Poste Italiane S.p.A. – spedizione in a.p. – DL 353/03 (conv. in L. 27/02/04 n 46) Art1 comma 1 DCB COMO
n° 3/2014 1/2015
CAI LECCO 1874
Notiziario del Club Alpino Italiano Sezione di Lecco "Riccardo Cassin" Sentieri e Parole COMPLEANNO D’ARTISTA Le montagne di Lecco e i 90 anni di Giansisto Gasparini
Alpinismo
Escursionismo
L’intervista
IL GIARDINO DI PIETRA
LA GIORDANIA A PASSO DI ESCURSIONISTA
NOVANT’ANNI DI ALPINISMO “FAI DA TE”
La scoperta delle falesie lecchesi e la nascita dell’arrampicata sportiva
Un trekking nel deserto roccioso della Giordania
I ricordi di Giovanni Ratti, uno dei pilastri dei Ragni di Lecco
IN QUESTO NUMERO EDITORIALE
4
12
PROFILO DI UN GRANDE
52
LA GIORDANIA A PASSO DI ESCURSIONISTA
EPPURE QUALCOSA SI MUOVE Servono sinergie per mantenere viva la tradizione alpinistica e valorizzare il territorio di Emilio Aldeghi, presidente CAI Lecco
SENTIERI E PAROLE
6 9 12 20 24 26 27 32
UN GIORNO AL SAN MARTINO Da 34 anni, il primo sabato di ottobre, la festa al rifugio Piazza di Eugenio Mira UNA FAMIGLIA DI VERI ALPINISTI Aldo, Giorgio e Marco Anghileri. di Dino Piazza PROFILO DI UN GRANDE Ricordando Riccardo Cassin, l’uomo e l’alpinista di Renato Frigerio AMBIZIONE PALÙ L’orgoglio di un trittico speciale di Gigi Alippi IL COLORE DELLE ORCHIDEE Sono 40 le specie che fiorscono nel nostro territorio di Annibale Rota LE ETÀ DELL’ALPINISMO Riflessioni sul passato e sulle prospettive per il futuro di Renato Frigerio COMPLEANNO D’ARTISTA Giansisto Gasparini e le montagne di Lecco di Tiziana Rota UNA CARTOLINA Un rifugio “A. Manzoni” in vetta al Resegone? di Annibale Rota
ALPINISMO e ARRAMPICATA
34
IL GIARDINO DI PIETRA La scoperta delle falesie lecchesi e la nascita dell’arrampicata sportiva di Pietro Corti LA “DIVINA COMMEDIA” Ritorno alle origini al Buco del Piombo di Simone Pedeferri
46
ALPINISMO GIOVANILE
48
60
“COLORIAMO L’INVERNO” Intorno al sentiero didattico una fioritura fuori stagione di Adriana Baruffini
ESCURSIONISMO
NOVANT’ANNI DI ALPINISMO “FAI DA TE”
52
70
SETTE GIORNI ALLA MADDALENA
58
60
66
LA GIORDANIA A PASSO DI ESCURSIONISTA Nel cuore del Medio Oriente tra Storia, città nascoste, fratellanza e deserto roccioso di Anna Masciadri GITE SOCIALI Da Monte Marcello ai Piani di Bobbio, il programma 2015 a cura della Commissione Escursionismo
Notiziario quadrimestrale della sezione di Lecco “Riccardo Cassin”del Club Alpino Italiano N° 3/2014 - 1/2015
Redazione: Adriana Baruffini, Angelo Faccinetto Direttore responsabile: Angelo Faccinetto Impaginazione e Grafica: BitVark - Pavia Tipografia: Grafiche Riga Annone Brianza Testata di proprietà del Club Alpino Italiano sezione di Lecco “Riccardo Cassin” Sede: via Papa Giovanni XXIII, 11 23900 Lecco Tel: 0341363588 Fax: 0341284717 www.cai.lecco.it sezione@cai.lecco.it Autorizzazione Tribunale di Lecco N. 5/78 del 20/06/1978 Spedizione in A.P. -45%- Art. 2 Comma 20/b legge 662/96 Tiratura 2500 copie Chiuso in redazione 05/03/2015
L’INTERVISTA
NOVANT’ANNI DI ALPINISMO “FAI DA TE” I ricordi di Giovanni Ratti, uno dei pilastri dei Ragni di Lecco di Matteo Manente
SCI DI FONDO
GEO
70
DUE GIORNI SULL’ALTIPIANO Ad Asiago con la scuola di fondo
di Giusi Negri
SETTE GIORNI ALLA MADDALENA Nell’arcipelago presso le coste sarde la “settimana azzurra” del Geo di Agostino Riva
APPUNTAMENTI
34
IL GIARDINO DI PIETRA
6
UN GIORNO AL SAN MARTINO
IL SESSANTOTTO IN PUNTA DI SCARPETTE 72 Quattro serate in Sala Ticozzi di Adriana Baruffini UN SENTIERO LUNGO 50 ANNI 73 La mostra del gruppo di Alpinismo Giovanile alladiTorre Viscontea Matteo Manente UNA MONTAGNA DI EMOZIONI 74 L’appuntamento annuale con la scuola di scialpinismo di Sara Pozzetti RECENSIONI 76 INFORMAZIONI DALLA SEGRETERIA 78
Delfino Formenti, uno dei più attivi chiodatori delle falesie lecchesi negli ultimi 28 anni, alle prese con Piccinin alla Parete Stoppani: il suo capolavoro, posta in una magnifica cornice paesaggistica. Sullo sfondo il Resegone, la montagna lecchese per eccellenza.
EPPURE QUALCOSA SI MUOVE
Servono sinergie per mantenere viva la tradizione alpinistica e valorizzare il territorio di Emilio Aldeghi*
P
er tanto tempo il tema della montagna è risuonato nelle campagne elettorali, sban-
dierato per raggiungere i tantissimi cittadini della nostra città amanti delle cime che ci circondano. Poi, come dice il vecchio proverbio, passata la festa gabbato lo santo: generalmente tutto scivola nel dimenticatoio con gli ignari cittadini ancora a sperare che prima o poi possa davvero sbocciare il sogno di vedere la propria città intimamente legata alla loro passione. Certo si può dire che la montagna è libertà, che è il respiro della natura non inquinato dalle ideologie, che dietro il consumo delle scarpette di arrampicata o della suola di vibram degli scarponi ci sono emozioni impareggiabili, che le parole sogno, incredulità, bellezza, magia, ardimento non hanno prezzo. Non di meno bisogna però aprire gli occhi e capire che se una città vuole mantenere viva la propria tradizione alpinistica e valorizzare il territorio deve saper creare una giusta sinergia fra i cittadini, le associazioni e le istituzioni. Su piani diversi, chi con le idee, chi con la collaborazione, chi con i contributi economici, senza
che nessuno assuma il ruolo di
te dato vita ad ACAL cercando di
deus ex machina, ciascuno deve
stabilire un discorso e un proget-
contribuire
raggiungimento
to in comune portando avanti con
dell’obiettivo. Difficile? Certamente
costanza il discorso dell’esigenza
sì, specialmente nella nostra Lecco
di una raccolta museale dell’alpini-
dove il campanilismo, vecchie rug-
smo lecchese. Pur di fronte a er-
gini o l’ego personale troppe volte
rori di gioventù della nuova asso-
la fanno da padrone.
ciazione e alla decisone di gruppi
al
Eppure qualche cosa si muo-
importanti quali i Ragni e i Gamma
ve. Abbiamo tutti letto del pro-
di rinunciare a farvi parte, credo
getto di sistemazione delle falesie
che il lavoro dell’unità di intenti
con il forte supporto di vari livelli
rimanga ancora un caposaldo su
istituzionali, dell’imminente ban-
cui costruire. La nostra presenza
do per la realizzazione del polo
continua in città a livello cultura-
multimediale dell’alpinismo presso
le e di lavoro nella sezione per far
il Palazzo delle Paure, delle affer-
crescere l’amore per la montagna
mazioni sulla volontà di proseguire
attraverso l’offerta dei più svariati
il discorso iniziato con un progetto
corsi di formazione è stata ripa-
più ampio legato alla rete sentieri-
gata con le migliaia di iscrizioni
stica. Si sono fatte dissertazioni sui
che ci permettono, pur in questo
costi, forse motivate forse no. Io
periodo di crisi, di essere una delle
non ho le competenze per disqui-
sezioni più importanti d’Italia.
sire su questo aspetto, ma confido
Per la nostra Lecco siamo di-
che essendo tanti e qualificati gli
sposti a dare molto, dietro di noi
artefici dei progetti si siano fat-
tanti giovani si stanno dando un
te tutte le corrette valutazioni. Di
gran da fare. Crediamo molto in
certo prendiamo atto che, in col-
loro, nelle loro idee e nella voglia
laborazione, il Comune di Lecco,
di fare. Quando qualcuno ci dice
la Provincia, la Regione, la Camera
che siamo attaccati al passato non
di Commercio, le Comunità Mon-
ci offendiamo, perché è vero e sa-
tane della Valle San Martino- Lario
crosanto che lo rispettiamo, ma
Orientale e della Valsassina stan-
probabilmente non conoscono il
no concretizzando aspettative per
nostro presente già pronto per il
lungo tempo sospirate.
futuro.
*Presidente CAI Lecco Il ruolo del CAI Lecco
4
Editoriale
Il CAI Lecco non è stato alla finestra in attesa degli eventi. Con altre associazioni ha faticosamen-
Lecco, Torre Viscontea, dicembre 2014. Inaugurazione della mostra sui 50 anni dell'AG realizzata dal CAI Lecco in collaborazione con il Comune e il SIMUL
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UN GIORNO AL SAN MARTINO
Panorama sul lago dal San Martino. Foto di Alberto Locatelli.
Da 34 anni, il primo sabato di ottobre, la festa al rifugio Piazza
di Eugenio Mira
S
abato 4 ottobre, giornata so-
semplici camminatori. Chi è salito lun-
del figlio Arnaldo, finito in coma per
leggiata, fresca, con i colori
go il sentiero da Rancio, chi ha fatto
un trauma cranico riportato cadendo
dell’ autunno. Al rifugio Piaz-
la “via della vergella”, chi i Pizzetti, chi
za, al San Martino, accanto al vecchio convento, si ritrovano un centinaio
tedeschi della squadra della gendar-
tita omelia centrata sulla gratitudine
L’iniziativa, iniziata in sordina e con
meria di Mittenwald che aveva sfidato
per quanto Dio ci ha donato e chiusa
in una gara di sci ai Piani di Bobbio,
pochi amici di Lecco, è andata cre-
la squadra dei Ragni di Lecco nei Ral-
con una assoluzione collettiva, come
i Tecett, chi la ferrata, chi addirittura la
all’età di 13 anni, ne1 1979. E oltre alla
scendo di anno in anno, acquistando
ly sci-alpinistici della Valsassina negli
usa (o dovrebbe usare) in montagna.
Medale.
festa, come segno di ringraziamento
spesso una dimensione nazionale,
anni ’60.
Il nostro simpatico sacerdote dichia-
E’ la trentaquattresima edizione di
alla provvidenza, la posa di un croce-
come nel 2013 con la partecipazio-
Momento culminante dell’incon-
ra: “Le omelie devono essere come le
un incontro, sempre il primo sabato di
fisso in legno che si può vedere, poco
ne di una rappresentanza del CAI di
tro è stata la messa, officiata come
minigonne: corte, aderenti alla vita e
Giovani e meno giovani, uomini e
ottobre, ideato da Dino Piazza per fe-
sotto la cappelletta del San Martino,
Oderzo, se non una dimensione in-
l’anno prima da un amico sacerdote
aperte al mistero”.
donne, alpinisti, escursionisti e anche
steggiare il quasi miracoloso recupero
sui tornanti del sentiero che sale da
ternazionale, con la venuta degli amici
di Albavilla, con una breve ma sen-
di amici, da Lecco, dalla Brianza, dalle montagne vicine.
Rancio.
Piace ricordare che negli scorsi
UNA FAMIGLIA DI VERI ALPINISTI Aldo, Giorgio e Marco Anghileri
Un momento della festa. Foto di Alberto Locatelli.
Foto di gruppo ai Resinelli. Giorgio Anghileri è il secondo da sinistra, alla sua destra Ulderico Mazzoleni. Foto archivio Dino Piazza
anni hanno celebrato altri amici alpi-
norem e tra gli ultimi pescatori pro-
come Renzo Battiston, Luigino Airoldi,
nisti come monsignor Luigi Gandini, il
fessionisti del lago: filetti di lavarello in
Davide Penati “Cito”, un paio di presi-
missionario don Augusto Gianola, don
carpione, cozze alla marinara, risotto
denti del CAI Lecco, Annibale Rota e
Giuseppe Tagliabue
alla pescatora, filetti di persico e lava-
Emilio Aldeghi, in animata discussio-
rello alla griglia. Niente polenta, brasa-
ne sulle sorti della nostra sezione e di
Prima della messa Dino Piazza ha
to o salmì, ma affettati, formaggi della
questo notiziario, un grande amico del
ricordato gli amici scomparsi, padre
Valsassina e bisciola. Vino a volontà,
San Martino e dei suoi sentieri, Pie-
Giovanni Corti, missionario in Terra
caffè e grappa finale.
ro Fiocchi. Notata invece l’assenza dei
e, più recente-
mente, un vescovo brasiliano.
del Fuoco, grande amico di Casimiro
Tra una portata e l’altra racconti e
ragni Emilio Valsecchi “Lupo” e Dario
Ferrari e sostenitore delle sue imprese
ricordi di montagna, progetti di gite e
Cecchini, peraltro giustificati perché
patagoniche, il ragno Guerino Cariboni
di salite, considerazioni sulla cementi-
impegnati in Valle d’Aosta al raduno
“Guera”, amico e compagno di scalate
ficazione di Lecco vista dal San Mar-
dei Lupi del Monte Bianco.
del Miro e il grande Marco Anghileri
tino, sull’abbandono della montagna,
Anima e re della giornata è sta-
“Butch”, caduto lo scorso inverno sul
dei pascoli, dei boschi e sulla necessità
to come sempre Dino Piazza, questa
Pilier Centrale del Freney.
di una loro maggior tutela. E sul ruolo
volta allietato dalla presenza della fi-
del CAI, anche del CAI di Lecco, nella
glia Daria, da poco sposa, e del figlio
preservazione della sua montagna e
Arnaldo (proprio lui, il miracolato) con
del suo territorio.
Greta e il figlio Niki, il fresco nipote
Pranzo di pesce Dopo la messa il ristoro, con un pranzo secondo tradizione a base di
Ma non solo discorsi, anche un coro
di Dino, un bel bimbo di un anno, tra
pesce, fornito e preparato, con l’a-
improvvisato di alpini della Brianza,
qualche mese futuro socio del CAI
iuto del fratello Ceko e dei volontari
intorno ad un amico con fisarmonica:
Lecco.
alpini di Rancio, dallo chef Mariolino
canzoni alpine e vecchie canzoni della
Si racconta che Dino sia rientrato in
Ghislanzoni “Perseghin”, ragno ad ho-
tradizione lombarda: da “Donne, don-
serata, sotto la luna, con qualche dif-
ne ghé chi il magnano” a “Pellegrin che
ficoltà nella discesa dopo i prolungati
vien da Roma”.
festeggiamenti.
8
Sentieri e Parole
Tra i presenti alcuni vecchi ragni,
S
di Dino Piazza iamo nell’anno 1961 e stiamo arrampicando sul Medale, una montagna il cui versante sud
guarda verso Lecco, sono con Roberto Gallieni di Milano. Guardo verso il basso e vedo un ragazzo che sta arrivando da solo, senza corda e arrivato vicino a noi vuole passare. Gli dico: “ Adesso ti leghi con noi se non vuoi che lo dica a tuo padre!”. Non ha detto una parola, si è legato e quando siamo arrivati in cima si è slegato ed è andato. Gallieni mi dice: “Che stoffa ha quel ragazzo!”. Aldo Era Aldo Anghileri, aveva 15 anni. Poi l’ho rivisto arrampicare al Nibbio e le corde le teneva suo padre Adolfo. Dopo qualche anno ha presentato la sua attività alpinistica ed è passato nei Ragni, aveva solo 18 anni. Io a quei tempi ero presidente del gruppo
e ho chiesto al nuovo entrato di ve-
una donna morta: “Se questo non ti
nire con me a fare la scuola di roccia,
crea problemi vai!”
lì ho potuto vedere il suo talento, il suo carattere e il suo coraggio.
E’ partito il giorno dopo con la sua motoretta, ha fatto la via ed è andato
Alla seconda lezione sto aspettan-
tutto bene, poi è sceso dal versan-
do Aldo che non arriva, così prendo
te italiano. Mi viene a trovare nella
tutti gli allievi e vado al Nibbio a fare
mia officina meccanica e mi raccon-
la scuola. Verso le 11 arriva l’Anghileri
ta della sua impresa e che in alto ha
scusandosi del ritardo. “Dove sei sta-
trovato la neve. Con poche parole e
to?” gli chiedo, “Sono andato a fare la
con umiltà mi fa capire che è andato
via Boga in Medale da solo”.
tutto bene, ma la moto è rimasta in
Sono rimasto meravigliato. A quei tempi era una grande impresa e ose-
Svizzera. Mi offro di accompagnarlo a prenderla.
rei dire anche ai nostri giorni. Per an-
Siamo partiti con la mia Fiat 1100,
dare da solo ci vuole orientamento e
e abbiamo raggiunto la moto sotto
occhio sull’appiglio per la scelta della
una pioggia incredibile. Aldo aveva
via. Questo era l’Aldo, da sempre ri-
una giacca a vento, ma andando in
masto nella categoria del fare e non
moto sono le gambe che soffrono.
del chiacchierare.
Guardo nella mia macchina e trovo un
Passa del tempo e un giorno mi
materassino di gomma, lo do ad Aldo
si avvicina l’Aldo e mi dice di voler
e gli dico di usarlo come riparo per
andare da solo sulla parete Nord-Est
le gambe; gli dico anche di aspettare
del Badile. Sono rimasto meraviglia-
che il temporale passi, ma lui prende il
to ma non più di tanto perché ormai avevo capito chi era. Gli dico, se è ben allenato, di andare, ma gli dico anche che al nevaio a metà parete c’è
Sentieri e Parole
9
materassino e parte con la sua moto
una settimana gli succede l’incidente.
Ogni promessa è un debito. Ho
a suo padre dicendo: “Sono qua nel
sotto pioggia e fulmini. Ricordo che
Un banale incidente di bicicletta ha
portato la damigiana di vino ai Resi-
posto più bello del mondo, domani
ho pensato: “Che testa che ha!”.
distrutto il più umile e il più forte, un
nelli al suo ristorante e con gli amici
arrivo”.
campione. Restiamo increduli, con un
abbiamo mangiato polenta con burro
Solo una fatalità poteva staccare
vuoto che non si riempirà mai.
e formaggio e brindato con la da-
Marco dalla parete. Una frana rima-
La mia soddisfazione come presidente dei Ragni è stata di avere nel gruppo alpinisti come lui, che aiutano
Rispettando la sua volontà, ho mes-
migiana. A metà festa Marco ha de-
sta immobile chissà per quanti anni.
il gruppo a diventare famoso con le
so sul libro in cima alla Grigna il suo
scritto la ripetizione della via al Ce-
Che mentre Marco è sotto si stacca
imprese e non con le passeggiate.
nome e vicino Gamma-Ragno.
cilia e mentre parlava si è tolto di
e cade su di lui con violenza inaudi-
Il giorno dopo arriva-
tasca un chiodo, me lo
ta. Solo così la montagna è riuscita a
no nella mia officina Aldo
ha dato e mi ha detto di
fermarlo.
e suo padre Adolfo con un
materassino
IL RIFUGIO PIAZZA
nuovo,
Adolfo mi spiega che l’altro materassino si è appoggiato al motore della moto ed è bruciato. Mi porge il materassino con orgoglio, di riflesso alla grande impresa compiuta
Il Rifugio Piazza è un dono dei fratelli Piazza al Gruppo Alpini Monte Medale di Rancio: in origine era una baita della famiglia, con un po’ di bosco e di prato intorno, usata dal loro padre come deposito di attrezzi per fare legna e fieno. Ora i volontari del Gruppo ne assicurano la manutenzione e un servizio di ristoro aperto tutti i giovedì e le domeniche.
da suo figlio. Poi Aldo cresce e si sposa con Marinella e ha due figli, Giorgio e Marco.
Marco Passa del tempo e si incominciano
averlo recuperato lungo la
Il destino ha voluto così. Si creano
via. Ci siamo abbracciati e
situazioni che possono far impazzire
mi sono commosso.
i genitori e cambiare la vita dei figli.
Passa ancora del tempo
Andando sull’estremo, nell’alpini-
e si sente che il “Butch” -
smo, si vivono momenti felici, pieni di
era il suo sopranome - si
gioia, ma si incorre anche in imprevi-
sta allenando per andare
sti, a volte impossibili da evitare, che
da solo a ripetere il Pilone
possono colpire anche i più bravi.
Questa è una famiglia di veri alpini-
san Martino ho fatto dire una messa
verno. Gli alpinisti lo san-
suoi figli ho chiesto il permesso ad
sti dotati di talento e coraggio e tutto
e ho letto qualcosa per ricordare un
no, anche solo raggiun-
Aldo e lui mi ha detto di sì, forse per-
quanto serve per salire sull’estremo
campione, il grande Marco Anghileri.
gere l’attacco è un’impresa. Marco è
ché lui sa quanto anch’io ho sofferto
da soli.
tranquillo perché il suo allenamento è stato severo.
Il primo che conosco è Giorgino,
leri. Da solo e d’inverno ha fatto la
ta, li è tutto ghiacciato, bisogna stare
anche lui aveva svolto una grande
via Solleder al Civetta, poi sempre da
attenti a fare qualunque cosa. Pianta
attività alpinistica ed era amico di
solo ha fatto un concatenamento di
la tenda col vento e entra a riposare.
mio figlio Arnaldo. Veniva spesso a
vie di alto livello, quasi impossibile da
Il giorno dopo smonta tutto e da solo
casa mia. Non entrava mai dalla porta
ripetere.
riprende l’arrampicata. Sale sicuro per
principale, ma dalla finestra. In com-
Incomincio a conoscere questo
ore, quando diventa buio pianta la sua
pagnia di Ulderico Mazzoleni, che lo
giovane: ha un comportamento sim-
tendina da parete, accende il fornello
aiutava a fare il balzo verso la rin-
patico e il suo sorriso è sempre pre-
e si prepara una minestra, è tranquillo
ghiera del primo piano, Giorgino sal-
sente.
perché tutto quello che ha fatto l’ha
tava sulla ringhiera del secondo piano
Un giorno, mentre ero al suo ri-
fatto con attenzione, non ha dimen-
e se non ci riusciva Ulde lo prende-
storante ai Piani Resinelli, mi dice che
ticato niente. E’ la sua natura. Sa che
va in braccio. Aveva già inventato il
vorrebbe ripetere la mia via al Cecilia,
se qualcosa non funziona il rischio
boulder.
da solo. Gli prometto che, se ci riusci-
aumenta, che se dimentica qualcosa
Una sera, a casa mia, Giorgino mi
rà, avrà come premio una damigiana
si presentano i problemi.
dice che vorrebbe entrare nei Ragni;
di vino. E così è stato. La via l’ha fatta
Marco aveva già collaudato queste
con entusiasmo gli rispondo che sarei
e l’ha considerata tra le più impegna-
azioni in altre imprese. Sapeva che
stato io a presentarlo. Dopo meno di
tive: ci vuole il pelo sullo stomaco
stava viaggiando sulla lama di un ra-
per uscire da quella salita. Quando
soio e che non poteva tagliarsi.
10
Quest’anno ad ottobre alla festa al
Prima di scrivere queste righe sui
Ormai è sopra i 4000 metri di quo-
Sentieri e Parole
per la perdita dei suoi figli.
Centrale del Fréney, d’in-
a sentire le imprese di Marco Anghi-
Giorgio
Marco Anghileri, al centro, durante la festa dopo la salita in solitaria della via dei Ragni al Cecilia nel 2011. Foto archivio Dino Piazza
uno parla così vuol dire che è pulito.
È giunto sotto la cima, è sera e
Il suo modo di esprimersi, così umile
si sta riposando nella tenda. Prende
e sincero, mi ha conquistato.
il telefonino e manda un messaggio
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PROFILO DI UN GRANDE
Ricordando Riccardo Cassin, l’uomo e l’alpinista
di Renato Frigerio
S
ono trascorsi ormai più di cinque anni dalla scomparsa di Riccardo Cassin. Lo ricordia-
mo su queste pagine ricostruendone a grandi linee la figura di uomo e di alpinista e soprattutto dando spazio alle sue parole e al suo pensiero raccolti in un’intervista dei lontani anni Settanta: uno scorcio sulla storia dell’alpinismo dalle origini agli anni Trenta, attraverso le riflessioni di un protagonista di primo piano. Avventurarsi a delineare un profilo di Riccardo Cassin come alpinista, significa entrare nei recessi più cari e più preziosi della sua vita, in quelle zone recondite che ognuno custodisce con gelosia e pudore. L’operazione che può presentarsi all’apparenza la più facile, perché rivolta al campo più tipico e vistoso, diventa quindi la più rischiosa, quella che può tradire il personaggio, proprio mentre se ne vuole raffigurare il quadro. Qui non si tratta infatti di dare un resoconto delle sue imprese, ormai a tutti note e in tanti modi e in molteplici occasioni decantate. Del resto, se lo si deve ricordare nelle sue leggendarie conquiste, che cosa ci rimane da dire dopo averlo ammirato sullo spigolo Sudest della Torre Trieste in Civetta nell’estate del 1935 o sulla parete Nord della Cima Ovest di Lavaredo nella stessa stagione o sulla fantastica parete Nordest del Pizzo Badile nel 1937 o sull’irripetibile sperone Nord della Punta Walker delle Grandes Jorasses nel 1938? Non rimane null’altro da dire o da fare che tentare di uscire dallo stato di sbalordimento che ogni volta ci annienta nel rievocare questo incalzare di incredibili conquiste. Chi era che riusciva a realizzare tutto questo? Un giovane che, dopo aver
Riccardo Cassin nel 1961 al McKinley. Foto Archivio CAI Lecco
ripetutamente cercato nello sport la
ci viene a dire che il suo ricordo più
sua via di liberazione fisica e spirituale,
bello e nostalgico lo trova nella spe-
aveva trovato nella montagna e nell’al-
dizione del 1961 al McKinley, in Alaska.
pinismo l’ambiente e l’azione a lui più
Ma non è tanto la vittoria conseguita
affini e, per così dire, connaturali. Uno
sulla montagna più alta del Nord Ame-
dei tanti giovani per i quali il semplice
rica che ne fa il suo prediletto trofeo,
portarsi ai piedi delle grandi montagne
quanto invece la soddisfazione di aver
rappresentava un insieme di problemi,
affrontato un mondo nuovo e di aver
oggi inconcepibili, a partire dai costi del
portato alla vetta, attraverso quella via
trasferimento, dalla difficoltà di dispor-
inaccessibile, tutti e cinque quei giova-
re dei mezzi di trasporto e, ancor più,
ni “Ragni della Grignetta” che il CAI di
dai limiti imposti dal tempo disponibile
Lecco gli aveva affidato.
nell’arco di una intera stagione.
Così è fatto Cassin ed è giusto e do-
Tutto questo ci dice che ci troviamo
veroso per noi fermarci alle soglie di un
di fronte un uomo che è alpinista per
animo schivo, formato e temprato dalla
passione, un vero dilettante dell’alpi-
fatica dura dell’alpinismo. Di nulla ci può
nismo, che alla montagna si è donato
meravigliare un uomo che, negli spazi
sempre senza mai nulla pretendere in
infiniti delle sue montagne, ha saputo
cambio. Anche questa è una vitto-
udire ed accogliere i silenzi che invi-
ria da prendere in considerazione nel
tano alla responsabilità, alla solidarietà,
confronto con chi pratica l’alpinismo
all’amicizia vera.
a tempo pieno, con la figura del professionista, che storicamente segue
Cassin confidenziale
di parecchio gli anni trionfali del no-
A questo punto intendiamo pro-
stro Cassin. Lui, a questo proposito, ci
porre quanto Cassin ci ha raccontato,
fa sapere che in montagna ci è andato
in modo chiaro e preciso, della sua
solo quando poteva, nei giorni di festa
concezione di riferimento alpinistico,
e di ferie, perché negli altri giorni do-
in occasione di uno dei nostri incon-
veva lavorare. È un altro aspetto della
tri avvenuto negli anni ’70: una sinossi
sua vita che ce lo rende più umano, più
dell’argomento esplicativa e particola-
vicino a noi, ancor più accettabile per
reggiata, con la dovuta dissertazione
la modestia e la semplicità nascoste in
sul fascino dell’arrampicata in relazione
questo suo dire.
ai protagonisti e al loro tempo, collegati
Come ogni persona sinceramente
alla storia e all’evoluzione dell’alpinismo.
semplice, Cassin si lascia avvicinare con
Ecco la narrazione di Riccardo, re-
grande facilità e si intrattiene con la più
datta allora dall’autore di questo arti-
aperta disponibilità. Crediamo così di
colo.
essere riusciti a penetrare fino al fon-
“Nel mondo tutto si evolve con rapi-
do della sua personalità, accorgendoci
dità più o meno prodigiosa. L’alpinismo
solo più tardi di doverci ricredere e di
delle origini fu essenzialmente esplo-
constatare che ci eravamo sbagliati. È
rativo e scientifico. Furono gli studio-
così anche adesso, quando abbiamo
si della natura, soprattutto i geologi, a
creduto che le sue strepitose vittorie degli anni giovanili dal ’35 al ’38 fossero l’emblema del suo alpinismo e il suo vanto supremo. Non è così: è lui che
Sentieri e Parole
13
risale all’ascen-
bastando più le Alpi, si cercarono nuove
negli stessi anni Raimund Schinko in-
doveva infran-
sione
del
vette vergini nelle Ande e nell’Himalaya.
ventò l’imbragatura.
gere il predo-
Bianco
Anche qui l’uomo pose il piede su tutte
A inizio secolo l’austriaco Paul Preuss
Monte
minio tedesco
compiuta
dal
le grandi cime: gli ottomila. L’alpinismo
rifuggiva dall’uso dei mezzi artificia-
e
botanico,
fisi-
continuamente si evolve negli uomini,
li e stupiva il mondo alpinistico con le
tanti e tanti miti.
co e geologo
nelle discipline, dalle invernali, alle so-
sue vittorie solitarie, tra cui la bellis-
Ma approfon-
ginevrino Ho-
litarie, alle direttissime, e conseguen-
sima parete Est del Campanile Basso
diamo meglio la
race-Bénédict
temente anche nelle attrezzature e
di Brenta. Ma l’alpinismo artificiale, che
conoscenza di
de
Saussure,
nell’equipaggiamento. Anche turistica-
apparve subito argomento controverso
questo periodo,
che fu il pri-
mente, anche come progresso civile, la
e libero ad interpretazioni soggettive,
che riveste im-
mo a vedere le
montagna è diventata attrazione irre-
aveva il sopravvento. Era finita l’epoca
portanza enor-
montagne con
sistibile. E pensare che non è poi mol-
di Preuss, grande alpinista e difensore
me nel moder-
occhio amoro-
to lontano il tempo in cui la montagna
dell’arrampicata libera, che si vanta-
no
so e di poesia,
era avvolta in cortine di mistero, mito,
va di non aver mai piantato un chio-
italiano.
ed
pub-
diffidenza. Poco più di una generazio-
do nella roccia, che saliva d’impeto le
1925 al 1930: in
del
ne è passata da quando le donne dei
pareti appena queste comparivano al
un quinquennio
suo libro Mes
valligiani indicavano ai loro bimbi, per
suo cospetto, e che senza aiuto al-
una
voyages
spaventarli, gli alpinisti d’allora, segna-
cuno scendeva per le stesse vie che
da
landoli come uomini che abitavano con
aveva percorso in salita. Ora il chiodo, il
scuote
le streghe fra le altissime cime.
moschettone, la corda (allora di canapa
fondamenta le
o di seta ritorta) non erano più usati
concezioni al-
alla
blicazione
dans
les Alpes. In
un’epo-
ca nella quale
travolgere
alpinismo Dal
profonrivoluzione dalle
scienziati, quali
Dall’arrampicata libera all’artificiale
come mezzo di assicurazione soltan-
pinistiche tra-
l’irlandese John
Prima della grande guerra, la tecnica
to, ma anche come mezzo di salita, in
dizionali. È una
Tyndall, si ver-
dell’arrampicata libera raggiunse l’apo-
sostituzione dell’appoggio mancante.
ventata
gognavano
di
geo e generò una nuova concezio-
L’epoca dell’artificiale aprì un nuovo
viene da ol-
confessare che
ne: quella di ricorrere ai primi artifici
grande campo d’azione agli alpinisti più
tralpe. Il livello
si recavano sul
che consentirono di allargare il cam-
valenti e caddero una ad una le pareti
raggiunto
Monte
Bianco
po d’azione, di spostare ancora avanti
e gli spigoli ritenuti fino allora inviolabili.
Preuss,
Dulfer,
per il puro pia-
il limite delle difficoltà e di aumentare
Piaz,
Dibona
cere di scalarlo
la sicurezza. Nel 1908 l’inglese Oscar
e recavano con
Johannes Luwig Ecknstein realizzò i
Subito dopo il primo conflitto mon-
vincere il mistero e l’incantesimo delle
sé a pretesto il barometro, gli inglesi
moderni ramponi da ghiaccio e la pic-
diale furono gli alpinisti germanici, sor-
vo ed insuperabile. E già le maggiori
grandi montagne. In epoche più mo-
insegnarono e diffusero il piacere della
cozza corta. Due anni dopo, la guida
retti da una volontà ferrea e da una
imprese di quei pionieri costituivano
derne l’alpinismo è diventato un fatto
scalata, ed inglesi furono i primi esplo-
tirolese Hans Fiechtl costruì il moder-
caparbia determinazione, a realizzare
un apice che ben pochi alpinisti italia-
soprattutto sportivo: una conqui-
ratori delle nostre Dolomiti. Ogni vetta
no chiodo da roccia. Il tedesco Otto
imprese superiori a quelle compiute
ni erano capaci di raggiungere. Ecco
sta recente della civiltà. Esso sbocciò
fu raggiunta per la via più facilmente
Herzog sperimentò il moschettone e
fino a quel momento. La grande pa-
giungere da Monaco nomi nuovi e
dai sentimenti di amore per la natu-
accessibile; poi, per meglio conoscere
furono messe in vendita le prime “pe-
lestra dei monachesi, la scuola di tanti
cordate agguerritissime. Nuove tec-
ra ispirati dalle opere di Jean-Jacques
le montagne, si volle scalarle per ogni
dule” a suola di feltro o di corda. Solo
patriarchi dell’alpinismo classico e mo-
niche sono state sperimentate sulle
Rousseau, di Montaigne, di Javelle e de-
versante. Pareti, spigoli e fessure cad-
nel 1937 si brevettò il marchio Vibram,
derno. Quante volte, scorrendo la let-
pareti calcaree dello Wetterstein, sul
gli altri illuministi francesi; dalle scrit-
dero ad uno ad uno. Si cercò il difficile,
produzione originale di Vitale Bramani,
teratura alpinistica, si intendono que-
confine austro-tedesco, e del Kaiser-
ture dell’inglese Claire-Eliane Engel,
il sempre più difficile. Si arrivò al se-
per un nuovo tipo di suole scolpite in
sti nomi: Kaisergebirge, Wilder Kaiser,
gerbirge, nel Tirolo. Chiodi, moschetto-
brillante storica. La sua data di nascita
sto grado; poi al sesto superiore; dai
gomma per scarponi, che ottennero un
Fleischbank, Totenkirchi… Nacque lì la
ni, doppie corde, traversate a pendolo,
chiodi e moschettoni, di diverso tipo,
consenso immediato; le suole chioda-
scuola di Monaco (1) e lì si diffuse la
scala di Welzenbach, sono gli strumenti
si passò alle staffe e ai chiodi a espan-
te (con bullette e tricouni, chiodi per
tecnica bavarese. Sulla scorta della no-
tecnici di uomini intrepidi e spinti da
sione (spit). Tutte le grandi pareti Nord
scarponi), alla fine degli anni ’50, erano
tevole tecnica dei monachesi sorse in
uno spirito di conquista quasi ag-
ancora inviolate vennero vinte. Poi, non
praticamente scomparse. Più o meno
Italia un gruppo di arrampicatori che
gressivo, animati da una concezione
Cassin in una foto del 1933. Archivio storico Fondazione Riccardo Cassin
14
Sentieri e Parole
La scuola di Monaco
che
sembrava
da Cassin in Grignetta. Archivio storico Fondazione Riccardo Cassin
segnare
un limite definiti-
eroico-superoministica dell’alpinismo, inquadrati nel moto spirituale in atto nei paesi di lingua tedesca. Intanto in Italia Simon e Rossi hanno già vinto la parete Nord del Pelmo in Dolomiti. Il limite dell’estremamente difficile è sfiorato. Lo tocca infine una giovane guida, Emil Solleder, sulla Furchetta, sul Sass Maòr e sulla immane parete Nordovest del Civetta, “la parete delle pareti”, apparsagli dalla strada del Pordoi come una mitica muraglia, superiore ad
Sentieri e Parole
15
ogni suo sogno od im-
lori stranieri: i fratelli Dimai, Micheluzzi,
maginazione. Vi traccia
Comici, Videsott e altri dopo di loro.
la superba “direttissima”,
Uomini formatisi gradatamente, ani-
con Gustav Lettenbauer,
mati da una grande passione e amore
coronando la scala delle
per la montagna, scevri da ogni esalta-
difficoltà con il perfetto
zione, fuori di ogni esasperato spirito
esempio dell’estrema-
competitivo, divennero delle celebrità.
mente difficile, il sesto
Celebrità, si intende, limitata al ristretto
grado.
mondo degli specialisti. Allora l’alpini-
La
superiorità
dei
smo era ancora pieno di pudori, allora i
rocciatori di lingua te-
vittoriosi, rientrando al rifugio, non tro-
desca appare così net-
vavano ad aspettarli schiere di fotografi
ta e indiscussa che è
e cronisti.
ormai convinzione di molti
Due ritratti di Cassin. Archivio storico Fondazione Riccardo Cassin
che
Questa è la situazione negli anni
li Dimai e Emilio Comici che nell’anno
CENNI BIOGRAFICI:
1933 vinsero la parete Nord della Cima Grande di Lavaredo dopo ripetuti ten-
Riccardo Cassin è nato, il 2 gennaio 1909, a San Vito al Tagliamento, provincia di Udine. Leggendaria figura dell’alpinismo italiano che ha portato ai vertici estremi il periodo classico. Formatosi presso la scuola della Grignetta, sopra Lecco, dove abitò sin da giovanissimo, ha saputo trasferire la sua tecnica di arrampicata su tutto l’arco alpino. Componente del prestigioso gruppo Ragni della Grignetta, nel dopoguerra dirige le spedizioni al Gasherbrum IV, al McKinley, allo Jirishanca, al Lhotse; ripetendo inoltre – cinquant’anni dopo – le vie sulla Cima Ovest di Lavaredo e sulla parete Nordest del Pizzo Badile. Riccardo Cassin, nel corso dell’estate del 2009 ci ha lasciato; è stato uno dei più grandi alpinisti del secolo scorso, un vero caposcuola dell’alpinismo, una di quelle persone che si definiscono di vecchio stampo. Che amava prendere per mano un ragazzo, spiegandogli con finta severità, con toni burberi soltanto all’apparenza, i segreti dell’alpinismo. Scalate sulle pareti d’Europa, d’America e quelle in Asia sulle più grandi catene di montagne del mondo ci consentono di conservare un ricordo di Riccardo che vale un patrimonio, un’autentica e preziosa lezione di vita. Si è spento il 6 agosto 2009 ai Piani Resinelli sulle pendici della Grignetta, mentre gli imponenti funerali si sono svolti a Lecco sabato 8, nel cimitero del quartiere di Maggianico, dove abitava.
tativi e ricognizioni. Fu questa la prima salita dolomitica nella quale si ricorse sistematicamente all’impiego dei chiodi per la progressione. I primi duecentocinquanta metri di parete erano stati affrontati quasi esclusivamente in artificiale. Pensiamo a cosa doveva essere l’aspetto della fantastica muraglia della parete Nord della Cima Grande negli anni precedenti alla sua conquista; essa era, coi suoi (per quei tempi) assurdi
l’alpinismo
che precedettero il 1930, e nel corso
italiano sia irrimedia-
di quest’anno uscirono i bellunesi At-
bilmente condannato a
tilio Tissi e Giovanni Andrich, con delle
una condizione di umi-
esaltanti vittorie sulla vicina Civetta. La
liante inferiorità, e pro-
Torre Venezia, la Torre Trieste, queste
prio sulle montagne di
prime vittorie dettero loro la esatta
casa nostra. Le nuove
misura delle proprie capacità. Anche
concezioni
alpinisti-
il triestino Emilio Comici si impose in
che riecheggiano negli
questa prima fase di rinascita che vede
scritti di Pino Prati, di
gli italiani aprire numerose vie di se-
Domenico Rudatis e di
sto grado. A Emilio Comici si deve in
nal del Bec – Al rifugio Coldai alle ore
Antonio Berti, che suo-
particolare un approfondito studio della
20 – Ascensione veramente ardita e
Dato il giusto risalto alla figura di
scalatrice, nel 1933, insieme a Comici,
nano come sprone alla
tecnica, lo sviluppo della progressione
difficilissima – Prima ascensione italia-
Attilio Tissi (abbandonò l’alpinismo di
superò lo spigolo Sudest dell’anticima
gioventù nostrana, ma
in artificiale, la prima idea di un’organica
na e prima senza bivacco”. Tutto qui.
punta dopo un incidente motocicli-
della Piccola di Lavaredo: il celeberrimo
intanto si guarda con
esposizione della didattica dell’arram-
Quelle righe stavano semplicemente a
stico nel 1938; morì cadendo durante
“spigolo giallo”), Emilio Comici giunse
scetticismo agli alpinisti
picata. Intanto Tissi e Andrich affron-
significare che, grazie alla cordata di
una discesa a corda doppia sulla Torre
a Lecco e affinò gli artigli agli arram-
italiani, e uno straniero
tarono una via al vertice delle difficoltà
Attilio Tissi, si era dissolto per sempre
Lavaredo, nel 1959), affermerò, che se
picatori lecchesi che, potenzialmente
si sente autorizzato a
e della lunghezza, dove era considerata
il complesso di inferiorità dell’alpinismo
è vero che Emil Solleder aprì autore-
già forti, appresero da tanto “maestro”
lasciare, in un anfrat-
pazzia cimentarvisi per una corda-
italiano e si era aperta, per opera sua,
volmente l’era del sesto grado vin-
la tecnica, il segreto per affrontare e
to della “Solleder” del
ta italiana: era la “Solleder” del Civet-
dei suoi compagni, degli altri grandi al-
cendo la parete Nordovest del Civetta,
vincere difficoltà assai impegnative.
Civetta, l’ironica scritta:
ta. Chi scorre le pagine del libro delle
pinisti già nominati la strada di nuove,
per gli italiani emerse Emilio Comici, il
Era un periodo esaltante: in pochi anni
“Questo non è pane per
ascensioni del rifugio Vazzoler, prezio-
incredibili vittorie.
capostipite dei sestogradisti indigeni e
fu tracciato un gran numero di vie di
gli italiani”.
so documento dove sono iscritti i più
Ciò che rende più fulgida questa
grande maestro dell’arrampicata artifi-
eccellenza superiore e furono forzati
bei nomi delle ultime decine d’anni di
e le successive imprese di Tissi fu la
ciale.
itinerari sempre più difficili. Era final-
La rinascita dell’alpini-
alpinismo mondiale, troverà una breve
purezza di spirito, peraltro comune
Tra le imprese più formidabili di quegli
smo italiano
annotazione: “31 agosto 1930 – Civet-
all’alpinista di quei tempi, la sola spinta
anni, cito il pilastro Sud della Marmolada,
Proprio in quegli anni
ta – Parete Nordovest – via Solleder-
dell’amore per la montagna, l’assenza
forzato da Micheluzzi, lo spigolo Nord
Nel 1935 sulle Alpi occidentali i tede-
però stava maturando
Lettenbauer – Partenza alle ore 1 e 30’
di finalità polemiche o esibizionistiche
dell’Agner, vinto da Gilberti con Sora-
schi Rudolf Peters e Martin Meier col-
una nuova generazione
dal Vazzoler – Attacco alle ore 4 e 30’
(anche se in quel momento dovette
vito, una nuova via sulla Nordovest del
di alpinisti italiani, che
– Arrivo in vetta alle ore 18 – Discesa
avere un sapore assai indigesto il “pane
Civetta aperta da Comici con Benedetti,
presto
rag-
per la via comune in ore 1 – Smarrito
che non era per gli italiani” per l’autore
una impresa che scosse veramente il
giunto e superato i va-
il sentiero per il buio presso lo Sche-
della famosa scritta!) e soprattutto per
mondo degli alpinisti, quella dei fratel-
avrebbe
strapiombi, il prototipo stesso dell’impossibile. E nessuno osava mettervi le mani. Eppure sotto quella parete erano passati alpinisti come l’agordino Attilio Tissi, il tedesco Hans Steger, il tirolese Peter Aschenbrenner, ed alcuni di essi avevano anche effettuato dei tentativi. Emilio Comici e gli alpinisti lecchesi Fu in questi tempi che in compagnia
la semplicità.
della compianta Mary Varale (grande
mente debellato il dominio tedesco sulle Dolomiti.
Sentieri e Parole
17
Chiodo da roccia utilizzato da Cassin per la prima salita della Via Littorio al Torrione Costanza, il 15 ottobre 1933. Collezioe museale CAI Lecco
Tenda da bivacco impiegata nella spedizione al G IV guidata da Riccardo Cassin, nel 1958. Collezione museale Cai Lecco
sero un ulteriore successo con la prima salita della parete Nord delle Grandes
ripetizione. Gli anni d’oro dei “grignaiuoli”
Martello da roccia Cassin, anni 1930-1970. Collezione museale Cai Lecco
vista solo in fotografia. Con indomi-
Ramponi a 10 punte, anni 1910-1940. Collezione museale Cai Lecco
esperienza, aveva costruito.
Nelle Alpi Centrali l’attraente e po-
ta energia e pari resistenza si ebbe la
Nel 1939, l’anno seguente, sempre nel
sono certo giuste, ma non colgono il fondo della questione, che è di aspetto
Jorasses, ripetuta, appena due giorni
E si giunse a ricordare a caratteri
deroso Pizzo Badile rappresentava
fortuna di vincere al primo colpo e si
gruppo del Bianco, due miei giovani
dopo, dai nostri grandi alpinisti Giusto
d’oro quanto l’alpinismo lecchese, ger-
un’ambita aspirazione per i migliori
riuscì a tracciare un itinerario classi-
compagni, la formidabile coppia lec-
Io credo che il fatto più sintomatico
Gervasutti e Renato Chabod, frenati
minato dalla semina di Comici, seppe
alpinisti del tempo. Noi lecchesi, cioè
co, ancora oggi indicato come una via
chese Ratti e Vitali, tracciano la diret-
sia invece che gli alpinisti di quei tem-
dalla sfortuna nella lotta per la conqui-
conquistare. Si possono ricordare ol-
io con Esposito e Ratti, riuscimmo a
incomparabile per la continuità delle
tissima sulla parete Ovest dell’Aiguille
pi hanno saputo demolire le barriere di
sta della prima.
tre al mio nome, e scusatemi se parlo
sconfiggere questa gigantesca mura-
difficoltà e per la grandiosità dello svi-
de Peutèrey, itinerario che porta per
ordine psicologico, valicando la barriera
Galvanizzata dall’esempio di Comici,
in prima persona, Ratti, Vitali, Esposito,
glia di granito, sfuggendo alla morte,
luppo, oltre che per l’ambiente in cui si
la prima volta su roccia, nel Bianco (ad
della paura, con una grande forza mo-
la scuola italiana ebbe un incompara-
Tizzoni, Dell’Oro, Panzeri, Longoni, Giu-
che non risparmiò invece due coma-
trova.
opera di “grignaiuoli”, da alcuni con-
rale e con la consapevolezza e la con-
bile sviluppo in campo dolomitico e si
dici, ed altri, che nelle Grigne ebbero
schi, Molteni e Valsecchi, da noi trovati
Intanto poco prima, alla fine del
siderati dolomitisti) l’aria delle grandi
vinzione di poter passare dappertutto,
aggiudicò tutti i nuovi, grandi itinerari:
il loro campo di attività e di realizza-
in parete mentre tentavano la nostra
mese di luglio, una cordata austro-te-
realizzazioni dolomitiche. I lecchesi si
anche se le difficoltà potevano sem-
Carlesso vinse la Sud della Torre Trie-
zione, e che da questo primo campo
stessa impresa. Lo sforzo sovrumano
desca, Heckmair, Vorg, Kasparek, Harrer,
distinguono su ogni terreno e campo
brare enormi”.
ste, Alvise Andrich forzò la Nordovest
d’azione mossero verso quelle imprese,
e le condizioni della montagna, flagel-
aveva superato la più pericolosa parete
d’azione, dalla Grigna, alle Dolomiti, alle
della Punta Civetta, Soldà e Vinatzer
le più ardite ormai, che avevano resi-
lata dalla tormenta e dal freddo portato
delle Alpi, la Nordovest dell’Eiger, con-
Alpi centrali e occidentali.
tracciarono due itinerari al limite del
stito all’attacco dei migliori alpinisti di
dall’uragano, ebbero il sopravvento su
cludendo il lunghissimo e tragico ciclo
Ma di me, del mio alpinismo, della
possibile sul versante meridionale della
tutta Europa. Caddero lo spigolo Sud
questi due alpinisti lariani, mentre noi
di tentativi. Per onore di cronaca dirò
mia gioventù parlerò in una prossima
Marmolada, alla Punta Rocca e alla Pe-
della Torre Trieste e la Nord della Cima
lecchesi pure fummo strenuamente
che anch’io avevo nei miei propositi
occasione. Ora voglio solo sottolineare
nia; ancora Carlesso superò la parete
Ovest di Lavaredo. Ventisette tentativi
combattuti, fino allo stremo delle for-
questa sfida, ma quando arrivai ai piedi
che da queste ultime imprese riporta-
Nordovest della Torre di Valgrande in
prima della cordata vittoriosa. Tra gli
ze. Questo quando correva il luglio del
della montagna, in parete c’erano già
te sono passati decine di anni, anche
Civetta. Altre magnifiche vie, appena
alpinisti che avevano provato a supe-
1937.
gli alpinisti sopra citati che si stavano
se ad esse io penso come all’apice di
inferiori a quelle citate, vennero aperte
rare il grande strapiombo della parete
Ancora noi lecchesi, con me ci sono
rendendo protagonisti di questa gran-
tutta una concezione e pratica dell’al-
dagli stessi alpinisti e da Gilberti, Co-
Nord vi erano nomi come Demetz, Co-
Esposito e Tizzoni, nell’agosto del 1938
de impresa. Ma mi consola ancora oggi
pinismo. Solitamente, quando si vuol
mici, Tissi, Videsott, Detassis, Castiglioni,
mici, Dimai, Carlesso. Ma arrivati al tra-
nel cuore del monte Bianco andiamo
che l’occasione sfumata mi orientava
far notare la superiorità degli alpinisti
Vinci.
versone tutti avevano ripiegato. Finché
a compiere un’altra prima, alpinistica-
verso la Punta Walker. Eiger e Walker:
di tanti anni fa, si pone l’accento sulle
il sottoscritto con Ratti vinse con de-
mente più ardua: la conquista dello
due concezioni diverse, forse, ma an-
diversità di equipaggiamento fra allo-
cisione e volontà la parete. Solo dopo
spigolo Nord dello sperone della Punta
che due pilastri fondamentali, due di-
ra e oggi: scarpe con suole di feltro,
pochi giorni Hintermeier e Meindl, due
Walker delle Jorasses. Della parete non
mostrazioni di ciò che l’uomo, con un
staffe con cordino, pochi tipi di chiodi,
alpinisti di Monaco, compirono la prima
conoscevamo niente, perché l’avevamo
solo secolo e mezzo e poco oltre di
corde di canapa. Queste osservazioni
18
Sentieri e Parole
differente.
1) Espressione usata per indicare gli scalatori austro-tedeschi che, negli anni ’20 e nei primi anni ’30, dedicandosi soprattutto all’arrampicata su roccia, con mentalità moderna introdussero il sesto grado nelle Alpi calcaree e nelle Dolomiti. Ne furono esponenti alpinisti come Felix Simon, Roland Rossi, Fritz Wiessner, Emil Solleder, Leo Rittler. Willo Welzenbach portò la mentalità e la capacità della scuola dalla roccia all’arrampicata su ghiaccio. Importanti, in questo campo, il nome di Willy Merkl, autore di scalate di prim’ordine, e quello di Paul Bauer, che uscendo dalle Alpi si indirizzarono al Caucaso e all’Himalaya. Si segnala inoltre F. Rigele, inventore dei chiodi da ghiaccio, che furono usati per la prima volta sul Gross Wiesbachhorn.
Sentieri e Parole
19
AMBIZIONE PALÙ
L’orgoglio di un trittico speciale
non lo lasceranno più, per tutta la vita.
la lingua fuori, morsicata dalle labbra.
ma ugualmente gratificante. A quel
Con lui conosceremo insieme i 6000
È un suo aspetto classico, lo conosco
punto senti i brividi di strizza solo a
del Perù, il Cerro Torre in Patagonia, le
molto bene. Sempre in conserva, in
guardarlo, solo al pensiero che ci devi
montagne africane: accanto alle no-
poche ore siamo in cima: qui, con il
passare sotto. La parte bassa inondata
stre spedizioni non solo come medi-
solito commovente abbraccio, ci tra-
dal sole e la roccia calda ci assicurano
co, ma anche come alpinista. E questo
smettiamo le nostre emozioni senza
però il piacere di arrampicare.
nonostante una sua indimenticabile
dirci una parola. Sarebbe tutto un di
battuta che ci fece scoppiare dal ride-
più, ogni cosa è sottintesa.
S
di Gigi Alippi
ono sicuro che i ricordi che sto per raccontare possono più validamente venire compresi,
specialmente per chi non ha ancora avuto la fortuna di conoscere questi incantevoli luoghi, se mi soffermerò in una premessa che tratteggi le loro caratteristiche geografiche. Arrivare di fronte al Pizzo Palù vuol dire innanzitutto venire assaliti da emozioni che scendono ogni volta nel fondo dell’animo, in una forma che credo possa difficilmente accadere altrove. Questo, forse, perché la sua sagoma inconfon-
20
Sentieri e Parole
prudente piantare un chiodo nell’ulti-
re dopo una delle più faticose giornate
Vi sono montagne che godi duran-
ma fessura di roccia prima di accin-
al Cerro Torre: “Mi so nò se son chi a
te la salita, le domini, sei sicuro di te
germi ad aggirare il seracco sulla si-
fa’ el dutur o l’asnin!”.
stesso: è il classico valore di chi va
nistra. Proseguo, a metà tiro mettere
per monti. Ve ne sono altre che ti fan-
un chiodo da ghiaccio non guasta. Ci
no soffrire, con la preoccupazione del
muoviamo pian piano fino alla base
Tra gli speroni del Palù, il più facile è
tempo che può cambiare, le difficoltà
di uno scivolo molto ripido che porta
quello orientale di 3882 m, raggiun-
tecniche, la discesa che non conosci,
sopra il seracco. Mi trovo in splendida
gibile per la via Kuffner, aperta il 22
il freddo, la nebbia, la responsabilità:
forma e, appena posso, salgo in libera,
agosto 1899 da Moritz von Kuffner,
e allora pensi solo di trovare il ban-
sfruttando solo la punta dei ramponi …
Martin Schocher e Alexander Burge-
dolo del ritorno a casa. Mi è capitato
è una goduria.
ner: pensai subito che per Sandro po-
parecchie volte, nel calduccio del mio
Ci troviamo finalmente sopra il se-
teva bastare questo. Anche se l’arrivo
letto, di riguardare il film della salita, le
racco, ed anche il sole, che continua
ai meravigliosi piedi del Palù poteva
preoccupazioni ora sono soltanto lì
a tenerci compagnia, contribuisce ad
rappresentare una superlativa conti-
nei tuoi pensieri e questo, dolcemente,
eliminare la tensione. La parte alta, che
nuazione del viaggio di nozze, la Ca-
ti fa addormentare felice.
sale fino alla cima, praticamente non
Tre speroni
Pizzi Palù e Bellavista dalla Diavolezza. Foto Chiara Spinelli
Il ghiaccio è verde, per cui trovo più
panna Diavolezza non fu certamente
Ritornerò al Palù ancora con San-
presenta particolari difficoltà. Quan-
all’altezza di offrire una notte idilliaca
dro, per salirlo nel 1982 lungo il pi-
do la raggiungiamo - vicino a quota
a Enrica, la sposina in luna di miele. I
lastro Centrale, il più difficile dei tre,
4000 domina le altre due punte - ci
dibile viene a stagliarsi contro lo sfon-
Ad interpellarmi era stato il dottor
rifugi svizzeri infatti, proprio per loro
che porta alla vetta principale a quo-
sentiamo come soggiogati dallo spet-
do azzurro del cielo come un’improv-
Sandro Liati con un annuncio che,
scelta, sono attrezzati con un letto
ta 3905 m. La via che arriva in vetta
tacolo che ci si presenta. Uno tra i più
visa sorpresa, sbucando dalle terrazze
tra l’altro, mi lasciò di stucco: “Sono
comune, dove ogni singolo posto è
a questo sperone, conosciuta come
belli delle Alpi. Con un piede ci tro-
panoramiche della Capanna Diavolez-
Sandro: sto per sposarmi con Enrica!
delimitato semplicemente dal cuscino
cresta Bumiller, venne tracciata il pri-
viamo in Svizzera, con l’altro in Italia.
za a quota 2973 m, dove la funivia del
Abbiamo pensato di fare il viaggio di
personale. E, in aggiunta, il russare è
mo settembre del 1877 con la salita di
Anche Sandro è euforico, lo sento nel
Bernina ci ha traslocato con un ardito
nozze al Sud, ma lo vorrei completare
compreso nel prezzo. Comunque è
Hans Bumiller, Martin Schocher, Johann
vibrare del suo abbraccio. La Bumiller
balzo di quasi mille metri.
al ritorno con una gita in montagna.
notte fonda quando con Sandro la-
Grass e Christian Schnitzler. A metà
è veramente una di quelle salite che si
Siamo in territorio elvetico e da
Pensa tu a qualcosa di possibile, viste
sciamo il calduccio del rifugio alla vol-
dello spigolo vi è un seracco enorme
godono pienamente al momento che
questo versante il Palù è caratterizza-
le circostanze”. Sapevo bene che cosa
ta dello spigolo Kuffner che troviamo
che incombe sinistramente sulla testa
si affrontano, ma rimangono poi anche
to dai tre poderosi pilastri che preci-
il dottor Liati voleva intendere come
imbiancato, coperto da una leggera
di chi sta salendo. Non potevo imma-
nei ricordi per sempre. È con queste
pitano nella Vedretta di Pers: si tratta
semplice gita, lui cui la montagna gli
nevicata.
ginarmelo così quando la sera prima,
intense emozioni nel cuore che deci-
di tre speroni di roccia e ghiaccio che
era nata dentro e che adesso, appena
Mi trovo in splendida forma, giunta
al rifugio, guardavamo spensierati alla
diamo di metterci sulla via del ritorno
stanno nel sogno ambizioso di ogni
riesce a sottrarsi al suo lavoro, pensa
ormai all’apice della sua maturazione.
televisione la partita di calcio Italia-
alla Diavolezza: la discesa è ancora
alpinista. Inutile, credo, precisare che
solo a puntare verso l’alto. Da giovane
Stendo i 40 metri di corda e saliamo
Polonia, nell’indimenticabile campio-
lunga.
questo sogno rientrava anche nei miei
aveva iniziato con lunghissime pas-
in conserva, costretto solo a fermarmi
nato del mondo di quell’anno, che
progetti, tanto fortemente che quando
seggiate in Val Malenco, ma poi, non
di tanto in tanto per aspettare San-
lasciò noi tifosi in uno stato di eufo-
un giorno mi giunse la telefonata di un
appena scoperte le cime che si alza-
dro e consentirgli di tirare il fiato. So
rica contentezza. Giungiamo alla base
amico che mi pregava di organizzar-
vano oltre la vallata, non poté più re-
che lui è un duro, non si lamenta mai:
del seracco dopo aver superato uno
gli un’arrampicata speciale, non potei
sistere al loro richiamo. Le prime forti
quando non ne può più, lo vedi con
spigolo di roccia, non molto difficile
immaginarmi altro che pensare al Palù.
emozioni delle esperienze alpinistiche
Sentieri e Parole
21
Indico a Lantero di volgere lo sguar-
solo le arrampicate da condividere,
un dedalo di crepacci. Salti un crepac-
do verso Ovest per ammirare il Pizzo
ma anche eccitanti battute di caccia
cio, ne salti un altro: ti sposti tutto a
Bernina (4049 m), la più alta vetta del-
formavano una passione comune. Così
sinistra, ritorni al centro: salti, salti, non
le Alpi Retiche, il Pizzo Bianco (3995
quella volta gli feci osservare: “Vedi le
si passa. Allora tutto a destra, ritorni
m), con la “Biancograt”, elegantissima
due ‘autostrade’ che prendono i mi-
al centro. La musica continua fino alla
cresta nevosa, intanto il rifugio Marco
gratori? Una è quella che scende dal
fine del ghiacciaio.
e Rosa (3609 m), che si scorge nelle
Maloja verso la Val Chiavenna, l’altra
Sì, certo, la via l’abbiamo dovuta
vicinanze della Fòrcola di Cresta Guz-
è quella che dallo Stelvio corre lungo
scegliere man mano, ma finalmen-
za, mi suggerisce un’idea improvvisa:
tutta la Valtellina. A Colico si incontra-
te siamo giunti sulla morena: e con
“Dobbiamo provare a scendere lungo il
no, e lì avviene che il ‘passo’ cresce in
questa travagliata discesa non si con-
ghiacciaio del Morteratsch? Non sono
modo impressionante”.
cludeva soltanto il mio assalto allo
mai sceso da quella parte, dai che co-
Ricordi di ogni genere, ma intanto
sperone occidentale. Avevo realizzato
scendendo lungo il Morteratsch, at-
uno degli obiettivi che più mi stavano
traverso la Fortezza, il crestone che
a cuore e che anche adesso, a distan-
prolungandosi si estende dallo spero-
za di tanti anni, mi fanno sentire stra-
Ora che ci si muove più rilassati,
ne Nord della cima più orientale delle
ordinariamente orgoglioso di questo
posso dar corso ai tanti ricordi di per-
Cime di Bellavista, siamo arrivati ad
risultato alpinistico.
sone care e di montagne. Ero con Ca-
incrociare il ghiacciaio che scende dal
E a quale alpinista non farebbe gola
simiro Ferrari, in questi paraggi: anche
Bernina a separare il bacino della Ve-
poter includere nel suo carnet una
allora una bellissima giornata, mentre
dretta di Pers da quello della Vedretta
cosa tanto speciale come il “trittico”
spuntava l’alba. Con lui non c’erano
di Morteratsch: è piatto. Ci infiliamo in
del Palù?
nosciamo una discesa nuova”. In compagnia dei ricordi
Piz Palù visto dalla Fuorcla Pischa sul traverso della Val da Fain a Muottas Muragl; in secondo piano la Ch. Diavolezza. Foto Riccardo Perisi Lo Sperone Kuffner al Palù Orientale. Foto di Matteo Abate
come tutti o quasi lo chiamano, per-
servo con la coda dell’occhio, mentre
Sapevo che il mio conto con il Pizzo
ché alle volte risponde anche quando
mi faccio sentire bruscamente: “Non
Palù non si sarebbe comunque chiuso
viene chiamato Alberto. Con lui mi ri-
guardare giù, hai capito? Crapone!”.
finché non avessi completato il tritti-
trovo all’alba ai piedi di uno spigolone
Intanto continuo con le dovute sicu-
co di cui si componeva il suo insieme.
affilato di ghiaccio, e diamo inizio al
rezze: i ramponi mordono alla per-
Quello che mi mancava per rendere
solito rito: ramponi, imbrago, un po’
fezione, quindi niente gradini. Sento
del tutto soddisfacente il mio rappor-
di ferraglia, qualche moschettone. Si
dentro di me tanta certezza e padro-
to con lui era la cima del suo spero-
parte avvantaggiati da una giornata
nanza, che mi portano all’esaltazione:
ne occidentale di 3823 m, quello che
splendida, la neve è buona, il ghiaccio
che belle emozioni! Siamo ormai fuori
era stato conquistato il 31 luglio 1899
e il misto mi esaltano. Facciamo 40
dallo spigolone. Un ultimo tratto ed
con la vittoriosa scalata di J.T. Burton
metri fino ad una piazzuola: chiodo e
ecco che la cima ci accoglie, in pie-
Alexander, Christian Zippert e Florian
via di nuovo. Siamo alti, sotto di noi il
no sole. Vedo scendere dagli occhi di
Grass, e il cui percorso porta il nome
vuoto si fa impressionante.
Lantero qualche lacrimuccia, mentre
La via Zippert
di via Zippert. A tenermi compagnia
Lantero comincia a fare i capricci:
in questo ultimo assalto non si trova
è un uomo dal fisico molto forte, ma
il solito dottor Liati, ma un amico al-
psicologicamente è un… disastro. Lo
Considero che se la via Zippert mi è
trettanto carissimo di nome Lantero,
conosco molto bene per aver salito
parsa più facile della Kuffner è dovuto
con lui delle belle montagne, dal Mon-
al fatto di essermi trovato in uno stato
te Bianco al Rosa alle Dolomiti. So che
straordinario di forma, ma forse anche
ha bisogno della solita strigliata ener-
perché neve e ghiaccio erano in con-
getica che lo tolga dall’incubo. Lo os-
dizioni ideali.
22
Sentieri e Parole
le mie rimangono nascoste dentro il cuore.
IL COLORE DELLE ORCHIDEE
Sono 40 le specie che fioriscono nel nostro territorio
giunge il metro di altezza e fiorisce da
calcareo, dal piano fin quasi a 1.800
su un fusto sottile, spesso leggermente
maggio a luglio con uno o due fiori
metri, e fiorisce da giugno ad agosto
incurvato.
molto belli e di grandi dimensioni.
con una spiga con radi fiori di forma
Decisamente molto rara sulle mon-
abbastanza poco comune tra le orchi-
tagne lecchesi è la sambucina, o giglio
dee.
sambucino, Dactyloriza latifolia, BAUM
Sul nostro territorio una delle più vistose e tra le prime a fiorire, da aprile
L
di Annibale Rota
a famiglia delle orchidee, Orchidaceae, comprende più di 20mila specie ed è così una delle più
numerose al mondo. Le orchidee sono presenti in tutti i continenti e vivono nei più disparati ambienti: pascoli, paludi e boschi, dal piano a quote elevate, ed
lia e più di quaranta anche nel territo-
La regina, per dimensioni e bellezza,
rio lecchese, dove fioriscono dal piano
delle orchidee montane è sicuramente
fin sulle cime più alte. Appartengono a
la pianella della Madonna, o scarpetta
una ventina di generi diversi (che non
di Venere, Cypripedium calceolus, L.,
sto ad elencare) ed abbelliscono con i
purtroppo estinta nel nostro territorio,
loro fiori prati e boschi dall’inizio della
dove pare fosse ancora presente agli
primavera a tutta l’estate, generalmente
inizi del novecento, e ormai molto rara
a quote medio-basse, ma non man-
ovunque. Talmente rara che in Svizzera
cano specie che salgono molto in alto,
è stato fondato un club riservato a co-
Cypripedium calceolus
Platanthera bifolia
esistono anche specie parassite di altri vegetali Considerate fiori tipici di paesi esotici caldi, le orchidee oggi sono abbastanza comuni anche in Italia grazie alla coltivazione in serra. Forse però non tutti sanno che un centinaio di specie di orchidee sono presenti spontanee in Ita-
24
Sentieri e Parole
loro che hanno fotografato almeno una
e i 2.500 metri. Poche superano i 50
volta questa splendida orchidea.
centimetri di altezza ed i fiori, di molte
E’ possibile incontrarla ancora nei
forme e dei più svariati colori, delicati
boschi di Bormio e in poche zone del-
e quasi tutti molto belli, sono in genere
le Dolomiti e delle Prealpi Venete. Ho
piccoli e raggruppati in spighe, pannoc-
avuto la fortuna di vederne e di fo-
chie o grappoli anch’essi di varie forme
tografarne alcune piante perfettamente
e più o meno folti.
fiorite, tra cui quella qui riprodotta, nei
Nel nostro territorio sono tutte spe-
pressi del lago di Tovel nelle Dolomiti
cie protette ed inoltre sarebbe assurdo
di Brenta ed è stato un incontro vera-
coglierle perché, a differenza di quelle
mente emozionante.
rapidamente..
Ho citato all’inizio la nigritella, Ni-
e KUNK. Personalmente ne ho vista
è l’orchidea rossa, o orchidea maschia,
gritella nigra, REICHENBACH, chiamata
solo un piccola colonia, meno di dieci
Orchis mascula, L.
anche vaniglina perché i suoi fiori di
piantine con fiori gialli, sui prati sotto-
Vive nei luoghi erbosi magri e nei
colore rosso-nerastro, raccolti in una
stanti le pareti del Sasso dei Carbonari.
boschi, sia sui terreni calcarei che su
densa spiga globosa, emanano un in-
Alta fino a 30 cm, fiorisce da mag-
quelli silicei, ed è frequente su tutte le
tenso profumo di vaniglia. Per questo
gio a luglio, a secondo della quota, con
montagne lecchesi per cui è abbastan-
motivo viene sconsideratamente rac-
una spiga ricca di fiori di colore giallo
za facile da incontrare e, dopo averla
colta ed è di conseguenza abbastanza
o carminio, con possibili tonalità inter-
ammirata, da fotografare.
rara.
medie. Vive nei prati dai 300 ai 1800
Dacthyloriza sambucina
come la Nigritella presente fra i 1.600
coltivate, una volta recise appassiscono
a giugno, dal piano fino a 2.200 metri,
Vive su terreno calcareo nei boschi a quote fra i 700 e i 2.000 metri, rag-
Nigritella nigra
Precoce è anche l’orchidea primave-
Vive nei pascoli montani tra i 1.600
metri, preferibilmente su terreni sili-
rile, Platanthera bifolia, REICHENBACH.
e i 2.500 metri e fiorisce da luglio ad
cei, dove, a differenza che sulle nostre
Pianta alta fino a 60 cm con delicati e
agosto. E’ ancora abbastanza facile da
montagne calcaree, ho avuto modo di
profumati fiori bianco-verdognoli, vive
vedere sulla cresta sommitale del Gri-
vederne e fotografarne molte sia gialle
nei boschi e nei prati dal piano fino
gnone, nei pressi della Bocchetta di Re-
che rosse.
a 2.000 metri di altezza. Fiorisce da
leccio, e ad Artavaggio nei prati ai piedi
maggio a luglio ed è presente su tut-
del Monte Sodadura.
te le montagne lecchesi, ma è decisa-
Comune nei boschi di latifoglie è l’el-
mente meno comune della precedente.
leborina bianca, Cephalanthera longifo-
Ancora più rara, almeno per la mia
Mi fermo qui, sperando di essere riuscito a dare un’idea della bellezza e della varietà di forme e di colori delle orchidee delle nostre montagne.
lia, L.
esperienza, è l’elleborina rosso-viola-
Alta fino a 60 cm, fiorisce da maggio
cea, Epipactis atrorubens, SCHULTES.
a luglio dai 400 ai 1800 metri. I suoi
Vive ai margini dei boschi, su terreno
fiori sono bianchi, spaziati e profumati
Sentieri e Parole
25
LE ETÀ DELL’ALPINISMO
COMPLEANNO D’ARTISTA
Riflessioni sul passato e sulle prospettive per il futuro di Renato Frigerio L’alpinismo ha una sua storia, meglio ha anche una storia, ma ha soprattutto diverse età, che non si evidenziano appieno nelle pagine della sua storia. Le età dell’alpinismo sono quelle che compaiono
significativamente
dai
semplici racconti prima, dai consistenti libri poi, di coloro che sono stati protagonisti sulla montagna. È proprio dalla rassegna di questi protagonisti che possiamo cogliere caratteristiche e stili comuni alle varie epoche e a queste dobbiamo risalire se, anche
mondo tradizionale dell’alpinismo è
caricano di senso di sfida al pericolo
tremendamente lontano dai colos-
Il 5 novembre 2014 Palazzo delle
e alla sofferenza, con azioni e situa-
si dell’Himalaya e delle Ande, appare
Paure di Lecco ha ospitato un inso-
zioni che richiamano più l’eroismo che
senza ombra di dubbio la difficoltà di
lito evento: il compleanno del pitto-
il fatto sportivo, più l’ardimento che la
risolvere la continuità dell’alpinismo
re Giansisto Gasparini che per i suoi
giusta soddisfazione per la conquista.
con il semplice uscire dal proprio am-
novant’anni ha regalato alla città una
Sull’onda dell’entusiasmo di un alpini-
bito territoriale. Per lo meno sembra
performance in diretta disegnan-
smo da prima pagina, da tutti osanna-
necessario scartare l’idea di ridurre
do montagne alla presenza attenta
to, si sono trovati, soprattutto a partire
l’alpinismo moderno a continue ripe-
e affascinata di tutti gli amici che
dal secondo dopoguerra, i mezzi in-
tizioni di impegnative, onerose e lun-
hanno voluto stringersi attorno a lui.
genti necessari per proseguire verso
ghe spedizioni per ricalcare i ghiacci
Si è ripetuta qui in forma più uf-
il nuovo, che si era individuato nel-
che coprono gli 8000. Oltre le nostre
ficiale l’emozionante esperienza di
le montagne che formano il tetto del
bellissime Alpi, si potrebbero eventual-
qualche settimana prima nella libreria
mondo.
mente cercare nuovi spunti tecnici a
Einaudi, dove Bruno Biagi, nell’ambito
livello individuale anche
della rassegna Montagne magiche-
nelle molteplici cime di
montagne incantate, aveva pensato
sei/settemila
metri
di
e organizzato un incontro con l’arti-
altezza
costellano
sta invitandolo a interpretare col suo
i massicci extraeuropei,
segno Come nasce una montagna.
per affrontare le quali,
Mio il compito di presentare l’artista
con i moderni materiali
interloquendo con lui sul suo “corpo
superleggeri e con i vi-
a corpo” con le montagne in questi
veri concentrati, i costi
suoi anni lecchesi in cui la monta-
delle spedizioni possono
gna è divenuta il soggetto esclusivo
essere abbordabili ai più.
delle sue opere. In quell’occasione
vuole conservare l’essenza dell’ alpinismo. di
scalate,
come quelle che riscontriamo sulle vie aperte da arrampicatori
quali
Vi-
natzer, Preuss, Rebitsch con arrampicate libere piene di inventiva e fantasia, sono ben differenti da quelle di
sin ed Heckmair, nei quali
era nata una sorta di “improvvisa-
Messner, Kukuczka, Lo-
zione jazzistica” sul tema in cui, alle
retan, Chamoux, Inurra-
due voci, si sono aggiunti altri inter-
tegi, Urubko, Steck, Moro,
venti, mentre le montagne tracciate
Panzeri, che si ergono a
dal segno rapido e deciso del pittore
Senza dubbio il fascino misterioso
dominatori della montagna, con i loro
prendevano corpo sul foglio bianco.
dei giganti che svettano oltre quota
exploit sugli oltre 8000 raggiunti ma-
8000 ha contribuito a ritardare la crisi
gari senza ossigeno, pure con prime
dell’alpinismo, una crisi che può inve-
invernali, o a tempo di record o chissà
Le emozioni si sentivano nell’aria e
ce essere superata soltanto ricorrendo
come: ma l’alpinismo, per sopravvivere
ci suggerirono di proporre a un pub-
ai suoi intrinseci valori culturali, di cui
così come è nato, deve offrire spazi e
blico più vasto questa esperienza in-
non è assolutamente carente.
certezze anche a chi vi si dedica con
tima. Con l’assessore Michele Tavola
Del resto, indipendentemente dal
il poco tempo e i mezzi che ha, pur
pensammo di festeggiare in questo
fatto che di vette oltre 8000 su que-
possedendo lo stesso potenziale dei
modo l’imminente compleanno del
sta nostra terra ce ne sono quat-
celebri campioni.
Maestro in un incontro pubblico e,
Everest, 8848 m, a sinistra, Nuptse,7879 m, in primo piano e Lhotse, 8501m, a destra in secondo piano, visti dal Gokyo Ri, 5450 m. Foto di Tino Albani
emerge un alpinismo di conquista, con vie dure, che richiedono forza e carattere per essere superate. Con Buhl, Bonatti, Desmaison, Bonington ed altri, per giungere fino a Messner, la descrizione dell’alpinismo assume sempre più toni drammatici,
26
Sentieri e Parole
che
Ci saranno sempre i
chi li ha seguiti nel tempo, come per esempio Cas-
di Tiziana Rota
quasi leggendari, con imprese che si
nella creatività del nuovo, si
Descrizioni
Giansisto Gasparini e le montagne di Lecco come
sottolineato
poi il sindaco in apertura della serata, “Abbiamo chiesto a Giansisto di condividere questo momento con una rilevanza pubblica, proprio per sottolinearne la grandezza artistica [..] la cultura è un bel lievito dentro la vita di una comunità, un importante momento di crescita collettiva”. Alle ore 21 del 5 novembre ha così luogo la festa voluta e organizzata dal Comune, dai Musei e dagli Amici dei Musei di Lecco con l’intervento delle autorità, sindaco Virginio Brivio, assessore Michele Tavola, monsignor Franco Cecchin, e di tanti amici che poi insieme hanno brindato alla salute del maestro quando ha spento le 90 candeline sulla torta. Realismo esistenziale Il ruolo centrale di Gasparini nel contesto dell’arte
Emozioni
ha
nella
secon-
da metà del ‘900 e del movimento
del
reali-
smo esistenziale è stato messo in luce da Michele Tavola. “Questi artisti, emarginati dalla vita culturale artistica, sono
tordici soltanto, considerando che il La voce sul Sinai, 2013, olio su tela, cm 89x2500
esistiti proprio perché pochi anni
la vedi, ogni volta diversa, continua
ne” di quelle montagne che solo
prima di loro c’è stato qualcuno che
ad essere lì al centro
esse-
ora ha veramente visto nella loro
ha indicato la strada: Franco Fran-
re guardata ad esistere con la sua
forza generatrice, garanzia di per-
cese e Giansisto Gasparini, che per
identità, oltre il profilo che mostra
manenza se non d’immortalità; ora
primi hanno saputo portare in Italia il
allo sguardo. Seducente e dramma-
vuol cogliere il continuo farsi della
verbo europeo e mondiale di Bacon.
tica, trasparente e compatta, storia
materia; ora le montagne vuol co-
Gasparini in particolare, ha introdot-
e memoria: continua ad esistere e
struirle sulla carta più che dipingerle.
to un pubblico più ampio alla figura
a divenire da millenni, prima e dopo
Come nel passato i protagonisti delle
di Bacon, rappresentando macellerie,
tutti noi. Il San Martino, il Resego-
sue incisioni e dei suoi dipinti sono
carne lacerata, e altri soggetti che
ne, il Due Mani, che pur riconoscia-
stati gli uomini e le donne che insie-
infastidiscono l’occhio dell’osser-
mo nelle sue incisioni, non vogliono
me o nella loro solitudine esisten-
vatore. Negli anni Cinquanta la sua
ricordare questo o quel paesaggio
ziale hanno lavorato per la storia o
pittura era dunque vicina al realismo
ma sono il corpo su cui l’artista pro-
della storia hanno subito le ingiusti-
esistenziale. Nelle incisioni svolgeva
va continuamente e rabbiosamente
zie, così le nostre montagne, quel-
invece temi di impegno politico e
il suo segno per rendere
la forza
le che guarda ora dalla sua casa in
sociale, con modalità che rivelavano
interna che trasforma e fa vivere.
centro Lecco, sono divenute il sog-
l’influsso dell’espressionismo tede-
Basta un pezzo di montagna, cam-
getto privilegiato della sua produ-
sco.”
pionario di tutti gli aspetti visivi che
zione in questi ultimi anni.
per
La mia presentazione con una
la montagna può avere, e Gasparini,
I primi disegni e acquerelli sul-
carrellata d’immagini delle opere di
come Cezanne, ha il suo S. Victoire
le montagne intorno a Lecco sono
Gasparini a Voghera, Milano e poi a
su cui esercitare una dedizione osti-
esposti nel 2009 a Lecco nella mo-
Lecco ha introdotto il momento clou
nata”(1).
stra Guardare in Alto, proposta alla Torre Viscontea per il CAI di Lecco:
della festa quando abbiamo visto nascere dal nulla quelle montagne
Scoprire la montagna
sono ritratti dei monti di casa no-
che hanno stregato il pittore, sempre
Dal 2005 Gasparini si è trasferi-
stra con il loro carattere, personalità,
diverse e cangianti, immote e mute-
to a Lecco, città natale della mo-
colti in quella visione emozionale ed
voli nel loro lento divenire.
glie Elisabetta Ruggiero, e qui è
emozionante che è stata il motivo
cominciata la sua “contemplazio-
conduttore di tutta la sua opera.
“La montagna è. Al di là di come
LA PIANURA ALLE ORIGINI
B
isogna tornare alla pianura, a
clo delle Muse.
dall’alto, 1976, Il grande zoo, 1977-78,
Voghera, per ripercorrere la sua
Si tratta di dieci grandi tele che rac-
Processo, 1978) la natura è pervasa da
parabola artistica attraverso le
contano un’esperienza straordinaria
conturbanti presenze, scossa da mi-
grandi opere realizzate tra 1950 e la
nell’ambito della cultura artistica mila-
nacce fantascientifiche in uno spazio
fine degli anni Ottanta a Milano e do-
nese che muove dal realismo e supera
frammentato. Nelle grandi tele mul-
nate nel 2009 al Comune di Voghera
la querelle tra naturalismo e astratti-
tiple degli anni Ottanta (Buon giorno
per essere esposte definitivamente nel
smo attraverso una lettura emozionale
sig. Mahler, diciotto tele di 96 × 66
progettato Museo nel Castello, quello
e soggettiva della realtà. Il Mercato (di
cm, 1986, L’ultimo Icaro, dodici tele di
in cui il Bramantino ha affrescato il Ci-
piazza Duomo) del 1950, è racconto
100 × 80 cm, 1987, Guerra e pace,
“di storia locale” dalla vivace cromia
dodici tele, 1989-90) il tema naturali-
e dal gusto popolaresco; il ritratto di
stico si carica di molteplici riferimen-
Elisabetta del 1954 o Maternità del
ti, con riscoperte tra la metafisica e il
1955 sono più carichi di simbolismo.
surrealismo (2). Ancora nelle nuove
Nelle tele degli anni Settanta (Attacco
chiese di Voghera Gesù Divin Lavora-
28
Sentieri e Parole
In senso oraio: Il maestro Gasparini disegna una montagna; grande tela e vetrate nella Chiesa di Gesù Divin Lavoratore, (Pombio), 1990, Voghera; Montagna 6, Bulino, puntasecca, berceau, 2011
tore, (Pombio) e Santa Maria Nascente
natura. Quando realizza Come lumi-
cora un Eden, Vegetazione e figure in
i temi esistenziali sono ripresi accanto
nosi ventagli, 1976-77, trenta tele di
un giardino ideale, “…la felicità diventa
a quelli religiosi nei cicli di vetrate, nei
60x107 cm sulla natura nelle quattro
qui affermazione di un mondo in cui
mosaici e nelle grandi tele degli anni
stagioni in un continuo di 21 metri in
reimparare ogni volta il vivere [...] non
Novanta.
cui il paesaggio dei Piani Resinelli è
un Eden perduto, o solamente ritrova-
Gasparini studia e insegna a Brera,
interpretato nel suo rigoglioso vivere
to, non una fuga lirica nel sogno, ma
ma ha lo studio nella zona dei navigli,
di superficie, lancia un forte appello a
un eden necessario e possibile come
fra case rustiche, campi, fossati e al-
rispettare e preservare l’ambiente na-
istanza di vita” (3).
beri, e trascorre le sue estati in Brian-
turale nell’anno dell’immane tragedia
za e ai Piani Resinelli. E’ un milanese
di Seveso, nella pianura poco più in là.
cittadino ma non perde mai di vista
Sono dell’estate 1991 i pastelli rea-
la natura, il lavoro dei campi, i giardini
lizzati a Sirtori in Brianza che raccon-
rigogliosi e quando si parla di ritorno
tano della passione e dell’amore in un
all’oggettività lo fa con una partecipa-
lussureggiante giardino ideale, espo-
zione totale addirittura trasformandosi
sti per la prima volta nel 2010 a Villa
in quel che è pianura, in quel che è
Monastero, Varenna nella mostra An-
Ma solo da Lecco la montagna gli si rivelerà.
Sentieri e Parole
Come nasce una montagna, 27 settembre 2014 nella Libreria Einaudi di Lecco
Montagna, disegno, 5 novembre 2014
Festa di compleanno a Palazzo delle Paure, 5 novembre 2014
L’incontro nel laboratorio di Bruno
ria e forma, profilo e sostanza […] le
ria Comunale d’Arte a Palazzo delle
di manifestare il sacro nella mostra
de dipinto del 1990 L’albero della
ticolare con le donazioni al Sistema
Biffi, maestro rigoroso di tecniche
solite montagne di casa nostra, pa-
Paure nelle cui sale sono state espo-
Riflessi della fede nell’arte contem-
vita e la grande montagna del 2013
Museale Urbano. Il Comune di Lecco
incisorie, gli offre l’opportunità di ri-
lestra dell’alpinismo storico su cui si
ste nell’estate del 2012. Tre incisioni
poranea che chiama dieci artisti a
raccontano il senso del sacro di
riconosce il grande valore dell’ope-
prendere l’amata incisione anche sul
sono formati quei lecchesi che han-
sono stabilmente esposte nella sala
Palazzo delle Paure nel 2013 (a cura
quest’artista che passa attraverso le
ra dell’artista e la profonda umanità
tema delle montagne. Con il bulino, la
no portato nel mondo il nome della
dedicata alla Resistenza nel Museo
di G. Daccò, B. Cattaneo, 2013). Il
sofferenze degli uomini e delle don-
dell’uomo”.
punta secca e il berceau graffia sulla
città, qui raccontate da chi, con età,
Storico a Palazzo Belgiojoso. Nel-
grande dipinto sarà donato alla col-
ne, si manifesta nella potenza della
Gli alpinisti esplorano le montagne,
lastra quei segni che costruiscono il
storie, sensibilità diverse, le ha at-
la Galleria d’Arte Contemporanea di
lezione del Liceo Artistico dell’Ac-
natura ed esplode nella verticalità
le conquistano, le mostrano nella
corpo vivo della montagna nel suo
traversate con lo sguardo, percorse,
Lecco a Palazzo delle Paure è espo-
cademia di Brera.
della montagna senza soluzione di
loro bellezza selvaggia e domestica,
farsi e poi sperimenta direttamente
accarezzate, graffiate, scolpite con
sta la tela L’automobile, olio su tela,
“E’ accaduto anche al corpo del-
continuità tra sacro e umano.
ci indicano i percorsi e i pericoli.
la stampa dove l’inchiostro restitu-
un segno nero, fedele e allo stesso
1957-58, cm 130x100 donata con la
la montagna di divenire, da oggetto
isce, con segno vellutato e pastoso,
tempo trasfigurante” (1).
collezione di grafica.
di attenta e quotidiana meditazio-
la complessità dell’organismo montagna.
Montagne da Museo
Anche gli artisti ci restituiscono Benemerenza
“Proprio per continuare l’originaria
ne grafica, il veicolo dell’esplosivo
Il 6 dicembre 2012 Gasparini ri-
funzione sociale di comunicazione
manifestarsi della parola di Dio. Uno
ceve la benemerenza cittadina della
Una straordinaria serie d’incisioni
L’anno successivo le montagne
della mia opera incisa, e per il va-
stendardo di azzardata verticalità
città di Lecco con la seguente moti-
di montagne è presentata alla cit-
di Gasparini, su mia sollecitazione e
lore storico di documento completo,
seziona la materia magmatica del
vazione: “L’intero percorso di Gian-
tà nel 2011 con la mostra La roccia
dell’Associazione Amici dei Musei
campionario di molteplici tecniche
colore spremuto senza risparmio
sisto Gasparini esprime la consape-
incisa, Gasparini, Vitali, Biffi, ospitata
del territorio lecchese, sono donate
sperimentate su soggetti e momenti
e spatolato con urgenza sulla tela,
volezza della funzione etica dell’arte,
nella Sala dell’Unione Commercianti
dall’artista al Comune di Lecco con
diversi della mia vita, offro in dono
e conduce a un picco di rosso, da
che lo ha portato a investire a Lecco
di Lecco, nell’ambito del prima ras-
l’intera produzione grafica: 132 ac-
l’intera raccolta al Comune di Lec-
tramonto africano. Se la montagna è
il suo impegno per la salvaguardia
segna Monti Sorgenti promossa dal
queforti, 55 xilografie, 123 litografie
co e al Sistema Museale, perché sia
ontologica stratificazione di materia
delle nostre montagne e del terri-
CAI di Lecco e curata da T. Rota.
realizzate dagli anni Quaranta ad
conservata e resa pubblica, quin-
e di memoria e, come tale, promes-
torio: bene comune preziosissimo
oggi; 24 cartelle
di disponibile per
consultazione e
sa di immortalità, il “fremito” che la
da rispettare. Per dare continuità
“Una tecnica l’incisione, un tema
di litografie con
la montagna, tre artisti tre modi di
opere sue e di altri autori, edite tra il
diffusione” (G. Gasparini, Lettera di
sconvolge e la sacralizza è la voce
alla funzione sociale e comunicativa
segnare sulla lastra di rame mate-
1972 e il 1991 da Miles Fiori – lito-
donazione, 2012).
imperiosa che continua a gridare nel
della sua opera, Gasparini ha voluto
deserto” (4).
che quel campionario di molteplici
grafo in Voghera.
30
Sentieri e Parole
Ancora una montagna, l’ultima di-
Le opere sono conservate nel-
pinta nelle dimensioni di uno sten-
Tre disegni del 1943 Processione
tecniche sperimentate nella sua vita
la Sezione d’Arte Contemporanea
dardo, La voce sul Sinai, 2013, olio
del Venerdì Santo, Il dolore insieme,
artistica divenisse patrimonio col-
di grafica e fotografia della Galle-
su tela, cm 89x2500 è il suo modo
Piangenti sotto la croce, un gran-
lettivo della città di Lecco, in par-
nuovi sguardi che rivelano un senso arcano e una speranza futura. 1) T. Rota, Montagne su carta. La roccia incisa, 2011 2) V.G. Bono, Visionario fra giardini favolosi, Giornale di Voghera 2012 3) T. Rota, Un Eden Ancora, 2010 4) T. Rota, note critiche in Riflessi della fede nell’arte contemporanea, 2013 Le foto sono di Massimo di Stefano
Sentieri e Parole
31
UNA CARTOLINA
Un rifugio “A. Manzoni” in vetta al Resegone?
S
di Annibale Rota
ul numero unico edito dalla SEL nel maggio del 1949, in occasione del cinquantesimo
anniversario di fondazione della Società, l’avvocato Bruno Furlani aveva tracciato la storia dei rifugi sellini. A proposito del Rifugio Azzoni scrive: “Lassù (sulla cima del Resegone)
poco sotto la grande croce, che allora era tutta di legno, esisteva una piccola casupola, edificata nei primi anni del novecento, che nel 1921 un certo Giuseppe Vitari di Brumano adattò a casetta rifugio, con l’intenzione di esercitarvi l’arte dell’ospitalità. Il piccolo fabbricato sorgeva su un terreno concesso gratuitamente dall’ingegner Enrico Daina da Rotafuori, il quale si
32
Sentieri e Parole
basso, in un riquadro circondato da
avrebbe indetto una sottoscrizione per
stelle alpine, c’era la scritta: CARTOLI-
ampliare un rifugio che … non c’era?
NA PRO INGRANDIMENTO RIFUGIO VETTA RESEGONE.
Ma una sorpresa ancora maggiore deriva dall’altro timbro tipico dei rifu-
Pensai ad una cartolina emessa dalla
gi, un cachet rosso sul quale si legge
era riservato il diritto di riscattarne la
nier Luigi Azzoni, figura carismatica
SEL e, visto che costava pochi soldi
chiaramente: Rifugio A. MANZONI –
proprietà ed aveva imposto l’obbligo di
della SEL per oltre quarant’anni.
(le cartoline datate interessano i col-
Vetta Resegone – m. 1875.
romanziere. La terza: lo scherzo di un alpinista burlone abile disegnatore. La quarta: un tentativo di truffa … alpinistica. Francamente tutte e quattro le ipotesi mi sembrano molto poco atten-
intitolare il rifugio al proprio nome. Ma
Fin qui dai Notiziari della SEL. La
lezionisti solo se riportano fotografie
A questo punto provo ad azzarda-
gli affari non furono quali il buon Vi-
giornalista Ornella Gnecchi, autrice di
e non disegni come questa), la com-
re qualche ipotesi, tutte peraltro poco
tari si proponeva e nello stesso anno
tre documentati volumi sui rifugi del-
perai. A casa poi, esaminando il re-
verosimili.
la proprietà ritornò alla famiglia Dai-
le montagne lecchesi, aggiunge che il
tro, non ci trovai traccia di chi l’avesse
La prima: il sopracitato Vitari avreb-
timbro che ne attesta la provenienza
na e nel 1923, morto l’ingegner Enri-
“piccolo fabbricato” poco sotto la cima
emessa, ma solo chi l’aveva stampata:
be tentato di trasformare in rifugio il
dalla “collezione Savorini”, cioè dalla
co, fu dai suoi eredi ceduta alla S.E.L.,
era stato costruito dal sopracitato Vi-
la tipografia ALFIERI & LACROIX di
suo ricovero e lo avrebbe intitolato
collezione del più esperto e preparato
per poco prezzo, a condizione che la
tari come ricovero di fortuna per cac-
Milano a quei tempi famosa. Ci trovai
al Manzoni per mettere in vendita le
collezionista e conoscitore di vecchie
costruzione continuasse a portare il
ciatori e caprai e che il Vitari fu anche
però due timbri a dir poco sorpren-
cartoline anche a Lecco.
cartoline del territorio lecchese, che
nome di famiglia.”
il primo gestore del rifugio della SEL.
denti.
La seconda: un lecchese, appas-
dibili. La cartolina però è sicuramente autentica e ne fa fede anche il piccolo
non avrebbe mai messo in collezione un falso.
Più volte ristrutturato ed ingrandi-
Bene, qualche tempo fa, su una ban-
Il timbro postale indica che la car-
sionato della montagna e ammiratore
to, il rifugio divenne sempre più fre-
carella di un mercatino dell’antiquaria-
tolina era stata spedita da Canzo il
del Manzoni, avrebbe pensato ad una
Giro allora agli “storici” lecchesi il
quentato fino al triste ottobre del 1944
to, la mia attenzione fu attirata da una
14.8.14.
raccolta di fondi per adattare a rifugio
compito di dare una risposta al sin-
quando venne distrutto durante un
cartolina con il disegno di una monta-
Quindi, sette anni prima dell’aper-
la casupola del Vitari, usando come
golare “dubbio” sollevato da questa
rastrellamento tedesco.
gna con, poco sotto la cima, una co-
tura del primo rifugio Daina, qualcuno
nome di richiamo quello del grande
cartolina.
Ricostruito e riaperto nel 1950, il rifugio, avendo gli eredi Daina rinunciato al loro nome, fu intitolato al ragio-
struzione su cui sventolava una bandiera: un classico dei rifugi montani. Osservandola meglio notai che in
IL GIARDINO DI PIETRA
di Pietro Corti
I
nverno 1974, una Prinz NSU ver-
un tetto squadrato, qua e là le colate
de, di quelle che ti “passavi” per
nere di recenti piogge.
strada urlando “tuaaa”, si ferma su
Il cielo è grigio, ma il morale è alto:
una sterrata sotto una parete verticale
dalla piccola vettura scendono un po’
alta una cinquantina di metri, chiusa in
di ragazzini sui 12 – 13 anni che subito
alto da una corona di strapiombi. Sulla
cominciano a trafficare nel bagaglia-
destra un grande diedro interrotto da
io dove sono stivati alla rinfusa corde,
Delfino Formenti “Delfix” in azione sulla Parete Stoppani. Foto archivio Delfino Formenti.
La scoperta delle falesie lecchesi e la nascita dell’arrampicata sportiva
dicando un ciuffetto d’erba a 15 metri
erano in corso profondi cambiamen-
La zona del Sasso di Introbio intanto
da terra, parte con gli scarponi rigidi
ti. Già alla fine degli anni ’60 Reinhold
diventa il terreno di gioco dei giovani
cercando l’equilibrio su misere protu-
Messner aveva messo in pratica, sca-
“Condor di Lecco” - il gruppo fondato
beranze e vaschette sfuggenti. I ra-
lando il più possibile in libera, il suo
dal Don Agostino - che aprono de-
gazzini di supporto a un certo punto
rifiuto dell’arrampicata in artificiale
cine di vie nuove, all’inizio scalando
smettono di schiamazzare, intuendo
“seriale” e soprattutto del chiodo a
ancora con gli scarponi rigidi. Ore a
che la faccenda si fa seria.
pressione. Sul Pilastro di Mezzo del
Alpi.
caschi, scarponi, chiodi e moschettoni.
Sergio Piazza e altri che non ricordo.
vano nel nulla in mezzo al muro.
stagionare in sosta, mentre il Don cer-
Il Don ormai è in alto, la scalata è
Sass d’la Crusc, aprendo una via nuova
cava di piantare il chiodo risolutivo,
difficile, il ciuffetto è ancora lontano,
con il fratello Günther, supera con gli
in equilibrio sull’ultimo gradino della
e la corda scorre lenta nelle mani del
scarponi un muro di 4 metri valutato
staffa. Grandi emozioni in apertura “da
monello di turno che non può far altro
dai successivi ripetitori VIII grado. Era
primi” sulle placche della Rocca di Ba-
che calcolare la traiettoria per non ri-
il 1968. Nel 1977 Helmut Kiene e Rein-
iedo. Le prime scorribande all’Ange-
manere schiacciato dal reverendo vo-
hard Karl dichiarano che la loro nuova
lone, preventivamente scannerizzato
lante. Ma il Don scala bene. Ha sempre
via al Fleischbank nel Wilder Kaiser, è
con un’enorme cannocchiale da por-
scalato bene, così arriva all’altezza del
di “settimo”. E’ la famosa Pumprisse, la
taerei appoggiato sul tetto della Prinz
ciuffo, vi appoggia un sottile chiodo
fessura che ti spompa.
parcheggiata sulla provinciale della
giallo a lama e con poche martellate
Nel 1978 l’UIAA riconosce il VII
Valsassina.
lo spara nella placca neanche avesse
grado, aprendo finalmente verso l’alto
E poi quel giorno alla Gran Plac-
il trapano. Salvo! Altri movimenti mol-
l’antica scala delle difficoltà che aveva
ca (così avevamo battezzato la liscia
to duri fino ad acchiappare la fessura
inchiodato l’alpinismo europeo ad un
lavagna oltre il Sasso) dove il Don si
della Via degli Amici. Sesto!
irreale VI superiore (in realtà rappre-
Il Don inizia le operazioni che ripe-
appresta ad aprire, come sempre dal
terà infinite volte negli anni successivi:
basso, l’ennesima via nuova. “Lì di si-
Gennaio 1974, era stata finalmente
su per la breve via, per poi far sali-
curo c’è un buco per un chiodo”. In-
Qui c’è della roccia (magari un po’
salita la parete ovest del Cerro Torre
re un ragazzino, poi un altro, poi un
troppo ripida) e il materiale è sparso
in Patagonia al termine di una epopea
altro ancora…. La scalata in artificiale
per terra: c’è tutto quello che ser-
nella migliore tradizione dei Ragni di
non è molto divertente, ma oggi non
ve. Il capo è un signore sui 35 anni
Lecco. In vetta Casimiro Miro Ferrari,
si può sperare di meglio, e dopo un
in braghe alla zuava e maglione rosso,
Mario Conti, Pino Negri e il giovanissi-
po’ si rimette tutto (in disordine) in
capelli abbastanza lunghi, non molto
mo Daniele Chiappa, Ciapìn. L’alpinismo
macchina e si levano le ancore. Pri-
pettinati, e sguardo deciso. I monelli
e la scalata erano attività per uomini
ma di scendere a Lecco però il Don ci
lo chiamano “Don”, il che ne fa intuire
veri, che a Lecco si allenavano sulle
porta qualche centinaio di metri più
la rispettabile identità: si tratta infatti
guglie della Grignetta, la grande parete
avanti a guardare una ripida placco-
di un sacerdote, educatore al Colle-
della Corna di Medale, in bilico sopra i
nata liscia segnata da rare fessurine
gio Arcivescovile Alessandro Volta di
rioni periferici della città, oppure sul-
intasate d’erba. Un posto un po’ così
Lecco, molto rispettato essendo un
le brevi vie in artificiale del Corno del
così, che però ritrovo sempre in cima
abile calciatore dal tiro potente e pre-
Nibbio ai Piani dei Resinelli. Altre “pa-
nella scatola dei miei ricordi.
ciso. La parete è quella del Sasso di
lestre di roccia” intorno a Lecco era-
Passano gli anni, la squadra si è
Introbio presso il ponte della Chiusa in
no il Sasso d’Erba, alcune paretine alla
rinforzata di ragazzi con una voglia
Valsassina, poco prima di Introbio, e i
periferia di Civate e Valmadrera, dove
matta di scalare, tra cui un vivacissimo
ragazzi sono alunni delle classi medie
qualcuno (tra cui il grande Carlo Ru-
Antonio Peccati, Briciola, che dimostra
della stessa scuola. Ci sono io, c’è il
sconi) aveva piantato qualche chiodo.
subito una classe fuori del comune.
Per il resto, nisba, a parte questa bella
Antonio, in cordata con molti dei più
parete di calcare grigio compattissimo
forti scalatori lecchesi tra cui Marco
dove già c’erano un paio di linee di
Ballerini, Bàllera, ripete alcune delle
chiodi a pressione che si interrompe-
principali salite su roccia di allora nelle
La voglia di muoversi è grande: oggi si scala! Anche se in Grigna o al Nibbio non si può andare.
36
Alpinismo e arrampicata
Il Sasso di Introbio
sentato da lunghissime scale di ferri Questione di fessure Intanto nel mondo dell’arrampicata
La Parete Stoppani, nella pagina a fianco la Falesia Corna Rossa. Foto archivio Delfino Formenti
arrugginiti). Anche in Val di Mello, così vici-
Alessandro Ronchi sulla falesia di Galbiate,1989. Foto archivio A. Ronchi
Delfino Formenti su “Ciao Crem” in Corna Rossa. Foto archivio Delfino Formenti
Marco Ballerini “Bàllera” al Nibbio. Foto di Luca Lozza
Paolo Vitali alla “falesia delle Torrette”, Ballabio. Foto archivio Paolo Vitali
na a Lecco, si sente parlare di setti-
In generale non si parla ancora di
simi alpinisti italiani, era evidente che
nese, ho conosciuto Gian Piero Motti,
dendo e, siccome mi è sempre pia-
salire in libera. Con il “condimento” di
mo, mentre nelle gole del Verdon in
arrampicata sportiva vera e propria; è
nell’arrampicata pura i francesi ave-
Giancarlo Grassi, quelli del “Mucchio
ciuto mettermi in gioco, ho provato a
qualche polemica: questi esperimenti
Francia, dopo le prime vie lungo su-
comunque chiarissima la spinta verso
vano una marcia in più. Li vedevamo
Selvaggio”e la Valle Dell’Orco. Un altro
confrontarmi con questa realtà. Così,
all’inizio erano molto criticati. Posso
perbi diedri e fessure, a metà anni
l’innalzamento delle difficoltà, misu-
superare in libera dei passaggi che per
personaggio-chiave per me è stato il
al rientro dai miei viaggi ho iniziato
anche capirlo.
’70 si passa sui pilastri arrotondati
randosi con appigli e appoggi sempre
noi erano proibitivi; infatti scalavano
Marco Pedrini, ticinese, un fuoriclasse
a cercare un nuovo terreno che fosse
dove vengono tracciate con un’etica
più piccoli e utilizzando qualche spit
già sul 7a/7b (VIII/IX grado) men-
su ogni terreno. Con lui ho fatto una
adatto ad alzare il livello.
completamente nuova l’Eperon Subli-
per proteggere i lunghi voli, inevitabili
tre in Italia eravamo ancora fermi a
delle prime ripetizioni di Voyage Se-
me, Triomphe d’Eros, Nécronomicon,
quando si spinge al limite. Intanto gli
discutere se esistesse o no il settimo
lon Gulliver al Grand Capucin.
Pichenibule, Dingomaniaque, Fenrir,
scalatori di punta intuiscono la neces-
grado. Quindi mi son detto: qui mi
Mangoustine Scatophage. Nomi che
sità di un nuovo terreno di gioco, che
fanno sognare gli scalatori di tutto il
I veri obiettivi di allora erano infatti le prime ascensioni sulle grandi pare-
Ho cominciato studiando alcune
ti, salendo dal basso cercando la via
placche di roccia solida e compatta, a
anche a prezzo di rischi elevati. Ca-
Ricordo anche, a proposito di nuovi
portata di mano, dove non aveva pra-
landosi e mettendo gli spit il rischio
sa che abbiamo perso il treno, anche
stimoli, una visita alle torri di arenaria
ticamente scalato mai nessuno. C’era-
veniva annullato, e sembrava che si
trovano sulle piccole pareti di fondo-
se sapevo che in Italia c’era chi, zitto
nell’ex Cecoslovacchia, più o meno nel
no già delle viette di allenamento qua
profanasse la roccia solo per fare una
mondo. Su queste pareti compatte
valle, talvolta, come a Lecco, addirit-
zitto, stava puntando in alto. Come il
1980. E’ stato un “viaggio di scambio”,
e là, magari con i chiodi a pressione,
inutile ginnastica. Lo scopo di questi
appare subito impossibile aprire dal
tura a ridosso delle periferie cittadine.
Maurizio Zanolla Manolo.
come usava allora con le repubbliche
ma niente di più. Così ho provato per
primi esperimenti era invece ben altro,
basso, a meno di non forare ogni me-
Da noi la scintilla l’accende Marco
E poi mancava il terreno di alle-
“oltrecortina”, organizzato dalla Renata
la prima volta a combinare qualco-
ma non era facile farlo capire. Comun-
tro; ci si cala quindi dall’alto chiodan-
Ballerini, sciatore professionista, for-
namento adatto. A Lecco c’erano il
Rossi. Lì ho visto cose incredibili, vie
sa al Sasso di Introbio, a sinistra della
que non mi sono fermato… Anzi! Dopo
do in discesa. La via così “preparata”
tissimo alpinista e raffinato scalatore.
Nibbio, ancora con i vecchi chiodi, e
durissime che i locals salivano pra-
Francesca aperta dal Don Agostino.
Introbio, con Roberto Crotta, Fioren-
viene successivamente salita dal bas-
Non è stato comunque facile, verso
il Sasso di Introbio del Don Agostino.
ticamente in ciabatte, proteggendosi
Sapevo che non si sarebbe trattato
zo Magni ed altri amici sono andato
so cercando di passare “en jaune”. In
la fine degli anni ’70, capire cosa si
Dappertutto però c’era un gran movi-
con cordini annodati a mo’ di nuts per
di una “via”, al massimo la si poteva
a chiodare al Nibbio e al Lago. Dall’83
libera. Entra in voga anche la pratica
doveva fare, ma dalle sue parole si ca-
mento e in molti stavano sperimen-
non rovinare quella roccia così tenera.
considerare una breve variante, però
all’84 sono nati i primi tiri di un certo
di provare a salire senza usare i chiodi
pisce lo spirito di quei primi, fantastici
tando strade alternative. Come in Val
Le difficoltà per noi erano proibitive
decisi lo stesso di calarmi dall’alto e
livello: Dormi Martina a Introbio (7b),
per la progressione (ancora: in libera).
anni dell’arrampicata sportiva.
di Mello, che frequentavo con i ragazzi
(7a, forse anche di più), soprattutto
mettere qualche spit. E’ nato così Oltre
Gli Antenati al Nibbio (7a+), Ambarabà
di Sondrio, o nel finalese che avevo
con quel tipo di protezioni da paura.
il tramonto, poi a ruota l’Incubo mo-
al Lago (7a+), Bella Otero (7a+) al
iniziato a visitare. Poi, al Monte Bianco,
Abbiamo fatto quello che potevamo,
topsichico, sempre al Sasso, e Il vicolo
Pilastro Rosso, Calypso e Cacauettes
“Dopo le prime scalate nelle Gorges
ho incontrato uno dei più grandi ta-
però è stata un’esperienza molto in-
della desolazione su una bella placca
(7a) in Antimedale. Intanto si era for-
del Verdon mi convinco che eravamo
lenti che abbia mai conosciuto: Mar-
teressante.
di piedi alla Rocca di Baiedo. Facevo
rimasti indietro: nonostante tutte le
co Bernardi, scalatore estremamente
Tutti questi contatti mi hanno aiu-
i buchi col perforatore a mano per
nostre salite, nonostante avessi co-
polivalente che già all’epoca faceva
tato ad aprire la mente e toccare con
gli spit da 8 millimetri: una gran fati-
nosciuto e arrampicato con grandis-
cose allucinanti. Grazie a Marco, tori-
mano quanto di nuovo stava succe-
ca sia per chiodare che per provare a
A Lecco uno dei primi è il milanese Ivan Guerini che sale con questo stile le vie del Sasso di Introbio.
38 Alpinismo e arrampicata
Stralci di intervista a Marco Ballerini
Alpinismo e arrampicata
39
mata una compagnia di
chiodi. Poi ho deciso di perdere peso e
stato possibile farla tutta. Resistevano
due falesie adat-
agguerriti chiodatori e
sono calato di venti chili in tre-quattro
ancora lo strapiombo e la placca fina-
te sopra Mandello:
il numero di queste vie
mesi, passando dal V/A1 al 6c senza
le, ma intanto ci aveva dato un bello
Lo Strapiombo e la
aumentava
quasi accorgermene. Era un periodo
stimolo. Infatti abbiamo cominciato a
Grotta. Poi ho chio-
di rapida evoluzione, durante il quale
provare e alla fine ne siamo venuti a
dato altri tiri al Set-
sono entrato in contatto diretto con
capo (7c).
tore Strapiombi al
continua-
mente (1).
Norberto Riva “Norbi” agli Scudi di Valgrande. Foto archivio N. Riva Sotto: Stefano Alippi al Nibbio. Foto archivio Stefano Alippi
Il giovanissimo Ste-
gente che stava sperimentando un
Dopo i primi tiri del Bàllera al Nibbio,
Lago, al Sasso Alippi
fano Alippi, figlio di
nuovo modo di arrampicare. All’ini-
Bo Derek, Rupe Tarpea, Astroboy, Quo
e agli Scudi di Val
Gigi, Ragno del Cerro
zio era una sfida; quando qualcuno di
Vadis, Un Coin a Ben, il resto l’ho chio-
Grande (1)
Torre, si aggrega nelle
noi riusciva a passare in libera, per gli
dato quasi tutto io nel giro di un anno
uscite al Nibbio (dove
altri era una motivazione per provare
e mezzo, da solo o con il Marco stes-
è di casa, abitando ai
a loro volta. Si trattava anche di una
so e il Norberto Riva. Nel 1989 Andrea
Le prime falesie
Resinelli). Il rodaggio è
contrapposizione con il vecchio stile.
Di Bari attrezza Anche Qui, e subito
erano però selettive:
velocissimo, e in breve
Ricordo il Bàllera e il Tono (Pierantonio
iniziamo a provarla, finché Andrea ri-
lunghi tratti obbligati
tempo Stefano chioda
Cassin) che erano sempre “sotto” con
esce a liberarla: il primo 8a del Nibbio
e prime protezioni
nuove linee alzando ul-
gli altri che venivano al Nibbio: chi si
e uno dei primi nel lecchese. Per un
spesso molto alte.
teriormente il livello di
dannava a non tirare i chiodi era pre-
soffio questo onore non è toccato a
Su Oltre il tramon-
difficoltà nel lecchese.
so in giro da quelli che invece saliva-
me, se solo me la fossi giocata un po’
to,
no alla vecchia maniera. Poi col Tono
meglio: quando finalmente ero riusci-
una volta fatto il “
Stralci di intervista a
abbiamo iniziato a levare i chiodi per
to a superare il “chiave”, mi sono ac-
chiave”, una tirata
Stefano Alippi
sostituirli con gli spit, mettendone un
corto che non potevo più proseguire.
su una lametta per
Ho iniziato a scalare
po’ alla volta per non scontrarsi troppo
Ero così convinto di dovermi fermare
prendere un buon
un po’ per gioco con
con i “classiconi”, e spesso si provava
al solito punto, quello più difficile, che
appiglio, si doveva
il Matteo Benini, poi
a scalare in libera anche con gli an-
non mi ero portato rinvii a sufficien-
pedalare per diversi
ho conosciuto il Marco
coraggi originali. Ogni tanto qualcuno
za! Magari non sarei riuscito lo stesso
metri fino in sosta,
Ballerini, il Cipo (Pao-
borbottava un po’, ma alla fine tutte le
a chiudere il tiro; comunque mi sono
senza più prote-
lo Crippa), il Norberto
vie sono state richiodate.
rifatto la stagione successiva.
zioni e su passaggi
Svolte
per
esempio,
Riva e gli altri. Il terreno
Il primo a salire in libera le “classi-
Allora l’obiettivo era chiodare qual-
non banali. In caso
d’azione era principal-
che” del Nibbio, le vie del Cassin, del
cosa che fosse più impegnativo di
di volo, se il “socio”
mente il Nibbio, ma l’ap-
“Boga” e del Ratti, è stato Marco Balle-
quanto era stato fatto in precedenza.
non era più che at-
proccio è stato “classi-
rini, che nel frattempo aveva chioda-
Così ho individuato una linea che mi
tento, si rischiava
co“: ho fatto in tempo
to a spit alcuni tiri sui muri fuori dalle
sembrava più dura della “Mc Kinley”:
di fare un bel buco
anch’io a ripetere quelle
fessure. Quando sono arrivato io c’e-
Il Pigazzo in decadenza, a destra de-
in terra. Su una via
vie con le staffe, un po’
ra già Astroboy, un bel 6c, e il Bàllera
gli Antenati, 7c+. L’innalzamento della
classica,
trascinandomi e un po’
aveva salito la fessura Sant’Elia (7a)
difficoltà richiedeva però forti stimoli,
tratto ci sarebbero
facendomi tirare, anche
proteggendosi con i chiodi arrugginiti
cioè posti sempre nuovi, senza i quali
stati almeno due o
perché
e i cunei di legno. Anch’io poi l’ho
sarebbe mancata la motivazione per
tre chiodi. Conside-
fatta in quelle condizioni.
progredire. Quando in una falesia si
rando anche i gradi
Rimanevano ancora da liberare al-
esaurivano le possibilità “estreme”, si
piuttosto compressi
Erano i primi anni ’80
cune delle vecchie vie in artificiale, tra
andava a cercarne un’altra. Nel frat-
(al contrario delle
quando sono arrivati il
cui la più famosa era la Mc Kinley. Nel
tempo ci si era accorti che per un ul-
gradazioni “turisti-
Ciusse (Giuseppe Bon-
1986, in occasione del Quarantesimo
teriore progresso ci volevano strutture
che” di molte nuo-
fanti) e il Massimone
dei Ragni, era venuto al Nibbio Heinz
strapiombanti, che nel lecchese scar-
ve falesie dei nostri
(Massimo
Colombo)
Mariacher che aveva fatto un tenta-
seggiano. Ho iniziato quindi la ricerca
giorni), in quei primi
che invece provavano
tivo proprio su quella via, risolvendo
di questo tipo di terreno, e in compa-
tempi l’arrampicata
a passare senza usare i
il primo muro e dicendo che sarebbe
gnia di Norberto Riva abbiamo trovato
sportiva non era roba
a
quell’epo-
ca pesavo novantadue chili…
in
quel
Principali siti di arrampicata nel lecchese, disegno di Pietro Corti
intere falesie senza puntare esclusiva-
a scalare. Non ci pensai neppure un
mente agli itinerari al “top”. I muri di
secondo ed iniziai a frequentare le fa-
calcare bianco e grigio di Civate, Gal-
lesie vicine a Lecco come il Sasso di
biate, Melgone, Versasio si trasforma-
Introbio, il Nibbio, la Medale e qualche
no sotto il trapano del Delfo e dell’A-
altra. Allora la scelta era limitata, però
lessandro in falesie ricche di itinerari
più che sufficiente per iniziare a farsi
di difficoltà più modeste, anche se non
le ossa. Siccome l’appetito vien man-
mancano quelli di alto livello, dove si
giando, la voglia di arrampicare au-
capisce subito che l’ottica di chioda-
mentava ad ogni uscita e incominciai
tura è diversa.
così a visitare altre zone, conoscen-
E’ un successo praticamente im-
do nel frattempo molti scalatori con i
mediato. Sull’onda della diffusione
quali passavo ogni sabato e domenica
dell’arrampicata sportiva in tutta Eu-
a tirare le braccia.
ropa (in Italia soprattutto a Finale e
La prima esperienza su una via nuo-
Arco), anche Lecco diventa un punto
va avvenne in Antimedale con Danie-
di riferimento per questa nuova spe-
le Chiappa su Apache, poi ancora in
cialità che, grazie a queste falesie, si
Antimedale aprii Sentieri Selvaggi con
sta trasformando in una attività sem-
Dario Valsecchi, Spillo. Daniele, grande
pre più popolare e accessibile a mi-
alpinista e profondo conoscitore delle
gliaia di persone, molte delle quali non
pareti lecchesi, nonostante la sua for-
hanno mai conosciuto la scalata in
mazione classica era molto aperto alle
montagna.
nuove tendenze e sapeva individuare
A Formenti si devono: Discoteca,
le innumerevoli possibilità su struttu-
Lariosauro, Versasio, Pala del Cam-
re fino ad allora ignorate. Era infatti
mello, Parete Stoppani, Torre Marina,
un periodo nel quale anche a Lecco
Corno Ratt, Corna Rossa di Valma-
iniziava l’esplorazione delle pareti co-
drera, Val Dell’Oro. A Ronchi: Scudi
siddette “minori”, rispetto alle più rino-
di Valgrande, Gronda del Vaccarese,
mate Grigne e Medale, che portò alla
Campelli, Pradello, Placca delle Sor-
creazione di itinerari che sarebbero
prese, Civate, Galbiate. Nelle falesie
presto divenuti molto frequentati. Un
più antiche (Corna Rossa, Val Dell’Oro,
terreno di caccia del tutto nuovo e
Placca delle Sorprese) trovano gli spit
molto promettente. Daniele era anche
da 8mm di Marco Galli, Paolo Crippa
un trascinatore, e sapeva stimolare noi
e pochi altri. Rimessi a posto questi
giovani a cercare qualcosa di diver-
per tutti. Per salire dovevi cambiare
itinerari, ne chiodano altri arrivando,
so, dandoci preziosi suggerimenti. Tra
mentalità.
fino ad oggi, a circa 900 tiri. Alessan-
le altre ci aveva indicato la compatta
Poi un’ulteriore svolta. Verso la metà
dro Ronchi a un certo punto si ritira,
parete ovest del Pizzo d’Erna al Re-
degli anni ’80, Alessandro Ronchi dalla
lasciando un segno indelebile nell’ar-
segone, dove nel 1973 aveva aperto la
Brianza e Delfino Formenti da Lecco
rampicata sportiva lecchese, Formen-
via Ninota Locatelli con il fratello Roby
danno una loro personale interpre-
ti detto Delfo invece va avanti, senza
e Carlo Duchini, entrambi forti alpini-
tazione dell’arrampicata sportiva, de-
accorgersi degli anni che passano.
sti. L’idea ci aveva entusiasmato, così
Sopra: Pietro Buzzoni al “Muro del Pianto”, Zucco Angelone. Foto archivio Pietro Buzzoni Sotto: “Il Sasso di Introbio”, la prima falesia nel lecchese. Foto archivio Paolo Vitali
Danilo Valsecchi ed io, ben provvisti
dicandosi alla chiodatura e pulizia di
42
Alpinismo e arrampicata
Da una chiaccherata con “il Delfo”
di materiale, salimmo Maria la Rossa,
settembre 2010
dedicandola alla madre di Danilo. Lo
Nel 1979, Danilo Valsecchi di Lecco
stesso giorno Daniele ed Antonello
mi chiese se mi interessava provare
Cardinale, un giovane molto promet-
tente, aprivano un’altra via intitolandola
SCHEDA DELLE FALESIE LECCHESI
a Marco Riva. Era il 1981… Ho arrampicato con molte persone, ma Daniele
Oggi in Provincia di Lecco, oltre alle 20 aree di arrampicata a carattere alpino, si contano una cinquantina di falesie. Di seguito la carta di identità del sistema falesie lecchesi: • 47 falesie (maggio 2014), alte dai 20 ai 150 metri circa. Su queste ultime si sviluppano vie fino a 5 lunghezze di corda, ma per lo più si scala su “monotiri” di 20/35 metri • 1.850 itinerari di arrampicata sportiva, per circa 2.200 lunghezze di corda (fonte: http://larioclimb.paolo-sonja.net/index.html). L’area di riferimento è la conca di Lecco (San Martino e Resegone) – la sponda orientale del lago fino a Mandello – la conca di Valmadrera – la Valsassina – i Piani dei Resinelli. Non è stato conteggiato un ristretto numero di falesie non ancora completate o in stato di abbandono e quelle di modeste dimensioni che, se pur valide, sono molto decentrate rispetto al nucleo lecchese-valsassinese: il Sass Negher e la falesia del Mago a Piona. La situazione comunque è in continua evoluzione e mentre sto scrivendo so di numerosi lavori in corso. Da non dimenticare comunque la vicinanza a molte falesie comasche, alcune di prim’ordine • Roccia generalmente di buona / ottima qualità, spesso molto diversa da una zona all’altra, il che costituisce un pregio in quanto aumenta il personale bagaglio di esperienza motoria • Lo “stile lecchese” è comunque la scalata su muro verticale o leggermente strapiombante a liste e tacche, gocce e buchetti dove predomina l’arrampicata tecnica e di continuità, spesso di difficile lettura, che richiede notevole forza-resistenza e precisione di piedi. L’arrampicata atletica, anche se non del tutto assente, non è la caratteristica principale del territorio. • Lo spettro delle difficoltà è molto ampio, compreso tra il livello 4 ed il livello 8. Ogni scalatore sportivo, dal principiante al più preparato, può così trovare validissimi obiettivi. Mancano solo, per ora, gli itinerari sul livello 9. Una sfida per le nuove generazioni • Avvicinamenti comodi e brevi, da 1 minuto a ¾ d’ora. Ma la caratteristica delle falesie lecchesi è quella di essere inserite in un contesto paesaggistico di prim’ordine, da difendere con decisione • Maggiore densità di falesie tra Lecco e Valmadrera, tutte con vista a lago, mentre la Valsassina offre situazioni più alpine e l’area di arrampicata più vasta: lo Zucco Angelone–Sasso di Introbio con circa 350 itinerari distribuiti in diversi settori • Altra caratteristica delle nostre falesie è quella di non essere particolarmente estese, ma il visitatore è abbondantemente ripagato da un menù minerale molto ampio e variegato. Va detto comunque che spesso le falesie sono vicine tra loro, permettendo di passare dall’una all’altra con brevi spostamenti Relazioni aggiornate delle falesie lecchesi ed alcune falesie comasche: larioclimb.paolo-sonja.net
per me è stata una figura speciale che mi ha trasmesso molto. Frequentando il Sasso di Introbio, spesso incontravo il Bàllera che scalava con la radio del furgone (il mitico Bedford bianco) accesa a tutto volume. Una cosa mai vista prima. Da parte mia avevo perfezionato la tecnica, e la radio, o meglio il registratore Philips, ce l’avevo appesa all’imbrago! Per non parlare dell’abbigliamento, talvolta un po’ eccentrico: lo stesso che usavo in discoteca alla sera. Erano tempi così… Poi ancora in giro, a visitare le aree di arrampicata che si stavano sviluppando: la Val di Mello, Arco, Finale Ligure e Lumignano, come pure le grande pareti della vicina Svizzera, della Francia, delle Dolomiti. Accumulando esperienza, cresceva in me la voglia di creare qualcosa di nuovo dalle nostre parti in ottica sportiva, vista la gran quantità di strutture intorno a Lecco, allora pochissimo sfruttate. La falesia di Versasio, piccola frazione sotto il Resegone, è stato il mio trampolino di lancio; lì nel 1986 ho iniziato la mia carriera di chiodatore con 55 tiri di corda e vie lunghe fino a quattro lunghezze. In seguito mi sono rivolto alla parete del Melgone, sulla sponda occidentale del lago di Lecco, la Corna Rossa di Valmadrera, la Val dell’Oro a Civate, il Corno Ratt nel gruppo dei Corni di Canzo, la Parete Stoppani e la Pala del Cammello
nel gruppo del Resegone, la Torre MaApprofondimenti sul recente “Accordo di programma sulla valorizzazione delle falesie lecchesi”: http://larioclimb.paolo-sonja.net/bacheca/index. html articoli del 30 novembre 2014 e 16 gennaio 2015
rina al Moregallo, i cinque settori del
Alpinismo e arrampicata
43
Lariosauro sulla sponda orientale del
Per quanto riguarda il problema del
per chi riesce a vederle.
morte per l’attività in montagna, met-
lago e, a poca distanza, la falesia della
reperimento del materiale: all’inizio
Discoteca, la mia più recente creazio-
avevo scatenato la fantasia, fabbrican-
ne.
domi da solo le prime piastrine che
Altri hanno dato il loro contribu-
testavo con un macchinario apposito
to all’arrampicata sportiva lecchese, e
In seguito Delfino si dedica alla ma-
prima di usarle. In seguito ho trova-
voglio ricordarli, soprattutto i chio-
nutenzione di altre falesie e all’attua-
to la collaborazione di alcune aziende
datori,
le richiodatura, con apertura di molti
mande.
tendoci fantasia, tempo libero e, spesso,
L’arrampicata è uno sport con alte
anche il materiale. Così è stato per me,
componenti di rischio, che chi pratica
che sono arrivato alle falesie abbastan-
automaticamente accetta.
Sentendo
levati sono di grande attualità e urgen-
za tardi.
qualche avvocato che ha provato a ci-
za: negli anni ’90 – primissimi 2000,
Dopo le vie nuove nel Màsino-Bre-
mentarsi con l’argomento, mi è sem-
una manciata di chiodatori allietavano
senz’altro
gaglia e in Val di Mello, ho trovato an-
brato di capire che non dovrebbero es-
noi scalatori con una, talvolta anche due,
del territorio - tra cui Longoni Sport
qualcuno. Giuseppe Bonfanti, Cristian
che lo stimolo per attrezzare alcune
serci responsabilità nascoste, ma rimane
falesie nuove ogni anno. Ora non è più
nuovi itinerari, della splendida parete
e Sciola Sport, due importanti negozi i
Brenna, Pietro Buzzoni, Valerio Casari,
falesie sul calcare di casa. Il primo im-
sempre qualche dubbio. Dubbi molto
così, e nel frattempo la frequentazio-
Stoppani.
cui proprietari (Sergio Longoni e Fran-
Pierantonio Cassin, Domenico Chinda-
patto è stato difficile: a differenza delle
pesanti soprattutto se messi in relazio-
ne sempre in crescita ha letteralmente
co Sciola) erano essi stessi grandi ap-
mo, Paolo Crippa, Roberto Crotta, Bep-
placche di granito qui c’era da fare un
ne a questo esercizio di «volontaria-
congestionato alcune delle falesie più
Individuare una struttura vergine,
passionati di montagna, molto attenti
pe Dallona, Flavio De Stefani, Saverio
gran lavoro di disgaggio per rendere la
to» poco riconosciuto e gratificato.
accessibili del lecchese, aumentando i
immaginare con lo sguardo i nuovi
all’evoluzione dell’arrampicata - che
De Toffol, Lele Dinoia, Massimo Disarò,
roccia godibile. Erano più le ore passate
Per non parlare dell’argomento del
problemi di “convivenza”. Non tutti ca-
itinerari, poi passare all’azione pulen-
avevano intuito l’importanza di questo
Rino Fumagalli, Marco Galli, Lele Gerli,
a pulire che ad arrampicare, una fati-
«sovvenzionamento», riflettendo però
piscono che in una attività outdoor, a
do da erba e sassi mobili, trovando la
sport in piena espansione. In segui-
Claudio Gorla, Roberto Lainati, Fioren-
ca in più che ha richiesto una grande
sul fatto che in un territorio come
maggior ragione l’arrampicata, è fon-
linea più elegante e posizionando le
to, per alcuni anni ottenni l’appoggio
zo Magni, Matteo Maternini, Cristian
passione. Sono nate così Le Torrette,
quello lecchese, ricco di una lunga sto-
damentale l’autodisciplina (una volta si
protezioni, quindi salire dal basso i tiri
del Centro Abbigliamento Lombardo
Meretto, Gino Notari, Luca Passini (a
la Pala del San Martino e Campiano,
ria di alpinismo e arrampicata, con fior
chiamava buona educazione) perché
così realizzati godendo del mio lavo-
di Malgrate, attraverso l’amico Pie-
cui si devono alcuni dei tiri più duri
per un totale di più di 150 tiri oltre alla
di aziende e negozi di settore, club e
tutti possano godere serenamente del
ro. Alla fine la parete non mi appare
tro Corti che ha sempre creduto nei
del lecchese), Virgilio Plumari, Gerar-
manutenzione. La creazione di queste
associazioni, ho sempre pensato fosse
nostro patrimonio roccioso. Molti stor-
più solo un pezzo di roccia qualsiasi,
miei progetti. Poi, dopo qualche alto
do Redepaolini, Norberto Riva (quello
falesie mi ha dato grandi soddisfazioni
paradossale (soprattutto per i chioda-
cono il naso a questi discorsi moralisti,
ma diventa un luogo diverso, che ha
e basso, è arrivato l’aiuto di Climbing
del Sasso Cavallo), Gianni Ronchi, Aldo
ma, pur avendo ancora qualche pro-
tori «seriali») doversi autofinanziare
tuttavia oggi la falesia è diventata “luo-
subito una piccola metamorfosi per
Technology di Cisano Bergamasco.
Rovelli, Giacomo Rusconi, Adriano
getto in testa, ho cominciato a nutrire
il materiale, o ridursi ad elemosinare
go comune”, e come tale va trattato.
Selva, Andrea Spandri.
qualche dubbio.
qualche fix!
mano mia.
Alcuni mi hanno chiesto quale è
Chiodatori
dimenticandone
Autodisciplina e valorizzazione E arriviamo ai nostri giorni. I temi sol-
E’ recentissima infine la firma di un
Presto però mi prende la preoccu-
stato il mio lavoro più importante: si-
Poi c’è Paolo Vitali, che ha una sto-
Quando mi è capitato di chiedere a
Tant’è che avendo raccolto in passa-
Accordo di Programma tra Regione
pazione. Il problema infatti è “il dopo”,
curamente l’attrezzatura di una gros-
ria un po’ particolare: grande alpinista
certi scalatori di passare qualche col-
to sponsorizzazioni in materiale a La-
Lombardia (Assessorato allo Sport e
quando cioè la falesia viene frequen-
sa struttura con mono tiri e vie di più
e scialpinista, ha scalato più o meno
po di spazzola sui passaggi non ancora
rioclimb, ho cercato, insieme a Pietro
Politiche per i Giovani), Comunità Mon-
tata da altri. Se ci sono molti arrampi-
lunghezze sopra il rifugio Stoppani al
dappertutto mettendo a segno una
puliti, la risposta era del tipo «non pos-
Corti che collabora al sito, di mettere
tana Lario Orientale Valle San Martino,
catori attenti a non abbandonare rifiuti,
Resegone, da me battezzata ovvia-
quantità impressionante di vie nuove
so, rovinerei i polpastrelli per il prossimo
una piccola pezza a questo problema
Comunità Montana Valsassina, Comu-
a comportarsi in modo corretto, che
mente Parete Stoppani. Mi ha impe-
in Val di Mello, nel Màsino, Bregaglia e
giro». Poi, i commenti che spesso capi-
girando gran parte dei fix a chiodatori
ne di Lecco, Provincia di Lecco, Colle-
sanno apprezzare il lavoro altrui, ce ne
gnato intensamente per due anni di
nel Bormiese, oltre a nuove ascensioni
ta di sentire: «lo spit andava messo 20
di provata esperienza di nostra cono-
gio Regionale Guide Alpine Lombardia,
sono altrettanti che non hanno alcuna
fila, tanto da convincermi ad affittare
e prestigiose ripetizioni in Patagonia e
cm più a destra, quel sassetto andava
scenza.
Camera di Commercio di Lecco, sulla
cura del luogo, e non si rendono con-
un locale nel piccolo nucleo di Costa.
Asia nel corso di avveniristiche spe-
rimosso, quei ciuffi d’erba danno fasti-
Ultimo ed importantissimo aspetto: la
valorizzazione delle falesie lecchesi. Un
to della fatica che è costata preparare
Un’infinità di salite in parete a posa-
dizioni ultra-leggere. Una ricerca del
dio». Tutti professori del lavoro altrui,
manutenzione. Molti danno per scon-
momento importante che vede per la
la falesia. Questo è uno degli aspetti
re le corde fisse, pulire, chiodare. Ne è
nuovo che lo ha portato anche sulle
ma quanti mettono mano a martello,
tato che chi ha attrezzato una falesia la
prima volta il settore Pubblico che inve-
negativi della mia attività: attrezzare
venuto fuori un posto magnifico (non
rocce di casa (o meglio: appena die-
trapano o spazzola di ferro? Strappare
debba anche mantenere costantemen-
ste sul territorio attraverso l’arrampicata
una parete ti espone ovviamente al
solo a detta mia) per qualità della roc-
tro casa) dove ha chiodato una grossa
una nuova falesia alla vegetazione è un
te in perfetta efficienza. Non è così: il
sportiva.
“giudizio” di chi la frequenterà, e fin
cia, eleganza dell’arrampicata e bel-
falesia di 100 tiri, Le Torrette, oltre a
lavoro che ti spezza la schiena, e quan-
tempo passa e le cose cambiano per
qui nulla di male. Le critiche costrut-
lezza dell’ambiente circostante, molto
Campiano, la Pala del San Martino e lo
do senti questi commenti ti chiedi «ma
tutti. Ecco perché penso che un pro-
tive servono a migliorare. Al contrario,
frequentato anche da climber stranieri.
Zucco di Teràl.
per chi lo faccio?».
getto di manutenzione delle falesie a
la consapevolezza che il mio lavoro
Conservo comunque un magnifico ri-
porterà in falesia gente non “all’altez-
cordo di tutti gli altri miei interven-
za” mi comporta un notevole disagio.
ti, anche se per ora non ho tempo di
44
Alpinismo e arrampicata
Altro elemento è quello della respon-
carico di Enti o Amministrazioni (del
Falesie, gioie e dolori, il parere di
sabilità. Poco tempo fa è successo un
quale finalmente si sente parlare) è
Paolo Vitali
tragico incidente alla Pala del San Mar-
senza alcun dubbio positivo. A patto
crogiolarmi: l’ultima falesia è ancora in
Attrezzatura e mantenimento delle
tino; ero in Francia quando l’ho saputo,
che i lavori siano fatti con l’eccellenza
fase di completamento. Poi, chissà: a
falesie, una attività che ho svolto con
e mi si è accapponata la pelle. Non si
che ha contraddistinto finora la mag-
saper guardare bene, i dintorni di Lec-
entusiasmo fino a qualche anno fa da
conosce la dinamica: un fatale errore?
gior parte delle chiodature «volonta-
co conservano ancora tante sorprese
«alpinista pentito», durante le stagioni
Nel frattempo ti poni un mare di do-
rie» del territorio. (2)
1) dal libro di Pietro Corti Arrampicare intorno al Lario orientale, Novantiqua multimedia per la Comunità Montana Lario Orientale - ora Comunità Montana Lario Orientale Valle San Martino - 2008. 2) da un articolo di Paolo Vitali del dicembre 2014
Alpinismo e arrampicata
45
LA “DIVINA COMMEDIA”
Ritorno alle origini al Buco del Piombo di Simone Pedeferri
Nell’autunno 2013 i Ragni Simone Pedeferri e Luca Schiera hanno aperto una nuova via di arrampicata libera al Buco del Piombo, famosa grotta sopra Erba; a luglio 2014 la prima ripetizione. “ La Divina Commedia” è il nome dato alla via, evoca-
tivo di inquietanti atmosfere infernali che validi alpinisti come Graziano Bianchi, Jack Canali, Carlo Nembrini, Ginetto Mora, Ivo Mozzanica avevano già sperimentato in artificiale negli anni Sessanta. Simone Pedeferri racconta questa avventura in una continua alternanza fra attualità e flashback che riportano alle origini della sua attività di alpinista.
Il disegno della via eseguito da Simone Pedeferri
F
ine ottobre 2013. Un autunno così
Sul terzo tiro devo dare tutto, è li che si gioca la libera della via. La volta prima mi aveva respinto non facendomi fare la RP. Prima parte tutto bene, riposo il più pos-
Preuss!
sibile su una discreta canna, ripasso men-
piovoso era da un po’ che non lo
Qualche anno dopo mio zio mi riportò
talmente la sequenza chiave poi lascio che
vedevo e non potevo immaginare
in quella palestra per insegnarmi a scalare
il corpo e la testa diano il massimo. Sosta.
che il 2014 sarebbe stato ancora peggio.
e usare il materiale. Dalla cima del Sasso
Penso sul bordo di questa enorme volta.
Disperato, con Luca, visitiamo il Buco del
d’Erba si ha proprio di fronte quell’enorme
Posso guardarmi intorno, è una sensazio-
Piombo, sopra Erba, per vedere se sotto
grotta del Buco del Piombo.
ne strana. So di non aver finito la salita
questo enorme soffitto si può chiodare
ma capisco che il successo è vicino, mi
una via mentre fuori piove. La via esiste,
Il secondo tiro affronta il primo dei tetti
godo le piccole cose, guardo il paesaggio,
forse si può fare. Cinque giorni di chioda-
di questa volta che strapiomba quasi 80
i boschi e le altre pareti, guardo la linea del
tura, cinque giorni di pulizia per realizzare
metri. Una lunghezza strana ti spegne len-
dietro Scarabelli.
questa linea unica.
tamente per finire con un duro passo che porta ad una cengia perfetta dove s’incro-
Tardo autunno. Esco di corsa dalla scuo-
cia una vecchia via in artificiale. La rag-
la d’arte, faccio duecento metri e vado a
Salgo lento sul primo tiro, la prima par-
giungo, mi sdraio e il primo tetto è sotto
casa di Massiminio (era lo scalatore più
te va bene per scaldarsi. Il corpo arriva al
di me. Sento che ho utilizzato le giuste
bravo di Cantù, un mito!). Partiamo per
primo passo duro, lo supero, arrivo al se-
energie per scalare, guardo i vecchi chiodi,
non so dove tanto io scalo da secon-
condo, salto uno spit difficile da rinviare,
penso a chi li ha piantati e la mente fugge…
do. Mi guarda e dice “Andiamo al Buco del
Appoggio lo zaino, tolgo il materiale, mi preparo e sono pronto per la prima libera.
continuo fluido e arrivo in catena…
Piombo a fare il diedro Scarabelli!” “Cazzo! Io, Marchino, Ale e non ricordo più chi
Ma è duro!” Ne avevo sentito parlare da
…la Renault 4 rossa di mio zio passa a
altro. È inverno, le giornate sono molto
un amico in classe che scalava. Arrivia-
prendere me, mia mamma e mio fratello.
corte… cosa che noi spesso sottovalutiamo.
mo fino a dove finisce la strada, cosa che
Mio papà è a correre, ci raggiungerà più
Siamo tutti alle superiori. Sabato. Cam-
oggi non si può più fare. Allora la teoria
tardi. La radio con l’impianto artigianale ha
panella. Si parte di corsa. L’unico con la
era: fino dove ti porta il mezzo meccanico
l’ultima cassetta di De Gregori che ci ac-
patente è Marco (per me è ancora così).
devi andare, costi quel che costi, marmitta
compagna per questi pochi chilometri che
Ci porta tutti in direzione Buco del Piombo.
e sospensioni comprese! Mi cambio, met-
separano casa mia dalla zona sopra Erba.
Da parte al grande antro c’è una picco-
to i miei fuseaux fucsia, attacco all’imbra-
la grotta con una via di due tiri di Mario
go la mia borraccia di ferro (quando mi
Incredibile quando sei piccolo, brevi
Canali, vogliamo ripeterla, facciamo per
muovo sembro una mucca) e si parte per
spostamenti sembrano viaggi infiniti, o
scavalcare il cancello che porta all’acces-
la parete. La via lenta scorre e mi sembra
così pensi di ricordare.
so, visto che il temuto custode non c’è.
meravigliosa ed esposta. All’ultimo tiro mi
Non riusciamo, troppo filo spinato; quindi
appare uno strapiombo enorme (ora, ri-
Avevo 6 o 7 anni quando facevo quel
su per una riva marcia quasi più pericolo-
pensando alle vie che ho scalato, mi sem-
sentiero verso quella piccola falesia del
sa del filo spinato. Attacchiamo, facciamo
bra un muro appena verticale). All’uscita
Sasso d’Erba, guardavo la nuova genera-
la via e all’uscita siamo al buio, nessuno
sulla sinistra di quell’enorme grotta, Massi-
zione che scalava con le prime scarpette
ha la frontale. Discesa circense, macchina.
mo mi dice che lì ci sono tre o quattro vie
e la fascia nei capelli. Uno di questi con
Siamo in straritardo, non esistevano cellu-
di arrampicata in artificiale e non è possi-
i capelli lunghi e biondi era mio zio. Così
lari per avvisare nessuno. Nebbia fittissima.
bile scalare in libera.
giocavo alla base della falesia. Un giorno
Conclusione: nei 10 km che ci distanziano
È strana la vita, a volte ritorni in posti
mio zio mi disse “Dai prova a scalare” e
da casa (io faccio da navigatore) ci per-
che ti hanno dato tanto per trovare le
mi fece salire con lui e una sua amica fino
diamo 20 volte.
stesse sensazioni di quelle piccole mon-
a metà della via normale. Erano solo 15
Genitori incazzati e preoccupatissimi
tagne e pareti. Ci sono tornato spesso
metri di 3°, ma salita e discesa slegati. Lui
che già pensavano al funerale di quattro
nella mia vita e ho vissuto un sacco di
mi controllava le mani e la sua amica i pie-
scalatori. Ci siamo giocati il prossimo fine
momenti unici.
di. Penso che sarebbe stato contento Paul
settimana di scalata.
Sopra: Simone sul quarto tiro 7c. Sotto: Luca sul secondo tiro 8a+
Altri due tiri, tutto bene. Sono sotto
Nel chiodare questo soffitto con Luca mi
all’ultimo, lo salgo lento per gustare questo
è stata data la possibilità di ricordare, ripen-
momento. Esco sul prato, recupero Stefa-
sare e ridere di queste avventure. Se ha un
no e poi mi godo il tramonto.
senso scalare, forse è nel ricordo di quei
La prima RP di La Divina Commedia è sotto di me.
momenti, e ora ne fa parte anche La Divina
Commedia.
Anni sono passati da quando ci si trovava alla sera per fare delle scalate notturne con grigliata o come quando, prima di partire per il servizio civile, sotto una nevicata di notte con Max e Alberto scalavamo il Sasso d’Erba per festeggiare la mia partenza.
Alpinismo e arrampicata
47
“COLORIAMO L’INVERNO”
Intorno al sentiero didattico una fioritura fuori stagione
di Adriana Baruffini
I
nsolite macchie di colore ravvi-
come punto di appoggio per momenti
vano da alcuni giorni il paesaggio
di incontro e di convivialità. Lì è stato
invernale dei Grassi, la località ai
tracciato il Sentiero didattico – natu-
piedi del Magnodeno dove il gruppo
ralistico che sale nel bosco di fianco
di Alpinismo Giovanile ha stabilito da
alla baita, inaugurato nel 2012 e pen-
ormai tre anni il proprio quartiere ge-
sato come spazio dove i ragazzi pos-
nerale per attività didattiche e di so-
sano giocare, imparare, dare sfogo alla
cializzazione. Lì è stata ristrutturata
propria creatività.
una vecchia baita in disuso che serve
Dopo un’esperienza ormai collauda-
5
AGLIO GRAZIOSO Nome ScieNtifico Nome comuNe Periodo fioritura Luogo coLore
Allium carinatum, L. Aglio Grazioso da Giugno a Settembre Prealpi Lecchesi
5
Coloriamo l’inverno
cinquanta anni di
Alpinismo Giovanile
i gigli
i gigli
Coloriamo l’inverno
cinquanta anni di
Alpinismo Giovanile
GIGLIO MARTAGONE Nome ScieNtifico Nome comuNe Periodo fioritura Luogo coLore
Lilium martagon, L. Giglio Martagone Giugno, Luglio Prealpi Lecchesi
Quota
Quota
2300 m.
1500 m.
200 m.
200 m.
Pianta alta fino a 120 cm con molti fiori, anche 20, portati da peduncoli arcuati e con stami molto sporgenti. Questo splendido fiore è comune nei boschi e nei prati montani di tutto il
Chiamato anche “aglio delle streghe”, è il più bello degli agli selvatici presenti sul territorio lecchese. Fiorisce da giugno a settembre, dalle quote più basse fino ai 1.500 metri ed è abbastanza comune su quasi tutte le montagne lecchesi. Un posto comodo per vederlo è ai Piani Resinelli il sentiero che dal Belvedere sale al Coltignone.
territorio lecchese fino a 2.300 metri di altezza. Fiorisce da giugno a luglio e in corrispondenza di ogni fiore si forma un vistoso frutto rivolto verso l’alto.
GIGLIO ROSSO O DI SAN GIOVANNI
COLCHICO Nome ScieNtifico Nome comuNe Periodo fioritura Luogo coLore
Colchicum autumnale, L. Colchico Settembre, Ottobre Prealpi Lecchesi
Nome ScieNtifico Nome comuNe Periodo fioritura Luogo coLore Quota
Quota 2000 m.
1900 m.
500 m.
200 m.
I GIGLI
Lilium croceum, CHAIX Giglio Rosso o di San Giovanni Maggio, Giugno, Luglio Prealpi Lecchesi
La comparsa nei prati di questo fiore, che appartiene alla famiglia dei gigli e che non deve essere confuso con il “croco” primaverile, segna praticamente la fine dell’estate. Fiorisce infatti in settembre e in ottobre ed è comune in tutto il territorio lecchese fino a circa 2.000 metri di altezza. Una singolarità di questa specie è che il frutto e i semi compaiono nella primavera successiva, fatto questo che aveva molto meravigliato gli antichi botanici. E’ velenoso.
Pianta molto bella e vistosa, alta fino a 80 cm e spesso con più fiori (fino a 5). Fiorisce da maggio a luglio nei prati alpini e subalpini, da 500 a 1.900 metri di altezza. Facile da vedere su tutte le montagne del territorio lecchese.
DENTE DI CANE
ORNITOLAGO
La famiglia dei gigli è presente sulle montagne lecchesi con 41 specie di 25 generi diversi.
Nome ScieNtifico Nome comuNe Periodo fioritura Luogo coLore
Fioriscono durante tutte le stagioni a cominciare con il Dente di cane, che orna i prati montani già prima della fine dell’inverno, ed a finire con il Colchico autunnale, che fiorisce talmente tardi che il frutto con i semi si sviluppa nella primavera successiva. Comprende fiori superbi di grandi dimensioni, accanto ad altri tanto piccoli quanto belli e delicati come il profumato mughetto. Presentano una notevole varietà di colori e di forme e ci sono specie che “salgono” anche oltre i 2.000 metri.
Erythronium dens-canis, L. Dente di Cane Marzo, Aprile, Maggio Prealpi Lecchesi
Ornithogalum pyrenaicum, L. Maggio, Giugno, Luglio da Giugno ad Ottobre Prealpi Lecchesi
Quota
Quota
Sono presenti specie ricercate perché commestibili, come l’Ornithogalum pyrenaicum ed il pungitopo (Ruscus aculeatus), del quale però è vietata la raccolta, ed altre molto tossiche, come il Veratro e l’uva di volpe (Paris quadrifolia).
Nome ScieNtifico Nome comuNe Periodo fioritura Luogo coLore
1500 m.
1300 m.
Appartengono a questa famiglia anche l’Allium insubricum, citato fra gli endemism, e la rarissima Fritillaria. 200 m.
Fotografate i fiori ed avrete la gioia di rivederli a casa quando vorrete insieme a parenti ed amici! NON RACCOGLIETELI MAI! RISPETTATE I FIORI E RISPETTATE LA NATURA!!!
ta di esposizioni all’aperto su temi vari, nell’inverno di quest’anno è la volta dei fiori. Sistemati nelle bacheche o appesi agli alberi, una trentina di pannelli compongono una mostra dedicata ai fiori di montagna: non solo quelli della fascia prealpina di bassa quota, che nella stagione giusta possono essere osservati anche dal vivo intorno al sentiero, ma una esauriente rassegna delle specie alpine più comuni, con fotografie e sintetiche annotazioni botaniche. Gli autori dei testi e delle fotografie sono Annibale Rota, che come conoscitore della flora alpina non ha biso-
50
E’ un grazioso delicato piccolo giglio presente nei boschi e nei prati montani di tutto il territorio lecchese fino a 1.300 metri di altezza. Fiorisce da marzo a maggio
gno
di
presentazioni, e Luca Mauri, un “nativo botanico” presente fin da piccolo nelle file dell’alpinismo giovanile, che ha ereditato da suo padre la passione per la montagna e la flora. La grafica è stata realizzata da Marco Giudici.
del bosco. Un’offerta di bellezza, quindi, e un momento di educazione all’amore per la natura e al rispetto dell’ambiente.
La mostra si rivolge innanzi tutto ai ragazzi, ponendosi come riferimento per scuole e gruppi giovanili, in continuità con precedenti esperienze. Ma vuole essere anche un punto di interesse per i molti escursionisti che, soprattutto nei mesi invernali, frequentano quella zona: sia i più attenti e preparati, che troveranno nei pannelli occasione di conferma e approfondimento delle proprie conoscenze
Alpinismo Giovanile
corgono delle tante piccole meraviglie
botaniche, sia i più distratti che, assorbiti dal gesto del camminare e dalla tensione alla meta, spesso non si ac-
Nelle pagine precendenti collage di fiori sul pannello di presentazione della mostra. Sopra: tre pannelli in sequenza illustrano la famiglia dei gigli.
200 m.
Alto fino a 60 cm questo giglio cresce nei boschi umidi e ombrosi dal livello del lago fino a 1.500 metri. Fiorisce da maggio a luglio ed è presente in tutto il territorio lecchese. Facile da vedere nei boschi di Cavagiozzo e in Val Calolden. I germogli sono commestibili.
LA GIORDANIA A PASSO DI ESCURSIONISTA
Nel cuore del Medio Oriente tra Storia, città nascoste, fratellanza e deserto roccioso
M
i metto a scrivere questo
tidiani, scrittura immediata quindi, con
mia mente. Ricordi maturi che mi pro-
pezzo un anno dopo es-
ancora l’odore della notizia sotto il
vocano piacevoli sensazioni e fanno
sere tornata dal viaggio. Il
naso. Ripensare a quello che ho visto,
scaturire la voglia di rifare lo zaino e
mega ritardo è dovuto a tanti motivi
provato e sentito più di un anno fa è
andare alla Malpensa.
che si sono sommati, ma che ora fi-
mi è strano. Strano perché non sono
Ripensando al viaggio “Giordania
nalmente si sono sciolti.
emozioni fresche, ma nonostante ciò
trekking” che ho fatto con Avventure
sono ricordi ancora molto forti nella
nel Mondo dal 26 dicembre 2013 al 6
Sono abituata a scrivere per i quo-
Petra, il Monastero
di Anna Masciadri
gennaio 2014 la prima reazione che
mente sbarchiamo nel “nostro” nuovo
nei grandi centri cittadini, è migliore di
foschia, molti rapaci e solo il rumore
ho è quella di un sorriso. Un sorriso
paese. E’ mattina presto, sono le 6. Il
quanto mi aspettassi.
dei nostri passi che muovono i sassi.
per il paese che ho visto, per la gente
pullman ci porta verso il centro citta-
Re Abd Allah II, e prima di lui suo
La discesa è senza problemi, la risalita
che ho incontrato e soprattutto per
dino. La prima tappa del viaggio è Je-
padre, sono adorati dai sudditi. Tro-
fa selezione, così Lorenzo può capire
lo straordinario gruppo di amici che
rash, dove ammiriamo le rovine dei più
viamo ovunque il suo ritratto, anche
come sta il gruppo. Non sono la maglia
erano con me in quei 12 giorni in Me-
grande insediamento romano sull’altra
sulle auto. E poi la regina Raina la co-
rosa di giornata, ma arrivo nel gruppo
dio Oriente.
sponda del Mediterraneo.
nosciamo bene anche in Occidente.
di testa. C’è da tenere alto l’onore del Cai Lecco anche lontana dalla Grigna.
Nella mia breve carriera di viaggia-
Siamo un gruppo di buoni viaggia-
Una donna nata in Kuwait da genitori
trice ho visitato l’Europa, gli Stati Uniti
tori e ottimi camminatori. Dei muli in-
palestinesi che ha sposato il re gior-
Nel pomeriggio raggiungiamo Pic-
e un po’ d’Africa. Il Medio Oriente mi
stancabili.
dano. Affascinante alla prima occhiata,
cola Petra e qui iniziamo a intuire
ha sempre attirato molto, ma non ci
Dalle rovine di Jerash intravediamo
se ne innamorano tutti appena inizia a
la bellezza che ci sta per travolgere.
avevo mai messo piede prima. Mi af-
la città nuova ed è la tipica città me-
parlare: si batte da anni per l’educa-
Qualcosa di unico al mondo che si
fascina per storia e cultura, ma anche
diorientale moderna: un mix affasci-
zione e l’emancipazione delle donne
può vedere solo qui.
per il paesaggio così sabbioso, roccio-
nante tra caos, Storia, donne velate,
nel suo paese.
so e duro. Così diverso da quello in cui
odori e commercianti a ogni angolo.
Il secondo giorno del nostro viag-
ra gli insediamenti nabatei nella roccia.
vivo tutti i giorni. Purtroppo negli ulti-
Se ho capito qualcosa dei giordani è
gio inizia un po’ male. Cristina deve
Dei capolavori rimasti immutati nei
mi anni mettersi in viaggio per questi
che sono un popolo di venditori nati. E
tornare a casa, un problema famigliare
secoli. Scoperti di recente, anzi, recen-
luoghi dicono sia pericoloso. Nella mia
contrattare il prezzo è un dovere per
la costringe a ripartire. Da 19 che era-
tissimamente dall’esploratore svizzero
esperienza di viaggio in luoghi che gli
comprare qualsiasi cosa, se non lo fate
vamo rimaniamo in 18, un bel grup-
Johann Ludwig Burckhardt nel 1812:
occidentali definiscono “a rischio” poi
si offendono a morte.
pone, il più numeroso a cui abbia preso
per secoli erano rimasti nascosti. Petra
parte in un viaggio. E’ il 28 dicembre,
è stata definita una delle sette mera-
la mattina andiamo al Monte Nebo, il
viglie del mondo nel 2007. Il titolo è ampiamente meritato.
ho scoperto con i miei occhi che la realtà è molto spesso tutt’altra cosa.
La Storia davanti
A Petra e nei dintorni ci sono anco-
Scelgo di andare in Giordania per-
I giordani sono un popolo molto
luogo dove secondo la leggenda bibli-
ché è uno dei pochi stati, o forse l’u-
aperto, cordiale, elegante. La mag-
ca morì Mosè, da quassù si può guar-
Il primo giorno a Petra, il 30 dicem-
nico, a essere definito sicuro da quelle
gior parte di loro, negozianti compresi,
dare verso la Terra Santa per i cristia-
bre, facciamo a piedi 10 km. L’emo-
parti. E per la prima volta decido di
cerca di fare conversazione e ti offre
ni e la Terra Promessa per gli ebrei.
zione è forte quando si entra nel Siq,
fare un viaggio trekking. Ho voglia di
sempre un tè da bere. Bollente. E se
Sia per chi crede sia per chi è oltre lo
la stretta gola di roccia che costituisce
camminare, sono una discreta escur-
hai fretta è un bel problema.
scetticismo fa effetto essere qui.
il principale accesso a Petra da Wadi
Siamo in piedi quasi da due giorni e
Il pomeriggio saliamo sul pullman e
Musa. Sulla nostra destra c’è il Wadi
Il coordinatore del nostro gruppo è
finalmente arriviamo a Madaba dove
arriviamo a Dana, un piccolo villaggio
Mudhim. La guida, Ghassan, ci spie-
Lorenzo Serafini, casualmente anche
c’è l’albergo e il letto che ci aspetta.
quasi abbandonato inerpicato in cima
ga incisioni e storia che vediamo su
lui socio CAI, ma di Firenze. Il gruppo
Prima diamo un’occhiata alla chiesa di
a una lunga e ampia vallata: il Wadi
queste pareti modellate dal vento e
è composto da 19 persone inizial-
San Giorgio, di epoca bizantina e pie-
Dana. La sera, in un albergo molto
dall’acqua che creano colori incredibili:
mente, uomini e donne in pari numero,
na di mosaici stupendi, ma soprattut-
folkloristico, ci offrono 30 cammel-
righe di azzurro, viola, giallo e bianco
la maggior parte ha tra i 25 e 40 anni,
to ci colpisce il mosaico della mappa
li per vendergli Giorgia, una torinese
sulla roccia. Lentamente ci avvicinia-
ci sono un paio di fuoriquota tra cui
della Terra Santa realizzato tra il 542
che dicono assomigliare a un’attrice
mo all’attrazione principale di Petra, il
Adriano, socio del CAI Sanremo.
e il 570 d.C. E’ emozionante trovarsi
egiziana. Quando scopriamo che ogni
Tesoro. Ovvero iniziamo tutti a rive-
Partiamo con voli da Milano, Bo-
di fronte a opere così, è come se la
cammello vale 2 mila euro circa ci
dere Indiana Jones quando nella scena
logna, Venezia e Roma. Ci ritroviamo
Storia ti guardasse dritta negli occhi
mangiamo le mani di non averla la-
finale del film “Indiana Jones e l’ulti-
tombe, l’anfiteatro romano, il Grande
siamo soli in fila indiana e scopriamo
tutti a Istanbul per poi prendere il volo
senza il filtro del libro. Madaba, ma
sciata lì…
ma crociata” arriva a cavallo nel Siq
Tempio fino ad arrivare a al Qasr al
alcuni insediamenti di pastori che oc-
per Amman, la capitale della Giordania.
come tutta la Giordania, stupisce per la
La mattina seguente iniziamo il no-
e si ferma davanti al Tesoro per poi
Bint. Saliamo la lunga scala sulla mon-
cupano abusivamente tombe nabatee.
Dopo ore di voli e aeroporti final-
totale tolleranza in cui religioni diffe-
stro primo trek nella valle di Dana, 15
entrarci. Il Tesoro improvvisamente ci
tagna che porta al Monastero, arri-
renti convivono pacificamente da anni.
km circa e 500 metri di dislivello. Il
compare di fronte tra le rocce e ri-
viamo in cima da dove si ammira-
Musulmani, cristiani, ortodossi, ebrei.
paesaggio attorno a noi è quasi lu-
maniamo tutti ammutoliti. Dopo aver
no Piccola Petra e il Wadi Araba. Nel
Non c’è nessun problema e anche la
nare: pareti rossastre che ci circon-
scattato decine di fotografie prose-
pomeriggio esploriamo le valli meno
guiamo per la strada principale tra le
frequentate dai turisti, per qualche ora
sionista, quindi mi dico: “Perché no?”.
54
Escursionismo
condizione della donna, soprattutto
dano verso il fondo del canyon, tanta
L'arco di Burdah mel deserto di Wadi Rum
Escursionismo
55
Il deserto roccioso di Wadi Rum
Le montagne di Petra Il 31 dicembre è una giornatona,
Rovine di Jerash
Le montagne attorno a Petra
Il gruppo in cima al Jabal Umm Addaami
mezzanotte per festeggiare il nuovo
di vendere Francesca per 50 cammel-
de a distanza siderale con il suo pick
go sotto a immortalare il momento.
L’ultima sera attorno al fuoco faccia-
anno. Alle 0.01 siamo tutti a letto.
li: nonostante le sue grazie la bolo-
up dove stanno le nostre tende e le
La nostra giornata da camminatori nel
mo un bilancio del viaggio, inizia a
gnese rimane con noi.
valigie. Camminiamo per circa 18 km.
deserto termina sempre verso le 16,
serpeggiare un po’ di malinconia per l’aereo di ritorno che ci attende.
la più faticosa del viaggio: 28 km di
Il primo giorno dell’anno dopo i
cammino tra le montagne attorno a
28 km del giorno prima e le gambe
Fino a questo punto il viaggio mi
Ogni tanto cerco di staccarmi dai miei
prima del tramonto dobbiamo monta-
Petra, questa volta ci guida Salem, un
a pezzi secondo voi Lorenzo ci lascia
piace molto, anche più del previsto, ma
compagni, camminare nel silenzio più
re le tende, quando scende l’oscurità è
E’ la mattina del 5 gennaio usciamo
esperto camminatore, Ghassam non ci
riposare? Assolutamente no. Sen-
sta per arrivare quello che attendo di
totale di un deserto è qualcosa di uni-
buio pesto. In compenso vediamo un
dal Wadi Rum e ci dirigiamo in pul-
pensa proprio a farsi tutta quella stra-
za alcuna guida, erano tutti in festa,
più: il Wadi Rum, il deserto roccioso
co. Nemmeno in cima alle montagne
cielo stellato indimenticabile.
lman verso il Mar Morto, in cui fac-
da a piedi con noi. Il tempo è brutto,
tentiamo di raggiungere Piccola Petra
della Giordania. Prima di partire rie-
ho trovato quel tipo di pace. In questa
Il terzo giorno nel deserto è quello
ciamo il bagno più strano della no-
c’è foschia, ma noi siamo allegri e de-
da soli. Peccato che sia impossibile. La
sco a farmi l’ultima doccia, per qual-
situazione realizzo quanto l’uomo sia
della salita al Jabal Burdah con annessa
stra vita in un’acqua salatissima, quasi
terminati. Per mezzogiorno arriviamo
Giordania ha un patrimonio immen-
che giorno non vedremo l’acqua. Per
nulla a confronto della natura.
arrampicata. Qualche ragazza decide
oleosa, dove sta a galla anche chi non
in cima al monte Jabal Haroum dove
so di sentieri, ma non sono segnati e
completare l’opera ci facciamo una
di rimanere a prendere il sole ai piedi
sa nuotare. Finalmente dopo giorni ci
troviamo una piccola moschea in cui
li conoscono solo i locali. Dopo una
birra e ci rimpinguiamo di falafel (pol-
della montagna, la maggior parte di noi
facciamo una doccia anche se gelata.
la tradizione dice si trovi la tomba di
mezz’ora passata a girare su noi stessi
pette di ceci fritte speziate di verdu-
Verso le 16 arriviamo a fine corsa
decide di salire. Io dopo un passaggio
La sera siamo di nuovo a Madaba, da
Mosè.
decidiamo di affidarci a un ragazzino
re), specialità giordana che adoro.
per la giornata, mentre montiamo le
un po’ troppo esposto per i miei gusti
dove siamo praticamente partiti an-
Riso nel deserto
Nel pomeriggio riscendiamo e am-
che lascia il suo asino parcheggiato
Tra l’eccitazione generale partiamo
nostre tende cala la notte in fretta. Il
decido di fermarmi a metà percorso
dando così a chiudere un cerchio ide-
miriamo le montagne del Wadi Sa-
al ristorante e ci guida in questa valle
per il deserto, il sole tramonta e inizia
beduino ci prepara riso in bianco e
prendendo il sole e godendomi il pa-
ale. Qui ceniamo e poi ci dirigiamo in
bra. Comincia a piovere e noi inizia-
sconosciuta, ruvida, selvaggia, ma bel-
a fare freddo. Arriviamo all’ora di cena
verdure cotte, passiamo un paio di ore
norama unico in solitaria con i rapaci
aeroporto. Subito il gruppo si separa,
mo a essere un po’ stanchi dopo ore
lissima. Per pranzo siamo nella vallata
al campo tendato dei beduini, dove
attorno al fuoco ridendo e scherzan-
che mi girano sopra la testa…
i primi a partire siamo noi di Milano,
di cammino. Incontriamo anche un
di Wadi Muran. Ripartiamo, saliamo
dormiamo tutti insieme in una ten-
do. Per fortuna abbiamo portato un
Per l’ultimo giorno nel Wadi Rum, il
salutiamo gli altri e saliamo sull’aereo.
gruppo di dromedari e verso il tra-
verso la cima della montagna e arri-
da che di solito credo sia adibita agli
po’ di alcolici dall’Italia, il freddo nel
4 gennaio, c’è in programma la cima
Amman-Istanbul. Istanbul-Milano. E’ il
monto raggiungiamo l’High Place so-
viamo a una cengia dove ammiriamo
animali, ma il bello di andare in questi
deserto di notte si fa sentire, saremo
Coppi del nostro viaggio: il Jabal Umm
6 gennaio 2014, è primo pomeriggio
pra Petra. Riscendiamo mentre cala
un altro panorama straordinario. Tor-
luoghi è proprio questo.
a 4 o 5 gradi.
Addaami, il monte più alto della Gior-
e sono a Lecco. Apro la valigia e esce
l’oscurità. Con i frontalini in testa tor-
niamo al Monastero, dove eravamo il
La mattina seguente ci svegliamo,
Il secondo giorno di cammino nel
dania, 1850 metri, più basso del Re-
la sabbia del deserto.
niamo in albergo 12 ore dopo la par-
giorno precedente. Qui decidiamo di
usciamo dai sacchi a pelo e lo spet-
Wadi Rum percorriamo 16 km, di
segone… Tra sassi, salite e una cresta
tenza, stremati, ma felici. Tutti hanno
dividerci, c’è chi torna verso l’albergo
tacolo che ci si presenta davanti agli
giorno con il sole si sta bene, è come
arriviamo in vetta in un paio d’ore. Da
fame, ma nessuno ha voglia di tirare
per riposarsi, chi invece prosegue e
occhi è mozzafiato. La sabbia ai nostri
primavera da noi, camminiamo in ma-
lassù però vediamo all’orizzonte l’A-
sale verso l’alta via di Petra, dove si
piedi è rossa come la terra dei campi
niche corte, ma se ci sono dei pas-
rabia Saudita. Scendiamo, pranziamo
ammira da un’altra prospettiva questa
da tennis. Attorno a noi il silenzio e le
saggi all’ombra l’aria è molto fresca.
e continuiamo il nostro cammino nel
città incantata che almeno una volta
rocce. Iniziamo il nostro primo giorno
Arriviamo al famoso arco di Burdah
deserto verso l’ultima notte immer-
nella vita dovrebbero vedere tutti. Ci
di cammino nel deserto, siamo soli, il
dove tutti si fanno la foto, alcuni di
si nel paesaggio dove venne girato il
offrono l’ennesimo tè e Stefania cerca
beduino che ci accompagna ci prece-
noi lo scalano fino in cima, io riman-
leggendario film “Lawrence d’Arabia”.
56
Escursionismo
Foto di Anna Masciadri
Escursionismo
57
GITE SOCIALI
18 ottobre – Castagnata sociale presso il rifugio Antonio Stoppani. Proponiamo la seguente camminata: Versasio - Piani d’Erna da raggiungere con il sentiero della “Sponda” – Passo del Fo – rifugio Stoppani.
A cura della Commissione Escursionismo
25 ottobre – Tra i monti e il mare … dove l’aria frizzante dei monti incontra la brezza salmastra del golfo. Ruta – Camogli – santuario N.S. Caravaggio – Uscio. Alla scoperta di vecchie abitazioni, edicole dedicate alla Vergine, angoli rimasti inalterati nel tempo. Lungo il percorso potremo ammirare fasce, muretti a secco e la vegetazione tipica che va dal castagno al leccio, all’olivo, alla flora mediterranea.
Da Monte Marcello ai Piani di Bobbio, il programma 2015 I responsabili, prima di proporre il programma delle escursioni sociali, si documentano sui luoghi, percorrono con attenzione gli itinerari valutandone la fattibilità, calcolano tempi di percorrenza, dislivelli e grado di difficoltà, prevedono eventuali vie di fuga. All’approssimarsi della data fissata verificano la percorribilità dei sentieri, cercando se necessario soluzioni alternative. La partecipazione è aperta a tutti i soci in regola con l’iscrizione per l’anno in corso che godono, in tal modo, delle necessarie coperture assicurative previste dal CAI. Ai simpatizzanti non iscritti al CAI può essere concesso di partecipare a poche escursioni con difficoltà T o E finalizzate alla verifica dell’attitudine all’escursionismo di gruppo, chiedendo loro di attivare le polizze giornaliere di assicurazione (Soccorso Alpino ed Infortuni) previa comunicazione dei propri dati anagrafici il venerdì precedente l’effettuazione della gita. Le escursioni sociali del CAI, coerentemente alla loro natura, comportano rischi e pericoli inerenti la pratica dell’alpinismo, dell’escursionismo o di altre attività in montagna. I partecipanti, iscrivendosi, accettano tali rischi e sollevano da qualsiasi responsabilità il Presidente e la Sezione del CAI Lecco e i responsabili dell’escursione, per incidenti e infortuni, che dovessero verificarsi durante lo svolgimento. Chi intende partecipare a una gita è tenuto prima dell’iscrizione ad una corretta autovalutazione in merito al percorso, alla quota prevista, alle difficoltà tecniche, all’impegno fisico nonché alle attrezzature ed abbigliamento necessari. A seguire il programma completo delle uscite. 29 marzo – Il CAI … al mare. Parco di Monte Marcello, Bocca di Magra - Lerici. Gita di apertura attraverso uno degli habitat più interessanti del territorio del Golfo dei Poeti, il promontorio del Caprione, barriera naturale tra la baia spezzina e il bacino del fiume Magra. La particolare posizione conferisce alla zona una grande biodiversità, con alternanza di ambienti marini, fluviali e collinari, con vedute che variano dalla scintillante linea dell’orizzonte tracciata dal mare, sino al frastagliato profilo delle Apuane con le loro cime aguzze e filanti. 19 aprile – Lago di Garda - Monte Castello. Sentiero della Bassa via del Garda: Gargnano -Tignale - Monte Castello Campione del Garda Organizzazione congiunta CAI Lecco - SEL Lecco. Un’escursione sul lago di Garda è avventura, esperienza da vivere a contatto con la montagna e la natura. 24 maggio – Val Veddasca - Monte Viasco - Luino (VA) - Prealpi Lombarde Occidentali - Catena: Tamaro Gambarogno Lema. Siamo in un settore delle Prealpi Varesine che si stacca dalle Prealpi Comasche al Passo di Monte Ceneri, in territorio ticinese, allungandosi a formare le catene di cime che delimitano la Val Veddasca, la Val Dumentino e la Val Magliasina. 7 giugno – Val di Scalve “Ricordando il Gleno” Itinerario suggestivo che offre ampi panorami sulle vette delle Alpi Orobie e delle Alpi Retiche. E’ un viaggio nella memoria. Un percorso per ricordare un immane disastro che produsse un numero incalcolabile di vittime e danni di milioni il 1° dicembre 1923.
58
Escursionismo
14 giugno – Camminata sul sentiero “Rotary” da Versasio al Castello dell’Innominato. Il percorso abbraccia, contornandolo a mezza costa, tutto il territorio lecchese, le cui bellezze naturali sono state celebrate da Alessandro Manzoni. 21 giugno – “Raduno sezionale 2015” presso il rifugio Lecco ai Piani di Bobbio. La Commissione ripropone la seguente camminata: Piani di Artavaggio (raggiunti in funivia da Moggio) – rifugio Nicola – rifugio Merlini Cazzaniga – sentiero dei Mughi – rifugio Lecco – Pesciola – Moggio. 28 giugno - Alle sorgenti del Reno, in Svizzera – Lago di Toma – Oberalppass. Un bellissimo percorso su sentieri ben tracciati e segnalati. 5 luglio – Assalto al Resegone. Organizzazione SEL Lecco 12 luglio – Guarda – Rifugio Cler – Ardez. Una bella e simpatica gita in Bassa Engadina. Circa 5 ore di cammino con belle vedute panoramiche e notevole flora alpina. 26 luglio– Rifugio Deffeyes – La Thuile. Fantastica escursione in Valle d’Aosta alle pendici del Ghiacciaio del Rutor. Da La Thuile, località La Joux, lungo il bel sentiero delle cascate raggiungiamo il rifugio dal quale ha inizio un percorso ad anello che ci permetterà di vedere i laghetti della zona. 27 settembre – Val Lavizzara – Lago San Buco. Un quadro ricco di scoperte e avventure. Lavizzara è il nome della parte superiore della Valmaggia, in Canton Ticino. Un territorio esteso coronato da imponenti vette. Stupendi panorami. Corsi d’acqua, cascate, versanti verdi e rocciosi, piccoli nuclei ben conservati, particolari costruzioni.
In data ancora da fissare chiusura della stagione presso il rifugio del Cai Lecco ai Piani di Bobbio.
Le escursioni proposte sono classificate “E” con un paio d’eccezioni che presentano brevi tratti classificati “EE”, nulla di difficile, tratti superabili con un poco d’attenzione. I responsabili e organizzatori del programma sono: Giuliano Mantovani, Domenico Pullano e Beppe Ferrario. Il ritrovo per i bus è come sempre in Via Besonda, Piazzale Eurospin/Galli ex Bennet. Per iscrizioni contattar: Beppe Ferrario tel 333 2915604 email giuseppe.ferrario@virgilio.it oppure Domenico Pullano tel 334 3974654
Abbiamo ricevuto da Andrea Spreafico questa nota: “Molti soci mi hanno fatto i complimenti per la foto apparsa sulla copertina dell’ultimo numero del Notiziario e per le altre pubblicate nell’articolo che ho scritto sulla gita sociale svoltasi lo scorso anno al Castore. In realtà, ho solo avuto la fortuna di apprezzare di persona quegli splendidi paesaggi: l’autore delle foto è il nostro socio Giorgio Mandarano, che quel giorno era in cordata con me e che oltre a saper gestire ramponi e piccozza ha dimostrato di aver particolare talento nell’immortalare i paesaggi. Solo in seguito ad un involontario fraintendimento, quindi, è apparso il mio nome. Mi sono già scusato personalmente con Giorgio e ne ho approfittato per chiedergli di trasmettere al nostro Notiziario altre foto, altrettanto belle, certo che faranno la felicità di tutti noi lettori”.
NOVANT’ANNI DI ALPINISMO “FAI DA TE”
I ricordi di Giovanni Ratti, uno dei pilastri dei Ragni di Lecco
di Matteo Manente
Giovanni Ratti in doppia a Capri
É
di uomo e alpinista: ecco quello che ci
apprendimen-
ha raccontato.
to delle tec-
“Sono nato il 14 settembre 1924 qui
niche
basilari
a Brogno, universalmente conosciuto
di arrampicata,
per essere l’università del dialetto. Fin
anche a Lecco
da ragazzino ho iniziato ad andare in
arriva lo scon-
montagna, si andava nei boschi dietro
quasso
casa per far legna o fieno: anzi, per le
seconda guerra
prime escursioni usavamo proprio le
mondiale; a tal
corde per far su le fasce di fieno! All’i-
proposito Gio-
nizio andavo insieme ad alcuni amici
vanni si ferma
che abitavano qui vicino, come Luigi
un attimo, spa-
Castagna: il nostro è stato un avvi-
lanca gli occhi
cinamento alla montagna passo dopo
come a rivivere
passo, una sorta di “fai da te” messo
per un istan-
insieme poco alla volta, anche perché
te quei terribili
non avevamo alcuna preparazione e
momenti e poi
tantomeno il materiale adatto. Chi è
riprende il suo
cresciuto da queste parti ha iniziato
racconto.
della
La prima volta di Giovanni Ratti sulla Medale con l'amico Vittorio Rota (Balicio) 1940
la Repubblica di Salò, oppure lavorare
come contadino nei terreni che salgo-
“Nell’agosto del 1943, quando lavo-
no verso la cappelletta bianca del San
ravo come meccanico alla ditta Bo-
Il primo inverno passato in Germa-
Martino per far legna; poi negli anni
naiti, è arrivata la chiamata militare per
nia credevo di lasciarci la pelle, non
abbiamo affinato la tecnica e recu-
la classe 1924 e son dovuto partire;
stavo più in piedi, ero senza forze:
perato il materiale necessario: a volte
ero sedentario e di alpini sedentari
allora mi hanno mandato per undici
andavamo sotto alla Cassin per vede-
non ce n’erano tanti: Castagna e Nino
giorni in un ospedale civile, un campo
re se cadeva qualche moschettone o
Bartesaghi sono partiti come alpini, io
dove veniva distribuita la destinazione
qualche chiodo da adoperare. Qui ab-
invece sono andato come sedentario
di lavoro e anche la posta. Quando re-
biamo iniziato così, migliorandoci poco
in fanteria ad Alba. Dopo dieci giorni
cuperavi le forze, venivi trasferito nella
alla volta, specialmente dopo gli anni
c’è stato l’8 settembre, sono arriva-
baracca dei disponibili e avvisavano il
della guerra, fino ad arrivare alla prima
ti i tedeschi e mi hanno preso, por-
tuo datore di lavoro che eri pronto: se
cordata effettuata sulla Punta Fiorelli,
tandomi in Germania: eravamo 3mila
lui aveva ancora interesse a riprender-
prima di continuare con lo spigolo del
reclute, una sera eravamo al cinema
ti, veniva a ritirarti, altrimenti ti smista-
Fungo, la Segantini e man mano tutte
e arrivò l’ordine di tornare in caser-
vano verso un altro datore di lavoro.
nelle fabbriche tedesche.
stato tra i pionieri dell’alpini-
settembre 1943 è stato deportato in
anni già compiuti, Giovanni Ratti non
le altre vie presenti sulle montagne di
ma perché c’era stato l’8 settembre
Io sono stato recuperato il 6 febbraio
smo lecchese, quando tante vie
Germania, dove è rimasto prigioniero
ha perso un briciolo di lucidità nel rac-
casa. La mia formazione è stata simile
e non si poteva più uscire. Dopo due
1944 insieme a un sergente bresciano
e pareti erano ancora da sco-
per due anni prima di tornare a Lecco
contare le molteplici avventure alpini-
a quella di tanti altri ragazzi cresciu-
o tre giorni mi hanno preso insieme
che lavorava a Lecco, ricordo che ne-
prire o da ripetere; Ragno della prima
e riprendere la vita di tutti i giorni, il
stiche fatte non solo di grandi scalate,
ti in quegli anni: eravamo abituati fin
alla mia compagnia con lo scopo di
vicava e che faceva freddissimo; pri-
generazione, è stato uno dei primi a
lavoro e naturalmente anche l’attività
ma anche, inevitabilmente, di tanti ri-
da piccoli al contatto con la montagna
completare una tradotta che arriva-
ma ci hanno messi a fare lavori leg-
entrare nel gruppo dei Maglioni Ros-
alpinistica.
cordi, aneddoti, amicizie costruite nel
e questo aspetto l’ho ritrovato anche
va dalla Francia, dalla Riviera. Di fatto
geri, così mi sono ripreso pian piano,
si all’indomani della loro fondazione,
Stiamo parlando di Giovanni Rat-
tempo e conoscenze maturate in anni
più avanti, quando molti allievi avuti
però ci hanno portato in Germania, in
poi quando ho iniziato a star bene mi
appena terminata la seconda guerra
ti, classe 1924 e rancese doc, anzi, di
e anni spesi a frequentare le monta-
alla Scuola Ragni dimostravano una
un campo di smistamento al confine
hanno mandato a fare lavori più duri,
mondiale; per anni ha accompagna-
Brogno, come ha tenuto a specificare
gne.
straordinaria dimestichezza con cose
con l’Olanda e sono tornato a casa
per tornire bombe con turni di lavo-
to il conte Aldo Bonacossa nelle sue
fin da subito quando lo abbiamo in-
anche di quarto grado”.
solo due anni dopo, il 15 agosto 1945.
perlustrazioni lungo la catena alpina,
contrato nella sua abitazione ai piedi
Per l’occasione, gli abbiamo chiesto
diventandone un inseparabile punto
del Medale, in una grigia e piovosa
di parlare un po’ a ruota libera degli
di riferimento; dopo l’armistizio dell’8
mattina d’inverno. Nonostante i 90
episodi più significativi della sua storia
Al campo di smistamento in Olanda ci Deportato
Dopo i primi anni di formazione e
è stata fatta una proposta: dovevamo scegliere se rimpatriare in Italia sotto
L’intervista
61
“La nostra palestra ideale erano soprattutto le rocce della Grigna, quella è stata la nostra scuola e lì sono tornato subito dopo la guerra. Allora la stagione alpinistica si apriva con la festa di San Giuseppe e Gigi Vitali cercava sempre compagni per andare ad arrampicare in Grigna: sono andato con lui, anche se non mi fidavo per come poteva reagire la mia testa dopo l’esperienza in Germania; mi sono rinfrancato quando in Calolden, prima di arrivare ai Resinelli, ho trovato altri rancesi tra cui il Bigio, il Duilio e altri che conoscevo. La domenica dopo abbiamo ripreso in mano le corde per la prima volta, siamo saliti sul Campaniletto e poi pian piano ho ripreso tutte le mie attività quotidiane. Subito dopo la guerra sono entrato nei Ragni, facendone parte fin dall’inizio, anche se arrampicavo già da tanto tempo prima della loro fondazione; la
Giovanni Ratti sulla cima di Valbona
ro alternati ogni settimana fra le sei
erano le sigarette, non il marco: con le
di mattina e le sei di sera e viceversa.
sigarette compravi tutto. Poi la guerra
Inoltre, la domenica capitava spes-
è finita, il 15 agosto 1945 sono tornato
so che dovevamo saldare le lamiere
a casa e mi son rimesso ad andare in
dei capannoni che stavano al posto
montagna”.
dei vetri ormai bombardati. Pian piano ho cominciato ad arrangiarmi col mercato nero, nel quale il vero denaro
In Grigna
Rientrato sano e salvo in Italia nell’estate del 1945, Ratti ritorna subi-
62
L’Intervista
to a praticare l’arrampicata sulle amate pareti di casa, soprattutto fra le guglie della Grignetta.
Giovanni Ratti con l’amico Giuseppe Spreafico (Pepeto) in Cima al Bernina 1957
guerra aveva costretto tanti a partire
di Bondo per scendere verso la Sciora,
timana, così mi ha chiesto di andare ad
zioni e capacità di mettere le proprie
sotto le armi, da Tizzoni, a Vittorio Ratti
scivolando anche tra neve e crepacci.
accompagnare il conte Bonacossa. La
competenze a servizio degli altri, Gio-
e Cassin... erano pochi quelli rimasti a
Questa è solo una delle tante avven-
prima volta che ci siamo incontrati era
vanni Ratti ricorda con affetto gli anni
casa in quegli anni. Grazie all’ingresso
ture più o meno particolari, ciascuna
la festa di San Pietro e Paolo, ci siamo
trascorsi come istruttore per la Scuola
nei Ragni ho visto per la prima volta
importante per motivi diversi fra loro.
trovati bene a vicenda e da quell’esta-
Ragni e poi a Santa Fosca durante le
montagne diverse da quelle di casa,
Tra le altre ricordo bene la nord-est
te ha iniziato a venir via con me. Era
numerose Settimane Verdi organiz-
come in occasione del primo cam-
del Badile, così come lo Spigolo Giallo
il periodo in cui stava stilando la sua
zate dal Gruppo di Alpinismo Giovanile
peggio organizzato sul lago di Misuri-
nel gruppo delle Tre Cime di Lavaredo
Guida per la zona del Sempione, del-
del CAI Lecco.
na o le escursioni programmate in Val
fatto con tre cordate da tre perso-
la Valle Anzasca e della Valle Antrona,
“Ho collaborato con la Scuola Ragni
Masino, con le prime ascensioni lonta-
ne nel 1951 o la nord-ovest sulla via
fino a Macugnaga: quando si poteva
fino a un certo punto, quando sono
ne da casa. Memorabile è stata la volta
Castiglioni-Bramani in Val Bondasca
e c’era tempo, portavo anche qualche
arrivati quelli più giovani di me e alla
che con Cassin, “Nisa”, Castagna e tanti
l’anno successivo”.
mio compagno di arrampicata, per-
fine, con la scissione con il CAI di
ché nelle zone che perlustrava il conte
Belledo, mi è mancata un po’ la forza
c’erano un sacco di spigoli non ancora
per continuare. Ai miei tempi erava-
altri siamo partiti da Lecco per andare al Badile ma abbiamo sbagliato sentie-
Con Bonacossa
ro e invece che salire verso la Gianetti,
Tra le numerose persone conosciu-
saliti e spesso mi lasciava andare in
mo organizzati per essere sempre due
ci siamo ritrovati in breve tempo alla
te in tanti anni di attività da Giovanni
avanscoperta, stando alla base delle
istruttori e tre allievi, in modo da poter
Omio! Così, dopo i primi attimi di stu-
Ratti, spicca il prestigioso legame in-
pareti ad osservare. La collaborazione
insegnare quanto più potevamo. Sono
pore e incredulità, abbiamo varcato il
staurato con il conte Aldo Bonacossa,
con il conte Bonacossa è durata per
stati anni molto intensi e importanti.
passo del Barbacan in direzione della
di cui fu per anni fidato collaboratore
dieci o undici anni ed è stata l’occa-
nostra meta, bivaccando nei pressi del
durante la stesura e la revisione delle
sione per arrampicare su pareti di se-
rifugio Gianetti, allora ancora in co-
famosissime “Guide Grigie” del CAI.
condo, terzo o quarto grado che non
struzione. Soltanto il giorno successi-
“Nel 1948 Gigi Vitali era caporeparto
vo siamo riusciti a scollinare dal passo
all’Aldè e non poteva assentarsi in set-
conoscevo per niente”.
Sempre a proposito di collabora-
Per tanti anni ho partecipato inoltre
L’intervista
63
alle vacanze organiz-
non avevo tempo e dovevo lavora-
zate a Santa Fosca e
re per portare a casa il pane: avevo
innumerevoli sono sta-
a disposizione solo qualche settimana
te le volte che insieme
estiva in cui accompagnavo il conte
ad amici quali Annibale
Bonacossa, che spesso telefonava per
Rota e Renzo Battiston
ringraziare il mio principale, l’ingegner
andavo in avansco-
Bonaiti, che mi concedeva i permes-
perta su vie ferrate o
si necessari per lasciarmi andare in
escursioni da proporre
montagna”.
poi negli anni successivi. Quanto ai corsi di Giovanile,
Infine, chiediamo a Giovanni Ratti se
invece, ne ho segui-
c’è un’impresa alpinistica che ricorda
ti alcuni negli anni in
con maggior passione, a tanti anni di
cui è stato fondato il
distanza: ci pensa un attimo, qualche
secondo corso alpini-
momento di titubanza per sceglierne
stico, partecipando alla
una e poi attacca con il racconto e
formazione dei ragazzi
i numerosi aneddoti relativi alla salita
più grandi, portandoli
della via Bramani-Castiglioni sullo spi-
su sentieri attrezza-
golo nord-ovest del Badile, compiuta
terza o quarta ripetizione assoluta di
aver mangiato delle pesche sciroppate
suoi 90 anni spesi per l’alpinismo si
ti, ferrate, canaloni e
nel 1952.
Alpinismo
Giovanni Ratti in arrampicata. Sotto: Giovanni Ratti con il Conte Bonacossa
Il Badile
Giovanni Ratti assicura un giovane sulla Ferrata Tomaselli alla cima di Fanis 1988
quella via. Abbiamo dormito al Sasc
che a causa dello sforzo accumulato
conclude così com’era iniziato, con un
itinerari più complessi.
“Devo precisare che dopo il mio in-
Furà, ma in un casottello ben diver-
sembravano le più buone del mondo.
sorriso e una sincera stretta di mano.
Ricordo tanti giovani
cidente allo Spigolo Giallo e la morte
so dal rifugio attuale, costruito sul-
Ma adesso arriva il bello: quando era-
Fuori piove ancora, cade una piog-
passati dai corsi, alcuni
in Grignetta del povero Luigi Castagna,
la terra battuta con muri a secco dai
vamo lì sulla cengia, ci siamo accorti
gia sottile che appena poco più sopra
di loro sono diventati
avevo smesso di arrampicare per un
pastori; verso le due ci siamo avviati,
che sullo spigolo c’erano Gianfranco
di noi è già neve, l’aria è fredda, ma
anche ottimi alpinisti e
po’ di tempo. La nord-ovest lungo la
davanti Bartesaghi con la lanterna per
Anghileri e “Snapitus” (Mario Colom-
il gelo pungente è presto scaldato e
questo mi fa piacere.
via Bramani-Castiglioni rappresentò
far luce. A un certo punto scompare
bo), che col “Bigio” (Carlo Mauri) e il
scacciato dalla piacevole sensazione
Quello che più ricordo
la prima ascensione stagionale fuori
lui e la lanterna, passando giù a causa
“Topo” (Emilio Ratti) erano partiti da
di aver appena finito di conversare
di tutte queste attività
dalla Grigna per quell’anno, dopo un
del sentiero bagnato e dell’erba umida
Lecco ed erano andati anche loro al
con una colonna portante dell’alpini-
rivolte ai giovani sono
po’ di allenamento fatto sulla Parete
sopra le rocce. Non contenti, a metà
Badile. Ma c’è un altro aneddoto le-
smo lecchese, uno che ne ha fatto at-
soprattutto
tante
Fasana per abituarmi fisicamente e
ghiacciaio avvertiamo un colpo secco
gato a quella salita: mentre eravamo
tivamente la storia, nonché uno dei più
cantate e le altrettante
mentalmente alle lunghe distanze, più
e sentiamo tremare il ghiaccio sotto
in vetta, vediamo uno sulla Cassin che
lucidi testimoni di quell’epoca ormai
bevute fatte insieme
che alle difficoltà tecniche. In realtà la
i nostri piedi, ma la parete era anco-
saliva da solo, eravamo nel 1952. L’uo-
lontana. Avere ancora oggi la possibi-
durante i corsi, ma so-
Bramani-Castiglioni venne fuori per
ra lontana e così ci siamo accorti che
mo in parete era Herman Buhl, che era
lità di ascoltare queste figure storiche,
prattutto a Santa Fosca:
caso, nel senso che io e Osio pun-
era il ghiaccio che si rompeva crepac-
arrivato in bicicletta da Innsbruck e
a pensarci bene, non è cosa da poco:
come dimenticarsi di
tavamo più allo spigolo della Sciora di
ciandosi sopra un gradino di roccia, un
aveva effettuato in brevissimo tempo
ogni volta ci concedono la possibili-
quel rifugio in cui era
Fuori sul quale, a causa di una frana,
fenomeno che si verifica spesso verso
la prima ripetizione della nord-est del
tà di ricordare da dove veniamo per
incisa a grandi caratteri
s’era aperta e creata una nuova via
l’alba. Alla fine siamo arrivati all’attac-
Badile: non solo era riuscito nel suo
capire meglio dove indirizzare la rotta
sul legno del bancone
tutta da provare. Invece i miei com-
co della parete, ci siamo calati di un
intento, ma quando il “Bigio” l’ha in-
futura e spingerci ad andare. Un privi-
la frase “Il buon bere
pagni di cordata Giulio Bartesaghi e
venticinque metri verso la roccia, da
vitato a tornare con noi a Lecco, ab-
legio assolutamente non scontato.
non è un vizio, ma è un
Arnaldo Tizzoni puntavano decisa-
cui cadeva un misto di acqua e ter-
biamo scoperto che aveva intenzione
dovere”?
mente alla nord-ovest del Badile e
ra. Tra una disavventura e l’altra, tra
di rientrare per sera in Austria sempre
Non ho invece mai
in ultimo ebbero la meglio nella de-
cui una corda bloccata e una sosta di
in bici, perché il giorno dopo doveva
fatto nessuna grande
cisione finale, sostenendo che in due
qualche ora su una cengia in attesa
lavorare... cose dell’altro mondo!”.
spedizione, europea o
cordate da due diventava tutto più
di risolvere il problema, siamo arrivati
extraeuropea,
semplice e più veloce... si trattava della
in vetta alle sei di sera: lì ricordo di
le
perché
Il racconto di Giovanni Ratti e dei
Foto archivio Giovanni Ratti
L’intervista
65
DUE GIORNI SULL’ALTIPIANO
La malga di Campo Posellaro. Foto di Pina Ietto
Ad Asiago con la scuola di fondo
di Giusi Negri
S
abato 31 gennaio è arrivato:
longo, ma non dimentichiamo l’elezio-
la neve è bella e i vari gruppi con gli
ha inizio la due giorni di fon-
ne in corso del nuovo Presidente della
istruttori percorrono le piste del com-
do. Il nostro corso dopo le tre
Repubblica.
prensorio; il mio gruppo con Cesare
uscite in Engadina ci porta in terra ve-
Dopo la solita sosta all’autogrill rag-
raggiunge il Rifugio Moline a 1.740 m
neta. Puntuali alle 6.30 partiamo per le
giungiamo il Centro Fondo Gallio del-
seguendo un percorso di media diffi-
nostre sciate, sull’autobus si inizia già a
la località Campomulo sull’altopiano
coltà fra salite e discese su piste ben
parlare delle località e delle piste che
di Asiago in provincia di Vicenza; la
battute.
percorreremo: Campomulo e Campo-
giornata è soleggiata con un cielo blu,
Terminata la sciata ci dirigiamo
Rata Costante Gas ACEL Service
E l’inverno non fa più paura! Sulle piste di Campolongo. Foto di Giusi Negri
verso il nostro autobus che ci aspet-
gagli e colazione: tutti siamo pronti
partiamo per il viaggio di ritorno, ar-
ta nel piazzale e raggiungiamo con
per un’altra giornata sulle piste. Rag-
riviamo a Lecco verso le ore 18.30.
una strada a tornanti l’albergo: Hotel
giungiamo con un sole che ci scalda
In questi due giorni i vari grup-
Vezzena, in località Passo Vezzena a
dai finestrini il Centro del Fondo di
pi hanno sciato insieme, percorrendo
Levico: siamo giunti in Trentino Alto
Campolongo, in località Campolongo
nuove piste e ammirando luoghi stu-
Adige, provincia di Trento; scopria-
– Rotzo, provincia di Vicenza: anche
pendi, alcuni dei quali presentano i ri-
mo che abbiamo un nuovo Presidente
qui ci sono delle belle piste che spa-
cordi della prima guerra mondiale.
della Repubblica.
ziano nel magnifico paesaggio che si
Ognuno va nella propria came-
presenta ai nostri occhi.
Penso che gli allievi abbiano potuto sciare in compagnia, approfondendo la
ra, doccia, riposino e poi pronti per
I vari gruppi ne percorrono alcu-
tecnica e vivendo una splendida av-
la cena che è tipicamente del luogo:
ne, vediamo le cime delle montagne
ventura. E’ sempre bello scoprire nuovi
spaezzle, stinco con crauti e polenta,
innevate e brillanti, il cielo è limpi-
luoghi, stare a contatto con la natura
strudel con crema, tutto molto buono.
do, il mio gruppo raggiunge la Malga
in un silenzio che rigenera corpo e
Vista la temperatura esterna dopo
Mandrielle e, allungando il percorso, la
mente.
la cena si chiacchiera, si gioca a carte
Malga Camporosà, sulla via del ritorno
Grazie ai nostri istruttori: Cesare,
e poi a letto per una buona dormita,
incontriamo altri gruppi e famiglie che
Giovanni, Paola, Pina e Salvatore che
fuori dall’hotel ci sono solo piste da
stanno sciando in compagnia, durante
hanno organizzato questi due giorni,
sci.
le soste scattiamo delle fotografie per
e a tutti i partecipanti che hanno con-
ricordare questi bellissimi posti.
tribuito alla buona riuscita della stessa.
Al mattino sveglia, preparazione ba-
Arrivati all’autobus gustiamo le torte
68
Sci di Fondo
e il vino che alcuni di noi hanno gentilmente offerto. Rifocillati, contenti e un po’ stanchi
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SETTE GIORNI ALLA MADDALENA
Nell’arcipelago presso le coste sarde la “settimana azzurra” del Geo
Fra rocce e mare. Foto di Agostino Riva
I
di Agostino Riva
l Parco Nazionale dell’arcipelago
apparso su Il Giornale di Lecco del 29-
meglio le insenature de La Maddalena,
9-2014:
Caprera, Spargi, Budelli, Santo Stefano. Le uscite erano state programmate
della Maddalena è tra gli ambienti naturali di maggior pregio e integri
“ Si respira ancora il profumo delle
insieme a Giuliano Gaio, esperta guida
di tutto il Mediterraneo. Le escursioni
vacanze al GEO, Gruppo età d’oro, che
maddalenina che conosce l’arcipelago
a Punta Crucitta, Candeo, Cala Cotic-
organizza i seniores del Cai di Lecco.
come le sue tasche, ci hanno spiega-
cio, Cala Brigantina e Cala Napoletana,
L’arcipelago della Maddalena è stata in-
to gli organizzatori. Non sono manca-
oltre alla salita al Monte Tejalone, fat-
fatti la location delle nove giornate tra-
ti alcuni momenti di approfondimento
te anche lungo percorsi fuori pista, a
scorse a partire da metà settembre da
come la visita al memoriale di Giuseppe
tratti impegnativi, ci hanno permesso
un gruppo di sessanta soci. Capitanati
Garibaldi, nella casa dove ha trascorso
di godere panorami di inaspettata bel-
dal presidente Marcello Sellari e dal vice
25 anni della sua lunga e intensa vita.
lezza tra rocce di granito rosa sopra
presidente Agostino Riva, i partecipanti
Non poteva mancare, infine, una serata
un mare color verde turchese.
hanno affrontato escursioni quotidiane
dedicata alle danze a alla musica.”
Il nostro socio Claudio ha raccon-
che hanno contemplato anche dei fuori
tato così la settimana azzurra del GEO
pista piuttosto impegnativi sui sassosi
Settimana intensa, che, salvo il piccolo
(13-21 settembre 20149, in un articolo
percorsi isolani culminati nelle splendi-
incidente occorso al nostro presiden-
de calette dove era possibile tuffarsi nel
te, è trascorsa molto serenamente con
limpido mare della Sardegna settentrio-
soddisfazione e divertimento per tutti.
nale. Due giornate intere sono state tra-
Stiamo già pensando al prossimo anno.
70
Geo
scorse in barca, a visitare e a conoscere
IL SESSANTOTTO IN PUNTA DI SCARPETTE
UN SENTIERO LUNGO 50 ANNI
La mostra del gruppo di Alpinismo Giovanile alla Torre Viscontea
Quattro serate in Sala Ticozzi
di Adriana Baruffini
N
el clima di contestazione e di ricerca del nuovo che sul finire degli anni Sessanta ca-
ratterizza ogni espressione del costume e della cultura, anche il mondo dell’alpinismo italiano è interessato da un fenomeno inedito e per certi versi rivoluzionario. E’ l’avvento dell’arrampicata libera, quella che si era già affermata sui graniti californiani dello Yosemite, sfociando nell’etica rigorosa della “clean climbing”, l’arrampicata pulita che non lascia tracce sulle pareti. Un fenomeno di cui erano stati precursori Messner e altri alpinisti suoi contemporanei, in un collegamento ideale con
scarpette a suola liscia, i vestiti leggeri
Val di Mello 9000 metri sopra i prati,
che assicuravano libertà di movimen-
ha parlato dei “Rivoluzionari in scar-
to, la magnesite per asciugare le mani,
pette rosse della Val di Mello” ovvero
i blocchetti a incastro in sostituzione
i “sassisti”: un gruppo di arrampicatori
dei chiodi e via via una serie di at-
che, avendo avuto come precursore
trezzi dai nomi esotici importati dagli
il milanese Ivan Guerini, autore della
Stati Uniti.
guida Il gioco-arrampicata della Val
In un momento di crisi dell’alpinismo
di Mello, svilupparono uno stile di ar-
che era soprattutto crisi di idee, le
rampicata veloce e leggero, rispettoso
nuove tendenze si proponevano come
delle linee naturali di salita, e raggiun-
riflessione e stimolo al rinnovamento,
sero livelli di difficoltà elevati soprat-
dando luogo nei primi anni Settanta a
tutto nell’arrampicata in fessura e in
un movimento che prese il nome di “Il
aderenza.
nuovo mattino” dal titolo di un saggio
Alessandro Gogna, alpinista di fama
di Gian Piero Motti sulla “Rivista della
internazionale, guida alpina e storico
Montagna”, per essere poi variamente
dell’alpinismo, ha illustrato i tentativi
declinato nei diversi contesti territo-
di esportazione dell’arrampicata libera
riali.
nel Sud Italia e nelle isole, esperienza narrata in 100 Nuovi Mattini e Mez-
l’ultimo Bonatti. Rifiutando
l’uso
esasperato
dei
mezzi di progressione artificiali, si proponeva un ritorno ai metodi leali dell’arrampicata libera del passato; si cercavano terreni nuovi su cui cimentarsi, non necessariamente le vette e le grandi montagne, ma anche pareti di fondovalle e sassi di pochi metri d’altezza; si dava valore all’essenza del gesto e al gusto dell’arrampicata fine a se stessa, nel rispetto e nella riscoperta dell’ambiente e in armonia con la roccia; superando le vecchie concezioni di rischio, di sofferenza, di eroismo per la conquista delle cime, al concetto di “lotta per l’alpe” si sostituiva quello di “pace con l’alpe”. Sul terreno pratico facevano la loro comparsa le
72
Appuntamenti
Con Gamma e Uoei
zogiorno di Pietra (1981).
di Matteo Manente
D
al 14 dicembre 2014 all’11 gennaio 2015 , a Lecco, nei locali della Torre Viscontea, è
stata offerta al pubblico una mostra dedicata ai primi cinquant’anni di storia del gruppo di Alpinismo Giovanile del CAI Lecco. Tramite una serie di pannelli descrittivi, numerose fotografie e alcune installazioni video, vengono ripercorse le tappe salienti di un’attività da sempre rivolta alle giovani generazioni. L’inaugurazione si è svolta sabato 13 dicembre. «Il CAI Lecco – ha dichiarato nell’occasione il presidente Emilio Aldeghi – è orgoglioso di presentare una mostra che è frutto di un lungo lavoro condotto da tante persone: è un bel modo per fare festa con tanti amici ed
tra i pochi gruppi ad aver raggiunto il
quarta sala raccoglie i pannelli relativi
prestigioso obiettivo dei 50 anni, ma
ai trekking estivi, un’esperienza partita
la storia dell’alpinismo giovanile non
in sordina nel 2003 e consolidatasi nel
è solo nostra, è un cammino fatto in
tempo».
collaborazione con tanti amici e tante altre sezioni nazionali».
«La festa per il cinquantesimo – ha concluso il presidente del gruppo, Ti-
Per quanto riguarda l’allestimento, è
ziano Riva – è frutto delle diverse ini-
stato il curatore Matteo Abate a spie-
ziative intraprese negli anni, che som-
gare come la mostra è stata strutturata:
mate tra loro hanno portato a questo
«Si tratta di quattro sale in cui viene
importante anniversario: oltre alla mo-
ripercorsa la storia dell’alpinismo gio-
stra e al libro appena finito di stampare
vanile lecchese, grazie a pannelli de-
che ne ripropone i contenuti, negli anni
scrittivi e fotografici, installazioni video
la nostra attività si è concentrata, fra
e altro materiale. La sala all’ingresso è
le altre cose, sulla creazione e la cura
dedicata alla lettura dei notiziari sezio-
del Sentiero didattico alla base del Ma-
nali e alla visione delle fotografie pro-
gnodeno, sulla formazione omogenea
venienti dall’archivio personale di Carlo
degli accompagnatori con i corsi ASAG
Primerano; la seconda racconta la sto-
e sulle iniziative didattiche nelle scuo-
ria dei 50 anni del gruppo, con pannelli
le: tutto questo è stato possibile grazie
e foto raggruppati per decenni; la terza
alla preziosa disponibilità dei nostri nu-
sala è dedicata alla creatività e alle in-
merosi collaboratori».
Su questo tema, fra novembre e di-
Con lieve ritardo rispetto alla valle
cembre 2014, a Lecco presso la sala
dell’Orco e alla Val di Mello, i “Nuo-
Don Ticozzi si sono svolte quattro se-
vi Mattini” raggiunsero infine anche il
rate organizzate dal gruppo Gamma e
Nord-est: ne ha parlato Franco Per-
dall’UOEI con il sostegno del Comune
lotto, alpinista, guida alpina, grande
di Lecco e di ACAL, e con la parteci-
viaggiatore ed esploratore, scalato-
pazione di altrettanti alpinisti di fama
re spesso in solitaria di montagne di
che, avendo vissuto in prima persona
tutto il mondo, a cui si deve fra l’al-
forte crescita personale e per questo il
quella fase di cambiamento, sono ri-
tro l’apertura di nuove vie di assoluta
servizio di formazione offerto dal CAI
usciti a ricostruirne il mosaico con i
avanguardia nelle Dolomiti.
alla nostra città, che da sempre vanta
tasselli delle loro specifiche esperienze.
Ogni presentazione è stata illustrata da un ricco corredo di filmati e imma-
Andrea Gobetti, alpinista e spele-
gini d’epoca, e accompagnata da “me-
ologo piemontese, ha raccontato nel
ditazioni musicali” che hanno cercato
suo stile scanzonato e simpaticamen-
di cogliere e trasporre in musica lo
te autoironico l’avventura del “Cerchio
spirito libero e innovatore dell’epoca,
volante” o “Mucchio Selvaggio”, attivo
con formazioni e stili diversi in ogni
in valle dell’Orco e in altre valli scono-
serata, spaziando dal folk all’improvvi-
sciute delle Alpi Occidentali.
sazione libera.
Jacopo Merizzi, alpinista valtellinese, coautore con Paolo Masa della guida
ex presidenti del gruppo, un’occasione per celebrare un traguardo importante per un’associazione che ha sempre lavorato in collegamento e a servizio della città di Lecco; in Italia siamo La mostra e il libro illustrati da Matteo Manente
stallazioni video, con la riproposizione
Elogi per l’attività del CAI e dell’al-
di una parte della mostra sulla “Storia
pinismo giovanile anche da parte del
del bosco vecchio” fatta qualche anno
sindaco Virginio Brivio, presente all’i-
fa insieme a Luisa Rota Sperti; infine, la
naugurazione: «La montagna aiuta a fare i conti con noi stessi e a rapportarci con la fatica, è un momento di
una notevole tradizione alpinistica, non va dato per scontato».
Appuntamenti
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UNA MONTAGNA DI EMOZIONI
L’appuntamento annuale con la scuola di scialpinismo
lasciano la voglia di provare per credere. Io, invece, racconto il viaggio in Norvegia, in compagnia di 6 MontaGnari. Condivido come sempre l’idea
C
di Sara Pozzetti
ome negarsi all’organizzazione del nostro evento. Viene spontaneo ripartire
con lo squadrone dell’anno scorso, già rodato, decisamente attivo e i compiti sono presto distribuiti. Maurilio è dedicato alla prenotazione della Sala Ticozzi, Nicola ed io ai contatti, Matteo alla grafica della locandina, Daniele, Armando, Remo, Giacomo alla distribuzione. Le serate sono inserite a novembre e a metà dicembre e in quest’ultima occasione ci facciamo anche gli auguri di Buon Natale. La grande novità di quest’anno è che siamo supportati da due spon-
sor, perchè Danilo Villa è riuscito ad
e brillante oratore intrattiene gli ospi-
all’interno della Scuola di Sci Alpini-
accordarsi con Sport Specialist e la
ti, affascinati come da tradizione dal
smo, e un paio di cari amici accettano
Banca Popolare di Sondrio, che rin-
suo girovagare alla ricerca continua di
di buon grado.
graziamo ancora.
avventura.
Indovinate il primo a cui scrivo, non
Spenderemo una settimana lungo le
Nicola combina con Franz Rota No-
Alpi di Lyngen, e saremo anche fortu-
dari che ci porta il suo racconto sulle
nati sia per il meteo, che per le ottime
E la sua risposta mi preoccupa: ci ha
salite di tutti gli 82 quattromila delle
condizioni della neve. Una bellissima
già presentato tutto, e se non fosse ri-
Alpi. È una carrellata di foto bellissi-
settimana condivisa con piacere, e un
uscito a fare qualcosa durante il mese
me, paesaggi mozzafiato, montagne
grande ricordo da conservare.
di agosto, purtroppo avrebbe dovuto
severe che hanno permesso di essere
rinunciare.
salite. Complimenti a Franz!
può che essere Martino Colonna.
Per fortuna durante le vacanze lo
Con grande piacere chiudiamo il
vedo pubblicare foto di vulcani, lo
programma con i “Canali DoloMitici”
contatto subito e mi assicuro la sua
dei Cervelloni e la Norvegia dei Mon-
presenza. Martino ci racconterà il suo
taGnari.
viaggio in Cile, dove ha salito con gli sci parecchi vulcani.
Saremo contenti di rivedervi il prossimo autunno, la tradizione continua. Non mancate.
Beppe Rusconi ci mostra e ci racconta le salite lungo i ripidi canali, con
Panorami bellissimi, e il suo racconto
le successive discese da brivido. Una
è coinvolgente come sempre. Grande
collezione di fantastiche gite, che ci
Alcune immagini dalla presentazione di Sara Pozzetti sull’avventura norvegese dei MontaGnari
RECENSIONI CINQUANT’ANNI DI ALPINISMO GIOVANILE di Adriana Baruffini Fra le pagine di questo libro, album fotografico e insieme agile testo di storia, scorrono le generazioni di ragazzi e di accompagnatori che sono stati protagonisti dei primi 50 anni di vita del gruppo di Alpinismo giovanile del CAI Lecco, con sullo sfondo le famiglie, la sezione, le istituzioni a vario titolo coinvolte. Uno stralcio dalla nota introduttiva dei curatori: “Il libro si compone di due parti apparentemente distinte tra loro ma di fatto complementari, come due facce della stessa medaglia: la prima riporta integralmente, così come era stata pensata, scritta e realizzata a suo tempo da parte di Annibale Rota, la monografia 25 anni di Alpinismo Giovanile; si tratta di un volume ormai introvabile, che era quindi doveroso riproporre nella sua interezza e completezza. La seconda parte, invece, prende le mosse proprio dai festeggiamenti del Venticinquesimo e conduce il lettore attraverso le tappe più significative degli ultimi venticinque anni… Al termine, prima della postfazione firmata da Dino Piazza, trova spazio un’appendice curata da Tiziano Riva e dedicata all’iniziativa ormai pluridecennale del trekking estivo, con tanto di schede dettagliate, informazioni e consigli utili di chi vi ha preso parte anno dopo anno”. Altre schede disseminate lungo il racconto contengono approfondimenti su figure particolarmente significative o iniziative speciali, come la tradizionale settimana verde di Santa Fosca e le attività legate al sentiero didattico-naturalistico. Se la visione delle fotografie, soprattutto di quelle in bianco e nero dei primi anni, porta con sé un’inevitabile nota di nostalgia, il messaggio che si ricava dalla lettura del libro è però di grande vitalità e ottimismo verso il futuro, all’insegna di una continuità con il passato di cui si riconosce tutto il valore.
Annibale Rota e Matteo Manente (a cura di) UN SENTIERO LUNGO 50 ANNI CAI sezione di Lecco “Riccardo Cassin”, 2014
L’ARRAMPICATA NEL MEZZOGIORNO D’ITALIA 33 ANNI DOPO di Renato Frigerio Alessandro Gogna è uno di quegli alpinisti-scrittori che, quando lancia una sua nuova pubblicazione, mette sul chi va là arrampicatori e critici di settore, perché non tutto quello che lui scrive è semplice racconto, ma sottintende sempre qualcosa che richiede di essere considerato con più profonda attenzione. Questo allora vale anche per il suo nuovo volume La pietra dei sogni, il cui contenuto non va preso solo come un insieme di vivaci cronache di arrampicate su pareti che si salgono con pochi tiri. Questo è il terreno su cui ci si deve oggi confrontare, perché se ci si dovesse rivolgere alle grandi montagne, qui ci si troverebbe ormai con ben pochi seguaci. Con questo suo nuovo volume che, come precisa il sottotitolo, compie un Viaggio alla scoperta del freeclimbing nel Mezzogiorno d’Italia, l’autore ci fa incontrare con un abbondante numero di pareti e di altrettanti arrampicatori, più o meno famosi, che hanno avuto un notevole spazio per deporre le loro coinvolgenti testimonianze. Così, nell’insieme, si ottengono brillanti racconti che scorrono con ritmi intensi e ricchi di umana vitalità, alla guisa di filmati a colori, per presentare tante bellissime vie e i protagonisti che le hanno aperte. Anche se l’elenco è lungo, non per questo diventa a volte meno interessante, tanto che alla fine lascia un po’di nostalgia per questo mondo, del quale si resta in certo senso innamorati e di cui ci si sentirebbe felici e orgogliosi di far parte.
Alessandro Gogna LA PIETRA DEI SOGNI Viaggio alla scoperta del free-climbing nel Mezzogiorno d’Italia Collana I rampicanti, Edizioni Versante Sud , novembre 2014
IN MTB ALLA SCOPERTA DEL GARDA di Renato Frigerio Non importa che si tratti di uno o l’altro dei settori geografici della nostra penisola: quando a venire alla luce è una guida elaborata per agevolare gli appassionati di una tipica specialità sportiva, si può essere certi che grazie alla stessa si andranno insieme a conoscere alcuni degli angoli più incantevoli del territorio in questione. Lo è stato con le guide per l’alpinismo, in seguito per tante belle falesie: lo è ora per i nuovi volumi che si indirizzano agli appassionati della mountain bike. Tutte queste guide, che non si limitano alla segnalazione e alla descrizione degli itinerari, assolvono nello stesso tempo la funzione di mettere in risalto le bellezze dei luoghi e di fornire utili e allettanti
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Recensioni
indicazioni logistiche. Se poi, con le indicazioni di Marco Giacomello che propone il volume MTB Alto Garda - con 54 percorsi distribuiti tra Monte Baldo, Monte Velo, Monte Tremalzo, Valle dei Laghi, Val di Ledro, Vallagarina e Val di Gresta - si hanno dalla propria parte ambienti di straordinario splendore. Dove l’autore ha scoperto posti unici tra spicchi d’acqua, picchi di roccia e morbidi pendii, già una prima passeggiata diventa irresistibile. Seguendo i suoi validi consigli, l’esercizio sportivo dell’amatore della MTB diventerà certamente anche un’incredibile opportunità per gustarsi panorami e ambienti esclusivi. Marco Giacomello MTB ALTO GARDA Collana luoghi verticali, Edizioni Versante Sud, 2014
PROLETARI ESCURSIONISTI di Adriana Baruffini “Sempre più in alto per una nuova umanità”. Con questo motto il 7 novembre 1919 nelle città di Lecco, Milano e Alessandria viene fondata l’APE, Associazione proletari escursionisti, di cui il libro traccia la storia. Una storia “minore” rispetto a quella del già affermato Club alpino italiano che all’epoca contava 30mila soci; una storia ufficialmente breve: l’APE tiene il suo primo congresso federale nel 1921, con 26 sezioni e più di mille iscritti, ma scompare nel 1926 in seguito al decreto fascista di scioglimento di partiti e associazioni; una storia difficile da raccontare e in buona parte affidata alla tradizione orale, perché la guerra, la distruzione di alcune sedi ad opera delle squadre fasciste e la scarsità di risorse economiche hanno reso difficile la conservazione dei documenti. L’APE delle origini, la cui primitiva denominazione è in realtà AAPE (Associazione antialcoolica proletari escursionisti), condivide con una miriade di gruppi e associazioni che nascono a cavallo fra ‘800 e ‘900, e con lo stesso Club alpino italiano, la concezione dell’andare in montagna come antidoto ai danni fisici e morali provocati dalla vita urbana; in comune hanno anche la lotta all’alcool, la spinta verso lo studio e l’approfondimento delle conoscenze scientifiche, l’attenzione per la didattica. La discriminante sta nella collocazione di classe: “Prima associazione sportiva proletaria e antialcoolica di chiaro orientamento socialista, l’APE, promossa da provetti alpinisti, rivendica il diritto allo sport non solo per una élite borghese, ma per tutti. Lo sport diventa uno strumento di emancipazione che qualifica il tempo libero degli operai e delle loro famiglie. Una specie di manifesto dell’APE è uno scritto di Giacinto Menotti Serrati, dirigente socialista, riportato in appendice, mentre in seconda di copertina, insieme al testo sopra trascritto, se ne legge una sintesi affidata alle parole dello stesso autore: “L’alpinismo è la vita vissuta in ambiente più alto, più sereno, lontana da tutti i microbi, compresi quelli della piccineria e della viltà”. Il primo capitolo racconta le vicende del periodo 1919-1925, dando anche spazio alle attività propriamente alpinistiche, come la prima ascensione in Grignetta dello sperone denominato Punta Giulia in memoria della giovane alpinista e sarta “apeina” Giulia Resta Riva; ma porta il nome di APE anche lo spigolo dell’Ago Teresita salito per la prima volta il 13 settembre 1914. Nel 1923 l’APE si costituisce a livello nazionale come federazione di sezioni locali e prende piede l’idea di costruire ai Piani Resinelli un rifugio sociale, per facilitare, grazie a costi contenuti, l’accesso degli associati alla pratica alpinistica. L’avvento del fascismo cambia però rapidamente le prospettive: con il decreto del 1926 le sezioni APE, una dopo l’altra, cessano ufficialmente le proprie attività; il terreno acquistato per il rifugio ai Resinelli viene venduto e il ricavato è devoluto alle iniziative del Soccorso Rosso. Di fatto ritroveremo molti soci APE impegnati nella Resistenza, specialmente nella zona di Lecco e delle Grigne e nella Bergamasca. Dalle file dell’APE provengono ad esempio alcuni alpinisti che faranno parte del gruppo Rocciatori, come Pierino Vitali e Giovanni Giudici (Farfallino). Queste vicende sono accennate a grandi linee nel secondo capitolo del libro, con note e indicazioni bibliografiche che consentono di approfondire. “Col secondo dopoguerra - leggiamo nell’introduzione - l’APE rinasce da una curiosa miscela di vecchi escursionisti socialisti e di giovani appassionati di montagna desiderosi di ripensare un’esperienza segnata dal mutamento dei tempi, degli stili di vita, dell’idea stessa di tempo libero e alpinismo”. Per iniziativa delle rinate sezioni di Lecco e di Milano ritorna in auge l’idea del rifugio ai Piani Resinelli, e nel 1948 nasce la Cooperativa Alveare Alpino per la costruzione dell’omonimo rifugio che negli anni ’50 diventerà un albergo. Ma la crisi è inevitabile e si manifesta nei decenni successivi nell’incapacità della maggior parte delle sedi di rilanciarsi con una nuova identità. Nel 1986 l’APE rinasce a Lecco per la terza volta; non ha più connotazioni politiche, persegue il puro impegno sportivo e la passione per la montagna, è affiliata alla FIE e organizza gare di marcia e di sci; si impegna in attività di tipo solidaristico ed ecologico; aderisce all’ACAL (Associazione culturale alpinistica lecchese). Nel 2012 anche a Milano nasce una nuova sezione. Dopo aver letto queste pagine si può senz’altro sottoscrivere l’esortazione dii Alessandro Pastore, autore della prefazione, a rivedere in un’ottica complessiva le varie storie di “alpinismo sociale” per “proporne uno sguardo incrociato e comparativo”.
Alberto Di Monte SENTIERI PROLETARI Storia dell’Associazione Proletari Escursionisti Mursia editore, Milano, 2015
INFORMAZIONI DALLA SEGRETERIA - TESSERAMENTO AGEVOLAZIONI E BENEFICI PER I SOCI Agli associati è garantita la copertura assicurativa per infortuni che si verifichino nell’ambito di iniziative organizzate dal Sodalizio, ivi compresi i corsi e le scuole, oltre alla copertura assicurativa del Soccorso Alpino per attività sia sociali che personali. Il socio ordinario riceverà al proprio domicilio la rivista mensile del Cai “Montagne 360” e la rivista quadrimestrale sezionale ”CAI Lecco 1974”. Tutti gli associati, con la presentazione della tessera riportante il bollino relativo al 2015, potranno usufruire degli sconti previsti dalle convenzioni indicate nell’apposito riquadro. Tutti gli associati potranno usufruire gratuitamente dei servizi offerti dalla sezione: accesso alla documentazione presente nella biblioteca sezionale, utilizzo di internet, lettura dei periodici e delle riviste presenti in sede. Tutti gli associati otterranno sconti sull’acquisto di libri o pubblicazioni del CAI. IL RINNOVO DELLA TESSERA PUÒ ESSERE EFFETTUATO: In sede: Tutti i martedì non festivi dalle ore 20:30 alle 22:00. Tutti i venerdì non festivi dalle ore 18:00 alle 20:00 (escluso venerdì 3 aprile 2015) con pagamento in contanti, con assegno o con Bancomat In alternativa, il pagamento potrà essere effettuato a mezzo: a) Bollettino c/c Postale n. 12049227 intestato a C.A.I. Sezione di Lecco. b) DEUTSCHE BANK, sul conto corrente intestato a C.A.I. Sezione di Lecco, IBAN IT74I0310422901000000024150. c) BANCA POPOLARE DI SONDRIO, Agenzia di Piazza XX Settembre a Lecco, sul conto corrente intestato a C.A.I. Sezione di Lecco, Codice IBAN IT07J0569622902000002154X06. FACILITAZIONI PER IL RINNOVO Il bollino può essere spedito per posta a domicilio, con un contributo, per socio o per nucleo familiare, di € 2,00 per spese postali e di segreteria. Con il bollino verrà inviato il bollettino di c/c postale pre-compilato per il pagamento. I soci interessati dovranno contattare la Segreteria telefonicamente o per lettera. CALENDARIO CHIUSURA SEDE Venerdì 3 aprile 2015 (Venerdì Santo)
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Informazioni
QUOTE SOCIALI 2015. Le quote sociali per il 2015 sono le seguenti:
Socio Ordinario € 46,00 Socio Ordinario* € 24,00 (nati dal 1990 al 1997)
Socio Familiare € 24,00 Socio Giovane** € 16,00
CONVENZIONI PALESTRA DI ARRAMPICATA - RAGNI di LECCO Via C. Mauri 1 Lecco. Per informazioni, Ragni di Lecco ASD te. 0341-363588. Internet: www.ragnilecco.com Sconto del 5% sugli abbonamenti stagionali. Sconto del 10% sui corsi di arrampicata sportiva STUDIO PROFESSIONALE DI FISIOTERAPIA/OSTEOPATIA BARUTTA Corso Matteotti 9/B 23900 Lecco. Tel. 333-7291740; 333-4317764; Internet: www.studiobarutta.com Sconto del 20% per servizi di fisioterapia, consulenza fisioterapica, valutazioni fisioterapiche e trattamenti osteopatici.
(nati nel 1998 e anni seguenti)
Socio Vitalizio € 20,00 Tessera per i nuovi Soci € 5,00 Duplicato Tessera € 2,00 *Al Socio ordinario di età compresa tra i 18 e i 25 anni viene applicata automaticamente la quota dei soci familiari. Tale Socio godrà di tutti i diritti del socio ordinario. **Socio giovane: a partire dal secondo figlio giovane in poi, il socio giovane verserà la quota di € 9,00. Si precisa che per poter usufruire dell’agevolazione prevista, il socio giovane dovrà avere un socio ordinario di riferimento (capo nucleo) in regola con il tesseramento dell’anno in corso ed appartenere ad un nucleo familiare con due o più figli giovani iscritti alla Sezione. Ricordiamo che per non perdere i benefici dell’iscrizione al CAI il rinnovo deve essere effettuato entro il 31 marzo 2015.
DIMISSIONI E MOROSITA’ Il socio può dimettersi dal Club Alpino Italiano in qualsiasi momento; le dimissioni devono essere presentate per iscritto al Consiglio Direttivo della Sezione, sono irrevocabili ed hanno effetto immediato, senza restituzione dei ratei della quota sociale versata. Il socio è considerato moroso se non rinnova la propria adesione versando la quota associativa annuale entro il 31 marzo di ciascun anno sociale; l’accertamento della morosità è di competenza del Consiglio Direttivo della Sezione; non si può riacquistare la qualifica di socio, mantenendo l’anzianità di adesione, se non previo pagamento alla Sezione alla quale si era iscritti delle quote associative annuali arretrate. Il socio di cui sia stata accertata la morosità perde tutti i diritti spettanti ai soci.
ADDA SOCCORSO - Società cooperativa sociale O.N.L.U.S Sede operativa: Via Como, 41 - 23883 Brivio (LC) - Tel. 039 5320817 - Cell. +39 338 8139504 www.addasoccorso.it | e-mail: info@addasoccorso.it Servizi ambulanze: trasporto della persona allettata da e per strutture sanitarie, dimissioni opedaliere diurne, notturne e festivi. Assistenze domiciliari varie. Trasporto per località diverse. Emergenza/urgenza sanitaria. Sconto del 10% sulle tariffe applicate. RISTORANTE TETTO BRIANZOLO 23888 Perego Fraz. Lissolo (LC), tel. 039-5310002; 039-5310505 E-mail tettobrianzolo@tettobrianzolo.it, Internet: www.tettobrianzolo.it Sconto 5% sui menù a tema, sconto 10% su tutti i menù alla carta, escluso S. Natale, Capodanno, S. Valentino, Pasqua e Ferragosto. E-TRE srl Show-room a Olgiate Molgora, Via Como1/3 (Statale briantea ) Fornitura e posa di prodotti per l’efficienza energetica, come serramenti altamente isolanti, sistemi di riscaldamento ecologici, impianti fotovoltaici, stufe e inserti a pellet, pellet austriaco di prima qualità. Ad ogni iscritto CAI sconto minimo del 10% che a discrezione del cliente potrà essere devoluto alla sezione CAI “Riccardo Cassin” di LECCO. SPORT SPECIALIST SPA- SPORT, ABBIGLIAMENTO, CALZATURE via Figliodoni 14 Barzanò (LC) Presso tutti i punti vendita sconto del 15% ai soci CAI, con esclusione degli articoli in promozione o già scontati STUDIO OSTEOPATICO COPPI via Lucia 10 Lecco (LC) - tel. 393.1646699 Sconto del 20% per trattamenti osteopatici.
Per ottenere gli sconti indicati è necessario esibire la tessera del CAI Lecco regolarmente rinnovata. Possono usufruire delle convenzioni anche i soci delle sottosezioni del CAI Lecco: CAI Barzio, CAI Ballabio, Strada Storta. NB: Per le società commerciali o aziende che volessero attivare iniziative di promozione o sponsorizzazione con il CAI Lecco telefonare allo 0341-363588 (orari apertura sede) o al 3393216291.
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