STORIE DI MONTAGNA
Piccoli grani crescono Nel cuore dell’A lto Mugello, in Toscana, la riscoperta e la rivisitazione di un antico cereale come il farro ha stimolato l’agricoltura del territorio di Ciro Gardi
P
ressapoco a metà strada tra Bologna e Firenze, sulla statale della Futa, si trova il Covigliaio, una frazione del Comune di Firenzuola che, come molte altre località dell’Appennino, sta vivendo un parziale recupero della frequentazione turistica, lontanissimo tuttavia dai fasti dei decenni passati. E nell’alta Valle del Santerno, all’ombra di Monte Beni e del Sasso di Castro, è interessante comprendere il piccolo “miracolo economico” determinato dalla riscoperta di un antico cereale: il farro. LA RINASCITA DI UN CEREALE ANTICO Il farro è stato una delle prime colture addomesticate
58 / Montagne360 / ottobre 2021
dall’uomo ed è il progenitore del frumento. La sua origine risiede nelle aree corrispondenti all’attuale Turchia e al Medio-Oriente, dove fu coltivato per la prima volta 14mila anni prima di Cristo. Vengono riconosciuti tre tipi di farro: il farro piccolo (Triticum monococcum), il medio (Triticum dicoccum) e il grande (Triticum spelta). Questo antenato dei nostri attuali “grani” (tenero e duro), cedette progressivamente terreno al frumento tenero (Triticum aestivum), e continuò a essere coltivato solo in aree marginali, prevalentemente montane, e su superfici più ridotte. In Italia, la Garfagnana ha costituito per molto tempo uno dei nuclei di conservazione di questo cereale, arrivando a
Sopra, un campo di farro (Triticum dicoccum) nel cuore del Mugello. Nella pagina a fianco, da sinistra, Federico Galeotti controlla la maturazione del cereale; veduta dall’alto della fase di mietitrebbiatura del farro e un dettaglio del fusto delle spighe (foto Poggio del Farro)