi italiane che non consentono di colpire con i pugni a mano nuda come fanno nella loro tradizione i Senegalesi, dovrebbero indossare un guantino tipo MMA, ma ovviamente non vogliono farlo. Perde il combattimento chi si trova in situazione di 4 appoggi, ovvero con le mani a terra, o le ginocchia o la testa, oppure chi viene sbattuto fuori per due volte. Un solo round da 5 minuti. C.N.: Grazie Marco per aver portato anche questa antica tradizione sportiva e culturale, contornata da musica, con le caratteristiche percussioni, e da spettacolari danze e giochi con il fuoco. M.C.: grazie e ci vediamo di nuovo al FIGTH GAMES a giugno!

Intervista e video a cura di: Nicola Pastorino Foto: Giampaolo Michelotti Guarda il video della serata su http://www.marzialenetwork.info/#!streaming-tv/c1h30












Mente, Corpo, Spirito Il KAPAP (Krav Panim El Panim) è un’arte marziale israeliana che oggi è riconosciuta a livello internazionale, che è sorta come un ponte tra vari sistemi marziali. Il KAPAP fu unificato quando venni scelto per diventare un istruttore dell’unità YAMAM, una unità superiore israeliana che opera contro il terrorismo. Essendo una unità d’èlite in Israele, qualsiasi istruttore nutriva la speranza di essere assegnato ad essa. Devo ammettere che non ero certo il peggiore di tutti e per quello mi scelsero. Molti ex-membri di unità provarono a diventare istruttori di quest’ultima. Il comando YAMAM si fondò sul programma che ho costruito insieme al Tenente Colonnello Chaim Peer, che era il sistema didattico più all’avanguardia per il combattimento corpo a corpo e che più soddisfaceva le sue necessità. Concepimmo il sistema come un ponte tra i vari esistenti e sull’analisi di metodi di arti marziali differenti. Ci basammo anche sulla nostra esperienza nelle Arti Marziali, poiché abbiamo il grado di Cintura Nera in diverse di esse. Ci siamo avvalsi dell’aiuto di Hanshi Patrick Mc Carthy, uno dei migliori sia nelle arti marziali realistiche, che in quelle tradizionali e sportive, in qualità di consigliere quando avviammo quello che oggi è conosciuto come KAPAP. Oggi abbiamo guadagnato popolarità e spesso rallentiamo il ritmo nella costruzione del sistema – è meglio che farlo troppo velocemente. Vogliamo solo le persone più adeguate e respingiamo la maggior parte delle persone che danno l’esame del primo livello con noi. Respingiamo oltre il 75% degli allievi che cercano di diventare istruttori; alcuni di loro si trasformano in “Gran Maestro” il giorno dopo!! Ma perché lo sappiate, questo non è il nostro modo di fare, ne le persone che vogliamo promuovere. Grazie agli anni di esperienza tattica e nell’esercito del Tenente Colonnello (Res) Chaim Peer e del sottoscritto, abbiamo aggiunto sempre più cose al nostro “ponte” per il miglioramento e il progresso del KAPAP. Ogni anno aggiungiamo più settori con l’ausilio di molti amici e maestri. Negli ultimi anni abbiamo inserito Machado RCJ del Brazilian Jiujitsu. In molti sistemi si afferma che “non vogliamo lottare a terra per strada!” oppure “noi non vogliamo combattere con un coltello!”, ma è necessario studiare tanto per essere un artista marziale completo. Non si può decidere dove e quando si combatte o meno, o se si finisce a terra, o in una stanza chiusa, o per le scale, in un ascensore o anche mentre stiamo mangiando. Potrebbe persino succedere mentre siamo al cinema, o seduti in un’auto parcheggiata! Il KAPAP è un’arte marziale che si potrebbe anche chiamare “Banana” per quanto ci riguarda, ma sarebbe sempre KAPAP nella propria mentalità, nello spirito, nel corpo e nelle idee e principi, ma continuiamo a chiamarla col nome KAPAP per preservarne il suo patrimonio e per rispetto verso le radici marziali israeliane. Ciò che caratterizza un sistema non è il nome, ma le persone che stanno dietro tale sistema. Dopo 15 anni di

lavoro nel nome del KAPAP, adesso veniamo calunniati da qualcuno che dice che non siamo i veri fondatori del KAPAP, perciò ricorrerò al libro più antico del mondo, la Bibbia:” Hai ucciso e poi ereditato?” – Hai ammazzato e poi ereditato? All’inizio ti uccideranno, attraverso il loro personaggio e poi cercheranno di farsi spazio nel mercato basandosi su delle menzogne. Ma essi ereditano da chi ammazzano, per costruire loro stessi e per apparire migliori calunniano gli altri per elevarsi alle loro spalle. Le spalle di coloro che costruirono ciò che adesso sostenta anche questi soggetti, che è il vero KAPAP, il vero Krav Maga. Come artisti marziali, comprendiamo la debolezza dell’uomo di fronte alla vita e sappiamo come trattarla. Eleanor Roosevelt disse:” le grandi menti discutono di idee; le menti medie discutono dei fatti; le piccole menti discutono le persone”. Per ciascun caso di diffamazione, invece di perdere tempo prezioso o energia cercando di difendere la nostra arte, abbiamo scelto di pubblicare un nuovo DVD, o un nuovo libro, per condividere più idee, per non parlare delle persone piccole ma delle idee e di come condividerle. Stiamo lavorando a un nuovo progetto basato sull’idea di “con un solo coltello”. Sarà un settore che nasce a grazie ad anni passati ad osservare le Arti Marziali e i tentativi di molti che per provare a vendere più “realtà” o allenamenti “basati sulla realtà” usano slogan come “il Sangue nelle mie mani”, con storie alla Rambo. Anche queste idee di marketing presentano il coltello e le abilità nel combattimento vengono associate a strumenti del male in molti aspetti. Fino a che punto può essere brutto uno scontro in cui sappiamo che una persona con un coltello in mano, o un’arma da fuoco, è più forte di qualcuno senza? Però con una pistola le cose sono diverse. Una pistola si utilizza solo con un obbiettivo: togliere la vita. È per questo che sostengo a maggior ragione che non mi piacciono le armi da fuoco. Nonostante io abbia usato armi da fuoco da quando avevo 6 anni e insegno ad usarle da molti anni. Un altro punto importante da sottolineare è che non si combatte mai con una pistola o un coltello, ma contro la persona che li detiene. Questo rilevante principio deve essere tenuto presente – in qualsiasi scontro con un arma, non affrontiamo l’arma, bensì l’aggressore e combattendo dobbiamo tener conto di tutto ciò. Mi vedo come un maestro di scherma e mi baso sui concetti della spada. le pistole richiedono meno abilità della spada, perciò introduciamo nel campo di battaglia i valori presenti nel combattimento con la spada – quelli che dimostrano lo spirito, la mente e il corpo. Li uso sempre nei miei insegnamenti, la spada che da la vita, non quella che la toglie. Tutti sappiamo che qualsiasi idiota può togliere una vita, ma per dare la vita attraverso un’arte è necessaria una abilità reale accompagnata da altrettanta saggezza. Per questo, quando vedo come alcuni pubblicizzano corsi di coltello o di tiro con slogan come “con il sangue nelle mani” lo ritengo vergognoso. Le armi sono fatte per difendersi e non per togliere la vita ed è triste quando a volte dobbiamo farlo. Non è qualcosa di cui andare fieri. Nei miei viaggi ho sentito molti ex soldati alla Rambo affermare che gli altri sono buoni tiratori solo



sulla carta e che non potrebbero sparare a nessuno. Preferisco sparare a un bersaglio di carta per migliorare le mie doti, che essere un criminale di guerra. L’anno scorso ho disegnato un coltello basandomi su questo concetto. Essendo cresciuto all’ombra di mio padre, mi sono ispirato a una lama che veniva impiegata nelle prime unità delle FDI. Questa serviva non solo per il combattimento corpo a corpo, ma anche come strumento per aiutare a preparare da mangiare e per l’uso da campo. Mio padre la usò per molti anni in cucina ed è così che sono cresciuto, con questo coltello sempre nella nostra cucina utilizzato come un utensile, non per uccidere. Come sappiamo che una persona è abile con il coltello? Dagli un coltello e chiedigli di fare qualcosa con lui. Qualsiasi fesso può uccidere con un coltello. In questa maniera, insieme al mio amico Toby Cowern, Maestro di sopravvivenza artica e nostro istruttore di sopravvivenza di KAPAP, abbiamo disegnato un nuovo programma per sviluppare ancora di più la mente e lo spirito nell’uso delle capacità di sopravvivenza. Sono appena tornato dopo averlo insegnato alle unità di Polizia e alle Forze Speciali della Croazia e lo hanno adottato! Sono rimasti impressionati dal programma e dalle idee che abbiamo proposto per la sopravvivenza e l’allenamento mentale per sviluppare la forza interiore e la volontà. Negli ultimi anni il coltello Karambit, che è solo un coltello aggressivo, può si tagliare, ma non può fare nulla di più di qualsiasi altro coltello che non sia già sul mercato. Per qualcuno è il coltello definitivo. E’ successa una cosa simile a ciò che avvenne nei primi giorni del Nunchaku, che divenne popolare grazie a un film. Viene pubblicizzato come un coltello con cui si possono realizzare tutti i tipi di attività, ma è vero e può servire come coltello tattico? La risposta è semplice: prendiamo il coltello Karambit, prendiamo il nostro coltello da sopravvivenza e entriamo in un bosco, facciamo dei lavori e vediamo se riusciamo a farli con entrambi. Le truppe dell’Esercito e delle Forze Speciali ne hanno bisogno di uno per tagliare le corde, il metallo, per costruire dei rifugi sul campo, scovare mine interrate e molto altro ancora. Così vedremo se il coltello Karambit potrà fare tutto questo o meno.

Bene, già conosciamo la risposta a questa domanda. Se viene pubblicizzato come coltello tattico, che si usa per uccidere, per quello abbiamo le armi da fuoco. Se l’arma primaria funziona male, si userà quella secondaria e tutti quei film che mostrano combattimenti con coltelli sono soltanto per gli spettatori al cinema e non per i soldati veri. Perciò credo che il coltello Karambit non abbia altra utilità che quella di togliere la vita, cosa che può fare una qualsiasi pietra o anche un qualsiasi altro coltello. La nostra missione come insegnanti consiste anche nell’ insegnare la compassione e non a togliere la vita. L’insegnamento della scherma si approccia sempre con grande rispetto. Facendo Iaido il primo taglio si esegue lentamente con lo scopo di insegnare il controllo accurato della mente. Lo si fa così per insegnare l’importanza della vita e della morte e che quando si deve togliere una vita per qualsiasi motivo, non è per nulla uno scherzo. Strappare una vita è un atto triste, una cosa grave e spiacevole, che sia per salvare la propria vita o quella di altri, è un prezzo terribile da pagare. E’ triste e dobbiamo sperare che non sia necessario e se possiamo evitarlo lo dobbiamo fare. Dobbiamo continuare ad insegnare ai nostri allievi l’umanità e la compassione, insieme con le altre nozioni. Dobbiamo insegnare non soltanto il corpo, le qualità fisiche, ma anche aggiungere una mentalità filosofica e l’utilizzo di una forza di volontà profonda. Possiamo guardare in maniera intensa e salutare dall’esterno, ma senza il nostro potere e la forza interiori è possibile cadere facilmente a causa di un piccolo stress. La nostra forza mentale e la nostra mente non sono costruite con pareti forti per resistere ai terremoti o agli tsunami della vita, ne alle situazioni stressanti nelle quali ci possiamo trovare ogni tanto. Come artisti marziali cerchiamo di insegnare e studiare le Arti Marziali, quelle basate sulla realtà e quindi il realismo nelle nostre tecniche e movimenti del “sistema”; ma cosa possiamo fare nella vita reale? Ci possiamo allenare a disarmare un avversario aggressivo armato di coltello

o pistola, ma come possiamo difenderci da una persona vigliacca, subdola o un collega di lavoro che farà qualsiasi cosa per sfruttare il nostro lavoro? Dalla gente “autentica” che cerca di sminuire gli altri per mettersi in evidenza, senza possedere le dovute conoscenze per dimostrare alcunché? E’ possibile difendersi dalla vita reale? Si può continuare ad insegnare arti marziali realistiche senza cadere nei problemi economici o senza vendere se stessi e la propria arte? Si può lottare contro il fatto che molti concorrenti in questo affare ci vedano come una minaccia per il loro successo e facciano tutto il possibile per tentare di svilirci tramite qualche calunnia? Si può lottare e mantenersi economicamente in questo periodo, mantenendo le convinzioni e insegnando ciò che deve essere insegnato di quello


che conosciamo come “Arti Marziali” o Budo o anche Krav Panim el Panim (KAPAP)? Si può lottare contro le malattie e la propria salute, la morte di amici stretti e persone care? Si può lottare contro un incidente in auto o un’attività in bancarotta? Studiamo, insegniamo e conserviamo un sacco di tecniche che possiamo impiegare per difenderci da un aggressore armato, da più aggressori, da calci, pugni o strangolamenti, ma possiamo utilizzare queste tecniche per sconfiggere i nostri fallimenti personali o le nostre disgrazie? Lo studio delle Arti Marziali può addirittura difenderci nella nostra vita quotidiana? Come possiamo costruire la nostra forza interiore? Senza forza interiore, non ci sarebbero le Arti Marziali e forse neanche la vita. Quando sono venuto al mondo ho lottato, con scarse possibilità di vivere essendo prematuro, a causa dell’avvelenamento del sangue che provocò altri problemi che mi relegarono in ospedale per un lungo periodo, durante la mia prima infanzia. Crescendo in un paese nuovo che ora si chiama Israele, con un padre dai modi spicci che perse i genitori quando aveva solo 10 anni, mio padre dovette farsi carico di se e dei suoi due fratelli, portandolo a dedicare la sua vita a Israele, prestando servizio in 5 guerre per difendere la sua famiglia. Mio padre ci insegnò a non combattere contro coloro che odiamo e sono di fronte a noi, ma a farlo per difendere coloro che amiamo che stanno dietro a noi. Quello mi portò ad arruolarmi nell’esercito a 14 anni, sono cresciuto nell’accademia dell’esercito. Non posso paragonare ciò che ho fatto io con quello che fece mio padre, così come io non sono fatto con la sua stessa forza interiore. Quando penso alle difficoltà che aveva lottando per sopravvivere, posso solo tentare di seguire i suoi passi sulla base della sua potenza e forza interiore, nella speranza di essere coraggioso come lui e con questo proseguire nella sua strada e cercare di comprendere la parola più importante che mi ha insegnato per le arti marziali e la vita: Rispetto. Nella mia vita sono sopravvissuto a numerosi attentati omicidi. Durante la guerra del Libano mi hanno sparato addosso così tanto, da mettere in crisi anche un gatto con le sue 9 vite! Ho perduto i miei migliori amici. Uno di loro era il colonnello più giovane con i suoi 27 anni, ma non riuscì ad arrivare a 28; questo è ciò che si chiama successo? Si chiama devota lealtà. Per condividere tutto attraverso l’amore e la pace. Per la difesa del suo paese, ha dato quello che qualsiasi essere umano di più non potrebbe, la propria vita.

Sono sopravvissuto all’attentato alla mia vita da parte dei difensori del Krav Maga, uomini ebrei. Sangue del mio sangue? Tutti mi avvertirono circa i miei nemici. Sono stato attaccato da “amici”, cattive persone. Alcuni erano colleghi di lavoro che hanno unito le loro forze per assassinare il personaggio, me. Come affrontare tutto questo? Quando tuo figlio torna a casa da scuola e ti chiede perché cercando su Google il nome di suo padre appare come quello di un truffatore? Suo padre viene descritto come un insegnante di difesa personale fasulla. La diffamazione è stata perpetrata per cercare di distruggermi e togliermi dal mercato delle arti marziali. Il nostro nome è la nostra bandiera. Qualche gruppo “divertente” diretto da un tipo che allontanai dall’Esercito per un’assenza senza permesso e aver commesso dei crimini nell’esercito, cercò di vendicarsi e costruì il suo nome e il nome del gruppo utilizzando termini come “combattimento reale” o “sangue nelle mani”. E’ un eroe? Come disse uno dei miei amici: “Io non sono un’ eroe di guerra, ma senza dubbio un’ eroe della vita.” Puoi lottare contro un leone, ma non contro 100 conigli. Il volpino fa la sua pubblicità al meglio e la calunnia non aiuta nessuno a guadagnarsi la sua fetta di mercato. Le Arti Marziali sono una abilità, ma la calunnia è una vergogna. Allo stesso tempo, sono sopravvissuto a 6 tumori, mi hanno attaccato uno dopo l’altro. Sono stato operato 6 volte. Anche nel momento della morte di mio padre, questo gruppo di persone senza scrupoli, una di loro con una infermità mentale certificata per la quale fu allontanata dall’esercito, ha continuato a calunniarmi. Sono una vergogna. Ho perso due amici. Uno ucciso da un colpo di pistola alla frontiera tra Egitto e Israele, dopo aver ucciso un terrorista. Ho perso uno dei miei migliori amici, e forse l’ultimo amico vero che avevo. Lui era un eroe vero, una persona umile. Grazie a lui molti attacchi suicidi sono stati sventati e molti terroristi eliminati. La vita è la vera arte e fu sconfitto dal cancro. Parlavamo e scherzavamo solo sue settimane prima della sua morte e mi domandò se ero preoccupato. Voleva sapere come affrontavo i miei problemi di salute e io gli chiesi come faceva lui con i suoi. Lui mi disse:” Ho smesso di aver paura della morte e l’ho accettata”. Questo è lo spirito del samurai. Apriamo le nostre braccia alla morte. Amiamo la vita, ma accettiamo la morte. Vivere per il domani, ma credo che ogni giorno sia il nostro passato e allora come utilizzarlo nel miglior modo

possibile? Dormendo o facendo delle cose? Questa è la ragione per cui la mia giornata ha 25 ore. Mi alzo un’ora prima di fare qualsiasi cosa, per condividere di più, amare di più, per parlare più di pace, per fare del nostro mondo un posto migliore e per godere di essere una piccola parte di esso. Ogni giorno è il mio passato, ma ho intenzione di avere una vita molto lunga. Anche se l’anno scorso ho avuto un grave incidente automobilistico. Il poliziotto che rilevò l’accaduto non poteva credere che ne sono uscito vivo! Si, sono un gatto con 9 vite. Nasco e muoio molte volte, tutti i giorni, perciò ogni giorno è il mio compleanno! Non aspetto il mio compleanno per essere veramente felice e sorridere condividendo il miei dolci . Fare domande ha generato soltanto altre domande. A volte mi piacerebbe iniziare con le risposte e lasciare le domande un po’ più in là e agli altri. Vivere alla giornata. Cercare di scoprire chi sono e fare del mio meglio. Lavorare sui miei sbagli e correggerli. Accettare la possibilità di essere colpito dalla vita, affrontare tutte le difficoltà nel segno della comprensione, l’amore e la pace per raggiungere la pace interiore e il rispetto. Ho conosciuto gente assai piacevole, esseri umani davvero umili e gentili, con la comprensione dell’umanità e il rispetto degli altri. “La buona medicina è sempre amara”, l’apprendimento non è sempre divertente, ma c’è un sacco di soddisfazione e appagamento dopo di esso. Gli allievi pensano di fare tutto il possibile, nonostante essi non sappiano quale sia la loro migliore versione. L’insegnante è lo “spauracchio” degli allievi, non perché questo sia temibile, ma perché capisce e mostra loro i propri punti deboli. Per quanto un allievo riceva da parte dell’insegnante, si convince che è tutto grazie a propri sforzi. I maestri meritano tanto rispetto come un padre o un sacerdote, anche se a volte non ottengono nulla. Ma così come accade con i miei maestri, il loro spirito continua a vivere anche quando non sono più con noi. È per questo che rifacendoci agli Shizen, ringraziamo il grande spirito, per ricordarci che tutto ciò che sappiamo esiste solo perché ci è stato trasmesso. Dobbiamo obbedire e tramandarlo ai nostri allievi. L’insegnamento e lo studio non deve essere trasportato dall’ego, ma solo dall’amore e la pace. La natura è una grande maestra, è per questo che realizziamo spesso la formazione immersi in essa e anche l’addestramento di sopravvivenza per completare questo studio sulla resistenza mentale e la forza interiore.


Per scrivere questo articolo mi sono basato sulle idee Zen Kodo - Antiche Vie di Kensho Furuya, RIP [1948 - 2007], le idee del mio Maestro Hanshi Patrick McCarthy [Aiki Kenpo Jiujutsu e Koryu Uchinadi] del mio Maestro di Il professor John D. Machado [RCJ Machado Brazilian Jiujutsu] e la mia vita personale.


Grandi Maestri


SGM CACOY CANETE Ogni sport o arte marziale possiede i suoi grandi esempi. Mohammed Alì nella Boxe o Helio Gracie nel Jiu Jitsu brasiliano sono leggende che ispirano milioni di persone. Nell’Eskrima si può dire di Cacoy Canete. Le sue capacità sono così eccezionali che questa leggenda vivente di 95 anni e 12°Dan nel Doce Pares riesce ancora a stupirci. Ciò che molta gente non sa è che lui ha anche alti gradi in altre discipline. Possiede l’8°Dan di Jiu Jitsu, Judo e 6°Dan nell’Aikido e Karate. Cacoy è diventato famoso in tutto il mondo dopo che la BBC ha trasmesso nel 1982 il documentario “Way of the Warrior” (La Via del Guerriero), diffuso a livello globale.

“Le sue capacità sono così eccezionali che questa leggenda vivente di 95 anni e 12°Dan nel Doce Pares riesce ancora a stupirci”

La sfida Il mio primo incontro con Ciriaco Canete (gli amici lo chiamano Cacoy) è stato nel 2000 in circostanze curiose. Suo nipote Dionisio (Dionie) Canete aveva sfidato Cacoy Canete. A quel tempo Cacoy aveva già 81 anni. Tuttavia, egli accettò la sfida. A quell’età di solito non ti metti in quel genere di situazioni. Però per Cacoy non pareva essere un grande problema, perché anche a quell’età era molto in forma, vitale e tonico. Ricordo che la notizia ebbe grande risalto nelle Filippine. Uscì sui giornali, in televisione e in radio. La notizia della sfida arrivò dappertutto. Tutti rivolsero la loro attenzione ad essa. Era annunciata come la sfida del secolo


“Hai mangiato alla mensa di Dionie Canete e adesso stai mangiando a quella di Cacoy” e io stesso ero presente e ricordavo di essere alquanto sorpreso dall’evento e da come venne gestito nelle Filippine. In quel periodo ero al Camp di Dionie. Entrambe le parti avevano un sacco di allievi e insegnanti, una moltitudine di gente. All’ultimo momento il combattimento venne sospeso grazie all’intervento della moglie del sindaco locale. Il giorno dopo Cacoy e suo nipote erano nella prima pagina del giornale Sun Star delle Filippine. Egli ha ricevuto due grandi sfide in questi anni, entrambe prevenute dall’intervento del sindaco e della polizia. Così non

sapremo mai chi avrebbe vinto lo scontro.

Allenandosi con Cacoy Nel 2006, grazie alla curiosità che ancora avevo verso il suo stile, mi recai alla scuola di Cacoy per allenarmi. Ricordo una cosa divertente, preannunciai la mia visita un paio di mesi prima di dire che volevo andare ad allenarmi. La maggioranza mi accolse con molto calore, eccetto un uomo chiamato John Mac, il numero

uno degli allievi di Cacoy che mi lanciò un’occhiata alquanto arrabbiata e aggressiva ed era chiaramente pronto a combattere. Sapevo che non ero considerato come un normale allievo, perché ero stato allievo di Dionisio Canete per nove anni. Dissi a Cacoy che volevo iniziare il suo stile come se io fossi un principiante. Più tardi quella sera, quando eravamo a mensa, John mi disse che era sollevato dal fatto che io non ero li per un combattimento. Sembra che si fosse preparato per due mesi per questo evento. Il Doce Pares


di Cacoy è totalmente differente da quello di Dionie Canete. I punti di attacco, le parate, il disarmo, lo sparring controllato, i principi Eskrido erano tutti diversi, fondamentalmente era tutto nuovo. Per me era un nuovo mondo del Doce Pares Eskrima. Un maestro filippino mi disse “Hai mangiato alla mensa di Dionie Canete e adesso stai mangiando a quella di Cacoy”. Qui ho sviluppato una combinazione unica di abilità tecniche e mentali. C’era così tanta conoscenza del Doce Pares! Ho passato un po’ di tempo con Cacoy. Mi ha allenato lui personalmente ed è stata un esperienza incredibile e un grandissimo onore. Si potrebbe paragonare all’allenamento nel Chi Sao con Yip man (maestro di Wing Chun) o al fare guanti con Mohammed Alì nella

Boxe. La sua conoscenza ed esperienza nell’Eskrima sono uniche, le sue idee e tecniche si basano sulla pratica e non sono comparabili ad altri stili di Eskrima.

Lo sparring controllato Lo “Sparring Controllato” è molto importante, forse la parte più importante del Cacoy Eskrima. Simile al Chi Sao del Wing Chun (mani appiccicose), lo sparring controllato si applica a corta distanza e tutti i colpi vengono portati con l’insieme degli elementi, l’Eskrido (colpi) e il principio del flusso (col bastone); Cacoy mi disse che il suo stile si è sempre evoluto e modificato. Il che a mio avviso è normale, dal momento che si tratta di un’arte per il combattimento realistica. Cacoy è uno

dei pochi maestri il cui stile è stato provato nel combattimento reale. Egli ha partecipato a circa un centinaio di combattimenti, senza alcun tipo di protezione e non ha mai perso. Quest’uomo non è solo un grande combattente, ma è anche una persona gentile, scherzosa e piena di buoni consigli. Uno dei suoi scontri contro il proprietario di un night club, un uomo dalla dubbia reputazione, ebbe luogo in una stanza di un hotel. Cacoy mi disse che la porta era chiusa, scelsero l’arma (bastone) e cominciarono a combattere. L’uomo iniziò attaccandolo duramente alla testa, Cacoy lo parò e contrattaccò immediatamente con attacchi rapidi e duri alla testa e al corpo; il tutto terminò in pochi secondi e Cacoy dimostrò ancora una volta che il suo stile era superiore.


La prossima generazione Cacoy adesso ha 95 anni e i suoi successori sono pronti per mantenere in vita il Doce Pares. Suo nipote Chuck Canete e il suo migliore allievo Juan Mac diffonderanno lo stile con lo spirito di Cacoy Canete. Mi sento onorato di aver ricevuto l’addestramento da questo vero Grande Maestro e vi raccomando di vedere il documentario “La Via del Guerriero: Eskrima, la Via filippina”. Lo potrete trovare facilmente su YouTube. Sarete il benvenuti nel mio mondo, il mondo dell’Eskrima. Per i miei prossimi video e attività, visitate il mio sito internet, HYPERLINK "http://www.knifefightsystem.com" www.knifefightsystem.com, e non mancate di mettervi in contatto con noi tramite l’indirizzo: HYPERLINK "mailto:sekan@ziggo.nl" sekan@ziggo.nl


“Cacoy adesso ha 95 anni e i suoi successori sono pronti per mantenere in vita il Doce Pares�


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COME E’ STRUTTURATO IL FU-SHIH KENPO TECNICA INDIVIDUALE SINGOLA Combinazioni, complesso di tecniche per essere realistici, se non si ha il tempo di allenarsi e dedicare impegno a una base regolare delle Arti Marziali, non c’è nulla di sbagliato nel movimento complesso; a parte essere efficace è molto bello da vedere quando viene praticato correttamente. Per favore, ricordate che questo movimento si mantiene invariato mentre continuate ad allenarlo. Gli errori nell’allenamento regolare o smettere di farlo portano a un deterioramento della coordinazione, della rapidità, dei riflessi, della morbidezza, dell’equilibrio e soprattutto dell’efficacia. Se al contrario non si ha il tempo per dedicarsi a un allenamento continuo, allora sono consigliabili le tecniche singole che sono semplici ed effettive. Se avete dei dubbi sull’efficacia della tecnica (stile) che state imparando, allora cambiate scuola; oggi come oggi ci sono una grande varietà di stili, Maestri, specialisti, metodi e scuole dove potrete sempre trovare qualcosa con cui sentirvi a vostro agio. Questa è una cosa che vi aiuterà sempre a progredire. Se non vi piace una cosa non avrete mai le giuste motivazioni per farle bene. Le tecniche singole sono insegnate alla forze di polizia e di sicurezza, gruppi speciali, antisommossa, intervento rapido, scorte, Berretti Verdi, ecc. perché queste non richiedono di essere in perfetta forma fisica perché siano efficaci. Anche se tutti loro ovviamente lo sono.

ARMI Al contrario dei sistemi giapponesi in cui le arti con armi e senza si praticano in scuole differenti, nel Fu-Shih Kenpo le due cose si insegnano nella stessa scuola, ciò garantisce il progresso naturale, la familiarizzazione con queste, allo stesso momento in cui si sviluppa un grande senso di attenzione e rispetto. Alla fine, le armi si muoveranno secondo le capacità, la padronanza e l’abilità che avrete a livello fisico. Nel Fu-Shih Kenpo i principianti cominciano con il Bastone Corto (Kali/Arnis) e il Bastone Stradale (Walking Stick), poi ne incontreranno altri come lo Yawara (15-20 cm), il Billy

Club (22-40 cm), Baton (40-75 cm), Tan-Jo (76-100 cm) e il Bo (a partire da 126 cm). Successivamente verranno inclusi Nunchaku, Sai, Tonfa, Kama, Coltelli, ecc, essendo queste le armi più caratteristiche del Fu-Shih Kenpo, poi verranno impiegati tutti i possibili oggetti d’uso quotidiano che possono essere utilizzati per la difesa personale. Come ho già indicato in precedenza, il maneggio, l’efficacia e l’eleganza nell’uso delle nostre armi, è sostanzialmente basata sulla capacità tecnica ed estetica che l’allievo o istruttore hanno conseguito nei loro allenamenti e percorsi formativi, come anche sulle conoscenze delle caratteristiche, delle applicazioni e della storia di ciascuna di esse. Per esempio, nell’uso del Bastone Corto, prima indicheremo al praticante quali sono le sue caratteristiche, prendiamo le basi, i principi e i fondamenti del Kali o Arnis e continueremo la nostra linea Kenpo, realizzando tutti i tipi di tecniche e manovre che sono eseguite con mani e piedi. Le serie tecniche varianti di quelle a mano nuda del nostro programma, daranno origine alle Forme del Bastone Corto. Rispettiamo ogni sistema con Armi, sia tradizionale che moderno, e se qualcuno dei nostri allievi decidesse di imparare accuratamente il Kali o Arnis, il Kobudo giapponese, o le Armi Cinesi, lo considereremmo appropriato e lo appoggeremmo totalmente, a patto che, logicamente, ciascun sistema sia altamente specializzato nel proprio stile. Ciò garantirà un alto livello nell’arma prescelta. Nel Fu-Shih Kenpo, l’allievo deve possedere una grande conoscenza nella Difesa contro Armi (teoria), prima di imbarcarsi nella pratica e specializzarsi. Le regole essenziali per la Difesa contro le Armi sono le seguenti: 1°) Allontanare l’Arma e il braccio dal perimetro difensivo del corpo 2°) Isolare o bloccare l’Arma 3°) Selezionare una tecnica di contrattacco secondo queste priorità: Fine di ogni possibile futura aggressione Possibile nuovo scontro con l’avversario disarmato. (a seconda del suo livello di abilità e destrezza) Raccogliere l’arma da terra. Prenderla e utilizzarla contro di lui o metterla fuori dalla sua portata. Nota: non cercare di realizzare azioni che ci mettano in situazioni di rischio, come potrebbe essere tentare di piegare o controllare le sue articolazioni, manipolare opponendo forza contro forza, cadere in situazioni

di squilibrio, fidarsi delle parole o del comportamento probabilmente ingannevole dell’aggressore. Perché se un uomo è abbastanza disperato per attaccare con un’arma, questo non si arrenderà facilmente a un’aggressione passiva. Nella maggior parte degli incidenti o delle gravi conseguenze di un agire scorretto, la causa principale sta nella negligenza nel fidarsi dell’avversario o nella preoccupazione di non provocargli troppi danni. E’ consigliabile lavorare sempre dentro un determinato grado di dolore contro l’opponente. “In casi estremi, usare tecniche e comportamenti estremi”.

ATTACCO CON ARMA Quando siamo all’attacco in un combattimento è importante colpire il braccio avanzato del nemico, così come la sua gamba anteriore. Ciò consente di entrare nel perimetro difensivo del suo corpo con sicurezza. Una volta che il braccio dell’avversario è inutilizzabile, non gli sarà possibile respingere l’assalto. Il prossimo bersaglio è la sua gamba anteriore infliggendogli un trauma, il che gli inibisce il movimento e riduce la sua mobilità, offrendo un bersaglio ampiamente alla nostra portata. Ricordate che questo è prioritario per la Difesa. A meno che il nemico non sia anche armato, non c’è necessità di fare delle finte, ma saranno sufficienti dei semplici attacchi diretti.

Precauzione Non sono necessari movimenti potenti, l’arma fa il suo lavoro correttamente e il suo uso da parte tua porterà a un attacco a buon fine. Se uno è più piccolo o meno pesante dell’avversario, non è raccomandabile cercare di fare una presa con l’arma, poiché l’altezza e il peso possono risultare pericolosi per noi, specialmente con armi senza filo come i bastoni. Come nell’attacco senza armi, i colpi alla testa, all’inguine e al torso come colpi primari non sono consigliabili, poiché è necessario oltrepassare la linea difensiva (perimetro difensivo) dell’avversario, rendendo a quest’ultimo più facile parare o catturare il braccio o l’arma. L’obbiettivo principale è sempre il perimetro difensivo, questo non deve essere sottovalutato. Tutti gli scontri ben diretti contro uno o più avversari dipendono dall’annullamento o dal danneggiamento dei perimetri difensivi.






YIN & YANG (PARTE 2) Personalmente, quella che credo sia la ragione più convincente per fare cross- training e comprendere lo Yin e lo Yang, è l’apprendimento della difesa personale più efficace possible. Per questo, nel mio viaggio ultraquarantennale, mi sono sempre sforzato di essere coerente a certi principi che considero essenziali per qualsiasi vero Maestro. Tieni sempre la mente aperta e non smettere mai di imparare (svuota la tua tazza!) Abbi come scopo il mantenere vivo l’interesse dei tuoi allievi Sii sempre umile e rispettoso Non avere paura di aprire una “via” e di essere un pioniere Ovviamente possiamo citare molti altri principi o dottrine per le quali gli insegnanti di Arti Marziali devono vivere la loro vita ed essere dei modelli per i loro allievi: l’onestà, la bontà, il coraggio, la generosità, la perserveranza, la forza caratteriale, ecc. Tutto auspicabile, stupendo, qualità positive senza ombra di dubbio. Tuttavia, considero che ciò che ho menzionato in precedenza sia la base necessaria sulla quale costruire, il suolo fertile in cui coltiviamo tutto il resto. Guidato da tanto tempo da questi principi e dalle mie convinzioni fondamentali sulla difesa personale, sono arrivato a un punto della mia



carriera nelle Arti Marziali in cui ho deciso che quello che volevo e avevo bisogno, per dare un contributo tangibile alle Arti, era sviluppare il mio proprio stile e, facendolo, creare un patrimonio da tramandare ai miei allievi. Il processo è stato difficile e non esente da ostacoli e conflitti. Ma il risultato finale è stato molto gratificante e positivo, ben aldilà delle mie aspettative. Attualmente lo stile che ho codificato, il Combat Hapkido, viene insegnato in più di 200 località in 15 paesi del mondo. Ha ricevuto il riconoscimento ufficiale da parte della Federazione Ki-Do (riconosciuta dal governo della Corea), inoltre viene insegnato alle unità militari e di polizia di vari paesi ed è apparso sulle copertine di oltre 20 riviste specializzate. Siamo orgogliosi di quanto ottenuto e continuiamo ad evolvere il nostro materiale tecnico, così come i nostri modi di proporlo. Pertanto, a questo punto, può essere giusto chiedere quale sia la principale caratteristica tecnica del Combat Hapkido, è uno stile duro o morbido? O forse una miscela coerente di entrambi? Prima di rispondere a tale domanda legittima, dobbiamo esaminare brevemente la storia dell’Hapkido (l’Arte più approfondita del mio sistema) e la sua genesi. L’Hapkido (La Via Armoniosa dell’Energia) venne fondato dal Gran Maestro Choi Yong Sool (19041986) a Taegue, Corea, nel 1948. la “Fondazione” non implica una cerimonia formale o ufficiale, piuttosto il culmine di un processo di formazione di un programma di studi e la strutturazione di un protocollo. Ma quali tecniche insegnò Choi? Dove e da chi le ha imparate? La versione breve (e più popolare) della storia è che durante la sua permanenza di 30 anni in Giappone, Choi si allenò con Sokaku Takeda, il direttore del Daitoryu Aikijujitsu, e imparò le 100 tecniche fondamentali di quel sistema. Dopo il suo ritorno in Corea, nel 1945, Choi cominciò ad insegnare quelle tecniche con il nome generico di Yawara (autodifesa). Poco a poco, iniziò a sviluppare il suo “stile”, che rifletteva la sua interpretazione e l’espressione individuale dell’arte, così come rispondeva alle condizioni culturali, sociali e politiche dell’epoca. L’Aikijujitsu in se conteneva un mix di colpi duri e leve morbide e Choi continuò a costruire su quella struttura, imprengnandola di una identità chiaramente coreana. Il risultato fu un sistema che incarna veramente la filosofia “Um e Yang” (la versione coreana di Yin e Yang), anche nel suo nome, l’Hapkido, che significa l’armonizzazione (hap) dell’Energia dura e morbida (ki) in un solo sistema (do). Dal momento che io ho sempre creduto che ci sono elementi importanti e utili nei due stili duri e morbidi, mi sono sentito immediatamente attratto dall’Hapkido dal momento in cui l’ho scoperto e, ad oggi, lo considero una delle Arti Marziali più versatili

“Attualmente lo stile che ho codificato, il Combat Hapkido, viene insegnato in più di 200 località in 15 paesi del mondo” e complete che esistono. I miei anni di formazione nelle Arti Marziali sono radicati negli stili “duri” dello Shotokan Karate e nel Taekwondo e ho sempre pensato che mi mancasse qualcosa. Mi rendevo conto di essere piccolo fisicamente e per questo avevo bisogno di introdurre un approccio “morbido” che si basasse meno sulla forza e la potenza e più sulla velocità e sull’abile manipolazione delle parti anatomiche più deboli. Pertanto, quando finalmente ho scoperto l’Hapkido, con la sua equilibrata miscela di tecniche dure e morbide, la mia missione fu svelata e la visione si fece chiara nella mia mente: volevo dedicare la mia vita all’insegnamento, alla promozione e allo sviluppo ulteriore dell’arte dell’Hapkido. Quindi, col tempo, è diventato quasi inevitabile che arrivassi a creare il mio proprio stile (kwan) per esprimere la mia creatività, la mia individualità e lo adattassi a un contesto in evoluzione. Vorrei che fosse chiaro che quando l’ho fatto, nel 1990, non volevo inventare una nuova Arte Marziale, ne me l’ero prefissato. E non ho mai detto di aver “migliorato” l’Hapkido, ma semplicemente di aver modificato e modernizzato la sua struttura e il protocollo perchè fosse più accessibile e per agevolarne la crescita. A livello tecnico ho evoluto il sistema per renderlo più sensibile e rilevante alle nostre necessità sociali e legali. Mi sono impegnato a produrre il programma di studi che fosse il più possibile più orientato all’autodifesa. Con quell’obbiettivo in testa, abbiamo realizzato e sono stati introdotti nel sistema una serie di “componenti” addizionali (che normalmente non si trovano nell’Hapkido tradizionale), come la sopravvivenza a terra, i punti di pressione tattici e il disarmo moderno. Questi nuovi programmi hanno anche contribuito in gran misura alla trasformazione del Combat Hapkido in un sistema più eclettico, completo ed efficace per il nostro mondo attuale. In conclusione, durante tutto questo lungo ma gratificante cammino, non ho mai perso di vista il messaggio sottile dello Yin e dello Yang e la sua profonda saggezza senza tempo. L’inevitabile dualità indispensabile del duro e del morbido, circolare e lineare, colpi e prese, armato e disarmato, è stato uno dei miei più preziosi principi guida e una costante ispirazione per la crescita personale e professionale. Vi consiglio di investire un pò di tempo nella riflessione sulla natura e il significato di Yin & Yang nella vostra vita, che a me è servito e che penso possa fare lo stesso anche a voi. Godetevi il viaggio!





Primo tempio Weng Chun di tutto il Mondo L’Associazione Internazionale di Weng Chun Kung Fu diretta dal Gran Maestro Andreas Hoffmann annuncia l’inaugurazione ufficiale del primo tempio Weng Chun di tutto il mondo. Così come il tempio Shaolin del Sud situato nel sud della Cina, il nostro nuovo tempio è posto nella costa sud del Mediterraneo in Italia, nel centro turistico Rama Beach Cafè, nei pressi della città di Napoli. Si tratta di un complesso, una struttura in legno tradizionale indonesiano originale, che è stato progettato e costruito a Bali, per poi essere trasportato attraverso l’Oceano Indiano e finalmente riassemblato in Italia, in uno straordinario viaggio da Est a Ovest. Il nostro obbiettivo è ricreare l’energia e l’ambiente tranquillo, pieno di armonia spirituale dei templi buddisti nei quali è nato il Kung Fu.

Come abbiamo conosciuto il Gran Maestro Hoffmann e la sua ispirazione Nel 2005, dopo anni di pratica nelle Arti Marziali e di ricerca personale, mio fratello Federico, il fratello di Kung Fu Fabio Sarnataro e il sottoscritto abbiamo conosciuto il GM Andreas Hoffmann, un uomo di poche parole, ma allegro, che ci mostrò con semplicità e umiltà la “via” che stavamo cercando. Egli la fece sembrare una cosa assai facile, attraverso una impressionante esecuzione di una delle forme più belle del Weng Chun – il Saam Bai Fat Kuen. Il Saam Bai Fat Kuen, una forma potente e spirituale, è una tradizione millenaria che è stata sviscerata Testo: Flavio Greco. International Weng Chun Kung Fu Association



e conservata dal Maestro di Hoffmann, il GGM Wai Yan. Wai Yan ha tramandato le conoscenze di questa forma al suo allievo Hoffmann, che trasmette questo patrimonio al giorno d’oggi.

La trasmissione permanente del Weng Chun Kung Fu Carichi di entusiasmo, abbiamo iniziato il nostro viaggio in questa meravigliosa tradizione come ospiti del Sifu Hoffmann, che ci ha accettato immediatamente come suoi allievi diretti e ci ha dato il benvenuto nella sede mondiale del Weng Chun, a Bamberg, in Germania. Sifu Hoffmann ci ha generosamente aperto le porte di un mondo fatto di onestà e di esperienza nei dettagli della conoscenza ed è diventato il mentore nel nostro apprendistato nella pratica e nel modo di vivere la meravigliosa arte del Weng Chun. L’apprendimento ha avuto luogo non soltanto attraverso molte ore di pratica fisica, ma anche tramite lunghe e intense conversazioni con nostro Sifu sulla nascita del nostro stile, la sua tramandazione nei secoli attraverso le diverse famiglie che, di generazione in generazione, lo hanno sviluppato e conservato fino a farlo giungere nelle mani del GGM Wai Yan a Hong Kong e alla fine nelle sue. Abbiamo percepito nelle parole di Hoffmann tutto il suo amore per questa arte, che abbiamo subito condiviso e un forte desiderio di restituirla all’antica gloria, diffonderla e viverla come lui stesso vive: come una missione in cui insegnare, mantenere viva la saggezza e trasmettere alle


Weng Chun future generazioni la conoscenza della nostra tradizione; egli è come uno dei monaci guerrieri Shaolin e Maestri Chan che in varie occasioni, nel corso dei secoli, hanno corso il rischio di scomparire. Quindi abbiamo deciso di dargli una casa, un luogo in cui poter praticare di nuovo, come nei secoli passati, nei suggestivi templi Shaolin di legno e pietra in cui fu creato e realizzato il sistema.

Il grande sogno del Sifu: costruire un tempio del Kung Fu Abbiamo trasformato in realtà il più grande sogno del nostro Sifu, che era costruire un luogo fisico e spirituale per il nostro stile, riportando indietro il Weng Chun e le conoscenze che abbiamo ereditato dai nostri antenati, di nuovo in un tempio, dai tempi della distruzione di quello di Shaolin. Come abati moderni, facciamo la nostra parte per diffondere il Weng Chun e il patrimonio del GGM Wai Yan nell’era moderna occidentale. Abbiamo scelto il nome “Vihara” per il nostro tempio: la parola Vihara in sanscrito vuol dire “dimora” e si usa nei templi buddisti per descrivere la sala dove risiede la grande statua di Buddha.

Il Gran Maestro Wai Yan: una interpretazione moderna dello stile tradizionale Il GGM Wai Yan è stato un precursore nel suo percorso di concezione delle Arti Marziali. Egli era un praticante e Maestro intelligente e dalla mentalità aperta. E’ stato un ricercatore per tutta la vita. Grazie a questo, nella sua scuola, il Dai Duk Lan, sono conversi il sapere e la tradizione delle principali famiglie del Weng Chun. Questi insegnamenti sono stati praticati in forma critica e analizzati secondo il principio buddista della ricerca della verità. In seguito, a differenza degli altri maestri cinesi, ha aperto la porta della sua casa e della sua scuola a un giovane occidentale che più tardi diventerà il suo successore, il Sifu Andreas Hoffmann. Con lo stesso spirito del nostro Sigung, il GMM Wai Yan, nel Viahara, come negli antichi templi Shaolin e poi più tardi nel Dai Duk Lan, continuiamo a proseguire nella ricerca di un’arte fisica e spirituale che aspira alla verità, con la mentalità aperta al confronto tra le diverse tradizioni e lineages che hanno preservato lo splendore di quest’arte nei secoli.

Il Tempio Viahara: il primo raduno Nel Novembre del 2013 ha avuto luogo il primo raduno del Viahara, con la missione di diffondere il Weng Chun. In un seminario di 2 giorni diretto da GM Sifu Hoffmann, che tra l’entusiasmo e la passione dimostrata dai partecipanti, egli ha portato il Weng Chun nella sua nuova casa. Il seminario di Sifu Hoffmann è terminato con un momento speciale, che da a questo posto un tocco di misticismo che rappresenta il legame continuo con la tradizione di Shaolin. Egli ci ha donato un cofanetto contenente un pezzo di terra che ha ricavato da una delle tra piante principali del tempio Shaolin del sud. Abbiamo interrato questo cofanetto sotto lo stupa che si trova di fronte alla sala principale, durante una cerimonia intima e spirituale. La cerimonia ufficiale dell’apertura del tempio verrà celebrata la prossima primavera, nei giorni 23, 24 e 25 Maggio del 2014. HYPERLINK "http://www.weng-chun.com" www.weng-chun.com link YouTube per vedere il Tempio Weng Chun: HYPERLINK: "https://www.youtube.com/watch?v=kTv9EVFWibw" https://www.youtube.com/watch?v=kTv9EVFWibw



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opo aver praticato e gareggiato per anni in Ucraina e in Europa, ho sentito il desiderio di migliorare le mie Arti Marziali in termini di autenticità. Ho sentito da molto tempo che c’è qualcosa che noi (noi bianchi) non riusciamo a comprendere completamente del Wu Shu (parlando delle arti marziali cinesi in particolare). La mia storia in Cina comincia quando lavoravo a Shanghai come artista di teatro. Fu un esperienza indimenticabile in cui ho avuto l’opportunità di allenarmi col metodo cinese di combattimento per la rappresentazione scenica dell’opera cinese. La mia seconda destinazione fu nel nord della Cina, nella provincia di Laoning. Suonando con il gruppo dell’opera contemporanea, laggiù ho scoperto un nuovo mondo delle arti

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tradizionali cinesi e ho cambiato il mio punto di vista che mi ero fatta leggendone a proposito. Il momento più bello è stato quando si è riunito il gruppo dell’opera Junior. Ragazzini dai 12 ai 15 anni che recitano in giro per la Cina da quando ne hanno 7 e viaggiano col loro Maestro, anche se in tutte le città in cui si trovano partecipano a corsi di educazione formale. Sono rimasta sorpresa da come erano ben istruiti quei ragazzi, non solo nella loro arte, ma anche nel resto. A quei tempi il mio cinese era quasi a livello zero, ma in qualche modo riuscivo ad interagire con loro a un livello speciale. Molto presto ho partecipato al tradizionale Campionato Mondiale di Wushu nel Wudang, che fu un evento meraviglioso. Poi mi sono resa conto che mi sarebbe piaciuto rimanere



in Cina per molto più tempo e concentrarmi nell’apprendimento degli stili tradizionali viaggiando per il paese. Sono passata per la provincia dello Hunan, dove ho trovato subito la Nan Yue Yuan, una scuola di Wushu molto isolata. Lì c’era il sig. Jiao – un insegnante – 26 anni di Nan Quan alle spalle, un uomo bassino e molto agile. Quando si muove si percepisce che possiede una specie di forza speciale dentro di lui. Ho avuto modo di restare per un po’ nella scuola. Le condizioni di vita erano molto spartane, soprattutto per i turisti internazionali ai quali piace cercare la scuola di wushu e rimanerci per divertimento. Tutti i membri della scuola si svegliano alle 6 e iniziano ad allenarsi. Non c’è acqua calda, riscaldamento ne nulla di speciale in quanto a cibo, poiché la scuola si trova su una collina senza infrastrutture intorno. La nostra permanenza li è stata meravigliosa, aldilà delle centinaia di punture di zanzare che mi sono ritrovata. Praticare con il Sig.Jiao mi ha dato fiducia e capacità di comprensione. Un'altra tappa incredibile ha avuto luogo nella provincia del Jiangsu. Ho conosciuto Xie Laoshi – maestra di Tai Chi. Questa donna straordinaria si muoveva in maniera pazzesca, eseguendo qualsiasi tipo di acrobazia. Ho avuto l’opportunità di praticare con lei per un po’ di tempo. Da lei ho imparato interessanti principi di rilassamento che utilizzava nel Nan Quan e in altri stili esterni. Viaggiando per la Cina, ho conosciuto molti amici e vissuto situazioni rischiose, ma la maggior parte delle cose

che mi sono accadute, le definirei una vera benedizione. Nel 2012 ho partecipato di nuovo al tradizionale Campionato Mondiale di Wushu, applicando tutto ciò che avevo imparato. Ho portato Huxin Quan e un sorprendente buon risultato tornando a casa vincitrice. Dopo le competizioni sono andata a Los Angeles e ho cominciato un altro splendido viaggio, il mio sogno è di fare dei film così ho iniziato a realizzare un mio sogno di infanzia. Quando sono tornata in Asia ho creato la Hidden Wu Productions e sono entrata nel magico mondo del cinema con il film-debutto “My name is Tanyusha” in uscita quest’anno! I sogni si avverano!


“L’eredità di Imi Lichtenfeld” Il problema di Imi con il suo metodo, che è basato su una ricerca intransigente della perfezione, iniziò a sorgere con la seconda generazione di praticanti di Krav Maga. Nella ristretta cerchia formata dai 10 allievi cintura nera di Imi, che eravamo tutti compagni durante la creazione del Krav-Maga come Arte Marziale Israeliana, nessuno si è mai lamentato del fatto che egli ci abbia istruito all’insegna della sua mania di perfezione. Quando Imi si mise davanti a noi e ci spiegò i diversi movimenti ed esercizi che aveva creato, il perché aveva incluso ciascuna tecnica e da dove aveva preso le idee fondamentali e pratiche per sviluppare ogni attacco e difesa, accettammo le cose così com’erano. Tutto era chiaro per ognuno di quelli che erano nella stessa stanza e sullo stesso tatami con una leggenda vivente, un uomo che era stato campione d’Europa in due sport da combattimento differenti e per noi era sufficiente per accettare le sue spiegazioni come se fossero i dieci comandamenti del monte Sinai e metterle in pratica allo stesso tempo. Questo vuol dire che ci allenavamo fino a che non facevamo le cose come voleva lui, per la sua completa soddisfazione. E quando Imi diceva, “fate questo” era chiaro che ognuno doveva fare la tecnica in modo più perfetto possibile e quello non solo ci rendeva orgogliosi ma era anche la nascita di una insolita fiducia in noi stessi, che in definitiva era ciò che tutti cercavamo. Tuttavia, col passare degli anni, ci furono alcuni cambiamenti. Imi finì di creare la sua Arte Marziale e lo aveva già annunciato ufficialmente. Avevamo raggiunto un livello superiore ottenendo la cintura nera e la maggior parte di noi aveva già i propri allievi, questo voleva dire che c’era una seconda generazione di Krav-Maga. Ma come sempre succede, in ogni gruppo ci sono allievi più o meno capaci. Alcuni avevano carisma e capacità di leadership e altri no. Alcuni avevano imparato a sviluppare la propria coordinazione e le qualità fisiche nel corso degli anni e negli allenamenti con Imi e altri no. Ce n’era uno in particolare che era molto elastico ma non riusciva a comprendere i principi delle tecniche. Un altro era così obeso che il solo muoversi da un posto all’altro supponeva uno sforzo eccezionale. Ma la cosa peggiore era quando alcuni si trovavano davanti ai propri allievi cercando di spiegare il metodo di Imi, senza che essi stessi fossero un buon esempio da seguire. Perciò i loro

“Un Arte Marziale non è uno sport, è uno stile di vita o nient’altro. E il Krav Maga originale di Imi non è un’eccezione a questa regola, o ne fai uno stile di vita, o non disturbarti ad imparare.” allievi pativano un conflitto interno, da un lato il Krav Maga che esige la perfezione, dall’altro i loro insegnanti che non rappresentavano tale concetto. Fu in quel momento che le cose si ritorsero contro Imi, perché egli non poteva trovarsi contemporaneamente in tutti i luoghi in cui i suoi allievi dirigevano i loro corsi. E quando egli organizzava degli allenamenti speciali nei dojo dei suoi istruttori, le cose andavano pure peggio perché gli allievi delle scuole vedevano Imi, capivano Imi e imparavano da lui, ma allo stesso tempo comprendevano che i loro insegnanti non rispettavano i requisiti del Krav-Maga. E per questo, molta gente cominciò a criticare apertamente il perfezionismo di Imi. Uno di questi arrivò addirittura più lontano, dicendo in uno dei suoi allenamenti: “Imi non posso fare quell’esercizio, se vuoi vieni e insegnalo tu stesso ai miei allievi”. Ma i perfezionisti non cambiano, rimangono tali per sempre e quello è il regalo più grande che Dio può fare a un essere umano. Quindi Imi continuava ad essere Imi. Nessuno poteva fargli cambiare idea o opinione, nemmeno un pochino. Un vero artista marziale è un perfezionista, oppure non è un artista marziale. Dobbiamo imparare e conoscere tutta la ampia varietà di Arti Marziali Giapponesi perché si possa comprendere il cammino verso la perfezione, senza questo non può esistere nessuna Arte, soprattutto quelle Marziali. Diamo un’occhiata al meraviglioso e impressionante percorso del creatore del “metodo dolce”, il Judo, Jigoro Kano. Ai giorni nostri il Judo si è trasformato in uno sport olimpico, ma se indaghiamo nel passato e impariamo la creazione originale del professor Kano, vedremo che è stato

quel perfezionismo ciò che lo ha condotto fino alla creazione del Judo. Possiamo osservare quelle caratteristiche e attributi in altri creatori che offrirono le Arti Marziali all’umanità, come Gichin Funakoshi del Karate Shotokan senza il cui prezioso contributo nessuno avrebbe mai sentito parlare del Karate. E naturalmente non possiamo dimenticarci di quel grande Artista Marziale che è il fondatore dell’Aikido, “il Sensei” Ueshiba. Ma anche se risaliamo molto più indietro nel passato, vedremo che ci sono state molte persone anonime che hanno partecipato alla creazione del Jiu Jitsu giapponese tradizionale e che lo hanno fatto basandosi su principi di perfezione fisica e mentale. Troveremo questa ricerca della perfezione in tutti i metodi, in ciascuna Arte Marziale. Un altro esempio è l’Arte Giapponese dell’arco e freccia, nella quale si evince che non ci sono solo semplici tecniche di tiro al bersaglio, ma c’è una vera e propria “religione” creata intorno ad esso. I rituali spirituali che si praticano, insegnano agli allievi di ogni livello a svilupparsi e a trovare in se stessi il massimo grado di perfezione che un essere umano possa raggiungere. Possiamo leggerne a proposito nel meraviglioso libro dell’autore tedesco Eugen Herrigel, “Lo Zen e il Tiro con L’arco”. Un piccolo libro con un contenuto e un significato enormi, colui che non rispetta le Arti Marziali non può permettersi di leggerlo. Naturalmente non ci dobbiamo dimenticare la più perfetta delle Arti Marziali, la via giapponese della spada, il Kendo. I Giapponesi non avrebbero potuto ne creare ne trovare in se stessi le Arti Marziali così come le conosciamo, se non fossero un popolo alla ricerca di tale perfezione. Questo è stato il luogo in cui sono nati i migliori guerrieri di tutti i tempi – I Samurai. La mente del Samurai era sempre occupata da una sola cosa: sviluppare le proprie capacità ed abilità per arrivare al massimo livello. “Perfezionismo” oggi è considerata quasi una “parolaccia”. Il mondo della psicologia non fa altro che aggravare questo fenomeno con una pioggia di articoli e suggerimenti su come affrontare la nostra naturale tendenza alla perfezione. Credono che tentare di raggiungere la perfezione, cercare sempre di migliorarsi, sia realmente una cosa negativa. Uno psicologo probabilmente ti dirà che soffri del complesso di perfezionismo perché i tuoi genitori non ti hanno dato affetto a sufficienza o perché qualcuno ha abusato di te quando eri un bambino. Facciamo attenzione a dove arriveremo…può essere che in un futuro prossimo si realizzeranno convegni o terapie per guarire il perfezionismo…


Cari lettori, senza questa naturale ricerca di perfezione insita nell’essere umano, il mondo così come lo vediamo non esisterebbe. Non avremmo nulla da mangiare o da bere. L’umanità esiste grazie al fatto che dal momento in cui siamo scesi dagli alberi e abbiamo iniziato a camminare su due gambe, c’è stata gente che ha cercato di migliorare la sua vita e tutto ciò che lo circonda. Il mondo è abitato da settemila milioni di persone di diverse tipologie e costumi. Alcune persone vivono la vita come se non avessero niente di meglio da fare, mentre altre guardano sempre avanti alla ricerca di cambiamenti, non soltanto per il bene proprio, ma anche per quello della collettività. E questa è precisamente l’idea che si cela dietro la creazione del Krav Maga originale di Imi. Quando lo abbiamo imparato nella maniera originale e primordiale in cui è stato creato, ci siamo allenati per essere i migliori. Migliori non solo sul tatami, migliori in tutti i sensi possibili. Abbiamo imparato ad essere dei leader, coloro che influenzano, non gli influenzabili. Solo colui che indaga, studia e comprende il metodo completo di Imi potrà essere capace di vederlo e sentirlo. Un Arte Marziale non è uno sport, è uno stile di vita o nient’altro. E il Krav Maga originale di Imi non è un’eccezione a questa regola, o ne fai uno stile di vita, o non disturbarti ad imparare qualche di movimento con le mani e con le gambe perché tanto non ti servirà a nulla. E’ come imparare a contare fino a cinque…e dopo cosa viene? Insegnate ad essere perfetti, cercate dentro di voi la chiave della perfezione. Questo è ciò che ci rende unici.


Krav Maga KRAV MAGA R.E.D. Il realismo grazie all’esperienza dei suoi fondatori In tema di difesa personale, il Krav Maga oggi è una disciplina di riferimento. La sua particolare originalità deriva dal fatto che nasce da una selezione di tecniche adattate a una realtà effettiva e scaturisce dall’esperienza di persone che hanno affrontato situazioni rischiose. Tuttavia, come ogni cosa, il Krav Maga si è

evoluto nel tempo. Attualmente, col l’aumento costante del numero di praticanti nel mondo, il Krav Maga, come molte discipline prima di lui, ha vissuto una ripartizione dei poteri e pertanto una moltiplicazione di stili che, in alcuni casi, hanno conservato lo spirito pragmatico di questa disciplina, ma che in altri ha dato spazio a un po’ di tutto. Se parliamo di difesa personale, parliamo di realismo. Un insegnante di Krav Maga deve quindi dimostrare l’efficacia delle sue tecniche e convincere i suoi allievi che egli stesso userebbe ciò che sta insegnando se si trovasse in una



Krav Maga situazione di aggressione. Il gruppo KMRED beneficia, grazie ai suoi fondatori, di una esperienza unica in quanto a difesa personale, sia civile che professionale. Infatti, quando oggi parliamo di aggressioni, per esempio, si associano spesso alla notte fonda. Le discoteche, i bar, le strade deserte di notte sono luoghi che si rapportano facilmente con risse, accoltellamenti, stupri, ecc. E’ l’esperienza propria dell’insegnante nelle situazioni reali, perché le ha vissute, che deve permettere di fare una selezione tra tecniche efficaci e tecniche pericolose. Quando parliamo di realismo a proposito di Christian Wilmouth, è molto difficile, dopo 20 anni nel settore della sicurezza privata e tanti anni passati ad addestrare personale nel settore delle forze dell’ordine, che egli insegni tecniche sprovviste di tale requisito. In quanto a Faustino Hernandez, che ha lavorato per circa 30 anni in locali notturni e ha praticato Boxe inglese per tanto tempo, potete contare su di lui perché vi insegni un Krav Maga in cui

egli stesso ripone la sua fiducia. Dan Zahdour, da parte sua, vanta un’esperienza militare, di sicurezza privata e di protezione governativa di oltre 30 anni. E’ evidente dunque che non ci sarà il benché minimo spazio per tecniche inutili. Infine, con Jerome Lidoyne, membro eminente di un’unità di forze speciali da oltre 20 anni, è chiaro che non si perderà tempo in tecniche fantasiose. Questo insieme di esperienze è stato unificato per costituire il programma KMRED che vuol essere un programma “Pilastro”, concentrando le basi di ciò che è necessario sapere in tema di difesa personale. Un programma pragmatico, dove la formazione del praticante e il lavoro sulla simulazione delle situazioni sono le priorità. “Non dobbiamo dare lezioni a nessuno, non siamo guidato dal nostro ego, l’unica cosa che conta è il contenuto destinato agli allievi e siamo disposti a condividerlo con tutti coloro ai quali, come noi, piace mettersi sempre in discussione”. Christian Wilmouth






Questo DVD sul pronto soccorso è uno strumentoindispensabile per tutti i praticanti di Arti Marziali chepresto o tardi si trovano in situazioni nelle quali ènecessario “soccorrere”. In qualsiasi scuola in cui siha a che fare con la lotta, il combattimento osemplicemente il contatto fisico, è successo chequalche allievo o istruttore sia stato colpitoo abbia patito un infortunio. E' possibile siano stati messi ko,che abbiano avuto difficoltàrespiratorie, spasmi muscolari,vertigini, nausee, o unqualsiasi altro problemacausato da un allenamentolesivo. Gli “incidenti” sonoqualcosa di reale ed ènecessario intervenirequanto prima, in modoche la disfunzionecausata non peggioriulteriormente. Questeinformazioni n o n d o v r e b b e r o essereobbligatorie per tutti gli“istruttori”, ovviamente, perpreservare la sicurezza e ilbenessere dei loro allievi?Questo DVD è il primo di unaserie di lavori a cura del Maestro Pantazi, incentrato nell' “altro lato”del Kyusho, quel lato che ponel'attenzione alle scienze dell' “energia” dellasalute e del benessere, non solo applicabile nei Dojo, ma anche ne quotidiano con i vostri cari e tutte lepersone che ci circondano.

REF.: • KYUSHO19

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I miei incontri con uomini straordinari

I personaggi marziali della mia vita Molta gente con cui mi sono trovato nel corso degli anni, mi ha chiesto della mia esperienza come direttore della pubblicazione Marziale di maggior impatto degli ultimi decenni. Certe volte con un po’ di invidia, altre con curiosità, hanno apprezzato alcune delle risposte e delle storie che ho condiviso con loro. Furono diversi quelli che dissero quanto sarebbe bello se tutto questo lo avessi condiviso con i lettori. Con una certa reticenza prendo la penna per farlo, perché sento di essere ancora giovane per iniziare a scrivere le mie memorie e soprattutto perché mi sembrano cose molto personali; tuttavia, se l’attenzione è sugli altri, sui veri protagonisti di questa rivista, ritengo che potrebbe essere qualcosa di divertente e senza dubbio interessante per i lettori. Spero che sia così.


Paolo Cangelosi, un uomo impeccabile Conobbi Paolo molti anni fa, eravamo parecchio più giovani ma non ricordo esattamente la data, la mia memoria è orribile, però ricordo bene il momento e le circostanze. In quel momento Budo International era già “internazionale”. L’edizione portoghese e poi quella francese erano sul mercato, ma ancora non esisteva la versione italiana. Paolo, sempre animato dal voler esplorare nuove

frontiere, era a Madrid e decise di venirci a far visita per conoscere la rivista. Passò dal negozio per chiedere di noi. Avevamo una piccola struttura vicino al nostro negozio dove c’era la redazione, gli fecero attraversare la strada e si presentò. Era con uno dei suoi fedeli allievi, a cui non daremo un nome, che in seguito gli avrebbe creato dei problemi. La mia cagnolina Eleuteria, che mi seguiva ovunque e il cui intuito non sbagliava mai, appena si aprì la porta cominciò a correre dietro a quest’ultimo abbaiando come fosse

posseduta. L’uomo cercava di fuggire come se avesse il diavolo in corpo! Fu un fatto incredibile e divertente nella confusione di quel primo incontro, a volte lo spirito viene toccato nei momenti importanti da eventi eccezionali e assurdi. Quando riuscimmo a calmare la situazione e a mettere di nuovo Eleuteria nel suo recinto (che non la smetteva di ringhiare al suddetto uomo), l’allievo, piu anziano di età di Paolo, cominciò a parlare di lui in terza persona, come se il suo “Gran


Maestro” non fosse presente. Lo strascicato accento romano non aiutava e devo dire che l’effetto fu confuso e scioccante. Vedevi quel giovane forte dai capelli lunghi in silenzio, mentre l’altro, spaventato dal cane, che sembrava un giullare che recitava le lodi di una donzella. Faticai a realizzare la situazione, Paolo era davvero un Maestro tradizionale e il suo allievo lo stava introducendo. La sua gioventù era qualcosa di soltanto virtuale, sin da molto piccolo ha cominciato a studiare Arti Marziali Cinesi e molto giovane andò in Cina sulle orme del suo Maestro; la sua storia mi risultò bella ed eccezionale; la prima impressione fu molto piacevole. Simpatizzai velocemente con lui e parlammo un bel po’. Pochi mesi dopo uscì il primo numero italiano e come non poteva essere altrimenti, c’era al suo interno un articolo di Paolo. Lui fu il primo “nativo” che apparve in quella rivista e tempo dopo iniziammo una collaborazione che si è mantenuta negli anni.



Molte volte Paolo è venuto a Madrid per registrare una serie di magnifici video, i suoi articoli hanno dato lustro a questa rivista e sono stati al centro dell’attenzione dei nostri lettori più appassionati delle tradizioni marziali Cinesi. La versatilità e l’enorme patrimonio di conoscenze di Paolo sono stati bersaglio di molti ignoranti. Proprio così, Paolo ha dovuto sopportare un sacco di invidie e critiche; al giorno d’oggi, il tempo

mette tutte le cose al suo posto, Paolo dirige una delle più grandi e meglio organizzate scuole di Kung Fu di tutto il mondo, ma agli albori di tutto ciò egli era un affronto per tutti i praticanti di Kung Fu. Un’arte che è stata diffamata a ragion veduta perché molti cinesi si misero ad insegnarla semplicemente perché avevano gli occhi a mandorla e la gente si stancò delle menzogne che lo circondavano nel decennio degli anni 70-80. Molti, approfittando del

traino di Bruce Lee e della serie Kung Fu, avevano fatto tabula rasa intorno al Kung Fu. Prima di tutto Paolo non era praticante di un solo stile, ma ne conosceva e padroneggiava molti (un altro errore imperdonabile per delle menti limitate!) non solo cinesi! Perché era un maestro esperto di Thai Boxing! Ma no, ciò era troppo a quei tempi. Paolo si avvicinò al Cross Fighting oggi così di moda, perché le sue capacità e il suo entusiasmo


erano aldilà della media e quando qualcuno si mette in evidenza, come in quel giochino con i pupazzi, bisogna dargli una martellata perché abbassi la testa. Fortunatamente la nostra collaborazione diede i suoi frutti e la gente cominciò a vedere quei video nei quali le immagini parlavano da sole. Una fotografia è qualcosa di immobile ma quando allora (non c’era internet ne altro del genere) potemmo offrire dei VHS con le sue dimostrazioni e lezioni, Paolo conquistò il mondo. Ricordo un aneddoto di un evento in cui lo invitai a Dortmund, Germania, organizzato sotto l’egida della rivista del mio allora socio in quel paese, Stephan Billen. Un sacco di gente da tutto il mondo e io andai là per incontrarmi in particolare con Mike Anderson, altro personaggio storico delle arti marziali, che a sua volta era con Joe Lewis, scomparso di recente. Paolo, che era un amante del combattimento lo riconobbe subito e mi chiese di presentarglielo. Io che stavo parlando con Mike e che ero li a lavorare, non avevo neanche avuto occasione di salutarlo. Era tutto un fare foto qua e là con gli assistenti, firmare libri, ecc…ma naturalmente andai da lui e lo presentai. Joe, che era una bellissima persona, era comunque un tipo duro e scontroso. Sentendo la parola Kung Fu egli ebbe una smorfia di disprezzo, Paolo, che era davanti a uno dei suoi idoli e allora non parlava un granchè di inglese, non so se afferrò il brutto gesto, al che Mike ed io aggiungemmo che lui era un vero Maestro (he is Kung Fu teacher, but a real one) e che aveva a che fare con uno di quelli seri. A discolpa di Joe bisogna dire che la colpa era della cattiva fama del Kung Fu e che la sua generazione si adoperò per dare risalto alle carenze e alle bugie su quel sistema tramite dei combattimenti con regole assai limitate. Certo ma tu chi sei? Mi ribattè contro. Siccome c’ero rimasto male del brutto gesto verso Paolo, io, che allora ero ben più arrogante di quanto lo sono ora, gli risposi, “I’m the boss, ask anyone” (“sono il capo, chiedi a chiunque”). Poco dopo quando parlò con Mike, Joe venne a scusarsi con me e come il suo onore lo ha sempre contraddistinto, lo fece anche con Paolo dopo aver visto la sua esibizione. Joe era quindi un tipo duro, un grande combattente, forte come pochi che ho visto, autentico davanti alla cruda realtà del combattimento, rude e coraggioso. Imparai a rispettarlo e sono rimasto stupito dalle sue abilità, girammo un video di un suo corso che è ancora in vendita. Aveva il collo più forte che abbia mai visto e a 50 anni e più faceva degli esercizi di push-up con il suo collo davvero incredibili. Riposa in pace. Paolo dovette superare tutta la cattiva fama del Kung Fu di quegli anni. La sua serietà, il suo lavoro persistente, il non vendersi mai, la sua fedeltà alla via e alla sua onestà, portarono al meritato successo e il riconoscimento di cui oggi egli gode. Così cominciò a spuntar fuori tanta gente che voleva ottenere dei gradi con lui, ma lui non li ha mai svenduti come ho visto fare a molti. Per questo i suoi allievi sono molto validi e ciò ha garantito la continuità del suo lavoro. Sono stato anche io a presentarlo a Cynthia Rothrock, che rimase affascinata dalle sue capacità. Cynthia mi confessò che avesse vissuto vicino a lui avrebbe studiato con Paolo. Sempre disponibile e affettuoso, mi invitò a condividere con lui una settimana per l’anniversario dei 30 anni della sua scuola, una settimana deliziosa a Genova, con altri amici come Vincent Lyn e sua moglie, Cynthia. Presentò una magnifica esibizione in teatro, facemmo una cena splendida e alcuni degli ospiti volarono anche in ultraleggero, tutto a spese della sua

“A dir la verità, le capacità di Paolo, che sono tante, non rappresentano neanche lontanamente la cosa più rilevante di questo personaggio. Paolo è un cuore con le gambe, ma non un cuore qualsiasi, uno cuore puro, un uomo impeccabile”


generosità. Egli è un grande anfitrione. La sua famiglia, sia la sua prima moglie e allieva che continua a lavorare gomito a gomito, che la sua compagna Minou dalla quale ha avuto una bellissima bambina, sua madre, suo figlio Shan, parlano da soli circa il valore dell’individuo. Provo per tutti loro un grande affetto, cosa che mi succede anche con i suoi allievi. La rete della positività si estende alla stessa maniera della negatività e questo affetto che mi suscita Paolo, si ripercuote intorno a lui, perché come

dice Sun Tzu “un esercito è il suo generale”. Come Maestro Marziale Paolo è tra i migliori, ma questo non significa nulla se non sappiamo creare un contorno positivo e rispettoso che alimenta una vera scuola. Le scuole tradizionali non possono tralasciare questo aspetto perchè senza di esso le Arti Marziali sono solo una lotta di galli e ego, dove i cattivi comportamenti macchieranno i risultati. A dir la verità, le capacità di Paolo, che sono tante, non rappresentano

neanche lontanamente la cosa più rilevante di questo personaggio. Paolo è un cuore con le gambe, ma non un cuore qualsiasi, uno cuore puro, un uomo impeccabile. Mai l’ho sentito parlar male di qualcuno e in tutte le situazioni complicate alle quali la vita ci sottopone (e qualcuna l’abbiamo vissuta a livello personale e professionale), si è sempre comportato in questo modo, pulito, elegante, tranquillo. Non so cosa pensa di me, però posso percepire cosa prova per me…e mi piace.




Kyusho (punto vitale) dello sviluppo dell’energia Posizione 12 “Postura di affondo” – Janurasana La nostra ultima postura ci ha aiutato nell’ossigenazione del sangue e del cervello, così come nell’apertura della cavità toracica per liberare la pressione dalle strutture interne e le funzioni del petto. Ha anche giocato un ruolo decisivo nel rilascio della pressione sugli organi interni, gli intestini e il pavimento pelvico. In questa seguente posizione, lavoriamo per ottenere una maggiore stimolazione neurologica nella parte inferiore del corpo. Come abbiamo evidenziato nella posizione precedente, viviamo con la tendenza e sviluppare una postura incurvata inclinando la colonna vertebrale in avanti, verso le spalle, inoltre chiudiamo le stesse spalle verso la parte frontale del corpo a causa della forza di gravità e in molti casi la mancanza di esercizio adeguato impedisce di mantenere una postura eretta e corretta. Ciò comporta molti problemi di salute, da malesseri lievi all’incontinenza e la stitichezza, poiché causa l’affaticamento, la compressione e l’asfissia dell’organo e delle funzioni intestinali. Questa nuova postura serve per alleviare i restringimenti dell’intestino e dell’organo, in quanto rivitalizza e mantiene le loro funzioni vitali. Questo avviene non solo grazie allo stiramento della regione addominale inferiore, ma anche allo stretching della gamba e dei muscoli dorsali inferiori, così come della cassa toracica inferiore e dei nervi lombari. Questi nervi spinali bassi stimolano più che i nervi sensoriali e motori, inoltre stimolano i nervi autonomi, (funzionalità automatica) dei sistemi simpatico e parasimpatico. Il parasimpatico si divide in due parti, quella craniale nella zona del tronco encefalico e, qui nella nostra postura in particolare, nella parte inferiore della colonna vertebrale chiamata sacro. La sezione sacrale è composta da nervi autonomi del midollo spinale, a livello di S2, S3 e S4 che sono responsabili di molte

funzioni come: rallentare il ritmo cardiaco, la costrizione bronchiale e il passaggio dell’aria, l’incremento delle secrezioni gastriche, le funzioni della vescica (per esempio, la contrazione del muscolo delle vescica, l’espulsione dell’urina), l’intestino e la funzione sessuale (per esempio, la funzione erettile e la lubrificazione vaginale). Il sistema simpatico è composto da nervi che si trovano nella regione toracica e lombare del midollo spinale tra il livello 1 Toracico e 2 Lombare. Il sistema simpatico è responsabile de: l’aumento della frequenza cardiaca, l’aumento della pressione arteriosa, l’aumento delle vie respiratorie o della frequenza respiratoria, la regolazione della temperatura, la dilatazione della pupila, la dilatazione bronchiale o passaggio dell’aria, la diminuzione delle secrezioni gastriche, la funzione della vescica (rilassamento muscolare, accumulo di urina) e altri aspetti della funzione sessuale. Molti organi e tessuti ricevono anche stimoli dai nervi che escono dalla colonna lombare. Questi comprendono l’intestino crasso, l’appendice o gli organi riproduttori maschili e femminili, la vescica, la prostata e altri. Ci sono anche un numero di effetti riflessi che si producono tra i nervi e la funzionalità dei sistemi del corpo e della colonna vertebrale. Questi riflessi agevolano: il passaggio degli alimenti attraverso il tratto digestivo, lo svuotamento della vescica, lo svuotamento dell’intestino, l’erezione del pene e la stimolazione del flusso di secrezioni delle ghiandole sessuali che lubrificano la vagina. Se gli organi amministrati da questi nervi sono compressi, le possibili implicazioni includono stitichezza, diarrea, crampi, vene varicose, problemi alla vescica, problemi mestruali, problemi di infertilità, incontinenza, problemi di minzione e la cattiva circolazione tra gli altri. Questo aumenterà la funzione neurologica e circolatoria nei genitali, quindi si possono risolvere alcuni problemi per gli uomini che soffrono di disfunzione erettile. Come si può vedere nella fotografia della posizione, una gamba avanza e l’altra si stende all’indietro. Nella gamba stesa vediamo anche che la piega inguinale si apre permettendo una maggior circolazione del sangue, la stimolazione di un denso

Text: Evan Pantazi Yoga Instructor: Carolina Lino - Ponta Delgada, Azores Photo by: Tiago Pacheco Maia - Ponta Delgada, Azores


gruppo di gangli linfatici e lo stiramento dei muscoli delle gambe e dei nervi. Possiamo anche vedere che la parte bassa dell’addome si abbassa per permettere una maggiore tensione della vescica, degli intestini, del fegato, dei reni e del diaframma in quel lato. Osserviamo anche che nella gamba avanzata è tutto il contrario e pertanto il cambio da una gamba all’altra serve come morbido massaggio interno laterale e longitudinale di tutte queste strutture. La posizione avanzata della gamba serve per stendere particolarmente le zone lombari e le zone sacrali inferiori della colonna vertebrale di quel lato, diminuire la pressione su questi nervi e alleggerire i restringimenti. Partendo dagli aspetti energetici che possiamo vedere in questa postura si apre e si estende il perineo e la schiena si abbassa, il che consente l’incremento dell’energia (entrata del nervo sensoriale) per trascendere più facilmente le porte inferiori di Shushuma, Ida e Pingala. La transizione da lato a lato stimola anche lo schema elicoidale di Ida e Pingala.

“Postura di affondo” Janurasana Dopo aver completato la postura precedente di Chatuspadasana muoviamo la testa verso l’alto mentre intanto le anche e la colonna vertebrale si assestano in distensione. Questa postura comincia ad aprire la colonna vertebrale mentre ci muoviamo in avanti con una gamba, poiché si aprono i nervi e il Chakra Radice nel perineo. L’Energia e la funzione sensoriale possono attraversare liberamente i nervi spinali perché si stendono con la pressione muscolare liberata dagli organi e dagli intestini inferiori. La gamba distesa si rilassa perché si estende e libera gran parte della sua funzione di appoggio (nervi motori) spostando il peso più verso la gamba anteriore, che ora è compatibile con maggior parte del peso corpo. La gamba distesa all’indietro ora equilibra tutto il corpo e invia i messaggi neurologici all’altro emisfero. Questa è l’azione di pompaggio principale per il disegno elicoidale di Ida e Pingala, così come lo stiramento del perineo stimola la via principale del midollo spinale e lo Shushuma. L’apertura della gamba frontale della regione sacrale e lombare servono anche a stimolare i sistemi nervosi simpatico e parasimpatico e per aumentare la trasmissione di messaggi neuronali, così come per una più elevata funzionalità. Il cambio di posizione della gamba avanzata all’indietro e di quella arretrata in avanti, cambia lo schema elicoidale, energetico, muscolare, nervoso, linfatico e i flussi circolatori. Si ha anche un massaggio da lato a lato degli intestini e degli organi che aumenta la funzionalità della messaggistica neuronale e del flusso sanguigno verso queste aree.

Questo pompaggio e massaggio, grazie all’aumento della funzionalità, provoca un grande controllo muscolare della zona urinaria e dei sistemi sessuali. Con l’aumento della concentrazione in queste transizioni sottili e degli aspetti sensoriali, si agevola la concentrazione, la sensibilità, il controllo e il potenziale. La concentrazione principale di stimoli dal midollo si trova nelle aree toraciche, lombari e sacrali, in ogni caso anche tutta la colonna vertebrale si sposta dolcemente da un lato all’altro, provocando la stimolazione di tutti i nervi spinali e tutti gli autonomi, allo stesso modo della funzionalità motoria e sensoriale. Ciò fornisce una più ampia capacità fisica, sensoriale con il miglioramento generale della salute e l’aumento del potenziale di piacere.

Respirazione e intenzione Dalla postura Chatuspadasana, inspirate profondamente dal naso prima della transizione a questa posizione, sentendo il perineo che si riempie espandendosi verso il basso. Cominciate a espirare lentamente dal naso mentre abbassate le anche per stendere la colonna vertebrale e continuate ad espirare lentamente mentre una gamba si muove verso il basso e in avanti. Mantenete questa postura, inspirate di nuovo profondamente sentendo le vibrazioni che si emanano attraverso la gamba distesa, il perineo, il torso, le braccia e i palmi delle mani (mentre l’energia si assesta). Mentre iniziate a espirare, portate di nuovo la gamba in avanti, in questo modo sentirete le vibrazioni transitare principalmente verso la colonna vertebrale (Shushuma) e irradiarsi su tutta la schiena. Ripetendo la respirazione e le azioni fisiche un’altra volta sul lato opposto, mantenete l’attenzione nelle sensazioni vibratorie attraverso le azioni e le strutture. Mentre aumenta la coscienza delle energie e delle vibrazioni, comincerete a sentire anche un azione vibratoria più interna, così come i campi esterni di energia. Portate questa nuova coscienza e sensibilità aldilà delle posture e della pratica dello Yoga, nella vita quotidiana e diventerà qualcosa di naturale e senza sforzo. Presto sarete capaci di sentire le vibrazioni negli altri e potrete avere relazioni più profonde e sensuali con i vostri partners, specialmente se state praticando in maniera analoga. Nel prossimo numero: “Postura sulla punta del piede” Angusthasana.




Principi fondamentali del Jiu Jitsu. Il timing ra vedremo il secondo principio del Jiu Jitsu. Durante uno scontro, se si vuole acquisire il controllo di una situazione di difesa stradale o di un combattimento sportivo, dove portiamo l’avversario a terra, è necessaria una certa compattezza. Ci sono un sacco di esempi che ci troviamo davanti nel percorso verso la cintura nera che spiegano che questo principio basilare è appunto uno dei più difficili; significa raggiungere il massimo livello, comprendere i vincoli di questo principio provocati dall’azione del contendente e dalla nostra e da un numero aggiuntivo di altri elementi. La velocità può essere utile per supportare questo concetto, ma ancora una volta il terzo principio, ovvero la “precisione”, potrebbe risentirne. Uno degli errori più frequenti nella pratica della sincronizzazione è che non ci si rende conto che il timing non è l’unica cosa, ma per quanto ci riguarda quello che in giapponese si chiama “Kuzushi” (rompere l’equilibrio dell’avversario), ci aiuta molto. La maggior parte degli artisti marziali conoscono la parola Kuzushi dal combattimento con le proiezioni, come il Judo o l’Aikido, perché il “break” o “distruggere” l’equilibrio prima della vera azione, è importante per proiettare l’avversario in maniera efficace. Ma il Kuzushi è importante anche a terra e tutti sanno che anche nella lotta a terra bisogna avere grande intensità, perché colui che crede di potersi mettere in una buona posizione senza rompere l’equilibrio dell’opponente, ovviamente non conosce bene la lotta a terra. Il Kuzushi è una parte rilevante dell’allenamento del timing, specialmente quando si cerca di portare un avversario più pesante dalla posizione supina (posizione di guardia) alla posizione di monta e arrivare

O

all’obbiettivo (sottomissione) con la forza. Il tutto necessita anche di essere al posto giusto al momento giusto. Spesso si dice che il più veloce vincerà. Tuttavia, io in questo caso non uso la velocità, ma il termine “flusso naturale del movimento” (Flow Natural), per poter spiegare meglio questi principi del Jiu Jitsu. Velocità suona un po’ come se stessi correndo in linea retta e comunque mi fermassi per fare uno sprint corto e preciso al momento opportuno. Quindi adesso che cos’è che ci muove in primo luogo? Il pensiero o il sentimento? Si suppone che, come nella vita reale, sia una combinazione di entrambi. Un aspetto che si sottovaluta spesso nel combattimento è quello mentale. Ma in realtà i veri maestri del Jiu Jitsu sono stati molto intensi. La velocità può servire per realizzare rapidamente una sola tecnica, tuttavia, il flusso naturale del movimento serve all’idea del movimento, unito al momento appropriato per metterlo in pratica. Un atleta allena elementi come la resistenza, l’elasticità, la coordinazione, l’identificazione di opportunità e opzioni, ecc. Nel Jiu Jitsu non è necessario fare un addestramento specifico di questi elementi perché sono parte integrante della pratica delle tecniche di questa disciplina. Naturalmente è possibile fare un allenamento addizionale, ma senza la garanzia di migliorare davvero questi elementi. Una volta vidi il Maestro Pedro Hemeterio durante una discussione, quando uno dei suoi atleti si presentò al dojo di ritorno da un campionato. Questi dovette abbandonare il torneo al primo turno a causa della sconfitta subita dal suo avversario. Si lamentò col Maestro Pedro perché venne sottomesso dall’opponente con una immobilizzazione a terra. Negli ultimi mesi lui si era concentrato sulla preparazione del combattimento in piedi, perché

aveva sentito dire che adesso gli atleti si specializzano molto di più nelle tecniche di atterramento del Judo e quindi pensava di dover fare così per contrastare una possibile proiezione. Il combattimento non finì in piedi come egli sperava e voleva sapere la sua opinione. Tuttavia, il maestro Pedro disse semplicemente: “Al posto di quello, avresti dovuto praticare parecchio le tecniche di proiezione e le tecniche difensive, allora forse avresti vinto”. In questo caso, probabilmente, sarebbe stato meglio aver praticato imparare delle tecniche di contrattacco contro gli atterramenti, invece di imparare poche proiezioni per il torneo…anche questo significa avere un “timing azzeccato”. Come abbiamo già detto, da chiunque percorra la strada verso la cintura nera di Jiu Jitsu, è possibile trarre svariati esempi e storie nelle quali il timing recita un ruolo fondamentale. Il timing nel Jiu Jitsu ha anche a che fare con “l’anticipare”, per cui con l’essere capaci di identificare la successiva azione dell’avversario. Pertanto, siamo obbligati a muoverci “per vedere”, al fine di evitare o controbattere le possibili opzioni e contrastare delle azioni. La sensazione di serenità ed equilibrio, gli anni di esperienza, influiscono entrambe sul potenziale della nostra azione. Una falsa sensazione di sicurezza può anche portarci, un bel momento, a prendere una decisione sbagliata. Per questo qui diciamo che un combattente esperto di Jiu Jitsu raramente fa una tecnica di presentazione nei primi 30 secondi di un confronto, ma è probabile che studi il movimento del contendente per trovare una posizione a lui favorevole, prima di cominciare una azione. Utilizza questa fase cruciale perché i suoi risultati determinano la riuscita o il fallimento dell’azione. Con la pratica e il miglioramento del timing, non dovrebbe essere troppo


Texto y fotos: Sandra Nagel, & Franco Vacirca


difficile concentrarsi per “prevedere” il successo. Osservando la situazione con calma e rilassatezza, riconosciamo meglio ciò che l’avversario sta pensando e ha in mente di fare. Le persone che sviluppano il timing fanno anche degli esercizi su tattiche avanzate, per poter pensare e creare diverse opzioni. In una lotta reale, bisogna avere il controllo dei rischi che si prendono per intuire meglio le

opzioni dell’avversario. In un randori possiamo tenere sotto controllo questi potenziali rischi, combattendo più rilassati con dei compagni di allenamento. In ogni caso, un lottatore o lottatrice di Jiu-Jitsu ben preparato acquisirà di sicuro un livello tecnico più elevato possibile per possedere il timing adeguato. Negli ultimi anni, attraverso “esercizi” come la ripetizione delle tecniche e dei movimenti, sono

riuscito a migliorare al massimo il timing. Gli esercizi si possono realizzare in modi differenti, per cui non si fa altro che ripetere una tecnica, bisogna lavorare la tecnica adeguata nel momento adeguato. Per esempio si possono fare tre tecniche, la leva al braccio disteso, l’Americana (leva alla spalla) e lo strangolamento incrociato, tutto questo dalla posizione di Monta. Passiamo adesso alla terza, il Jiu


Jiu Jitsu Jitsuka specifica con un ordine che la tecnica deve essere fatta “per gradi” mentre lavoriamo, per esempio, nella leva al braccio disteso; quando arriviamo alla terza, lo “strangolamento”, allora lo correggeremo subito perché funzioni regolarmente. Lavoriamo anche su quello che io chiamo il flusso naturale di movimento, e inoltre anche qui ci alleniamo in maniera spontanea per adattarci alla situazione. Molto spesso dimentichiamo che non dobbiamo solo lavorare sulla nostra tecnica. È per questo che questo tema mi appassiona, lavorare il timing con l’insegnante di Jiu Jitsu e pensare a come si può motivare e supportare gli

allievi semplicemente perché migliorino il loro timing.. l’obbiettivo di questi esercizi “mentali” è il mantenimento dell’attenzione. Con gli esercizi adeguati possiamo riuscire anche a modificare la distanza di una routine monotona di allenamento. Le nuove ed emozionanti forme di esercizio aprono la mente e ciò innalza anche lo spirito combattivo. L’istruttore di Jiu Jitsu può altresì utilizzare mezzi visivi, come una videocamera, che rendono l’allenamento più emozionante, in questa maniera motiverà gli allievi a condividere le cose e raccoglierà dichiarazioni congiunte e discussioni in merito. La mia esperienza personale nell’addestramento del timing mi ha dimostrato che esiste un modo diverso di lavorare in maniera efficace: 1 Il comportamento tattico che abbiamo in una frazione di secondo per pre-visualizzare nella nostra mente la possibile tecnica dell’avversario, prima che questi faccia il suo movimento. Ciò vuol dire, avere la capacità di essere un passo avanti a lui. 2 Invece di aspettare che l’opponente faccia la sua azione, facciamo noi la prima mossa per poterlo anticipare. Questa variante è molto avanzata e richiede una maggior sensibilità, conoscenza e naturalmente esperienza. Gli atleti d’elite lo fanno così spesso da avere già in mente come bloccare il rivale. Il Maestro Pedro Hemeterio era convinto che c’era una terza versione (superiore), vale a dire, una “Preparazione intuitiva”. Lui diceva sempre che se uno è sicuro di se stesso, da poter spostare una montagna, vuol dire che la vittoria è già decisa nella propria testa, proprio per il fatto di essere convinto delle proprie tecniche e per riuscire a far capire agli avversari quello che si è capaci di fare sul tatami. Egli diceva sempre che il Gran Maestro Helio Gracie aveva esattamente questo carisma e convinzione e che i suoi avversari venivano sconfitti prima di iniziare il combattimento reale (mentale) con lui. Il Maestro Pedro sovente affermava anche che nel processo per portare il timing al livello più alto, era necessario ricercare delle opzioni e delle lacune nell’avversario. Pertanto, crediamo fermamente che soltanto il Randori dava un reale vantaggio in ogni allenamento di Jiu Jitsu. L’allenamento al timing è strettamente relazionato con il


modo in cui si è preparati a livello mentale ed emozionale. Pertanto è necessario guardare avanti per ricercare delle opzioni piuttosto che confidare nelle sensazioni e non in previsione di un possibile successo, oltre a limitare i propri rischi e anticipare i movimenti dell’avversario. Non si deve mai abbreviare questo “piano”, dopo aver superato il primo principio basilare (pazienza), passiamo alla seconda fase, ovvero, agire al momento giusto al posto giusto, per cui la nostra azione potrà avere successo. Chi affina i propri sensi nen Jiu Jitsu raggiungerà questa fase, indipendentemente dalle sue doti fisiche e atletiche e che sia uomo o donna. Che il movimento opposto sia un attacco o una difesa è un atto intuitivo e quindi si può comunque arrivare alla meta desiderata. Se si impara a lavorare il timing, in seguito, si potranno migliorare molti aspetti del proprio Jiu Jitsu. Viceversa, se stiamo come in una bolla con una visuale ristretta, succede che il nostro Jiu Jitsu non risulterà spontaneo ed efficiente. -Combattimento libero dall’ego: Randori (combattimento) è uno degli esercizi più importanti nel percorso verso la cintura nera, bisogna ricordare i seguenti punti: • Se si inizia troppo presto con lo sparring, il risultato è molto spesso la frustrazione o dei traumi. • Inizialmente, il


Jiu Jitsu combattimento tra allievi deve basare la sua natura sostanziale sull’aspetto sportivo e non necessariamente su quello stradale, anche se il programma Gracie Basics enfatizza tali tecniche. • Il combattimento è, nella strada verso la cintura nera, un’analisi autocritica. • Il combattimento si consoliderà quando dopo ogni allenamento se ne parlerà con i compagni di pratica, in modo da avere un apprendimento reciproco. • Se il combattimento tra due allievi si realizzerà con la medesima serietà, il risultato di questo sarà uno strumento vero, versatile ed efficace, per migliorare la nostra tecnica e ampliare la nostra conoscenza. • Dobbiamo sempre assicurarci che la sicurezza del compagno di allenamento sia garantita, per cui non sono consentite tecniche come lussazioni del collo, colpi dalla Guardia (lasciando cadere l’avversario sulla sua schiena), leve ai piedi, alle ginocchia, alle dita e ai polsi, le tecniche di percossa (assolutamente vietate senza le protezioni adeguate), a prescindere dall’età e dal colore della cintura.







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