“Ho commesso il peggior peccato che si possa fare. Non sono stato felice.” Jorge Luis Borges
utti prima o dopo in questa vita, ci incontriamo con il nostro livello d’inefficacia. E non solo una volta! Nessuno sa tutto e inoltre, anche se questa cosa fosse possibile, lo strumento che governa quest’arma, la mente, vede le cose sempre attraverso il colore dei propri occhiali che indossa. Dicono gli antichi saggi che siamo bolle di energia, potenze autonome accumulatori di forze e tensioni che interagiscono con l’ambiente. Essendo esse stesse investite di cariche, le informazioni che ci arrivano passano per il prisma delle cappe che formano la nostra bolla e prima di uscire incontrano la stessa deformante barriera. Se nella ricezione ed emissione d’informazioni possiamo trovare polarizzazioni e mutazioni della natura della stessa, la maggior parte di questo cambiamento accade, nel bene e nel male, nell’elaborazione, perché tutti realizziamo questo compito in funzione della nostra personale natura e dei modelli appresi in precedenza. Vediamo una mela e sappiamo cos’è perché l’abbiamo già provata. Il sistema riempie automaticamente di saliva la tua bocca, perché ricorda un’informazione positiva ... per tanto che nell’assaggiarla, risulti acida... È la semplice metafora della nostra incapacità di avere a che fare con le cose, in completo controllo ... facciamo quello che possiamo! E non è poco in un modo di pazzi, così distante dalla semplicità del biologico, dell’ordine naturale, vivendo vite inserite in società e formule talmente lontane dalla nostra natura originaria e sottomesse a immense prigioni, come mai prima ha vissuto l’uomo. I processi complessi si basano su infinità di sottoprogrammi semplici. Possiamo intervenire nell’analisi dei programmi complessi con consapevolezza, applicare il nostro giudizio e comprendonio a tutto ciò, però la maggior parte del lavoro funziona “in automatico” in base alle piccole cose che diamo per conosciute. Se non fosse così, tenderemo a processare sempre tutto e ad avere un logorio infinito. Il lato negativo del controllo è la fantasia di onnipotenza. Questa genera sempre frustrazione e alla fine, se non emendiamo le nostre pretese, depressione. Il lato positivo di questo processo è il disinganno, l’anticamera della saggezza. Come tori nella “piazza” della vita, carichiamo “capote” (*), per scoprire che dietro di ognuno di essi, non c’è nulla. Mentre il disinganno è naturale e positivo, ci permette di maturare, sganciare zavorre, crescere spiritualmente, quando è pretenzioso all’estremo, agisce come un rullo compressore che tutto distrugge, sia positivo... che negativo. La mente è uno strumento meraviglioso, ma non fu fabbricata per avere completo controllo su tutto; tale impresa è impossibile. La lucidità è un raro tesoro, ma
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“Le estremità delle anatre sono corte ma se pretendete di allungarle, sarà con dolore. Le zampe delle gru sono lunghe, ma se si accorciano, sarà pure con dolore. Così ciò che è naturalmente lungo, non è necessario accorciarlo e ciò che è naturalmente corto, non necessità di essere allungato. In questo modo, non sarà necessario togliere pene”. Zhuangzi
sempre limitato alla natura, apprendistato e predisposizione momentanea del portatore di questa torcia. Come nel tiro con l’arco, dobbiamo puntare al cielo per centrare il bersaglio, però ogni freccia che parte dal nostro arco, sarà mediata dalla forza di gravità, dal vento e da mille altri fattori. Indovinare sempre nella vita è impossibile, non vi torturiate per questo. Non solo è inutile, ma è negativo, secca e spiana ciò che tocca, lasciandoci vedere solo le cose brutte della vita, e la vita, così senza sapore, perde l’indispensabile olio che fa di essa un meccanismo possibile di evoluzione, trasformazione e cambiamento. La lucidità è un tentativo, non uno stato continuo e immarcescibile. È il mirare dell'arco; volontariamente verso l'alto … sì, ma coscienti che in quel momento più probabile è che perdiamo di vista il centro del bersaglio. È dunque tutto questo un atto di abbandono, un salto nel vuoto, un atto di fede, sperando che la freccia arrivi al bersaglio. L’individuo controllore non è lucido, perché ignora il fattore della sua identità personale e finisce per interpretare tutto erroneamente, sezionando la giugulare del vero nella sua stessa pretesa. Una pretesa così, non è altro che arroganza camuffata d’intento; la lucidità ciononostante, richiede umiltà, conta sulla propria inefficacia, sul proprio e inevitabile errore e di conseguenza, nessuno incolpa. La compassione, come la vera carità, inizia da se stessi. I difetti che ci fanno umani, sono paradossalmente quelli che ci fanno così efficaci e versatili; assumere la bellezza dell’imperfetto, è parte della compassione per se stessi. Il controllore, schiavo del suo stesso marasma, vede solo errori intorno a se e, di conseguenza s’impegna a trasformare a suo piacere. Inutile dire che si converte in un dittatore, in un terribile accusatore, che perfino in quegli errori che riesce a riconoscere, vedrà l’ombra degli altri come responsabili ultimi. In questo modo, per tanto che la sua mente possa essere poderosa o la sua analisi intelligente, la sua posizione personale lo condurrà inevitabilmente all’equivoco. Non possiamo essere lucidi e allo stesso tempo controllori. Questo non vuol dire che non cerchiamo di stabilire un ordine nelle nostre vite! Come afferma Sun Tsu, chi fa molti piani ha più possibilità di vincere di chi ne fa pochi. Però questo stesso autore è colui che afferma che se c'è qualcosa di meglio dell’avere un buon piano è essere capace di cambiarlo. L’intrepido sforzo mantenuto nel tempo, intelligente e coraggioso è stupendo e necessario, però chiedere pere all’olmo non farà sì che l’olmo dia pere. Al contrario ci trasformerà in esseri tristi, frustrati e inutilmente infelici. Non è mai troppo tardi per invertire
(*) Chiamati anche “inganni” nel linguaggio taurino.
Traduzione: Chiara Bertelli
questo processo, perché il nostro programma è talmente efficace che includerebbe questa variabile. Per riavviare il sistema occorre andare al principio, al bambino che sta lì dentro, in qualche luogo, dietro a tutte quelle cianfrusaglie che la mente ha collocato su di lui. Il paradosso della conoscenza è che richiede dimenticanza per essere saggezza, abbandono, fluidità; l’autentico olio che avvolge tutto in questo processo, è un animo temprato, sottilmente coraggioso, allegro come il sorriso di un vecchio, perché questo, nel suo opposto, riflette molto più il bambino che abbiamo potuto salvaguardare dentro di noi ... e con lui la sua innocenza, la sua capacità di stupirsi, di sorprendersi, di curiosare. Ci sbaglieremo, arriveremo a strade senza uscita. E che? E’ normale! Non siamo perfetti! Resettare il programma.
Alfredo Tucci è Managing Director BUDO INTERNATIONAL PUBLISHING CO. e-mail: budo@budointernational.com
https://www.facebook.com/alfredo.tucci.5
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Reportage Testo e foto:
Salvador Herráiz. 7º Dan di Karate.
I SUOI ULTIMI ANNI E LA SUA TOMBA PERDUTA L'ENIGMA SVELATO? La maggior parte dei karateka ha sempre pensato che la tomba del Maestro Gichin Funakoshi si trovasse nel tempio Engakuji, a Kamakura. Solo pochissimi, però, sanno che lì si trova solo un monumento commemorativo del Maestro e non la sua tomba. Perciò: dove si trova la vera tomba di Gichin Funakoshi? Com’è fatta? Chi lo sa? In coincidenza con il 50º Anniversario della morte del Maestro, avvenuta il 26 Aprile del 1957 e, dopo una lunga ricerca, il nostro collaboratore Salvador Herráiz ha trovato il vero luogo di riposo eterno di Gichin Funakoshi e lo svela in esclusiva ai lettori di Budo International. Inoltre, in onore a questo anniversario, ci racconta dettagliatamente gli avvenimenti che avvolsero gli ultimi anni della vita di O'Sensei. Un articolo unico per un Maestro unico.
Karate
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ichin Funakoshi ebbe una vita molto intensa, soprattutto dopo il suo arrivo a Tokyo nel 1922, ma che divenne piuttosto infelice nei suoi ultimi giorni. Torniamo indietro nel tempo fino all'epoca in cui per Gichin Funakoshi la fortuna cominciò a girargli le spalle. L'esplosione della II Guerra Mondiale rappresentò un'autentica ed improvvisa mazzata per la popolazione giapponese. Il Karate in generale ed in particolare Funakoshi soffrirono per la perdita di molti amici ed allievi. Per Funakoshi le disgrazie però erano appena iniziate. Gichin Funakoshi viveva il sogno del suo dojo Shotokan, realizzato in gran parte con donazioni economiche ottenute dall'amico Kichinosuke Saigo, nipote del leggendario Takamori (che i lettori dovrebbero già conoscere per un altro articolo pubblicato da Budo International). Il 29 luglio del 1939, il dojo Shotokan venne finalmente inaugurato. I buoni amici ed eccellenti karateka, Wado Uemura e Yoshiaki Hayashi, assieme a Gigo Funakoshi, diventano i principali istruttori dello Shotokan. Hayashi
era molto bravo e la sua alta statura non faceva altro che trasformare la sua pregevole tecnica in qualcosa di spettacolare. Il dojo era essenzialmente di legno e disponeva di un piccolo patio all'entrata. Da lì, dove aveva installato alcuni makiwara, si poteva accede sia al dojo propriamente detto, che all'abitazione che si trovava di fronte. Ma la felicità sarebbe finita di lì a poco. Il 10 Marzo del 1945 (molti pensano che la data sia il 29 Aprile) Tokyo venne attaccata. A partire dalla mezzanotte un susseguirsi di 280 cannonieri B29 lanciati da Guam scaricano più di 1.600 tonnellate di bombe su tutta Tokyo, causando la devastazione quasi completa della città e più di 100.000 morti. Anche il Dojo Shotokan e l'adiacente casa di Funakoshi vennero distrutte completamente. Il fuoco non lasciò nulla in piedi, l’unico a scampare fu il cartello “Shotokan” appeso all'entrata, in quanto realizzato in materiale metallico. Il dojo Shotokan si trovava nel quartiere di Zoshigaya, nella parte nord di Tokyo. Oggi è praticamente
impossibile individuare il luogo esatto in cui si trovava. Un ricercatore ci ha provato, ma nonostante le molte ricerche, eseguite anche con la collaborazione di un gruppo della Polizia di Tokyo al completo, assegnata dal commissariato del quartiere in questione, è stato impossibile risalire al luogo esatto. L’unico aspetto positivo è che sono riusciti a circoscrivere la zona. Si tratta di alcune stradine strette, di notte molto buie, vicino all'arteria Mejiro e al tempietto di Kishibojin. Nessuno però ne conosce il luogo esatto, che, d'altra parte, dopo 60 anni è ovviamente molto diverso. Neppure i più anziani residenti del posto lo ricordano. Dopo la catastrofe, il Maestro di Karate si trasferì con suo figlio Yoshitaka lasciando un avviso appeso su ciò che rimaneva della porta, nel quale indicava il suo indirizzo (con il tempo sarebbe poi andato a vivere da suo figlio maggiore Yoshihide). Poi si recò ad Oita, nel Kyusho, dove l'attendeva sua moglie Gozei, che si trovava lì sin dall’evacuazione di Okinawa, prima della famosa e sanguinosa
Reportage
LA TOMBA DI FAMIGLIA A SHURI: La tomba della Famiglia Funakoshi a Shuri, Okinawa,1941. Da sinistra a destra: Donna non identificata (che potrebbe essere Tsuru, la figlia maggiore di Gichin, o Katsu, la prima moglie di Yoshio, figlio di Gichin), Uto (la seconda figlia di Gichin), Gozei (la moglie di Gichin) e sull'altro lato, Gichin Funakoshi, Yoshio (il secondo figlio di Gichin), Giji (lo zio di Gichin), Gishin (il cugino di Gichin), Shitzuku (la figlia maggiore di Yoshio) che tiene davanti Yoshihiko (il nipote di Gichin) e sulla destra di tutti Hatsuko (la figlia maggiore dello zio Gishin).
Reportage battaglia nella quale perirono migliaia e migliaia di okinawensi e tra loro anche alcuni importanti karateka. Dopo la distruzione, le lezioni per i pochi karateka che a quell'epoca continuarono a praticare Karate nello Shotokan, venivano impartite nella scuola elementare di Takada Dai Hachi, chiusa in conseguenza dell’evacuazione degli allievi nelle zone rurali. In realtà le lezioni non avevano mai più di 4 allievi. La speranza di Funakoshi, per quanto concer ne il Karate, era riposta su Yoshitaka (Gigo), benché sapesse perfettamente che suo figlio non avrebbe potuto vivere a lungo. Gigo era nato nel 1906 ed all'età di 7 anni gli era stata diagnosticata una tubercolosi che, secondo i medici, non gli avrebbe permesso di oltrepassare i 20 anni, ma ne aveva già 39! Dopo la morte
prematura di Takeshi Shimoda, nel 1934, Gigo divenne il primo assistente di suo padre. Gigo lavorava come tecnico radiologo per il Ministero della Salute nell'Università Imperiale, nonostante il suo hobby fosse sempre stato la fotografia. Grazie a questo, oggi possiamo disporre di molte sue foto con Egami e Hironishi, foto che nella stragrande maggioranza dei casi egli stesso faceva e grazie alle quali possiamo vedere eccellenti posizioni, come per esempio manji uke. … Questo blocco finale del kata Pinan Godan, molto caratteristico, era conosciuto con questo nome: manji uke “blocco in svastica”, in quanto possedeva un'estetica molto simile alla famosa croce. Gigo, conosciuto nel dojo come Waka Sensei (suo padre era Ro Sensei), era alto 155 cm e pesava
55 kg. Come hanno riferito i suoi vari contemporanei, era un tecnico molto bravo, benché non fosse eccessivamente interessato al combattimento libero. Nei Chu So, allievo di GogenYamaguchi nella scuola Goju, durante uno scambio tra dojo gli inflisse una sonora sconfitta. In quello stesso anno, il 1945, Yoshitaka Funakoshi (Gigo) cominciò a cedere alla malattia che da tempo lo disturbava. Non è molto chiaro se per tubercolosi o per leucemia, ma la cosa certa è che Yoshitaka venne ricoverato in ospedale con i polmoni che funzionavano appena. Yoshitaka volle morire in casa e così fu. Accadde nel novembre del 1945 (appena tre mesi dopo la fine della terribile guerra) nel quartiere tokiota di Yodobashi, precisamente ad Ochiai, in un luogo noto come Green
Monumento a Gichin Funakoshi ad Engakuji, Kamakura. Davanti e sulla sinistra si vede la pietra sulla quale Nobuhide Ohama elenca i meriti di Funakoshi. Salvador Herraiz sul monumento dedicato a Funakoshi ad Engakuji, Kamakura, mentre indica il poema del Maestro.
Court. Hironishi, Yoshiaki Hayashi, Wado Uemura ed i primi 4º Dan assegnati da Funakoshi, assistettero alle funzioni funebri assieme ai parenti più stretti, in quanto gli altri non poterono muoversi da Okinawa. A quell’epoca inoltre essi rappresentavano il meglio della sua gente, poiché altri pionieri come Hironori Ohtsuka si trovavano già in un'altra linea. Ma un altro duro colpo stava per scuotere l'anima di Gichin. Gozei, sua moglie, era una donna gentile, risparmiatrice e lavoratrice e non si lamentò mai dei sogni grandiosi di Funakoshi. Quando era sfinita dal troppo lavoro, Gozei soleva uscire per strada e praticare un kata. Questo la faceva rinascere. Gichin si era sposato con Gozei nel 1888. Nell’agosto del 1947, ad Oita, un attacco di asma provocò la sua morte. Le fecero una funzione funebre rispettosa, fatto questo che non era molto frequente con persone che non erano del luogo. In realtà per la prima volta si fece
un’eccezione, dovuta all'affetto che la gente del posto provava per la moglie di Gichin. Dopo poco tempo, però, Gichin raccolse le sue ceneri e le portò a Tokyo (ma in realtà non arrivarono mai a Tokyo, perché furono depositate nella tomba scomparsa della quale ci occuperemo tra poco). Durante il tragitto in treno, con le ceneri di Gozei, Funakoshi continuava a ricevere le condoglianze di allievi ed amici che si recavano nelle stazioni in cui passava durante il tragitto. Era qualcosa di estremamente emozionante, come egli stesso riconobbe. Dopo la morte di Gozei, il Maestro tor nò a vivere con suo figlio maggiore Yoshihide, che viveva ad Hayashicho, nel quartiere di Koishikawa (dove si trovava il Meiseijuku in cui Gichin aveva cominciato ad insegnare Karate a Tokyo). Yoshihide gestì per molto tempo una tintoria, ed accompagnò sempre suo padre Gichin
nell'avventura tokyota. Lì formò la sua famiglia e più tardi ebbe un figlio, Ichiro (in seguito Generale dell'Armata) e due figlie, Sanae e Kuniko. Suo fratello Yoshio, invece, rimase ad Okinawa e continuò lì la sua vita. Si sposò due volte (con Katsu e con Eshi) ed ebbe addirittura quattro figlie e tre figli. Come ben sappiamo, anche Gichin Funakoshi ebbe un figlio, Yoshitaka (Gigo), che si sposò con Fujiko ed ebbe un figlio chiamato Yukio. Gichin completò la famiglia con due figlie, Tsuru ed Uto. Gichin Funakoshi, di fronte a così tante avversità, cominciò a perdere gli stimoli ed ogni interesse, iniziò a mostrarsi smemorato, stanco, sempre triste… Quando l’oggi Maestro Harada di Shotokai chiese a Funakoshi (dietro suggerimento di Hironishi) lezioni di Karate, il Maestro accettò e cominciò ad istruirlo nella casa di suo figlio Giei. Durante le lezioni Gichin passava la maggior parte del tempo seduto in seiza.
Reportage
1 - Gichin Funakoshi affiancato da suo figlio Giei e da suo nipote Ichiro (figlio di Giei), durante un’azione nel Kenkojuku Dojo, il 30 Novembre del 1955. 2 - Gichin Funakoshi con una delle sue figlie e la relativa famiglia.
Reportage Funakoshi risorse un po’ dalle sue ceneri, recuperò parte della sua allegria e diventò di nuovo amichevole e scherzoso, com’era sempre stato. A poco a poco iniziò a partecipare alle attività di Karate e a preoccuparsi dei relativi temi. Degna di nota fu la riunione che ebbe ad Osaka, intor no al 1950, con il Maestro Kenwa Mabuni (dove viene accompagnato dal suo importante allievo Ryusho Sakagami e da Ken Sakio, attuale Presidente Emerito di Shito Kai e 9º Dan JKF). Sembra che il motivo della riunione fosse il desiderio di Funakoshi di far studiare con Mabuni ai suoi più bravi allievi, Isao Obata e Masatoshi Nakayama, i Kata Gojushiho e Nijushiho. Secondo Ohtsuka: “Funakoshi era una grande persona ed inoltre non beveva alcool, non fumava, né mancava di rispetto alle donne. Era il tipo di persona che non si creava nemici, benché non fosse un buon organizzatore. Non aveva le abilità di un leader ed in alcune cose aveva bisogno di aiuto come un bambino”. Tutti sanno che Gichin Funakoshi viaggiava spesso in treno fino a Kamakura. Il motivo, meno conosciuto, era che studiava Zen nel tempio Engakuji, la sua seconda passione oltre al Karate. Funakoshi si allontanò temporaneamente dall'insegnamento del Karate (fino a quando, un po’ di tempo dopo, un allievo non lo riscattò da quella pausa) e si rifugiò nello Zen. Engakuji significa “tempio dell’illuminazione completa”, nome che deriva dal fatto che durante la sua costruzione si scoprì uno specchio rotondo incastonato su di una pietra. Nella parte posteriore vennero successivamente riprodotti degli ideogrammi cinesi che in giapponese si pronunciano con la
parola Engaku, che rappresentava la “perfetta realizzazione”. Correva l'anno 1282 ed il responsabile della sua costruzione era il Maestro cinese Wu Hsueh Tsu Yuan, noto in Giappone come Magaku Soguen. La sua edificazione avvenne con il patrocinio dello shogun Hojo Tokimune, per commemorare la sconfitta dell'invasione mongola, avvenuta un paio di anni prima. Engakuji, il maggiore dei cinque grandi templi Zen, è un importante centro Zazen dall'era Meiji, e in seguito sarebbe diventato famoso per essere il centro degli insegnamenti Zen del noto Maestro Taisen T. Suzuki. Kamakura è una delle città più venerate in Giappone. Si dice essere la capitale dello Zen ed i suoi numerosi templi emergono nel bel paesaggio incastonato tra le varie colline che circondano la città. Per un secolo e mezzo, tra gli anni 1192 e 1333, Kamakura è stata la capitale del primo shogunato, ovvero da quando lo decise Minamoto No Yoritomo. Questa centralità politica venne accompagnata da una centralità culturale e si costruirono magnifici templi di influenza Zen. In realtà Kamakura è sede di 19 santuari shintoisti e addirittura di 65 templi buddisti. Per menzionarne alcuni cito i Templi Hase dera, Myohon ji, Sugimoto dera (il più antico di Kamakura, fondato nell'anno 734) Koncho ji, Hochi ji, Jomyo ji, Jufuku ji (tutti di grande importanza nel Buddismo Zen)…il Santuario Hachiman gu, con il Grande Buddha, una maestosa statua di più di 13 metri di altezza… Ma, ovviamente, il tempio che attira il nostro interesse è il tempio Engaku ji, situato a nord della città, dove si è sempre detto si trovi la tomba del Maestro Gichin Funakoshi.
3 - Asahisa Shugen (a sinistra), Kichinosuke Saigo (al centro) e Gichin Funakoshi (destra), nel tempio Engakuji di Kamakura. 4 - Gichin assieme al suo gruppo di esibizione durante una presentazione di Karate dinnanzi all’allora Principe Hiro Hito, nella sua visita ad Okinawa. 5 - Yoshitaka Funakoshi. 6 - Yoshitaka, Gichin e Fujiko, la moglie. 7 - Ken Sakio (attuale leader) e Shito Kai, Kenwa Mabuni e Gichin Funakoshi nella stazione di Osaka. Dietro ci sono Ryusho Sakagami ed Isao Obata, e benché in questa foto non appaia, era presente anche Masatoshi Nakayama.
Il Buddismo Zen era stato introdotto in Giappone (proveniente come sappiamo dalla Cina) alla fine del XII secolo. La sua semplicità era rilevante ed i guerrieri samurai di Kamakura cominciarono ad interessarsi alla corrente, così come il popolo in generale. Il terremoto di Kanto del 1923, lo stesso che distrusse gli appunti del libro di Funakoshi, distrusse parte di questo tempio, anche se non completamente, poiché Engaku ji conserva all’inter no del suo perimetro 17 dei suoi più di 40 templi secondari. Funakoshi era molto influenzato dalla dottrina Zen, dalla sua essenza, la disciplina austera denominata shugyo, ed alcuni aspetti li trasmise nel suo Karate. Il numero cinque ad esempio, rappresentato in vari aspetti della sua Arte Marziale come la difesa dei cinque Pinnan di Itosu, i cinque livelli di Dan che utilizzò, eccetera…, proveniva dall'importanza di questo numero nello Zen. In effetti sono cinque i momenti nell'insegnamento di Buddha. I cinque livelli di maturità che le religioni orientali differenziano e, più concretamente, i cinque livelli di conoscenza che lo Zen (il Buddismo in generale) e lo Shinto possiedono, sono evidenti fattori che influenzarono Funakoshi in alcune delle sue decisioni. Effettivamente il Soto Zen Buddismo dispone di cinque livelli di illuminazione stabiliti dal Maestro cinese Tung Shan Liang Chieh (Tozan Ryokai in giapponese). La setta Shingon, molto conosciuta per le sue pratiche con il fuoco e l’acqua (camminare sulle braci e meditare sotto la fredda cascata) è una setta buddista con cinque iniziazioni. Perfino nello Yoga di origine indiana esistono cinque livelli progressivi.
8 - Wado Uemura, Yoshiaki Hayashi e Yoshitaka Funakoshi, i tre grandi amici e tecnici dello Shotokan. 9 - Gichin assieme a Yoshitaka (che ha tra le ginocchia suo figlio Yukio). 10 - Funerale di Yoshitaka Funakoshi. Davanti possiamo vedere suo fratello Giei (con gli occhiali), sua madre Gozei, suo padre Gichin Funakoshi, suo figlio Yukio con il suo ritratto, sua moglie Fujiko e le sue sorelle. Dietro altri parenti ed amici, tra i quali i suoi grandi amici Wado Uemura e Yoshiaki Hayashi, secondo da sinistra, sopra di tutti. 11 - Emilio Bruno ed Isao Obata sul monumento a Funakoshi ad Engakuji, Kamakura.
Reportage Funakoshi era attratto dallo Zen già ai tempi in cui viveva ad Okinawa. Nel Parco di Okunoyama, attiguo all'attuale Budokan okinawense, si trovava l'unico edificio della zona e si tratta di un Tempio Zen. Gichin Funakoshi passeggiava abitualmente in quel luogo. Anche Yamaoka Tessu (18261888) che utilizzava già l'espressione “il vento nei pini” impartendo i suoi insegnamenti della scuola Itto Ryu (“una spada”), trasmise una certa influenza Zen a Funakoshi. Per lui l'espressione simbolizzava “evadere il Ki dell’avversario”. Ad Okinawa esiste un altro Engakuji. Si tratta del tempio principale della Setta Buddista Rinzai. E’ stato costruito dal Re Sho Shin (Seconda Dinastia Sho) per omaggiare i suoi antenati ed in particolare suo padre, il precedente Re Sho Nei, i cui resti riposano lì. Quest’altro omonimo tempio venne costruito tra il 1492 e il 1495. Nel 1933 il luogo venne riconosciuto come Tesoro Nazionale. Successivamente, durante la II Guerra Mondiale, nella battaglia di Okinawa, gran parte del tempio venne distrutto. Nel 1968 venne ricostruito l’essenziale e nel 1972 riconosciuto dal Gover no Giapponese Luogo Storico di interesse Nazionale, nonché Bene Culturale dalla Prefettura di Okinawa. Anche Funakoshi era solito visitarlo. Funakoshi visitava l'Engakuji già da molti anni (tempi più felici), ma la frequenza delle sue visite aumentò dopo la scomparsa dello Shotokan e la morte di Gigo e di Gozei. Si dice perfino che sia stato in questo luogo, ad Engakuji, che Funakoshi abbia deciso di cambiare il kanji Tode con il Karate. Gli piaceva chiacchierare con l'Abate del tempio, Furukawa Gyodo. A Engakuji, Funakoshi meditò molto sul Karatedo e sul Budo in generale, trovando molte risposte attraverso lo Zen. Funakoshi riuscì a riappacificare la sua mente con lo Zen di Engakuji. Nei momenti di grande tristezza trovò la calma solo in questo posto che lo appassionava, cominciando ad aumentare la frequenza dei suoi
viaggi, tanto da diventare giornalieri. Funakoshi mantenne quasi in gran segreto le sue pratiche di Zen ad Engakuji. Questo aspetto del Sensei non è mai stato molto noto, mentre era in vita. In realtà venne scoperto quando un monaco che studiava nel tempio riferì che il Maestro Funakoshi era solito recarsi tutti i giorni in quel luogo, per sedersi e meditare. Fino ad allora, lo Zen sembrava essere per Funakoshi solamente un'inclinazione, ma non una passione alla quale dedicare tanto tempo. In quel luogo Funakoshi si fece dei buoni amici tra i monaci Zen. Il 1 Aprile del 1955 Funakoshi assistette all'inaugurazione del primo dojo della JKA, nel Kataoka Center, a Yotsuya. La JKA era stata ufficialmente costituita il 1 Maggio del 1949. Shigeru Egami fu molto fedele a Funakoshi, fino alla fine; negli ultimi tempi gli stette molto vicino. E’ rimasto nel dimenticatoio un episodio che anni addietro coinvolse entrambi nel Dojo Shotokan, quando Egami si oppose alla decisione di Funakoshi di concedere la Cintura Nera ad un giovane di 17 anni, figlio di Shimizu, uno dei suoi primi allievi a Meiseijuku. Sembra che Gichin, un po’ alterato, fosse sul punto di colpire Egami. Yoshitaka lo evitò, interponendosi tra i due e come risposta suo padre lo scaraventò gambe all’aria. Gichin era una persona molto allegra, che non si arrabbiava o rattristava quasi mai. Quella fu un'eccezione. Durante gli ultimi gior ni di Gichin, Shigeru Egami si occupò personalmente di accompagnarlo e di aiutarlo in ogni cosa. La verità è che a parte i familiari più stretti, quasi nessuno si occupò del famoso Maestro. In realtà, quando si aggravò la malattia allo stomaco di Egami (fu perfino operato chirurgicamente) nessun altro karateka di livello lo sostituì. Che peccato! Il 21 Giugno di quello stesso anno venne realizzata una magnifica cerimonia in onore della vita di Gichin. Si svolse nello stadio Ryogoku e vi partecipò la bellezza di venti mila persone. Kichinosuke Saigo ed il figlio di Jigoro Kano, Risei, eseguirono le loro esibizioni in
ricordo di Funakoshi, prima che effettuassero le relative dimostrazioni di Karate non solo le palestre di più di venti università, ma anche i leader di Wado Ryu (e come poteva essere altrimenti), Goju e Shito. Kanazawa e Mikami si esibirono in un combattimento che, come si sa, ripeterono poco dopo nella competizione sportiva successiva. Anche Godo Shioda, Maestro di Aikido, partecipò alla celebrazione.
Targa incisa con tutti i nomi della famiglia Funakoshi, i cui resti riposano qui, tutti assieme.
Alla fine di Marzo e durante il mese di Aprile del 1957, Gichin si sentì così privo di energia da non essere in grado di muoversi, è morì esattamente alle 8:45 del 26 Aprile del 1957. Al momento della sua morte, Egami si trovava vicino a lui, sul bordo del letto. Il funerale di Gichin Funakoshi non fu come avrebbero desiderato fosse tutti gli amanti e i seguaci dell'arte okinawense che lui introdusse in Giappone e, da lì, nel resto del
mondo. Nella preparazione della funzione funebre affiorarono i dissapori tra i due grandi gruppi della sua linea, la JKA e la Shotokai. Giei pensava che suo padre non avesse un incarico rappresentativo nella JKA, per cui non vedeva il motivo affinché questi si incaricasse di organizzare un evento così importante. L'organizzazione Shotokai esisteva già, ma fu proprio in occasione dell'organizzazione del funerale del Maestro che aumentò la
sua importanza. Hironishi, Egami e Yanagisawa si misero in luce. L'organizzazione Shotokai si è sempre caratterizzata, tra le altre cose, per non concedere mai un grado maggiore a quello di 5º Dan, in rispetto a quanto Funakoshi aveva insegnato. Harada, Oshima e Hironishi avevano quel grado. Egami, invece, era 4º Dan, perché non accettò il 5º Dan che la JKA gli offrì durante il breve periodo di tempo che fece parte di tale
In alto: Salvador Herraiz vicino alla vera tomba di Gichin Funakoshi. In basso: Salvador Herraiz ed il monaco Mochizuki, guardiano nell'ombra dei resti di Gichin Funakoshi.
organizzazione. Hironishi rimase per più tempo nella JKA, ma poi anche lui l’'abbandonò. Hironishi insegnava Karate all'Università di Chuo, palestra che, benché appartenesse alla scuola Wado Ryu, era diventata Shotokan nel 1940. Il fatto è che entrambi i gruppi, capeggiati nel caso della JKA da Masatoshi Nakayama e nel caso della Shotokai da Motonobu Hironishi, da Shigeru Egami e dal suo allievo Yanagisawa, non la pensavano allo stesso modo circa i Kata Taikyoku. Benché oggigiorno questi Kata basilari siano accettati e praticati dalla maggior parte dei gruppi di Karate originari di Funakoshi, a quei tempi non erano accettati dalla JKA che Nakayama Sensei di fatto gestiva (anche se con il tempo li avrebbe accettati, ma…quando ormai era troppo tardi). La JKA era supportata dalle Università di Keio, Takushoku e Hosei, e Shotokai da quelle di Seijo, Gakushuin, Noko, Chuo e Sensehu. L'Università di Waseda era un caso a parte, poiché si trovava tra l’incudine e il martello, non appoggiando ufficialmente l'organizzazione della funzione funebre, ma scegliendo a livello personale come responsabile sportivo il sig. Ohama, che per l’amicizia che lo legava a Funakoshi si incaricò di fatto di coordinare il funerale. Alla fine, la funzione funebre di Gichin, celebrata il gior no 10 Maggio, fu organizzata da suo figlio maggiore, Yoshihide Funakoshi e da Shigeru Egami e Motonobu Hironishi, cioè il figlio maggiore di Funakoshi ed i leader della Shotokai. Durante la funzione funebre vennero innalzate tutte le bandiere dei dojo della scuola di Funakoshi. Ma veramente tutte? No. La JKA, l'Università di Takushok, l'Università di Keio e l'Università di Hosei, non permisero che le loro bandiere fossero issate, come protesta all'insensibilità, secondo loro, della Shotokai. Questi ultimi interpretarono quest'azione come un insulto e una mancanza di rispetto alla memoria del Maestro Funakoshi e alla sua famiglia, in particolare per il comportamento di suo figlio maggiore Yoshihide. La Shotokai chiese a Nakayama Sensei e alla JKA di chiedere scuse per tutto questo. Poco dopo, un tentativo di riconciliazione fu portato avanti, ma
senza molta decisione e condannato così al fallimento. In effetti, Nakayama fece visita ad Hironishi per invitarlo ad entrare nella JKA, ma Hironishi rispose che avrebbe considerato la proposta solo se prima Nakayama avesse chiesto scusa alla famiglia Funakoshi per il suo atteggiamento durante il funerale e solo se avesse accettato i kata Taikyoku come parte legittima del Karate di Funakoshi. Ma Nakayama voleva il processo inverso, cioè che prima Hironishi entrasse nella JKA e poi, ormai dentro, parlasse delle sue idee e facesse le sue proposte. Non ci fu accordo e le cose non solo rimasero com’erano, ma peggiorarono le relazioni tra i due gruppi, poiché soprattutto nelle file della Shotokai non riuscivano a perdonare la “maleducazione” della JKA durante il funerale del Maestro. In realtà, il leader della palestra di Karate della potente Università di Chuo non solo non volle unirsi alla JKA quando gli fu chiesto di farlo (come invece fecero molti altri gruppi), ma non volle sapere nient'altro di quell'organizzazione che definiva apertamente un’accolita di stupidi. Considerata l’indole di Gichin Funakoshi, conciliatrice, umile, sensata… i tempi immediatamente successivi alla sua morte non furono i più adeguati al suo spirito, ai suoi desideri e a quello che lui meritava. Che peccato! Tuttavia, per noi, ovvero per i karateka interessati alla storia e alla filosofia del Karate, non è proprio lo Shariden nel tempietto Shozokuin (d'altra parte di notevole bellezza), la cosa più interessante dell’Engaku ji. Lo è piuttosto il memoriale del Maestro Gichin Funakoshi che anni dopo si trovò nell’Engaku Ji. Kamakura, definita come città relativamente pochi anni fa (nel 1939), è in realtà una piccola cittadina paragonata ad altre, ed ha circa 170.000 abitanti in una superficie di 40 km?. Mi è molto piaciuta questa città, dico sul serio. Non c’ero mai stato nei miei precedenti viaggi. Inoltre, vi scoprii un vecchio negozio pieno di armi orientali, alcune piuttosto antiche, tanto che ora ce le ho a casa mia. Le peripezie che ho dovuto fare per non rischiare di vedermele confiscate all’aeroporto, non ve le racconto nemmeno. Il monumento memoriale a Gichin Funakoshi fu costruito
dall'organizzazione Shotokai il 1 Dicembre del 1968. Del progetto fu incaricato Kenji Ogata ed include calligrafie dello stesso Funakoshi e di Asahisa Soguen (1891-1979), il principale monaco del tempio. Una delle iscrizioni è conosciuta a livello mondiale: “Karate ni sente nashi” (“Non c'è primo attacco nel Karate”). Ma vicino a questo precetto di Funakoshi, è inciso anche il poema che Gichin scrisse durante il viaggio in barca a Tokyo, per l'esibizione ad Ochanomizu, nel 1922, e che dice così: “In un'isola, nel Mare del Sud, è stata tramandata un’arte squisita. Essa è il Karate. Per me l'arte è in declino e la sua trasmissione in dubbio. Chi si impegnerà nel monumentale compito di restaurazione e di rianimazione? Devo assumermi questo impegno io, e chi se no? Lo giuro davanti al Cielo azzurro”. Certamente, va dettp che sono esistiti altri importanti maestri di Karate nella storia. Probabilmente con un maggior livello tecnico di Funakoshi, secondo quanto lui stesso ha riconosciuto e ha fatto capire con determinate azioni (Shinken Taira, Hironori Ohtsuka, Kenwa Mabuni, ecc… inoltre lo ha fatto capire in altre occasioni). Ma allo stesso tempo è giusto riconoscere che fu Funakoshi ad impegnarsi per diffondere la conoscenza generale e lo sviluppo mondiale della nostra Arte Marziale, come fu senza dubbio lui ad impregnarlo dell'aurea filosofica che lo accompagna. Vicino alla parte principale del monumento ad Engakuji, un'altra pietra incisa riporta un'iscrizione di Nobuhide Ohama che lo omaggia usando i seguenti termini: - Gichin Funakoshi Sensei di Karatedo, nacque il 10 Giugno del 1870 a Shuri, Okinawa. A partire dagli undici anni cominciò a studiare To Te Jutsu sotto la guida di Anko Azato e di Anko Itosu. Lo fece diligentemente e nel 1912 divenne Presidente dell'Okinawan Shobukai. Nel 1922 si stabilì a Tokyo e divenne istruttore professionista di Karatedo. Dedicò la sua intera vita allo sviluppo del Karatedo. Visse 88 anni e lasciò questo mondo il 26 Aprile 1957. Reinterpretando il To Te Jutsu, Sensei sviluppò il Karatedo senza perdere la sua filosofia originale. Come il Bugei (arti marziali classiche), il Karate cerca il Mu, l'illuminazione, per purificarsi ed
Karate ottenere un pensiero vuoto trasformando il jutsu in do. Attraverso le sue famose parole “Karate ni sente nashi” (“Non c'è primo attacco nel Karate”) e “Karate wa kunshi no bugei” (“Il Karate è l'arte marziale della gente intelligente”), Sensei ci aiutò a capire meglio il termine jutsu. In uno sforzo per commemorare la sua virtù e il suo notevole contributo al moderno Karatedo come pioniere, noi, i suoi leali allievi, abbiamo creato la Shotokai ed abbiamo eretto questo monumento ad Engakuji. “Kenzen Ichi” ("Il pugno e lo Zen sono la stessa cosa, sono uno”) -. Senza dubbio, la pace che qui si respira è enorme, il che invita alla pratica di un Karate differente. La famiglia Asai, di Shotokan, era solita dire che era piacevole rimanere tra gli alberi di Kamakura. Per loro, il Chi dello spirito entrava nei tronchi degli alberi e si manteneva lì per tutta la notte. Oggi, i maggiori istruttori della JKA si recano abitualmente ad una cerimonia annuale nella quale realizzano davanti al monumento, tecniche di Karate, letture e discorsi, in presenza di allievi invitati. La mia convinzione, assieme a quella di molti altri, che in questo recinto di Kamakura si trovasse la tomba con le ceneri del Maestro Gichin Funakoshi, venne messa in discussione alcuni anni fa, venendo a sapere non solo che questo monumento in realtà non era la sua
tomba, ma che l’ubicazione della sua vera tomba non era conosciuta da praticamente nessuno, e non era quindi visitata come simbolo di rispetto nei confronti di chi (al di là delle varie scuole) divenne il principale padre dell'evoluzione geografica del Karate, prima nell'isola principale e poi in tutto l’Occidente. Il vero luogo di riposo eter no del Maestro Gichin Funakoshi è un altro e si trova a vari chilometri di distanza. Le mie ricerche, molto complicate nonostante alcune piste date dal
“Proseguii la mia ricerca e finalmente, dopo aver ridotto le opzioni a due luoghi distanti circa 30 chilometri, trovai quello che cercavo. Avevo trovato il posto esatto”
Maestro Harada, mi portarono a delimitare a poco a poco la zona. Ricordo che in un'occasione chiesi aiuto addirittura ad una squadra di Polizia giapponese per esplorare la zona “sospetta”, squadra che mi aiutò in tutto e per tutto. Anche l'Ufficio di Relazioni Internazionali di Yokohama mi diede una mano e devo ringraziare molto questa istituzione. Perfino un amico dell'Ambasciata Giapponese mi aiutò, ma nonostante la sua buona volontà, le sue indagini erano lontane dalla verità. Le ricerche, alla fine, mi spinsero verso un'altra zona, assai diversa. Le autorità del tempio mi confermarono quanto avevo scoperto in un secondo momento, dopo che si resero conto che avevo ormai scoperto che la tomba della Famiglia Funakoshi si trovava nei suoi terreni. Mancava solo di trovare il tempio, poiché in questa zona del Giappone esistono decine e decine di templi, molti dei quali piccoli e sconosciuti perfino agli abitanti della zona. Ricordai che il Maestro Fumio Demura è di Yokohama e gli chiesi aiuto, ma… in questo caso gli fu impossibile venirne a capo, come mi disse, per la gran quantità di piccoli templi nella zona. Ma io non mi volevo arrendere… mi era sempre sembrato un tema interessante quello di correggere l'errore storico che esisteva circa il luogo di riposo del Maestro Funakoshi dagli anni ‘50.
LA VERA TOMBA DI GUICHIN FUNAKOSHI: NOME
RELAZIONE
CON
GICHIN
Shoto Gichin Funakoshi Gozei Esposa de Gichin Yoshihide (Giei) Hijo mayor de Gichin Fuku Esposa de Giei Ichiro Hijo de Giei Daisuke Hijo de Ichiro Akiko * Esposa de Ichiro
DATA
DELLA MORTE
26 aprile 1957 4 agosto 1947 2 Marzo, 1961 10 novembre, 1968 10 Agosto, 1996 10 novembre, 1968
ETÀ 89 anni 71 anni 71 anni 66 anni 2 anni
* Akiko, moglie di Ichiro Funakoshi vive ancora oggi, ma il suo nome è già inciso sulla tomba dove le sue spoglie riposeranno quando morrà, insieme con il suo marito e il suo figlio.
Reportage
DISCENDENTI DI FUNAKOSHI GICHIN
GOZEI
YOSHIHIDE (GIEI)
TSURU
FUKU
MORITA
YOSHIO
SANAE
iCHIRO
KUNIKO
SHITZUKU
YOSHIKAZU
KITAGAWA
AKIKO
SAKAI
MORITA
KAZUKO
NOBUKO
ATSUYA
DAISUKE
ESHI
KATSU
MICHIO
UTO
YOSHITAKA (GIGO)
HIRASHIKI
FUJIKO
YOSHIYUKI
SADAKO
KIMIKO
HIDEKO
Adoptado
NAKAGAWA
OZAWA
NIKI
YUKIO
KENJI
Benché, come i lettori sapranno, io appartenga alla scuola Wado Ryu, alla quale tecnicamente sono devoto (con le logiche influenze di altre scuole che mi sembrano utili per me e per i miei allievi), il Maestro Funakoshi mi è sembrato sempre un personaggio a cui tutti devono molto. Soffrì molto nella sua vita e far conoscere il Karate era il suo sogno, sogno che realizzò abbondantemente. Non bisogna dimenticare, d'altra parte, che Funakoshi fu uno dei tre esperti (peraltro il primo di essi) che insegnò il Karate al creatore del Wado Ryu Hironori Ohtsuka. Gli altri due furono Choki Motoku e Kenwa Mabuni, per cui i tre godono del mio massimo rispetto, d'altra parte offro lo stesso rispetto a tutti gli antichi maestri di Karate… e a quasi tutte le persone. Il rapporto di Gichin con questi maestri fu diseguale. Provava un evidente rispetto ed ammirazione per Mabuni (palesato quando inviò suo figlio Yoshitaka a studiare con lui) ed un'ammirazione tecnica ed una buona amicizia con Ohtsuka (che in parte diminuì a causa della gelosia di Yoshitaka). Con Motobu la cosa era differente. Benché ci fosse un comportamento discretamente corretto tra i due, Choki Motobu provava un'evidente antipatia per Funakoshi. I motivi principali erano
due: primo, l'opinione diffusa che ambedue avevano rispetto per la pratica del combattimento libero e per l'efficacia delle tecniche; secondo, il fatto che in un articolo della rivista Kingu, del Settembre del 1925, parlando delle imprese di Motobu, i responsabili si sbagliarono e pubblicarono il volto di Funakoshi in alcuni disegni allusivi. Proseguii la mia ricerca e finalmente, dopo aver ridotto le opzioni a due luoghi distanti circa 30 chilometri, trovai quello che cercavo. Avevo trovato il posto esatto. Al tempio si accede salendo un breve ma ripido pendio, dopo aver lasciato la strada che camminando ci ha portato dal piccolo paesino dove ci aveva lasciato il treno. A sinistra degli edifici del tempio comincia un piccolo cimitero, parte del quale si arrampica sulla collina. Di fronte ad esso e nella parte alta di fronte ad alcune tombe, un bosco di bambù di estrema bellezza ci mostra i fusti che questa pianta è capace di sviluppare in poco tempo, se le condizioni ambientali sono quelle idonee. All’inizio volevo trovare la tomba da solo, ma alla fine ho bisogno del migliore aiuto possibile. Mi riceve il monaco che gestisce il tempio e il relativo cimitero, e sua moglie. Si tratta di Benshu e Shokou
Mochizuki. Mi aiuta generosamente, mi traduce la lapide nella quale sono incisi i nomi di tutti quelli che la condividono (tutti intimi familiari di Gichin). In realtà, avevo già quei nomi, ma lascio che la sua traduzione prosegua a conferma del ritrovamento. La coppia Mochizuki ha una scuola di Buddismo nel tempio che dirigono. Mi raccontano felici ed orgogliosi che uno dei loro nonni era amico di Gichin. Entrambi ci riempiono di attenzioni e sembrano non volerci lasciare andare quando arriva il momento. Anche per me risulta difficile allontanarmi da quel luogo. Il luogo della tomba fu scelto per la grande amicizia che lo univa a chi occupa la tomba contigua. In ogni caso, Gichin aveva la sua vita a Tokyo. Quando prima nel 1916 e poi nel 1922 si recò a Tokyo con il suo sogno impresso nella mente, era (nonostante alcuni ritorni sporadici) un viaggio senza ritorno. Alla fine le ceneri di Funakoshi si erano unite a quelle di sua moglie Gozei, dalla quale per tanti anni rimase lontano per la distanza geografica e le circostanze. Da allora giacciono assieme e così anche oggi. Il posto è un tranquillo e piccolo cimitero, dentro la terra di un appartato tempio buddista. Non ci
Karate sono fiori, né visite…i suoi resti riposano lontani dalla fama, in una tomba perduta, nascosta, segreta ed intima. Quando stavo per scoprire la vera tomba di Funakoshi, come in altre occasioni, mi frullava in testa l'idea di condividere e di far conoscere il posto esatto, poiché sarebbe stato interessante per molti seguaci di Funakoshi Sensei. Ma una volta giunto nel luogo sacro, le mie idee si chiarirono ed il mio cuore mi disse che Funakoshi era molto tranquillo lì, in un’oasi di pace, assai lontano dal chiasso inopportuno, e che forse era meglio non svelare l’ubicazione precisa della tomba. Se ci sono persone veramente interessate a visitare il posto, io privatamente potrei dare loro le indicazioni opportune, ma…senza un’inopportuna pubblicità di massa.
Mi è sempre sembrato giusto omaggiare i grandi maestri scomparsi (l'ho fatto anche quando erano in vita, quando ho avuto occasione di conoscerli). Ho conosciuto la maggior parte dei più importanti maestri di Karate in vita, nei loro dojo, nelle loro case, nel loro ambiente, ma anche le tombe possono godere di un certo interesse, essendo luoghi nei quali si può sentire lo spirito di chi vi dimora con la sensibilità adeguata, fondendosi così con la loro energia. Ricordo che vent’anni fa passai lunghi momenti sulla tomba del Maestro Hironori Ohtsuka. Poi venne il momento di altre (Nakayama Masatoshi, Oyama Masutatsu, Sasakawa Ryoichi…), che forse presenterò ai lettori in un’altra occasione. Questo non vuol dire che ai vivi io non presti
Reportage la dovuta attenzione. La cortesia non toglie il valore, anzi. Napoleone diceva: “È bene aprire qualche volta le tombe per conversare con i morti”. Devo dire che il mio obiettivo non è scrivere articoli, libri, ecc… Il mio principale obiettivo è investigare le profondità e le curiosità del Karate, come interessante complemento alla mia pratica. Poi, queste ricerche le condivido con altri, con coloro cioè cui possono interessare, ma non è questo il mio motivo ultimo, è piuttosto una conseguenza secondaria. Non investigo per scrivere, ma lo faccio per il piacere di conoscere la verità. Poi, affinché queste ricerche siano più utili …le condivido. Permettetemi, cari lettori, di non rivelare il luogo esatto della vera tomba di Funakoshi Sensei, poiché
sembra proprio che il desiderio della famiglia sia quello di far sì che non si trasformi in un posto molto…visitato. La mia amica Yumiko mi ha spiegato che i giapponesi credono, forse a volte giustamente, che i visitatori non rispettino adeguatamente il luogo di eterno riposo, per cui si rifiutano di svelare quello di determinati personaggi. Sospetto che non esisterebbe questo problema dato il basso interesse che questi temi suscitano tra i karateka attuali, inclusi maestri ed alti gradi, ma in ogni caso, rispetterò senza esitazioni questo modo di vedere le cose. Voglio finire con una frase di Thomas Campbell, che dice: “Vivere nei cuori che lasciamo dietro di noi, questo è il non morire”.
In alto: facciata della tomba di Gichin Funakoshi. In basso: Mochizuki, il monaco del piccolo tempio buddista dove riposano i veri resti di Gichin Funakoshi.
AUTODIFESA ANTI AGGRESSIONE PER LE DONNE METODO INNOVATIVO SELF PRO KRAV Sono la paura e il panico, il fermento dell'auto-difesa? Si tratta di un fenomeno temporaneo e semplicemente commerciale? O è il senso d’insicur ezza, come alcuni pensatori di salone dicono, ciò che cr ea questa paura di aggressione? In altre parole, non saranno gli orrori della società e la sua sfilata dei media, la vera causa di questa cancrena di un'autodifesa? Chi detiene la verità, se la verità esiste in questa materia? Comunque, cerchiamo di essere pragmatici e trattiamo questo problema, in parte presente tra molte donne che soffrono i suoi effetti collaterali (insonnia, paura di rimanere da sole in casa, uscire la sera o recarsi in determinati luoghi, nausea, mancanza di fiducia, e l'elenco potrebbe continuare ...).
quindi un vasto argomento, se non una sfida, presentare e farvi sentire la voglia di imparare il metodo Autodifesa Anti Aggressione per le Donne del Self Pro Krav o SPK. La mia intenzione non è quella di trattare l'argomento da un punto di vista filosofico, psicologico o economico, ma rimanere nella realtà delle aggressioni comuni che le donne possono subire. Essendo onesti e senza discriminazioni, è chiaro che vi è una marcata differenza tra le caratteristiche fisiche di uomini e donne. C’è differenza a fare questo lavoro con il genere femminile? Certo, le donne sono meno "maschiliste" e quindi sono più consapevoli delle loro possibilità e dei loro limiti. In altre parole, di fronte al pericolo, le donne sono più realistiche. Inoltre, quando si tratta di scappare da un attacco violento, hanno meno scrupoli a colpire, mordere o rispondere nei genitali degli uomini. Vantaggio o svantaggio, la questione non si pone al momento dell'assalto, e ogni teoria è superflua. Cerchiamo di essere realistici di fronte a pericoli nella strada e la brutalità degli attacchi. Generalmente, le donne non sono attaccate nello stesso modo degli uomini poiché le motivazioni per l'aggressione sono spesso differenti. Nella maggior parte dei casi, l'uomo che aggredisce una
È
Autodifesa
donna guarda la sua preda piuttosto come un oggetto del desiderio e lussuria, pensando che ha abbastanza superiorità fisica da raggiungere il suo obiettivo. Tuttavia, le donne non sono così deboli come si potrebbe pensare, e hanno probabilmente più determinazione rispetto agli uomini. Inoltre, le donne hanno anche alcuni benefici fisici associati con il sesso che dovrebbero sapere come utilizzare, se necessario, per sfuggire da una situazione pericolosa. Tutto ciò che richiedono, è un allenamento più realistico, basato su simulazioni, allo scopo di prepararle a uscire da una brutta situazione. In qualsiasi modo dobbiamo essere onesti e dire loro che il metodo non è una ricetta magica, non esiste una cosa del genere come colpo definitivo con cui le donne
possono diventare invincibile. Nulla è mai al sicuro, anche se sei un esperto o un campione di sport da combattimento, perché non possiamo prevedere l'imponderabile o controllare l'azzardo. Di conseguenza, cerchiamo di restare umili, perché scappare senza perdere l'onore rimane la prima e l'ultima scelta, e solo quando ciò non sarà possibile, il metodo potrà rivelarsi utile. Per il capitano Jacques Levinet, fondatore del Sé Pro Krav, modulo femminile e autore di un libro sul metodo, che cosa succede quando un attacco è imminente? Questa fase è cruciale per il futuro. Un'adeguata valutazione della situazione determinerà il successo o il fallimento della pratica del nostro metodo... ma come si può valutare una situazione di stress? Dobbiamo esercitare la nostra mente con una ginnastica al cervello relativamente semplice, ponendoci le seguenti domande per gestire la crisi: perché? Quando? Dove? Cosa? Quanto?
Autodifesa Motivo dell'aggressione L'aggressore chiede dei soldi? Se vi è estremo rischio di perdere la vita, è meglio cedere, mentre cerca di raccogliere quante più informazioni possibili per descrivere l'aggressore in modo che possa essere poi identificato. In caso di violenza sessuale, il suo onore, ma non la sua vita, meriterà che si difenda. Infine, nel caso di violenza gratuita, il grado di pericolo le farà scegliere se agire o scappare, se il rischio di conseguenze è troppo grande.
Momento dell'aggressione La scena può verificarsi durante il giorno, nel qual caso la visibilità vi permetterà di identificare meglio l'autore (o gli autori, le loro caratteristiche fisiche, il numero, ecc), così come le possibili vie d'uscita. Al contrario, se succede di notte, va da sé che non si raccoglieranno informazioni come nel primo caso, ma il tono della voce dell'attaccante sarà un elemento indicativo. Anche le condizioni meteorologiche in parte difficili (pioggia, neve, vento, calore), svolgono un ruolo importante, per esempio, un caldo soffocante o una strada scivolosa, soprattutto in caso di persecuzione. Conduciamo sessioni di formazione
in penombra o in situazione di stanchezza, allo scopo di abituarsi a queste circostanze particolari.
Scenario dell'aggressione Se il luogo è all’aperto (in strada), potrebbe succedere, ma senza certezza perché la codardia è comune in questi casi, si può contare sulla gente circostante che possa reagire alle grida della vittima. D'altra parte, se l'aggressione avviene in un ambiente chiuso (appartamento, luogo privato), la vittima dovrà fare affidamento solo sulla sua forza interiore e la lucidità per essere in grado di scappare. La scena può verificarsi anche in un luogo affollato (il quartiere, lo stadio, una manifestazione di strada), o in un’area cittadina a rischio (supermercato, zona commerciale). In questi casi, si deve considerare il movimento delle masse e il numero di attaccanti. Questa situazione richiede avere più sensibilità, attenzione anche agli odori, giacché il coraggio non è solitamente caratteristico dei testimoni dei reati.
Dintorni dell’aggressione Bisogna abituarsi alle impostazioni dell’ ambiente nel luogo dell'aggressione. Un posto deserto richiederà necessariamente di noi avere una visione ampia a 360 ° per trovare un elemento banale di supporto (sabbia, acqua, un pezzo di legno, una pietra, una sedia ...) che potrebbero aiutarci a rispondere l'attacco. La folla, anche se non ci aiuta in modo diretto, ci può proteggere e ci porterà lontano dall’aggressore. Tenere in mente l’evidente pericolo dell'aggressore, o aggressori (armi da fuoco e coltelli), è anche un elemento chiave del "Come?" Infine, le uscite di emergenza devono essere sempre la nostra preoccupazione principale per scappare.
Gli autori dell'aggressione Il numero degli aggressori è fondamentale per mettersi in una
posizione adatta, se non è possibile scappare. Devi sempre essere collocata alle estremità del gruppo per eseguire una prima risposta che renda possibile la fuga nel più breve tempo. Essere in grado di descrivere gli aggressori è anche un elemento principale del metodo d'allenamento Self Pro Krav femminile, molto utile per identificare più tardi l'autore (o gli autori) del reato e cominciare a riparare il danno fisico e mentale. Lo schema tipico dei nostri esercizi comincia con la determinazione del genere, tipo etnico, età presunta, altezza, corporatura, il colore e il taglio di capelli, segni particolari (testa rasata, barba, baffi, modo di camminare), vestiti (tipo, colore, ecc), occhiali da vista o da sole, timbro e accento, e anche l'uso di un particolare dialetto o lingua. A ciò si aggiungono la direzione presa e il mezzo per sfuggire dagli attaccanti. Per il fondatore del Sé Pro Krav o SPK, le aggressioni spesso iniziano con una fase brutale d’insulti o richieste. Un dialogo inevitabile viene quindi impostato. Nei nostri corsi inseriamo questo tipo di rapporto in modo che le donne possano abituarsi
a questo problema, che è strutturato come segue: respirazione, linguaggio, menzogne ??e l'intonazione della voce.
Respirazione Senza una respirazione controllata, non c'è nessuna possibilità d'azione. Non si respira naturalmente in casi di violenza. La nostra disciplina favorisce la respirazione addominale che ci permette di centralizzare l'ispirazione nella zona del ventre allo scopo di gestire lo stress e portare l'energia a terra. L'obiettivo è di "conficcare al suolo" e avvalerci dell'energia tellurica, invece di respirare solo attraverso i polmoni, che causa una perdita di equilibrio e la capacità di reazione.
Il parere di un professionista Il modo di respirare in caso di aggressione è: ispirazione polmonare lunga attraverso il naso con la bocca chiusa, blocco d'aria addominale con la bocca aperta, lenta espirazione addominale attraverso la bocca durante la fase del dialogo, esalazione
Autodifesa asciutta attraverso la bocca nel momento della risposta, rilassamento e ripresa dell'ispirazione polmonare per massima ventilazione, una volta che il pericolo è sparito o durante la fuga. L'allenamento ci permette di raggiungere quest’obiettivo, e i risultati sono spettacolari, soprattutto a livello di fiducia. Al contrario, una respirazione cattiva ridurrà il nostro campo visivo: è l'"effetto tunnel", notoriamente conosciuto dai professionisti. Non siamo più in grado di controllare il corpo o cogliere le opportunità per sfuggire o rispondere, la nostra mente è bloccata. Il risultato è un'immobilità che annulla qualsiasi volontà di agire. Il nostro metodo aiuta notevolmente le donne, in generale più dotate degli uomini per variazioni del ritmo respiratorio. Una cattiva respirazione è equivalente a una ristretta visione, allo squilibrio e all'impotenza. La crisi accelera la respirazione e causa il panico.
*** Seminari regolari per le donne e corsi di formazione per diventare istruttore sono forniti dall'esperto presso la Federazione Inter nazionale di Difesa Personale e Formazione di Polizia Jacques Levinet (AJL). *** Allenamento personalizzato on-line dal capitano Jacques Levinet in diverse lingue è anche disponibile su richiesta. Mail-contact@academielevinet.com Website - www.selfdefensepourlesfemmes.com Tel. +33467075044
Aikido
Tradizione ed EVOLUZIONE nell'Aikido Vi siete mai chiesti come sia evoluta l'Umanità nel corso della storia? Che ne sarebbe stato di noi senza quell'evoluzione? Ci muoveremo saltando di ramo in ramo o rimarremo attoniti davanti al fuoco? Senza l’evoluzione non esister ebbe la vita. Mi pongo ora un'altra domanda: perché l'Aikido non potrebbe evolvere? Macchiata dall'opinione di molti “esperti”, l'Arte Marziale di O' Sensei è sempre stata considerata “tradizionale”, mentre, al contrario di quanto si afferma, tradizionale non sarebbe neppure il D a i t o - R y u d i S o k a k u Ta k e d a , i n q u a n t o è l’evoluzione di alcune Arti Marziali giapponesi molto antiche, dove l'Arte Marziale si utilizzava per sopravvivere, nello stesso modo in cui la praticava e la desiderava Ueshiba nei suoi tempi migliori: “Un’Arte per la Guerra”. Testo: Alfonso Longueira 8º Dan Aikido www.aikido-longueira.com Foto: © www.budointernational.com
Erano bei tempi quelli in cui camminavo per la strada, di notte, tenendo la mano di mio padre e vedevo passare il famoso “metronotte”, un uomo che a tutti quelli della mia generazione produceva un senso di sicurezza, di tranquillità. Sfortunatamente ora siamo evoluti verso giorni più pericolosi e sarebbe imprudente camminare di sera in molte delle nostre città. E’ adesso che, più che mai, abbiamo bisogno delle Arti Marziali, ed esse, di contro, diventano arti inefficaci!? Quando entriamo in un dojo per imparare un’Arte Marziale, non è nel nostro interesse conoscere una forma di pensare che non abbiamo cercato. Perché sforzarci di capire la cultura giapponese quando sono gli stessi giapponesi a desiderare di assomigliare agli europei e agli americani? In occidente si vive bene e dobbiamo rendercene conto, e sia la cultura orientale che quella occidentale possiedono i propri benefici ed i propri svantaggi e, ovviamente, anche l'Aikido.
Longueira Ryu “Affrontando il tema dell’evoluzione dobbiamo parlare necessariamente dell'efficacia dell'Aikido, che è cambiata nel corso del tempo e non propriamente verso un’Arte Marziale.”
www.aikido-longueira.com
Aikido
Longueira Ryu La brutta fama di cui gode l'Aikido, a causa di queste cose, fa sì che la gente, di fronte all'inefficacia che ha avvelenato l'Aikido durante questi anni, si orienti verso altre Arti Marziali. Un’Arte di Pace, sì, ma voglio dire a tutti i “puristi” e i “tradizionalisti” che, così come afferma saggiamente la tradizione: “Se vuoi la Pace, preparati alla Guerra”. Questo è ciò che io predico nel mio Aikido e quello che dovremmo predicare tutti se vogliamo che quest’Arte Marziale evolva, ma deve essere fatto come Dio comanda! A differenza di come si usa fare in Spagna (benché in tutti i paesi si faccia lo stesso), dove si cerca di negare quell'evoluzione, benché esista, ma non quella giusta. Purtroppo molti chiamano evoluzione il veder insegnare un 1° Dan, un 2° Dan o un 3° Dan, senza la guida di nessun Maestro; con “guida” intendo dire per lo meno frequentare il dojo di quel Maestro due o tre volte la settimana e non come accade oggi giorno, dove seguire un Maestro significa in sostanza frequentare un corso o uno stage che quel Maestro organizza una volta all'anno, e con questo credersi sufficientemente capaci di insegnare millantandosi discepoli di questo o l’altro Maestro e sentendosi dei veri e propri eredi dell’Arte in questione. Per caso, il Sensei, durante il resto dell'anno in cui non frequentano i corsi, invia loro la Saggezza per considerarsi dei Maestri? Ritorniamo al punto, l'Aikido, come diceva O' Sensei, si impara praticando e non dormendo come fanno alcuni.
www.aikido-longueira.com
Longueira Ryu
Aikido
“Ritorniamo al punto, l'Aikido, come diceva O' Sensei, si impara praticando e non dormendo come fanno alcuni.”
Affrontando il tema dell’evoluzione dobbiamo parlare necessariamente dell'efficacia dell'Aikido, che è cambiata nel corso del tempo e non propriamente verso un’Arte Marziale.
L'efficacia dell'Aikido L'Aikido è un’Arte Marziale molto efficace per la nostra difesa personale e per quella di coloro che ci circondano, ma, per usufruire di essa, dobbiamo praticarla con movimenti brevi. Perché fare quaranta movimenti quando ne basta uno solo? A parte l’essere un'assoluta perdita di tempo, stiamo prolungando la nostra vulnerabilità trascurando gli altri possibili aggressori. Ma non solo questo, permettiamo inoltre al nostro avversario di recuperare l'equilibrio e di attaccarci nuovamente. Come si usa dire, l'Aikido è un’Arte Marziale usata per dissuadere l'avversario. Sono pienamente d’accordo! Ma perché ciò avvenga dobbiamo fare uso di un Aikido contundente ed efficace. Ovviamente, tutto dipende se c'iscriviamo alle lezioni di Aikido per imparare un’Arte Marziale con cui difenderci o se cerchiamo piuttosto una forma di ginnastica. Mettendo come priorità l'accorciamento delle tecniche, il passo successivo che si affronta normalmente nelle altre Arti Marziali, all’infuori dell’Aikido, è l'uso di attacchi reali, al fine di essere pronti alle situazioni “complicate”. A che cosa ci serve pensare che l'Aikido sia utile a dissuadere l'avversario, se non conosciamo in quale modo può attaccarci un uomo infuriato, disposto a tutto? Per questo dovete imparare e praticare dando il meglio di voi stessi, ricordando sempre che state praticando un’Arte Marziale e che
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potete subire qualche ferita, ma meglio subirla nel dojo, dove potete rendervi conto di ciò che siete in grado di fare e di correggere i vostri difetti, piuttosto che per la strada, dove un colpo duro o un’arma può mettere la parola fine alla vostra vita. Preparatevi a qualsiasi situazione, a qualunque reazione dell'avversario, allenatevi con durezza, non con forza, senza paura del dolore che, in fin dei conti, è un concetto ipocondriaco. Pertanto, poiché l'efficacia è un concetto un po’ “astratto”, i diversi punti di vista che possono emergere in persone differenti, hanno permesso che l'Aikido di O' Sensei si evolvesse verso differenti stili di Aikido, dipendendo dai gusti di ogni persona.
Longueira Ryu … “Ma perché ciò avvenga dobbiamo fare uso di un Aikido contundente ed efficace.”
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Aikido I differenti stili di Aikido Vedendo l’evoluzione che ha interessato l'Aikido in questi ultimi anni, dobbiamo dare parte del merito ai grandi Maestri che si sono formati nella scuola di O' Sensei. Persone che, come fece lo stesso Ueshiba col Daito-Ryu, hanno cercato un'altra forma di pratica e creato un proprio stile; gli allievi di O' Sensei hanno cercato di mantenere l’efficacia dell'Aikido. Ne sono esempio Maestri quali Gozo Shioda o Minoru Mochizuki, che hanno creato un loro personale metodo. Di fatto l'Aikikai, per motivi di interesse, ha etichettato l’Aikido di quei Maestri come non vero Aikido ed ha annunciato che solo quello che si pratica nell'Aikikai è vero Aikido. Ovviamente, ognuno è libero di fare ciò che più gli piace; persino screditare i grandi Allievi di Ueshiba, senza i quali l'Aikido non sarebbe uscito dai confini giapponesi, e questo tutti lo sanno. Chiaramente sono liberi di trascurare anche gli altri grandi Maestri che sono caduti nel dimenticatoio per colpa delle loro “eresie”, come afferma l’“alto comando”, e come il caso del secondo me eccezionale Tadashi Abe. Un uomo, a mio parere, con i principi di un vero samurai, un uomo che non esitò ad abbandonare tutto per seguire i suoi ideali, i concetti che gli aveva insegnato il suo adorato Maestro (come diceva lui) e per i quali si era avvicinato alla scuola di O' Sensei. Dato che tutti sono liberi di credere e di agire di conseguenza, io credo, a differenza di quanto dice l'Aikikai, che gli altri stili di Aikido, per ognuno dei rispettivi fondatori, non sono altro che differenti versioni di una stessa Arte e che, nonostante le loro differenze tecniche, possiedono una cosa che li accomuna: promuovere la pratica dell'Arte, in particolare dell'Aikido, di una vita sana e di ricorrere alla violenza solo quando non esiste altra via d’uscita. Tutti gli stili di Aikido contano su una scintilla di maestria di ognuno degli allievi di O' Sensei, i quali mostrano la visione che avevano dell'Aikido quando entrarono per la prima volta nel dojo di Ueshiba. Perderli o disprezzarli significherebbe quindi perdere la cultura. Un atto malvagio e che dimostra un unico interesse: il denaro, non decoroso per l’“Arte Marziale della Pace” che professano i loro predicatori.
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Aikido
Detto ciò, qual è il motivo di tanta rivalità tra stili? Uno dice che il proprio è il migliore, un altro che quello del vicino non è Aikido... Perché? Non ci rendiamo conto che se vi sono più varietà, abbiamo maggiori possibilità di scegliere lo stile che più si avvicina alle nostre abilità fisiche, ai nostri gusti o alle nostre preferenze? Perché tanta rivalità quando genealogicamente tutti proveniamo dagli insegnamenti di O' Sensei? Cosa ce ne viene se Koichi Tohei ha voluto sviluppare di più il “ki” o Minoru Mochizuki si sia orientato verso un Aikido più duro? Tutti sono usciti dalla stessa scuola, quella di O' Sensei. Non dimentichiamo che coloro che criticano, sono quelli che più hanno approfittato degli insegnamenti di questi visionari dell'Aikido, perché quando coloro che ora “governano” e si credono qualcuno non erano nessuno, questi grandi Maestri erano... l'Aikikai. Dobbiamo imparare molto dai nostri vicini karateka, dove in una stessa organizzazione convivono tutti gli stili di Karate esistenti e vengono promossi tutti allo stesso modo, permettendo che sia la persona che entra per la prima volta nel dojo a scegliere il tipo di Karate che sta
cercando. Non ci rendiamo conto che a causa di queste influenze non possiamo scegliere liberamente uno stile di Aikido e, pertanto, non potremo brillare allo stesso modo in cui avremmo potuto brillare nel terreno desiderato? Una scelta che io ho sempre permesso ai miei allievi, come quella di partecipare a tutti i possibili corsi delle differenti discipline, e non mi preoccupo del fatto che forse l'allievo in questione potrebbe cambiare stile (purché lo faccia senza trappole né inganni), perché facendolo avrebbe la mia benedizione, lo saluterei con un bicchiere di vino e mi rallegrerei umilmente, affinché la persona sia felice, poiché è questo ciò che tutti quelli che si definiscono Maestri dovrebbero fare. Questa complicità tra stili non è una nuova formula anticalvizie che io ho scoperto, né qualcosa di innovativo che aiuta a promuovere l'Aikido. La complicità tra stili è qualcosa che voleva anche lo stesso O' Sensei, costi quel che costi, come mostra una scena ben nota a quelli dell'Aikido Yoshinkan e che quelli dell'Aikikai cercano di dimenticare, quando durante un'esibizione di Aikido e di altre discipline, O' Sensei (rappresentando l'Aikido) e
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Gozo Shioda (per lo Yoshinkan Aikido) coincisero sul palco. All’inizio dell'esibizione Ueshiba si sedette da solo, come fondatore dell'Aikido, mentre Gozo Shioda nel posto degli allievi avanzati. Ma O' Sensei, nonostante le differenze che dicevano di avere, vedendo Gozo Shioda lo chiamò affinché si sedesse al suo fianco come creatore dello Yoshinkan Aikido, salutò ed iniziò la dimostrazione. Sembra paradossale che l'umiltà del fondatore abbia permesso che gli stili di Aikido convivessero, mentre noi, dall’alto della nostra prepotenza, neghiamo questa possibilità. Non esiste persona più cieca di colui che non vuole vedere! Addirittura O' Sensei voleva come successore Minoru Mochizuki al posto di suo figlio Kissomaru. Chi ha detto che Ueshiba non voleva la durezza? Lasciamo da
parte i nostri preconcetti. Senza ulteriori preamboli su questo tema, vi incoraggio a non innamorarvi della pratica del primo maestro che incontrate, indagate e cercate ciò che più vi conviene, quando lo trovate, continuate a praticare anche con gli altri, imparate dalla loro visione e ricorrete al Maestro che avete scelto affinché vi dia il suo tocco finale, come feci anch’io con il mio mentore Igor Correa (allievo di Minoru Mochizuki e Tadashi Abe). Se quel Maestro non ve lo permette, continuate a cercare, perché significa che non è un buon Maestro. Per concludere voglio ricordarvi di allenarvi il più possibile e di seguire i vostri ideali. Non permettete a nessuno di imporveli, anche se fosse questo o quel Maestro. Liberatevi dalle forme e dagli stili,
preoccupatevi di esaminare quello che imparate e non fissatevi a promuovere un determinato Maestro. Pensate a promuovere l'Aikido in generale. Quando praticate ricordatevi dei grandi Maestri che diedero tutto affinché oggi sia possibile praticare l'Aikido, e cercate di praticarlo con dedizione e coraggio, come fecero loro a suo tempo. Come disse una volta Minoru Mochizuki: “Le Arti Marziali Giapponesi non sono un patrimonio solo dei giapponesi, ma di tutta l'Umanità”. Coraggio quindi nella pratica, nel vostro cammino, nell'evoluzione che continua senza sosta, e spero che la nostra comune pratica dell’Aikido possa riunirci come allievi o come istruttori in piena umiltà, in qualunque dojo del mondo. A presto.
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“Cosa ce ne viene se Koichi Tohei ha voluto sviluppare di più il “ki” o Minoru Mochizuki si sia orientato verso un Aikido più duro? Tutti sono usciti dalla stessa scuola, quella di O' Sensei.”
Video & DVD
Testo: Marco De Cesaris Foto: Š www.budointernational.com
L'uso dei gomiti e delle ginocchia è senza dubbio l'incubo di qualunque lottatore che affronti un pugile Thai. L'allenamento per “affilare” quest’arma è un magnifico investimento nel nostro arsenale difensivo/offensivo. Nonostante la sua importanza, nessuno fino ad ora ha realizzato un lavoro specifico sulle proposte pratiche e concrete per sviluppare la potenza e trovare la correzione tecnica che permetta di arrivare all’avversario senza usura e senza esporci. Marco de Cesaris è un assiduo collaboratore di questa rivista. E’ difficile presentarlo senza cadere nell’ovvietà e nelle reiterazioni logiche, ma per quelli che ancora non lo conoscono, sappiate che De Cesaris è uno dei pochi Arjan riconosciuti e rispettati in Tailandia. Il Governo e le Università di quel paese hanno richiesto il suo consiglio e i suoi insegnamenti in varie occasioni. De Cesaris è stato, in maniera incontestabile, il protagonista del recupero del Muay Boran tradizionale e della sua introduzione in Occidente attraverso libri, video e corsi in tutto il mondo. Ora tutti parlano di Muay Boran! E pensare che solo qualche decade fa veniva messa in discussione persino la sua esistenza... cose che succedono!... Tuttavia in questo caso il pioniere ha ricevuto il giusto riconoscimento e rispetto della comunità, e a chi questo fatto lo infastidisce...che si gratti! Ancora una volta De Cesaris presenta un nuovo DVD ai molti appassionati studiosi delle Arti Tailandesi. Alfredo Tucci
I gomiti: L'Arma definitiva
Le gomitate, l’arma definitiva della Muay Boran Il colpo di gomito è forse l’arma più temuta da tutti i professionisti delle Arti marziali e degli sport da combattimento. Da molti è ritenuta una tecnica troppo pericolosa per essere utilizzata sul ring durante gli incontri sportivi e che dovrebbe essere studiata solo al fine di un utilizzo in situazione di autodifesa. In realtà proprio i colpi di gomito sono per la Muay Thai un vero “marchio di fabbrica”;
infatti da sempre i thai boxers imparano ad utilizzare effettivamente le gomitate in combattimento e, grazie alla pratica continua, imparano a difendersi effettivamente da tali attacchi, indubbiamente feroci. Il gomito, infatti, se usato correttamente è una sorta di rasoio, grazie alla “punta acuminata” formata dall’avambraccio piegato fermamente sul braccio. Tale rasoio è particolarmente atto ad effettuare attacchi che procurano con discreta facilità tagli profondi sulla cute del capo o del volto
di chi viene colpito; ma, anche se questo effetto è per molti il più impressionante, in realtà i gomiti di un esperto di Muay Thai sono atti ad eseguire molte altre azioni, sia in fase di attacco che in difesa. I colpi di gomito, infatti, vengono allenati per tagliare, come detto, per perforare le zone ossee più sensibili (come le tempie o lo sterno), per rompere (attaccando
le articolazioni o le costole), per danneggiare i muscoli (delle braccia o delle gambe) o addirittura per attaccare gli organi interni (reni o fegato per fare due esempi classici). Anche in fase difensiva i gomiti, in abbinamento con gli avambracci, sono in grado di creare intorno all’esperto di Muay un vero scudo protettivo,
eccezionalmente resistente e difficile da superare: con un addestramento specifico nelle forme Mae Mai tradizionali, il praticante impara a far fronte a tutti i tipi di attacchi sia con i pugni, con le ginocchia, con le gambe e a molti tipi di presa al collo, agli arti ed al tronco. Per uno studio approfondito è importante imparare a classificare le gomitate in base alla traiettoria
seguita dal colpo, all’uso che ne viene fatto e alla distanza tra chi colpisce ed il bersaglio. Tradizionalmente negli stili ortodossi della Muay ancestrale le tecniche di gomitata venivano suddivise secondo le 5 categorie seguenti (nota: molte delle tecniche appartenenti alle 5 tipologie possono anche essere eseguite nella forma saltata):
• Sok Wiang Lai: in questa categoria di colpi di gomito, l’efficacia delle tecniche viene ottenuta grazie ad un rapido ed esplosivo Swing o taglio. L’energia viene canalizzata nella spalla e da lì trasmessa rapidamente al braccio, per eseguire il colpo con la punta del gomito. L’effetto di questo tipo di tecnica, quando correttamente eseguita, è l’apertura di profonde
lacerazioni sul viso dell’avversario. La tecnica tipica di questa categoria è il Sok Dti, o taglio diagonale. • Sok Pratè: in questi colpi si tende, invece, a penetrare il bersaglio con il movimento dell’intero corpo. Il braccio viene posizionato a formare una precisa tipologia di angoli con l’avambraccio ed il corpo e, immediatamente dopo, tutta la massa corporea viene proiettata violentemente verso il bersaglio. L’esempio più calzante per rappresentare le gomitate appartenenti a questa categoria è quello del cavaliere medievale che posiziona la propria lancia in direzione dell’avversario e, poi, lancia tutto il suo peso e quello del suo destriero contro il nemico. La tipica tecnica di questo gruppo è il Sok Pung, o gomito penetrante. • Sok Ti Lom: in questo gruppo si è soliti catalogare le tecniche utili a colpire verso il basso. In molte situazioni la maniera più efficiente per attaccare l’avversario con i gomiti consiste nell’abbattere la nostra arma dall’alto in basso, utilizzando per aumentare la potenza del colpo, un’improvvisa flessione delle ginocchia (di non facile esecuzione). In alcuni casi può essere necessario sfruttare una parte del corpo dell’avversario come sostegno per effettuare un saltello, guadagnando in altezza ed effettuando un colpo ancora più dirompente. L’esempio di scuola più utilizzato per descrivere le gomitate di questa categoria è il Sok Sahb, o gomito che schiaccia. • Sok Soey Kum: quando la distanza è particolarmente ridotta e l’avversario è pronto ad
“Anche in fase difensiva i gomiti, in abbinamento con gli avambracci, sono in grado di creare intorno all’esperto di Muay un vero scudo protettivo, eccezionalmente resistente e difficile da superare.”
afferrarci, i combattenti più esperti tendono a tenere la guardia alta, a flettere leggermente le ginocchia e a colpire con il gomito verso l’alto con una stretta e veloce rasoiata. I colpi di questo tipo appartengono alla categoria in analisi. Essendo molto difficile sviluppare potenza con questi movimenti montanti, è fondamentale imparare ad utilizzare l’intero corpo nell’esecuzione della gomitata, partendo dal movimento delle gambe, passando alla spinta delle anche e alla rapida contrazione dei muscoli della schiena, arrivando all’intervento della muscolatura della spalla solo come ultimo anello della catena cinetica del colpo. Il tipico esempio del genere è il Sok Gnad, o taglio verticale. • Sok Glab Lang: L’ultima categoria di gomitate è studiata per permettere all’esecutore di colpire all’indietro un avversario che ci attacca alle spalle o per sferrare un colpo in avanti sfruttando la rotazione del corpo. In entrambi i casi la
“Per uno studio approfondito è importante imparare a classificare le gomitate in base alla traiettoria seguita dal colpo, all’uso che ne viene fatto e alla distanza tra chi colpisce ed il bersaglio.”
veloce rotazione delle anche e l’intervento della potente muscolatura della schiena rendono i colpi di questa categoria tra le armi più devastanti dell’arsenale del combattente di Muay Thai. Le traiettorie e gli angoli di esecuzione di questo tipo di gomitate possono variare a seconda della posizione dell’esecutore rispetto all’avversario, al bersaglio prescelto, alla distanza tra i due combattenti ed alle azioni che precedono il colpo stesso. L’esempio più noto di tali gomitate è proprio il Sok Glab, o gomito all’indietro. Per allenare correttamente i colpi di gomito, il primo passo consiste nell’eseguire nel corso di ogni sessione di addestramento tali tecniche durante il Dtoi Lom o Pugilato
con l’ombra, il momento ideale per perfezionare l’esecuzione dei singoli colpi in movimento. In passato in Thailandia a questa fase fondamentale veniva abbinata la pratica dei colpi di gomito nell’acqua (di norma a mollo in un fiume) per sviluppare in modo armonico tutta la muscolatura del tronco e delle braccia che interviene nell’esecuzione delle varie gomitate.
Il secondo step è l’allenamento con il maestro, il quale indossando i colpitori (thai pads o focus gloves) instraderà l’allievo all’esecuzione degli attacchi su un bersaglio mobile. Attacchi, difese e contrattacchi si devono fondere in maniera armonica e senza soluzione di continuità; per questo l’allenatore dovrà tendere a far sviluppare al praticante la giusta scelta di tempo,
“Il colpo di gomito è forse l’arma più temuta da tutti i professionisti delle Arti marziali e degli sport da combattimento.”
unitamente al senso della distanza per riuscire a “chiudere” l’avversario, afferrandolo e colpendolo nel modo più efficiente. Il complemento indispensabile a questa fase della preparazione è la pratica dei colpi al sacco pesante, necessaria per condizionare ulteriormente la parte, già di per sé resistente, e per aumentare la potenza dei colpi soprattutto alla
“In realtà proprio i colpi di gomito sono per l a Muay Thai un vero “marchio di fabbrica.”
distanza molto corta. Da notare che tradizionalmente il condizionamento dei gomiti veniva effettuato colpendo ripetutamente una noce di cocco, fino ad arrivare a spaccarla con la punta del gomito a mo’ di punteruolo. Infine, l’applicazione controllata delle gomitate dovrà essere fatta sempre con estrema cautela nelle sessioni di lotta corpo a corpo e, per le tecniche più pericolose, allenandosi a coppie nelle forme
Mae Mai: in quest’ultima tipologia di allenamento, che è allo stesso tempo una consolidata forma di competizione della Muay Boran, è possibile affinare molte delle azioni raramente eseguite in combattimento e le loro particolari difese, aumentando velocemente il bagaglio tecnico di ogni praticante dell’Arte Siamese che voglia realmente completarsi sotto il profilo prettamente marziale.
“Per allenare correttamente i colpi di gomito, il primo passo consiste nell’eseguire nel corso di ogni sessione di addestramento tali tecniche durante il Dtoi Lom o Pugilato con l’ombra.”
Una nuova era nel Wing Tsun? Non vi è dubbio che alcune cose stiano cambiando. Negli ultimi anni il mondo del W ing Chun ha subito cambiamenti espressivi in tutti gli aspetti. In realtà è abbastanza normale se si studia l’incredibile crescita dello stile nel numero di praticanti e scuole a livello mondiale. Teniamo presente un particolare cui ho fatto riferimento nel mio primo libro (High Level BudoInternational.): Circa nel 1965 c'erano appena cinquanta praticanti di W ing Chun in tutto il mondo. Considerando che oggi, solo sessanta anni più tardi, si può affermare senza timore di sbagliare, che il numero di appassionati e praticanti di questo stile supera mezzo milione, non è difficile pensare che un aumento di queste dimensioni risponda a un fenomeno mai visto prima nella storia delle arti marziali. Questa incredibile crescita in tutto il mondo può essere dovuta a vari motivi che potremmo analizzare in un altro articolo nei prossimi mesi. In questo numero però vorrei fare una riflessione che alcuni amici spesso mi pongono: Stiamo assistendo a una nuova era di Wing Tsun?
C
onsideriamo la questione e proviamo a dare una spiegazione ad alcuni spunti che potranno essere davvero interessanti per gli appassionati di Wing Tsun. Per anni, dal momento dell'arrivo dello stile in Europa, c'è sempre stato un dibattito feroce tra i praticanti delle scuole più tradizionali e quelli moderni, cercando un’evoluzione per adattare il sistema ai tempi attuali. Questo dibattito ha separato con tanta forza gli uni dagli altri nelle loro posizioni e motivazioni, che si potrebbe dire che fossero veramente stili diversi. Ho avuto l'opportunità di sentire discussioni controverse che sorprenderebbero più di uno, con argomenti polemici in difesa della loro posizione / parere su aspetti tecnici o di formazione professionale che non rientrano nel regno del razionale. Tutti affermano di avere il VERO Wing Chun. Personalmente, ho scritto alcuni articoli in questo campo in cui ho cercato di mettermi al posto di tutti per capire meglio i vari punti di vista e le loro posizioni. Non è sempre facile, ma vedo l'empatia come una delle caratteristiche più importanti degli esseri umani, che potrebbe risolvere molti dei problemi nel nostro stile e, naturalmente, nella società in generale. Per diciotto anni ho fatto parte di un’istituzione che ha promosso la pratica del Wing Chun nella ricerca dell'efficienza nel combattimento e le sue applicazioni nell’ autodifesa. Ho sempre avuto una preoccupazione al riguardo e devo ammettere che per molti anni della mia vita ho dedicato tutto il mio sforzo a questo compito. Ho chiesto a volte ai miei maestri e mentori nell'associazione su alcuni aspetti dello stile, anche se le mie domande non fossero esattamente mirate circa l'efficacia dello stile e le sue applicazioni nell’ autodifesa. Erano piuttosto questioni su altri elementi quali la strategia, la filosofia e l'influenza nello stile della conoscenza della cultura tradizionale cinese, e tutti
Wing Tsun
• Foto 1: Intervista a Sifu Patrick Leung nell’AVTA (Ving Tsun Athletic Association). • Foto 2: Con Grandmaster Yip Chun (figlio del deceduto GM Yip Man). • Foto 3: Con Sifu Wayne Yung (Snake Crane Wing Chun) presso l'Università di Hong Kong di Alta Tecnologia. • Foto 4: La visita di Grandmaster Kim Man Cham alla scuola (Lignaggio di GM Wong Shun Leung). • Foto 5: Intervista al Gran Maestro Kim Man Cham alla sua scuola a Hong Kong.
quegli elementi che hanno maggiormente influenzato l'evoluzione del sistema, ecc. La risposta è stata sempre la stessa: "QUESTO NON HA RILEVANZA ALCUNA; queste cose non ti faranno diventare più efficiente!" Per molto tempo ho creduto senza esitazione alle parole dei miei maestri. Come non
potrebbe essere altrimenti, uno studente deve credere nei suoi "padri / maestri" senza dubitare le sue parole. Tuttavia, nella realtà, questo non è sempre positivo; dopo aver trascorso qualche anno e aver conosciuto diversi punti di vista, altre istituzioni e centinaia di maestri, sono giunto a importanti conclusioni: 1. Nessuno (nemmeno i miei maestri eccellenti) hanno la verità assoluta. 2. Tutti hanno una piccola parte di quella verità. 3. Bloccare noi stessi nella difesa di una posizione / parere ci impedisce di conoscere elementi molto importanti di altre persone che stanno studiando un’arte con la nostra stessa intensità e passione. 4. Se perdiamo la nostra umiltà e il rispetto per le altre scuole e i suoi praticanti, siamo condannati a vedere scomparire il nostro stile eccezionale. 5. Wing Tsun Kuen è uno stile di boxe cinese, e quindi è una parte importante della cultura cinese. Ogni tentativo di separare gli elementi di base dallo stile, come la filosofia cinese, medicina e la storia del popolo cinese, è condannare lo stile stesso a diventare un
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• Foto 1: Intervista al Gran Maestro Yip Chun nell’AVTA (Athletic Ving Tsun Association). • Foto 2: Intervista al Grandmaster Chan Che Man nella sua casa. • Foto 3: Visita alla scuola del deceduto GM Leung Sheung, accompagnato dal GM Chan Che Man. • Foto 4: Panoramica di Hong Kong Bay dalla "Avenue of Stars".
Presso la sede della Ving Tsun Athletic Association .
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surrogato di sistema di autodifesa, come tutte quelle centinaia che si presentano ogni anno. 6. La tradizione e la modernitĂ non sono ai ferri corti quando si parla di WingTsun. Al contrario, questi due elementi sono destinati a unirsi nel giusto equilibrio yin yang.
7. Qualunque cosa tu faccia, qualunque cosa tu dica e qualunque cosa tu pratichi, ci saranno sempre quelli che criticheranno, quindi è meglio non prestare troppa attenzione alle critiche. A seguito di tali conclusioni, nella mia posizione di praticante "evolutivo", ho considerato la possibilità di
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viaggiare all'origine dello stile per incontrare i pi첫 importanti maestri attuali di Wing Chun Kuen, soprattutto quelli che avevano avuto un contatto pi첫 o meno diretto con il Gran Maestro Yip Man. Con un gruppo di amici e colleghi del dipartimento WingTsun della Federazione Spagnola di Lotta, abbiamo organizzato un viaggio per intervistare, visitare e conoscere personalmente questi Maestri e, dopo tornare a casa, posso solo descrivere l'esperienza come eccezionale. Anche se avevo sentito molte volte che a Hong Kong non c'erano troppe cose interessanti per il Wing Tsun e che era in Europa e negli Stati Uniti dove si poteva trovare il livello pi첫 alto... ho preferito vederlo con i miei occhi e ascoltare direttamente alcuni di queste testimonianze, e quello che ho trovato sono state persone unite dalla stessa passione: Wing Chun. Gente laboriosa e onesta, persone umili e ospitali, praticanti e maestri generosi che Foto 1: Presso la sede della Wing Tsun Leung Tong Kum in presenza del Gran Maestro Cham Che Man. Foto 2: Nella visita obbligata al Stars Walk, davanti alla statua del leggendario Bruce Lee. Foto 3: La delegazione del dipartimento Wing Tsun di FELODA per rendere omaggio alla tomba del GM Yip Man. Foto 4: Intervista a Sifu Crish Collins nella sua accademia "Collins Azione". Foto 5: Cena con Sifu Gary Wong e il Grandmaster Cham Kim Man.
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“Dal prossimo mese, questa colonna WingTsun servirà a pubblicare le interviste che ho avuto l'onore di fare a maestri come Sifu Yip Chun, Sifu Chan Che Man, Sifu Crish Collins, Sifu Chan Kim Man, Sifu Patrik Leung, Sifu Wayne Yung, ecc.”
mantengono la loro pratica e la devozione a questo stile come il più grande dei tesori, quello che hanno ereditato dai loro maestri e che trasmettono ai loro studenti come un vero gioiello della cultura cinese. Persone di buon cuore che sono unite dalla passione per quest’antica arte. Sono pienamente convinto che sia possibile una nuova era per il WingTsun; dal prossimo mese, questa colonna WingTsun servirà a pubblicare le interviste che ho avuto l'onore di fare a maestri come Sifu Yip Chun, Sifu Chan Che Man, Sifu Crish Collins, Sifu Chan Kim Man, Sifu Patrik Leung, Sifu Wayne Yung, ecc, dove possiamo vedere ancora una volta che ciò che ci unisce è infinitamente più grande di ciò che ci divide. Per verificare questo, abbiamo solo bisogno delle chiavi che apriranno le porte di questa nuova era per il Wing Chun. Queste chiavi sono semplici e hanno nomi molto familiari: umiltà, empatia e, più importante di tutti, RISPETTO. Ora è il momento di metterli in pratica. Torneremo il prossimo anno per mantenere quella connessione con l'origine CHE NON DOVREBBE MAI ESSERE PERSA. Dal prossimo mese, in questa colonna. Sifu Salvador Sánchez.
Minou Risso
mail: budo.cinturanera@gmail.com
Il DVD "Krav Maga Ricerca e Sviluppo" sorgè dalla voglia di quattro esperti di Krav Maga e sport da combattimento: Christian Wilmouth, Faustino Hernandez, Dan Zahdour e Jerome Lidoyne. Ad oggi, loro dirigono molti club e conducono un gruppo di una ventina di professori e istruttori di molteplici discipline, dalla Krav Maga alle MMA, Mixed Martial Arts. Questo lavoro non è destinato a mettere in evidenza un nuovo metodo nè una corrente specifica di Krav Maga. Il suo scopo è semplicemente quello di presentare un programma di Krav Maga messo a fuoco sull'importanza del " c o n t e n u t o " , condividendo in questo modo le nostre esperienze.
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Tutti i DVD prodotti da Budo Inter national vengono identificati mediante un’etichetta olografica distintiva e realizzati in supporto DVD-5, formato MPEG-2 (mai VCD, DivX o simili). Allo stesso modo, sia le copertine che le serigrafie rispettano i più rigidi standard di qualità. Se questo DVD non soddisfa questi requisiti e/o la copertina non coincide con quella che vi mostriamo qui, si tratta di una copia pirata.
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Il Programma Kyusho Tactical Control (KTCP) è stato progettato per controllare la scalata dei conflitti attraverso la ricerca giuridica e medica, spiegamento tattico, test sul campo e coordinamento. Questo programma è stato progettato appositamente, ma non esclusivamente, per le Forze dell'Ordine Pubblico, Sicurezza, Emergenza, Guardia Costiera, Militari, Agenzie Governative, Escort e sicurezza personale. Questo modulo base è costituito da un insieme di 12 obiettivi principali integrati in 4 moduli di controllo della scalata di forza. Ci sono numerose strutture deboli nel corpo umano che possono essere utilizzate da un agente per ottenere semplicemente il controllo di un individuo, più efficienti rispetto al tradizionale utilizzo della forza come indica il protocollo. Di là dalla fase di ordine verbale, in una situazione di crescente conflitto, è in questi punti Kyusho (vitale) dove l'agente può fare uso dei sistemi interni di controllo fisico, come i nervi, la struttura dei tendini e i naturali riflessi nervosi del corpo. Non richiede grande forza nemmeno un complesso controllo motore o la vista, soggetti di fallimento in stati di alta adrenalina. Questa informazione è dedicata ai membri coraggiosi e resistenti delle Agenzie in tutto il mondo. Grazie per quello che fate!
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Kung Fu All'inizio della mia carriera nelle Arti Marziali ho condiviso l'idea di cosa era un vero Gran Maestro di Kung Fu con le persone del mio ambiente: l'immagine di un vecchio, saggio maestro con una lunga barba che è seduto in meditazione in alto sulla cima di una montagna in attesa dello studente prescelto. Nel corso della mia istruzione nel Kung Fu, gradualmente ho smesso di credere in questa immagine ed ho avuto i miei primi dubbi su questa teoria. Com’è già noto, dopo una lunga ricerca del vero maestr o, ho deciso per una leggenda vivente del Kung Fu, il maestro Chiu Chi Ling, titolare del 10 ° grado di Hung Gar Kung Fu, che era già un Grande Maestro conosciuto e rispettato a livello internazionale. Ed è stato anche lui che corrèsse completamente la mia idea di maestro, dicendo: "Quando si è bravi in qualcosa che ha a che fare con altre persone, è solo una questione di tempo fino a quando tutti se ne accorgono e sanno di te."
“Sono sempre molto grato e felice di vedere che la nostra arte e la nostra scuola sono in grado di toccare positivamente altre persone, perché in realtà si tratta di una delle più grandi virtù del mio Maestro Chiu Chi Ling, una cosa che quasi senza sforzo ha realizzato ogni giorno da quando l'ho conosciuto.”
Kung Fu
n maestro solitario sulla cima di una montagna? Se fosse realmente un vero maestro, gli studenti arriverebbero a frotte al fine di imparare da lui, pensavo io. Allora, dopo tutto, non c'è nessun maestro solitario o monastero segreto? La mia risposta a questa domanda oggi è: No, non c'è. Non più. Ed io l'ho cercato! Forse questo fatto potrà deludere alcuni lettori. E mi viene in mente ancora una frase del mio sifu (maestro): "Non c'è di che". Se si cerca la vera arte di Shaolin, tutti i lettori possono stare certi che ci sono fonti in cui il reale Shaolin Kung Fu può essere trovato, com’è stato dimostrato dal mio maestro. Basta prestare attenzione a qualche fattore leggermente diverso. Come ho detto prima, se siete davvero bravi in ??qualcosa, allora è solo una questione di tempo prima che le
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Kung Fu persone imparino di esso e sappiano di voi. E ancora una volta questo è anche il modo in cui ho incontrato il mio Sifu. Quando mi sono reso conto di quanto il mio fosse grande nel mondo delle Arti Marziali e il patrimonio che stava trasmettendo, in quel momento, la mia via è diventata chiara. Anche io volevo questo. Volevo diventare un vero maestro. Ho passato tutta la mia vita cercando non solo di trasferire la vera e propria arte del Monastero Shaolin nel mondo occidentale, ma anche diffonderla attraverso l'antico lignaggio del mio Sifu, della famiglia Chiu. All'inizio è stato molto difficile, comunque lentamente ma inesorabilmente alla fine si è rivelato un successo. Mi sono fatto conoscere, all'inizio in Asia, poi via via anche nel resto del mondo. E le dichiarazioni del mio maestro erano improvvisamente non solo in linea con i suoi numerosi premi, certificazioni e con la propria vita, ma anche con la mia. La sua parola della mia successione sotto l'ala di Chiu Chi Ling e il lavoro della mia vita, si è diffusa come ho detto, in un primo momento soprattutto in Asia. La mia nomina a successore di Chiu Chi Ling e il lavoro della mia vita si è diffuso prima in Asia, come ho detto. E a maggior ragione, sono anche molto soddisfatto con gli ultimi eventi perché si svolgono proprio in Svizzera. Proprio di recente, presso il "Masters Hall of Fame and Honor" a Basilea, mi è stato concesso il premio di Gran Maestro e Fondatore del 2015; un premio d'onore che mi è stato dato dal “The European Martial Arts Council”. É stato un onore speciale per me, perché è accaduto qui, dove la maggior parte dei miei studenti impara e dove la familiarità della nostra buona cosa ha appena iniziato a
Kung Fu
prendere la sua radice. Sono sempre molto grato e felice di vedere che la nostra arte e la nostra scuola sono in grado di toccare positivamente altre persone, perché in realtà si tratta di una delle più grandi virtù del mio Maestro Chiu Chi Ling, una cosa che quasi senza sforzo ha realizzato ogni giorno da quando l'ho conosciuto. Il messaggio chiave da prendere da questo potrebbe benissimo essere che non vale la pena rinunciare. L'importante qui è avere un obiettivo, un percorso chiaro, una strategia saggia, una volontà di ferro e disciplina. Tutto il resto è una questione di tempo... oh, e naturalmente trovare il vero e proprio Maestro di Kung Fu. Ho già accennato in parte i fattori chiave a considerare: È lui conosciuto (soprattutto tra i praticanti di Kung Fu)? Anche per le sue capacità? Anche lui ha imparato da un vero maestro? Questi sono probabilmente i criteri più importanti. Inoltre, una necessità profondamente radicata deve essere soddisfatta: che sia in buona salute e venga sempre un passo avanti verso i propri obiettivi ogni giorno. Questo è qualcosa che felicemente sento più e più volte dai miei studenti, che a sua volta mi motiva sempre di più a continuare nel mio cammino e rendere la nostra arte e la SCUOLA DI KUNG FU MARTIN SEWER accessibile al maggior numero di persone possibile.
REF.: • LEVI LEVI8
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Meccanica del corpo Nel Keysi, ho un grande progetto di formazione e ho posto particolare enfasi sulla trasmissione dei principi, poiché questo è legato a un codice di valori; questa norma ci dice che la semplicità e la cordialità non sono sinonimi di debolezza. Se vogliamo vedere i valori degli altri, dobbiamo prima esser e infor mati dei nostri e questo significa conoscere il nostro corpo, la nostra mente e il nostro stato emotivo ed è attraverso questa dedizione al riconoscimento del nostro io interiore, che il Keysi è in crescita e ci sono molti professionisti che partecipano ai nostri programmi di formazione.
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viluppiamo la nostra parte fisicatecnica attraverso la meccanica del corpo; questo è il nostro vivaio, il nostro campo di coltura. Man mano che riconosciamo la nostra meccanica del corpo, diventiamo sempre più consapevoli delle nostre capacità e delle nostre debolezze fisiche. Il corpo umano è una mappa che deve essere studiata e decifrata. Nel Keysi vi diamo una mappa che a sua volta vi darà la conoscenza dei primi passi. Il secondo e più importante passo però è quello di mettere da parte la tecnica ed entrare nel territorio dell'ispirazione, un luogo in cui l'istinto accelera e dove scopriremo che c'è qualcosa al di là dal dominio relativo del tempo, lo spazio e la materia, e dove incontreremo le nostre possibilità reali. Questo comporta riconoscere le nostre abilità e le nostre debolezze. • "Abilità". Lo sviluppo delle capacità naturali ci dà un quadro delle possibilità del nostro potenziale fisico. • "Debolezze". I punti deboli sono una falsa immagine di noi stessi, di ciò che pensiamo siano i nostri limiti.
Tecnica - abilità e debolezze L'essenza della tecnica nel Keysi si trova nel fatto che può essere trasmessa, tutti siamo in grado di imparare la tecnica uni dagli altri, è riproducibile, trasformabile, può essere raffinata in qualsiasi delle sue aree e migliora con il tempo e la pratica. Mentre progrediamo, la nostra meccanica del corpo formerà la sua personalità, adattandosi alle esigenze, al fine di raggiungere un elevato livello di risposta. È proprio qui che s’impara ad analizzare e indagare, scoprire e migliorare le nostre competenze. Come risultato, scopriamo anche le nostre debolezze. Questo è un compito difficile; solo a furia di costanza e continuità
riusciremo a trasformare le nostre debolezze in abilità. La meccanica del corpo è un mezzo per raggiungere un obiettivo chiaro, che è quello di ottenere la massima capacità di risposta azione / reazione nei diversi livelli di rischio coinvolti in uno scontro reale. La tecnica del Keysi consiste nella ripetizione di alcune azioni per raggiungere tali obiettivi. Questa tecnica si basa su un pilastro fondamentale di tentativi ed errori, e così, su una base sperimentale, migliaia di ripetizioni e un'analisi degli errori comporteranno una conseguenza che consentirà di raggiungere il procedimento adeguato alle esigenze di ogni persona.
La mente e lo stato emotivo Il modo di pensare nel Keysi non è classico, non si basa sull'accumulo di tecniche o regole fisse nel modo di agire; certamente, le tecniche e l’informazione sono necessarie per avere una reale comprensione della nostra capacità fisica, ma per avere una risposta immediata in una situazione reale, abbiamo bisogno dell'Istinto. Il nostro corpo-mente e le emozioni sono come una piramide a tre lati. Per ottenere un elevato livello di risposta, si deve imparare non solo la tecnica. Se il corpo fisico è il veicolo con il quale si può avere una risposta esplosiva, la mente è il driver in grado di analizzare la situazione e realizzare il collegamento tra la nostra condizione fisica ed emotiva. La connessione tra i due determinerà la capacità neuronale di azione / reazione tra lo stato emotivo e l'azione fisica.
“Il modo di pensare nel Keysi non è classico, non si basa sull'accumulo di tecniche o regole fisse nel modo di agire; certamente, le tecniche e l’informazione sono necessarie per avere una reale comprensione della nostra capacità fisica, ma per avere una risposta immediata in una situazione reale, abbiamo bisogno dell'Istinto.”
Stato emotivo per raggiungere il nostro Istinto L'istinto è stato socialmente domato, ma non potrà essere mai debellato. È per istinto che l'uomo si evolve e sopravvive. Quest’addestramento limita le nostre menti e ci fa cercare le nostre referenze nella limitazione. Analizzando la tecnica, ho notato che ci permette di svolgere le nostre azioni in un tempo più breve e con minore dispendio d'energia potenziale, rendendo i nostri movimenti più efficienti, ma ho anche notato che la tecnica è l'ester no, ciò che mostriamo fisicamente, e questo, applicato in una situazione reale, non è funzionale. Questo è dove ho ripristinato questo concetto tecnico e l'ho adattato a tutti i miei principi, in cerca di ciò che è per me la più importante, l'Istinto. Attraverso la tecnica, si può sviluppare grandi capacità. La tecnica può essere insegnata, ma non l'Istinto! L'istinto nasce con ogni persona e dobbiamo risvegliare l'astuzia
“Se la Tecnica, la Conoscenza e la Teoria consistono in sapere qualcosa, l'Istinto è farlo. L'istinto ci permette di fare le cose quando gli altri stanno ancora chiedendo se sarebbe possibile farlo.”
primaria, questo è un processo mentale ed emotivo. Ci vuole tecnica e la conoscenza per prendere il controllo reale del nostro corpo fisico, ma per avere una risposta immediata in una situazione reale dobbiamo riconoscere il nostro stato emotivo. Il metodo Keysi lavora per svegliare e conoscere questo stato emotivo, con la creazione di scenari in cui, attraverso l'analisi e l'azione, sviluppiamo un modo di agire in strada.
Se la Tecnica, la Conoscenza e la Teoria consistono nel sapere qualcosa, l'Istintosarà farlo. L'istinto ci permette di fare le cose quando gli altri stanno ancora chiedendo se sarebbe possibile farlo... Quando viene effettuato, lo sappiamo e lo sentiamo. Questo è un processo in costante Sviluppo, Valutazione e Adattamento alle chiavi del Keysi, ed è questa metodologia ciò che lo rende una sfida Tecnica e Intellettuale.
Tenendo sempre come sfondo l’Ochikara, “la grande forza” (chiamata e-bunto nel dialetto degli Shizen), la saggezza segreta degli antichi sciamani giapponesi, i Miryoku, l’autore ci sommerge in un mondo di riflessioni genuine, capaci allo stesso tempo di smuovere nel lettore il cuore e la testa, collocandoci continuamente di fronte all’abisso dell’invisibile, come vera, ultima frontiera della coscienza personale e collettiva. La spiritualità non come religione, ma come studio dell’invisibile, è stato il modo per avvicinarsi al mistero dei Miryoku, nel segno di una cultura tanto ricca quanto sconosciuta, allo studio della quale l’autore si è dedicato intensamente. Alfredo Tucci, direttore dell’editrice Budo International e autore di un gran numero di titoli sulla via del guerriero negli ultimi 30 anni, ci offre un insieme di riflessioni straordinarie e profonde, che possono essere lette indistintamente senza un ordine preciso. Ciascuna di esse ci apre una finestra dalla quale osservare i temi più svariati, da un punto di vista insospettabile, a volte condito da humour, altre da efficacia e grandiosità, ponendoci di fronte ad argomenti eterni, con lo sguardo di chi ci è appena arrivato e non condivide i luoghi comuni con i quali tutti sono abituati ad avere a che fare. Possiamo affermare con certezza che nessun lettore rimarrà indifferente davanti a questo libro, tale è la forza e l’intensità del suo contenuto. Dire questo, è già un bel dire in un mondo pieno di presepi collettivi, di ideologie interessate e tendenziose, di manipolatori e in definitiva, di interessi spuri e di mediocrità. E’ dunque un testo per animi nobili e persone intelligenti, pronte a guardare la vita e il mistero con la libertà delle menti più inquiete e scrutatrici dell’occulto, senza dogmi, senza moralismi di convenienza, senza sotterfugi.
Weng Chun Kung Fu Un'arte marziale anche per le ragazze e le donne? Articolo: Philipp Hackert, Maestro Sifu di Weng Chun Kung Fu Fotos: Anjali Lal, combattente Weng Chun e Philipp Hackert, Maestro Sifu
Perché la ragione solleva la questione se un’arte marziale è adatta per le ragazze e le donne? Non abbiamo imparato che non c'è in sostanza alcuna differenza tra i sessi? Ritorneremo con questa domanda agli antichi pregiudizi? Credo di no. Nei quindici anni in cui ho insegnato Weng Chun Kung Fu, ho sempre visto nella mia scuola e in numerosi seminari e corsi che, le ragazze e le donne hanno obiettivi molti diversi rispetto agli uomini per quanto concerne l'autodifesa. In primo luogo, dobbiamo considerare quanto segue: secondo le statistiche, le donne sono spesso, in modo sproporzionato, vittime della violenza maschile. li attacchi contro le donne avvengono in modo molto diverso da quelli svolti dagli uomini, normalmente controllati dal testosterone e dall’alcol. In questo caso, di solito c'è un incrocio d’insulti prima di scambiare pugni e calci, ma nel caso dell'aggressione a una donna, gli attaccanti cercano di intimidire la vittima per mezzo di prese e immobilizzazioni. Poche donne sono consapevoli della loro capacità naturale di combattere, per cui questa strategia riesce a portare, purtroppo troppo spesso, il risultato desiderato di intimidire e paralizzare la vittima. Questo permette all'attaccante di compiere le sue intenzioni senza trovare molta resistenza. Per le ragioni di cui sopra, il Weng Chun Kung Fu è particolarmente adatto come metodo di auto-difesa per le ragazze e le donne:
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1. "Chisao" La distanza di combattimento in Weng Chun Kung Fu Nel Weng Chun Kung Fu, molta attenzione è rivolta alla capacità di difesa nella distanza Chisao (dove si raggiunge l'avversario con le braccia, quindi la distanza in cui sono eseguiti quasi tutti gli attacchi contro le donne). Ci sono molti esercizi ingegnosi per imparare a sentire l'attacco e utilizzare l'energia di questo a proprio vantaggio. Pertanto, attraverso la sua azione diretta, l'attaccante provoca una serie di tecniche di difesa veloci come fulmini prodotte da riflessione che vengono usate contro di lui. Ogni ulteriore tentativo di prendere il sopravvento con la forza, è immediatamente risposto con una nuova azione ("il viaggio della tigre"). Nella distanza Chisao, né la dimensione né il peso né la potenza del corpo svolgono un ruolo importante, un combattente Weng Chun può utilizzare al meglio la sua superiorità tecnica contro qualsiasi attaccante!
2. La "forza morbida" del Weng Chun Kung Fu Quando i nostri antenati hanno sviluppato il Weng Chun Kung Fu nel Tempio di Shaolin del Sud, non hanno messo l'accento su fattori come la forza muscolare e la velocità - hanno sviluppato un sistema che, al contrario, era basato sulla strategia e la saggezza per battere un nemico più forte e più veloce! Con questi metodi, si riesce a utilizzare l'intero peso corporeo in ogni mossa, in modo che le braccia e le gambe non agiscano in modo isolato, ma sempre collegate al corpo dell'attaccante. Questo rende possibile che persone più piccole e più deboli possano esercitare una forza incredibile contro l'aggressore! Inoltre costantemente sfruttano la forza e lo slancio dell'aggressore contro di lui, che a sua volta significa massimizzare la propria forza! È anche importante lavorare con lo spazio ("Drago"): il combattente Weng Chun intuitivamente forma sempre un angolo favorevole contro un aggressore, che gli permette di contrastare direttamente qualsiasi attacco controllando lo spazio. Se si usa la forza di colpo del ponte "Che", anche chiamata "potenza di un pollice": Il peso corporeo è proiettato nella distanza esplosiva contro un punto sensibile dell'attaccante! Per fare questo, non c'è bisogno di avere grandi muscoli, ma un allenamento
adeguato, in cui è possibile utilizzare quasi tutti i tipi di Uomo di Legno o un buon sacco da Boxe. La "forza morbida" può essere applicata per mezzo di combinazioni di pugni, calci, prese, proiezioni e strangolamenti che, se eseguiti velocemente contro l'aggressore, possono causare il panico.
3. Il Ponte "Da" Il ponte "Da" di Weng Chun Kung Fu insegna l'uso delle "armi corrette", contro i punti sensibili dell'attaccante. Se l'attacco è ancora in fase di preparazione, per esempio, "stupro", la combattente Weng Chun ha le dita, i polsi, le braccia, le spalle o le ginocchia dell'aggressore alla sua portata per applicare una leva in modo che il tizio si accorga rapidamente che anche una donna può infliggere dolore o addirittura danneggiare le sue articolazioni e legamenti! Tuttavia, nel caso di un attacco grave, per esempio, una presa forte, strangolamento o tirare e trascinare per i capelli, la combattente Weng Chun ha a disposizione un arsenale di forti tecniche: calci nell'inguine o ginocchio, ginocchiate e gomitate alla testa, pugni e colpi con le dita contro le zone molle come gli organi interni o il collo e gli occhi. In questo tipo di auto-difesa, sono introdotte leve e colpi effettuati in modo non così gentile e prudente come nell'allenamento ma esplosivo e veloce come un fulmine per inabilitare un attaccante il più presto possibile.
4. Una buona atmosfera nell'allenamento Se dovessi scegliere oggi una scuola per insegnare auto-difesa, mi piacerebbe farlo in una scuola dove praticano un sacco di donne! Nella mia esperienza, le donne sono più sensibili degli uomini a cose come un bell’ambiente, rispettoso e cortese con certi aspetti importanti come le pulizie nella scuola e il comportamento rispettoso degli studenti tra loro. Essendo uno stile tradizionale di Kung Fu, nel Weng Chun Kung Fu questi aspetti svolgono un ruolo importante: Ogni palestra è vista come una continuazione della sala corsi del Tempio Shaolin del Sud ("Weng Chun Dim") e quindi si deve entrare con grande rispetto. Ciò si riflette nel rapporto tra gli studenti stessi, ognuno capisca che è parte di una comunità ("Sanga"), che si propone di sviluppare la capacità di ogni studente per combattere in modo che cresca continuamente attraverso l'allenamento. Non è ben visto sottomettere gli altri con la forza o l’abilità o fare del male a un compagno d'allenamento deliberatamente!
5. Sparring Per essere in grado di difendersi nella realtà in una situazione stressante, si deve anche praticare il combattimento! Nell'allenamento della lotta, la combattente Weng Chun esercita l'improvvisazione e deve essere in grado di applicare spontaneamente in qualsiasi situazione di attacco tutto quello che ha imparato. Nella pratica del combattimento s’impara anche l'aggressività ("Bok"), il controllo delle emozioni ("Fok"), l'acutezza dello spirito ("Jau") e l'uso della forza del nostro compagno di allenamento ("Lau"), incamerando la sua energia nei nostri arti per scaricarla nel contrattacco assieme a tutta la forza che abbiamo a disposizione... tutte queste cose sono sviluppate e sempre più dominate attraverso la pratica! Eppure, mentre gli esercizi guidate sono sempre eseguiti in modo che il compagno di allenamento sia in grado di lavorare senza paura e in modo divertente, la lotta deve comportare un libero scambio di tecniche e di una sperimentazione entusiasta, al fine di imparare e crescere insieme! Per quelli che vogliono andare oltre, c’è una serie di opportunità di partecipare a gare come Sanda, K1, Thaibox o MMA, in cui i combattenti Weng Chun possono applicare le loro abilità a pieno contatto! Con il Weng Chun Kung Fu, i nostri antenati hanno sviluppato uno stile che è l'ideale come metodo d'autodifesa per le ragazze e le donne. Tuttavia, altri stili possono dimostrarsi anche validi per l'autodifesa - quindi è importante che molte più donne pratichino le Arti Marziali in futuro per essere in grado di difendersi!
Il termine “Difesa Personale” ha una connotazione negativa che già dal principio può portare al fallimento per l’individuo. Il problema è che questa etichetta si rispecchia nell’immagine che la persona è vittima di un atto violento o di un’aggressione e quindi deve realizzare un’azione difensiva. Questa premessa di agire dopo che è avvenuto il fatto violento, è la ragione per la quale la maggioranza delle persone soccombe alle azioni dell’aggressore e non recupera mai completamente dall’attacco iniziale o dalla paura che induce tale situazione. La donna non deve mettersi sulla difensiva; deve essere cosciente della propria situazione e non sottostimare o ignorare le possibili minacce. Ella deve essere propositiva, prendere l’iniziativa e avere l’impeto di provocare confusione nella mentalità dell’attaccante, per poter avere qualche vantaggio. “Autoprotezione Kyusho” è un processo di allenamento che offre agli individui più deboli, più lenti, più anziani o meno aggressivi, delle chance contro il più grande, più forte o più aggressivo degli attaccanti. Tramite l’uso degli obbiettivi anatomici più sensibili del corpo, collegati alle proprie azioni e inclinazioni naturali del corpo, puoi proteggere facilmente te stessa o gli altri, anche in situazione di stress o di limitazioni fisiche quando la tua adrenalina si scatena. Attraverso un lavoro graduale e progressivo delle tue innate abilità motorie (invece che delle tecniche altrui), le tue possibilità di vittoria sono notevoli.
REF.: • KYUSHO-21
Nella nostra scuola: Fu Shih Kenpo karate Italia, è buona regola favorire una costante evoluzione fatta di pratica e studio. Ogni allievo si forma praticando con il proprio Istruttore, gli Istruttori studiano con i maestri della Direzione Tecnica, i maestri perfezionano Arte e filosofia Fu Shih con il fondatore GM Raùl Gutierrez. Le occasioni per poter praticare e studiare con il sensei sono molteplici: durante i suoi viaggi in Italia, o durante viaggi studio in Spagna. Stavolta il privilegio di poter passare 5 giorni a stretto contatto con questo grande personaggio, “la leggenda del Kenpo Europeo” è toccato a me e mia moglie Monica.
Giorno 1 Si parte presto, bagaglio leggero: zaino con qualche cambio, effetti personali e, ovviamente, kenpogi e cintura. Alle 9:30 atterriamo all’ aeroporto di Malaga, ci raggiungono il maestro e Mario P. Del Fresno, una delle sue migliori cinture nere, accogliendoci calorosamente. Saltiamo in macchina per poter raggiungere la nostra destinazione, ma lungo la strada ci fermiamo per poter visitare un luogo speciale: Cueva de Nerja, “un’ altra dimensione nascosta nel sottosuolo”. Un posto affascinante e straordinariamente suggestivo. Si riparte, dopo qualche ora, il cielo è velato ma lo splendido mare di La Herradura ci regala suoni e profumi che favoriranno una giornata di serenità e calma, necessaria per ricaricare le batterie e prepararci agli allenamenti che ci attendono nei prossimi giorni. Luigi Buccioli www.fskitalia.com info@fskitaia.com
Giorno 2 Destinazione Marina Del Este, con me, monica e sensei Raùl Gutierrez, c’è Mario. Scegliamo, con calma, una zona della spiaggia adatta alla pratica, la gior nata è straordinariamente limpida, la temperatura alta, la percepiamo con intensità attraverso i nostri kenpogi neri. Il gruppo si allinea, il saluto, si comincia!
Sensei Raùl inizia ad introdurre le prime tecniche di difesa personale che compongono uno dei programmi avanzati del sistema. Impostiamo la coordinazione base, tecnica per tecnica, praticando in coppia, alla fine della giornata avremo impostato 14 tecniche e la prima parte del kata che il fluire di queste ultime compone: Guerriero Fu Shih, il Kata con cui il Maestro vinse il campionato del mondo USKA nel 1989.
Nel pomeriggio salutiamo Mario P. del Fresno che dovrà tornare a Madrid per seguire i suoi allievi e la costruzione del suo dojo. Siamo stati poco assieme ma abbiamo potuto apprezzarlo come ottima persona e grande artista marziale, ci auguriamo di poter presto, di nuovo, praticare insieme.
Giorno 3 Siamo a Cantarrijan, io, Monica, sensei Raùl e Maria Antonia M. Mejias. Il programma del gior no prevede una revisione e perfezionamento di alcuni importanti elementi base. Ci concentriamo sul Kata “La Tigre si difende” la forma che insegna le tecniche difensive Fu Shih con gli arti superiori, e la loro connessione con il corpo e con il posizionamento degli arti inferiori. Successivamente, tecniche di combattimento con i doppi bastoni, con particolare attenzione all’ applicazione di alcuni movimenti ed alla corretta coordinazione delle armi doppie, per una buona efficacia ed applicazione dei principi Fu Shih. Nel pomeriggio l’ allenamento delle tecniche di difesa personale di “Danza del Tigre”, programma di grande livello coordinativo che applica un footwork impegnativo ed
efficace. Il maestro ci segue molto, evidenziando particolari, spiegando le strategie dell’ Arte e come sia importante ricercare un adeguato livello di improvvisazione e adattamento di ogni tecnica, affinché sia possibile fare in modo che questi elementi entrino a far parte del nostro bagaglio motorio e diventino disponibili in caso di bisogno.
Giorno 4 La Herradura, questa spiaggia e questo mare meraviglioso costituiscono cornice ideale per il nostro lavoro, siamo con il sensei, Maria, Antonio e Francisco Guerrero Torres. Dopo una rapida revisione delle tecniche 1 / 14 di Guerriero Fu Shih, si procede, per poter completare la costruzione delle abilità combattive di questo programma. Si pratica mattina e pomeriggio per poter consolidare questi elementi. Verso sera il nostro lavoro è a buon punto, 25 tecniche di difesa personale, correttamente impostate ed eseguite con fluidità ed una meccanica che supporti adeguatamente la possibilità di aumentare il carico energetico. Abbiamo allenato, inoltre, il flusso di movimenti che unisce una tecnica all’ altra: il Kata “Guerriero Fu Shih” è finalmente completo.
Fu Shih Kenpo Italia
Giorno 5 Sveglia di buon mattino, il maestro ci porta a Playa del Canuelo, percorriamo ripide discese tra le colline per poter arrivare a questa spiaggia bella e suggestiva, ad attenderci, un mare lievemente mosso e carico di energia. Con noi, Antonio e Francisco. Scelto un punto particolarmente adatto iniziamo il nostro ultimo giorno di addestramento. Prendere il pugnale, ci aspettano tecniche di coltello, “il dente di tigre”. Dopo il coltello si passa alla pratica de “Il Tigre respira” Kata Fu Shih che insegna l’ uso di differenti tecniche di respirazione, per un corretto controllo e lavoro energetico. Nel pomeriggio ci concediamo un po’ di riposo che, personalmente, impegnerò per poter trascrivere ed organizzare i miei appunti, presi durante le varie giornate di allenamento. La serata procede in totale relax, domani si torna a casa. Approfittiamo di quest’ ultima serata insieme al maestro Raùl e Maria, per scambiare ancora due chiacchiere, scherzare e pianificare il nostro prossimo incontro: Italia, 25 Ottobre 2015! Ringraziamo il sensei Raùl e Maria per averci accolto come persone di famiglia, con calore, umanità, per i tanti momenti belli e divertenti trascorsi assieme, per aver condiviso arte marziale e vita. Abbiamo goduto, grazie all’ incarico affidatoci dal Maestro Marcello Spina, Presidente FSK Italia, del grande privilegio di aver appreso il kenpo da una delle leggende di questa arte. I preziosi insegnamenti del maestro saranno messi a frutto, attraverso la pratica, e condivisi con tutti i membri della nostra scuola e con chiunque, come noi, creda che nell’ arte marziale vi sia un percorso evolutivo unico e straordinariamente profondo.
Fu Shih Kenpo Italia
“Ringraziamo il sensei Raùl e Maria per averci accolto come persone di famiglia, con calore, umanità, per i tanti momenti belli e divertenti trascorsi assieme, per aver condiviso arte marziale e vita.”
Questo nuovo DVD di Fu-Shih Kenpo del Soke Raul Gutiérrez si concentra sulle forme tradizionali dello stile, le loro applicazioni e la difesa personale. In particolare studieremo con attenzione la forma "La Tigre si difende", con le sue corrispondenti applicazioni tecniche, la forma "I Denti della Tigre", e il lavoro libero con armi. Poi il Maestro spiega in dettaglio tutta una serie di tecniche avanzate di difesa, spiegando il motivo per cui certi movimenti sono eseguiti, lanciando avvertimenti su aspetti a prendere in considerazione, e indicando i possibili angoli d'attacco e le varianti che possano essere applicate in ciascun gruppo tecnico. Il DVD si completa con una serie di tecniche di combattimento per la competizione sportiva e il condizionamento fisico, dove il Maestro Gutiérrez insegna come preparare le nostre armi, le braccia e le gambe, per l'autodifesa e il combattimento. Certamente una forma di lavoro la cui ricchezza si trova nello scambio e il coordinamento con altri stili, e imparando a rispettare le nostre diverse fonti di studio.
REF.: • FUSHIH-2 Tutti i DVD prodotti da Budo International vengono identificati mediante un’etichetta olografica distintiva e realizzati in supporto DVD-5, formato MPEG-2 (mai VCD, DivX o simili). Allo stesso modo, sia le copertine che le serigrafie rispettano i più rigidi standard di qualità. Se questo DVD non soddisfa questi requisiti e/o la copertina non coincide con quella che vi mostriamo qui, si tratta di una copia pirata.
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