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Lo scandalo della ninfa
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Milo Manara firma il manifesto del Trento Film Festival numero 70, a venticinque anni dal bozzetto “dello scandalo”
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di Leonardo Bizzaro
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06 Leonardo Bizzaro è nato a Trento, vive a Torino. Per oltre un trentennio ha lavorato a Repubblica e negli anni Ottanta e Novanta è stato consigliere dell’allora Filmfestival Internazionale Montagna Esplorazione Avventura “Città di Trento”, per il quale ha curato mostre e retrospettive cinematografiche. Appassionato di montagna, ha partecipato a numerose spedizioni in tutto il mondo. Collabora con svariate case editrici ed è giurato del Premio Itas del Libro di Montagna M ilo Manara, di nuovo. Il grande disegnatore ha firmato il manifesto del settantesimo Trento Film Festival e… niente polemiche, nessuno si è stracciato le vesti, non si è gridato alla trentinità offesa. Venticinque anni fa già aveva realizzato un bozzetto, mai tradotto in poster. Allora, si era gridato allo scandalo ed era finita male. I tempi sono cambiati e c’è ben altro di cui preoccuparsi che la schiena scoperta di un’Ondina. La storia è curiosa, vista con gli occhi di oggi. Mi permetto di raccontarla in prima persona perché ne sono stato l’involontario protagonista, dall’interno del consiglio direttivo.
IL “CASO” DELL’ONDINA
Avevo proposto di affidare a Manara l’“immagine” dell’edizione 1997 del festival per rinverdire la lunga stagione della direzione di Piero Zanotto, fine intellettuale amante dei fumetti, che tra il 1978 e il 1986 aveva ottenuto per il manifesto le firme di due grandi come Emanuele Luzzati e Sergio Toppi. Prima ancora, nel 1971, era stata la volta di Peynet, l’illustratore dei fidanzatini, che da uno spezzone di pellicola volante come un tappeto di Aladino filmavano le montagne e un solitario stambecco. Il consiglio si dichiarò entusiasta, avevo saputo che Manara avrebbe realizzato anche il poster di Cannes, per il cinquantesimo anniversario, e Trento si sarebbe tenuto esattamente la settimana prima: roba da finire sui giornali. Infatti sui giornali ci finì, ma per tutt’altri motivi. Manara, dopo una notte passata a scorrazzare per Torino da un locale all’altro, non tutti raccomandabili, si convinse a mettersi
A destra, il bozzetto di Milo Manara, mai tradotto in poster, dell'edizione 1997
all’opera e ne venne fuori quella ninfa ispirata ai racconti di Karl Felix Wolff, autore da lui amato, incantata davanti a un tramonto dolomitico, con i lunghi capelli trapuntati di stelle a coprirne le forme, inequivocabilmente nude. Il disegno era splendido, certamente tutto diverso da qualunque altro precedente, qualche vecchio alpinista forse avrebbe mugugnato ma ai membri del consiglio direttivo del festival piaceva. Che cosa sia successo dopo, ancora oggi me lo chiedo. Il bozzetto cominciò a viaggiare nelle sedi più svariate e partirono i brusii, poi le polemiche, infine fu scandalo. L’Ondina di Manara non può essere il simbolo del festival, nulla c’entra con la montagna, si disse in autorevoli consessi. La rassegna di mezzanotte, in cui era programmato qualche titolo “eretico” – e non erotico, il massimo della sconcezza sarebbe stato In montagna sarò tua con Carmen Miranda, anno 1942 – si trasformò, nelle lettere spedite ai giornali locali, in una retrospettiva di film pornografici. Non se ne fece nulla – ma In montagna sarò tua lo proiettammo con grande successo – il manifesto fu un disegno di Samivel per il terzo anno consecutivo, Manara si fece giustamente pagare e, da signore qual è, mai si espresse sulla censura tridentina, salvo in una rivista giovanile bolzanina, dieci anni dopo: “Anche per il Festival di Trento avevo rappresentato uno dei personaggi più affascinanti delle leggende dolomitiche e ho scelto di disegnare una bellezza femminile che potesse reggere il confronto con quella del paesaggio”. Nient’altro. Il festival però, a dimostrazione che la censura era venuta soprattutto da ambienti esterni, quel manifesto lo considerò sempre “suo”. E nei due volumi che raccolsero i poster della rassegna – il primo uscì nel 2002, il secondo pochi anni fa – lo inserì quasi ufficialmente. Ci fu una coda, alla vicenda pruriginosa del 1997. Danilo Curti, geniale direttore del marketing del giornale più letto a Trento, L’Adige, contattò in gran segreto Manara e si fece concedere l’utilizzo dell’immagine rifiutata. L’ultimo giorno di festival, domenica 4 maggio, l’intera città venne ricoperta con il poster dell’Ondina, sponsor il quotidiano e un importante ottico locale. Nel frattempo la storia venne raccontata da Giuseppina Manin in un’intera pagina del Corriere della Sera. Qualche mese più tardi, lo stesso disegno segnò l’inizio di una collaborazione assai stretta tra l’artista e l’Istitut Cultural Ladin della Val di Fassa. Fine.
L’EQUILIBRIO DELLA NATURA
Onore dunque al coraggio della direttrice Luana Bisesti e del presidente Mauro Leveghi che hanno voluto senza esitazioni il grande Manara per l’immagine del festival numero 70. Onore a lui, anche, che ha messo da parte l’amarezza per il rifiuto di allora. L’Ondina questa volta si è tuffata nel lago da cui venticinque anni fa emergeva, il suo sguardo è triste, quasi terrorizzato, le Dolomiti non svettano più verso l’alto, ma sono rovesciate e quasi si stingono nelle acque: «Nel manifesto del 1997 – ha spiegato il disegnatore – la composizione era decisamente ‘in maggiore’, più serena, con la misteriosa Ondina al centro del maestoso anfiteatro delle Dolomiti. I cambiamenti climatici e l’inesorabile scioglimento dei ghiacciai alpini, la disastrosa catastrofe della tempesta Vaia… è emerso in modo inequivocabile come gli interventi umani rischiano di distruggere l’equilibrio della natura. La nuova Ondina non è più una creatura lieta, ma impaurita e diffidente: prima ci seduceva, ora ci guarda come intrusi, pronta a immergersi di nuovo».