Montagne360 | Gennaio 2022

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Volontariato, un grande bene comune di Luca Calzolari*

S

ul bene e sul bello si fanno spesso narrazioni retoriche. Vittime come siamo del ciclico ripetersi delle onde emotive che solo certi eventi estremi o eccezionali riescono a suscitare, spesso ci facciamo travolgere dalla commovente sensibilità di chi si rende protagonista ordinario di storie eccezionali. Salvataggi, piccoli e grandi aiuti, gesti d’altruismo e solidarietà. Quando queste storie hanno un nome e un cognome, un luogo e una collocazione nel tempo, ecco che sentiamo scattare l’empatia. Tutto questo ci emoziona, forse perché troppo a lungo siamo rimasti anestetizzati di fronte a ciò che invece dovrebbe appartenerci per natura. Sì, parlo del senso di comunità, dell’umanità, della cura con cui dovremmo trattare le persone, l’ambiente, le cose. Invece una buona parte di umanità si è progressivamente chiusa in se stessa, proprio come fanno i ricci per proteggersi dalle minacce del mondo esterno. Eppure, al di là di quella dialettica diffusa che trasforma certi gesti in atti eroici compiuti da persone in carne e ossa, esiste una costellazione umana fatta di uomini e donne d’ogni età che per scelta dedicano parte del loro tempo agli altri. Quelle persone sono i volontari. Fortunatamente non sono pochi, anche se non sarebbero mai abbastanza. La maggior parte di loro presta la propria opera lontano dalla luce dei riflettori. Secondo le stime più recenti di CSVnet (rete dei Centri servizi per il volontariato in Italia), nel nostro Paese la rete del volontariato è composta di ben 6,63 milioni di persone. Ma quanto è diffuso il volontariato nelle Terre alte? Il dato più aggiornato che siamo riusciti a trovare è quello contenuto nello speciale di Vita, rivista non profit, intitolato “Montagne. Quell’Italia che si è rimessa a salire” (luglio 2016, del quale parlai a suo tempo su Montagne360). Su quello speciale si legge che in montagna ci sono 112 volontari ogni 1000 abitanti, contro i 79 delle aree non montane. Un numero importante. E se volgiamo lo sguardo al nostro Sodalizio abbiamo ogni giorno sotto gli occhi cos’è fare volontariato: dalla realizzazione alla manutenzione dei sentieri, dalla montagnaterapia alla tutela ambientale, dall’impegno in Sezione a quello negli Organi tecnici e molto altro ancora. Senza dimenticare lo straordinario lavoro del nostro Soccorso alpino e speleologico.

Dopo la grande alluvione che devastò Firenze nel 1966 e che rivelò lo straordinario valore di quel senso di solidarietà e dell’azione spontanea nel portare soccorso, si capì che il volontariato aveva bisogno di essere in qualche modo riconosciuto. O, per dirla meglio, riconosciuto e organizzato. I volontari furono definiti e riconosciuti ufficialmente come tali solo nel 1991. Quell’anno fu approvata la legge quadro sul volontariato (Legge n. 266/91) ispirata da persone come Maria Eletta Martini, che a Lucca fondò il Centro nazionale per il volontariato e dette pubblicamente il via al confronto pubblico che poi approdò in Parlamento. Ora, a 31 anni da quella legge, ci troviamo di fronte alla riforma del terzo settore (da una parte) e alla proposta (dall’altra) di candidatura transnazionale del volontariato a bene immateriale Unesco. A sostenere questa legittima candidatura è un Comitato promotore che include, tra gli altri, il fondatore di Vita, non profit magazine, Riccardo Bonacina che in occasione dell’edizione 2021 della Giornata internazionale del volontariato indetta dalle Nazioni Unite (che si celebra il 5 dicembre di ogni anno) da portavoce della campagna ha rivolto un appello al Presidente del Consiglio: «Draghi, faccia un regalo a costo zero agli italiani e aderisca al nostro appello dichiarando il 2022 anno del volontariato. Con la recrudescenza della pandemia i volontari ci sono e ci saranno sempre a dare una mano al prossimo». Per l’edizione 2021 l’Onu ha scelto come slogan “Volunteer now for our common future”, ovvero “Diventa volontario per un futuro condiviso”. Lo slogan della campagna “è un invito alle persone” come sottolinea l’Unv (United Nations Volunteers) “siano esse decisori o cittadini di questo mondo, ad agire ora per le persone e per il pianeta”. E in questo modo anche le soluzioni diventano più durature. Perché all’origine della gratuità c’è sempre e comunque l’attivazione di un senso civico, di comunità e di valori. E questo le donne e gli uomini del Cai lo sanno bene perché il volontariato, unito alla passione per la montagna, è una componente fondamentale del cuore pulsante della vita del Sodalizio. E quindi sì, a mio modo di vedere, il volontariato ha tutte le carte in regola per essere riconosciuto bene immateriale dell’Unesco. Ÿ * Direttore Montagne360 gennaio 2022 / Montagne360 / 5


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