CRONACA EXTRAEUROPEA a cura di Antonella Cicogna e Mario Manica - antcico@yahoo.com
La sfida del Baruntse È la cresta SE, linea dei primi salitori del 1954, la più battuta. Ma la cima principale del Baruntse, 7129 m, rimane una sfida aperta. La cordata Holecek-Groh l’ha colta con Heavenly trap, 1800 metri di sviluppo, M6+ VI+ 80° in stile alpino per la Ovest
In apertura di Heavenly Trap, Ovest del Baruntse, 7129 m, Nepal (foto Archivio M. Holecek) Nella pagina accanto, in rosso Heavenly trap, 1800 metri di sviluppo e 1300 di dislivello, M6+ VI+ 80°. Márek Holecek, Radoslav Groh, Ovest del Baruntse, 7129 m, Nepal (foto M. Holecek)
ccoli, in stile leggero, lo scorso maggio sul Baruntse, la montagna di 7129 metri dirimpettaia del Makalu; due valli a separarla da Everest e Lhotse. Affrontando la temibile Ovest di questo Settemila nel Nepal orientale (Khumbu), Márek Holecek e Radoslav Groh hanno aperto quello che Mara ha definito «La via più dura mai affrontata finora: ABO+». E se lo dice il due volte vincitore del Piolet D’Or, c’è da credergli. Al campo base i Cechi Mara e Rado arrivano il 13 maggio. Il programma è di realizzare la scalata in 6 giorni. Nessuno però rimane lì con loro. Neppure cuochi o portatori. Il Covid ha cancellato tutte le spedizioni. Partiti all’attacco il 21 maggio, i due alpinisti incontreranno condizioni in parete molto difficili e inaspettate per i pesanti cambi climatici. In una lenta e faticosa progressione, toccheranno vetta il 25 maggio ma rimarranno bloccati in discesa dalle forti nevicate e i venti generati
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74 / Montagne360 / ottobre 2021
dal Ciclone Yaas. Senza ormai cibo, saranno poi soccorsi dall’elicottero al decimo giorno sulla montagna. «La linea è dedicata ai compagni Petr Machold e Kuba Vanek, scomparsi otto anni fa mentre cercavano di realizzare la stessa parete. Nessuno li ha più visti», ha raccontato Mara. La Ovest sale ripidamente sopra la valle di Hunku. Un obiettivo che Mara aveva in mente da diversi anni, finchè non si è riaccesa la fiamma mentre affrontava il Chamlang per l’inviolata NO (vincitrice Piolet d’Or 2020). 21/5 - Bivacco ai piedi della parete. 22/5 - Filo da torcere già nelle parti iniziali. Ghiaccio durissimo, scarso e in brutte condizioni, per i cambi climatici degli ultimi anni, trasforma la salita in lunghe sezioni di misto. La parete scarica pericolosamente col sole. 12 ore sulle punte dei ramponi. Bivacco di fortuna, circa 100 metri più bassi del pianificato.
23/5 - Affrontata la placca ghiacciata, i due giungeranno in diagonale verso sinistra alla canna d’organo di neve fino alle sezioni di roccia. Ghiaccio duro tutto il giorno, scalata lungo un canalino delimitato da una costola di neve non consolidata. Bivacco in tenda prima del tramonto, in un buco. 24/5 - Punto chiave dell’ascensione. Salita di misto, canne d’organo di neve, barriere di roccia marcia di 250 metri sopra le loro teste. Il tempo peggiora e rallenta ulteriormente la progressione. Nevicate abbondanti. A 70 metri dalla cresta i due sono costretti a bivaccare su un fortuito sperone roccioso aereo. 25/5 - Tempo pessimo, forti venti e abbondanti nevicate. I due sanno che dovranno per forza giungere in cresta, quindi arrivare alla vetta e discendere per la normale, lungo la Cresta Sud-Est. Progressione rallentata. I tratti di misto finali richiedono moltissimo tempo. In vetta alle 16.00. Visibilità zero. «Non abbiamo neppure scattato una foto