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Al Tar per il Corno alle Scale Per la Regione Emilia-Romagna la nuova seggiovia sarebbe un ammodernamento dell’esistente. Di opposto parere il comitato “Un altro Appennino è possibile”
U
n ricorso al Tar contro la decisione della Regione Emilia-Romagna di non sottoporre a una Valutazione d’Impatto Ambientale il progetto della nuova seggiovia quadriposto “Polla – Lago Scaffaiolo”, nel Parco Regionale del Corno alle Scale. Risale ad aprile l’azione di dodici associazioni riunite nel comitato “Un altro Appennino è possibile”, tra le quali è presente il Cai Emilia-Romagna. Le motivazioni del ricorso sono presto dette: per la Regione il progetto sarebbe un semplice ammodernamento dell’esistente, con la sostituzione di due vecchi impianti. Per le associazioni, al contrario, si tratta della costruzione di un impianto ex novo. «Il tracciato è diverso, la stazione di partenza è diversa, sarebbero realizzate una nuova stazione intermedia e una nuova stazione di arrivo, a un’altitudine superiore di 100 metri rispetto all’attuale, con oltre duecento metri di infrastruttura in più». La stazione di arrivo, da realizzare vicino al Rifugio Duca degli Abruzzi, sfiorerebbe tra l’altro le sponde del Lago Scaffaiolo, in una zona pressoché incontaminata. Insomma, si causerebbe «un danno permanente a un ambiente unico, costituito da due parchi regionali, un’area Sic della Rete Natura 2000 e quattro ha-
A destra, il Lago Scaffaiolo, nell'alto Appennino modenese (foto Andrea Garreffa) 6 / Montagne360 / maggio 2021
bitat di interesse comunitario, oltre a zone di particolare valore ambientale, nodi ecologici complessi e valli nascoste che contribuiscono a ospitare la maggiore biodiversità di tutta la regione». Questa ferma opposizione non si limita alle motivazioni di carattere ambientale, anzi, l’aspetto economico ha pari rilevanza. Il comitato evidenzia la miopia di continuare a puntare sulla monocultura dello sci da discesa per lo sviluppo turistico della montagna in un contesto di crisi climatica e di crescente diffusione di altre forme di frequentazione delle Terre alte. Sulla questione è intervenuto anche il celebre giornalista e scrittore di montagna Paolo Rumiz, secondo il quale il caso del Corno alle Scale è la dimostrazione di quanto oggi «la politica sia indietro rispetto all’economia. Continuiamo a vedere disinvestimenti su settori ormai decotti, sui quali invece la politica continua a puntare. E lo sci alpino è uno di questi. La pandemia ha contribuito ad accelerare la diffusione di una forma di turismo lenta e attenta alle culture locali che era già in corso. È dunque sempre più economicamente assurdo portare sulle Terre alte le logiche da luna park della pianura. Questo concetto è valido soprattutto per l’Appennino, che è molto più “italiano” rispetto
alle Alpi». Rumiz approfondisce quest’ultimo punto spiegando che «di montagne così vicine al mare non ce ne sono altre in tutta Europa. Ciò ha contribuito nei secoli alla creazione di un’identità pastorale favorita dalla facilità di transumanza offerta da questo territorio, che è una componente importante dell’identità italiana, anche se spesso viene negata. Questa è una caratteristica sulla quale puntare per promuovere turisticamente l’intera dorsale appenninica». Per le dodici associazioni la ricetta è quella della promozione di un turismo esperenziale, che valorizzi le caratteristiche storiche, paesaggistiche e culturali delle aree montane. Anche la giustificazione di nuovi impianti con un loro ipotetico utilizzo durante i mesi estivi non regge a giudizio del comitato. Un’infrastrutturazione che snatura il territorio, infatti, allontanerebbe i visitatori, anziché attirarli. Il comitato “Un altro Appennino è possibile” aveva aperto una raccolta fondi per sostenere le spese legali per ricorrere al Tar. E il risultato dimostra quanto questi temi siano condivisi da un numero crescente di appassionati di montagna. «La sottoscrizione, intitolata “Questa è la VIA”, aveva come obiettivo il raggiungimento di 7000 euro in ventuno giorni. La cifra è stata raggiunta dopo appena tre giorni. In tutto abbiamo raccolto più del doppio, da oltre cinquecento sostenitori». Il comitato intende ora diventare un presidio permanente a tutela degli interessi economici e sociali dell’Appennino, da preservare da uno sviluppo definito «cieco» della montagna. Oltre al Cai ne fanno parte Legambiente, WWF, Mountain Wilderness, Italia Nostra, Federtrek, AsOER, TrekkingItalia, Amici dei Parchi di Monteveglio e dell’Emilia, Comitato Bazzanese Ambiente e Salute e 6000 Sardine. Ÿ la