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li anni passano e passano per tutti. Questo tuttavia non significa che tutti li viviamo uguali. Per alcuni gli anni sono fonte di crescita personale, un rosario di stazioni, dove la vita ci fa più saggi o per lo meno un po' meno ignoranti. Per altri, è solo un processo di deterioramento, un lamento di quello che furono giorni migliori, un'inadeguatezza continua di un continuo anacronismo piagnucoloso. Mentre alcuni acclamano fuori dal loro asse "gioventù divino tesoro", altri proclamano le benedizioni della pace e la saggezza della vecchiaia ... minuta differenza. La vita, nel migliore dei casi, è dunque un interscambio di energia per saggezza. Una volta raggiunta la culminazione del fisico, vicino ai diciotto anni, tutto in questo piano comincia inevitabilmente a deteriorarsi. L'accelerazione nel fracasso è un'altra costante di questo processo, più rapida la spirale logaritmica, quanto più si va avanti. Brandelli fisici e lontane vestigia di quello che fummo, a partire dai quaranta tutto il mondo è responsabile del suo viso. Alla fine, la legge sempre si realizza, tutto quello che inizia ha una fine e nessuno esce vivo da questa esistenza. Tuttavia i più spirituali credono che il processo assomigli alla metamorfosi della farfalla e che il fatto che lo spirito abbandoni il corpo fisico è solo un passo nella catena di trasformazioni del ciclo dell'Essere. La coscienza, in un modo impensabile, sopravvive ed esiste in dimensioni ineffabili, dove le costanti spazio tempo possiedono un valore completamente diverso, e "la realtà" non ha le stesse costanti né lo stesso valore che gli attribuiamo nella nostra dimensione. Ma, parliamo del conosciuto, perché l’altro appartiene all'ambito delle esperienze personali o, in suo difetto, delle credenze. Nonostante le differenze nel modo in cui è vissuta, l’esperienza di compiere gli anni ha alcuni punti in comune per tutti, che ci rendono se non uguali, simili. Non potrebbe essere altrimenti, perché gli esseri umani hanno in comune quello di esserlo, simili. Per tutti il tempo passa sempre più rapido; è una sensazione strana, ma i giorni si accalcano gli uni sugli altri in settimane che si convertono inevitabilmente in mesi e questi in anni. La nostra idea della vita, brunita negli interminabili giorni dell'infanzia, forgia una prospettiva sempre erronea della nostra convivenza con il tempo. La pensiamo molto lunga e ogni volta la percepiamo più corta. Al final para todos el tiempo de una vida es cada vez mas un soplo y el espacio entre el primer aliento y el último se encoge progresivamente con el correr de los años. Los primeros síntomas del deterioro físico llegan abruptamente a veces, pero casi siempre se cuelan inadvertidamente. Nadie nos explica que la vista se gasta, que el tacto pierde intensidad y que en algún momento, una sola noche de parranda, no se recupera en menos de una semana. Alla fine, per tutti il tempo di una vita è ogni volta un soffio e lo spazio tra il primo respiro e l’ultimo si restringe progressivamente con il passare degli anni. I primi sintomi del deterioramento fisico a volte arrivano improvvisamente,
ma quasi sempre si intrufolano inavvertitamente. Nessuno ci spiega che la vista si consuma, che il tatto perde intensità e che, a un certo punto, una sola notte di gazzarra non si recupera in meno di una settimana. Che cosa è successo? Quando smisi di essere giovane? Questi segni e sintomi tanto ovvi non sono niente se comparati con quelli che si producono nella mente e nello spirito di chi li vive. Gli anni ti fanno obbligatoriamente più tollerante e se non sei completamente stupido ... meno arrogante e impetuoso. Qualunque sia la tua natura, gli anni tendono a moderare la carica, come la corrida il toro. La sfrenatezza della sua uscita si tempera con i destini e la punizione ricevuti. La vita, tutti noi li infligge, ad alcuni più, ad altri meno, ci applica la medicina eterna: le punte del picador, quelle che quanto più spingi nel tuo coraggio, più te le conficchi. Il sangue che sgorga da tale incornata, ci sottrae forza e ci fa conservatori, misurati, cauti. Tutti ci facciamo presto o tardi conservatori, quando abbiamo qualcosa da conservare, anche il respiro! Guardiamo quindi i capote che ci getta la vita con altri occhi e anche i più coraggiosi tra i coraggiosi, devono stringere le reni e andare di vescica per attaccare alcune situazioni. Come al toro, la vita ci mette alla prova e ci vuota affinché tiriamo fuori quello che portiamo dentro, affinché facciamo quello che dobbiamo fare e noi ci vuotiamo in ogni investita. La mente che è biologica è direttamente interessata da questo deterioramento, ma raramente lo spirito accompagna il processo. Un giorno semplicemente non ci riconosciamo nello specchio. Ti affacci a esso sperando di vedere una persona... e trovi un'altra. La presbiopia, non è altra cosa che questo, l'anestesia della benevola vita, che attenua i segni dell'invecchiamento. In questa società tanto superba e dedita al culto del corpo, migliaia di sistemi esterni ed interni, dalla chirurgia alla vigoressia, regnano supremi, perché la vanità è l'ultima risorsa di negazione della vecchiaia. Volti che nascondono le rughe in un gioco di tira e molla che sfigura i loro portatori. Queste rughe, belle rughe, frutto della risata di mille giorni, dello sforzo sostenuto, di dolori che ci fecero più grandi, queste rughe che dichiarano chiaramente, come disse Neruda “confesso che ho vissuto!”. Queste sono ora negate, stirate o ricoperte, in un rictus inespressivo molto più vicino a quello di un buffone, un mimo istrionico, che a quello di una persona. La vecchiaia porta molte pesanti limitazioni, inconvenienti funzionali, e limiti fisici ai quali niente né nessuno ci prepara. Invece di imparare la lista dei re gotici, quanto meglio sarebbe che i Maestri ci preparassero a ciò, avvertendo, segnalando, spiegando, che la vita sono cicli e che ognuno ha il suo posto sotto il cielo, la sua missione e il suo modo positivo o negativo di viverli. Anche la vecchiaia però, quando si è vissuti di verità, può portarci molte cose gradite. La tranquillità davanti a situazioni che prima ti avrebbero affondato, perché gli anni
Traduzione: Chiara Bertelli
danno prospettiva; la forza della certezza dell'esperienza di fronte alla fatica del dubbio; la temperanza e la capacità di godersi le piccole cose, del momento presente, della compagnia gradita; la possibilità di riconoscere la differenza senza essere sfidati, la non necessità di provare niente. La stima della differenza, il rispetto per essa. La dolcezza mescolata con l’intensità in uno sguardo vivido non conosce paragone. Il saggio impara ad ascoltare e ad addormentarsi senza moine se non gli interessa. Perde la vergogna non la dignità. Sa essere gentile senza sforzo e sincero senza danneggiare. Impara a tacere, perché conosce la futilità della chiacchiera. Sa dare consiglio quando è richiesto e tacerlo se non lo è. Impara a staccarsi in realtà, a camminare leggero di bagaglio, comprendendo l’importante, scartando l’accessorio. La vecchiaia semplifica la vita, come quella del bambino, l’altro suo estremo, è semplice. Quando non si ha nulla da conseguire ma si sa come farlo, si è veramente saggi. Quando guardi indietro, normalmente solo ti penti di quelle volte nelle quali fosti uno zoticone arrogante, un impetuoso imbecille che si credeva eterno e facesti superfluamente male a qualcuno. Invece di quella frusta data al tuo caro cane che se ne andò via, non potresti averlo semplicemente rimproverato? La vita ci tempera se siamo sufficientemente intelligenti per imparare da ciò che ci ha messo sulla strada. Altrimenti la vecchiaia è un calvario, un inferno spietato senza una più piccola punta di bontà visibile, uno sguattero tiranno senza remissione alcuna. Non c'è trucco che valga, uno diventa vecchio come ha vissuto; vivi dunque bene il tuo presente, perché questo è l'unico modo per prepararsi al passo successivo del cammino. Accetta i cicli e comprendi il senso di ognuno di essi. E soprattutto non avere fretta di arrivare, perché come nel viaggio verso Itaca alla fine comprenderai che il senso del viaggio sta in se stesso.
Quando parti per fare il viaggio verso Itaca, devi pregare che il sia lungo cammino, pieno di avventure, pieno di conoscenze. Devi pregare che sia lungo il cammino, che siano molti i mattini che entrerai in un porto che i tuoi occhi ignoravano e che andrai nelle città per imparare da quelli che sanno. Tieni sempre nel cuore l'idea di Itaca. Devi arrivarci, è il tuo destino, però non forzare mai la traversata. È preferibile che duri molti anni che tu sia vecchio quando approderai all'isola, ricco di tutto quello che avrai guadagnato lungo il cammino, senza aspettarti che ti dia altre ricchezze. Itaca ti ha dato il bel viaggio, senza di lei non saresti partito. E se alla fine la troverai povera, non è che Itaca ti abbia ingannato. Saggio come ben ti sei fatto, saprai cosa significano le Itache.
Da “Viaggio a Itaca” di Kavafis Adattamento di Lluís Llach
Alfredo Tucci è Managing Director BUDO INTERNATIONAL PUBLISHING CO. e-mail: budo@budointernational.com
https://www.facebook.com/alfredo.tucci.5
Grandi Maestri In occasione della presentazione del suo secondo DVD, in questo caso dedicato ad uno dei temi più interessanti del Brazilian Jiu Jitsu, le tecniche di finalizzazione, abbiamo colto l'occasione per mettere di nuovo nella nostra copertina questo straordinario personaggio, Maestr o di Jiu Jitsu Brasiliano, per conoscere più cose sulla sua Arte e sulla sua appassionante vita. Abbiamo chiesto al nostro collaboratore Marcelo Alonso di investigare in Brasile sul tema e di investigare anche sulla storia e sulle opinioni che suscita nel mondo del Jiu Jitsu il Maestro Mansur. Il risultato è un eccezionale reportage nel quale l'aspetto umano del Maestro appare con chiarezza come sopporto di un modo di essere e di agire che gli è valso il rispetto unanime del settore. Il Maestr o Mansur ha pubblicato recentemente il suo primo libro “La Bibbia del Jiu Jitsu”, nel quale gli amanti di quest’Arte hanno trovato finalmente un vero manuale di studio e di perfezionamento. Nelle prossime edizioni, nuovi lavori tecnici del Maestro vedranno la luce. Questo mese le finalizzazioni... ma il mese prossimo... proprio così! Come uscire dalle finalizzazioni! Un tema che nessuno ha ancora affrontato. Beh... è per questo che ci sono i Maestri, o no? Non perdetevi nessuno dei due! Vi lasciamo... nelle migliori mani...
Reportage Testo: Marcelo Alonso Foto: Š Alfredo Tucci
Grandi Maestri Francisco Mansur, La Leggenda vivente del Jiu-Jitsu Discendente di un certo Samuel che nel 1210 occupò una regione montuosa del Libano, chiamata Mansour, Francisco Mansur è un esempio di uomo che non lesina sforzi per realizzare i suoi sogni. Nato e cresciuto nella piccola e tranquilla città di Muriaé, all'interno dello Stato di Minas Gerais, in Brasile, Francisco non esitò mai nell’oltrepassare tutti gli ostacoli che la vita gli mise davanti, al fine di raggiungere i suoi obiettivi. Dopo essere arrivato a Río de Janeiro a 16 anni, senza avere nemmeno un posto dove dormire, Mansur non solo riuscì a realizzare il suo sogno di conoscere Hélio Gracie, ma divenne inoltre uno dei 12 uomini che ottennero la cintura rosso e nera di maestro 8º grado, data dal creatore del Gracie Jiu-Jitsu.
"Mansur è stato con la mia famiglia per molti anni, sia nei periodi buoni che in quelli meno buoni. Fin da bambino lo ricordo sempre accanto a noi. Un'ottima persona, un buon carattere ed un eccellente istruttore" Royce Gracie
Reportage Dopo aver creato l'Accademia Kioto ed averla trasformata nella maggiore potenza del Jiu-Jitsu per bambini, Maestro Chico (Paco) sviluppò un metodo singolare di insegnamento, utilizzando l'Arte per aiutare i bambini e gli adulti con problemi neurologici, visivi, uditivi e di comportamento, trasformandosi così in uno dei grandi punti di riferimento dello sport e meritando per questo diversi premi nazionali ed internazionali, in riconoscimento del suo lavoro. Nelle pagine seguenti, il lettore avrà l’opportunità di conoscere un po' di più la storia di questa vera leggenda vivente dello sport che, a 66 anni, continua ad insegnare Jiu-Jitsu, attualmente a New York.
Grandi Maestri
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Reportage
Grandi Maestri Da molto giovane, Francisco Mansur sentiva suo padre raccontare storie di un certo Hélio Gracie, una specie di eroe nazionale che affrontava e batteva qualunque lottatore che incrociasse lungo il suo cammino. Era un vero peccato che questo sig. Gracie vivesse così lontano, per la precisione a Río de Janeiro, a 10 ore di autobus dalla sua casa a Muriaé, all'interno di Minas
Gerais. “Ho sempre sognato di andare a Río per conoscere Hélio Gracie e diventare cadetto dell'aeronautica”, ricorda Mansur che appena ebbe compiuto 16 anni decise, senza il consenso dei suoi genitori, di cercare di realizzare i suoi sogni. Nel settembre del 1955, il giovane arrivava alla Centrale del trasporto per strada di Río. Senza avere parenti in città ed un posto dove dormire, Francisco passò la prima notte in un parco pubblico, nel quartiere di Flamengo ed il giorno dopo, usò gli ultimi centesimi che aveva per andare in autobus fino al Centro dell'aeronautica, dove venne accettato, ma bastarono tre mesi perché il giovane Mansur scoprisse che nella vita i nostri sogni non sempre diventano realtà. “La mia esperienza nell'aeronautica fu un incubo, i cadetti si prendevano gioco molto di noi e ci trattavano come animali. Non mi adattai a quel sistema, finii per litigare con un superiore ed uscii dal corpo”, ricorda Francisco, che uscì dopo aver realizzato l’altro suo sogno, dopo aver ottenuto un impiego in una banca. Ed in quella occasione l'adolescente andò verso il centro della città, a cercare Viale Río Branco 151, 17º piano, l’indirizzo della famosa accademia Gracie. “Appena arrivai, mi fece impazzire l'Accademia Gracie, era la cosa più bella che avessi mai visto. Tutta piena di specchi, con varie sale per lezioni private, l'accademia piena, era veramente impressionante”, ricorda Francisco che in quel gior no, senza aver
Reportage ancora incontrato Hélio Gracie, mise l'Accademia Gracie come nuova meta nella sua vita. Il problema era il prezzo della quota mensile, poiché l'accademia Gracie era frequentata solo dalle classi agiate di Río de Janeiro. Cioè, c’erano solo due modi per allenarsi lì, avere un buon stipendio o essere un lottatore leader che facesse parte della squadra Gracie. Dato che lo stipendio che guadagnava in banca, appena gli permetteva di pagare le necessità basilari per sopravvivere, Mansur decise che il modo migliore di realizzare il suo sogno fosse allenarsi duramente in un'altra squadra, per un giorno cercare di conquistare il suo posto al sole tra i migliori. Fu allora che quel ragazzino di Minas Gerais si iscrisse ad un'accademia gratuita di Judo, nell'associazione cristiana di giovani. Dopo anni di allenamento con il Maestro giapponese Nagashima, Mansur ricevette la cintura marrone di Judo e comunicò al suo professore che avrebbe fatto visita all'Accademia Gracie che aveva fama di sfidare atleti di tutte le altre modalità in quell'epoca. “Nagashima si arrabbiò, mi disse che non dovevo farlo perché Hélio diceva nelle riviste che tutti i judoka sono paurosi, ma io volevo dimostrargli, pur essendo un suo ammiratore che non avevo paura”. Racconta Mansur che
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Grandi Maestri decise di disubbidire al suo istruttore ed andò all'Accademia Gracie. “Appena arrivato dissi a Hélio che lo ammiravo molto e che sognavo di potermi allenare lì e che volevo dimostrargli che ero judoka ma che non avevo paura”. Come immaginava il suo Maestro Nagashima, Hélio Gracie lo provò con uno dei suoi allievi avanzati. Prima con kimono, con Moacir Luzia Valle. “Io lo abbattevo ma appena cadevamo a terra, lui mi finalizzava rapidamente. La lotta cominciò a riscaldarsi, allora Hélio decise di mettermi a fare un allenamento senza kimono con Iván Lemos, che mi inferse vari colpi. Uscii con gli occhi gonfi, con le orecchie sanguinanti”, ricorda Chico, che benché ferito uscì raggiante dall'accademia con quello che considera il suo maggior trofeo, il riconoscimento del Maestro Hélio Gracie alla fine dell'allenamento. “Appena finito, si avvicinò e mi disse: Sei l'unico judoka che conosco che non ha paura”, ricorda con emozione Mansur, che finì per essere invitato ad allenarsi con i fenomeni della squadra di Hélio. Dopo questo episodio Francisco realizzò finalmente il suo grande sogno, diventare allievo di Hélio Gracie e passare ad allenarsi nell'accademia Gracie con nomi importanti di quell'epoca, come João Alberto Barreto, Hélio Vigio, Carlson Gracie e Walter Guimarães. Subito quel ragazzino cominciò a farsi notare negli allenamenti ed in poco tempo difese il nome dell'Accademia Gracie in sfide di Vale-Tudo. “Feci 39 incontri di Vale-Tudo, spesso in pavimenti di cemento coperti da teloni. La gente pagava per vedere e riempiva le palestre”, ricorda il Maestro che nonostante le molte esperienze come lottatore di Vale-Tudo, non ha mai incoraggiato i suoi allievi a salire sul ring. L'eccellente tecnica e la grande abilità ad insegnare di Francisco Mansur, spinsero il lottatore di Vale-Tudo e poliziotto Walter Guimarães ad invitarlo ad essere istruttore nella sua prima accademia, Walter Guimarães Jiu-Jitsu. Da allora Mansur suddivise la sua quotidianità tra l'impiego in banca, gli allenamenti nell'accademia Gracie e le lezioni che dava nell'Accademia di Walter Guimarães. Presto il poliziotto lo portò ad impartire lezioni nell'accademia di Polizia e Mansur collaborò per quasi 10 anni, allenando le forze armate.
Il Re dei bambini Nel 1965 Francisco Mansur decise di creare la sua accademia, alla quale diede il nome di Kioto, in omaggio alla prima città giapponese dove arrivò il Jiu-Jitsu venuto dall'India. “Capii che il Jiu-Jitsu non serviva solo per colpire e poteva essere usato come eccellente metodo per educare i bambini”, rivela Mansur. Grazie alla sua disciplina, al suo carisma e al suo metodo speciale che sviluppò, i bambini che
avevano problemi di comportamento e di coordinazione motoria, ottennero dei miglioramenti significativi. “Iniziai ad essere raccomandato da genitori di allievi e perfino da medici”, racconta Mansur, che in poco tempo trasformò la Kioto nella maggiore accademia infantile del Brasile, situandosi sempre tra le prime nei campionati di Jiu-Jitsu, davanti persino alla stessa accademia Gracie e all'Academia Carlson Gracie, che dominava sempre tutte le categorie negli adulti, ma si vedeva sempre minacciata nel conteggio generale dei punti dall'accademia di Mansur. Dopo aver passato 19 anni imbattuto, Mansur finì per soccombere alle pressioni di Carlson che voleva che nella somma dei punti dei campionati venissero separati i bambini dagli adulti. Grazie al suo incredibile senso dell'organizzazione, Francisco Mansur fu di fondamentale importanza nella strutturazione del Jiu-Jitsu come sport. Assieme al suo Maestro Hélio Gracie e ad altri allievi come João Alberto Barreto e Élcio Leale Binda, Mansur fu uno dei fondatori della Federazione di Jiu-Jitsu di Río de Janeiro e della Confederazione Brasiliana di JiuJitsu. Presidente del Consiglio di Maestri e vicepresidente del Dipartimento Tecnico, Maestro Mansur fu uno dei principali responsabili dell'adozione delle regole per le competizioni, come le nuove regole di arbitraggio e la gerarchia delle cinture, in Brasile e nel mondo.
Jiu-Jitsu per disabili Aiutato da suo figlio Krauss e da suo nipote Alvaro, Paco Mansur sviluppò un metodo utilizzando la tecnica del Jiu-Jitsu per trattare problemi neurologici, di equilibrio, di sordità, mutismo, coordinazione motoria e problemi di comportamento. Una delle fonti ispiratrici del lavoro di Mansur per disabili fu Fabrício Martins, fratello di uno dei suoi migliori allievi. Dopo essere rimasto cieco in un incidente d’auto ed essere caduto in una profonda depressione, Fabrício fu messo da suo fratello nelle mani di Zio Paco che con il carisma che lo caratterizza, trattò il ragazzo come se fosse suo figlio. “Il Jiu-Jitsu riportò l'allegria di vivere a questo ragazzo ed è diventato campione regionale, lottando con avversari normali”, si emoziona il Maestro che da allora iniziò a ricevere diversi tipi di disabili nella sua accademia. Un altro caso emblematico che il Maestro Mansur e suo figlio Krauss non si stancano di raccontare, è la storia dal bambino autistico che dopo sei mesi di allenamento senza mai aver detto una parola nell'accademia, emozionò i maestri dicendo: “A mia sorella hanno regalato una palla da basket”. Da allora, il bambino non ha mai smesso di migliorare, impressionando perfino i medici. “Ancor oggi Krauss si emoziona
“Mansur fu uno dei pionieri ed aiutò ad organizzare le federazioni ed i primi campionati di Jiu-Jitsu. È stato sempre una persona seria che ha dato un'immagine molto positiva del Jiu-Jitsu, con una squadra di bambini davvero forte” Murilo Bustamante
Reportage raccontando questa storia”, rivela il Maestro che oggi a 66 anni s’inorgoglisce d’essere arrivato all'incredibile cifra di 20 mila allievi, avendo formato 39 cinture nere.
Divinamente protetto La voglia di superare sempre nuove sfide è stata la caratteristica basilare della personalità di Francisco Mansur;
“Mansur fu uno dei fondatori della Federazione di Jiu-Jitsu di Río de Janeiro e della Confederazione Brasiliana di Jiu-Jitsu.”
Grandi Maestri
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“Ammiro il fatto che abbia dedicato il suo lavoro alla nostra professione. Merita tutto il mio affetto ed il mio rispetto. Oggigiorno non ci sentiamo spesso, dato che vive negli Stati Uniti da molto tempo. È un mio buon amico ed è stato a noi sempre molto vicino. Chiedo a Dio che vegli su di lui e che lo aiuti a continuare ad essere la grande persona che tanta allegria mi ha sempre dato” Hélio Gracie ciò lo portò a studiare Educazione Fisica (non la completò) e poi Diritto, finendo la sua carriera nel 1976, a 36 anni d’età. Nel 1982, la versatile cintura nera fece alcune richieste e diventò un agente di polizia. Con la sua eccellente formazione ed il suo carattere, il Maestro non tardò ad avere problemi e cominciò a collezionare nemici tra i banditi e perfino tra i poliziotti. La legione di nemici aumentò quando il Maestro Mansur decise di aprire un'impresa di sicurezza, assumendo 400 uomini per occuparsi della sicurezza di 16 ospedali di Río de Janeiro. I risultati non tardarono. Dopo aver subito 3 attentati, con un totale di 11 colpi di pistola, Mansur capì in pratica il significato del Blasone della sua famiglia: Divinamente protetto. Nonostante un recupero totale, il religioso allievo di Hélio Gracie interpretò i tentativi di omicidio come un avvertimento di Dio e decise di andare in pensione, partendo nel Gennaio del 1999 per gli Stati Uniti, per ricominciare tutto da zero. “Non c'era altro da fare, se rimanevo in Brasile mi avrebbero ucciso”, rivela il professore che a 59 anni, pur avendo 4 filiali della Kioto in pieno funzionamento a Río, ricominciò daccapo negli Stati Uniti d'America. “Non ho mai avuto paura delle s fide. Av ev o g ià impart ito v ari seminari di difesa personale, per la polizia degli Stati Uniti, avevo già vari contatti a New York, il che mi rese tutto più facile”. Grazie all'eccellente lavoro di Mansur, presto il Kioto Brazilian JJ System diventò un punto di riferimento di qualità. Oggi, oltre alla sede di Long Island, Mansur conta già su 6 filiali. “Impartisco lezioni tutti i giorni, dalle 7 del mattino alle 10 di sera, in 10 orari differenti”, rivela il fondatore della New York State BJJ Federation.
Accademia Kioto Fondata nel 1965 a Rio de Janeiro, Brasile, dal Gran Maestro Francisco Mansur, l'Accademia Kioto di Jiu-Jitsu ha avuto una storia di continui successi ed ancor oggi è considerata tra le più rispettate accademie di Jiu-Jitsu del mondo. Per le sue installazioni sono passati più di 19.000 allievi, sono state formate 39 cinture nere, istruttori ed educatori.
Il Sistema Kioto di Jiu-Jitsu I movimenti del Sistema Kioto di Jiu-Jitsu ubbidiscono ad una forma progressiva di atti riflessi, controllo ed intelligenza. Lo studio e la pratica di questo Sistema sono stati costantemente raccomandati da medici, psicologi ed educatori, perché è un'attività completa nel processo educativo e funziona anche come palliativo di tensioni psichiche e come fattore di sviluppo fisico e mentale di chi lo pratica. Il sistema pone l’intero suo fondamento sulla disciplina. Ma oltre a ciò stimola e sviluppa: Propriocezione: capacità di ricevere stimoli originati all'interno dell'organismo, ottenendo un migliore adattamento ed una migliore “integrazione polisensoriale” con il dominio del proprio corpo, la nozione di lateralità, di spazio e di posizionamento corporale. Psicomotricità: sviluppo della consapevolezza dell'azione, della coordinazione motoria e dell’equilibrio. Intelligenze Multiple: “saper fare”, conoscenza logico-matematica, conoscenza dei propri limiti e relazioni interpersonali. Fiducia in sé stessi: viene stimolata, dando all'individuo la possibilità di vincere “sé stesso”, come anche le sue paure.
Reportage “Dopo aver subito 3 attentati, con un totale di 11 colpi di pistola, Mansur capĂŹ in pratica il significato del Blasone della sua famiglia: Divinamente protetto.â€?
Reportage “Chi conosce il Sistema KIOTO JIU-JITSU (SKJJ), pur essendo fisicamente debole”
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1ª Chiave al braccio nella 2ª immobilizzazione
Le tecniche di finalizzazione sono tra le più apprezzate dai praticanti di altri stili per quanto concerne il Brazilian Jiu Jitsu. Le serie che potete vedere in queste foto appartengono al libro “La Bibbia del Jiu Jitsu”. Queste tecniche e molte altre sono state appositamente sviluppate nell'ultimo lavoro in DVD del Maestro Mansur, dedicato esclusivamente alle finalizzazioni.
Reportage Sistema cardiovascolare: aumenta il volume di ossigeno portato a tutte le cellule del corpo attraverso il sangue, diminuendo la frequenza cardiaca di riposo ed aumentando il suo condizionamento, oltre a rendere le arterie più flessibili, diminuendo la deposizione di placche di grasso nelle pareti arteriose, il che riduce di conseguenza la pressione arteriosa, per facilitare il ricircolo sanguigno. Sistema muscolo-scheletrico: lavora sui muscoli, apportando benefici in termini di resistenza fisica e di tono e sviluppando i muscoli toracici, migliorando la ricezione di ossigeno. Sistemi nervoso e psicologico: il Jiu-Jitsu è un'attività utile a liberare tensioni e a diminuire lo stress, regolando le ore di sonno, il riposo e l'appetito, rafforzando la fiducia in sé stessi, la convivenza, la socializzazione e la disciplina.
Metodo dell'Accademia Kioto di Jiu-Jitsu Il Maestro Mansur spiega che il metodo Kioto ha come finalità lo sviluppo del potenziale di tutti gli individui, mirando in particolar modo alla difesa dell'individuo, senza la pratica della violenza. “Chi conosce il Sistema KIOTO JIU-JITSU (SKJJ), pur essendo fisicamente debole, è nelle condizioni di difendersi da qualunque aggressione attraverso movimenti che hanno per base il principio della leva, senza necessariamente dover usare la forza o la violenza”, spiega il creatore del sistema, mirando allo sviluppo fisico e mentale dell'atleta come punto forte del Jiu-Jitsu insegnato da lui e dai suoi istruttori. “Il nostro metodo sviluppa le qualità positive morali ed intellettuali dal praticante, perché non si tratta di una lotta bensì di un sistema di difesa che esige prima di tutto l'uso dell'intelligenza, per sferrare il colpo che si desidera applicare”, riassume Mansur. In base agli insegnamenti del suo Maestro ed idolo Hélio Gracie, il Maestro Mansur si è preoccupato sempre di non allevare dei bulli e di trasformare i praticanti in persone fiduciose. “Eliminando dall'inconscio la paura all’impatto fisico che tutti hanno, il praticante naturalmente diventa capace di affrontare qualunque aggressione, come qualunque situazione difficile in qualunque settore di attività, perché non temendo di subire aggressioni che possano causargli dolore, non temerà nemmeno una qualsiasi aggressione psicologica”, conclude il Maestro, spiegando perché il suo sistema sia tanto ricercato da genitori e medici. “I bambini ed i giovani sono le maggiori vittime dell'insicurezza e delle paure e presto imparano ad avere fiducia in sé stessi e ad andare meglio negli studi, nello sport in generale e perfino nella loro relazione familiare, perché la fiducia che acquisiscono permette loro di diminuire e perfino di eliminare l'aggressività tipica degli insicuri e dà loro la disinibizione indispensabile per relazionarsi con i loro simili. Questo è valido anche per gli adulti, perché la fiducia in sé stessi è la molla chiave del successo, in qualunque ramo dell'attività umana”.
“Il Maestro Mansur si è preoccupato sempre di non allevare dei bulli e di trasformare i praticanti in persone fiduciose.”
“Nell'epoca in cui fondammo la Federazione Carioca di Jiu-Jitsu attraverso il Consiglio Nazionale dello Sport, lui ebbe un ruolo incalcolabile. Mansur è sempre stato un leader formidabile. È parte della storia del Jiu-Jitsu brasiliano” João Alberto Barreto
Reportage
OPINIONI SU FANCISCO MANSUR “L'importanza di Francisco Mansur è enorme per il Jiu-Jitsu. Per la sua dedizione e la sua attenzione per lo sport può essere considerato uno dei grandi istruttori e diffusori del Jiu-Jitsu. È un esempio di correttezza, di etica e il poter contare su Paco Mansur non ha prezzo nel Jiu-Jitsu. Ha un ruolo essenziale nella diffusione del JJ come arte educativa, in grado di rigenerare e di restaurare il carattere e la parte fisica. Lui mette in pratica il sogno di mio padre Carlos Gracie, dove il Jiu-Jitsu ha una grande funzione sociale”. Róbson Gracie, Presidente della Federazione di Jiu-Jitsu di Rio de Janeiro e padre di Renzo Gracie.
“Nell'epoca in cui fondammo la Federazione Carioca di Jiu-Jitsu attraverso il Consiglio Nazionale dello Sport, lui ebbe un ruolo incalcolabile. Mansur è sempre stato un leader formidabile. È parte della storia del JiuJitsu brasiliano” João Alberto Barreto, Uno dei più rispettati maestri formati da Hélio Gracie. “Quando iniziai a cercare il Jiu-Jitsu a 19 anni, dopo 14 anni di Judo, mi identificai molto con il Maestro Mansur e con l'accademia Kioto, dove mi dedicai ad imparare il JJ. L'Accademia Kioto del Maestro Mansur ha come caratteristiche principali: la metodologia di
insegnamento, la disciplina e lo spirito di famiglia. Il Maestro diventa un secondo padre per noi, quasi un Guru. Mi sento molto orgoglioso di far parte della squadra di cinture nere del Maestro Mansur. Il Maestro Mansur ha fondamentale importanza nella mia formazione professionale e personale”. Marcus Vinícius de Lucia, Cintura nera formata da Mansur ed oggi proprietario di una delle più famose accademie di Jiu-Jitsu d'America, il Beverly Hill Jiu-Jitsu Club. “La persona più buona, sincera e carismatica che io abbia conosciuto. Il suo carisma è stato capace perfino di rompere la freddezza del
Reportage “Il Maestro Mansur è una delle più rispettate figure del Jiu Jitsu. Sono orgoglioso di aver avuto il piacere di allenarmi con lui nella sua accademia a Tijuca. Un esempio di maestro e di uomo Ricardo Libório
nordamericano. Quando arrivò negli Stati Uniti, gli allievi gli davano la mano. Passato un po’ di tempo gli allievi lo abbracciavano e lo baciavano in testa, esattamente come fanno i brasiliani”. Krauss Mansur, (figlio) “Un uomo con un carisma che non ha eguali ed un cuore gigantesco” Álvaro Mansur, (nipote) “Il Maestro Mansur è una delle più rispettate figure del Jiu Jitsu. Sono orgoglioso di aver avuto il piacere di allenarmi con lui nella sua accademia a Tijuca. Un esempio di maestro e di uomo”. Ricardo Libório,
Una delle più famose cinture nere di Carlson Gracie, oggi leader dell'ATT (American Top Team) “Il lavoro di Francisco Mansur è per me un'ispira zione ne l la voro c on ba mbini. U n la voro te c nic o e d educativo che si esalta nella disciplina. Ric ordo c he qua ndo e ro me no avanzato lo ammiravo molto per queste qualità. Era molto competente come educatore e lavorava attraverso il JiuJitsu a favore dello sport e dei bambini. Questo fa tto si può nota re a nc he attualmente, con la Kioto che vince la ma ggior pa rte degli eventi ne lle c a te gorie pe r ba mbini. Loro mantengono questa tradizione. Penso
che il nostro lavoro possa far crescere il Jiu-Jitsu come sport, attraverso la disciplina”. Leonardo Castello Branco, uno dei più rispettati maestri del Jiu-Jitsu Brasiliano. “Mansur fu uno dei pionieri ed aiutò ad organizzare le federazioni ed i primi campionati di Jiu-Jitsu. È stato sempre una persona seria che ha dato un'immagine molto positiva del Jiu-Jitsu, con una squadra di bambini davvero forte” Murilo Bustamante, Uno dei più rispettati lottatori di Vale-Tudo del mondo
Raúl GutiÊrrez Chiarire concetti di noi vive Ognuno un'esperienza simile ma diversa dagli altri lungo la nostra vita. Strade, fiumi, oceani, continenti sono diversi e vari. E cosÏ sono persone con le quali ci si collegherà nel nostro passaggio attraverso il pianeta Te r r a . Sport, passatempi, aspirazioni, hobbies... Anche nel nostro mondo marziale tutto è ugualmente relativo e vario. Per fortuna, viviamo in costante movimento, ed esso dovrebbe essere sempre in avanti ... anche se molti ottusi, illusi, ignoranti e spessi "idioti" ci costringano a fer marsi e anche "retrocedere", producendo in tal modo una perdita di tempo inestimabile.
Fu-Shi Kenpo
asta chiedere a un malato terminale, un moribondo o semplicemente qualcuno che abbia bisogno di "un po' di tempo". Il tempo è oro, dice un antico aforisma. Molti di noi sanno che cosa è e che cosa significa veramente: Ottenere solo un po' di tempo, in certe circostanze, può diventare veramente necessario oppure vitale. In Spagna, un paese in cui la vita era molto piacevole, possiamo osservare ogni giorno come le persone soffrono, condizionati a vedere sempre più come i loro salari abbassano invece di aumentare, li tolgono la loro retribuzione e sono lasciati nell'incertezza di quando anche li toglieranno il posto di lavoro, o saranno gettati nella strada fuori dalle loro case per il mancato pagamento, e moriranno di fame o uccisi di uno sparo perché siano stati sorpresi a rubare cibo da un supermercato. Tutto questo si può leggere sulla stampa quotidiana. In breve, questo è una REGRESSIONE, una stagnazione, una perdita di tempo causata da individui senza scrupoli che, purtroppo, non siamo in grado di fermare o controllare perché non è alla nostra portata, nelle nostre mani o potere. Ho iniziato a praticare le arti marziali nel 1967, ma le mie incursioni di strada risalgono al 1960 per così dire. E onestamente, le arti o sport avevano poco o nulla a che fare con la realtà di strada. Gradi, diplomi, medaglie, trofei e titoli si trovano ad affrontare una realtà inamovibile quando "quello a piedi non sei tu, e uno al piano sei TU". Questo ti fa guardare al futuro in due modi, o meglio in uno o l'altro. Hai imparato la lezione? O vuoi rimanere un fantasma? In altre parole. Una persona che porta un'arma da fuoco avrà praticato o no tiro a secco, tiro in movimento, tiro d'azione o di guerra, dove si tratta di uccidere, o essere uccisi... ma davvero. Non è di salone, palestra, campionato o spettacolo. Quale di loro avrà successo? E non è solo il successo, ma il foro in cui ti sei introdotto e se sei pronto a viverlo. Capisco che tutto ha un processo, un tempo di adattamento, di comprensione e analisi su chi siamo veramente? Che cosa è quello che stiamo cercando in questa vita? Qual è il nostro pensiero? Dove vogliamo andare? Ecc. Nei miei allenamenti personali, nelle mie lezioni, nei miei contatti ed esperienze costanti in questo mondo, ogni giorno imparo qualcosa di nuovo. E sono convinto che il risultato a raggiungere dipenda dal mio modo di comprendere, mettere a fuoco e incanalare queste esperienze. Se guardo indietro al mio passato, posso distinguere molte cose in esso, la maggior parte di loro sempre buone e anche alcune
B
Fu-Shi Kenpo negative. Noi siamo comuni mortali, e quindi siamo a volte assurdi, a volte geniali. E dico che mai in quel passato abbia avuto bisogno di complicare la mia esistenza, dovendo imparare diversi stili, tecniche e tattiche; comunque e "quasi senza sapere nulla", sono sempre riuscito a uscire indenne in ogni incontro per strada, indipendentemente da quanto complessi fossero. E viceversa, non ho mai applicato quei nuovi materiali che stavo studiando semplicemente perché erano troppo "complicati". Questo punto di svolta che ho citato oggi, è stato in corso nella nostra società per diversi anni, non importa quanto sia sviluppata la tecnologia, che ovviamente merita tutto il mio rispetto e la mia lode. Il problema reale è che i genitori devono fare sforzi incredibili in modo che i loro figli possano studiare e ottenere un titolo accademico "decente e ben considerato", ma solo per incontrare poi la difficoltà che semplicemente non c'è OCCUPAZIONE. E Ingegneri, Architetti, Chimici o Medici sono condannati ad accettare un posto di lavoro di sotto la preparazione acquisita con tanta fatica e sacrificio. O, come sta accadendo ultimamente, i nostri professionisti sono tenuti ad andare a trovare più fortuna in altri paesi che offrono alcune possibilità in tal senso. Ovviamente questo è un commento scherzoso che cerca solo di ironizzare. La verità è che tutto è relativo, nulla è per sempre e nella vigna del Signore c'è per tutti. La nostra società ci impone uno sforzo crescente, più collaborazione, partecipazione, tasse più e più alte e sacrifici familiari e personali... ma, ci godiamo meno benefici ogni volta. E ho messo questo semplice esempio, con tutto il nostro sforzo riusciamo a comprare una macchina, che avrà anche bisogno di una buona assicurazione, qualunque sia l'offerta e il prezzo; dovremo anche pagare tasse di circolazione, nel dovuto tempo passare il VIT, e così via. In altre parole, si tratta di una spesa costante. E cosa succede quando dobbiamo andare in un posto in città per fare qualsiasi lavoro di ufficio? Troppo spesso ci troviamo girando in tondo il blocco per cercare di trovare un posto dove parcheggiare legalmente, che, ovviamente, ne dovremo anche pagare. E ancora, a volte, non si può nemmeno trovare quel posto e non c'è un parcheggio pubblico in zona o almeno qualche posto disponibile. Questo ci
Fu-Shi Kenpo costringe o lasciare l'auto lontano da dove abbiamo effettivamente bisogno per quel dannato lavoro di ufficio. L'altra scelta è di lasciare la nostra macchina "illegalmente parcheggiata" con il serio rischio che al ritorno, troviamo un bel biglietto sul parabrezza, o lo shock di controllare che la nostra macchina è stata rimorchiata via. Come possiamo vedere, ci hanno messo alle strette, badati, controllati e sfruttati, in qualunque modo si guardi. Se il Comune non ha predisposto aree di parcheggio o non ha costruito parcheggi pubblici, perché è il contribuente chi deva ottenere sempre il peggio? Ogni giorno siamo più su questo meraviglioso pianeta, il clima sta cambiando a causa della negligenza e l'audacia umana. E con questo il nostro mondo amato sta andando all'inferno. Fortunatamente nel nostro del mondo delle arti marziali, il problema sta seguendo un’impressionante traiettoria e una continua evoluzione. Oggi, quello che m'impatta è vedere come quei sogni che avevo nella mia infanzia in cui facevo salti enormi volando attraverso l'aria ed eseguivo delle prodezze impressionanti, ora, dopo 50 anni, questa si sta dimostrando possibile, naturalmente, con alcuni "limiti". Sia Youtube e Facebook, così come altri mezzi nella WEB, ci riempiono di splendidi e realistici esercizi, acrobazie, magnifici atleti e prodezze che sembrano film di fantascienza. Tutto questo ci fa pensare a qual sia il limite dell'essere umano su questo pianeta? Perché stiamo parlando solo di prestanza fisica, ma "l'uomo" è costantemente sfidando la sua genetica, la medicina e molto altro. In tutti i tipi di cose del genere, ho capito che ci sono alcuni primi passi e qualche premesse, quanto l'alfabeto, dalla A alla Z. Anche nelle arti marziali, ci sono stili, livelli, programmi, gradi, ecc. Poi la nozione di ciò che tutti vogliono raggiungere con la formazione di arti marziali esercita anche una grande influenza. Se il vostro scopo è di imparare le arti tradizionali dell'antico Oriente, cercate stili tradizionali. Se si desidera solo imparare l'autodifesa, cercate stili pratici, funzionali e semplici. Se quello che volete è di competere ... è necessario analizzare quanto vi piaccia
la competizione, il tipo di regole, il semi-contact o il full contact. Se siete membri delle forze di sicurezza dello Stato, verificate quali sono i vostri parametri di performance in questo senso, a seconda della forza di appartenenza. E se sei un delinquente comune, allora "sta a soffrire." L'ho detto in diverse occasioni, sia in forma scritta o parlata, nelle conversazioni private, in corsi aperti o nei media. Personalmente da quando ho iniziato a praticare gli sport di contatto e le arti marziali, ho sempre cercato di farlo con impegno, dedizione, sforzo, responsabilità ed entusiasmo. Così ho sempre saputo apprezzare e valutare ogni stile o maestro, con il quale ho avuto il grande piacere di incontrare, allenarmi e imparare da loro. Così ho avuto vari gradi quali: 3° Dan in Tae-Kwon-Do per l'"United TaeKwon-Do International"; 3° Dan LimaLama con Jorge Vazquez, UTI; 4° Dan di Karate Shotokan, per la Federación Alavesa de Karate in Spagna, riconosciuta dal Consejo Superior de Deportes; 6° Dan Full-Contact con Bill Wallace; 9° Dan Kosho-Ryu Kenpo, MIKKA; 10° Dan Fu-Shih Kenpo. Praticare e conoscere altri stili è qualcosa di necessario per riuscire a capire i valori che ciascuno di essi hanno. Anche per ammirarli e rispettarli e ringraziare tutto quello positivo che hanno dato al nostro modo di vedere e praticare le arti marziali. Quando giovani e abbiamo tanta vitalità, energia ed entusiasmo, siamo in grado di assorbire molta conoscenza, come spugne imbevute che assorbono tutto e poi sono spremute. Con salute e gioventù non c'è alcun problema. C'è sperpero di energia e un sacco di fantasia nel nostro "Ego", ma col passare del tempo e s’invecchia, chiudiamo gradualmente il cerchio e manteniamo solo ciò che veramente ci impressiona, ciò che ci piace e quello che sembra di essere la cosa giusta. Semplifichiamo. Nella mia lunga carriera marziale ho visto come un concorrente, per esempio, è stato in grado di vincere in tutti I suoi combattimenti in un Campionato del Mondo semplicemente con il suo calcio laterale. Era quello che faceva meglio, e lui lo sapeva. Non
Raúl Gutiérrez importa in quale angolo fossero lui o il suo avversario. Sempre riusciva a impattare con la sua tecnica di calcio dove e quando volesse. Questo è l'intelligenza. Dico sempre ai miei studenti, è necessario allenare e livellare le nostre abilità. Quello che non si fa bene deve allenarsi abbastanza da superare queste barriere. Ovviamente però, quando siamo in un vero combattimento, o un campionato, non è consigliabile di utilizzare le nostre tecniche più scadenti, néppure mostrare tutto il nostro repertorio. Basta utilizzare le migliori tecniche o armi. Il resto è un rischio inutile. Nel mio ambiente, vedo molti praticanti disorientati, forse fuori luogo, e anche opportunisti che vedono le arti marziali soltanto come un business. Se si tratta di un modo per guadagnarsi da vivere e sostenere le loro famiglie, certamente può contare sul mio sostegno, la mia guida e la mia collaborazione. L'ho fatto sempre lungo tutta la mia carriera, e così sono stato lodato quanto criticato. Non importa. Il problema non è mio, quando si agisce di conseguenza. Come sappiamo, c'è di tutto nel mondo ed è necessario che sia così. Ecco il nostro mondo e la nostra società. Gli intrusi che non riescano a soddisfare le aspettative di quest’ambiente, anche se intrusi, avranno poche possibilità di sopravvivenza in questo settore, o altrove. Tuttavia ci sono altri che sono abili nell'organizzare e reclutare studenti e lo sanno fare molto meglio di alcuni esperti che non fanno altro che mostrare le proprie capacità fisiche e tecniche, ma non hanno la dedizione, il carisma o la capacità di marketing per il raggruppamento, l'esecuzione o la canalizzazione del "business".
Ho incontrato persone che affermavano di essere 6º Dan, o con documenti falsificati, che sono stati i peggiori artisti marziali che abbia mai conosciuto nella mia vita, ma nella direzione, organizzazione e istruzione, sono stati in grado di creare grandi artisti marziali o concorrenti. Ogni cosa ha il suo merito e la sua relatività. D'altra parte, l'ho anche potuto verificare nel mio ambiente, non è prudente o consigliabile coccolare i mediocri, personaggi senza carisma, praticanti o insegnanti goffi che sembrano blocchi di cemento quando si muovono, con un’insicurezza totale e con cui si è indulgenti per rispetto, prudenza o la negligenza quando si dovrebbe dire loro in faccia la realtà di quello che sono, perché alla fine vengono a credere che siano veramente bravi; qualcosa come i "bipolari". Improvvisamente un giorno si alzano in uno spirito di "Grandi Maestri", creatori di nuovi stili, gestendo la commercializzazione mondana al fine di "provare" a distinguersi come L'ULTIMO, IL PIÙ, ECCEZIONALE! E poi arriva l'enorme imbarazzo, non di loro, perché ancora pensano di essere "diversi"; infatti, la vergogna è per tutti noi che li abbiamo acconsentiti e supportato "per pietà", quando vediamo pubblicamente e sentiamo le risate e le recensioni terribili che emanano dalle bocche di quelli che capiscono e sanno di cosa si tratti. Per queste cose della vita, all'altra estremità vi è una quantità enorme di grandi persone, esperti artisti marziali, che potrebbero e dovrebbero essere nel più alto dell’universo marziale. E nonostante il loro grande valore, il loro vasto talento e i loro magnifici contributi, non sono riusciti a ottenerlo. Forse perché il vero,
“Il termine Kung Fu non fa riferimento a uno stile particolare. Kung-Fu significa fare le cose giuste. Essere i migliori in tutto ciò che facciamo. Pratichiamo il Kung-Fu senza danneggiare o ferire a nessuno, ma per ottenere il rispetto, la credibilità, la fiducia, l'amicizia e la prudenza.”.
Fu-Shi Kenpo l'autentico, chi davvero sa e merita, è umile, rispettoso e non si considera se stesso come creatore o scopritore di qualcosa di nuovo. Ha dedicato la sua vita solo a investigare, a studiare e a lavorare sodo sulla "ricerca di se stesso". Certamente, parlare di sbruffoni, mediocri, traditori o sciocchi, e rivelare i loro nomi non è degno di un buon cittadino, compagno o fratello ma citare alcuni di quelli che ho avuto il piacere di incontrare, trattare e godere, mi sembra corretto. E quindi voglio esprimere il mio rispetto, l'ammirazione, la lealtà e gratitudine a: Luis Antonio Palao, Asencio (RIP), José Banaclocha (RIP), Yee Seil (forza fratello! Ti ho ammirato dal primo momento), Maestro Sergio Hernández (fratello, meriti la gloria e uno status globale di rilievo perché sei troppo grande), Martin Luna, (stai riuscendo a farlo, mio ??fratello, e lo sai che sono accanto a te), Mario P. del Fresno (ho sempre sentito che sia una grande persona e un ottimo artista marziale e sapevo bene che sarebbe diventato un ottimo maestro), David Domínguez ed Esther, continuate così! Siete un bellissimo esempio di coppia nella vita e di binomio marziale. Dario Diaz Castro, sei davvero nobile e coerente, instancabile ricercatore, studioso e onesto. Meriti di essere dove sei e sono sicuro che arriverai lontano. Ora è quando un imbecille potenziale, una persona complessata e i n g r a t a d i re b b e d i i m p o r m i u n a punizione o semplicemente esclamerebbe con facilità: "Troppi angeli !". Come Gesù Cristo disse: "Signore, lo perdoni, non sa quello che fa." Amici miei, cerchiamo di semplificare la nostra vita. Analizziamo quali cose in questa vita e tempi ci fanno sentire male e quali ci causano la gioia, la felicità e la soddisfazione. Liberiamoci dei mali senza vendetta o cattivi sentimenti verso chiunque e concentriamoci sulle cose belle di questo mondo. Non c'è bisogno di eseguire 20 diversi calci, ma quelli che sono davvero utile, pratiche, e consumano meno energia per avere successo. Se sappiamo dove dobbiamo recarci e lì dove andiamo non ci sono parcheggi e si rischia di ottenere multa, è meglio che usiamo la metropolitana, l'autobus o semplicemente camminiamo, che è più sano. Troviamo il modo migliore per cercare di essere utili alla società, civici e rispettosi della natura e dei nostri simili. E non dimentichiamo che un artista marziale, non solo deve esserlo durante i suoi momenti d'allenamento in un dojo o scuola, ma ventiquattro ore il giorno e in tutte le cose normali e di abitudinarie della nostra esistenza. Il termine Kung Fu non fa riferimento a uno stile particolare di combattimento. Kung-Fu significa fare le cose per bene. Essere i migliori in tutto ciò che intraprendiamo. Pratichiamo il Kung-Fu senza danneggiare o ferire a nessuno, ma per ottenere il rispetto, la credibilità, la fiducia, l'amicizia e la prudenza. Fino al prossimo mese. Grazie
AFFRONTARE IL DIVARIO DI GENERE
Combat Hapkido Cos'è il "divario di genere"? Nelle Arti Marziali si riferisce alla grande differenza tra il numero di praticanti maschili e femminili. É piuttosto semplice. Questo problema esiste da molti anni e ha subito l'analisi degli esperti, studi professionali, studi di settore, articoli di giornale e altri tentativi ben intenzionati a comprendere e a offrire possibili soluzioni. Niente ha funzionato. Gli uomini continuano a
essere più numerosi delle donne; essi costituiscono il 70% e le donne il 30% nelle scuole di Arti Marziali di tutto il mondo. E perché? É forse culturale? Educazione sociale? Psicologica? Fisiologica? Ha a che fare con il tempo (sono le donne più affollate rispetto agli uomini)? Soldi? Intimidazione dell'ambiente? Istruttori con atteggiamenti "maschili"? Nessuno sa davvero e ho il sospetto che non c'è una risposta unica. È probabile che sia una combinazione di molti fattori. Tuttavia la domanda rimane: come possiamo cambiare questo? E perché dovremmo farlo?
Combat Hapkido
Rispondiamo alla seconda domanda, perché è il più facile. Dovremmo avere molte più donne in lezioni di Arti Marziali perché esse hanno BISOGNO DELLA DIFESA PERSONALE ancor più degli uomini! Ci sono letteralmente milioni di casi di violenza domestica ogni anno in tutto il mondo (molti non dichiarate), in cui le donne sono vittime. Oltre a rapine, stupri, furti d'auto, sequestri, scassi, aggressioni, ecc. In tutti questi crimini le donne hanno maggiori probabilità di essere vittime e la capacità di auto-difesa potrebbe fare la differenza fondamentale tra una fuga sicura o lesioni gravi. Pertanto, è un fatto indiscutibile che le classi di Arti Marziali con un forte accento sulla difesa personale, beneficerebbe le donne in grande misura e prevedrebbe sofferenze indicibili. Ora torniamo alla prima domanda, come possiamo ottenere più donne a studiare arti marziali, o almeno a imparare tecniche di autodifesa? Onestamente non lo so! Ho trascorso oltre 40 anni in Arti Marziali e non riesco ancora a capire. Un tempo, da metà degli anni '80 alla metà degli anni '90, ho posseduto e gestito una piccola catena di scuole di Arti Marziali e ha fatto tutto il possibile per attirare praticanti di sesso femminile. Ho annunciato classi speciali per esse; ho offerto corsi speciali d'autodifesa per le donne; ho dato conferenze sulla sicurezza delle donne; ho insegnato seminari sulla prevenzione delle violazioni alla comunità, senza alcun costo... mi sono offerto di insegnare autodifesa per le organizzazioni delle donne, etc., ma niente ha fatto una differenza tangibile. Il rapporto tra le mie scuole è rimasto ostinatamente al 70% degli uomini e 30% donne. Non avevo altra scelta che accettare, anche se a questo giorno continuo a cercare nuovi modi per attirare più donne all'allenamento di autodifesa. Negli ultimi 20 anni ho imparato un paio di cose, e spero di essere diventato un po' più saggio. Io ancora non so perché le donne, che rappresentano il 51% della popolazione mondiale, siano soltanto il 30% dei praticanti di Arti Marziali, ma ho alcuni suggerimenti per i proprietari di scuola
su come migliorare la situazione e voglio condividerli con voi:
singolo episodio o denuncia possono rovinare la reputazione della scuola.
1. Tagliate l'atteggiamento di "maschilismo"! Proiettate un'atmosfera accogliente e non intimidatoria nella scuola. Non permettete che gli studenti maschi agiscano in modo arrogante, superiore, aggressivo o minaccioso.
7. Gli studenti maschi possono essere la risorsa migliore... loro hanno madri, sorelle, figlie, mogli, fidanzate, colleghe, ecc. Chiedete loro di parlare con le donne di sicurezza, difesa personale e di tutti i benefici delle Arti Marziali. Chiedete loro di invitarli a una classe introduttiva gratuita. L'allenamento con un familiare o un amico è meno intimidatorio e più confortevole.
2. Non focalizzate l'allenamento nella competizione sportiva (se non strettamente la specialità della scuola). La stragrande maggioranza degli studenti è alla ricerca di un sistema realista d'autodifesa. 3. Fornite un programma di "Fitness" che incorpori un sacco di tecniche di "lotta", come calci, pugni, gomitate e ginocchiate, demolizioni, etc. Nascondere i movimenti Arti marziali in esercizi di fitness renderà divertenti e facili le sessioni d'allenamento e attirerà quelle donne che inizialmente solo cerchino di mettersi in forma. 4. Salvo che si tratti di una scuola tradizionale dove s’insegna un'arte molto tradizionale, dobbiamo ridurre i rituali, la terminologia di Asia, l'abbigliamento tradizionale (a piedi nudi) e l'atmosfera di culto. Il comportamento servile e sottomesso richiesto degli studenti in queste scuole, scoraggia molte donne che potrebbero avere a che fare con questioni di uguaglianza e discriminazione nella loro vita. 5. Se possibile, avete una donna Istruttore Cintura Nera, responsabile dell'allenamento "solo per le donne". Per le donne che si sentano a disagio di praticare con gli uomini o prendere lezioni di un uomo. Non ridicolizzare né criticare... per quanto voi ignorate le esperienze negative o traumatiche che queste donne possano avere subito. 6. Se avreste classi miste nel vostro club, dovete tenere sotto stretta sorveglianza gli studenti di sesso maschile in modo che non approfittino l'allenamento per toccare le donne impropriamente (soprattutto durante l'allenamento a terra e il "grappling"). Un
8. Rivedete orari di classe e fate in modo che si offrano almeno un giorno di lezione nel momento più opportuno per le donne che sono impegnati con i bambini e altri obblighi familiari. Date loro l'opportunità di avere un po' di tempo "per se stesse". Questi sono solo alcuni suggerimenti che ho imparato per esperienza e che si sono dimostrati utili per attrarre e trattenere le studentesse. Tuttavia, mentre stavo per finire quest’articolo, mi sono reso conto che mancava qualcosa... IL PUNTO DI VISTA DI UNA DONNA! Per discutere la questione del basso tasso di partecipazione femminile nelle Arti Marziali con obiettività e affidabilità, dobbiamo ascoltare il punto di vista di una donna. Questo contributo è essenziale se vogliamo veramente capire le questioni sollevate. Così ho deciso di correggere tale svista e chiedere a una donna di contribuire a questo dibattito, scrivendo un articolo di follow-up sullo stesso argomento. Volevo una persona veramente qualificata, con una vasta esperienza personale come donna, e che avesse affrontato le sfide di un mondo dominato dalle Arti Marziali maschili. Non ho avuto bisogno di andare lontano... semplicemente ho chiesto mia moglie Trina che, nel corso degli ultimi 23 anni, non solo ha fatto parte della mia carriera, ma ha anche sviluppato con successo la propria identità e la reputazione nel mondo delle Arti Marziali. Spero che abbiate voglia di leggere il suo articolo, che sarà pubblicato nella prossima edizione del Budo INTERNATIONAL.
KUMOBITOU & ONIGUMO Se guardiamo indietro e analizziamo la storia, non senza la disapprovazione corrispondente, possiamo vedere che fin dai primi tempi, e non solo nel regno umano, il combattimento a corpo a corpo, come dice il nome, è stato fatto in varie circostanze, nelle quali i corpi dei combattenti finivano solitamente appiccicati l'un l'altro nella lotta. I Mongoli, gli Indiani dell’America settentrionale, gli Indiani dell'Amazzonia, hanno movimenti simili che ci portano a diverse prospettive di osservazione. La parola giapponese "Kumobito" 蜘蛛 人 ha la sua origine in quello che è conosciuto come "Kumo Gassen" - Combattimento di ragni -, uno sport cruento che si svolge in modo diverso in alcune parti del mondo, tra cui Giappone, Filippine e Singapore.
Normalmente in Giappone hanno usato ragni femminili, poiché avrebbero ucciso i loro avversari, se questi non ricevevano l'intervento e la cura dei loro proprietari. Nel caso di Singapore, in questo sport si utilizzano preferibilmente ragni saltellanti maschili, che lottano appena
Artes del Jap贸n
per il dominio, quindi l'avversario, anche se sia ferito nel combattimento, non è necessariamente destinato a morire come succede nel caso dei ragni femmine. Questa "cultura di scommesse" nella Lotta di Ragni, o "Kumo Gassen", esiste ancora oggi e si svolge ogni anno in Kajiki, Kagoshima. Si ritiene la sua origine risalga al XVI secolo. Uno dei ragni (Kamae) è posto alla fine di un bastone di legno, e l'altro (Shikake) all'estremità opposta. Essi combatteranno al centro del bastone. L'obiettivo principale di questa teoria, sviluppata per essere utilizzata da persone con movimenti basati sulle mosse dei ragni, è stato quello di affrontare un avversario che indossava un'armatura. I cambiamenti sociali però hanno portato a riadattare l'attività in una proposta che potesse fornire risultati più efficaci in meno tempo per il confronto. Questo è il modo in cui è stato nato il "Onigumo" 鬼 蜘蛛, tradotto come diavolo-ragno. Due versioni antropologiche sono state utilizzate nella trasmissione del suo sapere: nella prima, le sue tecniche sarebbero applicate alle zampe dei cavalli che servivano i guerrieri samurai; la seconda, si centrava nella completa distruzione dell'avversario e la sua immobilizzazione in una sola mossa. Contraddizioni e differenze a parte, entrambi sono considerati i metodi che si adattano alla forza dell'avversario, utilizzando leve come punti di equalizzazione della forza corporale. Nel corso degli anni, il "Kumobito" e l’"Onigumo" sono stati introdotti come armi adiacenti in arti come Kumiuchi, Yoroi Kumiuchi e Jujutsu. La sua ricchezza e strutturali manovre sono enormi. Per imparare a fondo questi aspetti all'interno dello Jujutsu, si deve sapere che sia in piedi sia a terra sono necessari tre pilastri:
1 - Imparare a difendersi... 2 - ... creare opportunità... 3 - ... e ne avvalersi di esse nel momento giusto.
Vediamo allora Imparare a difendersi significa equalizzare le forze di attacco e difesa. Cioè, nessun attacco può avere effetto quando si è prudente. Nel caso di combattimento a terra, si tratta di studiare bene le posizioni e come riconquistare loro in caso di perderle. Significa isolare la forza di Tori in modo che si senta impotenti; imparare ad applicare la forza al posto giusto, come in angoli che forniscano la migliore circolazione. Se analizziamo la parola "difendere": dal latino, "defendere", un verbo con diversi significati nelle sue accezioni transitivi (proteggere; patrocinare; parlare in nome di; fornire assistenza; proteggere; prevenire; vietare; proibire) e riflessivi (coprirsi; scusarsi; resistere a un attacco; proteggere se stessi; mettersi al riparo; riguardarsi, ecc.), vediamo che c'è una lunga strada per capire cosa vuole dire proteggersi o difendersi. Creare opportunità significa l'uso perfetto della strategia; è dominare l'avversario fino al punto di metterlo in una posizione che ci favoriscano con vantaggio; muoversi all'interno del suo movimento: essere sempre un passo avanti delle sue idee; convertire l'attacco di fronte in un'opportunità; aprire gli occhi e la mente di visualizzare tutte le circostanze; permettere l'avversario di fare il suo gioco e, all'interno di questo, creare le opportunità. Molti sono lenti a liberarsi dall'ordine delle cose. Ordine significa uno stato mentale in cui non vi è alcuna contraddizione, e quindi nessun conflitto. Questo non significa stagnazione o decadenza. L'ordine che ubbidisce una formula,
un ideale o concetto è semplicemente disordine. Se una persona si adatta a un modello di pensiero - un ideale determinato di quello che lui o lei dovrebbe essere - in questo caso la persona non fa altro che imitare, regolarsi, disciplinarsi, sforzarsi, per adattare se stessa a uno stampo. Nel gioco reale che coinvolge attacco e difesa, non c'è ordine. Fare buon uso delle opportunità, anche se non tutte, deve essere un percorso per i pensieri di vittoria. Avere chiaro l'intenzione di non diventare una vittima della strategia stessa, significa una tecnica di completamento. Molti atleti fanno un buon gioco, ma falliscono nel completare. Gli angoli della forza e i muscoli devono essere studiati in modo che la tecnica funzioni al momento giusto. Cercare il completamento è uno sbaglio. Approfittare del momento opportuno per il completamento è giusto. Nella ricerca, vi è l'entità che ricerca e la cosa ricercata, pertanto, vi è la dualità. E che cosa
potrà trovare l’"io" che ricerca? Beh, se siete stanchi e con un ragionamento lento, quello che troverete sarà d'accordo con la vostra condizione. Se un individuo pratica solo Jujutsu, troverà ciò che la cultura di quest'arte e la rispettiva pubblicità gli abbia dimostrato; se si tratta di qualsiasi altra arte, troverà ciò che avrà imparato dalla cultura originale dell'arte che stia praticando, e così via. Approfittare dell’opportunità è in gran parte diventare vuoto, senza nessuna volontà e senza intenzione, e in una frazione di secondo diventare feroce e imbattibile. Sia per il "Kumobito" e per l’"Onigumo", bisogna comprendere che tutta la potenza generata nella sua trazione è fortemente centralizzata nel suo asse d'equilibrio. La razionalizzazione della forza distribuita nei poli superiore e inferiore del corpo, corrisponde alla riflessione del riverbero di questa energia che, centrata sull'asse, svolge il ruolo del gran manutentore delle tecniche utilizzate in Jujutsu. Diretta in questo modo, consiste nell'attaccare esattamente questo punto dell'avversario, facendogli perdere l'equilibrio e quindi la sua forza. Molti maestri del passato hanno insegnato i loro studenti di afferrare loro avversari per la vita e metterli fuori il loro asse, annullando la loro forza, che si diffonderà lungo loro arti. Cioè, la loro forza centrale è inviata alle braccia e alle gambe. Così, le seguenti forme di attacco a uke devono cercare questi punti perché se lui è competente come combattente, proteggerà il suo collo e i suoi punti dispari. Molte posizioni in passato sono state sviluppate per questo scopo e, in generale, le tecniche di combattimento a terra sviluppato in Jujutsu, consistono di cinque posizioni fondamentali:
Artes del Japón
Tate osae, Kami osae, Yoko osae, Ushiro osae, Renkaku osae. Tali forme corrispondono a tutte le vie necessarie per le esecuzioni primarie delle tecniche di Katame no Gikkoo - modi per immobilizzare l'avversario sul tatami. In piedi, molte forme sono state sviluppate per l'immobilizzazione dell'avversario, che per lo più scommettono sugli attacchi di Uchi no Gikkoo - "l'arte di battere", tradotto letteralmente. Le tecniche designate a traumatizzare Uke sono anche di grande valutazione, una volta associate con le forme d’immobilizzazione. Ora dobbiamo rilevare che molte di queste forme sviluppate per un combattimento a corpo a corpo con appena un solo avversario, devono essere adattate nel caso che l'attacco sia fatto da più di un avversario. L'unione di queste tecniche che utilizzano la presa e il trauma, rende lo Jujutsu un'arma di guerra preziosa che investe gli avversari e li imprigiona in una rete di uscita difficile. Contrariamente a quanto di solito è pensato, Jujutsu era la forma di autodifesa usata dai samurai nella loro vita quotidiana. Il loro pensiero era che, nel caso di essere attaccati di sorpresa, essi potrebbero avere una reazione rapida, e poi guardare il passo successivo da dare. Tali tecniche erano basate sul principio di eseguire una forma strategica di difesa, nel caso in cui fossero stati attaccati in qualsiasi posizione, in qualsiasi momento. Ci sono state molte scuole che hanno innovato con l'aiuto dell'ambiente in loro favore. Alcuni sono andati al punto di formare i loro studenti nei contrattacchi in luoghi insoliti, come Onsen (stabilimento balneare), locande, foreste, ecc Questo ha reso possibile caratterizzare ogni scuola per le peculiarità del loro pensiero. Inoltre, diverse strategie possono essere utilizzate per raggiungere la vittoria, tra loro portando Uke a perdersi. Utilizzato in quasi tutte le arti praticate dal Bugei, questa forma di "heiho" stabilisce il rapporto naturale con l'epoca Sengoku Jidai, giacché le sue strutture di movimento e d’inganno favoriscono anche la vittoria. In passato, questo tipo di strategia è stato utilizzato con l'aiuto di un ambiente che potrebbe ingannare Uke di fronte all'attacco. Cioè, Tori userebbe un muro, un grande albero, un movimento tra i cespugli ... in modo da coprire una parte del suo corpo. Quando ciò non era possibile, lui stabiliva una linea di mosse che confondevano il coordinamento di Uke, costringendolo a perdere se stesso lungo i suoi movimenti. Vediamo un esempio di questo: Yuki-CHIGAI significa perdersi lungo il percorso. Quando Tori utilizzava qualsiasi dispositivo, come quelli di cui sopra, cercava di far Uke andare avanti con l'intenzione di raggiungerlo, e anche prima di completare il movimento, s’indietreggiava un po' dando l'impressione che si considerava perso, per sorprendere Uke con un attacco immediato.
Nel caso in cui non avesse alcun dispositivo e fosse stato costretto a evitare Uke, Tori eseguiva rapidamente un movimento laterale in un numero pari di passi, in modo che l'interruzione del movimento fosse stata eseguita in un numero dispari. Ossia, nell'intenzione di un movimento di sei passi decisi verso la destra, come Uke accompagnava il suo movimento, si sarebbe ritirato nel quinto passo per spostarsi in linea retta verso il suo avversario, in modo che continuasse la sua traiettoria inconsapevole, e costringendolo a girare il suo corpo per cercare di rimanere di fronte. Questa forma di movimento era allenata ripetutamente fino a che non sembrasse naturale e senza dover fare affidamento su un numero specifico di passi. Non c'è bisogno di spiegare che in ogni movimento, la verità è relativa e non assoluta. Quando Tori, attraverso i suoi movimenti, dice che non c'è movimento, significa che il movimento è composto interamente da cose che non sono comprensibili. Che questo movimento sia percepito o meno dipenderà da molti fattori. Questo ci porta a concludere che esso dipenderà da come Uke percepisca le cose. Visto dal punto di vista d’interdipendenza, possiamo sempre conciliare entrambi verità: la relativa e l'assoluta. Perché questo sia possibile, Tori deve "dare se stesso". In questo caso, questo movimento significa non desiderare, non essere avido in modo di non precipitare il movimento. In termini strategici si dice che non essere avidi significa non voler raggiungerlo, condurlo, come in un grande gioco per scherzo. In questo contesto strategico - Yuki-Chigai - anche se fondamentalmente è vero che nulla è di nessuno, ciò non ci impedisce a diventare tutt'uno con il movimento di Uke, in modo che possiamo conoscere il momento esatto. Non importa quanto insignificante il momento di modificare i passi - quello che conta è che lo sforzo sia autentico. Quando lasciamo la Via per andare verso la Via, raggiungiamo la Via. Raggiunta la Via, la Via è necessariamente lasciata alla Via! Un Grande Maestro ha detto: "In primo luogo, rimuove ogni possibilità di movimento dal tuo avversario e poi avvia il tuo movimento." In altre parole, voleva dire che prima dobbiamo immobilizzare l'avversario, e poi iniziare un lavoro costruttivo per il completamento. Immobilizzare è la stessa cosa che stabilire una posizione specifica, in modo che l'avversario non riesca ad applicare le sue tecniche e movimenti. Secondo il dizionario, la parola “immobilizzazione” è un sostantivo che significa riduzione all'immobilità.
Artes del Japón Se guardiamo la ricchezza enorme dell'universo della lotta a terra, vediamo che ci sono molti modi per immobilizzare l'avversario e anche molti modi per l'avversario di contrattaccare dopo essere immobilizzato... ma se c’è possibilità di reagire, è solo perché lui non è veramente immobilizzato! La verità è che nulla si ferma, tutto è in movimento. Per tanto, la condizione di movimento dell'avversario deve essere anche immobilizzata e solo allora lui sarà veramente immobilizzato. Per quanto abbiamo capito, ogni movimento ha un centro e ogni centro fluisce a seconda di quello che c'è intorno opportunità. Una volta che questo è ben compreso, il secondo
punto è sapere che anche tu stai muovendo. Durante la lotta, tutto è in movimento, allora il tuo movimento e l'immobilizzazione sono temporanei. Questi punti serviranno come base per costruire i tuoi obiettivi. Il centro di equilibrio si trova nell'addome. Un buon modo per immobilizzare l'avversario è di tenere la sua schiena sul pavimento, in modo che il suo centro sia immobilizzato. I muscoli addominali sono composti di diversi gruppi con differenti posizioni e funzioni. Il semplice fatto di praticare esercizi per gli addominali ha un’importanza molto maggiore di quanto la gente possa immaginare. La prima informazione da ricordare è che si concentra nella regione centrale del corpo e
quindi interferisce con le strutture a sua periferia, in quanto funge da supporto degli organi interni (visceri) e aiuta il mantenimento della postura. Un buon allenamento consiste di saper guardare e applicare tecniche da diverse direzioni. Shiho, il cui significato è "quattro direzioni", indica che le tecniche Jujutsu devono essere sempre applicate: Mae - frontalmente, Ushiro - da dietro, Yoko - lateralmente, Mawaru - in modo circolare. Cioè, in tutte e quattro le direzioni vi è la verità. Qualsiasi movimento che rappresenti lo spostamento dell'avversario e la gestione di questo, è classificato come "Shihopo - il metodo delle quattro direzioni", un termine usato ancora da alcuni maestri. Inizialmente, questa forma alludeva alle quattro direzioni cardinali - Nord, Sud, Est, Ovest. Il Nord indicava la volontà di progredire andando avanti. Il Sud si riferiva agli attacchi dell'avversario e la necessità di difendersi, muovendosi all'indietro. L'Ovest era il punto massimo di definizione, tramite un movimento laterale. L'Est riguardava la qualità del cambio, a cercare il supporto per un nuovo attacco, in movimento circolare. Possiamo dire che, certamente, quando muoviamo il centro dell'avversario, lo guidiamo al vuoto della sua forza centrale, situata nella sua Hara. Ci spostiamo il suo centro e trasformiamo la sua forza d'azione in vuoto. Per raggiungere la strada, dobbiamo soltanto stare con modestia e con una mente aperta: permettere l'avversario di usare la sua forza, e fluire con essa. Cooperazione è nonopposizione. È non opporsi se stessi o agli altri. Dobbiamo imparare a lavorare le forze opposte in tutte le direzioni. Per essere in grado di fluire, abbiamo bisogno di imparare l'arte di far cessare - fermare il nostro pensiero, la
forza delle nostre abitudini e la nostra mancanza di attenzione, così come le emozioni intense che ci governano. Quando un’emozione ci affligge, è come una tempesta che porta con sé la nostra pace. Non si è più in grado di fluire con la forza dell'avversario, né essere in armonia con se stessi. Che cosa possiamo fare per fermare questo tumulto? Come possiamo sbarazzarci della paura, della disperazione, della rabbia e dei desideri? È semplice. Possiamo farlo attraverso la pratica della respirazione cosciente, del camminare cosciente, del sorriso cosciente e della contemplazione profonda - per essere in grado di capire. Quando facciamo attenzione e ci mettiamo in contatto con il momento presente, i frutti che raccogliamo sono la comprensione, l'accettazione e il desiderio di alleviare le nostre tensioni e fluire con l'energia opposta. Per quanto la storia possa ricordarci dei diversi capitoli della creazione di questa o quell'arte, e anche se la contraddizione è il punto forte dei più appassionati, l'intelligenza umana è da se stessa una delle forze più creative. La necessità è sempre stata il punto di leva per questa salita destinata a raggiungere il setpoint desiderato. I secoli sono stati gli osservatori più importanti e testimoni delle trasformazioni che hanno fatto questo o quel punto di riflessione la base per una conclusione equa e ragionevole su Jujutsu, in questo caso, qui e ora. Tuttavia, si deve considerare che ogni scuola ha la sua versione della storia che porta alle sue radici e origini. Questa linea di pensiero è ciò che rende possibile che ognuna di loro esista a suo modo, muovendosi in base alle regole che facevano parte dei protocolli del tempo, regione, creatori, ecc, Ciò significa che, anche se per il tempo e i nemici, lo sviluppo e
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miglioramento delle posture e forme siano state considerate un grande segreto, un'arma di guerra avanzata per gli altri, esse non hanno pienamente raggiunto la perfezione e l'organizzazione, rispetto ai giorni attuali. Possiamo dire che anche oggi, tali tecniche ancora soffrono alterazioni dovute alla condizione stessa dell'uomo, che vede con la prospettiva che è più conveniente e, senza dubbio, aggiornata. É facile se si pensa che quando l'equilibrio è ripristinato improvvisamente e il progresso si manifesta rapidamente, il test causa necessariamente un logorio che l'intelligenza non può evitare. Il mondo si evolve da solo! Un altro esempio è il Nijyugogi Happo. Tutto lo Jujutsu insegnato era lì! Venticinque tecniche applicate in otto direzioni. I più anziani hanno affermato che l'intero Jujutsu era contenuto lì, nei suoi modi di grappling, proiezioni, torsioni ... Da lì sono sorte le idee, le variazioni, la necessità di reindirizzare alcune tecniche per scopi specifici, come Torite, Mugen Mukeru ecc. Poi, i grandi studiosi hanno detto che ciò che se pratica dello Jujutsu oggi nelle nostre istituzioni sono piuttosto queste varianti - Mugen Mukeru, Torite, ecc - e non le tecniche reali e antiche, anche se queste sono praticate ogni giorno nelle sue forme e specificità. D'altra parte, gli studiosi stessi dicono che è facile se si pensa che le forme non avessero nulla a che fare con la conservazione - come si afferma e promuove oggi una pubblicità che utilizza il tradizionale "gergo". Contrariamente a questo e osservando in modo empirico e imparziale, tutte le forme militari ritengono che la tecnica non sia certo un punto di usurpare l'atteggiamento che, tra l'altro, è un potere stabile e garantisce un buon uso della forma - qualunque sia. Questo ci porta a credere che quando occorre il contrario, la tecnica cerca di afferrare la forma stabile, usurpandola con una violazione dell'equilibrio. Riteniamo possibile l'assurdità delle forme - che difficilmente soddisfanno la situazione senza
l'atteggiamento che la rende possibile. Per anni si è creduto che la forza è una scorciatoia comoda che produce effetti immediati. Possiamo aggiungere che davanti della tecnica - in confronto con questa - i suoi equilibri possano essere instabili e quindi cedere facilmente alla reazione naturale. Per questo, ci sono otto direzioni che alcuni tradurranno come otto vie, otto forme - che non corrispondono al kanji originale. Nijyugo - venticinque; e Happoo, che corrisponde a Hachi (otto) e Hoo (metodo) - che, quando riuniti, Hoo diventa "Poo".
Purtroppo, la forza dell'abitudine è di solito più forte della nostra volontà. Al momento di un combattimento continuiamo i nostri soliti movimenti e facciamo cose che in realtà non vorremmo fare e poi ci pentiamo. Causiamo il vuoto in noi e negli altri, e in modo generale, produciamo grandi quantità di distruzione. Abbiamo bisogno dell'energia della piena attenzione per essere in grado di capire quando l'abitudine ci sta trascinando e porre fine a tale comportamento distruttivo. Con la piena attenzione, abbiamo la capacità di riconoscere la forza dell'abitudine, ogni volta che si manifesti.
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Karate Siamo lieti di presentarvi la figura e i successi di Davide Benetello, uno dei personaggi più popolari e stimati del Karate agonistico internazionale. Conosciuto nell’ambiente non solo per la sua classe ed il suo innegabile talento ma anche per la grande sportività e signorilità che ha sempre dimostrato sia nelle numerosissime vittorie che nelle rar e sconfitte, egli è oggi sicuramente una delle star più acclamate del circuito della World Karate Federation, grazie anche alla sua estr ema disponibilità nei confr onti del pubblico. Già Campione del Mondo e tre volte campione d’Europa attualmente Vice Campione del Mondo in carica, è un atleta che non manca mai i grandi appuntamenti senza però rinunciare ad un’estrema spettacolarità che lo ha reso il beniamino dei fotografi che, con lui, hanno sempre la garanzia di uno scatto da copertina. Una carriera sportiva come quella di Davide è poco frequente, ma lo è ancora meno il magnifico sapore che ha lasciato nel suo cammino. Di lui, il Presidente della Federazione Mondiale ha detto: “Atleti come Davide rendono grande il nostro sport, non solo sotto il punto di vista tecnico, bensì anche sotto il punto di vista umano. E’ un giovane magnifico, più volte premiato per il suo spirito sportivo”. Abbiamo chiesto a Davide di condividere la sua esperienza con tutti voi, realizzando un video sull’allenamento per diventare un campione. Nel pieno zenit della sua carriera, a causa delle estreme esigenze della competizione del Karate moderno, Davide già pensa di ritirarsi, ma lo farà solo quando si renderà conto che il suo rendimento comincerà a diminuire. Nel frattempo godiamoci la classe di questo fenomenale atleta, un grande talento che può fare molto per coloro che amano il Karate come sport, per arrivare sempre più in alto. Non perdetevelo!
Karate Un affettuoso saluto a tutti! Dopo molti anni di sacrifici e di successi sui tatami disposti in ogni angolo del pianeta, mi viene offerta l’opportunità di condividere le mie esperienze con il grande pubblico. Attraverso questa cassetta didattica è mia intenzione cercare di rendere il Karate agonistico più comprensibile e vicino alle esigenze di tutti i praticanti, offrendo delle basi didattiche più o meno rigide, applicabili a tutti i karateka e ai vari stili di combattimento.
Non è mia intenzione dare vita ad un tentativo di catalogare il Karate agonistico (sempre in continua ed inarrestabile evoluzione) né tanto meno di imporre uno stile di combattimento unico per tutti gli agonisti. Tuttavia credo fermamente che una tecnica pulita e supportata da una concezione tattica del combattimento, volta alla costante ricerca dell’eliminazione di errori grossolani, vi permetterà di salire sui tatami di gara molto più sicuri dei vostri mezzi. Con la certezza di non incorrere mai più in quei malaugurati ed ingenui
Karate
sbagli che tante, troppe volte vi hanno sottratto la meritata vittoria soltanto per un’inezia. Avrete la possibilità di capire e correggere i vostri passi falsi più comuni e comprenderete l’importanza di ascoltare le vostre sensazioni durante le sedute di allenamento. Infine avrete modo di scoprire e ‘rubare’ con i vostri occhi le metodologie di allenamento che da anni vado perfezionando attraverso l’applicazione quotidiana.
Karate
In particolare vorrei richiamare la vostra attenzione sulla necessità di una cura minuziosa della tecnica di base, elemento imprescindibile e punto di partenza per tutte le sedute di allenamento. Sia quelle dei campioni a caccia di risultati prestigiosi sia quelle dei giovani o dei semplici amatori la cui vittoria è legata ai progressi quotidiani e alla maturazione tecnica. Una cura che deve risultare addirittura certosina per lavorare con risultati positivi tanto sui colpi di braccia quanto su quelli di gambe (l’arma che più mi contraddistingue a livello internazionale) ma anche in altri elementi preziosi sotto l’aspetto tattico e comportamentale quali spostamenti, posizione di guardia e postura. Solo a quel punto sarà possibile introdurre una visione generale del combattimento che ha come obiettivo primario quello di eliminare movimenti e gesti superflui, troppo spesso deleteri per il buon esito di una tecnica. Esamineremo insieme tutte le sequenze di colpi e di combinazioni che le mie esperienze agonistiche hanno dimostrato più efficaci consentendomi di raggiungere i vertici mondiali e
Karate di rimanervi per più di dieci anni. Una particolare attenzione sarà rivolta alle tecniche di calcio che, con l'entrata in vigore del nuovo regolamento della World Karate Federation, sono diventate per il sottoscritto di vitale importanza. Studieremo, inoltre, anche l’importanza di modificare le traiettorie e i punti di impatto delle tecniche in modo da non
rovinare tutto il lavoro di preparazione cadendo in pericolose sanzioni a causa del mancato controllo dei colpi. Infine un sincero consiglio: cercate sempre di divertirvi e di assorbire le mie indicazioni (e quelle dei vostri maestri ed istruttori) con spirito libero, senza mai imbattervi in una visione troppo schematica e limitante del ‘Karate competitivo’.
Davide Benetello, i suoi successi internazionali e un palmares senza precedenti costituiscono il frutto di molti anni di preparazione e di studio (quasi tre lustri, ormai) dedicati in gran parte alla cura maniacale dei particolari che, mai come in questo periodo, possono fare la differenza creando un solco decisivo fra Vittoria e Sconfitta. Il Karate agonistico, a mio avviso, va considerato a tutti gli effetti uno sport al di fuori di quelle ‘tradizioni’ che troppo spesso hanno limitato e rallentato la corsa di quest’arte marziale verso il traguardo olimpico. Quindi, pur cercando di mantenere il massimo rispetto per una disciplina splendida come il Karate, dobbiamo cercare di staccarci completamente da quei freni ‘tradizionali’ che rischiano di portarci fuori strada, lontani dal raggiungimento ultimo della massima prestazione sportiva. Non vorrei essere frainteso ma credo fermamente nello spirito base delle arti marziali e del Karate ma dobbiamo anche renderci conto che, quando saliamo su un tatami, oltre al massimo rispetto per l’avversario dobbiamo portare con noi anche una preparazione tecnico-tattica e fisica paragonabile a quella di qualunque altro sport professionistico. Cercate di apprendere il più possibile da questa cassetta ma cercate anche di restare voi stessi: ogni agonista ha un proprio stile di combattimento che è innato nel suo inconscio e che
Karate perciò non va modificato ma soltanto migliorato per poter esprimere al meglio personalità, cuore, determinazione e genio. Ricordatevi sempre che, alla fine, sul tatami si sale in perfetta solitudine, aggrediti da tutte le paure e i dubbi che ci affiancano in ogni combattimento. Fin dall’epoca dei miei esordi ho creduto fermamente in questa teoria personale. A partire dal lontano 1985 quando, giovanissimo, muovevo i primi passi nel mondo di questa lucente disciplina scoprendo il kimono in una piccola località giuliana chiamata Monfalcone, grazie all’attività di un sodalizio guidato da Gianfranco Oggianu, mio primo maestro. Con il passare del tempo e con l’appoggio di una splendida famiglia che è sempre stata al mio fianco in occasione dei successi più prestigiosi, ho cominciato ad allargare i miei orizzonti cercando di apprendere il più possibile da altre realtà come quella friulana guidata dal maestro Roberto Ruberti per poi entrare dalla porta principale, una volta divenuto campione italiano Juniores, a quello che è considerato da tutti il più vincente sodalizio italiano nel mondo del Karate: il Gruppo Sportivo della Guardia di Finanza, le prestigiose ‘Fiamme Gialle’ guidate dal Maestro Claudio Culasso. In questa sede ho trovato pieno supporto alle mie teorie e, in collaborazione con il mio allenatore Marco Lanzilao e i miei preparatori atletici Paolo Tedeschi e Roberto Mazucato, sono riuscito a compiere tra mille sacrifici il salto di qualità necessario per essere convocato al mio primo raduno collegiale con la Nazionale Italiana Seniores (1991) guidata dal professor Pierluigi Aschieri e assaggiando per la prima volta il fascino dei colori azzurri che rappresentano il tricolore nel mondo. Da quel momento in poi la mia carriera agonistica doveva rivelarsi in continua crescita, capace di regalarmi molteplici soddisfazioni che, al solo ricordo, ancora oggi provocano nel mio cuore ondate di sincere ed impareggiabili emozioni. Nel corso dei tanti anni di pratica agonistica, oltre a raggiungere
prestigiosi risultati ho cercato di avere sempre il massimo rispetto delle regole e dell’avversario, gareggiando sempre con il massimo fair play per poi ottenere, cosa di cui vado particolarmente fiero, anche la stima generale e sincera da parte di avversari, allenatori, direttori tecnici, arbitri e presidenti federali. E trasformandomi così in un punto di riferimento costante per tanti atleti, compresi i più piccini che si avvicinano con entusiasmo e un pizzico di sana
ingenuità a questa meravigliosa disciplina. Farei un grave peccato di presunzione se dicessi che quello che sono è tutta opera mia. In realtà uno dei principali meriti che mi riconosco è quello di aver saputo radunare al mio fianco un appassionato team di collaboratori preparatissimi e di amici sinceri quanto fidati. Persone che, oltre ad aiutarmi a svolgere il mio compito, mi hanno anche sostenuto nei momenti meno luminosi della mia
Karate
carriera, abili a non farmi mai patire le delusioni e a ridarmi la carica quando le cose vanno per il verso sbagliato. Ringraziare tutti loro, uno ad uno, sarebbe quasi impossibile. Ma chi mi è stato vicino in questi anni sa di cosa sto parlando e sente di costituire una parte fondamentale nelle mie vittorie. Una persona, tuttavia, non posso mancare di citare con particolare trasporto: colei che divide con me tutte le giornate, da quelle più esaltanti a quelle più tristi. Per lei, la mia compagna Debora, sono e resterò sempre un campione. Ringrazio anche tutti gli atleti con cui ho avuto l’onore di confrontarmi, quelli sui quali ho prevalso e anche quelli che hanno avuto la meglio sul sottoscritto. Perché da ognuno di loro ho avuto la possibilità di imparare qualcosa, crescendo sotto l’aspetto sportivo e arricchendomi sotto quello umano. Un pensiero va anche alle persone che non hanno creduto in me e a quelle che, alla prima occasione, non hanno perso tempo per insinuare con malizia che fossi finito: anche tutti voi, a modo vostro, mi avete dato la carica per tagliare traguardi assai prestigiosi e per salire sul gradino più alto del podio con il petto ornato di medaglie di metallo pregiato. A questo punto non mi resta che rivolgere a tutti un sincero saluto nella speranza che le mie parole e le mie esperienze possano aiutarvi a raggiungere gli obiettivi che vi siete prefissi e che da sempre fanno capolino nei vostri sogni di atleti. E, magari, riuscire anche a superare i vostri limiti con un pizzico di felice sbalordimento. Da parte mia un abbraccio e un appuntamento alla prossima Vittoria.
Atleti come Davide rendono grande il nostro sport, non solo sotto il punto di vista tecnico, bensì anche sotto il punto di vista umano. E’ un giovane magnifico, più volte premiato per il suo spirito sportivo; al di là delle sue evidenti capacità tecniche, Davide è un esempio di come il Karate, quale sport, ci faccia crescere come persone e ci spinga ad essere migliori: davvero un eccellente campione. Antonio Espinos Presidente della Federazione Mondiale di Karate
La scienza del disarmo delle armi a canna lunga
“In questo modo muoiono molti poliziotti”, mi dissi mentre mi avvicinavo ad Harvey nel g iar dino di casa su a. “Credo di poterlo disarmare senza sparare. Ha bevuto ed è un caso di violenza domestica. Sì. Ce la posso fare e, sicuramente, ce la farò”. Harvey afferrò un fucile. Era impazzito e, cosa ancor peggiore, ubriaco di whisky. Il suo vero obiettivo era la donna di Dallas, la quale aveva metà dei suoi anni, e che stava lanciando la sua valigia dentro l'automobile che Harvey stesso gli aveva appena comprato. Lo stava abbandonando con quella stessa Camaro (è un tipo di auto americana) ed Harvey era deciso ad ucciderla e, forse, ad uccidere anche sé stesso, oltre che il sottoscritto! Lo avevo già arrestato altre volte e sapevo di poterlo convincere ad arrendersi. Il cannone e gli occhi furenti li puntava soprattutto sulla ragazza.
Difesa Personale
“Harvey, molla l’arma. Dammi il fucile”. Gli dissi avvicinandomi di più. Rispose in modo sconnesso, abbaiando frasi come: “Torna a casa o ti uccido”. Quando vidi e sentii che tutta la sua attenzione fisica si concentrava su di lei e non su di me, gli saltai addosso ed afferrai il fucile con due mani. Con un movimento a remo in avanti, lo disarmai. Un altro agente arrivò di corsa e gli afferrò un braccio. Lo ammanettammo giusto quando la ragazza chiuse una portiera con forza e partì sparata lungo Morse Street. La lasciammo andare ed ar r estammo Har vey per disor dine pubblico – un’imputazione tipica di quell'epoca, intorno al 1978.
La scienza del disarmo delle armi a canna lunga Il movimento a remo era un disarmo di fucile che ci aveva insegnato il nostro sergente addetto all’istruzione, quando partecipai all'addestramento base dell'esercito a Fort Polk, Los Angeles. Ma ciò accadde durante il periodo di addestramento per il Vietnam, quando i veterani insegnavano ogni tipo di combattimento a corta distanza, quelli da manuale e non. Poi mi convinsero ad insegnare questo movimento ad alcuni dei ragazzi della polizia, e presto mi resi conto che nell'accademia di polizia non veniva insegnato il disarmo della carabina e del fucile. I poliziotti militari dicevano che nemmeno a loro avevano insegnato un solo disarmo di carabina. Non s’insegnava di certo nelle lezioni di Karate che ci avevano impartito. Grazie al Sergente istruttivo McKaskill, veterano della guerra del Vietnam con due ginocchia Dupont di plastica, che si prese il disturbo di appartare un plotone e di insegnarci una cosa che considerava importante. Con l’idea di insegnarlo, poi mi misi a studiare scientificamente questo problema. Questo è ciò che scoprii. Dall'introduzione del fucile, i criminali ed i soldati hanno ucciso, ferito, puntato, intimorito, rapito, scortato o controllato la gente, con la loro canna minacciosa. Questo studio analizza come resistere alla minaccia del fucile, identificando scientificamente le possibili posizioni di confronto e risolvendole di seguito. Le armi che definiamo a canna lunga saranno la carabina, il fucile, la semi-automatica e l'automatica.
Il confronto Come succede? Catturano i soldati, le guardie e i poliziotti; rubano, sequestrano e tengono in ostaggio i cittadini, sia in mezzo ad un terreno rurale che urbano. Tutti i fattori di ognuna delle situazio-
Difesa Personale
ni devono essere soppesati accuratamente nell'azione che intraprendiamo. La psicologia di questo gioco potrebbe essere oggetto di un libro -persino di una laurea-, ma qui rifletteremo solo sulle tattiche fisiche.
I Problemi Fisici Problema Problema Problema Problema
Fisico Fisico Fisico Fisico
1) 2) 3) 4)
Valutazione del nemico Distanza Posizione Metodo con cui porta l'arma
PF1) Valutazione del Nemico Dobbiamo valutare la qualità e la quantità del nemico. Quale stazza, mentalità, stato fisico ed abilità ha la persona che impugna l'arma? I suoi compagni sono vicini? Nel peggiore dei casi dovremo entrare in azione. PF2) Distanza Il nemico ci minaccerà da tre distanze differenti. Distanza 1) Contatto Quando il foro d’uscita della canna è in contatto con il nostro corpo. Tutti quelli che impugnano un’arma, che siano allenati o meno, toccano spesso con la canna l’aggredito. Può darsi che il soggetto abbia fretta e ci spinga con l’arma. Potrebbe essere furioso e toccarci con la canna a mo’ di intimidazione. Potrebbe essere estremamente sicuro di sé. Benché sembri una strategia sbagliata, succede con una certa regolarità. Distanza 2) Attacco Quando il soggetto tiene l'arma ad una distanza nella quale abbiamo l'opportunità di saltargli addosso per sottrargliela. Distanza 3) Lontananza Quando ci puntano il fucile contro da una distanza in cui non è possibile saltare addosso all’aggressore, fino, letteralmente, ad una distanza da franco tiratore. Qui l’unica cosa che possiamo fare è utilizzare la psicologia per salvarci. PF3) Posizione Il nemico presenterà il suo fucile in quattro posizioni basilari, con tre variazioni in ognuna di esse.
“Secondo le ricerche delle autorità di polizia degli Stati Uniti, l'impiego di fucili per aggredire ed uccidere cittadini ed agenti di polizia sta aumentando.”
“Dobbiamo valutare la qualità e la quantità del nemico. Quale stazza, mentalità, stato fisico ed abilità ha la persona che impugna l'arma?”
Posizione 1) Davanti a noi Posizione 2) e 3) Ad uno dei lati (destro o sinistro) Posizione 4) Dietro di noi Variazione A) Al di sopra di noi Variazione B) Alla nostra altezza Variazione C) Sotto di noi PF 4) Metodo con cui porta l'arma Come tiene l’arma il nemico? La impugna solo con le mani? O peggio, la tiene assicurata ad un cinturino? L'avversario terrà l'arma in tre modi basilari: Con le mani Con il cinturino Con un arnese di sicurezza Con le mani I criminali normalmente usano armi “civili” come fucili da caccia ed altre, spesso rubate. I criminali civili portano le armi in modo da poterle estrarre rapidamente.
Con il cinturino Per anni mi incaricai di uno studio intensivo sulla storia militare, analizzando fotografie sia di truppe internazionali sofisticate ed altamente allenate, che di ribelli senza addestramento. Dalle migliaia di fotografie di personale militare armato esaminate, all’incirca la metà mostravano di usare il cinturino dell'arma, mentre l'altra metà non faceva caso ad esso e lo lasciava pencolante dall'arma. Per focalizzare di più la questione, molte di queste fotografie erano di guardie di prigionieri e scorte. Un’arma con cinturino legato ad una parte del corpo del nemico evidenzia un ostacolo per il disarmo. Il personale militare usa cinturini. L'idea basilare del cinturino è poter portare l'arma sia in posizione di riposo che di attacco. Poi si scoprì che poteva servire a migliorare la mira. Il cinturino è legato alla canna per poter strisciare a terra in silenzio ed in modo sicuro. Il cinturino permette le seguenti posizioni dell'arma: di traverso sul petto sotto l'ascella sulla schiena di traverso sull'ascella e sulla spalla a mo’ di clip. Nell'ultima decade, i giubbotti e l’equipaggiamento d’appoggio, come i “lanyards” (corde con gancio a clip), sono diventati molto popolari. Questo rappresenta un altro problema al momento del disarmo.
È il momento di attaccare? Molte vittime sono scappate mentre venivano scortate per essere interrogate, mentre mangiavano, mentre erano in bagno o in camera da letto. Molti hanno sorpreso una guardia stanca o poco allenata. Molti hanno sperato che la guardia rimanesse sola. Molti sapevano che sarebbero morti tramite esecuzione e hanno deciso di morire lottando - ma hanno vinto e sono sopravvissuti! Perciò dobbiamo sempre osservare dov’è il nemico, che aspetto ha, come porta l'arma ed identificare il modo con cui può utilizzarla, prima di risolvere fisicamente la peggiore di tutte le situazioni.
Soluzioni basilari per la sopravvivenza Non importa in che posizione sia l'arma, né se la canna ci sta toccando o si trova a distanza di attacco. L'equazione per la sopravvivenza è:
Difesa Personale
“Colpire il nemico con due mani con l'arma se è necessario. Una volta strappata l'arma, non confidate troppo sul fatto che funzioni. Potrebbe essere scarica. Potrebbe essere una replica.â€?
Foto 1 Titolo: La Minaccia Foto 2 Passo 1) Deviare la canna Foto 3 Passo 2) Controllare l'arma e colpire il collo e/o la testa per stordire il nemico Foto 4 e 5 Passo 4) Colpire il braccio e/o le braccia che sorreggono l'arma Foto 6 Passo 5) Strappare l'arma o usarla come appiglio per lanciare l'arma legata. Continuare colpendo l'avversario
Variazioni Variazione 1) Affrontare un’arma sciolta, senza cinturino. Il miglior modo di ottenere questo disarmo è colpire le braccia che sorreggono l'arma per sottrargliela. Foto 7 Titolo: Dopo un colpo forte si usa il cinturino per il lancio. Notate come la canna colpisca il plesso brachiale: questo aumenta l'impeto. Variazione 2) Affrontare un’arma legata al cinturino. Questo esige la presa dell'arma e tirare con forza per poter portare al suolo il nemico. Colpite più volte, quanto è necessario. Per ottenere un disarmo dovete sganciare il cinturino o liberare la clip che unisce l'uomo all'arma. Per sganciare il cinturino, per prima cosa dovete aver ridotto significativamente il nemico, abbastanza per manovrare il suo corpo con sicurezza per procedere. Liberare la clip di un’arma richiede anche una notevole riduzione dell'avversario. Solo allora potrete accedere al sistema per liberarla, sganciandola o tagliando il cinturino perciò avrete bisogno del vostro coltello o dell'arma affilata dell'avversario. Vale la pena ricordare che se tirate l'arma, l'aiuterete ad attivare il sistema d’ingranaggio. Molti esperti suggeriscono di spingere l'arma per ritardare tale azione. Ho analizzato molti assassini e sparatorie, nei quali i combattenti hanno lottato con armi a canna lunga e sono morti per un colpo partito mentre cercavano di toglierla a chi la impugnava.
Note Alcuni istruttori, non ben allenati, danno troppa enfasi a come forzare il fucile per applicare una leva, senza soffermarsi a spiegare che prima si deve colpire il nemico. E’ naturale pensare che un essere umano afferri con forza la propria preziosa arma, specialmente con il gomito e l'avambraccio. A meno che non lo si colpisca, risulterà molto difficile spostargli l'arma per facilitare le chiavi al braccio e al polso. Ho visto molti istruttori insegnare ai loro allievi a spostare la canna con il palmo della mano verso l'alto. Spingendo con il palmo della mano permettiamo al nemico di alzare la canna e di mirare direttamente verso di noi. Se spingiamo verso il basso, riusciamo ad evitare tutto questo. Altri istruttori preferiscono passare ad una serie di nodi da marinaio e da “boy scout” con il cinturino, per legare l'avversario. Per favore, considerate le opzioni con accuratezza.
Difesa Personale Dopo il disarmo Colpire il nemico con due mani con l'arma se è necessario. Una volta strappata l'arma, non confidate troppo sul fatto che funzioni. Potrebbe essere scarica. Potrebbe essere una replica. Potrebbe essere rimasta danneggiata nella lotta e, con la gran varietà di armi a canna lunga che esiste, potreste non riuscire a farla funzionare. Inoltre, il fuoco può richiamare l'attenzione sulla vostra azione ed attirare i suoi compagni. Potreste essere obbligati ad improvvisare un qualche modo per legare il nemico o persino ad ucciderlo, se la situazione lo giustifica. Una volta sicuri e se il tempo lo permette, perquisitelo e confiscategli tutte le armi e l’equipaggiamento d’appoggio.
Guardare indietro Avrei potuto sparare ed uccidere il povero di Harvey quel giorno, con la mia rivoltella. Nessuno avrebbe discussione la mia azione -e tanto meno gli spaventati vicini che osservavano e che ci avevano chiamato. Ma anche lui avrebbe potuto uccidermi! È una decisione che dobbiamo prendere se siamo poliziotti. Harvey, senza la ragazza e senza la Camaro, sarebbe arrivato alla vecchiaia e sarebbe morto per cause naturali mentre dormiva, come spero che succeda a voi dopo aver imparato queste tattiche e queste strategie nel caso in cui arriviate ad averne bisogno. Oh...buona notte sergente McCaskill... ovunque tu sia.
“Alcuni istruttori, non ben allenati, danno troppa enfasi a come forzare il fucile per applicare una leva, senza soffermarsi a spiegare che prima si deve colpire il nemico.”
Secondo le ricerche delle autorità di polizia degli Stati Uniti, l'impiego di fucili per aggredire ed uccidere cittadini ed agenti di polizia sta aumentando. Criminali, decisi e calcolatori, si sono forniti di armi a canna lunga. Molti agenti sono morti per colpi di fucile, avvicinandosi ad un incidente e nel tentativo di trattare da vicino con i sospetti armati. La maggior percentuale di agenti morti per colpi di fucile si ha in casi in cui l'agente si avvicina per dare un ordine o per fermare qualche veicolo - molti sono stati assassinati addirittura prima di scendere dalla loro autopattuglia. La maggior parte delle vittime per colpo di fucile riceve l'impatto da davanti, e la metà di queste, in testa. Naturalmente, intorno al fucile esiste un vero e proprio commercio d’azione militare. I cittadini di molti paesi del mondo vivono con la paura di regimi comunisti, fascisti, dittatori e vivono il panico davanti agli eserciti invasori votati alla pulizia etnica, alla violenza, al furto, alla mutilazione e all'assassinio.
Difesa Personale
Il DVD "Krav Maga Ricerca e Sviluppo" sorgè dalla voglia di quattro esperti di Krav Maga e sport da combattimento: Christian Wilmouth, Faustino Hernandez, Dan Zahdour e Jerome Lidoyne. Ad oggi, loro dirigono molti club e conducono un gruppo di una ventina di professori e istruttori di molteplici discipline, dalla Krav Maga alle MMA, Mixed Martial Arts. Questo lavoro non è destinato a mettere in evidenza un nuovo metodo nè una corrente specifica di Krav Maga. Il suo scopo è semplicemente quello di presentare un programma di Krav Maga messo a fuoco sull'importanza del " c o n t e n u t o " , condividendo in questo modo le nostre esperienze.
REF.:KMRED1
Tutti i DVD prodotti da Budo Inter national vengono identificati mediante un’etichetta olografica distintiva e realizzati in supporto DVD-5, formato MPEG-2 (mai VCD, DivX o simili). Allo stesso modo, sia le copertine che le serigrafie rispettano i più rigidi standard di qualità. Se questo DVD non soddisfa questi requisiti e/o la copertina non coincide con quella che vi mostriamo qui, si tratta di una copia pirata.
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Reportage
Storia
Dopo 13 anni di studi, il judoka brasiliano, Rildo Heros de Medeiros, lancerà un libro contenente delle scoperte esplosive sulla storia del giapponese che insegnò il Jiu-Jitsu a Carlos Gracie. Nonostante tutta la sua importanza per la storia del Jiu-Jitsu e del Vale-Tudo, Mitsuyo Maeda - conosciuto anche come il Conte Koma- non era mai stato studiato in profondità e con la serietà che meritava l'uomo che insegnò il Jiu-Jitsu a Carlos Gracie; quest’ultimo, come sapete, assieme al fratello Elio, sviluppò la tecnica e rese possibile la diffusione del Jiu-Jitsu e delle MMA in tutto il mondo.
II giapponese che ha portato il Jujutsu in Brasile
Reportage
I
n sintesi, quello che sappiamo è che il Conte Koma era un campione giapponese di Jiu-Jitsu che nel 1917 arrivò nella città di Belém con una missione diplomatica, che aveva l’obiettivo di dare aiuti all'enorme colonia giapponese esistente nello Stato di Pará. Lì conobbe Gastão Gracie e divennero grandi amici. La grande amicizia spinse Maeda ad insegnare al figlio di Gastão, Carlos Gracie, i segreti dell'Arte del Jiu-Jitsu, con la condizione che passasse quelle conoscenze solo ai suoi parenti, poiché per un giapponese insegnare i segreti del Jiu-Jitsu a degli occidentali equivaleva ad un crimine contro la patria. Queste informazioni furono confermate dallo stesso Maestro Carlos Gracie nella sua ultima intervista, pubblicata nella rivista TATAME del novembre 1994. Nonostante ci siano diversi punti che non concordano e molti altri messi in discussione da gior nalisti e storiografi giapponesi, questa è la versione che ha sempre prevalso, per lo meno nel mondo del Jiu-Jitsu e
delle MMA. “Il Conte Koma è uno dei personaggi più importanti della storia delle Arti Marziali. Non è possibile che la sua storia sia così poco documentata”, dichiarava il judoka amazzone Rildo Heros de Medeiros (33 anni), che si sta dedicando allo studio della vita di Koma da 13 anni. Il risultato del suo lavoro potrà essere apprezzato nel libro “Conte Koma, il mito del Jiu-Jitsu” che Rildo pensa di commercializzare in novembre, in occasione del 55° anniversario della morte del giapponese.
Rildo e Koma L'interesse di Rildo per la storia di Koma cominciò nel 1993, in una competizione di Judo, a Porto Alegre, quando l'amazzone conobbe il maestro giapponese 6º Dan Makoto Inokuma. “Lui pensava che il Conte Koma fosse passato per Manaus prima di stabilirsi a Belém nel 1917 e mi chiese aiuto per verificare nei giornali delle Amazzoni dell’epoca”, spiega il judoka che già nelle
prime visite alla Biblioteca Pubblica delle Amazzoni trovò una testimonianza nel giornale “O Tempo” del 19 dicembre 1915 dell'arrivo di Koma e del suo gruppo a Manaus (Nord del Brasile). Secondo la pubblicazione, “il giapponese era arrivato con il suo gruppo, facendo delle dimostrazioni pubbliche di lotta nel teatro Polytheama, su una carrozza aperta ed in abiti orientali”. Dopo la sorpresa di scoprire che Koma era passato per Manaus, a Rildo sembrò subito strano che un giapponese inviato in Brasile in missione diplomatica, sfilasse in carrozza aperta con il suo gruppo
realizzando delle dimostrazioni pubbliche di lotta. “A partire da quel giorno cominciai a visitare la biblioteca pubblica quotidianamente, alla ricerca di giornali e libri che mi aiutassero a svelare la sua vera storia”, dice Rildo che non tardò molto a fare un’altra importante scoperta: “Al contrario di quanto si pensa, il Conte Koma arrivò dal Brasile via Porto Alegre (sud del Brasile), con altri quattro allievi: Satake, Lacu, Okura e Schimitsu. E si diresse verso nord realizzando incontri ed esibizioni in diversi Stati fino ad arrivare a Manaus”, rivela l'investigatore spiegando come si realizzassero quelle sfide.
Royler con Clízia, la figlia adottiva di Koma, nella casa dove il giapponese visse a Belém.
Le storie delle sfide di Maeda nel mondo addirittura avrebbero spinto un famoso fumettista giapponese a pubblicare, nel 1996, decine di libri sullo stile “fumetti di supereroi”, raccontando le centinaia di storie sui combattimenti del Conte Koma. Nella parte superiore di ogni copertina dice: “Conte Koma: il precursore del Gracie Jiu-Jitsu”. Nel 1906, dopo aver fatto alcuni incontri negli Stati Uniti, Maeda arrivò in Messico dove, secondo Rildo, ricevette il soprannome di Conte Koma. “Fu uno scherzo. Conte perché aveva molta classe e una gestualità aristocratica e Koma per il suo pessimo stato finanziario, komaru in giapponese vuol dire in difficoltà”, chiarisce l'investigatore. Prima di entrare in Brasile per Porto Alegre, Koma e Satake passarono per il Guatemala, il Costa Rica, Panama, Colombia, Ecuador e Perù, dove il terzo giapponese, Lacu si unì al gruppo. In Cile, Maeda inserì Okura e, di seguito, Shimitsu completò il quintetto in Argentina. Il giorno 14 novembre 1914, dopo essere passato per l'Uruguay, Koma arrivò in Brasile, per Porto Alegre, passando per diversi Stati fino ad arrivare a Manaus, il giorno 18 dicembre 1915.
Gracie e Koma: Incontro al circo
“Secondo diversi giornali, i giapponesi realizzavano lotte di resistenza. Sfidavano qualunque persona di qualsiasi modalità (Pugilato, Capoeira, Lotta Libera). La lotta aveva regole che permettevano di attaccare con la mano chiusa, ma non con pugni in faccia. Per quello che ho potuto capire, pochi duravano più di un minuto, poiché subito li abbatteva e li finalizzava, di solito con chiavi al braccio, che erano il suo forte”, spiega Rildo. Cercando i passi di Maeda, il judoka scoprì che c'erano altri studiosi nel mondo che, come lui, si dedicavano a montare il puzzle della vita di Koma. E fu “scambiando tasselli” con Gotta Tsutsumi (Belém/Brasile), Noryio Koiyama (Tokio/Giappone), Carlos Loddo (Canada), Stanley Virgilio (Campinas/Brasile) che l'amazzone capì sempre di più la storia dell'uomo che portò il Jiu-Jitsu in Brasile.
Girando le Americhe Con ogni scoperta aumentava più la curiosità di Rildo, fino al punto di ampliare la sua ricerca e portarla al 1905, quando, secondo alcuni libri, Maeda lasciò il Giappone. “Tradussi alcuni testi dal giapponese e parlai con altri studiosi e maestri. Tutto indica che Maeda volesse diffondere il Jiu-Jitsu da combattimento realizzando presentazioni e sfide ed il suo Maestro, Jigoro Kano, non era d’accordo, perché voleva divulgare il Jiu-Jitsu sportivo che poi avrebbe chiamato Judo. Così Maeda si staccò dalla Kodokan ed assieme a Shinshiro Satake, un altro dissidente della Kodokan, se ne andò per il mondo realizzando esibizioni e sfide”, rivela Rildo.
Un'altra curiosità scoperta da Rildo, si riferisce ai primi incontri tra Koma e Gastão, a Belém. “Ho trovato racconti che dicono che Gastão Gracie era l'impresario dell'American Circus del suo amico Henrique Melo. Il Circo si trovava nel Palace Teatre, nella Piazza della Repubblica (dove oggi si trova l’Hotel Hilton). Lì è dove Koma e Gastão si conobbero”, afferma Rildo rivelando i dettagli della storia che verificò in giornali dell’epoca nella Biblioteca Pubblica di Belém. “Koma conobbe Gastão perché sfidò il lottatore dell'American Circus, Alfredo Leconte, che all’epoca era l'Ercole (lottatore principale) del circo. Dopo questo, i due divennero molto amici. Da quello che ho potuto verificare dal giapponese Oatake che conobbe sia il Conte Koma che Gastão, Carlos Gracie imparò il Jiu-Jitsu nell'accademia che Koma aprì nel 1916, nei saloni del Cinema Teatro Moderno, situato di fianco alla Chiesa di Nazaré (oggi è una piazza)”, racconta Rildo, che ha trovato diversi ritagli di giornali che pubblicizzavano l'accademia. “Le lezioni erano ampiamente pubblicizzate nei giornali, per chi volesse imparare a pagamento”, dice l'investigatore, rivelando che il primo allievo di Koma fu lo stivatore Jacinto Ferro. “Lui praticava la Lotta Greco Romana e fu il primo brasiliano ad imparare il Jiu-Jitsu. Fu istruttore di Koma e lo aiutò ad impartire lezioni a Carlos”, assicura. Ma le scoperte di Rildo non finiscono qui. Nelle sue interminabili visite alle biblioteche di Manaus e Belém, l'amazzone ha scoperto che anche i discepoli di Koma aprirono le loro accademie, dove insegnarono a diversi altri brasiliani, oltre ai Gracie. “Satake, per esempio, aprì un'accademia a Manaus nel gennaio del 1916. Luis França, che formò il maestro Fadda (responsabile per la divulgazione del Jiu-Jitsu nei sobborghi di Río de Janeiro), fu suo allievo e ricevette lezioni anche da Koma”, assicura Rildo. Un altro iniziato nella lotta da Satake fu Vinícius Ruas, zio di Marco Ruas e responsabile per l’avvio alle Arti
Reportage
Il Teatro Polytheama, dove Koma fece le sue prime dimostrazioni a Manaus nel 1915.
Marziali del creatore del Ruas Vale-Tudo. Cintura Nera 7º Dan di Judo, Vinícius (82 anni) esercita ancora un incarico nella Federazione di Judo dello Stato di Río de Janeiro. Anche Laku diede lezioni di Judo nel Club del Banco do Brasil e poi nella sede del Nacional Futebol Clube fino ai principi della guerra del 1940, anni in cui si trasferì in Perù. Shimutsu ed Okura rimasero ad impartire lezioni nell'accademia del Conte Koma, a Belém, fino al 1920, quando ritornarono in Giappone. Alla fine del ciclo del caucciù, Koma ritornò in Giappone dove fece la pace con Jigoro Kano dal quale ricevette il 7° Dan per averlo aiutato a divulgare il suo Judo. Nel 1924, Koma ritornò a Belém, dove iniziò ad insegnare il Judo ai bambini. Lo stesso anno si sposò con May Iris. Nonostante sia cosciente di quanto siano esplosive le sue rivelazioni, Rildo insiste nel dire che il suo principale obiettivo è chiarire i dettagli dell'arrivo del Jiu-Jitsu in Brasile. “La mia investigazione in realtà cerca di capire in che modo il Jiu-Jitsu sia arrivato qui e chi fu il Conte Koma, non cerco la polemica”, conclude l'amazzone, che pensa di lanciare il suo libro prima della fine di quest’anno, in collaborazione con il giornalista Leanderson Lima.
Storia
Rildo Medeiros
Sotto: In Giappone, Koma è stato il protagonista di un fumetto come l'eroe delle mille lotte.
Royler Gracie visita la tomba del Conte Koma, nel 1996.
Storia ALBERO GENEALOGICO DEL JIU-JITSU E DELLE MMA
JIGORO KANO Kodokan
MONIR SALOMÃO CONDE KOMA
LUIS FRANÇA
JULIO CESAR (UGF)
OSWALDO FADDA RESENDE - FLORES - WENDELL ALEXANDER NOVA UNIÃO
PEDERNEIRAS CARLSON GRACIE BRAZILIAN TOP TEAM CARLOS GRACIE
HÉLIO GRACIE Academia Gracie
ALLIANCE ROLLS GRACIE
ROYCE GRACIE SAKATE
HASHINE ISOGAI Botukukai
VINÍCIUS RUAS
BRASA CARLOS GRACIE
BARRA GRACIE
MARCO RUAS
IVAN GOMES TAKEO YANO
ROMERO JACARÉ
BUILSON OSMAR
RICKSON GRACIE
MACHADO
RORION GRACIE
RENZO GRACIE
ROYLER GRACIE
INDIO
MAEDA KOMA PASSO PER PASSO • 1905 - Maeda non è d’accordo con Jigoro Kano ed abbandona la Kodokan, assieme a Satake. • 1906 /1913 - Maeda lotta negli USA e, passando per l'America Centrale, arriva in Uruguay. • 1914 - Maeda ed il suo gruppo entrano in Brasile da Porto Alegre. • 1915 - Maeda si presenta a Belém (ottobre) e Manaus (dicembre). • 1916 - Maeda stabilisce un orario per insegnare JiuJitsu nelle sale del Cinema Teatro di Belém, lo stesso anno conosce Gastão Gracie e comincia ad insegnare a suo figlio Carlos. • 1920/1923 - Maeda ritorna in Giappone, dove ristabilisce la relazione con Jigoro Kano e riceve il 7º Dan per aver insegnato il Judo. • 1924 - Di ritorno a Belém, Maeda conosce May Iris con la quale si sposa. • 1931 - Takeo Yano arriva nello Stato delle Amazzoni e comincia ad impartire lezioni assieme al Conte Koma; • 1932 - Maeda prende la cittadinanza brasiliana ed assume il nome di Octavio Mitsuyo Maeda; • 1941 - Il Conte Koma muore a Belém, a causa di problemi renali.
Invitato nel 1996 dalla sua cintura nera Frédson Alves a realizzare una serie di seminari a Belém, Royler (figlio di Hélio Gracie) colse l'occasione per conoscere un po' di più la storia dell'uomo che insegnò l'Arte a suo zio. In quell’occasione, il Gracie visitò la tomba di Koma e di sua moglie May Irís ed, inoltre, volle conoscere la casa del giapponese, dove oggi vive sua figlia adottiva Clízia. Durante quella visita, il più grande lottatore della famiglia (in campionati di Jiu-Jitsu) parlò dell'emozione di poter stare dove tutto aveva avuto inizio, riassumendo l'importanza del giapponese nella storia della sua famiglia. “Il Conte Koma portò l'albero del Jiu-Jitsu in Brasile. I Gracie, mio zio Carlos e mio padre Hélio, lo piantarono ed oggi noi raccogliamo i frutti”, disse il Gracie. Per quanto ci ha rivelato, non vi è dubbio che il libro di Rildo sarà un elemento importante per aiutare a chiarire la storia dell'arrivo del Jiu-Jitsu in Brasile. Ma è importante chiarire anche che la spina dorsale continua ad essere la stessa. Altre persone potranno avere imparato il Judo e il Jiu-Jitsu con Maeda, Satake e Yano e potranno addirittura aver formato degli allievi, ma solo i Gracie svilupparono il Jiu-Jitsu attraverso una dinastia di lottatori che rese possibile la diffusione dello sport in Brasile e successivamente nel mondo. Se oggi il Jiu-Jitsu e le MMA sono popolari a livello mondiale è per merito di Mitsuyo Maeda Koma e della famiglia Gracie.
Il Programma Kyusho Tactical Control (KTCP) è stato progettato per controllare la scalata dei conflitti attraverso la ricerca giuridica e medica, spiegamento tattico, test sul campo e coordinamento. Questo programma è stato progettato appositamente, ma non esclusivamente, per le Forze dell'Ordine Pubblico, Sicurezza, Emergenza, Guardia Costiera, Militari, Agenzie Governative, Escort e sicurezza personale. Questo modulo base è costituito da un insieme di 12 obiettivi principali integrati in 4 moduli di controllo della scalata di forza. Ci sono numerose strutture deboli nel corpo umano che possono essere utilizzate da un agente per ottenere semplicemente il controllo di un individuo, più efficienti rispetto al tradizionale utilizzo della forza come indica il protocollo. Di là dalla fase di ordine verbale, in una situazione di crescente conflitto, è in questi punti Kyusho (vitale) dove l'agente può fare uso dei sistemi interni di controllo fisico, come i nervi, la struttura dei tendini e i naturali riflessi nervosi del corpo. Non richiede grande forza nemmeno un complesso controllo motore o la vista, soggetti di fallimento in stati di alta adrenalina. Questa informazione è dedicata ai membri coraggiosi e resistenti delle Agenzie in tutto il mondo. Grazie per quello che fate!
REF.: • KYUSHO 22
Tutti i DVD prodotti da Budo International vengono identificati mediante un’etichetta olografica distintiva e realizzati in supporto DVD-5, formato MPEG-2 (mai VCD, DivX o simili). Allo stesso modo, sia le copertine che le serigrafie rispettano i più rigidi standard di qualità. Se questo DVD non soddisfa questi requisiti e/o la copertina non coincide con quella che vi mostriamo qui, si tratta di una copia pirata.
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Difesa Personale
Krav Maga
Krav Maga, letteralmente “il tocco del lottatore”, un termine che, senza dubbio, ha acquisito una fama incredibile negli ultimi anni. Come sempre accade in questi casi, sono sbucati “fidanzati”, “amanti” e “promessi sposi” da tutte le parti, ma la pater nità dello stile non è mai stata messa in discussione. Imi Lichtenfeld sviluppò le sue basi, e l’istruttore e Maestro marziale, Moni Aizik, che oggi vedete in copertina, lo ristrutturò assieme al fondatore, per una sua applicazione ed un suo insegnamento nell’Esercito Israeliano. Questo è pertanto un argomento di un certo calibro, utile affinché gli interessati in materia approfondiscano il tema. Come sempre, non ci piace fermarci solo alle parole ed abbiamo preparato un DVD per coloro che hanno intenzione di andare oltre. Nell'articolo che di seguito riportiamo, trattiamo abbondantemente delle origini e della storia di questo magnifico istruttore, con una lunga ed incredibile esperienza in molti dei campi che compongono il nostro mondo marziale, dal coach della selezione Olimpica d'Israele, ai lottatori dell'UFC, fino ad ufficiale e superstite di uno degli episodi più duri della storia recente dell'esercito Israeliano. Un uomo gentile ed accessibile, a cui piace condividere con altri le sue conoscenze, un prezioso tesoro che siamo onorati di presentarvi. Alfredo Tucci
Moni Aizik, co-creatore del Krav Maga Moderno La popolarità del Krav Maga Il Krav Maga è attualmente una delle Arti Marziali più popolari e riconoscibili al mondo. Questo si deve alla reputazione delle forze armate israeliane ed al fatto che sia facile da imparare e da applicare. In Israele, il Krav Maga è dappertutto. Uomini, donne e bambini di tutte le età praticano il Krav Maga ed è stato integrato in molte scuole israeliane, dalle elementari fino alle superiori. Il Krav Maga fu progettato per essere un sistema di lotta, non uno sport. Agli allievi viene insegnato a mirare alle parti vulnerabili del corpo e a continuare l'attacco fino a neutralizzare la minaccia. NON ci sono competizioni, né forme non necessarie (i kata), né nessun altro elemento che lo distragga dai suoi obiettivi originali, ovvero quelli d’essere un metodo di difesa personale facile da imparare e da utilizzare. Le Forze di Difesa Israeliane, le Unità di Sicurezza Interna Israeliane e la Polizia utilizzano varianti di Krav Maga. Inoltre, determinati gruppi incaricati dell'applicazione della legge e dell’ordine in Europa e in Nord America hanno incluso anche il Krav Maga nel loro programma di allenamento. Il
Krav Maga
principale vantaggio di questa disciplina è la sua semplicità – è richiesto relativamente poco tempo per impararlo ed utilizzarlo. Questo attrae in particolar modo le unità militari e poliziesche, perché devono allenare le loro reclute in un periodo limitato di tempo, nel quale devono imparare bene l'abilità nella lotta.
La storia del Krav Maga Le radici del Krav Maga risalgono alla nascita d'Israele nel 1948, quando Imi Lichtenfeld cominciò ad insegnare il combattimento corpo a corpo alle nuove forze di difesa israeliane appena create. In quei primi anni, Israele letteralmente si confrontava tutti i giorni con i suoi vicini per la sua esistenza ed aveva bisogno di uomini con esperienza nel combattimento, che insegnassero alle sue forze militari. Imi, eccellente pugile e lottatore, era appena emigrato in Israele dall'Europa e fu scelto per insegnare Kapap (combattimento handto hand) ed esercizi per mettersi in forma. A quell'epoca le tecniche si limitavano ad alcuni movimenti molto semplici e basilari. Tuttavia, man mano che lo strumento militare israeliano evolse, divenne necessario un allenamento più completo. Alla fine del 1973, l'Esercito Israeliano cominciò a riassegnare soldati le cui unità erano state decimate durante la recente guerra di Yom Kippur. Venne nominato un ufficiale, il maggiore Moni Aizik, per
Difesa Personale attualizzare il Krav Maga. Moni fu uno degli unici sei superstiti (su un totale di 64 uomini), quando il suo comando venne attaccato da truppe siriane composte da migliaia di uomini. Per la sua lunga esperienza nel combattimento e la sua maestria nel Jujitsu e nel Judo (era il campione israeliano), l'esercito israeliano assegnò a Moni il compito di aggiornare il Krav Maga. Moni fece squadra con Imi Lichtenfeld, il quale uscì dal suo ritiro di pensionato, per offrire le sue conoscenze, e nel corso di un anno svilupparono la successiva generazione di Krav Maga. Imi e Moni lavorarono duramente in quel periodo per rendere più efficace questa disciplina, eliminando i movimenti complicati e superflui ed aggiungendo tecniche difensive per: armi bianche, armi da fuoco, suolo e colpi. La loro collaborazione creò la base sulla quale oggigiorno praticano le Forze Israeliane Speciali. A quell'epoca il Krav Maga cominciò a dividersi in tre gruppi: militare; poliziesco/sicurezza; e civile. Ogni gruppo approfondiva i concetti e le tattiche necessarie per coprire i suoi livelli di minaccia specifici. Inoltre, dato che sempre più gente praticava il Krav Maga, la nuova generazione di istruttori cominciò ad aggiungere la propria esperienza marziale al sistema. Istruttori formati in Karate, Judo, Aikido, Jujitsu ed Ar nis introdussero questi elementi. Il Krav Maga, come sistema o stile organizzato, non fu veramente riconosciuto fino agli inizi degli anni settanta. Cominciò come un concetto, assorbendo ed incorporando il meglio di ognuna delle Arti Marziali esistenti allora. La parola Krav significa “lotta”, e la parola Maga significa “tocco”. Attualmente, a causa dell'influenza di Hollywood, il termine Krav Maga si è trasformato in un sinonimo di ogni tipo di metodi di lotta israeliana, ma
Krav Maga
questo non è tutto. Esistono altri stili, non molto conosciuti, che sono coesistiti con il Krav Maga, gomito a gomito, dagli inizi degli anni settanta. Questi stili sono stati insegnati solo alle unità militari d’élite. Attualmente, un'idea sbagliata sul Krav Maga è che sia governato da un corpo regolatore, cosa non vera. Quest’Arte, come molte altre Arti Marziali ben stabilite, è piena di dozzine di fazioni politiche, che si autoproclamano le originali! Un'altra stupidaggine è che molte accademie civili di Krav Maga sostengono che il loro programma rappresenti la stessa versione che s’insegna ai militari: non è vero. La versione militare del Krav Maga è molto diversa rispetto a quella che si insegna ai civili; ed esistono poche persone che insegnano la versione militare nel settore civile.
Dopo l'esercito Nel 1976, una volta concluso l’incarico di Moni di riorganizzare il Krav Maga per i militari, abbandonò l'esercito ed aprì la propria accademia, “Maccabi Tel Aviv”, dove cominciò ad insegnare Krav Maga, Judo e Jujitsu. Qui Moni ebbe l'opportunità di insegnare tecniche più avanzate di quelle necessarie all'esercito regolare. Tra le quali aggiunse: il disarmo di pistola, tecniche di colpo, la difesa di coltello, le spazzate, le tecniche di controllo e le tecniche di finalizzazione. Fu allora che Moni inventò un nome per il suo nuovo sistema: “Sopravvivenza nel Combattimento / Commando Krav Maga”. Utilizzando l'esercito e le forze speciali Israeliane, Moni sperimentò concetti e tecniche fino ad essere soddisfatto della loro efficacia e
praticità. Questi esperimenti includevano collocare due avversari di volume e peso differente per lottare in una situazione tesa, in contrapposizione alle tecniche facili da realizzare e ad altri criteri vitali. Questi concetti e queste tecniche si provarono abbondantemente in operazioni militari, ed attualmente vengono insegnati ai suoi allievi del programma di Sopravvivenza nel Combattimento.
Formare campioni Per Moni il combattimento closequarter è sempre stato qualcosa di molto naturale, dopo aver studiato il Judo e il Jujitsu in Olanda in un’età molto precoce. Moni continuò a praticare lo sport quando la sua famiglia ritornò in Israele -diventando il
campione di Judo d'Israele. La maestria di Moni non era una casualità, bensì il prodotto di un lavoro duro e costante. Era solito recarsi in Giappone, dove si allenava intensamente con i campioni e le leggende mondiali di Judo e Sambo, Isao Okano e Katsuhiko Kashiwazaki. Di ritorno a Tel Aviv, Moni formò vari campioni di Judo. Tra i più notevoli: Yael Arate-primo medaglista Israeliano alle Olimpiadi e ai Campionati Mondiali (vinse una medaglia d’argento in entrambi gli eventi), vinse anche una medaglia d’oro ai campionati europei. Un altro allievo famoso di Moni, riconosciuto come un esperto di tutto rispetto, è stato Avi Nardia. Ex istruttore senior, Yamam, della migliore unità antiterrorista israeliana ed ex istruttore capo del combattimento corpo a corpo. Recentemente, ha introdotto il Lotar ed il Kapap in California, ed ha avuto un'influenza decisiva sui sistemi di lotta israeliani negli Stati Uniti. Avi dice: “Moni c'insegnò che le Arti Marziali sono qualcosa di più della lotta, sono un modo di essere. C'insegnò ad essere professionisti e a non cercare scuse”. Nel 1985 Moni lasciò la sua accademia nelle mani dei suoi principali allievi ed immigrò in Canada, per far conoscere internazionalmente la Sopravvivenza nel Combattimento. Nel 1986 aprì un'accademia a Toronto, chiamata Samurai Club. Questo club si occupò di diffondere la popolarità del Jujitsu, della lotta no-holds-bared e dell'allenamento reality-based in Canada. Gli allievi di Moni dominavano la competizione. Tra i suoi lottatori troviamo il campione di UFC Carlos Newton; il campione di Soto del Giappone, Joel Gerson; ed i campioni di Jujitsu Mark Bocek ed Omar Salvosa. Riconosciuto da tutti, la disciplina che diede origine a tutti questi campioni fu il sistema di Moni di Sopravvivenza nel Combattimento. Il sistema di Moni fornì la base del loro futuro successo nella lotta professionale. Nel 1998 Moni vendette il Samurai Club e si trasferì in Israele per lavorare con le Forze Speciali Israeliane.
Difesa Personale Moni ritorna in Canada Nel 2003 Moni ritor na in Canada, e nell'autunno del 2004, lui ed il suo allievo canadese più importante, Joel Gerson, aprirono una nuova accademia, “Edge Combat Fitness” a Concord, Toronto. Qui si trovano anche gli uffici centrali internazionali della Sopravvivenza nel Combattimento. L'accademia non era un nuovo concetto, bensì un'evoluzione del sistema di lotta di Moni. Sopravvivenza nel Combattimento fu progettato, soprattutto, per essere un sistema completo reality-based per tutti, indipendentemente dall'esperienza o dalle abilità. L'idea è sempre stata quella di preparare gli allievi ad affrontare qualsiasi eventualità, includendo gli attacchi con e senza armi, con un unico attaccante o anche con vari attaccanti.
Il sistema Nel sistema Sopravvivenza nel Combattimento Moni ha mescolato diversi elementi della sua esperienza di combattimento, nel Judo a l i v e l l o olimpico, nel Jujitsu, n e g l i
Krav Maga
incontri no-holds-barred e nelle Arti Marziali Miste. Come dice sempre ai suoi allievi, le tecniche di Sopravvivenza nel Combattimento sono state provate in situazioni reali e funzionano indipendentemente dalla stazza o dalla forza dei contendenti. Uno degli ex allievi di Moni, Doran Kay, socio veterano di Global Impact, una società di consulenza sulla sicurezza internazionale, racconta come l'esperienza nel combattimento di Moni creò le basi del sistema di Sopravvivenza nel Combattimento. “In un corso intensivo di allenamento basilare (in Israele) c'insegnò le preziose lezioni imparate in una delle battaglie più sanguinose della storia israeliana. Quelle lezioni s’impararono con il sangue di Moni e dei suoi compagni caduti in combattimento”. Esistono otto livelli di rango nel Sopravvivenza nel Combattimento: giallo, arancione, verde, azzurro, marrone e tre livelli di nero. La cosa più innovativa è che non esistono cinture tradizionali né uniformi. Gli unici vestiti necessari sono una maglietta nera di Sopravvivenza nel Combattimento (sopra a vestiti normali). Il rango si riconosce dal colore delle lettere del logo di Sopravvivenza nel Combattimento, incise sulla maglietta. Per esempio, se sono gialle indicano una cintura gialla. Anche il programma è innovatore. Il livello 1 (cintura gialla) consiste nella difesa e negli attacchi alla testa, da davanti, dai lati e da dietro. Il livello 2 (cintura arancione) aggiunge difese ed attacchi alla sezione centrale o superiore del corpo. Il livello 3 (cintura verde) aggiunge difese ed attacchi al resto del corpo. Dalla cintura azzurra verso l'alto, le difese e gli attacchi diventano progressivamente più estesi ed intensi.
Esistono molti punti che differenziano la Sopravvivenza nel Combattimento dalla competizione 1) Non si insegna un’Arte Marziale tradizionale con armi, solo difesa con armi moderne; ci si focalizza anche molto sulle armi improvvisate; 2) si insegna la lotta al suolo, soprattutto a dominare e a scappare; 3) non ci sono posizioni specifiche; 4) si insegnano solo calci bassi, dal
Difesa Personale centro verso il basso; 5) gli scenari di attacco a sorpresa sono una parte integrante dell'allenamento; 6) si stabilisce una consistente frontiera verbale e fisica prima del contatto fisico; 7) s’impara a lavorare sulle diverse distanze e a chiudere rapidamente lo spazio; 8) non si usano uniformi né cinture; 9) si allenano abilità mentali e fisiche. Benché nel sistema di Sopravvivenza nel Combattimento s’insegni alla gente a proteggersi,
“Il miglior modo di ottenere la maestria ed il controllo è superare gli ostacoli fisici e mentali.”
Moni insiste anche sul fatto che l'allievo abbia una visione positiva di tutti gli aspetti della sua vita, perfino nelle peggiori circostanze. Crede fermamente che questo sia il fattore determinante tra la sopravvivenza e la morte, sia nel campo di battaglia, che sul ring o per strada. Il miglior modo di ottenere la maestria ed il controllo è superare gli ostacoli fisici e mentali. Per questa ragione sollecita i suoi allievi ad allenarsi il più possibile.
Krav Maga
Difesa Personale
“Moni insiste anche sul fatto che l'allievo abbia una visione positiva di tutti gli aspetti della sua vita, perfino nelle peggiori circostanze.�
Krav Maga
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Il termine “Difesa Personale” ha una connotazione negativa che già dal principio può portare al fallimento per l’individuo. Il problema è che questa etichetta si rispecchia nell’immagine che la persona è vittima di un atto violento o di un’aggressione e quindi deve realizzare un’azione difensiva. Questa premessa di agire dopo che è avvenuto il fatto violento, è la ragione per la quale la maggioranza delle persone soccombe alle azioni dell’aggressore e non recupera mai completamente dall’attacco iniziale o dalla paura che induce tale situazione. La donna non deve mettersi sulla difensiva; deve essere cosciente della propria situazione e non sottostimare o ignorare le possibili minacce. Ella deve essere propositiva, prendere l’iniziativa e avere l’impeto di provocare confusione nella mentalità dell’attaccante, per poter avere qualche vantaggio. “Autoprotezione Kyusho” è un processo di allenamento che offre agli individui più deboli, più lenti, più anziani o meno aggressivi, delle chance contro il più grande, più forte o più aggressivo degli attaccanti. Tramite l’uso degli obbiettivi anatomici più sensibili del corpo, collegati alle proprie azioni e inclinazioni naturali del corpo, puoi proteggere facilmente te stessa o gli altri, anche in situazione di stress o di limitazioni fisiche quando la tua adrenalina si scatena. Attraverso un lavoro graduale e progressivo delle tue innate abilità motorie (invece che delle tecniche altrui), le tue possibilità di vittoria sono notevoli.
REF.: • KYUSHO-21
Dog Brothers
S
empre ho guardato la stagione natalizia come una sorta di follia collettiva in cui, allo stesso tempo e ogni anno, la maggior parte delle persone erano andate in una frenesia di spese e consumi in cui uccidere molti alberi di pino era importantissimo. Le Palestre accorcerebbero il loro orario di lavoro o addirittura rimarrebbero chiusi per un paio di giorni. Voglio dire, e che se il 25 fosse stato il giorno di allenare squat? Ora, molti anni dopo, mi sono reso conto che stavo pisciando contro il vento, perché dal Giorno del Ringraziamento alla prima settimana di gennaio è un tempo per l’ibernazione e la ricarica della Mente, del Corpo e dello Spirito. CORPO: Quest'anno, dalla primavera all'autunno, ho fatto un bel po' d'allenamento fisico intenso, ho insegnato e ho viaggiato - compresi alcuni viaggi con cambiamenti di fuso orario significativi. Ho lavorato duro e ho progredito, e ora è il momento di concentrare il mio allenamento sulla ricarica e gettare le basi per la crescita futura. Dopo diversi mesi lontano di casa, sono ritornato al luogo del mio allenamento di jogging a Bluff cove ma ora lo faccio senza pesi, per quaranta minuti per sviluppare velocità, con le mie scarpe Vibram cinque dita "a piedi nudi", invece di stivali e un panciotto d'allenamento che pesa trenta chili, per tre ore. Ho lavorato
Dog Brothers
duramente per riaprire i fianchi, ripristinare l'allineamento e la forza di base (i lunghi voli internazionali in terza classe non aiutano!), e ripristinare i livelli di aerobica, con un ciclo di squat un giorno la settimana, e un altro giorno di sprint, inoltre esercizi di agilità dal tipo calcio / lacrosse, e così via. Oggi Cindy ed io abbiamo iniziato una classe di yoga Bikram insieme. (Il Bikram è fatto in una stanza riscaldata a oltre cento gradi - assolutamente perfetto per una stagione d'ibernazione!) MIND: Solitamente faccio la mia routine di squat in una palestra sulla spiaggia di Hermosa Beach, chiamata "The Yard". La settimana scorsa, quando ero lì, eravamo nel bel mezzo
Dog Brothers
di alcuni giorni d'estate, a metà degli anni Ottanta. Hermosa Beach Pier è solo un isolato e mezzo di distanza, così ho camminato fino alla fine. Con il caldo sole sulla pelle, buone onde per il surf, e una scuola di sgombri nervosi dalla presenza di un paio di delfini, il feng shui era piuttosto bello. Mi sono seduto lì a torso nudo nel caldo splendore del sole pomeridiano e sono entrato lo spazio alterato. Man mano invecchiamo, cominciamo a notare come dove siamo, è il risultato di ciò che abbiamo fatto con i luoghi in cui siamo stati. Quindi, come diavolo sono arrivato dove sono? É un mistero per me! Come dice la lettera in una canzone di Grateful Dead: "Che lungo e strano viaggio è stato!" SPIRIT: Spesso cerchiamo contemporaneamente di diventare più determinati nel modo in cui viviamo e anche più umile di pensare che sappiamo quello che stiamo facendo. A mio modesto parere, se ci rendiamo conto o meno, in ultima analisi, per il nostro percorso e pianificazione arriva il momento di dare la nostra Parola a qualcosa e, come direbbe Juan Matus, "agire con abbandono" ... e girare tutto al nostro Creatore. Vagamente ricordando una linea da un film, "Le cose si sistemeranno. Non possiamo sapere come - ecco il suo mistero.”. Ora, molti anni dopo, mi sono reso conto che stavo pisciando contro il vento, perché dal Giorno del Ringraziamento alla prima settimana di gennaio è un tempo per l’ibernazione e la ricarica della Mente, del Corpo e dello Spirito. Sempre ho guardato la stagione natalizia come una sorta di follia collettiva in cui, allo stesso tempo e ogni anno, la maggior parte delle persone erano andate in una frenesia di spese e consumi in cui uccidere molti alberi di pino era importantissimo. Le Palestre accorcerebbero il loro orario di lavoro o addirittura rimarrebbero chiusi per un paio di giorni. Voglio dire, e che se il 25 fosse stato il giorno di allenare squat? Quindi, in questa stagione d'ibernazione vi desidero un po' di tempo per riposare e ricaricarsi, vi desidero un po' di tempo per riflettere su dove siete stati e dove andate, e vi desidero il tempo di rapporto con la consapevolezza del nostro Creatore. L'avventura continua! (Crafty Dog)
Il Kyusho reale Unsu Kata. Si dice che il nome “Unsu”, dall'incerta origine cinese, significhi "Mani di Nuvola", ed è una delle forme avanzate degli stili Shotokan Karate e Shito-Ryu. Entrambi hanno tornei di Kata molto popolari, anche se sono un po' diversi... comunque, anche attraverso queste differenze si può ancora ottenere il messaggio centrale. Questo vecchio Kata contiene molte tecniche di mano specializzate, come quelle del singolare ippon-nukite ("filo d'erba"), che possono trovarsi nell'antico Bubishi, chiamate “6 Ji”. Molti ipotizzano che Unsu sia stato creato da Arakaki Seisho (un ufficiale della corte reale di Shuri, Okinawa, interprete di tribunale della lingua cinese e giapponese e un Maestro del Pugno di Monaco e dello stile della Gru Bianca) in qualche momento tra il 1860 e il 1870. Altri pareri sono che potesse essere uno dei Wang Ji Kata insegnati a Bushi Matsumura in Cina durante lo scambio tra i due paesi. Un'altra credenza ampiamente accettata è che probabilmente Sakayama Matsumura l'abbia portato a Okinawa da Cina, poi la forma originale sarebbe stata alterata da Arakaki Sensei con la soppressione e il rimodellamento di alcune tecniche. Non lo sapremo mai per certo, ma quello che possiamo scoprire con il Kyusho è che si tratta di un Kata molto potente e pericoloso nelle mani giuste (Ji - Le mani di nuvola). Una spiegazione tipica o descrizione di questo singolare Kata sarebbe: Il simbolismo è un tema ricorrente nella storia delle Arti Marziali ed è stato suggerito che i movimenti in Unsu rappresentano una tempesta di tuoni. Potrebbe dirsi che il primo movimento rappresenti una linea di burrasche all'orizzonte; il modo in cui i piedi disegnano cerchi sul pavimento, insieme ai colpi delle dita in movimenti successivi, simboleggia turbini raggruppandosi, come un fulmine colpendo la terra. Dopo di questo, i rapidi movimenti in tutte le direzioni potrebbero essere considerati come un simbolo dei venti che soffiano in tutte le direzioni, e in generale, in tutto il Kata, i movimenti lenti rappresentano la calma prima che la tempesta scoppi ferocemente. Infine, verso la fine dell’Unsu, i balzi e calci circolari rovesciati possono essere visti come un tornado.
Di là dalla norma: Confrontando le interpretazioni più antiche con le variazioni stilistiche transitorie o moderne... oggi vediamo un insieme più semplice delle azioni in cui i dettagli sono più pronunciati e alcune azioni che non sembravano di essere potenti o atletiche, sono state alterate. Non che sia qualcosa di male o di sbagliato, giacché solo i praticanti sono in grado di determinare ciò che è giusto per loro, ma illustra come sia stato trasformato il Karate e le sue interpretazioni. Quando guardiamo i Kata più originali di Nakayama Sensei, ad esempio, possiamo vedere più chiaramente l'uso di posizioni specifiche di mano invece li aspetti di velocità, potenza e resa. In quell’informazione o nelle possibilità che ci sono dietro queste posizioni delle mani e strane posture ... è il vero tesoro.
“Le mani dell'antico Bubishi sono presenti attraverso questo Kata, che ci permette di conoscere la sua origine cinese e il suo valore per il vecchio Bushi.” Potrebbe il termine "Mani di nuvola" essere un riferimento alle "Mani di vento" del Bubishi e all’imminente tempesta che soffrono le strutture all'interno del corpo e la funzione fisiologica quando si applica il Kyusho? Mentre guardiamo Unsu, tutti possiamo vedere che si tratti di un Kata più avanzato, ma per determinare questo non dobbiamo guardare soltanto i movimenti [Ed. Nota: il Kata è così avanzato come il praticante], le possibilità saranno tanto avanzate quanto le interpretazioni che vediamo. Non possiamo semplicemente fare affidamento su congetture, speculazioni o l'interpretazione di una singola persona (bunkai), dobbiamo applicare quello che abbiamo capito nel nostro allenamento di ogni mano, predisposizione o azione per sbloccare la nostra verità personale. Come tutti quelli che leggono questo blog sanno, io non sono un fan degli insiemi di tecniche, perché è una ricetta per il fallimento in una situazione spontanea e dinamica, quindi faremo un esempio di questo Kata (uno abbastanza unico, tra l'altro) e vediamo dove ci porta. La posizione unica della mano nella foto sopra [ipponnukite (mano "Filo d'erba" del Bubishi)], si trova in molte arti, ma purtroppo ha chiuso il pensiero del praticante o il Maestro è rimasto con l'idea che solo si colpisce con la punta delle dita. Questo concetto però nega la natura stessa delle Arti Marziali come una miscela di dualità (infinite possibilità) che avrebbero aperto molte porte per quelli che abbracciano questa dualità cambiante (Yin - Yang). Ad esempio, se le dita sono chiuse e aperte, questo illustra perfettamente questa dualità ... se guardiamo oltre l'azione delle mani (la versione Nakayama è più lenta per osservare quest’azione) all'inizio si trovano in questa posizione di palme aperte estese (Spada di ferro del Bubishi), mentre il corpo adotta Neko Ashi Dachi (posizione del gatto). Se si guarda al processo di chiusura della mano aperta a questa posizione, possiamo immaginare (o applicare) due fermate della compressione sanguigna delle arterie (carotide) e le vene del collo (giugulare) così come un attacco alle strutture nervose critiche (hypoglossal e/o vaga). Questo può essere ottenuto da una posizione frontale, laterale o posteriore, inoltre, la quantità di compressione applicata in qualsiasi di queste strutture sarà determinata dalla forza di presa, la penetrazione delle dita, e il confronto della dimensione delle mani applicate e la posizione del collo dell'avversario. La semplice compressione può essere sufficiente a fermare il flusso di sangue mentre indebolisce simultaneamente i muscoli attraverso la compressione del nervo, ma le possibilità di causare danno si basano sulla rotazione del polso per allungare questi (Kyusho) strutture vitali. Il seguente uso di quest’arma è avanti invece indietro, il che significa che c'è un concetto di dualità dello shock ... ma ora c'è solo una scossa in avanti o potrebbe avere una
dualità (compressione e shock)? La mano preme in modo rotatorio al basso, verso la gamba anteriore, e si vede come se si trattasse di un colpo del dito a un avversario caduto. Questo potrebbe essere un’interpretazione, ma è anche possibile che la rotazione stia effettivamente causando lesioni gravi o danni per inabilitare il nervo vitale e il tessuto vascolare dell’avversario. La mano utilizzata in questa rotazione può essere anche utilizzata come un'azione di presa rapida (come la mano mantide degli stili cinesi), per tirare avanti e sbilanciare l'avversario per esporre nuovamente le sue strutture vitali del collo, infatti, quasi tutti i movimenti di quest'antico Kata potrebbero essere diretti a questo settore, con azioni precedenti per esporre l'avversario a una successiva disattivazione o risultati fatali. Le mani dell'antico Bubishi sono presenti attraverso questo Kata, che ci permette di conoscere la sua origine cinese e il suo valore per il vecchio Bushi. Questo non è necessariamente perso nel tempo, dato che possiamo attaccare diversi documenti e metodi antichi con questo Kata e vedere come si correlano con l'informazione conosciuta e documentata che ora ne abbiamo e con cui lavoriamo. Bisogna davvero chiedersi cosa sarebbe il mondo del Karate se fosse stata eseguita un'applicazione più semplice (e originale) con una pratica reale del Kyusho nel Bunkai invece delle applicazioni più atletici e convenzionali dei tornei moderni. Sappiamo tutti l'accettazione e il parere generale sui campionati attuali ... ma solo per curiosità, se un combattente agisse alla maniera di Nakayama Sensei, applicando Kuysho con movimenti precisi, e causando danno reale al suo avversario... cosa ne pensereste, ora che il "reality" e le MMA sono di tendenza? In particolare vorrei ringraziare Jesse Enkamp di KaratebyJesse.com per le sue foto. Se siete interessati a un seminario speciale sul Kyusho Bunkai di questo "vecchio Kata" (o qualsiasi Kata) non esitate di mettervi in contatto con noi.
Tenendo sempre come sfondo l’Ochikara, “la grande forza” (chiamata e-bunto nel dialetto degli Shizen), la saggezza segreta degli antichi sciamani giapponesi, i Miryoku, l’autore ci sommerge in un mondo di riflessioni genuine, capaci allo stesso tempo di smuovere nel lettore il cuore e la testa, collocandoci continuamente di fronte all’abisso dell’invisibile, come vera, ultima frontiera della coscienza personale e collettiva. La spiritualità non come religione, ma come studio dell’invisibile, è stato il modo per avvicinarsi al mistero dei Miryoku, nel segno di una cultura tanto ricca quanto sconosciuta, allo studio della quale l’autore si è dedicato intensamente. Alfredo Tucci, direttore dell’editrice Budo International e autore di un gran numero di titoli sulla via del guerriero negli ultimi 30 anni, ci offre un insieme di riflessioni straordinarie e profonde, che possono essere lette indistintamente senza un ordine preciso. Ciascuna di esse ci apre una finestra dalla quale osservare i temi più svariati, da un punto di vista insospettabile, a volte condito da humour, altre da efficacia e grandiosità, ponendoci di fronte ad argomenti eterni, con lo sguardo di chi ci è appena arrivato e non condivide i luoghi comuni con i quali tutti sono abituati ad avere a che fare. Possiamo affermare con certezza che nessun lettore rimarrà indifferente davanti a questo libro, tale è la forza e l’intensità del suo contenuto. Dire questo, è già un bel dire in un mondo pieno di presepi collettivi, di ideologie interessate e tendenziose, di manipolatori e in definitiva, di interessi spuri e di mediocrità. E’ dunque un testo per animi nobili e persone intelligenti, pronte a guardare la vita e il mistero con la libertà delle menti più inquiete e scrutatrici dell’occulto, senza dogmi, senza moralismi di convenienza, senza sotterfugi.
La Zen Nihon Toyama-Ryu Iai-Do Renmei (ZNTIR) è l'organismo che attualmente, una volta rivisti e adattati i concetti e la metodologia di una scuola proveniente da un sistema di combattimento reale, vuole preservare questa tradizione e le forme originali tramite un metodo che unisce corpo, mente e spirito in maniera realistica ed efficace. Questo DVD è stato creato a cura dei praticanti della Filiale Spagnola della Zen Nihon Toyama-Ryu Iai-Do Renmei (ZNTIR - Spain Branch) per far conoscere a tutti uno stile di combattimento, con una vera spada, creato nello scorso XX secolo e con radici nelle antiche tecniche di guerra del Giappone feudale. Qui potrete trovare la struttura basilare della metodologia che viene applicata nello stile, dagli esercizi codificati per il riscaldamento e la preparazione, passando per gli esercizi di taglio, le guardie, i kata della scuola, il lavoro in coppia e l'introduzione alla pietra miliare su cui si basa il Toyama-Ryu: il Tameshigiri, o esercizio al taglio su un bersaglio reale. Ci auguriamo che la conoscenza dell'esistenza di uno stile come il Toyama-Ryu Batto Jutsu sia una riscoperta di un modo tradizionale e allo stesso tempo differente dalle attuali discipline da combattimento, che attragga coloro che desiderano andare più lontano nella pratica delle arti marziali. Gli appassionati della spada giapponese e i neofiti, troveranno questo DVD utile come punto di riferimento e supporto al proprio apprendimento.
REF.: • TOYAMA1
Tutti i DVD prodotti da Budo International vengono identificati mediante un’etichetta olografica distintiva e realizzati in supporto DVD-5, formato MPEG-2 (mai VCD, DivX o simili). Allo stesso modo, sia le copertine che le serigrafie rispettano i più rigidi standard di qualità. Se questo DVD non soddisfa questi requisiti e/o la copertina non coincide con quella che vi mostriamo qui, si tratta di una copia pirata.
ORDINALA A:
Budo international.com
Nella Taekwon-Do, punto vitale è definito come qualsiasi area sensibile o fragile nel corpo vulnerabile ad un'attacco.È essenziale che lo studente di Taekwon-Do possieda una conoscenza dei diversi punti in modo da poter utilizzare il corretto strumento d'attacco o bloccaggio. L'attacco indiscriminato è riprovevole per essere inefficiente e uno spreco di energia."Generale Choi Hong Hi, THE ENCYCLOPEDIA OF TAEKWON-DO, Volume II, pag 88. Il Taekwon-Do è una delle arti marziali più diffuse e professionali attualmente nel mondo (fondata il 11 aprile 1955 dal generale Choi Hong Hi), e continua a prosperare anche dopo la morte del suo fondatore nel mese di giugno 2002. Nel corso del tempo i fattori sportivi hanno ottenuto priorità e gran parte dei metodi originali di autoprotezione sono stati ignorati o scartati. Negli scritti originali del generale Choi, una gran parte dell'attenzione, la struttura e anche l'uso di punti vitali "Kupso" (o Kyusho), nonché lo sviluppo di armi per accedervi, fu delineata, ma non è satata mai completamente insegnata. Kyusho International ha sviluppato un programma per illuminare, educare, integrare e restituire a questa incredibile arte marziale i concetti del suo fondatore. Questo nuovo programma ha il pieno sostegno del figlio del fondatore, Choi Jung Hwa. L'obiettivo di questa serie è quello di indagare i modelli (TUL), che vengono eseguiti in conformità con i precetti del fondatore nella "The Encyclopedia of Taekwon-Do" (15 volumi scritti dal generale Choi Hong Hi, compresi i suoi "punti vitali"). Attraverso questa struttura, il Kyusho sarà inizialmente integrato di nuovo nel Taekwon-Do. Kyusho International è orgogliosa di aiutare in questo compito di collaborazione monumentale e storica.
REF.: • KYUSHO20
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