Notiziario 03-2014/01-2015

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n° 3/2014 1/2015

CAI LECCO 1874

Notiziario del Club Alpino Italiano Sezione di Lecco "Riccardo Cassin" Sentieri e Parole COMPLEANNO D’ARTISTA Le montagne di Lecco e i 90 anni di Giansisto Gasparini

Alpinismo

Escursionismo

L’intervista

IL GIARDINO DI PIETRA

LA GIORDANIA A PASSO DI ESCURSIONISTA

NOVANT’ANNI DI ALPINISMO “FAI DA TE”

La scoperta delle falesie lecchesi e la nascita dell’arrampicata sportiva

Un trekking nel deserto roccioso della Giordania

I ricordi di Giovanni Ratti, uno dei pilastri dei Ragni di Lecco


IN QUESTO NUMERO EDITORIALE

4

12

PROFILO DI UN GRANDE

52

LA GIORDANIA A PASSO DI ESCURSIONISTA

EPPURE QUALCOSA SI MUOVE Servono sinergie per mantenere viva la tradizione alpinistica e valorizzare il territorio di Emilio Aldeghi, presidente CAI Lecco

SENTIERI E PAROLE

6 9 12 20 24 26 27 32

UN GIORNO AL SAN MARTINO Da 34 anni, il primo sabato di ottobre, la festa al rifugio Piazza di Eugenio Mira UNA FAMIGLIA DI VERI ALPINISTI Aldo, Giorgio e Marco Anghileri. di Dino Piazza PROFILO DI UN GRANDE Ricordando Riccardo Cassin, l’uomo e l’alpinista di Renato Frigerio AMBIZIONE PALÙ L’orgoglio di un trittico speciale di Gigi Alippi IL COLORE DELLE ORCHIDEE Sono 40 le specie che fiorscono nel nostro territorio di Annibale Rota LE ETÀ DELL’ALPINISMO Riflessioni sul passato e sulle prospettive per il futuro di Renato Frigerio COMPLEANNO D’ARTISTA Giansisto Gasparini e le montagne di Lecco di Tiziana Rota UNA CARTOLINA Un rifugio “A. Manzoni” in vetta al Resegone? di Annibale Rota

ALPINISMO e ARRAMPICATA

34

IL GIARDINO DI PIETRA La scoperta delle falesie lecchesi e la nascita dell’arrampicata sportiva di Pietro Corti LA “DIVINA COMMEDIA” Ritorno alle origini al Buco del Piombo di Simone Pedeferri

46

ALPINISMO GIOVANILE

48

60

“COLORIAMO L’INVERNO” Intorno al sentiero didattico una fioritura fuori stagione di Adriana Baruffini

ESCURSIONISMO

NOVANT’ANNI DI ALPINISMO “FAI DA TE”

52

70

SETTE GIORNI ALLA MADDALENA

58

60

66

LA GIORDANIA A PASSO DI ESCURSIONISTA Nel cuore del Medio Oriente tra Storia, città nascoste, fratellanza e deserto roccioso di Anna Masciadri GITE SOCIALI Da Monte Marcello ai Piani di Bobbio, il programma 2015 a cura della Commissione Escursionismo

Notiziario quadrimestrale della sezione di Lecco “Riccardo Cassin”del Club Alpino Italiano N° 3/2014 - 1/2015

Redazione: Adriana Baruffini, Angelo Faccinetto Direttore responsabile: Angelo Faccinetto Impaginazione e Grafica: BitVark - Pavia Tipografia: Grafiche Riga Annone Brianza Testata di proprietà del Club Alpino Italiano sezione di Lecco “Riccardo Cassin” Sede: via Papa Giovanni XXIII, 11 23900 Lecco Tel: 0341363588 Fax: 0341284717 www.cai.lecco.it sezione@cai.lecco.it Autorizzazione Tribunale di Lecco N. 5/78 del 20/06/1978 Spedizione in A.P. -45%- Art. 2 Comma 20/b legge 662/96 Tiratura 2500 copie Chiuso in redazione 05/03/2015

L’INTERVISTA

NOVANT’ANNI DI ALPINISMO “FAI DA TE” I ricordi di Giovanni Ratti, uno dei pilastri dei Ragni di Lecco di Matteo Manente

SCI DI FONDO

GEO

70

DUE GIORNI SULL’ALTIPIANO Ad Asiago con la scuola di fondo

di Giusi Negri

SETTE GIORNI ALLA MADDALENA Nell’arcipelago presso le coste sarde la “settimana azzurra” del Geo di Agostino Riva

APPUNTAMENTI

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IL GIARDINO DI PIETRA

6

UN GIORNO AL SAN MARTINO

IL SESSANTOTTO IN PUNTA DI SCARPETTE 72 Quattro serate in Sala Ticozzi di Adriana Baruffini UN SENTIERO LUNGO 50 ANNI 73 La mostra del gruppo di Alpinismo Giovanile alladiTorre Viscontea Matteo Manente UNA MONTAGNA DI EMOZIONI 74 L’appuntamento annuale con la scuola di scialpinismo di Sara Pozzetti RECENSIONI 76 INFORMAZIONI DALLA SEGRETERIA 78

Delfino Formenti, uno dei più attivi chiodatori delle falesie lecchesi negli ultimi 28 anni, alle prese con Piccinin alla Parete Stoppani: il suo capolavoro, posta in una magnifica cornice paesaggistica. Sullo sfondo il Resegone, la montagna lecchese per eccellenza.


EPPURE QUALCOSA SI MUOVE

Servono sinergie per mantenere viva la tradizione alpinistica e valorizzare il territorio di Emilio Aldeghi*

P

er tanto tempo il tema della montagna è risuonato nelle campagne elettorali, sban-

dierato per raggiungere i tantissimi cittadini della nostra città amanti delle cime che ci circondano. Poi, come dice il vecchio proverbio, passata la festa gabbato lo santo: generalmente tutto scivola nel dimenticatoio con gli ignari cittadini ancora a sperare che prima o poi possa davvero sbocciare il sogno di vedere la propria città intimamente legata alla loro passione. Certo si può dire che la montagna è libertà, che è il respiro della natura non inquinato dalle ideologie, che dietro il consumo delle scarpette di arrampicata o della suola di vibram degli scarponi ci sono emozioni impareggiabili, che le parole sogno, incredulità, bellezza, magia, ardimento non hanno prezzo. Non di meno bisogna però aprire gli occhi e capire che se una città vuole mantenere viva la propria tradizione alpinistica e valorizzare il territorio deve saper creare una giusta sinergia fra i cittadini, le associazioni e le istituzioni. Su piani diversi, chi con le idee, chi con la collaborazione, chi con i contributi economici, senza

che nessuno assuma il ruolo di

te dato vita ad ACAL cercando di

deus ex machina, ciascuno deve

stabilire un discorso e un proget-

contribuire

raggiungimento

to in comune portando avanti con

dell’obiettivo. Difficile? Certamente

costanza il discorso dell’esigenza

sì, specialmente nella nostra Lecco

di una raccolta museale dell’alpini-

dove il campanilismo, vecchie rug-

smo lecchese. Pur di fronte a er-

gini o l’ego personale troppe volte

rori di gioventù della nuova asso-

la fanno da padrone.

ciazione e alla decisone di gruppi

al

Eppure qualche cosa si muo-

importanti quali i Ragni e i Gamma

ve. Abbiamo tutti letto del pro-

di rinunciare a farvi parte, credo

getto di sistemazione delle falesie

che il lavoro dell’unità di intenti

con il forte supporto di vari livelli

rimanga ancora un caposaldo su

istituzionali, dell’imminente ban-

cui costruire. La nostra presenza

do per la realizzazione del polo

continua in città a livello cultura-

multimediale dell’alpinismo presso

le e di lavoro nella sezione per far

il Palazzo delle Paure, delle affer-

crescere l’amore per la montagna

mazioni sulla volontà di proseguire

attraverso l’offerta dei più svariati

il discorso iniziato con un progetto

corsi di formazione è stata ripa-

più ampio legato alla rete sentieri-

gata con le migliaia di iscrizioni

stica. Si sono fatte dissertazioni sui

che ci permettono, pur in questo

costi, forse motivate forse no. Io

periodo di crisi, di essere una delle

non ho le competenze per disqui-

sezioni più importanti d’Italia.

sire su questo aspetto, ma confido

Per la nostra Lecco siamo di-

che essendo tanti e qualificati gli

sposti a dare molto, dietro di noi

artefici dei progetti si siano fat-

tanti giovani si stanno dando un

te tutte le corrette valutazioni. Di

gran da fare. Crediamo molto in

certo prendiamo atto che, in col-

loro, nelle loro idee e nella voglia

laborazione, il Comune di Lecco,

di fare. Quando qualcuno ci dice

la Provincia, la Regione, la Camera

che siamo attaccati al passato non

di Commercio, le Comunità Mon-

ci offendiamo, perché è vero e sa-

tane della Valle San Martino- Lario

crosanto che lo rispettiamo, ma

Orientale e della Valsassina stan-

probabilmente non conoscono il

no concretizzando aspettative per

nostro presente già pronto per il

lungo tempo sospirate.

futuro.

*Presidente CAI Lecco Il ruolo del CAI Lecco

4

Editoriale

Il CAI Lecco non è stato alla finestra in attesa degli eventi. Con altre associazioni ha faticosamen-

Lecco, Torre Viscontea, dicembre 2014. Inaugurazione della mostra sui 50 anni dell'AG realizzata dal CAI Lecco in collaborazione con il Comune e il SIMUL

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UN GIORNO AL SAN MARTINO

Panorama sul lago dal San Martino. Foto di Alberto Locatelli.

Da 34 anni, il primo sabato di ottobre, la festa al rifugio Piazza

di Eugenio Mira

S

abato 4 ottobre, giornata so-

semplici camminatori. Chi è salito lun-

del figlio Arnaldo, finito in coma per

leggiata, fresca, con i colori

go il sentiero da Rancio, chi ha fatto

un trauma cranico riportato cadendo

dell’ autunno. Al rifugio Piaz-

la “via della vergella”, chi i Pizzetti, chi

za, al San Martino, accanto al vecchio convento, si ritrovano un centinaio

tedeschi della squadra della gendar-

tita omelia centrata sulla gratitudine

L’iniziativa, iniziata in sordina e con

meria di Mittenwald che aveva sfidato

per quanto Dio ci ha donato e chiusa

in una gara di sci ai Piani di Bobbio,

pochi amici di Lecco, è andata cre-

la squadra dei Ragni di Lecco nei Ral-

con una assoluzione collettiva, come

i Tecett, chi la ferrata, chi addirittura la

all’età di 13 anni, ne1 1979. E oltre alla

scendo di anno in anno, acquistando

ly sci-alpinistici della Valsassina negli

usa (o dovrebbe usare) in montagna.

Medale.

festa, come segno di ringraziamento

spesso una dimensione nazionale,

anni ’60.

Il nostro simpatico sacerdote dichia-

E’ la trentaquattresima edizione di

alla provvidenza, la posa di un croce-

come nel 2013 con la partecipazio-

Momento culminante dell’incon-

ra: “Le omelie devono essere come le

un incontro, sempre il primo sabato di

fisso in legno che si può vedere, poco

ne di una rappresentanza del CAI di

tro è stata la messa, officiata come

minigonne: corte, aderenti alla vita e

Giovani e meno giovani, uomini e

ottobre, ideato da Dino Piazza per fe-

sotto la cappelletta del San Martino,

Oderzo, se non una dimensione in-

l’anno prima da un amico sacerdote

aperte al mistero”.

donne, alpinisti, escursionisti e anche

steggiare il quasi miracoloso recupero

sui tornanti del sentiero che sale da

ternazionale, con la venuta degli amici

di Albavilla, con una breve ma sen-

di amici, da Lecco, dalla Brianza, dalle montagne vicine.

Rancio.

Piace ricordare che negli scorsi


UNA FAMIGLIA DI VERI ALPINISTI Aldo, Giorgio e Marco Anghileri

Un momento della festa. Foto di Alberto Locatelli.

Foto di gruppo ai Resinelli. Giorgio Anghileri è il secondo da sinistra, alla sua destra Ulderico Mazzoleni. Foto archivio Dino Piazza

anni hanno celebrato altri amici alpi-

norem e tra gli ultimi pescatori pro-

come Renzo Battiston, Luigino Airoldi,

nisti come monsignor Luigi Gandini, il

fessionisti del lago: filetti di lavarello in

Davide Penati “Cito”, un paio di presi-

missionario don Augusto Gianola, don

carpione, cozze alla marinara, risotto

denti del CAI Lecco, Annibale Rota e

Giuseppe Tagliabue

alla pescatora, filetti di persico e lava-

Emilio Aldeghi, in animata discussio-

rello alla griglia. Niente polenta, brasa-

ne sulle sorti della nostra sezione e di

Prima della messa Dino Piazza ha

to o salmì, ma affettati, formaggi della

questo notiziario, un grande amico del

ricordato gli amici scomparsi, padre

Valsassina e bisciola. Vino a volontà,

San Martino e dei suoi sentieri, Pie-

Giovanni Corti, missionario in Terra

caffè e grappa finale.

ro Fiocchi. Notata invece l’assenza dei

e, più recente-

mente, un vescovo brasiliano.

del Fuoco, grande amico di Casimiro

Tra una portata e l’altra racconti e

ragni Emilio Valsecchi “Lupo” e Dario

Ferrari e sostenitore delle sue imprese

ricordi di montagna, progetti di gite e

Cecchini, peraltro giustificati perché

patagoniche, il ragno Guerino Cariboni

di salite, considerazioni sulla cementi-

impegnati in Valle d’Aosta al raduno

“Guera”, amico e compagno di scalate

ficazione di Lecco vista dal San Mar-

dei Lupi del Monte Bianco.

del Miro e il grande Marco Anghileri

tino, sull’abbandono della montagna,

Anima e re della giornata è sta-

“Butch”, caduto lo scorso inverno sul

dei pascoli, dei boschi e sulla necessità

to come sempre Dino Piazza, questa

Pilier Centrale del Freney.

di una loro maggior tutela. E sul ruolo

volta allietato dalla presenza della fi-

del CAI, anche del CAI di Lecco, nella

glia Daria, da poco sposa, e del figlio

preservazione della sua montagna e

Arnaldo (proprio lui, il miracolato) con

del suo territorio.

Greta e il figlio Niki, il fresco nipote

Pranzo di pesce Dopo la messa il ristoro, con un pranzo secondo tradizione a base di

Ma non solo discorsi, anche un coro

di Dino, un bel bimbo di un anno, tra

pesce, fornito e preparato, con l’a-

improvvisato di alpini della Brianza,

qualche mese futuro socio del CAI

iuto del fratello Ceko e dei volontari

intorno ad un amico con fisarmonica:

Lecco.

alpini di Rancio, dallo chef Mariolino

canzoni alpine e vecchie canzoni della

Si racconta che Dino sia rientrato in

Ghislanzoni “Perseghin”, ragno ad ho-

tradizione lombarda: da “Donne, don-

serata, sotto la luna, con qualche dif-

ne ghé chi il magnano” a “Pellegrin che

ficoltà nella discesa dopo i prolungati

vien da Roma”.

festeggiamenti.

8

Sentieri e Parole

Tra i presenti alcuni vecchi ragni,

S

di Dino Piazza iamo nell’anno 1961 e stiamo arrampicando sul Medale, una montagna il cui versante sud

guarda verso Lecco, sono con Roberto Gallieni di Milano. Guardo verso il basso e vedo un ragazzo che sta arrivando da solo, senza corda e arrivato vicino a noi vuole passare. Gli dico: “ Adesso ti leghi con noi se non vuoi che lo dica a tuo padre!”. Non ha detto una parola, si è legato e quando siamo arrivati in cima si è slegato ed è andato. Gallieni mi dice: “Che stoffa ha quel ragazzo!”. Aldo Era Aldo Anghileri, aveva 15 anni. Poi l’ho rivisto arrampicare al Nibbio e le corde le teneva suo padre Adolfo. Dopo qualche anno ha presentato la sua attività alpinistica ed è passato nei Ragni, aveva solo 18 anni. Io a quei tempi ero presidente del gruppo

e ho chiesto al nuovo entrato di ve-

una donna morta: “Se questo non ti

nire con me a fare la scuola di roccia,

crea problemi vai!”

lì ho potuto vedere il suo talento, il suo carattere e il suo coraggio.

E’ partito il giorno dopo con la sua motoretta, ha fatto la via ed è andato

Alla seconda lezione sto aspettan-

tutto bene, poi è sceso dal versan-

do Aldo che non arriva, così prendo

te italiano. Mi viene a trovare nella

tutti gli allievi e vado al Nibbio a fare

mia officina meccanica e mi raccon-

la scuola. Verso le 11 arriva l’Anghileri

ta della sua impresa e che in alto ha

scusandosi del ritardo. “Dove sei sta-

trovato la neve. Con poche parole e

to?” gli chiedo, “Sono andato a fare la

con umiltà mi fa capire che è andato

via Boga in Medale da solo”.

tutto bene, ma la moto è rimasta in

Sono rimasto meravigliato. A quei tempi era una grande impresa e ose-

Svizzera. Mi offro di accompagnarlo a prenderla.

rei dire anche ai nostri giorni. Per an-

Siamo partiti con la mia Fiat 1100,

dare da solo ci vuole orientamento e

e abbiamo raggiunto la moto sotto

occhio sull’appiglio per la scelta della

una pioggia incredibile. Aldo aveva

via. Questo era l’Aldo, da sempre ri-

una giacca a vento, ma andando in

masto nella categoria del fare e non

moto sono le gambe che soffrono.

del chiacchierare.

Guardo nella mia macchina e trovo un

Passa del tempo e un giorno mi

materassino di gomma, lo do ad Aldo

si avvicina l’Aldo e mi dice di voler

e gli dico di usarlo come riparo per

andare da solo sulla parete Nord-Est

le gambe; gli dico anche di aspettare

del Badile. Sono rimasto meraviglia-

che il temporale passi, ma lui prende il

to ma non più di tanto perché ormai avevo capito chi era. Gli dico, se è ben allenato, di andare, ma gli dico anche che al nevaio a metà parete c’è

Sentieri e Parole

9


materassino e parte con la sua moto

una settimana gli succede l’incidente.

Ogni promessa è un debito. Ho

a suo padre dicendo: “Sono qua nel

sotto pioggia e fulmini. Ricordo che

Un banale incidente di bicicletta ha

portato la damigiana di vino ai Resi-

posto più bello del mondo, domani

ho pensato: “Che testa che ha!”.

distrutto il più umile e il più forte, un

nelli al suo ristorante e con gli amici

arrivo”.

campione. Restiamo increduli, con un

abbiamo mangiato polenta con burro

Solo una fatalità poteva staccare

vuoto che non si riempirà mai.

e formaggio e brindato con la da-

Marco dalla parete. Una frana rima-

La mia soddisfazione come presidente dei Ragni è stata di avere nel gruppo alpinisti come lui, che aiutano

Rispettando la sua volontà, ho mes-

migiana. A metà festa Marco ha de-

sta immobile chissà per quanti anni.

il gruppo a diventare famoso con le

so sul libro in cima alla Grigna il suo

scritto la ripetizione della via al Ce-

Che mentre Marco è sotto si stacca

imprese e non con le passeggiate.

nome e vicino Gamma-Ragno.

cilia e mentre parlava si è tolto di

e cade su di lui con violenza inaudi-

Il giorno dopo arriva-

tasca un chiodo, me lo

ta. Solo così la montagna è riuscita a

no nella mia officina Aldo

ha dato e mi ha detto di

fermarlo.

e suo padre Adolfo con un

materassino

IL RIFUGIO PIAZZA

nuovo,

Adolfo mi spiega che l’altro materassino si è appoggiato al motore della moto ed è bruciato. Mi porge il materassino con orgoglio, di riflesso alla grande impresa compiuta

Il Rifugio Piazza è un dono dei fratelli Piazza al Gruppo Alpini Monte Medale di Rancio: in origine era una baita della famiglia, con un po’ di bosco e di prato intorno, usata dal loro padre come deposito di attrezzi per fare legna e fieno. Ora i volontari del Gruppo ne assicurano la manutenzione e un servizio di ristoro aperto tutti i giovedì e le domeniche.

da suo figlio. Poi Aldo cresce e si sposa con Marinella e ha due figli, Giorgio e Marco.

Marco Passa del tempo e si incominciano

averlo recuperato lungo la

Il destino ha voluto così. Si creano

via. Ci siamo abbracciati e

situazioni che possono far impazzire

mi sono commosso.

i genitori e cambiare la vita dei figli.

Passa ancora del tempo

Andando sull’estremo, nell’alpini-

e si sente che il “Butch” -

smo, si vivono momenti felici, pieni di

era il suo sopranome - si

gioia, ma si incorre anche in imprevi-

sta allenando per andare

sti, a volte impossibili da evitare, che

da solo a ripetere il Pilone

possono colpire anche i più bravi.

Questa è una famiglia di veri alpini-

san Martino ho fatto dire una messa

verno. Gli alpinisti lo san-

suoi figli ho chiesto il permesso ad

sti dotati di talento e coraggio e tutto

e ho letto qualcosa per ricordare un

no, anche solo raggiun-

Aldo e lui mi ha detto di sì, forse per-

quanto serve per salire sull’estremo

campione, il grande Marco Anghileri.

gere l’attacco è un’impresa. Marco è

ché lui sa quanto anch’io ho sofferto

da soli.

tranquillo perché il suo allenamento è stato severo.

Il primo che conosco è Giorgino,

leri. Da solo e d’inverno ha fatto la

ta, li è tutto ghiacciato, bisogna stare

anche lui aveva svolto una grande

via Solleder al Civetta, poi sempre da

attenti a fare qualunque cosa. Pianta

attività alpinistica ed era amico di

solo ha fatto un concatenamento di

la tenda col vento e entra a riposare.

mio figlio Arnaldo. Veniva spesso a

vie di alto livello, quasi impossibile da

Il giorno dopo smonta tutto e da solo

casa mia. Non entrava mai dalla porta

ripetere.

riprende l’arrampicata. Sale sicuro per

principale, ma dalla finestra. In com-

Incomincio a conoscere questo

ore, quando diventa buio pianta la sua

pagnia di Ulderico Mazzoleni, che lo

giovane: ha un comportamento sim-

tendina da parete, accende il fornello

aiutava a fare il balzo verso la rin-

patico e il suo sorriso è sempre pre-

e si prepara una minestra, è tranquillo

ghiera del primo piano, Giorgino sal-

sente.

perché tutto quello che ha fatto l’ha

tava sulla ringhiera del secondo piano

Un giorno, mentre ero al suo ri-

fatto con attenzione, non ha dimen-

e se non ci riusciva Ulde lo prende-

storante ai Piani Resinelli, mi dice che

ticato niente. E’ la sua natura. Sa che

va in braccio. Aveva già inventato il

vorrebbe ripetere la mia via al Cecilia,

se qualcosa non funziona il rischio

boulder.

da solo. Gli prometto che, se ci riusci-

aumenta, che se dimentica qualcosa

Una sera, a casa mia, Giorgino mi

rà, avrà come premio una damigiana

si presentano i problemi.

dice che vorrebbe entrare nei Ragni;

di vino. E così è stato. La via l’ha fatta

Marco aveva già collaudato queste

con entusiasmo gli rispondo che sarei

e l’ha considerata tra le più impegna-

azioni in altre imprese. Sapeva che

stato io a presentarlo. Dopo meno di

tive: ci vuole il pelo sullo stomaco

stava viaggiando sulla lama di un ra-

per uscire da quella salita. Quando

soio e che non poteva tagliarsi.

10

Quest’anno ad ottobre alla festa al

Prima di scrivere queste righe sui

Ormai è sopra i 4000 metri di quo-

Sentieri e Parole

per la perdita dei suoi figli.

Centrale del Fréney, d’in-

a sentire le imprese di Marco Anghi-

Giorgio

Marco Anghileri, al centro, durante la festa dopo la salita in solitaria della via dei Ragni al Cecilia nel 2011. Foto archivio Dino Piazza

uno parla così vuol dire che è pulito.

È giunto sotto la cima, è sera e

Il suo modo di esprimersi, così umile

si sta riposando nella tenda. Prende

e sincero, mi ha conquistato.

il telefonino e manda un messaggio

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PROFILO DI UN GRANDE

Ricordando Riccardo Cassin, l’uomo e l’alpinista

di Renato Frigerio

S

ono trascorsi ormai più di cinque anni dalla scomparsa di Riccardo Cassin. Lo ricordia-

mo su queste pagine ricostruendone a grandi linee la figura di uomo e di alpinista e soprattutto dando spazio alle sue parole e al suo pensiero raccolti in un’intervista dei lontani anni Settanta: uno scorcio sulla storia dell’alpinismo dalle origini agli anni Trenta, attraverso le riflessioni di un protagonista di primo piano. Avventurarsi a delineare un profilo di Riccardo Cassin come alpinista, significa entrare nei recessi più cari e più preziosi della sua vita, in quelle zone recondite che ognuno custodisce con gelosia e pudore. L’operazione che può presentarsi all’apparenza la più facile, perché rivolta al campo più tipico e vistoso, diventa quindi la più rischiosa, quella che può tradire il personaggio, proprio mentre se ne vuole raffigurare il quadro. Qui non si tratta infatti di dare un resoconto delle sue imprese, ormai a tutti note e in tanti modi e in molteplici occasioni decantate. Del resto, se lo si deve ricordare nelle sue leggendarie conquiste, che cosa ci rimane da dire dopo averlo ammirato sullo spigolo Sudest della Torre Trieste in Civetta nell’estate del 1935 o sulla parete Nord della Cima Ovest di Lavaredo nella stessa stagione o sulla fantastica parete Nordest del Pizzo Badile nel 1937 o sull’irripetibile sperone Nord della Punta Walker delle Grandes Jorasses nel 1938? Non rimane null’altro da dire o da fare che tentare di uscire dallo stato di sbalordimento che ogni volta ci annienta nel rievocare questo incalzare di incredibili conquiste. Chi era che riusciva a realizzare tutto questo? Un giovane che, dopo aver

Riccardo Cassin nel 1961 al McKinley. Foto Archivio CAI Lecco

ripetutamente cercato nello sport la

ci viene a dire che il suo ricordo più

sua via di liberazione fisica e spirituale,

bello e nostalgico lo trova nella spe-

aveva trovato nella montagna e nell’al-

dizione del 1961 al McKinley, in Alaska.

pinismo l’ambiente e l’azione a lui più

Ma non è tanto la vittoria conseguita

affini e, per così dire, connaturali. Uno

sulla montagna più alta del Nord Ame-

dei tanti giovani per i quali il semplice

rica che ne fa il suo prediletto trofeo,

portarsi ai piedi delle grandi montagne

quanto invece la soddisfazione di aver

rappresentava un insieme di problemi,

affrontato un mondo nuovo e di aver

oggi inconcepibili, a partire dai costi del

portato alla vetta, attraverso quella via

trasferimento, dalla difficoltà di dispor-

inaccessibile, tutti e cinque quei giova-

re dei mezzi di trasporto e, ancor più,

ni “Ragni della Grignetta” che il CAI di

dai limiti imposti dal tempo disponibile

Lecco gli aveva affidato.

nell’arco di una intera stagione.

Così è fatto Cassin ed è giusto e do-

Tutto questo ci dice che ci troviamo

veroso per noi fermarci alle soglie di un

di fronte un uomo che è alpinista per

animo schivo, formato e temprato dalla

passione, un vero dilettante dell’alpi-

fatica dura dell’alpinismo. Di nulla ci può

nismo, che alla montagna si è donato

meravigliare un uomo che, negli spazi

sempre senza mai nulla pretendere in

infiniti delle sue montagne, ha saputo

cambio. Anche questa è una vitto-

udire ed accogliere i silenzi che invi-

ria da prendere in considerazione nel

tano alla responsabilità, alla solidarietà,

confronto con chi pratica l’alpinismo

all’amicizia vera.

a tempo pieno, con la figura del professionista, che storicamente segue

Cassin confidenziale

di parecchio gli anni trionfali del no-

A questo punto intendiamo pro-

stro Cassin. Lui, a questo proposito, ci

porre quanto Cassin ci ha raccontato,

fa sapere che in montagna ci è andato

in modo chiaro e preciso, della sua

solo quando poteva, nei giorni di festa

concezione di riferimento alpinistico,

e di ferie, perché negli altri giorni do-

in occasione di uno dei nostri incon-

veva lavorare. È un altro aspetto della

tri avvenuto negli anni ’70: una sinossi

sua vita che ce lo rende più umano, più

dell’argomento esplicativa e particola-

vicino a noi, ancor più accettabile per

reggiata, con la dovuta dissertazione

la modestia e la semplicità nascoste in

sul fascino dell’arrampicata in relazione

questo suo dire.

ai protagonisti e al loro tempo, collegati

Come ogni persona sinceramente

alla storia e all’evoluzione dell’alpinismo.

semplice, Cassin si lascia avvicinare con

Ecco la narrazione di Riccardo, re-

grande facilità e si intrattiene con la più

datta allora dall’autore di questo arti-

aperta disponibilità. Crediamo così di

colo.

essere riusciti a penetrare fino al fon-

“Nel mondo tutto si evolve con rapi-

do della sua personalità, accorgendoci

dità più o meno prodigiosa. L’alpinismo

solo più tardi di doverci ricredere e di

delle origini fu essenzialmente esplo-

constatare che ci eravamo sbagliati. È

rativo e scientifico. Furono gli studio-

così anche adesso, quando abbiamo

si della natura, soprattutto i geologi, a

creduto che le sue strepitose vittorie degli anni giovanili dal ’35 al ’38 fossero l’emblema del suo alpinismo e il suo vanto supremo. Non è così: è lui che

Sentieri e Parole

13


risale all’ascen-

bastando più le Alpi, si cercarono nuove

negli stessi anni Raimund Schinko in-

doveva infran-

sione

del

vette vergini nelle Ande e nell’Himalaya.

ventò l’imbragatura.

gere il predo-

Bianco

Anche qui l’uomo pose il piede su tutte

A inizio secolo l’austriaco Paul Preuss

Monte

minio tedesco

compiuta

dal

le grandi cime: gli ottomila. L’alpinismo

rifuggiva dall’uso dei mezzi artificia-

e

botanico,

fisi-

continuamente si evolve negli uomini,

li e stupiva il mondo alpinistico con le

tanti e tanti miti.

co e geologo

nelle discipline, dalle invernali, alle so-

sue vittorie solitarie, tra cui la bellis-

Ma approfon-

ginevrino Ho-

litarie, alle direttissime, e conseguen-

sima parete Est del Campanile Basso

diamo meglio la

race-Bénédict

temente anche nelle attrezzature e

di Brenta. Ma l’alpinismo artificiale, che

conoscenza di

de

Saussure,

nell’equipaggiamento. Anche turistica-

apparve subito argomento controverso

questo periodo,

che fu il pri-

mente, anche come progresso civile, la

e libero ad interpretazioni soggettive,

che riveste im-

mo a vedere le

montagna è diventata attrazione irre-

aveva il sopravvento. Era finita l’epoca

portanza enor-

montagne con

sistibile. E pensare che non è poi mol-

di Preuss, grande alpinista e difensore

me nel moder-

occhio amoro-

to lontano il tempo in cui la montagna

dell’arrampicata libera, che si vanta-

no

so e di poesia,

era avvolta in cortine di mistero, mito,

va di non aver mai piantato un chio-

italiano.

ed

pub-

diffidenza. Poco più di una generazio-

do nella roccia, che saliva d’impeto le

1925 al 1930: in

del

ne è passata da quando le donne dei

pareti appena queste comparivano al

un quinquennio

suo libro Mes

valligiani indicavano ai loro bimbi, per

suo cospetto, e che senza aiuto al-

una

voyages

spaventarli, gli alpinisti d’allora, segna-

cuno scendeva per le stesse vie che

da

landoli come uomini che abitavano con

aveva percorso in salita. Ora il chiodo, il

scuote

le streghe fra le altissime cime.

moschettone, la corda (allora di canapa

fondamenta le

o di seta ritorta) non erano più usati

concezioni al-

alla

blicazione

dans

les Alpes. In

un’epo-

ca nella quale

travolgere

alpinismo Dal

profonrivoluzione dalle

scienziati, quali

Dall’arrampicata libera all’artificiale

come mezzo di assicurazione soltan-

pinistiche tra-

l’irlandese John

Prima della grande guerra, la tecnica

to, ma anche come mezzo di salita, in

dizionali. È una

Tyndall, si ver-

dell’arrampicata libera raggiunse l’apo-

sostituzione dell’appoggio mancante.

ventata

gognavano

di

geo e generò una nuova concezio-

L’epoca dell’artificiale aprì un nuovo

viene da ol-

confessare che

ne: quella di ricorrere ai primi artifici

grande campo d’azione agli alpinisti più

tralpe. Il livello

si recavano sul

che consentirono di allargare il cam-

valenti e caddero una ad una le pareti

raggiunto

Monte

Bianco

po d’azione, di spostare ancora avanti

e gli spigoli ritenuti fino allora inviolabili.

Preuss,

Dulfer,

per il puro pia-

il limite delle difficoltà e di aumentare

Piaz,

Dibona

cere di scalarlo

la sicurezza. Nel 1908 l’inglese Oscar

e recavano con

Johannes Luwig Ecknstein realizzò i

Subito dopo il primo conflitto mon-

vincere il mistero e l’incantesimo delle

sé a pretesto il barometro, gli inglesi

moderni ramponi da ghiaccio e la pic-

diale furono gli alpinisti germanici, sor-

vo ed insuperabile. E già le maggiori

grandi montagne. In epoche più mo-

insegnarono e diffusero il piacere della

cozza corta. Due anni dopo, la guida

retti da una volontà ferrea e da una

imprese di quei pionieri costituivano

derne l’alpinismo è diventato un fatto

scalata, ed inglesi furono i primi esplo-

tirolese Hans Fiechtl costruì il moder-

caparbia determinazione, a realizzare

un apice che ben pochi alpinisti italia-

soprattutto sportivo: una conqui-

ratori delle nostre Dolomiti. Ogni vetta

no chiodo da roccia. Il tedesco Otto

imprese superiori a quelle compiute

ni erano capaci di raggiungere. Ecco

sta recente della civiltà. Esso sbocciò

fu raggiunta per la via più facilmente

Herzog sperimentò il moschettone e

fino a quel momento. La grande pa-

giungere da Monaco nomi nuovi e

dai sentimenti di amore per la natu-

accessibile; poi, per meglio conoscere

furono messe in vendita le prime “pe-

lestra dei monachesi, la scuola di tanti

cordate agguerritissime. Nuove tec-

ra ispirati dalle opere di Jean-Jacques

le montagne, si volle scalarle per ogni

dule” a suola di feltro o di corda. Solo

patriarchi dell’alpinismo classico e mo-

niche sono state sperimentate sulle

Rousseau, di Montaigne, di Javelle e de-

versante. Pareti, spigoli e fessure cad-

nel 1937 si brevettò il marchio Vibram,

derno. Quante volte, scorrendo la let-

pareti calcaree dello Wetterstein, sul

gli altri illuministi francesi; dalle scrit-

dero ad uno ad uno. Si cercò il difficile,

produzione originale di Vitale Bramani,

teratura alpinistica, si intendono que-

confine austro-tedesco, e del Kaiser-

ture dell’inglese Claire-Eliane Engel,

il sempre più difficile. Si arrivò al se-

per un nuovo tipo di suole scolpite in

sti nomi: Kaisergebirge, Wilder Kaiser,

gerbirge, nel Tirolo. Chiodi, moschetto-

brillante storica. La sua data di nascita

sto grado; poi al sesto superiore; dai

gomma per scarponi, che ottennero un

Fleischbank, Totenkirchi… Nacque lì la

ni, doppie corde, traversate a pendolo,

chiodi e moschettoni, di diverso tipo,

consenso immediato; le suole chioda-

scuola di Monaco (1) e lì si diffuse la

scala di Welzenbach, sono gli strumenti

si passò alle staffe e ai chiodi a espan-

te (con bullette e tricouni, chiodi per

tecnica bavarese. Sulla scorta della no-

tecnici di uomini intrepidi e spinti da

sione (spit). Tutte le grandi pareti Nord

scarponi), alla fine degli anni ’50, erano

tevole tecnica dei monachesi sorse in

uno spirito di conquista quasi ag-

ancora inviolate vennero vinte. Poi, non

praticamente scomparse. Più o meno

Italia un gruppo di arrampicatori che

gressivo, animati da una concezione

Cassin in una foto del 1933. Archivio storico Fondazione Riccardo Cassin

14

Sentieri e Parole

La scuola di Monaco

che

sembrava

da Cassin in Grignetta. Archivio storico Fondazione Riccardo Cassin

segnare

un limite definiti-

eroico-superoministica dell’alpinismo, inquadrati nel moto spirituale in atto nei paesi di lingua tedesca. Intanto in Italia Simon e Rossi hanno già vinto la parete Nord del Pelmo in Dolomiti. Il limite dell’estremamente difficile è sfiorato. Lo tocca infine una giovane guida, Emil Solleder, sulla Furchetta, sul Sass Maòr e sulla immane parete Nordovest del Civetta, “la parete delle pareti”, apparsagli dalla strada del Pordoi come una mitica muraglia, superiore ad

Sentieri e Parole

15


ogni suo sogno od im-

lori stranieri: i fratelli Dimai, Micheluzzi,

maginazione. Vi traccia

Comici, Videsott e altri dopo di loro.

la superba “direttissima”,

Uomini formatisi gradatamente, ani-

con Gustav Lettenbauer,

mati da una grande passione e amore

coronando la scala delle

per la montagna, scevri da ogni esalta-

difficoltà con il perfetto

zione, fuori di ogni esasperato spirito

esempio dell’estrema-

competitivo, divennero delle celebrità.

mente difficile, il sesto

Celebrità, si intende, limitata al ristretto

grado.

mondo degli specialisti. Allora l’alpini-

La

superiorità

dei

smo era ancora pieno di pudori, allora i

rocciatori di lingua te-

vittoriosi, rientrando al rifugio, non tro-

desca appare così net-

vavano ad aspettarli schiere di fotografi

ta e indiscussa che è

e cronisti.

ormai convinzione di molti

Due ritratti di Cassin. Archivio storico Fondazione Riccardo Cassin

che

Questa è la situazione negli anni

li Dimai e Emilio Comici che nell’anno

CENNI BIOGRAFICI:

1933 vinsero la parete Nord della Cima Grande di Lavaredo dopo ripetuti ten-

Riccardo Cassin è nato, il 2 gennaio 1909, a San Vito al Tagliamento, provincia di Udine. Leggendaria figura dell’alpinismo italiano che ha portato ai vertici estremi il periodo classico. Formatosi presso la scuola della Grignetta, sopra Lecco, dove abitò sin da giovanissimo, ha saputo trasferire la sua tecnica di arrampicata su tutto l’arco alpino. Componente del prestigioso gruppo Ragni della Grignetta, nel dopoguerra dirige le spedizioni al Gasherbrum IV, al McKinley, allo Jirishanca, al Lhotse; ripetendo inoltre – cinquant’anni dopo – le vie sulla Cima Ovest di Lavaredo e sulla parete Nordest del Pizzo Badile. Riccardo Cassin, nel corso dell’estate del 2009 ci ha lasciato; è stato uno dei più grandi alpinisti del secolo scorso, un vero caposcuola dell’alpinismo, una di quelle persone che si definiscono di vecchio stampo. Che amava prendere per mano un ragazzo, spiegandogli con finta severità, con toni burberi soltanto all’apparenza, i segreti dell’alpinismo. Scalate sulle pareti d’Europa, d’America e quelle in Asia sulle più grandi catene di montagne del mondo ci consentono di conservare un ricordo di Riccardo che vale un patrimonio, un’autentica e preziosa lezione di vita. Si è spento il 6 agosto 2009 ai Piani Resinelli sulle pendici della Grignetta, mentre gli imponenti funerali si sono svolti a Lecco sabato 8, nel cimitero del quartiere di Maggianico, dove abitava.

tativi e ricognizioni. Fu questa la prima salita dolomitica nella quale si ricorse sistematicamente all’impiego dei chiodi per la progressione. I primi duecentocinquanta metri di parete erano stati affrontati quasi esclusivamente in artificiale. Pensiamo a cosa doveva essere l’aspetto della fantastica muraglia della parete Nord della Cima Grande negli anni precedenti alla sua conquista; essa era, coi suoi (per quei tempi) assurdi

l’alpinismo

che precedettero il 1930, e nel corso

italiano sia irrimedia-

di quest’anno uscirono i bellunesi At-

bilmente condannato a

tilio Tissi e Giovanni Andrich, con delle

una condizione di umi-

esaltanti vittorie sulla vicina Civetta. La

liante inferiorità, e pro-

Torre Venezia, la Torre Trieste, queste

prio sulle montagne di

prime vittorie dettero loro la esatta

casa nostra. Le nuove

misura delle proprie capacità. Anche

concezioni

alpinisti-

il triestino Emilio Comici si impose in

che riecheggiano negli

questa prima fase di rinascita che vede

scritti di Pino Prati, di

gli italiani aprire numerose vie di se-

Domenico Rudatis e di

sto grado. A Emilio Comici si deve in

nal del Bec – Al rifugio Coldai alle ore

Antonio Berti, che suo-

particolare un approfondito studio della

20 – Ascensione veramente ardita e

Dato il giusto risalto alla figura di

scalatrice, nel 1933, insieme a Comici,

nano come sprone alla

tecnica, lo sviluppo della progressione

difficilissima – Prima ascensione italia-

Attilio Tissi (abbandonò l’alpinismo di

superò lo spigolo Sudest dell’anticima

gioventù nostrana, ma

in artificiale, la prima idea di un’organica

na e prima senza bivacco”. Tutto qui.

punta dopo un incidente motocicli-

della Piccola di Lavaredo: il celeberrimo

intanto si guarda con

esposizione della didattica dell’arram-

Quelle righe stavano semplicemente a

stico nel 1938; morì cadendo durante

“spigolo giallo”), Emilio Comici giunse

scetticismo agli alpinisti

picata. Intanto Tissi e Andrich affron-

significare che, grazie alla cordata di

una discesa a corda doppia sulla Torre

a Lecco e affinò gli artigli agli arram-

italiani, e uno straniero

tarono una via al vertice delle difficoltà

Attilio Tissi, si era dissolto per sempre

Lavaredo, nel 1959), affermerò, che se

picatori lecchesi che, potenzialmente

si sente autorizzato a

e della lunghezza, dove era considerata

il complesso di inferiorità dell’alpinismo

è vero che Emil Solleder aprì autore-

già forti, appresero da tanto “maestro”

lasciare, in un anfrat-

pazzia cimentarvisi per una corda-

italiano e si era aperta, per opera sua,

volmente l’era del sesto grado vin-

la tecnica, il segreto per affrontare e

to della “Solleder” del

ta italiana: era la “Solleder” del Civet-

dei suoi compagni, degli altri grandi al-

cendo la parete Nordovest del Civetta,

vincere difficoltà assai impegnative.

Civetta, l’ironica scritta:

ta. Chi scorre le pagine del libro delle

pinisti già nominati la strada di nuove,

per gli italiani emerse Emilio Comici, il

Era un periodo esaltante: in pochi anni

“Questo non è pane per

ascensioni del rifugio Vazzoler, prezio-

incredibili vittorie.

capostipite dei sestogradisti indigeni e

fu tracciato un gran numero di vie di

gli italiani”.

so documento dove sono iscritti i più

Ciò che rende più fulgida questa

grande maestro dell’arrampicata artifi-

eccellenza superiore e furono forzati

bei nomi delle ultime decine d’anni di

e le successive imprese di Tissi fu la

ciale.

itinerari sempre più difficili. Era final-

La rinascita dell’alpini-

alpinismo mondiale, troverà una breve

purezza di spirito, peraltro comune

Tra le imprese più formidabili di quegli

smo italiano

annotazione: “31 agosto 1930 – Civet-

all’alpinista di quei tempi, la sola spinta

anni, cito il pilastro Sud della Marmolada,

Proprio in quegli anni

ta – Parete Nordovest – via Solleder-

dell’amore per la montagna, l’assenza

forzato da Micheluzzi, lo spigolo Nord

Nel 1935 sulle Alpi occidentali i tede-

però stava maturando

Lettenbauer – Partenza alle ore 1 e 30’

di finalità polemiche o esibizionistiche

dell’Agner, vinto da Gilberti con Sora-

schi Rudolf Peters e Martin Meier col-

una nuova generazione

dal Vazzoler – Attacco alle ore 4 e 30’

(anche se in quel momento dovette

vito, una nuova via sulla Nordovest del

di alpinisti italiani, che

– Arrivo in vetta alle ore 18 – Discesa

avere un sapore assai indigesto il “pane

Civetta aperta da Comici con Benedetti,

presto

rag-

per la via comune in ore 1 – Smarrito

che non era per gli italiani” per l’autore

una impresa che scosse veramente il

giunto e superato i va-

il sentiero per il buio presso lo Sche-

della famosa scritta!) e soprattutto per

mondo degli alpinisti, quella dei fratel-

avrebbe

strapiombi, il prototipo stesso dell’impossibile. E nessuno osava mettervi le mani. Eppure sotto quella parete erano passati alpinisti come l’agordino Attilio Tissi, il tedesco Hans Steger, il tirolese Peter Aschenbrenner, ed alcuni di essi avevano anche effettuato dei tentativi. Emilio Comici e gli alpinisti lecchesi Fu in questi tempi che in compagnia

la semplicità.

della compianta Mary Varale (grande

mente debellato il dominio tedesco sulle Dolomiti.

Sentieri e Parole

17


Chiodo da roccia utilizzato da Cassin per la prima salita della Via Littorio al Torrione Costanza, il 15 ottobre 1933. Collezioe museale CAI Lecco

Tenda da bivacco impiegata nella spedizione al G IV guidata da Riccardo Cassin, nel 1958. Collezione museale Cai Lecco

sero un ulteriore successo con la prima salita della parete Nord delle Grandes

ripetizione. Gli anni d’oro dei “grignaiuoli”

Martello da roccia Cassin, anni 1930-1970. Collezione museale Cai Lecco

vista solo in fotografia. Con indomi-

Ramponi a 10 punte, anni 1910-1940. Collezione museale Cai Lecco

esperienza, aveva costruito.

Nelle Alpi Centrali l’attraente e po-

ta energia e pari resistenza si ebbe la

Nel 1939, l’anno seguente, sempre nel

sono certo giuste, ma non colgono il fondo della questione, che è di aspetto

Jorasses, ripetuta, appena due giorni

E si giunse a ricordare a caratteri

deroso Pizzo Badile rappresentava

fortuna di vincere al primo colpo e si

gruppo del Bianco, due miei giovani

dopo, dai nostri grandi alpinisti Giusto

d’oro quanto l’alpinismo lecchese, ger-

un’ambita aspirazione per i migliori

riuscì a tracciare un itinerario classi-

compagni, la formidabile coppia lec-

Io credo che il fatto più sintomatico

Gervasutti e Renato Chabod, frenati

minato dalla semina di Comici, seppe

alpinisti del tempo. Noi lecchesi, cioè

co, ancora oggi indicato come una via

chese Ratti e Vitali, tracciano la diret-

sia invece che gli alpinisti di quei tem-

dalla sfortuna nella lotta per la conqui-

conquistare. Si possono ricordare ol-

io con Esposito e Ratti, riuscimmo a

incomparabile per la continuità delle

tissima sulla parete Ovest dell’Aiguille

pi hanno saputo demolire le barriere di

sta della prima.

tre al mio nome, e scusatemi se parlo

sconfiggere questa gigantesca mura-

difficoltà e per la grandiosità dello svi-

de Peutèrey, itinerario che porta per

ordine psicologico, valicando la barriera

Galvanizzata dall’esempio di Comici,

in prima persona, Ratti, Vitali, Esposito,

glia di granito, sfuggendo alla morte,

luppo, oltre che per l’ambiente in cui si

la prima volta su roccia, nel Bianco (ad

della paura, con una grande forza mo-

la scuola italiana ebbe un incompara-

Tizzoni, Dell’Oro, Panzeri, Longoni, Giu-

che non risparmiò invece due coma-

trova.

opera di “grignaiuoli”, da alcuni con-

rale e con la consapevolezza e la con-

bile sviluppo in campo dolomitico e si

dici, ed altri, che nelle Grigne ebbero

schi, Molteni e Valsecchi, da noi trovati

Intanto poco prima, alla fine del

siderati dolomitisti) l’aria delle grandi

vinzione di poter passare dappertutto,

aggiudicò tutti i nuovi, grandi itinerari:

il loro campo di attività e di realizza-

in parete mentre tentavano la nostra

mese di luglio, una cordata austro-te-

realizzazioni dolomitiche. I lecchesi si

anche se le difficoltà potevano sem-

Carlesso vinse la Sud della Torre Trie-

zione, e che da questo primo campo

stessa impresa. Lo sforzo sovrumano

desca, Heckmair, Vorg, Kasparek, Harrer,

distinguono su ogni terreno e campo

brare enormi”.

ste, Alvise Andrich forzò la Nordovest

d’azione mossero verso quelle imprese,

e le condizioni della montagna, flagel-

aveva superato la più pericolosa parete

d’azione, dalla Grigna, alle Dolomiti, alle

della Punta Civetta, Soldà e Vinatzer

le più ardite ormai, che avevano resi-

lata dalla tormenta e dal freddo portato

delle Alpi, la Nordovest dell’Eiger, con-

Alpi centrali e occidentali.

tracciarono due itinerari al limite del

stito all’attacco dei migliori alpinisti di

dall’uragano, ebbero il sopravvento su

cludendo il lunghissimo e tragico ciclo

Ma di me, del mio alpinismo, della

possibile sul versante meridionale della

tutta Europa. Caddero lo spigolo Sud

questi due alpinisti lariani, mentre noi

di tentativi. Per onore di cronaca dirò

mia gioventù parlerò in una prossima

Marmolada, alla Punta Rocca e alla Pe-

della Torre Trieste e la Nord della Cima

lecchesi pure fummo strenuamente

che anch’io avevo nei miei propositi

occasione. Ora voglio solo sottolineare

nia; ancora Carlesso superò la parete

Ovest di Lavaredo. Ventisette tentativi

combattuti, fino allo stremo delle for-

questa sfida, ma quando arrivai ai piedi

che da queste ultime imprese riporta-

Nordovest della Torre di Valgrande in

prima della cordata vittoriosa. Tra gli

ze. Questo quando correva il luglio del

della montagna, in parete c’erano già

te sono passati decine di anni, anche

Civetta. Altre magnifiche vie, appena

alpinisti che avevano provato a supe-

1937.

gli alpinisti sopra citati che si stavano

se ad esse io penso come all’apice di

inferiori a quelle citate, vennero aperte

rare il grande strapiombo della parete

Ancora noi lecchesi, con me ci sono

rendendo protagonisti di questa gran-

tutta una concezione e pratica dell’al-

dagli stessi alpinisti e da Gilberti, Co-

Nord vi erano nomi come Demetz, Co-

Esposito e Tizzoni, nell’agosto del 1938

de impresa. Ma mi consola ancora oggi

pinismo. Solitamente, quando si vuol

mici, Tissi, Videsott, Detassis, Castiglioni,

mici, Dimai, Carlesso. Ma arrivati al tra-

nel cuore del monte Bianco andiamo

che l’occasione sfumata mi orientava

far notare la superiorità degli alpinisti

Vinci.

versone tutti avevano ripiegato. Finché

a compiere un’altra prima, alpinistica-

verso la Punta Walker. Eiger e Walker:

di tanti anni fa, si pone l’accento sulle

il sottoscritto con Ratti vinse con de-

mente più ardua: la conquista dello

due concezioni diverse, forse, ma an-

diversità di equipaggiamento fra allo-

cisione e volontà la parete. Solo dopo

spigolo Nord dello sperone della Punta

che due pilastri fondamentali, due di-

ra e oggi: scarpe con suole di feltro,

pochi giorni Hintermeier e Meindl, due

Walker delle Jorasses. Della parete non

mostrazioni di ciò che l’uomo, con un

staffe con cordino, pochi tipi di chiodi,

alpinisti di Monaco, compirono la prima

conoscevamo niente, perché l’avevamo

solo secolo e mezzo e poco oltre di

corde di canapa. Queste osservazioni

18

Sentieri e Parole

differente.

1) Espressione usata per indicare gli scalatori austro-tedeschi che, negli anni ’20 e nei primi anni ’30, dedicandosi soprattutto all’arrampicata su roccia, con mentalità moderna introdussero il sesto grado nelle Alpi calcaree e nelle Dolomiti. Ne furono esponenti alpinisti come Felix Simon, Roland Rossi, Fritz Wiessner, Emil Solleder, Leo Rittler. Willo Welzenbach portò la mentalità e la capacità della scuola dalla roccia all’arrampicata su ghiaccio. Importanti, in questo campo, il nome di Willy Merkl, autore di scalate di prim’ordine, e quello di Paul Bauer, che uscendo dalle Alpi si indirizzarono al Caucaso e all’Himalaya. Si segnala inoltre F. Rigele, inventore dei chiodi da ghiaccio, che furono usati per la prima volta sul Gross Wiesbachhorn.

Sentieri e Parole

19


AMBIZIONE PALÙ

L’orgoglio di un trittico speciale

non lo lasceranno più, per tutta la vita.

la lingua fuori, morsicata dalle labbra.

ma ugualmente gratificante. A quel

Con lui conosceremo insieme i 6000

È un suo aspetto classico, lo conosco

punto senti i brividi di strizza solo a

del Perù, il Cerro Torre in Patagonia, le

molto bene. Sempre in conserva, in

guardarlo, solo al pensiero che ci devi

montagne africane: accanto alle no-

poche ore siamo in cima: qui, con il

passare sotto. La parte bassa inondata

stre spedizioni non solo come medi-

solito commovente abbraccio, ci tra-

dal sole e la roccia calda ci assicurano

co, ma anche come alpinista. E questo

smettiamo le nostre emozioni senza

però il piacere di arrampicare.

nonostante una sua indimenticabile

dirci una parola. Sarebbe tutto un di

battuta che ci fece scoppiare dal ride-

più, ogni cosa è sottintesa.

S

di Gigi Alippi

ono sicuro che i ricordi che sto per raccontare possono più validamente venire compresi,

specialmente per chi non ha ancora avuto la fortuna di conoscere questi incantevoli luoghi, se mi soffermerò in una premessa che tratteggi le loro caratteristiche geografiche. Arrivare di fronte al Pizzo Palù vuol dire innanzitutto venire assaliti da emozioni che scendono ogni volta nel fondo dell’animo, in una forma che credo possa difficilmente accadere altrove. Questo, forse, perché la sua sagoma inconfon-

20

Sentieri e Parole

prudente piantare un chiodo nell’ulti-

re dopo una delle più faticose giornate

Vi sono montagne che godi duran-

ma fessura di roccia prima di accin-

al Cerro Torre: “Mi so nò se son chi a

te la salita, le domini, sei sicuro di te

germi ad aggirare il seracco sulla si-

fa’ el dutur o l’asnin!”.

stesso: è il classico valore di chi va

nistra. Proseguo, a metà tiro mettere

per monti. Ve ne sono altre che ti fan-

un chiodo da ghiaccio non guasta. Ci

no soffrire, con la preoccupazione del

muoviamo pian piano fino alla base

Tra gli speroni del Palù, il più facile è

tempo che può cambiare, le difficoltà

di uno scivolo molto ripido che porta

quello orientale di 3882 m, raggiun-

tecniche, la discesa che non conosci,

sopra il seracco. Mi trovo in splendida

gibile per la via Kuffner, aperta il 22

il freddo, la nebbia, la responsabilità:

forma e, appena posso, salgo in libera,

agosto 1899 da Moritz von Kuffner,

e allora pensi solo di trovare il ban-

sfruttando solo la punta dei ramponi …

Martin Schocher e Alexander Burge-

dolo del ritorno a casa. Mi è capitato

è una goduria.

ner: pensai subito che per Sandro po-

parecchie volte, nel calduccio del mio

Ci troviamo finalmente sopra il se-

teva bastare questo. Anche se l’arrivo

letto, di riguardare il film della salita, le

racco, ed anche il sole, che continua

ai meravigliosi piedi del Palù poteva

preoccupazioni ora sono soltanto lì

a tenerci compagnia, contribuisce ad

rappresentare una superlativa conti-

nei tuoi pensieri e questo, dolcemente,

eliminare la tensione. La parte alta, che

nuazione del viaggio di nozze, la Ca-

ti fa addormentare felice.

sale fino alla cima, praticamente non

Tre speroni

Pizzi Palù e Bellavista dalla Diavolezza. Foto Chiara Spinelli

Il ghiaccio è verde, per cui trovo più

panna Diavolezza non fu certamente

Ritornerò al Palù ancora con San-

presenta particolari difficoltà. Quan-

all’altezza di offrire una notte idilliaca

dro, per salirlo nel 1982 lungo il pi-

do la raggiungiamo - vicino a quota

a Enrica, la sposina in luna di miele. I

lastro Centrale, il più difficile dei tre,

4000 domina le altre due punte - ci

dibile viene a stagliarsi contro lo sfon-

Ad interpellarmi era stato il dottor

rifugi svizzeri infatti, proprio per loro

che porta alla vetta principale a quo-

sentiamo come soggiogati dallo spet-

do azzurro del cielo come un’improv-

Sandro Liati con un annuncio che,

scelta, sono attrezzati con un letto

ta 3905 m. La via che arriva in vetta

tacolo che ci si presenta. Uno tra i più

visa sorpresa, sbucando dalle terrazze

tra l’altro, mi lasciò di stucco: “Sono

comune, dove ogni singolo posto è

a questo sperone, conosciuta come

belli delle Alpi. Con un piede ci tro-

panoramiche della Capanna Diavolez-

Sandro: sto per sposarmi con Enrica!

delimitato semplicemente dal cuscino

cresta Bumiller, venne tracciata il pri-

viamo in Svizzera, con l’altro in Italia.

za a quota 2973 m, dove la funivia del

Abbiamo pensato di fare il viaggio di

personale. E, in aggiunta, il russare è

mo settembre del 1877 con la salita di

Anche Sandro è euforico, lo sento nel

Bernina ci ha traslocato con un ardito

nozze al Sud, ma lo vorrei completare

compreso nel prezzo. Comunque è

Hans Bumiller, Martin Schocher, Johann

vibrare del suo abbraccio. La Bumiller

balzo di quasi mille metri.

al ritorno con una gita in montagna.

notte fonda quando con Sandro la-

Grass e Christian Schnitzler. A metà

è veramente una di quelle salite che si

Siamo in territorio elvetico e da

Pensa tu a qualcosa di possibile, viste

sciamo il calduccio del rifugio alla vol-

dello spigolo vi è un seracco enorme

godono pienamente al momento che

questo versante il Palù è caratterizza-

le circostanze”. Sapevo bene che cosa

ta dello spigolo Kuffner che troviamo

che incombe sinistramente sulla testa

si affrontano, ma rimangono poi anche

to dai tre poderosi pilastri che preci-

il dottor Liati voleva intendere come

imbiancato, coperto da una leggera

di chi sta salendo. Non potevo imma-

nei ricordi per sempre. È con queste

pitano nella Vedretta di Pers: si tratta

semplice gita, lui cui la montagna gli

nevicata.

ginarmelo così quando la sera prima,

intense emozioni nel cuore che deci-

di tre speroni di roccia e ghiaccio che

era nata dentro e che adesso, appena

Mi trovo in splendida forma, giunta

al rifugio, guardavamo spensierati alla

diamo di metterci sulla via del ritorno

stanno nel sogno ambizioso di ogni

riesce a sottrarsi al suo lavoro, pensa

ormai all’apice della sua maturazione.

televisione la partita di calcio Italia-

alla Diavolezza: la discesa è ancora

alpinista. Inutile, credo, precisare che

solo a puntare verso l’alto. Da giovane

Stendo i 40 metri di corda e saliamo

Polonia, nell’indimenticabile campio-

lunga.

questo sogno rientrava anche nei miei

aveva iniziato con lunghissime pas-

in conserva, costretto solo a fermarmi

nato del mondo di quell’anno, che

progetti, tanto fortemente che quando

seggiate in Val Malenco, ma poi, non

di tanto in tanto per aspettare San-

lasciò noi tifosi in uno stato di eufo-

un giorno mi giunse la telefonata di un

appena scoperte le cime che si alza-

dro e consentirgli di tirare il fiato. So

rica contentezza. Giungiamo alla base

amico che mi pregava di organizzar-

vano oltre la vallata, non poté più re-

che lui è un duro, non si lamenta mai:

del seracco dopo aver superato uno

gli un’arrampicata speciale, non potei

sistere al loro richiamo. Le prime forti

quando non ne può più, lo vedi con

spigolo di roccia, non molto difficile

immaginarmi altro che pensare al Palù.

emozioni delle esperienze alpinistiche

Sentieri e Parole

21


Indico a Lantero di volgere lo sguar-

solo le arrampicate da condividere,

un dedalo di crepacci. Salti un crepac-

do verso Ovest per ammirare il Pizzo

ma anche eccitanti battute di caccia

cio, ne salti un altro: ti sposti tutto a

Bernina (4049 m), la più alta vetta del-

formavano una passione comune. Così

sinistra, ritorni al centro: salti, salti, non

le Alpi Retiche, il Pizzo Bianco (3995

quella volta gli feci osservare: “Vedi le

si passa. Allora tutto a destra, ritorni

m), con la “Biancograt”, elegantissima

due ‘autostrade’ che prendono i mi-

al centro. La musica continua fino alla

cresta nevosa, intanto il rifugio Marco

gratori? Una è quella che scende dal

fine del ghiacciaio.

e Rosa (3609 m), che si scorge nelle

Maloja verso la Val Chiavenna, l’altra

Sì, certo, la via l’abbiamo dovuta

vicinanze della Fòrcola di Cresta Guz-

è quella che dallo Stelvio corre lungo

scegliere man mano, ma finalmen-

za, mi suggerisce un’idea improvvisa:

tutta la Valtellina. A Colico si incontra-

te siamo giunti sulla morena: e con

“Dobbiamo provare a scendere lungo il

no, e lì avviene che il ‘passo’ cresce in

questa travagliata discesa non si con-

ghiacciaio del Morteratsch? Non sono

modo impressionante”.

cludeva soltanto il mio assalto allo

mai sceso da quella parte, dai che co-

Ricordi di ogni genere, ma intanto

sperone occidentale. Avevo realizzato

scendendo lungo il Morteratsch, at-

uno degli obiettivi che più mi stavano

traverso la Fortezza, il crestone che

a cuore e che anche adesso, a distan-

prolungandosi si estende dallo spero-

za di tanti anni, mi fanno sentire stra-

Ora che ci si muove più rilassati,

ne Nord della cima più orientale delle

ordinariamente orgoglioso di questo

posso dar corso ai tanti ricordi di per-

Cime di Bellavista, siamo arrivati ad

risultato alpinistico.

sone care e di montagne. Ero con Ca-

incrociare il ghiacciaio che scende dal

E a quale alpinista non farebbe gola

simiro Ferrari, in questi paraggi: anche

Bernina a separare il bacino della Ve-

poter includere nel suo carnet una

allora una bellissima giornata, mentre

dretta di Pers da quello della Vedretta

cosa tanto speciale come il “trittico”

spuntava l’alba. Con lui non c’erano

di Morteratsch: è piatto. Ci infiliamo in

del Palù?

nosciamo una discesa nuova”. In compagnia dei ricordi

Piz Palù visto dalla Fuorcla Pischa sul traverso della Val da Fain a Muottas Muragl; in secondo piano la Ch. Diavolezza. Foto Riccardo Perisi Lo Sperone Kuffner al Palù Orientale. Foto di Matteo Abate

come tutti o quasi lo chiamano, per-

servo con la coda dell’occhio, mentre

Sapevo che il mio conto con il Pizzo

ché alle volte risponde anche quando

mi faccio sentire bruscamente: “Non

Palù non si sarebbe comunque chiuso

viene chiamato Alberto. Con lui mi ri-

guardare giù, hai capito? Crapone!”.

finché non avessi completato il tritti-

trovo all’alba ai piedi di uno spigolone

Intanto continuo con le dovute sicu-

co di cui si componeva il suo insieme.

affilato di ghiaccio, e diamo inizio al

rezze: i ramponi mordono alla per-

Quello che mi mancava per rendere

solito rito: ramponi, imbrago, un po’

fezione, quindi niente gradini. Sento

del tutto soddisfacente il mio rappor-

di ferraglia, qualche moschettone. Si

dentro di me tanta certezza e padro-

to con lui era la cima del suo spero-

parte avvantaggiati da una giornata

nanza, che mi portano all’esaltazione:

ne occidentale di 3823 m, quello che

splendida, la neve è buona, il ghiaccio

che belle emozioni! Siamo ormai fuori

era stato conquistato il 31 luglio 1899

e il misto mi esaltano. Facciamo 40

dallo spigolone. Un ultimo tratto ed

con la vittoriosa scalata di J.T. Burton

metri fino ad una piazzuola: chiodo e

ecco che la cima ci accoglie, in pie-

Alexander, Christian Zippert e Florian

via di nuovo. Siamo alti, sotto di noi il

no sole. Vedo scendere dagli occhi di

Grass, e il cui percorso porta il nome

vuoto si fa impressionante.

Lantero qualche lacrimuccia, mentre

La via Zippert

di via Zippert. A tenermi compagnia

Lantero comincia a fare i capricci:

in questo ultimo assalto non si trova

è un uomo dal fisico molto forte, ma

il solito dottor Liati, ma un amico al-

psicologicamente è un… disastro. Lo

Considero che se la via Zippert mi è

trettanto carissimo di nome Lantero,

conosco molto bene per aver salito

parsa più facile della Kuffner è dovuto

con lui delle belle montagne, dal Mon-

al fatto di essermi trovato in uno stato

te Bianco al Rosa alle Dolomiti. So che

straordinario di forma, ma forse anche

ha bisogno della solita strigliata ener-

perché neve e ghiaccio erano in con-

getica che lo tolga dall’incubo. Lo os-

dizioni ideali.

22

Sentieri e Parole

le mie rimangono nascoste dentro il cuore.


IL COLORE DELLE ORCHIDEE

Sono 40 le specie che fioriscono nel nostro territorio

giunge il metro di altezza e fiorisce da

calcareo, dal piano fin quasi a 1.800

su un fusto sottile, spesso leggermente

maggio a luglio con uno o due fiori

metri, e fiorisce da giugno ad agosto

incurvato.

molto belli e di grandi dimensioni.

con una spiga con radi fiori di forma

Decisamente molto rara sulle mon-

abbastanza poco comune tra le orchi-

tagne lecchesi è la sambucina, o giglio

dee.

sambucino, Dactyloriza latifolia, BAUM

Sul nostro territorio una delle più vistose e tra le prime a fiorire, da aprile

L

di Annibale Rota

a famiglia delle orchidee, Orchidaceae, comprende più di 20mila specie ed è così una delle più

numerose al mondo. Le orchidee sono presenti in tutti i continenti e vivono nei più disparati ambienti: pascoli, paludi e boschi, dal piano a quote elevate, ed

lia e più di quaranta anche nel territo-

La regina, per dimensioni e bellezza,

rio lecchese, dove fioriscono dal piano

delle orchidee montane è sicuramente

fin sulle cime più alte. Appartengono a

la pianella della Madonna, o scarpetta

una ventina di generi diversi (che non

di Venere, Cypripedium calceolus, L.,

sto ad elencare) ed abbelliscono con i

purtroppo estinta nel nostro territorio,

loro fiori prati e boschi dall’inizio della

dove pare fosse ancora presente agli

primavera a tutta l’estate, generalmente

inizi del novecento, e ormai molto rara

a quote medio-basse, ma non man-

ovunque. Talmente rara che in Svizzera

cano specie che salgono molto in alto,

è stato fondato un club riservato a co-

Cypripedium calceolus

Platanthera bifolia

esistono anche specie parassite di altri vegetali Considerate fiori tipici di paesi esotici caldi, le orchidee oggi sono abbastanza comuni anche in Italia grazie alla coltivazione in serra. Forse però non tutti sanno che un centinaio di specie di orchidee sono presenti spontanee in Ita-

24

Sentieri e Parole

loro che hanno fotografato almeno una

e i 2.500 metri. Poche superano i 50

volta questa splendida orchidea.

centimetri di altezza ed i fiori, di molte

E’ possibile incontrarla ancora nei

forme e dei più svariati colori, delicati

boschi di Bormio e in poche zone del-

e quasi tutti molto belli, sono in genere

le Dolomiti e delle Prealpi Venete. Ho

piccoli e raggruppati in spighe, pannoc-

avuto la fortuna di vederne e di fo-

chie o grappoli anch’essi di varie forme

tografarne alcune piante perfettamente

e più o meno folti.

fiorite, tra cui quella qui riprodotta, nei

Nel nostro territorio sono tutte spe-

pressi del lago di Tovel nelle Dolomiti

cie protette ed inoltre sarebbe assurdo

di Brenta ed è stato un incontro vera-

coglierle perché, a differenza di quelle

mente emozionante.

rapidamente..

Ho citato all’inizio la nigritella, Ni-

e KUNK. Personalmente ne ho vista

è l’orchidea rossa, o orchidea maschia,

gritella nigra, REICHENBACH, chiamata

solo un piccola colonia, meno di dieci

Orchis mascula, L.

anche vaniglina perché i suoi fiori di

piantine con fiori gialli, sui prati sotto-

Vive nei luoghi erbosi magri e nei

colore rosso-nerastro, raccolti in una

stanti le pareti del Sasso dei Carbonari.

boschi, sia sui terreni calcarei che su

densa spiga globosa, emanano un in-

Alta fino a 30 cm, fiorisce da mag-

quelli silicei, ed è frequente su tutte le

tenso profumo di vaniglia. Per questo

gio a luglio, a secondo della quota, con

montagne lecchesi per cui è abbastan-

motivo viene sconsideratamente rac-

una spiga ricca di fiori di colore giallo

za facile da incontrare e, dopo averla

colta ed è di conseguenza abbastanza

o carminio, con possibili tonalità inter-

ammirata, da fotografare.

rara.

medie. Vive nei prati dai 300 ai 1800

Dacthyloriza sambucina

come la Nigritella presente fra i 1.600

coltivate, una volta recise appassiscono

a giugno, dal piano fino a 2.200 metri,

Vive su terreno calcareo nei boschi a quote fra i 700 e i 2.000 metri, rag-

Nigritella nigra

Precoce è anche l’orchidea primave-

Vive nei pascoli montani tra i 1.600

metri, preferibilmente su terreni sili-

rile, Platanthera bifolia, REICHENBACH.

e i 2.500 metri e fiorisce da luglio ad

cei, dove, a differenza che sulle nostre

Pianta alta fino a 60 cm con delicati e

agosto. E’ ancora abbastanza facile da

montagne calcaree, ho avuto modo di

profumati fiori bianco-verdognoli, vive

vedere sulla cresta sommitale del Gri-

vederne e fotografarne molte sia gialle

nei boschi e nei prati dal piano fino

gnone, nei pressi della Bocchetta di Re-

che rosse.

a 2.000 metri di altezza. Fiorisce da

leccio, e ad Artavaggio nei prati ai piedi

maggio a luglio ed è presente su tut-

del Monte Sodadura.

te le montagne lecchesi, ma è decisa-

Comune nei boschi di latifoglie è l’el-

mente meno comune della precedente.

leborina bianca, Cephalanthera longifo-

Ancora più rara, almeno per la mia

Mi fermo qui, sperando di essere riuscito a dare un’idea della bellezza e della varietà di forme e di colori delle orchidee delle nostre montagne.

lia, L.

esperienza, è l’elleborina rosso-viola-

Alta fino a 60 cm, fiorisce da maggio

cea, Epipactis atrorubens, SCHULTES.

a luglio dai 400 ai 1800 metri. I suoi

Vive ai margini dei boschi, su terreno

fiori sono bianchi, spaziati e profumati

Sentieri e Parole

25


LE ETÀ DELL’ALPINISMO

COMPLEANNO D’ARTISTA

Riflessioni sul passato e sulle prospettive per il futuro di Renato Frigerio L’alpinismo ha una sua storia, meglio ha anche una storia, ma ha soprattutto diverse età, che non si evidenziano appieno nelle pagine della sua storia. Le età dell’alpinismo sono quelle che compaiono

significativamente

dai

semplici racconti prima, dai consistenti libri poi, di coloro che sono stati protagonisti sulla montagna. È proprio dalla rassegna di questi protagonisti che possiamo cogliere caratteristiche e stili comuni alle varie epoche e a queste dobbiamo risalire se, anche

mondo tradizionale dell’alpinismo è

caricano di senso di sfida al pericolo

tremendamente lontano dai colos-

Il 5 novembre 2014 Palazzo delle

e alla sofferenza, con azioni e situa-

si dell’Himalaya e delle Ande, appare

Paure di Lecco ha ospitato un inso-

zioni che richiamano più l’eroismo che

senza ombra di dubbio la difficoltà di

lito evento: il compleanno del pitto-

il fatto sportivo, più l’ardimento che la

risolvere la continuità dell’alpinismo

re Giansisto Gasparini che per i suoi

giusta soddisfazione per la conquista.

con il semplice uscire dal proprio am-

novant’anni ha regalato alla città una

Sull’onda dell’entusiasmo di un alpini-

bito territoriale. Per lo meno sembra

performance in diretta disegnan-

smo da prima pagina, da tutti osanna-

necessario scartare l’idea di ridurre

do montagne alla presenza attenta

to, si sono trovati, soprattutto a partire

l’alpinismo moderno a continue ripe-

e affascinata di tutti gli amici che

dal secondo dopoguerra, i mezzi in-

tizioni di impegnative, onerose e lun-

hanno voluto stringersi attorno a lui.

genti necessari per proseguire verso

ghe spedizioni per ricalcare i ghiacci

Si è ripetuta qui in forma più uf-

il nuovo, che si era individuato nel-

che coprono gli 8000. Oltre le nostre

ficiale l’emozionante esperienza di

le montagne che formano il tetto del

bellissime Alpi, si potrebbero eventual-

qualche settimana prima nella libreria

mondo.

mente cercare nuovi spunti tecnici a

Einaudi, dove Bruno Biagi, nell’ambito

livello individuale anche

della rassegna Montagne magiche-

nelle molteplici cime di

montagne incantate, aveva pensato

sei/settemila

metri

di

e organizzato un incontro con l’arti-

altezza

costellano

sta invitandolo a interpretare col suo

i massicci extraeuropei,

segno Come nasce una montagna.

per affrontare le quali,

Mio il compito di presentare l’artista

con i moderni materiali

interloquendo con lui sul suo “corpo

superleggeri e con i vi-

a corpo” con le montagne in questi

veri concentrati, i costi

suoi anni lecchesi in cui la monta-

delle spedizioni possono

gna è divenuta il soggetto esclusivo

essere abbordabili ai più.

delle sue opere. In quell’occasione

vuole conservare l’essenza dell’ alpinismo. di

scalate,

come quelle che riscontriamo sulle vie aperte da arrampicatori

quali

Vi-

natzer, Preuss, Rebitsch con arrampicate libere piene di inventiva e fantasia, sono ben differenti da quelle di

sin ed Heckmair, nei quali

era nata una sorta di “improvvisa-

Messner, Kukuczka, Lo-

zione jazzistica” sul tema in cui, alle

retan, Chamoux, Inurra-

due voci, si sono aggiunti altri inter-

tegi, Urubko, Steck, Moro,

venti, mentre le montagne tracciate

Panzeri, che si ergono a

dal segno rapido e deciso del pittore

Senza dubbio il fascino misterioso

dominatori della montagna, con i loro

prendevano corpo sul foglio bianco.

dei giganti che svettano oltre quota

exploit sugli oltre 8000 raggiunti ma-

8000 ha contribuito a ritardare la crisi

gari senza ossigeno, pure con prime

dell’alpinismo, una crisi che può inve-

invernali, o a tempo di record o chissà

Le emozioni si sentivano nell’aria e

ce essere superata soltanto ricorrendo

come: ma l’alpinismo, per sopravvivere

ci suggerirono di proporre a un pub-

ai suoi intrinseci valori culturali, di cui

così come è nato, deve offrire spazi e

blico più vasto questa esperienza in-

non è assolutamente carente.

certezze anche a chi vi si dedica con

tima. Con l’assessore Michele Tavola

Del resto, indipendentemente dal

il poco tempo e i mezzi che ha, pur

pensammo di festeggiare in questo

fatto che di vette oltre 8000 su que-

possedendo lo stesso potenziale dei

modo l’imminente compleanno del

sta nostra terra ce ne sono quat-

celebri campioni.

Maestro in un incontro pubblico e,

Everest, 8848 m, a sinistra, Nuptse,7879 m, in primo piano e Lhotse, 8501m, a destra in secondo piano, visti dal Gokyo Ri, 5450 m. Foto di Tino Albani

emerge un alpinismo di conquista, con vie dure, che richiedono forza e carattere per essere superate. Con Buhl, Bonatti, Desmaison, Bonington ed altri, per giungere fino a Messner, la descrizione dell’alpinismo assume sempre più toni drammatici,

26

Sentieri e Parole

che

Ci saranno sempre i

chi li ha seguiti nel tempo, come per esempio Cas-

di Tiziana Rota

quasi leggendari, con imprese che si

nella creatività del nuovo, si

Descrizioni

Giansisto Gasparini e le montagne di Lecco come

sottolineato

poi il sindaco in apertura della serata, “Abbiamo chiesto a Giansisto di condividere questo momento con una rilevanza pubblica, proprio per sottolinearne la grandezza artistica [..] la cultura è un bel lievito dentro la vita di una comunità, un importante momento di crescita collettiva”. Alle ore 21 del 5 novembre ha così luogo la festa voluta e organizzata dal Comune, dai Musei e dagli Amici dei Musei di Lecco con l’intervento delle autorità, sindaco Virginio Brivio, assessore Michele Tavola, monsignor Franco Cecchin, e di tanti amici che poi insieme hanno brindato alla salute del maestro quando ha spento le 90 candeline sulla torta. Realismo esistenziale Il ruolo centrale di Gasparini nel contesto dell’arte

Emozioni

ha

nella

secon-

da metà del ‘900 e del movimento

del

reali-

smo esistenziale è stato messo in luce da Michele Tavola. “Questi artisti, emarginati dalla vita culturale artistica, sono

tordici soltanto, considerando che il La voce sul Sinai, 2013, olio su tela, cm 89x2500


esistiti proprio perché pochi anni

la vedi, ogni volta diversa, continua

ne” di quelle montagne che solo

prima di loro c’è stato qualcuno che

ad essere lì al centro

esse-

ora ha veramente visto nella loro

ha indicato la strada: Franco Fran-

re guardata ad esistere con la sua

forza generatrice, garanzia di per-

cese e Giansisto Gasparini, che per

identità, oltre il profilo che mostra

manenza se non d’immortalità; ora

primi hanno saputo portare in Italia il

allo sguardo. Seducente e dramma-

vuol cogliere il continuo farsi della

verbo europeo e mondiale di Bacon.

tica, trasparente e compatta, storia

materia; ora le montagne vuol co-

Gasparini in particolare, ha introdot-

e memoria: continua ad esistere e

struirle sulla carta più che dipingerle.

to un pubblico più ampio alla figura

a divenire da millenni, prima e dopo

Come nel passato i protagonisti delle

di Bacon, rappresentando macellerie,

tutti noi. Il San Martino, il Resego-

sue incisioni e dei suoi dipinti sono

carne lacerata, e altri soggetti che

ne, il Due Mani, che pur riconoscia-

stati gli uomini e le donne che insie-

infastidiscono l’occhio dell’osser-

mo nelle sue incisioni, non vogliono

me o nella loro solitudine esisten-

vatore. Negli anni Cinquanta la sua

ricordare questo o quel paesaggio

ziale hanno lavorato per la storia o

pittura era dunque vicina al realismo

ma sono il corpo su cui l’artista pro-

della storia hanno subito le ingiusti-

esistenziale. Nelle incisioni svolgeva

va continuamente e rabbiosamente

zie, così le nostre montagne, quel-

invece temi di impegno politico e

il suo segno per rendere

la forza

le che guarda ora dalla sua casa in

sociale, con modalità che rivelavano

interna che trasforma e fa vivere.

centro Lecco, sono divenute il sog-

l’influsso dell’espressionismo tede-

Basta un pezzo di montagna, cam-

getto privilegiato della sua produ-

sco.”

pionario di tutti gli aspetti visivi che

zione in questi ultimi anni.

per

La mia presentazione con una

la montagna può avere, e Gasparini,

I primi disegni e acquerelli sul-

carrellata d’immagini delle opere di

come Cezanne, ha il suo S. Victoire

le montagne intorno a Lecco sono

Gasparini a Voghera, Milano e poi a

su cui esercitare una dedizione osti-

esposti nel 2009 a Lecco nella mo-

Lecco ha introdotto il momento clou

nata”(1).

stra Guardare in Alto, proposta alla Torre Viscontea per il CAI di Lecco:

della festa quando abbiamo visto nascere dal nulla quelle montagne

Scoprire la montagna

sono ritratti dei monti di casa no-

che hanno stregato il pittore, sempre

Dal 2005 Gasparini si è trasferi-

stra con il loro carattere, personalità,

diverse e cangianti, immote e mute-

to a Lecco, città natale della mo-

colti in quella visione emozionale ed

voli nel loro lento divenire.

glie Elisabetta Ruggiero, e qui è

emozionante che è stata il motivo

cominciata la sua “contemplazio-

conduttore di tutta la sua opera.

“La montagna è. Al di là di come

LA PIANURA ALLE ORIGINI

B

isogna tornare alla pianura, a

clo delle Muse.

dall’alto, 1976, Il grande zoo, 1977-78,

Voghera, per ripercorrere la sua

Si tratta di dieci grandi tele che rac-

Processo, 1978) la natura è pervasa da

parabola artistica attraverso le

contano un’esperienza straordinaria

conturbanti presenze, scossa da mi-

grandi opere realizzate tra 1950 e la

nell’ambito della cultura artistica mila-

nacce fantascientifiche in uno spazio

fine degli anni Ottanta a Milano e do-

nese che muove dal realismo e supera

frammentato. Nelle grandi tele mul-

nate nel 2009 al Comune di Voghera

la querelle tra naturalismo e astratti-

tiple degli anni Ottanta (Buon giorno

per essere esposte definitivamente nel

smo attraverso una lettura emozionale

sig. Mahler, diciotto tele di 96 × 66

progettato Museo nel Castello, quello

e soggettiva della realtà. Il Mercato (di

cm, 1986, L’ultimo Icaro, dodici tele di

in cui il Bramantino ha affrescato il Ci-

piazza Duomo) del 1950, è racconto

100 × 80 cm, 1987, Guerra e pace,

“di storia locale” dalla vivace cromia

dodici tele, 1989-90) il tema naturali-

e dal gusto popolaresco; il ritratto di

stico si carica di molteplici riferimen-

Elisabetta del 1954 o Maternità del

ti, con riscoperte tra la metafisica e il

1955 sono più carichi di simbolismo.

surrealismo (2). Ancora nelle nuove

Nelle tele degli anni Settanta (Attacco

chiese di Voghera Gesù Divin Lavora-

28

Sentieri e Parole

In senso oraio: Il maestro Gasparini disegna una montagna; grande tela e vetrate nella Chiesa di Gesù Divin Lavoratore, (Pombio), 1990, Voghera; Montagna 6, Bulino, puntasecca, berceau, 2011

tore, (Pombio) e Santa Maria Nascente

natura. Quando realizza Come lumi-

cora un Eden, Vegetazione e figure in

i temi esistenziali sono ripresi accanto

nosi ventagli, 1976-77, trenta tele di

un giardino ideale, “…la felicità diventa

a quelli religiosi nei cicli di vetrate, nei

60x107 cm sulla natura nelle quattro

qui affermazione di un mondo in cui

mosaici e nelle grandi tele degli anni

stagioni in un continuo di 21 metri in

reimparare ogni volta il vivere [...] non

Novanta.

cui il paesaggio dei Piani Resinelli è

un Eden perduto, o solamente ritrova-

Gasparini studia e insegna a Brera,

interpretato nel suo rigoglioso vivere

to, non una fuga lirica nel sogno, ma

ma ha lo studio nella zona dei navigli,

di superficie, lancia un forte appello a

un eden necessario e possibile come

fra case rustiche, campi, fossati e al-

rispettare e preservare l’ambiente na-

istanza di vita” (3).

beri, e trascorre le sue estati in Brian-

turale nell’anno dell’immane tragedia

za e ai Piani Resinelli. E’ un milanese

di Seveso, nella pianura poco più in là.

cittadino ma non perde mai di vista

Sono dell’estate 1991 i pastelli rea-

la natura, il lavoro dei campi, i giardini

lizzati a Sirtori in Brianza che raccon-

rigogliosi e quando si parla di ritorno

tano della passione e dell’amore in un

all’oggettività lo fa con una partecipa-

lussureggiante giardino ideale, espo-

zione totale addirittura trasformandosi

sti per la prima volta nel 2010 a Villa

in quel che è pianura, in quel che è

Monastero, Varenna nella mostra An-

Ma solo da Lecco la montagna gli si rivelerà.

Sentieri e Parole


Come nasce una montagna, 27 settembre 2014 nella Libreria Einaudi di Lecco

Montagna, disegno, 5 novembre 2014

Festa di compleanno a Palazzo delle Paure, 5 novembre 2014

L’incontro nel laboratorio di Bruno

ria e forma, profilo e sostanza […] le

ria Comunale d’Arte a Palazzo delle

di manifestare il sacro nella mostra

de dipinto del 1990 L’albero della

ticolare con le donazioni al Sistema

Biffi, maestro rigoroso di tecniche

solite montagne di casa nostra, pa-

Paure nelle cui sale sono state espo-

Riflessi della fede nell’arte contem-

vita e la grande montagna del 2013

Museale Urbano. Il Comune di Lecco

incisorie, gli offre l’opportunità di ri-

lestra dell’alpinismo storico su cui si

ste nell’estate del 2012. Tre incisioni

poranea che chiama dieci artisti a

raccontano il senso del sacro di

riconosce il grande valore dell’ope-

prendere l’amata incisione anche sul

sono formati quei lecchesi che han-

sono stabilmente esposte nella sala

Palazzo delle Paure nel 2013 (a cura

quest’artista che passa attraverso le

ra dell’artista e la profonda umanità

tema delle montagne. Con il bulino, la

no portato nel mondo il nome della

dedicata alla Resistenza nel Museo

di G. Daccò, B. Cattaneo, 2013). Il

sofferenze degli uomini e delle don-

dell’uomo”.

punta secca e il berceau graffia sulla

città, qui raccontate da chi, con età,

Storico a Palazzo Belgiojoso. Nel-

grande dipinto sarà donato alla col-

ne, si manifesta nella potenza della

Gli alpinisti esplorano le montagne,

lastra quei segni che costruiscono il

storie, sensibilità diverse, le ha at-

la Galleria d’Arte Contemporanea di

lezione del Liceo Artistico dell’Ac-

natura ed esplode nella verticalità

le conquistano, le mostrano nella

corpo vivo della montagna nel suo

traversate con lo sguardo, percorse,

Lecco a Palazzo delle Paure è espo-

cademia di Brera.

della montagna senza soluzione di

loro bellezza selvaggia e domestica,

farsi e poi sperimenta direttamente

accarezzate, graffiate, scolpite con

sta la tela L’automobile, olio su tela,

“E’ accaduto anche al corpo del-

continuità tra sacro e umano.

ci indicano i percorsi e i pericoli.

la stampa dove l’inchiostro restitu-

un segno nero, fedele e allo stesso

1957-58, cm 130x100 donata con la

la montagna di divenire, da oggetto

isce, con segno vellutato e pastoso,

tempo trasfigurante” (1).

collezione di grafica.

di attenta e quotidiana meditazio-

la complessità dell’organismo montagna.

Montagne da Museo

Anche gli artisti ci restituiscono Benemerenza

“Proprio per continuare l’originaria

ne grafica, il veicolo dell’esplosivo

Il 6 dicembre 2012 Gasparini ri-

funzione sociale di comunicazione

manifestarsi della parola di Dio. Uno

ceve la benemerenza cittadina della

Una straordinaria serie d’incisioni

L’anno successivo le montagne

della mia opera incisa, e per il va-

stendardo di azzardata verticalità

città di Lecco con la seguente moti-

di montagne è presentata alla cit-

di Gasparini, su mia sollecitazione e

lore storico di documento completo,

seziona la materia magmatica del

vazione: “L’intero percorso di Gian-

tà nel 2011 con la mostra La roccia

dell’Associazione Amici dei Musei

campionario di molteplici tecniche

colore spremuto senza risparmio

sisto Gasparini esprime la consape-

incisa, Gasparini, Vitali, Biffi, ospitata

del territorio lecchese, sono donate

sperimentate su soggetti e momenti

e spatolato con urgenza sulla tela,

volezza della funzione etica dell’arte,

nella Sala dell’Unione Commercianti

dall’artista al Comune di Lecco con

diversi della mia vita, offro in dono

e conduce a un picco di rosso, da

che lo ha portato a investire a Lecco

di Lecco, nell’ambito del prima ras-

l’intera produzione grafica: 132 ac-

l’intera raccolta al Comune di Lec-

tramonto africano. Se la montagna è

il suo impegno per la salvaguardia

segna Monti Sorgenti promossa dal

queforti, 55 xilografie, 123 litografie

co e al Sistema Museale, perché sia

ontologica stratificazione di materia

delle nostre montagne e del terri-

CAI di Lecco e curata da T. Rota.

realizzate dagli anni Quaranta ad

conservata e resa pubblica, quin-

e di memoria e, come tale, promes-

torio: bene comune preziosissimo

oggi; 24 cartelle

di disponibile per

consultazione e

sa di immortalità, il “fremito” che la

da rispettare. Per dare continuità

“Una tecnica l’incisione, un tema

di litografie con

la montagna, tre artisti tre modi di

opere sue e di altri autori, edite tra il

diffusione” (G. Gasparini, Lettera di

sconvolge e la sacralizza è la voce

alla funzione sociale e comunicativa

segnare sulla lastra di rame mate-

1972 e il 1991 da Miles Fiori – lito-

donazione, 2012).

imperiosa che continua a gridare nel

della sua opera, Gasparini ha voluto

deserto” (4).

che quel campionario di molteplici

grafo in Voghera.

30

Sentieri e Parole

Ancora una montagna, l’ultima di-

Le opere sono conservate nel-

pinta nelle dimensioni di uno sten-

Tre disegni del 1943 Processione

tecniche sperimentate nella sua vita

la Sezione d’Arte Contemporanea

dardo, La voce sul Sinai, 2013, olio

del Venerdì Santo, Il dolore insieme,

artistica divenisse patrimonio col-

di grafica e fotografia della Galle-

su tela, cm 89x2500 è il suo modo

Piangenti sotto la croce, un gran-

lettivo della città di Lecco, in par-

nuovi sguardi che rivelano un senso arcano e una speranza futura. 1) T. Rota, Montagne su carta. La roccia incisa, 2011 2) V.G. Bono, Visionario fra giardini favolosi, Giornale di Voghera 2012 3) T. Rota, Un Eden Ancora, 2010 4) T. Rota, note critiche in Riflessi della fede nell’arte contemporanea, 2013 Le foto sono di Massimo di Stefano

Sentieri e Parole

31


UNA CARTOLINA

Un rifugio “A. Manzoni” in vetta al Resegone?

S

di Annibale Rota

ul numero unico edito dalla SEL nel maggio del 1949, in occasione del cinquantesimo

anniversario di fondazione della Società, l’avvocato Bruno Furlani aveva tracciato la storia dei rifugi sellini. A proposito del Rifugio Azzoni scrive: “Lassù (sulla cima del Resegone)

poco sotto la grande croce, che allora era tutta di legno, esisteva una piccola casupola, edificata nei primi anni del novecento, che nel 1921 un certo Giuseppe Vitari di Brumano adattò a casetta rifugio, con l’intenzione di esercitarvi l’arte dell’ospitalità. Il piccolo fabbricato sorgeva su un terreno concesso gratuitamente dall’ingegner Enrico Daina da Rotafuori, il quale si

32

Sentieri e Parole

basso, in un riquadro circondato da

avrebbe indetto una sottoscrizione per

stelle alpine, c’era la scritta: CARTOLI-

ampliare un rifugio che … non c’era?

NA PRO INGRANDIMENTO RIFUGIO VETTA RESEGONE.

Ma una sorpresa ancora maggiore deriva dall’altro timbro tipico dei rifu-

Pensai ad una cartolina emessa dalla

gi, un cachet rosso sul quale si legge

era riservato il diritto di riscattarne la

nier Luigi Azzoni, figura carismatica

SEL e, visto che costava pochi soldi

chiaramente: Rifugio A. MANZONI –

proprietà ed aveva imposto l’obbligo di

della SEL per oltre quarant’anni.

(le cartoline datate interessano i col-

Vetta Resegone – m. 1875.

romanziere. La terza: lo scherzo di un alpinista burlone abile disegnatore. La quarta: un tentativo di truffa … alpinistica. Francamente tutte e quattro le ipotesi mi sembrano molto poco atten-

intitolare il rifugio al proprio nome. Ma

Fin qui dai Notiziari della SEL. La

lezionisti solo se riportano fotografie

A questo punto provo ad azzarda-

gli affari non furono quali il buon Vi-

giornalista Ornella Gnecchi, autrice di

e non disegni come questa), la com-

re qualche ipotesi, tutte peraltro poco

tari si proponeva e nello stesso anno

tre documentati volumi sui rifugi del-

perai. A casa poi, esaminando il re-

verosimili.

la proprietà ritornò alla famiglia Dai-

le montagne lecchesi, aggiunge che il

tro, non ci trovai traccia di chi l’avesse

La prima: il sopracitato Vitari avreb-

timbro che ne attesta la provenienza

na e nel 1923, morto l’ingegner Enri-

“piccolo fabbricato” poco sotto la cima

emessa, ma solo chi l’aveva stampata:

be tentato di trasformare in rifugio il

dalla “collezione Savorini”, cioè dalla

co, fu dai suoi eredi ceduta alla S.E.L.,

era stato costruito dal sopracitato Vi-

la tipografia ALFIERI & LACROIX di

suo ricovero e lo avrebbe intitolato

collezione del più esperto e preparato

per poco prezzo, a condizione che la

tari come ricovero di fortuna per cac-

Milano a quei tempi famosa. Ci trovai

al Manzoni per mettere in vendita le

collezionista e conoscitore di vecchie

costruzione continuasse a portare il

ciatori e caprai e che il Vitari fu anche

però due timbri a dir poco sorpren-

cartoline anche a Lecco.

cartoline del territorio lecchese, che

nome di famiglia.”

il primo gestore del rifugio della SEL.

denti.

La seconda: un lecchese, appas-

dibili. La cartolina però è sicuramente autentica e ne fa fede anche il piccolo

non avrebbe mai messo in collezione un falso.

Più volte ristrutturato ed ingrandi-

Bene, qualche tempo fa, su una ban-

Il timbro postale indica che la car-

sionato della montagna e ammiratore

to, il rifugio divenne sempre più fre-

carella di un mercatino dell’antiquaria-

tolina era stata spedita da Canzo il

del Manzoni, avrebbe pensato ad una

Giro allora agli “storici” lecchesi il

quentato fino al triste ottobre del 1944

to, la mia attenzione fu attirata da una

14.8.14.

raccolta di fondi per adattare a rifugio

compito di dare una risposta al sin-

quando venne distrutto durante un

cartolina con il disegno di una monta-

Quindi, sette anni prima dell’aper-

la casupola del Vitari, usando come

golare “dubbio” sollevato da questa

rastrellamento tedesco.

gna con, poco sotto la cima, una co-

tura del primo rifugio Daina, qualcuno

nome di richiamo quello del grande

cartolina.

Ricostruito e riaperto nel 1950, il rifugio, avendo gli eredi Daina rinunciato al loro nome, fu intitolato al ragio-

struzione su cui sventolava una bandiera: un classico dei rifugi montani. Osservandola meglio notai che in


IL GIARDINO DI PIETRA

di Pietro Corti

I

nverno 1974, una Prinz NSU ver-

un tetto squadrato, qua e là le colate

de, di quelle che ti “passavi” per

nere di recenti piogge.

strada urlando “tuaaa”, si ferma su

Il cielo è grigio, ma il morale è alto:

una sterrata sotto una parete verticale

dalla piccola vettura scendono un po’

alta una cinquantina di metri, chiusa in

di ragazzini sui 12 – 13 anni che subito

alto da una corona di strapiombi. Sulla

cominciano a trafficare nel bagaglia-

destra un grande diedro interrotto da

io dove sono stivati alla rinfusa corde,

Delfino Formenti “Delfix” in azione sulla Parete Stoppani. Foto archivio Delfino Formenti.

La scoperta delle falesie lecchesi e la nascita dell’arrampicata sportiva


dicando un ciuffetto d’erba a 15 metri

erano in corso profondi cambiamen-

La zona del Sasso di Introbio intanto

da terra, parte con gli scarponi rigidi

ti. Già alla fine degli anni ’60 Reinhold

diventa il terreno di gioco dei giovani

cercando l’equilibrio su misere protu-

Messner aveva messo in pratica, sca-

“Condor di Lecco” - il gruppo fondato

beranze e vaschette sfuggenti. I ra-

lando il più possibile in libera, il suo

dal Don Agostino - che aprono de-

gazzini di supporto a un certo punto

rifiuto dell’arrampicata in artificiale

cine di vie nuove, all’inizio scalando

smettono di schiamazzare, intuendo

“seriale” e soprattutto del chiodo a

ancora con gli scarponi rigidi. Ore a

che la faccenda si fa seria.

pressione. Sul Pilastro di Mezzo del

Alpi.

caschi, scarponi, chiodi e moschettoni.

Sergio Piazza e altri che non ricordo.

vano nel nulla in mezzo al muro.

stagionare in sosta, mentre il Don cer-

Il Don ormai è in alto, la scalata è

Sass d’la Crusc, aprendo una via nuova

cava di piantare il chiodo risolutivo,

difficile, il ciuffetto è ancora lontano,

con il fratello Günther, supera con gli

in equilibrio sull’ultimo gradino della

e la corda scorre lenta nelle mani del

scarponi un muro di 4 metri valutato

staffa. Grandi emozioni in apertura “da

monello di turno che non può far altro

dai successivi ripetitori VIII grado. Era

primi” sulle placche della Rocca di Ba-

che calcolare la traiettoria per non ri-

il 1968. Nel 1977 Helmut Kiene e Rein-

iedo. Le prime scorribande all’Ange-

manere schiacciato dal reverendo vo-

hard Karl dichiarano che la loro nuova

lone, preventivamente scannerizzato

lante. Ma il Don scala bene. Ha sempre

via al Fleischbank nel Wilder Kaiser, è

con un’enorme cannocchiale da por-

scalato bene, così arriva all’altezza del

di “settimo”. E’ la famosa Pumprisse, la

taerei appoggiato sul tetto della Prinz

ciuffo, vi appoggia un sottile chiodo

fessura che ti spompa.

parcheggiata sulla provinciale della

giallo a lama e con poche martellate

Nel 1978 l’UIAA riconosce il VII

Valsassina.

lo spara nella placca neanche avesse

grado, aprendo finalmente verso l’alto

E poi quel giorno alla Gran Plac-

il trapano. Salvo! Altri movimenti mol-

l’antica scala delle difficoltà che aveva

ca (così avevamo battezzato la liscia

to duri fino ad acchiappare la fessura

inchiodato l’alpinismo europeo ad un

lavagna oltre il Sasso) dove il Don si

della Via degli Amici. Sesto!

irreale VI superiore (in realtà rappre-

Il Don inizia le operazioni che ripe-

appresta ad aprire, come sempre dal

terà infinite volte negli anni successivi:

basso, l’ennesima via nuova. “Lì di si-

Gennaio 1974, era stata finalmente

su per la breve via, per poi far sali-

curo c’è un buco per un chiodo”. In-

Qui c’è della roccia (magari un po’

salita la parete ovest del Cerro Torre

re un ragazzino, poi un altro, poi un

troppo ripida) e il materiale è sparso

in Patagonia al termine di una epopea

altro ancora…. La scalata in artificiale

per terra: c’è tutto quello che ser-

nella migliore tradizione dei Ragni di

non è molto divertente, ma oggi non

ve. Il capo è un signore sui 35 anni

Lecco. In vetta Casimiro Miro Ferrari,

si può sperare di meglio, e dopo un

in braghe alla zuava e maglione rosso,

Mario Conti, Pino Negri e il giovanissi-

po’ si rimette tutto (in disordine) in

capelli abbastanza lunghi, non molto

mo Daniele Chiappa, Ciapìn. L’alpinismo

macchina e si levano le ancore. Pri-

pettinati, e sguardo deciso. I monelli

e la scalata erano attività per uomini

ma di scendere a Lecco però il Don ci

lo chiamano “Don”, il che ne fa intuire

veri, che a Lecco si allenavano sulle

porta qualche centinaio di metri più

la rispettabile identità: si tratta infatti

guglie della Grignetta, la grande parete

avanti a guardare una ripida placco-

di un sacerdote, educatore al Colle-

della Corna di Medale, in bilico sopra i

nata liscia segnata da rare fessurine

gio Arcivescovile Alessandro Volta di

rioni periferici della città, oppure sul-

intasate d’erba. Un posto un po’ così

Lecco, molto rispettato essendo un

le brevi vie in artificiale del Corno del

così, che però ritrovo sempre in cima

abile calciatore dal tiro potente e pre-

Nibbio ai Piani dei Resinelli. Altre “pa-

nella scatola dei miei ricordi.

ciso. La parete è quella del Sasso di

lestre di roccia” intorno a Lecco era-

Passano gli anni, la squadra si è

Introbio presso il ponte della Chiusa in

no il Sasso d’Erba, alcune paretine alla

rinforzata di ragazzi con una voglia

Valsassina, poco prima di Introbio, e i

periferia di Civate e Valmadrera, dove

matta di scalare, tra cui un vivacissimo

ragazzi sono alunni delle classi medie

qualcuno (tra cui il grande Carlo Ru-

Antonio Peccati, Briciola, che dimostra

della stessa scuola. Ci sono io, c’è il

sconi) aveva piantato qualche chiodo.

subito una classe fuori del comune.

Per il resto, nisba, a parte questa bella

Antonio, in cordata con molti dei più

parete di calcare grigio compattissimo

forti scalatori lecchesi tra cui Marco

dove già c’erano un paio di linee di

Ballerini, Bàllera, ripete alcune delle

chiodi a pressione che si interrompe-

principali salite su roccia di allora nelle

La voglia di muoversi è grande: oggi si scala! Anche se in Grigna o al Nibbio non si può andare.

36

Alpinismo e arrampicata

Il Sasso di Introbio

sentato da lunghissime scale di ferri Questione di fessure Intanto nel mondo dell’arrampicata

La Parete Stoppani, nella pagina a fianco la Falesia Corna Rossa. Foto archivio Delfino Formenti

arrugginiti). Anche in Val di Mello, così vici-


Alessandro Ronchi sulla falesia di Galbiate,1989. Foto archivio A. Ronchi

Delfino Formenti su “Ciao Crem” in Corna Rossa. Foto archivio Delfino Formenti

Marco Ballerini “Bàllera” al Nibbio. Foto di Luca Lozza

Paolo Vitali alla “falesia delle Torrette”, Ballabio. Foto archivio Paolo Vitali

na a Lecco, si sente parlare di setti-

In generale non si parla ancora di

simi alpinisti italiani, era evidente che

nese, ho conosciuto Gian Piero Motti,

dendo e, siccome mi è sempre pia-

salire in libera. Con il “condimento” di

mo, mentre nelle gole del Verdon in

arrampicata sportiva vera e propria; è

nell’arrampicata pura i francesi ave-

Giancarlo Grassi, quelli del “Mucchio

ciuto mettermi in gioco, ho provato a

qualche polemica: questi esperimenti

Francia, dopo le prime vie lungo su-

comunque chiarissima la spinta verso

vano una marcia in più. Li vedevamo

Selvaggio”e la Valle Dell’Orco. Un altro

confrontarmi con questa realtà. Così,

all’inizio erano molto criticati. Posso

perbi diedri e fessure, a metà anni

l’innalzamento delle difficoltà, misu-

superare in libera dei passaggi che per

personaggio-chiave per me è stato il

al rientro dai miei viaggi ho iniziato

anche capirlo.

’70 si passa sui pilastri arrotondati

randosi con appigli e appoggi sempre

noi erano proibitivi; infatti scalavano

Marco Pedrini, ticinese, un fuoriclasse

a cercare un nuovo terreno che fosse

dove vengono tracciate con un’etica

più piccoli e utilizzando qualche spit

già sul 7a/7b (VIII/IX grado) men-

su ogni terreno. Con lui ho fatto una

adatto ad alzare il livello.

completamente nuova l’Eperon Subli-

per proteggere i lunghi voli, inevitabili

tre in Italia eravamo ancora fermi a

delle prime ripetizioni di Voyage Se-

me, Triomphe d’Eros, Nécronomicon,

quando si spinge al limite. Intanto gli

discutere se esistesse o no il settimo

lon Gulliver al Grand Capucin.

Pichenibule, Dingomaniaque, Fenrir,

scalatori di punta intuiscono la neces-

grado. Quindi mi son detto: qui mi

Mangoustine Scatophage. Nomi che

sità di un nuovo terreno di gioco, che

fanno sognare gli scalatori di tutto il

I veri obiettivi di allora erano infatti le prime ascensioni sulle grandi pare-

Ho cominciato studiando alcune

ti, salendo dal basso cercando la via

placche di roccia solida e compatta, a

anche a prezzo di rischi elevati. Ca-

Ricordo anche, a proposito di nuovi

portata di mano, dove non aveva pra-

landosi e mettendo gli spit il rischio

sa che abbiamo perso il treno, anche

stimoli, una visita alle torri di arenaria

ticamente scalato mai nessuno. C’era-

veniva annullato, e sembrava che si

trovano sulle piccole pareti di fondo-

se sapevo che in Italia c’era chi, zitto

nell’ex Cecoslovacchia, più o meno nel

no già delle viette di allenamento qua

profanasse la roccia solo per fare una

mondo. Su queste pareti compatte

valle, talvolta, come a Lecco, addirit-

zitto, stava puntando in alto. Come il

1980. E’ stato un “viaggio di scambio”,

e là, magari con i chiodi a pressione,

inutile ginnastica. Lo scopo di questi

appare subito impossibile aprire dal

tura a ridosso delle periferie cittadine.

Maurizio Zanolla Manolo.

come usava allora con le repubbliche

ma niente di più. Così ho provato per

primi esperimenti era invece ben altro,

basso, a meno di non forare ogni me-

Da noi la scintilla l’accende Marco

E poi mancava il terreno di alle-

“oltrecortina”, organizzato dalla Renata

la prima volta a combinare qualco-

ma non era facile farlo capire. Comun-

tro; ci si cala quindi dall’alto chiodan-

Ballerini, sciatore professionista, for-

namento adatto. A Lecco c’erano il

Rossi. Lì ho visto cose incredibili, vie

sa al Sasso di Introbio, a sinistra della

que non mi sono fermato… Anzi! Dopo

do in discesa. La via così “preparata”

tissimo alpinista e raffinato scalatore.

Nibbio, ancora con i vecchi chiodi, e

durissime che i locals salivano pra-

Francesca aperta dal Don Agostino.

Introbio, con Roberto Crotta, Fioren-

viene successivamente salita dal bas-

Non è stato comunque facile, verso

il Sasso di Introbio del Don Agostino.

ticamente in ciabatte, proteggendosi

Sapevo che non si sarebbe trattato

zo Magni ed altri amici sono andato

so cercando di passare “en jaune”. In

la fine degli anni ’70, capire cosa si

Dappertutto però c’era un gran movi-

con cordini annodati a mo’ di nuts per

di una “via”, al massimo la si poteva

a chiodare al Nibbio e al Lago. Dall’83

libera. Entra in voga anche la pratica

doveva fare, ma dalle sue parole si ca-

mento e in molti stavano sperimen-

non rovinare quella roccia così tenera.

considerare una breve variante, però

all’84 sono nati i primi tiri di un certo

di provare a salire senza usare i chiodi

pisce lo spirito di quei primi, fantastici

tando strade alternative. Come in Val

Le difficoltà per noi erano proibitive

decisi lo stesso di calarmi dall’alto e

livello: Dormi Martina a Introbio (7b),

per la progressione (ancora: in libera).

anni dell’arrampicata sportiva.

di Mello, che frequentavo con i ragazzi

(7a, forse anche di più), soprattutto

mettere qualche spit. E’ nato così Oltre

Gli Antenati al Nibbio (7a+), Ambarabà

di Sondrio, o nel finalese che avevo

con quel tipo di protezioni da paura.

il tramonto, poi a ruota l’Incubo mo-

al Lago (7a+), Bella Otero (7a+) al

iniziato a visitare. Poi, al Monte Bianco,

Abbiamo fatto quello che potevamo,

topsichico, sempre al Sasso, e Il vicolo

Pilastro Rosso, Calypso e Cacauettes

“Dopo le prime scalate nelle Gorges

ho incontrato uno dei più grandi ta-

però è stata un’esperienza molto in-

della desolazione su una bella placca

(7a) in Antimedale. Intanto si era for-

del Verdon mi convinco che eravamo

lenti che abbia mai conosciuto: Mar-

teressante.

di piedi alla Rocca di Baiedo. Facevo

rimasti indietro: nonostante tutte le

co Bernardi, scalatore estremamente

Tutti questi contatti mi hanno aiu-

i buchi col perforatore a mano per

nostre salite, nonostante avessi co-

polivalente che già all’epoca faceva

tato ad aprire la mente e toccare con

gli spit da 8 millimetri: una gran fati-

nosciuto e arrampicato con grandis-

cose allucinanti. Grazie a Marco, tori-

mano quanto di nuovo stava succe-

ca sia per chiodare che per provare a

A Lecco uno dei primi è il milanese Ivan Guerini che sale con questo stile le vie del Sasso di Introbio.

38 Alpinismo e arrampicata

Stralci di intervista a Marco Ballerini

Alpinismo e arrampicata

39


mata una compagnia di

chiodi. Poi ho deciso di perdere peso e

stato possibile farla tutta. Resistevano

due falesie adat-

agguerriti chiodatori e

sono calato di venti chili in tre-quattro

ancora lo strapiombo e la placca fina-

te sopra Mandello:

il numero di queste vie

mesi, passando dal V/A1 al 6c senza

le, ma intanto ci aveva dato un bello

Lo Strapiombo e la

aumentava

quasi accorgermene. Era un periodo

stimolo. Infatti abbiamo cominciato a

Grotta. Poi ho chio-

di rapida evoluzione, durante il quale

provare e alla fine ne siamo venuti a

dato altri tiri al Set-

sono entrato in contatto diretto con

capo (7c).

tore Strapiombi al

continua-

mente (1).

Norberto Riva “Norbi” agli Scudi di Valgrande. Foto archivio N. Riva Sotto: Stefano Alippi al Nibbio. Foto archivio Stefano Alippi

Il giovanissimo Ste-

gente che stava sperimentando un

Dopo i primi tiri del Bàllera al Nibbio,

Lago, al Sasso Alippi

fano Alippi, figlio di

nuovo modo di arrampicare. All’ini-

Bo Derek, Rupe Tarpea, Astroboy, Quo

e agli Scudi di Val

Gigi, Ragno del Cerro

zio era una sfida; quando qualcuno di

Vadis, Un Coin a Ben, il resto l’ho chio-

Grande (1)

Torre, si aggrega nelle

noi riusciva a passare in libera, per gli

dato quasi tutto io nel giro di un anno

uscite al Nibbio (dove

altri era una motivazione per provare

e mezzo, da solo o con il Marco stes-

è di casa, abitando ai

a loro volta. Si trattava anche di una

so e il Norberto Riva. Nel 1989 Andrea

Le prime falesie

Resinelli). Il rodaggio è

contrapposizione con il vecchio stile.

Di Bari attrezza Anche Qui, e subito

erano però selettive:

velocissimo, e in breve

Ricordo il Bàllera e il Tono (Pierantonio

iniziamo a provarla, finché Andrea ri-

lunghi tratti obbligati

tempo Stefano chioda

Cassin) che erano sempre “sotto” con

esce a liberarla: il primo 8a del Nibbio

e prime protezioni

nuove linee alzando ul-

gli altri che venivano al Nibbio: chi si

e uno dei primi nel lecchese. Per un

spesso molto alte.

teriormente il livello di

dannava a non tirare i chiodi era pre-

soffio questo onore non è toccato a

Su Oltre il tramon-

difficoltà nel lecchese.

so in giro da quelli che invece saliva-

me, se solo me la fossi giocata un po’

to,

no alla vecchia maniera. Poi col Tono

meglio: quando finalmente ero riusci-

una volta fatto il “

Stralci di intervista a

abbiamo iniziato a levare i chiodi per

to a superare il “chiave”, mi sono ac-

chiave”, una tirata

Stefano Alippi

sostituirli con gli spit, mettendone un

corto che non potevo più proseguire.

su una lametta per

Ho iniziato a scalare

po’ alla volta per non scontrarsi troppo

Ero così convinto di dovermi fermare

prendere un buon

un po’ per gioco con

con i “classiconi”, e spesso si provava

al solito punto, quello più difficile, che

appiglio, si doveva

il Matteo Benini, poi

a scalare in libera anche con gli an-

non mi ero portato rinvii a sufficien-

pedalare per diversi

ho conosciuto il Marco

coraggi originali. Ogni tanto qualcuno

za! Magari non sarei riuscito lo stesso

metri fino in sosta,

Ballerini, il Cipo (Pao-

borbottava un po’, ma alla fine tutte le

a chiudere il tiro; comunque mi sono

senza più prote-

lo Crippa), il Norberto

vie sono state richiodate.

rifatto la stagione successiva.

zioni e su passaggi

Svolte

per

esempio,

Riva e gli altri. Il terreno

Il primo a salire in libera le “classi-

Allora l’obiettivo era chiodare qual-

non banali. In caso

d’azione era principal-

che” del Nibbio, le vie del Cassin, del

cosa che fosse più impegnativo di

di volo, se il “socio”

mente il Nibbio, ma l’ap-

“Boga” e del Ratti, è stato Marco Balle-

quanto era stato fatto in precedenza.

non era più che at-

proccio è stato “classi-

rini, che nel frattempo aveva chioda-

Così ho individuato una linea che mi

tento, si rischiava

co“: ho fatto in tempo

to a spit alcuni tiri sui muri fuori dalle

sembrava più dura della “Mc Kinley”:

di fare un bel buco

anch’io a ripetere quelle

fessure. Quando sono arrivato io c’e-

Il Pigazzo in decadenza, a destra de-

in terra. Su una via

vie con le staffe, un po’

ra già Astroboy, un bel 6c, e il Bàllera

gli Antenati, 7c+. L’innalzamento della

classica,

trascinandomi e un po’

aveva salito la fessura Sant’Elia (7a)

difficoltà richiedeva però forti stimoli,

tratto ci sarebbero

facendomi tirare, anche

proteggendosi con i chiodi arrugginiti

cioè posti sempre nuovi, senza i quali

stati almeno due o

perché

e i cunei di legno. Anch’io poi l’ho

sarebbe mancata la motivazione per

tre chiodi. Conside-

fatta in quelle condizioni.

progredire. Quando in una falesia si

rando anche i gradi

Rimanevano ancora da liberare al-

esaurivano le possibilità “estreme”, si

piuttosto compressi

Erano i primi anni ’80

cune delle vecchie vie in artificiale, tra

andava a cercarne un’altra. Nel frat-

(al contrario delle

quando sono arrivati il

cui la più famosa era la Mc Kinley. Nel

tempo ci si era accorti che per un ul-

gradazioni “turisti-

Ciusse (Giuseppe Bon-

1986, in occasione del Quarantesimo

teriore progresso ci volevano strutture

che” di molte nuo-

fanti) e il Massimone

dei Ragni, era venuto al Nibbio Heinz

strapiombanti, che nel lecchese scar-

ve falesie dei nostri

(Massimo

Colombo)

Mariacher che aveva fatto un tenta-

seggiano. Ho iniziato quindi la ricerca

giorni), in quei primi

che invece provavano

tivo proprio su quella via, risolvendo

di questo tipo di terreno, e in compa-

tempi l’arrampicata

a passare senza usare i

il primo muro e dicendo che sarebbe

gnia di Norberto Riva abbiamo trovato

sportiva non era roba

a

quell’epo-

ca pesavo novantadue chili…

in

quel

Principali siti di arrampicata nel lecchese, disegno di Pietro Corti


intere falesie senza puntare esclusiva-

a scalare. Non ci pensai neppure un

mente agli itinerari al “top”. I muri di

secondo ed iniziai a frequentare le fa-

calcare bianco e grigio di Civate, Gal-

lesie vicine a Lecco come il Sasso di

biate, Melgone, Versasio si trasforma-

Introbio, il Nibbio, la Medale e qualche

no sotto il trapano del Delfo e dell’A-

altra. Allora la scelta era limitata, però

lessandro in falesie ricche di itinerari

più che sufficiente per iniziare a farsi

di difficoltà più modeste, anche se non

le ossa. Siccome l’appetito vien man-

mancano quelli di alto livello, dove si

giando, la voglia di arrampicare au-

capisce subito che l’ottica di chioda-

mentava ad ogni uscita e incominciai

tura è diversa.

così a visitare altre zone, conoscen-

E’ un successo praticamente im-

do nel frattempo molti scalatori con i

mediato. Sull’onda della diffusione

quali passavo ogni sabato e domenica

dell’arrampicata sportiva in tutta Eu-

a tirare le braccia.

ropa (in Italia soprattutto a Finale e

La prima esperienza su una via nuo-

Arco), anche Lecco diventa un punto

va avvenne in Antimedale con Danie-

di riferimento per questa nuova spe-

le Chiappa su Apache, poi ancora in

cialità che, grazie a queste falesie, si

Antimedale aprii Sentieri Selvaggi con

sta trasformando in una attività sem-

Dario Valsecchi, Spillo. Daniele, grande

pre più popolare e accessibile a mi-

alpinista e profondo conoscitore delle

gliaia di persone, molte delle quali non

pareti lecchesi, nonostante la sua for-

hanno mai conosciuto la scalata in

mazione classica era molto aperto alle

montagna.

nuove tendenze e sapeva individuare

A Formenti si devono: Discoteca,

le innumerevoli possibilità su struttu-

Lariosauro, Versasio, Pala del Cam-

re fino ad allora ignorate. Era infatti

mello, Parete Stoppani, Torre Marina,

un periodo nel quale anche a Lecco

Corno Ratt, Corna Rossa di Valma-

iniziava l’esplorazione delle pareti co-

drera, Val Dell’Oro. A Ronchi: Scudi

siddette “minori”, rispetto alle più rino-

di Valgrande, Gronda del Vaccarese,

mate Grigne e Medale, che portò alla

Campelli, Pradello, Placca delle Sor-

creazione di itinerari che sarebbero

prese, Civate, Galbiate. Nelle falesie

presto divenuti molto frequentati. Un

più antiche (Corna Rossa, Val Dell’Oro,

terreno di caccia del tutto nuovo e

Placca delle Sorprese) trovano gli spit

molto promettente. Daniele era anche

da 8mm di Marco Galli, Paolo Crippa

un trascinatore, e sapeva stimolare noi

e pochi altri. Rimessi a posto questi

giovani a cercare qualcosa di diver-

per tutti. Per salire dovevi cambiare

itinerari, ne chiodano altri arrivando,

so, dandoci preziosi suggerimenti. Tra

mentalità.

fino ad oggi, a circa 900 tiri. Alessan-

le altre ci aveva indicato la compatta

Poi un’ulteriore svolta. Verso la metà

dro Ronchi a un certo punto si ritira,

parete ovest del Pizzo d’Erna al Re-

degli anni ’80, Alessandro Ronchi dalla

lasciando un segno indelebile nell’ar-

segone, dove nel 1973 aveva aperto la

Brianza e Delfino Formenti da Lecco

rampicata sportiva lecchese, Formen-

via Ninota Locatelli con il fratello Roby

danno una loro personale interpre-

ti detto Delfo invece va avanti, senza

e Carlo Duchini, entrambi forti alpini-

tazione dell’arrampicata sportiva, de-

accorgersi degli anni che passano.

sti. L’idea ci aveva entusiasmato, così

Sopra: Pietro Buzzoni al “Muro del Pianto”, Zucco Angelone. Foto archivio Pietro Buzzoni Sotto: “Il Sasso di Introbio”, la prima falesia nel lecchese. Foto archivio Paolo Vitali

Danilo Valsecchi ed io, ben provvisti

dicandosi alla chiodatura e pulizia di

42

Alpinismo e arrampicata

Da una chiaccherata con “il Delfo”

di materiale, salimmo Maria la Rossa,

settembre 2010

dedicandola alla madre di Danilo. Lo

Nel 1979, Danilo Valsecchi di Lecco

stesso giorno Daniele ed Antonello

mi chiese se mi interessava provare

Cardinale, un giovane molto promet-

tente, aprivano un’altra via intitolandola

SCHEDA DELLE FALESIE LECCHESI

a Marco Riva. Era il 1981… Ho arrampicato con molte persone, ma Daniele

Oggi in Provincia di Lecco, oltre alle 20 aree di arrampicata a carattere alpino, si contano una cinquantina di falesie. Di seguito la carta di identità del sistema falesie lecchesi: • 47 falesie (maggio 2014), alte dai 20 ai 150 metri circa. Su queste ultime si sviluppano vie fino a 5 lunghezze di corda, ma per lo più si scala su “monotiri” di 20/35 metri • 1.850 itinerari di arrampicata sportiva, per circa 2.200 lunghezze di corda (fonte: http://larioclimb.paolo-sonja.net/index.html). L’area di riferimento è la conca di Lecco (San Martino e Resegone) – la sponda orientale del lago fino a Mandello – la conca di Valmadrera – la Valsassina – i Piani dei Resinelli. Non è stato conteggiato un ristretto numero di falesie non ancora completate o in stato di abbandono e quelle di modeste dimensioni che, se pur valide, sono molto decentrate rispetto al nucleo lecchese-valsassinese: il Sass Negher e la falesia del Mago a Piona. La situazione comunque è in continua evoluzione e mentre sto scrivendo so di numerosi lavori in corso. Da non dimenticare comunque la vicinanza a molte falesie comasche, alcune di prim’ordine • Roccia generalmente di buona / ottima qualità, spesso molto diversa da una zona all’altra, il che costituisce un pregio in quanto aumenta il personale bagaglio di esperienza motoria • Lo “stile lecchese” è comunque la scalata su muro verticale o leggermente strapiombante a liste e tacche, gocce e buchetti dove predomina l’arrampicata tecnica e di continuità, spesso di difficile lettura, che richiede notevole forza-resistenza e precisione di piedi. L’arrampicata atletica, anche se non del tutto assente, non è la caratteristica principale del territorio. • Lo spettro delle difficoltà è molto ampio, compreso tra il livello 4 ed il livello 8. Ogni scalatore sportivo, dal principiante al più preparato, può così trovare validissimi obiettivi. Mancano solo, per ora, gli itinerari sul livello 9. Una sfida per le nuove generazioni • Avvicinamenti comodi e brevi, da 1 minuto a ¾ d’ora. Ma la caratteristica delle falesie lecchesi è quella di essere inserite in un contesto paesaggistico di prim’ordine, da difendere con decisione • Maggiore densità di falesie tra Lecco e Valmadrera, tutte con vista a lago, mentre la Valsassina offre situazioni più alpine e l’area di arrampicata più vasta: lo Zucco Angelone–Sasso di Introbio con circa 350 itinerari distribuiti in diversi settori • Altra caratteristica delle nostre falesie è quella di non essere particolarmente estese, ma il visitatore è abbondantemente ripagato da un menù minerale molto ampio e variegato. Va detto comunque che spesso le falesie sono vicine tra loro, permettendo di passare dall’una all’altra con brevi spostamenti Relazioni aggiornate delle falesie lecchesi ed alcune falesie comasche: larioclimb.paolo-sonja.net

per me è stata una figura speciale che mi ha trasmesso molto. Frequentando il Sasso di Introbio, spesso incontravo il Bàllera che scalava con la radio del furgone (il mitico Bedford bianco) accesa a tutto volume. Una cosa mai vista prima. Da parte mia avevo perfezionato la tecnica, e la radio, o meglio il registratore Philips, ce l’avevo appesa all’imbrago! Per non parlare dell’abbigliamento, talvolta un po’ eccentrico: lo stesso che usavo in discoteca alla sera. Erano tempi così… Poi ancora in giro, a visitare le aree di arrampicata che si stavano sviluppando: la Val di Mello, Arco, Finale Ligure e Lumignano, come pure le grande pareti della vicina Svizzera, della Francia, delle Dolomiti. Accumulando esperienza, cresceva in me la voglia di creare qualcosa di nuovo dalle nostre parti in ottica sportiva, vista la gran quantità di strutture intorno a Lecco, allora pochissimo sfruttate. La falesia di Versasio, piccola frazione sotto il Resegone, è stato il mio trampolino di lancio; lì nel 1986 ho iniziato la mia carriera di chiodatore con 55 tiri di corda e vie lunghe fino a quattro lunghezze. In seguito mi sono rivolto alla parete del Melgone, sulla sponda occidentale del lago di Lecco, la Corna Rossa di Valmadrera, la Val dell’Oro a Civate, il Corno Ratt nel gruppo dei Corni di Canzo, la Parete Stoppani e la Pala del Cammello

nel gruppo del Resegone, la Torre MaApprofondimenti sul recente “Accordo di programma sulla valorizzazione delle falesie lecchesi”: http://larioclimb.paolo-sonja.net/bacheca/index. html articoli del 30 novembre 2014 e 16 gennaio 2015

rina al Moregallo, i cinque settori del

Alpinismo e arrampicata

43


Lariosauro sulla sponda orientale del

Per quanto riguarda il problema del

per chi riesce a vederle.

morte per l’attività in montagna, met-

lago e, a poca distanza, la falesia della

reperimento del materiale: all’inizio

Discoteca, la mia più recente creazio-

avevo scatenato la fantasia, fabbrican-

ne.

domi da solo le prime piastrine che

Altri hanno dato il loro contribu-

testavo con un macchinario apposito

to all’arrampicata sportiva lecchese, e

In seguito Delfino si dedica alla ma-

prima di usarle. In seguito ho trova-

voglio ricordarli, soprattutto i chio-

nutenzione di altre falesie e all’attua-

to la collaborazione di alcune aziende

datori,

le richiodatura, con apertura di molti

mande.

tendoci fantasia, tempo libero e, spesso,

L’arrampicata è uno sport con alte

anche il materiale. Così è stato per me,

componenti di rischio, che chi pratica

che sono arrivato alle falesie abbastan-

automaticamente accetta.

Sentendo

levati sono di grande attualità e urgen-

za tardi.

qualche avvocato che ha provato a ci-

za: negli anni ’90 – primissimi 2000,

Dopo le vie nuove nel Màsino-Bre-

mentarsi con l’argomento, mi è sem-

una manciata di chiodatori allietavano

senz’altro

gaglia e in Val di Mello, ho trovato an-

brato di capire che non dovrebbero es-

noi scalatori con una, talvolta anche due,

del territorio - tra cui Longoni Sport

qualcuno. Giuseppe Bonfanti, Cristian

che lo stimolo per attrezzare alcune

serci responsabilità nascoste, ma rimane

falesie nuove ogni anno. Ora non è più

nuovi itinerari, della splendida parete

e Sciola Sport, due importanti negozi i

Brenna, Pietro Buzzoni, Valerio Casari,

falesie sul calcare di casa. Il primo im-

sempre qualche dubbio. Dubbi molto

così, e nel frattempo la frequentazio-

Stoppani.

cui proprietari (Sergio Longoni e Fran-

Pierantonio Cassin, Domenico Chinda-

patto è stato difficile: a differenza delle

pesanti soprattutto se messi in relazio-

ne sempre in crescita ha letteralmente

co Sciola) erano essi stessi grandi ap-

mo, Paolo Crippa, Roberto Crotta, Bep-

placche di granito qui c’era da fare un

ne a questo esercizio di «volontaria-

congestionato alcune delle falesie più

Individuare una struttura vergine,

passionati di montagna, molto attenti

pe Dallona, Flavio De Stefani, Saverio

gran lavoro di disgaggio per rendere la

to» poco riconosciuto e gratificato.

accessibili del lecchese, aumentando i

immaginare con lo sguardo i nuovi

all’evoluzione dell’arrampicata - che

De Toffol, Lele Dinoia, Massimo Disarò,

roccia godibile. Erano più le ore passate

Per non parlare dell’argomento del

problemi di “convivenza”. Non tutti ca-

itinerari, poi passare all’azione pulen-

avevano intuito l’importanza di questo

Rino Fumagalli, Marco Galli, Lele Gerli,

a pulire che ad arrampicare, una fati-

«sovvenzionamento», riflettendo però

piscono che in una attività outdoor, a

do da erba e sassi mobili, trovando la

sport in piena espansione. In segui-

Claudio Gorla, Roberto Lainati, Fioren-

ca in più che ha richiesto una grande

sul fatto che in un territorio come

maggior ragione l’arrampicata, è fon-

linea più elegante e posizionando le

to, per alcuni anni ottenni l’appoggio

zo Magni, Matteo Maternini, Cristian

passione. Sono nate così Le Torrette,

quello lecchese, ricco di una lunga sto-

damentale l’autodisciplina (una volta si

protezioni, quindi salire dal basso i tiri

del Centro Abbigliamento Lombardo

Meretto, Gino Notari, Luca Passini (a

la Pala del San Martino e Campiano,

ria di alpinismo e arrampicata, con fior

chiamava buona educazione) perché

così realizzati godendo del mio lavo-

di Malgrate, attraverso l’amico Pie-

cui si devono alcuni dei tiri più duri

per un totale di più di 150 tiri oltre alla

di aziende e negozi di settore, club e

tutti possano godere serenamente del

ro. Alla fine la parete non mi appare

tro Corti che ha sempre creduto nei

del lecchese), Virgilio Plumari, Gerar-

manutenzione. La creazione di queste

associazioni, ho sempre pensato fosse

nostro patrimonio roccioso. Molti stor-

più solo un pezzo di roccia qualsiasi,

miei progetti. Poi, dopo qualche alto

do Redepaolini, Norberto Riva (quello

falesie mi ha dato grandi soddisfazioni

paradossale (soprattutto per i chioda-

cono il naso a questi discorsi moralisti,

ma diventa un luogo diverso, che ha

e basso, è arrivato l’aiuto di Climbing

del Sasso Cavallo), Gianni Ronchi, Aldo

ma, pur avendo ancora qualche pro-

tori «seriali») doversi autofinanziare

tuttavia oggi la falesia è diventata “luo-

subito una piccola metamorfosi per

Technology di Cisano Bergamasco.

Rovelli, Giacomo Rusconi, Adriano

getto in testa, ho cominciato a nutrire

il materiale, o ridursi ad elemosinare

go comune”, e come tale va trattato.

Selva, Andrea Spandri.

qualche dubbio.

qualche fix!

mano mia.

Alcuni mi hanno chiesto quale è

Chiodatori

dimenticandone

Autodisciplina e valorizzazione E arriviamo ai nostri giorni. I temi sol-

E’ recentissima infine la firma di un

Presto però mi prende la preoccu-

stato il mio lavoro più importante: si-

Poi c’è Paolo Vitali, che ha una sto-

Quando mi è capitato di chiedere a

Tant’è che avendo raccolto in passa-

Accordo di Programma tra Regione

pazione. Il problema infatti è “il dopo”,

curamente l’attrezzatura di una gros-

ria un po’ particolare: grande alpinista

certi scalatori di passare qualche col-

to sponsorizzazioni in materiale a La-

Lombardia (Assessorato allo Sport e

quando cioè la falesia viene frequen-

sa struttura con mono tiri e vie di più

e scialpinista, ha scalato più o meno

po di spazzola sui passaggi non ancora

rioclimb, ho cercato, insieme a Pietro

Politiche per i Giovani), Comunità Mon-

tata da altri. Se ci sono molti arrampi-

lunghezze sopra il rifugio Stoppani al

dappertutto mettendo a segno una

puliti, la risposta era del tipo «non pos-

Corti che collabora al sito, di mettere

tana Lario Orientale Valle San Martino,

catori attenti a non abbandonare rifiuti,

Resegone, da me battezzata ovvia-

quantità impressionante di vie nuove

so, rovinerei i polpastrelli per il prossimo

una piccola pezza a questo problema

Comunità Montana Valsassina, Comu-

a comportarsi in modo corretto, che

mente Parete Stoppani. Mi ha impe-

in Val di Mello, nel Màsino, Bregaglia e

giro». Poi, i commenti che spesso capi-

girando gran parte dei fix a chiodatori

ne di Lecco, Provincia di Lecco, Colle-

sanno apprezzare il lavoro altrui, ce ne

gnato intensamente per due anni di

nel Bormiese, oltre a nuove ascensioni

ta di sentire: «lo spit andava messo 20

di provata esperienza di nostra cono-

gio Regionale Guide Alpine Lombardia,

sono altrettanti che non hanno alcuna

fila, tanto da convincermi ad affittare

e prestigiose ripetizioni in Patagonia e

cm più a destra, quel sassetto andava

scenza.

Camera di Commercio di Lecco, sulla

cura del luogo, e non si rendono con-

un locale nel piccolo nucleo di Costa.

Asia nel corso di avveniristiche spe-

rimosso, quei ciuffi d’erba danno fasti-

Ultimo ed importantissimo aspetto: la

valorizzazione delle falesie lecchesi. Un

to della fatica che è costata preparare

Un’infinità di salite in parete a posa-

dizioni ultra-leggere. Una ricerca del

dio». Tutti professori del lavoro altrui,

manutenzione. Molti danno per scon-

momento importante che vede per la

la falesia. Questo è uno degli aspetti

re le corde fisse, pulire, chiodare. Ne è

nuovo che lo ha portato anche sulle

ma quanti mettono mano a martello,

tato che chi ha attrezzato una falesia la

prima volta il settore Pubblico che inve-

negativi della mia attività: attrezzare

venuto fuori un posto magnifico (non

rocce di casa (o meglio: appena die-

trapano o spazzola di ferro? Strappare

debba anche mantenere costantemen-

ste sul territorio attraverso l’arrampicata

una parete ti espone ovviamente al

solo a detta mia) per qualità della roc-

tro casa) dove ha chiodato una grossa

una nuova falesia alla vegetazione è un

te in perfetta efficienza. Non è così: il

sportiva.

“giudizio” di chi la frequenterà, e fin

cia, eleganza dell’arrampicata e bel-

falesia di 100 tiri, Le Torrette, oltre a

lavoro che ti spezza la schiena, e quan-

tempo passa e le cose cambiano per

qui nulla di male. Le critiche costrut-

lezza dell’ambiente circostante, molto

Campiano, la Pala del San Martino e lo

do senti questi commenti ti chiedi «ma

tutti. Ecco perché penso che un pro-

tive servono a migliorare. Al contrario,

frequentato anche da climber stranieri.

Zucco di Teràl.

per chi lo faccio?».

getto di manutenzione delle falesie a

la consapevolezza che il mio lavoro

Conservo comunque un magnifico ri-

porterà in falesia gente non “all’altez-

cordo di tutti gli altri miei interven-

za” mi comporta un notevole disagio.

ti, anche se per ora non ho tempo di

44

Alpinismo e arrampicata

Altro elemento è quello della respon-

carico di Enti o Amministrazioni (del

Falesie, gioie e dolori, il parere di

sabilità. Poco tempo fa è successo un

quale finalmente si sente parlare) è

Paolo Vitali

tragico incidente alla Pala del San Mar-

senza alcun dubbio positivo. A patto

crogiolarmi: l’ultima falesia è ancora in

Attrezzatura e mantenimento delle

tino; ero in Francia quando l’ho saputo,

che i lavori siano fatti con l’eccellenza

fase di completamento. Poi, chissà: a

falesie, una attività che ho svolto con

e mi si è accapponata la pelle. Non si

che ha contraddistinto finora la mag-

saper guardare bene, i dintorni di Lec-

entusiasmo fino a qualche anno fa da

conosce la dinamica: un fatale errore?

gior parte delle chiodature «volonta-

co conservano ancora tante sorprese

«alpinista pentito», durante le stagioni

Nel frattempo ti poni un mare di do-

rie» del territorio. (2)

1) dal libro di Pietro Corti Arrampicare intorno al Lario orientale, Novantiqua multimedia per la Comunità Montana Lario Orientale - ora Comunità Montana Lario Orientale Valle San Martino - 2008. 2) da un articolo di Paolo Vitali del dicembre 2014

Alpinismo e arrampicata

45


LA “DIVINA COMMEDIA”

Ritorno alle origini al Buco del Piombo di Simone Pedeferri

Nell’autunno 2013 i Ragni Simone Pedeferri e Luca Schiera hanno aperto una nuova via di arrampicata libera al Buco del Piombo, famosa grotta sopra Erba; a luglio 2014 la prima ripetizione. “ La Divina Commedia” è il nome dato alla via, evoca-

tivo di inquietanti atmosfere infernali che validi alpinisti come Graziano Bianchi, Jack Canali, Carlo Nembrini, Ginetto Mora, Ivo Mozzanica avevano già sperimentato in artificiale negli anni Sessanta. Simone Pedeferri racconta questa avventura in una continua alternanza fra attualità e flashback che riportano alle origini della sua attività di alpinista.

Il disegno della via eseguito da Simone Pedeferri

F

ine ottobre 2013. Un autunno così

Sul terzo tiro devo dare tutto, è li che si gioca la libera della via. La volta prima mi aveva respinto non facendomi fare la RP. Prima parte tutto bene, riposo il più pos-

Preuss!

sibile su una discreta canna, ripasso men-

piovoso era da un po’ che non lo

Qualche anno dopo mio zio mi riportò

talmente la sequenza chiave poi lascio che

vedevo e non potevo immaginare

in quella palestra per insegnarmi a scalare

il corpo e la testa diano il massimo. Sosta.

che il 2014 sarebbe stato ancora peggio.

e usare il materiale. Dalla cima del Sasso

Penso sul bordo di questa enorme volta.

Disperato, con Luca, visitiamo il Buco del

d’Erba si ha proprio di fronte quell’enorme

Posso guardarmi intorno, è una sensazio-

Piombo, sopra Erba, per vedere se sotto

grotta del Buco del Piombo.

ne strana. So di non aver finito la salita

questo enorme soffitto si può chiodare

ma capisco che il successo è vicino, mi

una via mentre fuori piove. La via esiste,

Il secondo tiro affronta il primo dei tetti

godo le piccole cose, guardo il paesaggio,

forse si può fare. Cinque giorni di chioda-

di questa volta che strapiomba quasi 80

i boschi e le altre pareti, guardo la linea del

tura, cinque giorni di pulizia per realizzare

metri. Una lunghezza strana ti spegne len-

dietro Scarabelli.

questa linea unica.

tamente per finire con un duro passo che porta ad una cengia perfetta dove s’incro-

Tardo autunno. Esco di corsa dalla scuo-

cia una vecchia via in artificiale. La rag-

la d’arte, faccio duecento metri e vado a

Salgo lento sul primo tiro, la prima par-

giungo, mi sdraio e il primo tetto è sotto

casa di Massiminio (era lo scalatore più

te va bene per scaldarsi. Il corpo arriva al

di me. Sento che ho utilizzato le giuste

bravo di Cantù, un mito!). Partiamo per

primo passo duro, lo supero, arrivo al se-

energie per scalare, guardo i vecchi chiodi,

non so dove tanto io scalo da secon-

condo, salto uno spit difficile da rinviare,

penso a chi li ha piantati e la mente fugge…

do. Mi guarda e dice “Andiamo al Buco del

Appoggio lo zaino, tolgo il materiale, mi preparo e sono pronto per la prima libera.

continuo fluido e arrivo in catena…

Piombo a fare il diedro Scarabelli!” “Cazzo! Io, Marchino, Ale e non ricordo più chi

Ma è duro!” Ne avevo sentito parlare da

…la Renault 4 rossa di mio zio passa a

altro. È inverno, le giornate sono molto

un amico in classe che scalava. Arrivia-

prendere me, mia mamma e mio fratello.

corte… cosa che noi spesso sottovalutiamo.

mo fino a dove finisce la strada, cosa che

Mio papà è a correre, ci raggiungerà più

Siamo tutti alle superiori. Sabato. Cam-

oggi non si può più fare. Allora la teoria

tardi. La radio con l’impianto artigianale ha

panella. Si parte di corsa. L’unico con la

era: fino dove ti porta il mezzo meccanico

l’ultima cassetta di De Gregori che ci ac-

patente è Marco (per me è ancora così).

devi andare, costi quel che costi, marmitta

compagna per questi pochi chilometri che

Ci porta tutti in direzione Buco del Piombo.

e sospensioni comprese! Mi cambio, met-

separano casa mia dalla zona sopra Erba.

Da parte al grande antro c’è una picco-

to i miei fuseaux fucsia, attacco all’imbra-

la grotta con una via di due tiri di Mario

go la mia borraccia di ferro (quando mi

Incredibile quando sei piccolo, brevi

Canali, vogliamo ripeterla, facciamo per

muovo sembro una mucca) e si parte per

spostamenti sembrano viaggi infiniti, o

scavalcare il cancello che porta all’acces-

la parete. La via lenta scorre e mi sembra

così pensi di ricordare.

so, visto che il temuto custode non c’è.

meravigliosa ed esposta. All’ultimo tiro mi

Non riusciamo, troppo filo spinato; quindi

appare uno strapiombo enorme (ora, ri-

Avevo 6 o 7 anni quando facevo quel

su per una riva marcia quasi più pericolo-

pensando alle vie che ho scalato, mi sem-

sentiero verso quella piccola falesia del

sa del filo spinato. Attacchiamo, facciamo

bra un muro appena verticale). All’uscita

Sasso d’Erba, guardavo la nuova genera-

la via e all’uscita siamo al buio, nessuno

sulla sinistra di quell’enorme grotta, Massi-

zione che scalava con le prime scarpette

ha la frontale. Discesa circense, macchina.

mo mi dice che lì ci sono tre o quattro vie

e la fascia nei capelli. Uno di questi con

Siamo in straritardo, non esistevano cellu-

di arrampicata in artificiale e non è possi-

i capelli lunghi e biondi era mio zio. Così

lari per avvisare nessuno. Nebbia fittissima.

bile scalare in libera.

giocavo alla base della falesia. Un giorno

Conclusione: nei 10 km che ci distanziano

È strana la vita, a volte ritorni in posti

mio zio mi disse “Dai prova a scalare” e

da casa (io faccio da navigatore) ci per-

che ti hanno dato tanto per trovare le

mi fece salire con lui e una sua amica fino

diamo 20 volte.

stesse sensazioni di quelle piccole mon-

a metà della via normale. Erano solo 15

Genitori incazzati e preoccupatissimi

tagne e pareti. Ci sono tornato spesso

metri di 3°, ma salita e discesa slegati. Lui

che già pensavano al funerale di quattro

nella mia vita e ho vissuto un sacco di

mi controllava le mani e la sua amica i pie-

scalatori. Ci siamo giocati il prossimo fine

momenti unici.

di. Penso che sarebbe stato contento Paul

settimana di scalata.

Sopra: Simone sul quarto tiro 7c. Sotto: Luca sul secondo tiro 8a+

Altri due tiri, tutto bene. Sono sotto

Nel chiodare questo soffitto con Luca mi

all’ultimo, lo salgo lento per gustare questo

è stata data la possibilità di ricordare, ripen-

momento. Esco sul prato, recupero Stefa-

sare e ridere di queste avventure. Se ha un

no e poi mi godo il tramonto.

senso scalare, forse è nel ricordo di quei

La prima RP di La Divina Commedia è sotto di me.

momenti, e ora ne fa parte anche La Divina

Commedia.

Anni sono passati da quando ci si trovava alla sera per fare delle scalate notturne con grigliata o come quando, prima di partire per il servizio civile, sotto una nevicata di notte con Max e Alberto scalavamo il Sasso d’Erba per festeggiare la mia partenza.

Alpinismo e arrampicata

47


“COLORIAMO L’INVERNO”

Intorno al sentiero didattico una fioritura fuori stagione

di Adriana Baruffini

I

nsolite macchie di colore ravvi-

come punto di appoggio per momenti

vano da alcuni giorni il paesaggio

di incontro e di convivialità. Lì è stato

invernale dei Grassi, la località ai

tracciato il Sentiero didattico – natu-

piedi del Magnodeno dove il gruppo

ralistico che sale nel bosco di fianco

di Alpinismo Giovanile ha stabilito da

alla baita, inaugurato nel 2012 e pen-

ormai tre anni il proprio quartiere ge-

sato come spazio dove i ragazzi pos-

nerale per attività didattiche e di so-

sano giocare, imparare, dare sfogo alla

cializzazione. Lì è stata ristrutturata

propria creatività.

una vecchia baita in disuso che serve

Dopo un’esperienza ormai collauda-


5

AGLIO GRAZIOSO Nome ScieNtifico Nome comuNe Periodo fioritura Luogo coLore

Allium carinatum, L. Aglio Grazioso da Giugno a Settembre Prealpi Lecchesi

5

Coloriamo l’inverno

cinquanta anni di

Alpinismo Giovanile

i gigli

i gigli

Coloriamo l’inverno

cinquanta anni di

Alpinismo Giovanile

GIGLIO MARTAGONE Nome ScieNtifico Nome comuNe Periodo fioritura Luogo coLore

Lilium martagon, L. Giglio Martagone Giugno, Luglio Prealpi Lecchesi

Quota

Quota

2300 m.

1500 m.

200 m.

200 m.

Pianta alta fino a 120 cm con molti fiori, anche 20, portati da peduncoli arcuati e con stami molto sporgenti. Questo splendido fiore è comune nei boschi e nei prati montani di tutto il

Chiamato anche “aglio delle streghe”, è il più bello degli agli selvatici presenti sul territorio lecchese. Fiorisce da giugno a settembre, dalle quote più basse fino ai 1.500 metri ed è abbastanza comune su quasi tutte le montagne lecchesi. Un posto comodo per vederlo è ai Piani Resinelli il sentiero che dal Belvedere sale al Coltignone.

territorio lecchese fino a 2.300 metri di altezza. Fiorisce da giugno a luglio e in corrispondenza di ogni fiore si forma un vistoso frutto rivolto verso l’alto.

GIGLIO ROSSO O DI SAN GIOVANNI

COLCHICO Nome ScieNtifico Nome comuNe Periodo fioritura Luogo coLore

Colchicum autumnale, L. Colchico Settembre, Ottobre Prealpi Lecchesi

Nome ScieNtifico Nome comuNe Periodo fioritura Luogo coLore Quota

Quota 2000 m.

1900 m.

500 m.

200 m.

I GIGLI

Lilium croceum, CHAIX Giglio Rosso o di San Giovanni Maggio, Giugno, Luglio Prealpi Lecchesi

La comparsa nei prati di questo fiore, che appartiene alla famiglia dei gigli e che non deve essere confuso con il “croco” primaverile, segna praticamente la fine dell’estate. Fiorisce infatti in settembre e in ottobre ed è comune in tutto il territorio lecchese fino a circa 2.000 metri di altezza. Una singolarità di questa specie è che il frutto e i semi compaiono nella primavera successiva, fatto questo che aveva molto meravigliato gli antichi botanici. E’ velenoso.

Pianta molto bella e vistosa, alta fino a 80 cm e spesso con più fiori (fino a 5). Fiorisce da maggio a luglio nei prati alpini e subalpini, da 500 a 1.900 metri di altezza. Facile da vedere su tutte le montagne del territorio lecchese.

DENTE DI CANE

ORNITOLAGO

La famiglia dei gigli è presente sulle montagne lecchesi con 41 specie di 25 generi diversi.

Nome ScieNtifico Nome comuNe Periodo fioritura Luogo coLore

Fioriscono durante tutte le stagioni a cominciare con il Dente di cane, che orna i prati montani già prima della fine dell’inverno, ed a finire con il Colchico autunnale, che fiorisce talmente tardi che il frutto con i semi si sviluppa nella primavera successiva. Comprende fiori superbi di grandi dimensioni, accanto ad altri tanto piccoli quanto belli e delicati come il profumato mughetto. Presentano una notevole varietà di colori e di forme e ci sono specie che “salgono” anche oltre i 2.000 metri.

Erythronium dens-canis, L. Dente di Cane Marzo, Aprile, Maggio Prealpi Lecchesi

Ornithogalum pyrenaicum, L. Maggio, Giugno, Luglio da Giugno ad Ottobre Prealpi Lecchesi

Quota

Quota

Sono presenti specie ricercate perché commestibili, come l’Ornithogalum pyrenaicum ed il pungitopo (Ruscus aculeatus), del quale però è vietata la raccolta, ed altre molto tossiche, come il Veratro e l’uva di volpe (Paris quadrifolia).

Nome ScieNtifico Nome comuNe Periodo fioritura Luogo coLore

1500 m.

1300 m.

Appartengono a questa famiglia anche l’Allium insubricum, citato fra gli endemism, e la rarissima Fritillaria. 200 m.

Fotografate i fiori ed avrete la gioia di rivederli a casa quando vorrete insieme a parenti ed amici! NON RACCOGLIETELI MAI! RISPETTATE I FIORI E RISPETTATE LA NATURA!!!

ta di esposizioni all’aperto su temi vari, nell’inverno di quest’anno è la volta dei fiori. Sistemati nelle bacheche o appesi agli alberi, una trentina di pannelli compongono una mostra dedicata ai fiori di montagna: non solo quelli della fascia prealpina di bassa quota, che nella stagione giusta possono essere osservati anche dal vivo intorno al sentiero, ma una esauriente rassegna delle specie alpine più comuni, con fotografie e sintetiche annotazioni botaniche. Gli autori dei testi e delle fotografie sono Annibale Rota, che come conoscitore della flora alpina non ha biso-

50

E’ un grazioso delicato piccolo giglio presente nei boschi e nei prati montani di tutto il territorio lecchese fino a 1.300 metri di altezza. Fiorisce da marzo a maggio

gno

di

presentazioni, e Luca Mauri, un “nativo botanico” presente fin da piccolo nelle file dell’alpinismo giovanile, che ha ereditato da suo padre la passione per la montagna e la flora. La grafica è stata realizzata da Marco Giudici.

del bosco. Un’offerta di bellezza, quindi, e un momento di educazione all’amore per la natura e al rispetto dell’ambiente.

La mostra si rivolge innanzi tutto ai ragazzi, ponendosi come riferimento per scuole e gruppi giovanili, in continuità con precedenti esperienze. Ma vuole essere anche un punto di interesse per i molti escursionisti che, soprattutto nei mesi invernali, frequentano quella zona: sia i più attenti e preparati, che troveranno nei pannelli occasione di conferma e approfondimento delle proprie conoscenze

Alpinismo Giovanile

corgono delle tante piccole meraviglie

botaniche, sia i più distratti che, assorbiti dal gesto del camminare e dalla tensione alla meta, spesso non si ac-

Nelle pagine precendenti collage di fiori sul pannello di presentazione della mostra. Sopra: tre pannelli in sequenza illustrano la famiglia dei gigli.

200 m.

Alto fino a 60 cm questo giglio cresce nei boschi umidi e ombrosi dal livello del lago fino a 1.500 metri. Fiorisce da maggio a luglio ed è presente in tutto il territorio lecchese. Facile da vedere nei boschi di Cavagiozzo e in Val Calolden. I germogli sono commestibili.


LA GIORDANIA A PASSO DI ESCURSIONISTA

Nel cuore del Medio Oriente tra Storia, città nascoste, fratellanza e deserto roccioso

M

i metto a scrivere questo

tidiani, scrittura immediata quindi, con

mia mente. Ricordi maturi che mi pro-

pezzo un anno dopo es-

ancora l’odore della notizia sotto il

vocano piacevoli sensazioni e fanno

sere tornata dal viaggio. Il

naso. Ripensare a quello che ho visto,

scaturire la voglia di rifare lo zaino e

mega ritardo è dovuto a tanti motivi

provato e sentito più di un anno fa è

andare alla Malpensa.

che si sono sommati, ma che ora fi-

mi è strano. Strano perché non sono

Ripensando al viaggio “Giordania

nalmente si sono sciolti.

emozioni fresche, ma nonostante ciò

trekking” che ho fatto con Avventure

sono ricordi ancora molto forti nella

nel Mondo dal 26 dicembre 2013 al 6

Sono abituata a scrivere per i quo-

Petra, il Monastero

di Anna Masciadri


gennaio 2014 la prima reazione che

mente sbarchiamo nel “nostro” nuovo

nei grandi centri cittadini, è migliore di

foschia, molti rapaci e solo il rumore

ho è quella di un sorriso. Un sorriso

paese. E’ mattina presto, sono le 6. Il

quanto mi aspettassi.

dei nostri passi che muovono i sassi.

per il paese che ho visto, per la gente

pullman ci porta verso il centro citta-

Re Abd Allah II, e prima di lui suo

La discesa è senza problemi, la risalita

che ho incontrato e soprattutto per

dino. La prima tappa del viaggio è Je-

padre, sono adorati dai sudditi. Tro-

fa selezione, così Lorenzo può capire

lo straordinario gruppo di amici che

rash, dove ammiriamo le rovine dei più

viamo ovunque il suo ritratto, anche

come sta il gruppo. Non sono la maglia

erano con me in quei 12 giorni in Me-

grande insediamento romano sull’altra

sulle auto. E poi la regina Raina la co-

rosa di giornata, ma arrivo nel gruppo

dio Oriente.

sponda del Mediterraneo.

nosciamo bene anche in Occidente.

di testa. C’è da tenere alto l’onore del Cai Lecco anche lontana dalla Grigna.

Nella mia breve carriera di viaggia-

Siamo un gruppo di buoni viaggia-

Una donna nata in Kuwait da genitori

trice ho visitato l’Europa, gli Stati Uniti

tori e ottimi camminatori. Dei muli in-

palestinesi che ha sposato il re gior-

Nel pomeriggio raggiungiamo Pic-

e un po’ d’Africa. Il Medio Oriente mi

stancabili.

dano. Affascinante alla prima occhiata,

cola Petra e qui iniziamo a intuire

ha sempre attirato molto, ma non ci

Dalle rovine di Jerash intravediamo

se ne innamorano tutti appena inizia a

la bellezza che ci sta per travolgere.

avevo mai messo piede prima. Mi af-

la città nuova ed è la tipica città me-

parlare: si batte da anni per l’educa-

Qualcosa di unico al mondo che si

fascina per storia e cultura, ma anche

diorientale moderna: un mix affasci-

zione e l’emancipazione delle donne

può vedere solo qui.

per il paesaggio così sabbioso, roccio-

nante tra caos, Storia, donne velate,

nel suo paese.

so e duro. Così diverso da quello in cui

odori e commercianti a ogni angolo.

Il secondo giorno del nostro viag-

ra gli insediamenti nabatei nella roccia.

vivo tutti i giorni. Purtroppo negli ulti-

Se ho capito qualcosa dei giordani è

gio inizia un po’ male. Cristina deve

Dei capolavori rimasti immutati nei

mi anni mettersi in viaggio per questi

che sono un popolo di venditori nati. E

tornare a casa, un problema famigliare

secoli. Scoperti di recente, anzi, recen-

luoghi dicono sia pericoloso. Nella mia

contrattare il prezzo è un dovere per

la costringe a ripartire. Da 19 che era-

tissimamente dall’esploratore svizzero

esperienza di viaggio in luoghi che gli

comprare qualsiasi cosa, se non lo fate

vamo rimaniamo in 18, un bel grup-

Johann Ludwig Burckhardt nel 1812:

occidentali definiscono “a rischio” poi

si offendono a morte.

pone, il più numeroso a cui abbia preso

per secoli erano rimasti nascosti. Petra

parte in un viaggio. E’ il 28 dicembre,

è stata definita una delle sette mera-

la mattina andiamo al Monte Nebo, il

viglie del mondo nel 2007. Il titolo è ampiamente meritato.

ho scoperto con i miei occhi che la realtà è molto spesso tutt’altra cosa.

La Storia davanti

A Petra e nei dintorni ci sono anco-

Scelgo di andare in Giordania per-

I giordani sono un popolo molto

luogo dove secondo la leggenda bibli-

ché è uno dei pochi stati, o forse l’u-

aperto, cordiale, elegante. La mag-

ca morì Mosè, da quassù si può guar-

Il primo giorno a Petra, il 30 dicem-

nico, a essere definito sicuro da quelle

gior parte di loro, negozianti compresi,

dare verso la Terra Santa per i cristia-

bre, facciamo a piedi 10 km. L’emo-

parti. E per la prima volta decido di

cerca di fare conversazione e ti offre

ni e la Terra Promessa per gli ebrei.

zione è forte quando si entra nel Siq,

fare un viaggio trekking. Ho voglia di

sempre un tè da bere. Bollente. E se

Sia per chi crede sia per chi è oltre lo

la stretta gola di roccia che costituisce

camminare, sono una discreta escur-

hai fretta è un bel problema.

scetticismo fa effetto essere qui.

il principale accesso a Petra da Wadi

Siamo in piedi quasi da due giorni e

Il pomeriggio saliamo sul pullman e

Musa. Sulla nostra destra c’è il Wadi

Il coordinatore del nostro gruppo è

finalmente arriviamo a Madaba dove

arriviamo a Dana, un piccolo villaggio

Mudhim. La guida, Ghassan, ci spie-

Lorenzo Serafini, casualmente anche

c’è l’albergo e il letto che ci aspetta.

quasi abbandonato inerpicato in cima

ga incisioni e storia che vediamo su

lui socio CAI, ma di Firenze. Il gruppo

Prima diamo un’occhiata alla chiesa di

a una lunga e ampia vallata: il Wadi

queste pareti modellate dal vento e

è composto da 19 persone inizial-

San Giorgio, di epoca bizantina e pie-

Dana. La sera, in un albergo molto

dall’acqua che creano colori incredibili:

mente, uomini e donne in pari numero,

na di mosaici stupendi, ma soprattut-

folkloristico, ci offrono 30 cammel-

righe di azzurro, viola, giallo e bianco

la maggior parte ha tra i 25 e 40 anni,

to ci colpisce il mosaico della mappa

li per vendergli Giorgia, una torinese

sulla roccia. Lentamente ci avvicinia-

ci sono un paio di fuoriquota tra cui

della Terra Santa realizzato tra il 542

che dicono assomigliare a un’attrice

mo all’attrazione principale di Petra, il

Adriano, socio del CAI Sanremo.

e il 570 d.C. E’ emozionante trovarsi

egiziana. Quando scopriamo che ogni

Tesoro. Ovvero iniziamo tutti a rive-

Partiamo con voli da Milano, Bo-

di fronte a opere così, è come se la

cammello vale 2 mila euro circa ci

dere Indiana Jones quando nella scena

logna, Venezia e Roma. Ci ritroviamo

Storia ti guardasse dritta negli occhi

mangiamo le mani di non averla la-

finale del film “Indiana Jones e l’ulti-

tombe, l’anfiteatro romano, il Grande

siamo soli in fila indiana e scopriamo

tutti a Istanbul per poi prendere il volo

senza il filtro del libro. Madaba, ma

sciata lì…

ma crociata” arriva a cavallo nel Siq

Tempio fino ad arrivare a al Qasr al

alcuni insediamenti di pastori che oc-

per Amman, la capitale della Giordania.

come tutta la Giordania, stupisce per la

La mattina seguente iniziamo il no-

e si ferma davanti al Tesoro per poi

Bint. Saliamo la lunga scala sulla mon-

cupano abusivamente tombe nabatee.

Dopo ore di voli e aeroporti final-

totale tolleranza in cui religioni diffe-

stro primo trek nella valle di Dana, 15

entrarci. Il Tesoro improvvisamente ci

tagna che porta al Monastero, arri-

renti convivono pacificamente da anni.

km circa e 500 metri di dislivello. Il

compare di fronte tra le rocce e ri-

viamo in cima da dove si ammira-

Musulmani, cristiani, ortodossi, ebrei.

paesaggio attorno a noi è quasi lu-

maniamo tutti ammutoliti. Dopo aver

no Piccola Petra e il Wadi Araba. Nel

Non c’è nessun problema e anche la

nare: pareti rossastre che ci circon-

scattato decine di fotografie prose-

pomeriggio esploriamo le valli meno

guiamo per la strada principale tra le

frequentate dai turisti, per qualche ora

sionista, quindi mi dico: “Perché no?”.

54

Escursionismo

condizione della donna, soprattutto

dano verso il fondo del canyon, tanta

L'arco di Burdah mel deserto di Wadi Rum

Escursionismo

55


Il deserto roccioso di Wadi Rum

Le montagne di Petra Il 31 dicembre è una giornatona,

Rovine di Jerash

Le montagne attorno a Petra

Il gruppo in cima al Jabal Umm Addaami

mezzanotte per festeggiare il nuovo

di vendere Francesca per 50 cammel-

de a distanza siderale con il suo pick

go sotto a immortalare il momento.

L’ultima sera attorno al fuoco faccia-

anno. Alle 0.01 siamo tutti a letto.

li: nonostante le sue grazie la bolo-

up dove stanno le nostre tende e le

La nostra giornata da camminatori nel

mo un bilancio del viaggio, inizia a

gnese rimane con noi.

valigie. Camminiamo per circa 18 km.

deserto termina sempre verso le 16,

serpeggiare un po’ di malinconia per l’aereo di ritorno che ci attende.

la più faticosa del viaggio: 28 km di

Il primo giorno dell’anno dopo i

cammino tra le montagne attorno a

28 km del giorno prima e le gambe

Fino a questo punto il viaggio mi

Ogni tanto cerco di staccarmi dai miei

prima del tramonto dobbiamo monta-

Petra, questa volta ci guida Salem, un

a pezzi secondo voi Lorenzo ci lascia

piace molto, anche più del previsto, ma

compagni, camminare nel silenzio più

re le tende, quando scende l’oscurità è

E’ la mattina del 5 gennaio usciamo

esperto camminatore, Ghassam non ci

riposare? Assolutamente no. Sen-

sta per arrivare quello che attendo di

totale di un deserto è qualcosa di uni-

buio pesto. In compenso vediamo un

dal Wadi Rum e ci dirigiamo in pul-

pensa proprio a farsi tutta quella stra-

za alcuna guida, erano tutti in festa,

più: il Wadi Rum, il deserto roccioso

co. Nemmeno in cima alle montagne

cielo stellato indimenticabile.

lman verso il Mar Morto, in cui fac-

da a piedi con noi. Il tempo è brutto,

tentiamo di raggiungere Piccola Petra

della Giordania. Prima di partire rie-

ho trovato quel tipo di pace. In questa

Il terzo giorno nel deserto è quello

ciamo il bagno più strano della no-

c’è foschia, ma noi siamo allegri e de-

da soli. Peccato che sia impossibile. La

sco a farmi l’ultima doccia, per qual-

situazione realizzo quanto l’uomo sia

della salita al Jabal Burdah con annessa

stra vita in un’acqua salatissima, quasi

terminati. Per mezzogiorno arriviamo

Giordania ha un patrimonio immen-

che giorno non vedremo l’acqua. Per

nulla a confronto della natura.

arrampicata. Qualche ragazza decide

oleosa, dove sta a galla anche chi non

in cima al monte Jabal Haroum dove

so di sentieri, ma non sono segnati e

completare l’opera ci facciamo una

di rimanere a prendere il sole ai piedi

sa nuotare. Finalmente dopo giorni ci

troviamo una piccola moschea in cui

li conoscono solo i locali. Dopo una

birra e ci rimpinguiamo di falafel (pol-

della montagna, la maggior parte di noi

facciamo una doccia anche se gelata.

la tradizione dice si trovi la tomba di

mezz’ora passata a girare su noi stessi

pette di ceci fritte speziate di verdu-

Verso le 16 arriviamo a fine corsa

decide di salire. Io dopo un passaggio

La sera siamo di nuovo a Madaba, da

Mosè.

decidiamo di affidarci a un ragazzino

re), specialità giordana che adoro.

per la giornata, mentre montiamo le

un po’ troppo esposto per i miei gusti

dove siamo praticamente partiti an-

Riso nel deserto

Nel pomeriggio riscendiamo e am-

che lascia il suo asino parcheggiato

Tra l’eccitazione generale partiamo

nostre tende cala la notte in fretta. Il

decido di fermarmi a metà percorso

dando così a chiudere un cerchio ide-

miriamo le montagne del Wadi Sa-

al ristorante e ci guida in questa valle

per il deserto, il sole tramonta e inizia

beduino ci prepara riso in bianco e

prendendo il sole e godendomi il pa-

ale. Qui ceniamo e poi ci dirigiamo in

bra. Comincia a piovere e noi inizia-

sconosciuta, ruvida, selvaggia, ma bel-

a fare freddo. Arriviamo all’ora di cena

verdure cotte, passiamo un paio di ore

norama unico in solitaria con i rapaci

aeroporto. Subito il gruppo si separa,

mo a essere un po’ stanchi dopo ore

lissima. Per pranzo siamo nella vallata

al campo tendato dei beduini, dove

attorno al fuoco ridendo e scherzan-

che mi girano sopra la testa…

i primi a partire siamo noi di Milano,

di cammino. Incontriamo anche un

di Wadi Muran. Ripartiamo, saliamo

dormiamo tutti insieme in una ten-

do. Per fortuna abbiamo portato un

Per l’ultimo giorno nel Wadi Rum, il

salutiamo gli altri e saliamo sull’aereo.

gruppo di dromedari e verso il tra-

verso la cima della montagna e arri-

da che di solito credo sia adibita agli

po’ di alcolici dall’Italia, il freddo nel

4 gennaio, c’è in programma la cima

Amman-Istanbul. Istanbul-Milano. E’ il

monto raggiungiamo l’High Place so-

viamo a una cengia dove ammiriamo

animali, ma il bello di andare in questi

deserto di notte si fa sentire, saremo

Coppi del nostro viaggio: il Jabal Umm

6 gennaio 2014, è primo pomeriggio

pra Petra. Riscendiamo mentre cala

un altro panorama straordinario. Tor-

luoghi è proprio questo.

a 4 o 5 gradi.

Addaami, il monte più alto della Gior-

e sono a Lecco. Apro la valigia e esce

l’oscurità. Con i frontalini in testa tor-

niamo al Monastero, dove eravamo il

La mattina seguente ci svegliamo,

Il secondo giorno di cammino nel

dania, 1850 metri, più basso del Re-

la sabbia del deserto.

niamo in albergo 12 ore dopo la par-

giorno precedente. Qui decidiamo di

usciamo dai sacchi a pelo e lo spet-

Wadi Rum percorriamo 16 km, di

segone… Tra sassi, salite e una cresta

tenza, stremati, ma felici. Tutti hanno

dividerci, c’è chi torna verso l’albergo

tacolo che ci si presenta davanti agli

giorno con il sole si sta bene, è come

arriviamo in vetta in un paio d’ore. Da

fame, ma nessuno ha voglia di tirare

per riposarsi, chi invece prosegue e

occhi è mozzafiato. La sabbia ai nostri

primavera da noi, camminiamo in ma-

lassù però vediamo all’orizzonte l’A-

sale verso l’alta via di Petra, dove si

piedi è rossa come la terra dei campi

niche corte, ma se ci sono dei pas-

rabia Saudita. Scendiamo, pranziamo

ammira da un’altra prospettiva questa

da tennis. Attorno a noi il silenzio e le

saggi all’ombra l’aria è molto fresca.

e continuiamo il nostro cammino nel

città incantata che almeno una volta

rocce. Iniziamo il nostro primo giorno

Arriviamo al famoso arco di Burdah

deserto verso l’ultima notte immer-

nella vita dovrebbero vedere tutti. Ci

di cammino nel deserto, siamo soli, il

dove tutti si fanno la foto, alcuni di

si nel paesaggio dove venne girato il

offrono l’ennesimo tè e Stefania cerca

beduino che ci accompagna ci prece-

noi lo scalano fino in cima, io riman-

leggendario film “Lawrence d’Arabia”.

56

Escursionismo

Foto di Anna Masciadri

Escursionismo

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GITE SOCIALI

18 ottobre – Castagnata sociale presso il rifugio Antonio Stoppani. Proponiamo la seguente camminata: Versasio - Piani d’Erna da raggiungere con il sentiero della “Sponda” – Passo del Fo – rifugio Stoppani.

A cura della Commissione Escursionismo

25 ottobre – Tra i monti e il mare … dove l’aria frizzante dei monti incontra la brezza salmastra del golfo. Ruta – Camogli – santuario N.S. Caravaggio – Uscio. Alla scoperta di vecchie abitazioni, edicole dedicate alla Vergine, angoli rimasti inalterati nel tempo. Lungo il percorso potremo ammirare fasce, muretti a secco e la vegetazione tipica che va dal castagno al leccio, all’olivo, alla flora mediterranea.

Da Monte Marcello ai Piani di Bobbio, il programma 2015 I responsabili, prima di proporre il programma delle escursioni sociali, si documentano sui luoghi, percorrono con attenzione gli itinerari valutandone la fattibilità, calcolano tempi di percorrenza, dislivelli e grado di difficoltà, prevedono eventuali vie di fuga. All’approssimarsi della data fissata verificano la percorribilità dei sentieri, cercando se necessario soluzioni alternative. La partecipazione è aperta a tutti i soci in regola con l’iscrizione per l’anno in corso che godono, in tal modo, delle necessarie coperture assicurative previste dal CAI. Ai simpatizzanti non iscritti al CAI può essere concesso di partecipare a poche escursioni con difficoltà T o E finalizzate alla verifica dell’attitudine all’escursionismo di gruppo, chiedendo loro di attivare le polizze giornaliere di assicurazione (Soccorso Alpino ed Infortuni) previa comunicazione dei propri dati anagrafici il venerdì precedente l’effettuazione della gita. Le escursioni sociali del CAI, coerentemente alla loro natura, comportano rischi e pericoli inerenti la pratica dell’alpinismo, dell’escursionismo o di altre attività in montagna. I partecipanti, iscrivendosi, accettano tali rischi e sollevano da qualsiasi responsabilità il Presidente e la Sezione del CAI Lecco e i responsabili dell’escursione, per incidenti e infortuni, che dovessero verificarsi durante lo svolgimento. Chi intende partecipare a una gita è tenuto prima dell’iscrizione ad una corretta autovalutazione in merito al percorso, alla quota prevista, alle difficoltà tecniche, all’impegno fisico nonché alle attrezzature ed abbigliamento necessari. A seguire il programma completo delle uscite. 29 marzo – Il CAI … al mare. Parco di Monte Marcello, Bocca di Magra - Lerici. Gita di apertura attraverso uno degli habitat più interessanti del territorio del Golfo dei Poeti, il promontorio del Caprione, barriera naturale tra la baia spezzina e il bacino del fiume Magra. La particolare posizione conferisce alla zona una grande biodiversità, con alternanza di ambienti marini, fluviali e collinari, con vedute che variano dalla scintillante linea dell’orizzonte tracciata dal mare, sino al frastagliato profilo delle Apuane con le loro cime aguzze e filanti. 19 aprile – Lago di Garda - Monte Castello. Sentiero della Bassa via del Garda: Gargnano -Tignale - Monte Castello Campione del Garda Organizzazione congiunta CAI Lecco - SEL Lecco. Un’escursione sul lago di Garda è avventura, esperienza da vivere a contatto con la montagna e la natura. 24 maggio – Val Veddasca - Monte Viasco - Luino (VA) - Prealpi Lombarde Occidentali - Catena: Tamaro Gambarogno Lema. Siamo in un settore delle Prealpi Varesine che si stacca dalle Prealpi Comasche al Passo di Monte Ceneri, in territorio ticinese, allungandosi a formare le catene di cime che delimitano la Val Veddasca, la Val Dumentino e la Val Magliasina. 7 giugno – Val di Scalve “Ricordando il Gleno” Itinerario suggestivo che offre ampi panorami sulle vette delle Alpi Orobie e delle Alpi Retiche. E’ un viaggio nella memoria. Un percorso per ricordare un immane disastro che produsse un numero incalcolabile di vittime e danni di milioni il 1° dicembre 1923.

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Escursionismo

14 giugno – Camminata sul sentiero “Rotary” da Versasio al Castello dell’Innominato. Il percorso abbraccia, contornandolo a mezza costa, tutto il territorio lecchese, le cui bellezze naturali sono state celebrate da Alessandro Manzoni. 21 giugno – “Raduno sezionale 2015” presso il rifugio Lecco ai Piani di Bobbio. La Commissione ripropone la seguente camminata: Piani di Artavaggio (raggiunti in funivia da Moggio) – rifugio Nicola – rifugio Merlini Cazzaniga – sentiero dei Mughi – rifugio Lecco – Pesciola – Moggio. 28 giugno - Alle sorgenti del Reno, in Svizzera – Lago di Toma – Oberalppass. Un bellissimo percorso su sentieri ben tracciati e segnalati. 5 luglio – Assalto al Resegone. Organizzazione SEL Lecco 12 luglio – Guarda – Rifugio Cler – Ardez. Una bella e simpatica gita in Bassa Engadina. Circa 5 ore di cammino con belle vedute panoramiche e notevole flora alpina. 26 luglio– Rifugio Deffeyes – La Thuile. Fantastica escursione in Valle d’Aosta alle pendici del Ghiacciaio del Rutor. Da La Thuile, località La Joux, lungo il bel sentiero delle cascate raggiungiamo il rifugio dal quale ha inizio un percorso ad anello che ci permetterà di vedere i laghetti della zona. 27 settembre – Val Lavizzara – Lago San Buco. Un quadro ricco di scoperte e avventure. Lavizzara è il nome della parte superiore della Valmaggia, in Canton Ticino. Un territorio esteso coronato da imponenti vette. Stupendi panorami. Corsi d’acqua, cascate, versanti verdi e rocciosi, piccoli nuclei ben conservati, particolari costruzioni.

In data ancora da fissare chiusura della stagione presso il rifugio del Cai Lecco ai Piani di Bobbio.

Le escursioni proposte sono classificate “E” con un paio d’eccezioni che presentano brevi tratti classificati “EE”, nulla di difficile, tratti superabili con un poco d’attenzione. I responsabili e organizzatori del programma sono: Giuliano Mantovani, Domenico Pullano e Beppe Ferrario. Il ritrovo per i bus è come sempre in Via Besonda, Piazzale Eurospin/Galli ex Bennet. Per iscrizioni contattar: Beppe Ferrario tel 333 2915604 email giuseppe.ferrario@virgilio.it oppure Domenico Pullano tel 334 3974654

Abbiamo ricevuto da Andrea Spreafico questa nota: “Molti soci mi hanno fatto i complimenti per la foto apparsa sulla copertina dell’ultimo numero del Notiziario e per le altre pubblicate nell’articolo che ho scritto sulla gita sociale svoltasi lo scorso anno al Castore. In realtà, ho solo avuto la fortuna di apprezzare di persona quegli splendidi paesaggi: l’autore delle foto è il nostro socio Giorgio Mandarano, che quel giorno era in cordata con me e che oltre a saper gestire ramponi e piccozza ha dimostrato di aver particolare talento nell’immortalare i paesaggi. Solo in seguito ad un involontario fraintendimento, quindi, è apparso il mio nome. Mi sono già scusato personalmente con Giorgio e ne ho approfittato per chiedergli di trasmettere al nostro Notiziario altre foto, altrettanto belle, certo che faranno la felicità di tutti noi lettori”.


NOVANT’ANNI DI ALPINISMO “FAI DA TE”

I ricordi di Giovanni Ratti, uno dei pilastri dei Ragni di Lecco

di Matteo Manente

Giovanni Ratti in doppia a Capri

É

di uomo e alpinista: ecco quello che ci

apprendimen-

ha raccontato.

to delle tec-

“Sono nato il 14 settembre 1924 qui

niche

basilari

a Brogno, universalmente conosciuto

di arrampicata,

per essere l’università del dialetto. Fin

anche a Lecco

da ragazzino ho iniziato ad andare in

arriva lo scon-

montagna, si andava nei boschi dietro

quasso

casa per far legna o fieno: anzi, per le

seconda guerra

prime escursioni usavamo proprio le

mondiale; a tal

corde per far su le fasce di fieno! All’i-

proposito Gio-

nizio andavo insieme ad alcuni amici

vanni si ferma

che abitavano qui vicino, come Luigi

un attimo, spa-

Castagna: il nostro è stato un avvi-

lanca gli occhi

cinamento alla montagna passo dopo

come a rivivere

passo, una sorta di “fai da te” messo

per un istan-

insieme poco alla volta, anche perché

te quei terribili

non avevamo alcuna preparazione e

momenti e poi

tantomeno il materiale adatto. Chi è

riprende il suo

cresciuto da queste parti ha iniziato

racconto.

della

La prima volta di Giovanni Ratti sulla Medale con l'amico Vittorio Rota (Balicio) 1940

la Repubblica di Salò, oppure lavorare

come contadino nei terreni che salgo-

“Nell’agosto del 1943, quando lavo-

no verso la cappelletta bianca del San

ravo come meccanico alla ditta Bo-

Il primo inverno passato in Germa-

Martino per far legna; poi negli anni

naiti, è arrivata la chiamata militare per

nia credevo di lasciarci la pelle, non

abbiamo affinato la tecnica e recu-

la classe 1924 e son dovuto partire;

stavo più in piedi, ero senza forze:

perato il materiale necessario: a volte

ero sedentario e di alpini sedentari

allora mi hanno mandato per undici

andavamo sotto alla Cassin per vede-

non ce n’erano tanti: Castagna e Nino

giorni in un ospedale civile, un campo

re se cadeva qualche moschettone o

Bartesaghi sono partiti come alpini, io

dove veniva distribuita la destinazione

qualche chiodo da adoperare. Qui ab-

invece sono andato come sedentario

di lavoro e anche la posta. Quando re-

biamo iniziato così, migliorandoci poco

in fanteria ad Alba. Dopo dieci giorni

cuperavi le forze, venivi trasferito nella

alla volta, specialmente dopo gli anni

c’è stato l’8 settembre, sono arriva-

baracca dei disponibili e avvisavano il

della guerra, fino ad arrivare alla prima

ti i tedeschi e mi hanno preso, por-

tuo datore di lavoro che eri pronto: se

cordata effettuata sulla Punta Fiorelli,

tandomi in Germania: eravamo 3mila

lui aveva ancora interesse a riprender-

prima di continuare con lo spigolo del

reclute, una sera eravamo al cinema

ti, veniva a ritirarti, altrimenti ti smista-

Fungo, la Segantini e man mano tutte

e arrivò l’ordine di tornare in caser-

vano verso un altro datore di lavoro.

nelle fabbriche tedesche.

stato tra i pionieri dell’alpini-

settembre 1943 è stato deportato in

anni già compiuti, Giovanni Ratti non

le altre vie presenti sulle montagne di

ma perché c’era stato l’8 settembre

Io sono stato recuperato il 6 febbraio

smo lecchese, quando tante vie

Germania, dove è rimasto prigioniero

ha perso un briciolo di lucidità nel rac-

casa. La mia formazione è stata simile

e non si poteva più uscire. Dopo due

1944 insieme a un sergente bresciano

e pareti erano ancora da sco-

per due anni prima di tornare a Lecco

contare le molteplici avventure alpini-

a quella di tanti altri ragazzi cresciu-

o tre giorni mi hanno preso insieme

che lavorava a Lecco, ricordo che ne-

prire o da ripetere; Ragno della prima

e riprendere la vita di tutti i giorni, il

stiche fatte non solo di grandi scalate,

ti in quegli anni: eravamo abituati fin

alla mia compagnia con lo scopo di

vicava e che faceva freddissimo; pri-

generazione, è stato uno dei primi a

lavoro e naturalmente anche l’attività

ma anche, inevitabilmente, di tanti ri-

da piccoli al contatto con la montagna

completare una tradotta che arriva-

ma ci hanno messi a fare lavori leg-

entrare nel gruppo dei Maglioni Ros-

alpinistica.

cordi, aneddoti, amicizie costruite nel

e questo aspetto l’ho ritrovato anche

va dalla Francia, dalla Riviera. Di fatto

geri, così mi sono ripreso pian piano,

si all’indomani della loro fondazione,

Stiamo parlando di Giovanni Rat-

tempo e conoscenze maturate in anni

più avanti, quando molti allievi avuti

però ci hanno portato in Germania, in

poi quando ho iniziato a star bene mi

appena terminata la seconda guerra

ti, classe 1924 e rancese doc, anzi, di

e anni spesi a frequentare le monta-

alla Scuola Ragni dimostravano una

un campo di smistamento al confine

hanno mandato a fare lavori più duri,

mondiale; per anni ha accompagna-

Brogno, come ha tenuto a specificare

gne.

straordinaria dimestichezza con cose

con l’Olanda e sono tornato a casa

per tornire bombe con turni di lavo-

to il conte Aldo Bonacossa nelle sue

fin da subito quando lo abbiamo in-

anche di quarto grado”.

solo due anni dopo, il 15 agosto 1945.

perlustrazioni lungo la catena alpina,

contrato nella sua abitazione ai piedi

Per l’occasione, gli abbiamo chiesto

diventandone un inseparabile punto

del Medale, in una grigia e piovosa

di parlare un po’ a ruota libera degli

di riferimento; dopo l’armistizio dell’8

mattina d’inverno. Nonostante i 90

episodi più significativi della sua storia

Al campo di smistamento in Olanda ci Deportato

Dopo i primi anni di formazione e

è stata fatta una proposta: dovevamo scegliere se rimpatriare in Italia sotto

L’intervista

61


“La nostra palestra ideale erano soprattutto le rocce della Grigna, quella è stata la nostra scuola e lì sono tornato subito dopo la guerra. Allora la stagione alpinistica si apriva con la festa di San Giuseppe e Gigi Vitali cercava sempre compagni per andare ad arrampicare in Grigna: sono andato con lui, anche se non mi fidavo per come poteva reagire la mia testa dopo l’esperienza in Germania; mi sono rinfrancato quando in Calolden, prima di arrivare ai Resinelli, ho trovato altri rancesi tra cui il Bigio, il Duilio e altri che conoscevo. La domenica dopo abbiamo ripreso in mano le corde per la prima volta, siamo saliti sul Campaniletto e poi pian piano ho ripreso tutte le mie attività quotidiane. Subito dopo la guerra sono entrato nei Ragni, facendone parte fin dall’inizio, anche se arrampicavo già da tanto tempo prima della loro fondazione; la

Giovanni Ratti sulla cima di Valbona

ro alternati ogni settimana fra le sei

erano le sigarette, non il marco: con le

di mattina e le sei di sera e viceversa.

sigarette compravi tutto. Poi la guerra

Inoltre, la domenica capitava spes-

è finita, il 15 agosto 1945 sono tornato

so che dovevamo saldare le lamiere

a casa e mi son rimesso ad andare in

dei capannoni che stavano al posto

montagna”.

dei vetri ormai bombardati. Pian piano ho cominciato ad arrangiarmi col mercato nero, nel quale il vero denaro

In Grigna

Rientrato sano e salvo in Italia nell’estate del 1945, Ratti ritorna subi-

62

L’Intervista

to a praticare l’arrampicata sulle amate pareti di casa, soprattutto fra le guglie della Grignetta.

Giovanni Ratti con l’amico Giuseppe Spreafico (Pepeto) in Cima al Bernina 1957

guerra aveva costretto tanti a partire

di Bondo per scendere verso la Sciora,

timana, così mi ha chiesto di andare ad

zioni e capacità di mettere le proprie

sotto le armi, da Tizzoni, a Vittorio Ratti

scivolando anche tra neve e crepacci.

accompagnare il conte Bonacossa. La

competenze a servizio degli altri, Gio-

e Cassin... erano pochi quelli rimasti a

Questa è solo una delle tante avven-

prima volta che ci siamo incontrati era

vanni Ratti ricorda con affetto gli anni

casa in quegli anni. Grazie all’ingresso

ture più o meno particolari, ciascuna

la festa di San Pietro e Paolo, ci siamo

trascorsi come istruttore per la Scuola

nei Ragni ho visto per la prima volta

importante per motivi diversi fra loro.

trovati bene a vicenda e da quell’esta-

Ragni e poi a Santa Fosca durante le

montagne diverse da quelle di casa,

Tra le altre ricordo bene la nord-est

te ha iniziato a venir via con me. Era

numerose Settimane Verdi organiz-

come in occasione del primo cam-

del Badile, così come lo Spigolo Giallo

il periodo in cui stava stilando la sua

zate dal Gruppo di Alpinismo Giovanile

peggio organizzato sul lago di Misuri-

nel gruppo delle Tre Cime di Lavaredo

Guida per la zona del Sempione, del-

del CAI Lecco.

na o le escursioni programmate in Val

fatto con tre cordate da tre perso-

la Valle Anzasca e della Valle Antrona,

“Ho collaborato con la Scuola Ragni

Masino, con le prime ascensioni lonta-

ne nel 1951 o la nord-ovest sulla via

fino a Macugnaga: quando si poteva

fino a un certo punto, quando sono

ne da casa. Memorabile è stata la volta

Castiglioni-Bramani in Val Bondasca

e c’era tempo, portavo anche qualche

arrivati quelli più giovani di me e alla

che con Cassin, “Nisa”, Castagna e tanti

l’anno successivo”.

mio compagno di arrampicata, per-

fine, con la scissione con il CAI di

ché nelle zone che perlustrava il conte

Belledo, mi è mancata un po’ la forza

c’erano un sacco di spigoli non ancora

per continuare. Ai miei tempi erava-

altri siamo partiti da Lecco per andare al Badile ma abbiamo sbagliato sentie-

Con Bonacossa

ro e invece che salire verso la Gianetti,

Tra le numerose persone conosciu-

saliti e spesso mi lasciava andare in

mo organizzati per essere sempre due

ci siamo ritrovati in breve tempo alla

te in tanti anni di attività da Giovanni

avanscoperta, stando alla base delle

istruttori e tre allievi, in modo da poter

Omio! Così, dopo i primi attimi di stu-

Ratti, spicca il prestigioso legame in-

pareti ad osservare. La collaborazione

insegnare quanto più potevamo. Sono

pore e incredulità, abbiamo varcato il

staurato con il conte Aldo Bonacossa,

con il conte Bonacossa è durata per

stati anni molto intensi e importanti.

passo del Barbacan in direzione della

di cui fu per anni fidato collaboratore

dieci o undici anni ed è stata l’occa-

nostra meta, bivaccando nei pressi del

durante la stesura e la revisione delle

sione per arrampicare su pareti di se-

rifugio Gianetti, allora ancora in co-

famosissime “Guide Grigie” del CAI.

condo, terzo o quarto grado che non

struzione. Soltanto il giorno successi-

“Nel 1948 Gigi Vitali era caporeparto

vo siamo riusciti a scollinare dal passo

all’Aldè e non poteva assentarsi in set-

conoscevo per niente”.

Sempre a proposito di collabora-

Per tanti anni ho partecipato inoltre

L’intervista

63


alle vacanze organiz-

non avevo tempo e dovevo lavora-

zate a Santa Fosca e

re per portare a casa il pane: avevo

innumerevoli sono sta-

a disposizione solo qualche settimana

te le volte che insieme

estiva in cui accompagnavo il conte

ad amici quali Annibale

Bonacossa, che spesso telefonava per

Rota e Renzo Battiston

ringraziare il mio principale, l’ingegner

andavo in avansco-

Bonaiti, che mi concedeva i permes-

perta su vie ferrate o

si necessari per lasciarmi andare in

escursioni da proporre

montagna”.

poi negli anni successivi. Quanto ai corsi di Giovanile,

Infine, chiediamo a Giovanni Ratti se

invece, ne ho segui-

c’è un’impresa alpinistica che ricorda

ti alcuni negli anni in

con maggior passione, a tanti anni di

cui è stato fondato il

distanza: ci pensa un attimo, qualche

secondo corso alpini-

momento di titubanza per sceglierne

stico, partecipando alla

una e poi attacca con il racconto e

formazione dei ragazzi

i numerosi aneddoti relativi alla salita

più grandi, portandoli

della via Bramani-Castiglioni sullo spi-

su sentieri attrezza-

golo nord-ovest del Badile, compiuta

terza o quarta ripetizione assoluta di

aver mangiato delle pesche sciroppate

suoi 90 anni spesi per l’alpinismo si

ti, ferrate, canaloni e

nel 1952.

Alpinismo

Giovanni Ratti in arrampicata. Sotto: Giovanni Ratti con il Conte Bonacossa

Il Badile

Giovanni Ratti assicura un giovane sulla Ferrata Tomaselli alla cima di Fanis 1988

quella via. Abbiamo dormito al Sasc

che a causa dello sforzo accumulato

conclude così com’era iniziato, con un

itinerari più complessi.

“Devo precisare che dopo il mio in-

Furà, ma in un casottello ben diver-

sembravano le più buone del mondo.

sorriso e una sincera stretta di mano.

Ricordo tanti giovani

cidente allo Spigolo Giallo e la morte

so dal rifugio attuale, costruito sul-

Ma adesso arriva il bello: quando era-

Fuori piove ancora, cade una piog-

passati dai corsi, alcuni

in Grignetta del povero Luigi Castagna,

la terra battuta con muri a secco dai

vamo lì sulla cengia, ci siamo accorti

gia sottile che appena poco più sopra

di loro sono diventati

avevo smesso di arrampicare per un

pastori; verso le due ci siamo avviati,

che sullo spigolo c’erano Gianfranco

di noi è già neve, l’aria è fredda, ma

anche ottimi alpinisti e

po’ di tempo. La nord-ovest lungo la

davanti Bartesaghi con la lanterna per

Anghileri e “Snapitus” (Mario Colom-

il gelo pungente è presto scaldato e

questo mi fa piacere.

via Bramani-Castiglioni rappresentò

far luce. A un certo punto scompare

bo), che col “Bigio” (Carlo Mauri) e il

scacciato dalla piacevole sensazione

Quello che più ricordo

la prima ascensione stagionale fuori

lui e la lanterna, passando giù a causa

“Topo” (Emilio Ratti) erano partiti da

di aver appena finito di conversare

di tutte queste attività

dalla Grigna per quell’anno, dopo un

del sentiero bagnato e dell’erba umida

Lecco ed erano andati anche loro al

con una colonna portante dell’alpini-

rivolte ai giovani sono

po’ di allenamento fatto sulla Parete

sopra le rocce. Non contenti, a metà

Badile. Ma c’è un altro aneddoto le-

smo lecchese, uno che ne ha fatto at-

soprattutto

tante

Fasana per abituarmi fisicamente e

ghiacciaio avvertiamo un colpo secco

gato a quella salita: mentre eravamo

tivamente la storia, nonché uno dei più

cantate e le altrettante

mentalmente alle lunghe distanze, più

e sentiamo tremare il ghiaccio sotto

in vetta, vediamo uno sulla Cassin che

lucidi testimoni di quell’epoca ormai

bevute fatte insieme

che alle difficoltà tecniche. In realtà la

i nostri piedi, ma la parete era anco-

saliva da solo, eravamo nel 1952. L’uo-

lontana. Avere ancora oggi la possibi-

durante i corsi, ma so-

Bramani-Castiglioni venne fuori per

ra lontana e così ci siamo accorti che

mo in parete era Herman Buhl, che era

lità di ascoltare queste figure storiche,

prattutto a Santa Fosca:

caso, nel senso che io e Osio pun-

era il ghiaccio che si rompeva crepac-

arrivato in bicicletta da Innsbruck e

a pensarci bene, non è cosa da poco:

come dimenticarsi di

tavamo più allo spigolo della Sciora di

ciandosi sopra un gradino di roccia, un

aveva effettuato in brevissimo tempo

ogni volta ci concedono la possibili-

quel rifugio in cui era

Fuori sul quale, a causa di una frana,

fenomeno che si verifica spesso verso

la prima ripetizione della nord-est del

tà di ricordare da dove veniamo per

incisa a grandi caratteri

s’era aperta e creata una nuova via

l’alba. Alla fine siamo arrivati all’attac-

Badile: non solo era riuscito nel suo

capire meglio dove indirizzare la rotta

sul legno del bancone

tutta da provare. Invece i miei com-

co della parete, ci siamo calati di un

intento, ma quando il “Bigio” l’ha in-

futura e spingerci ad andare. Un privi-

la frase “Il buon bere

pagni di cordata Giulio Bartesaghi e

venticinque metri verso la roccia, da

vitato a tornare con noi a Lecco, ab-

legio assolutamente non scontato.

non è un vizio, ma è un

Arnaldo Tizzoni puntavano decisa-

cui cadeva un misto di acqua e ter-

biamo scoperto che aveva intenzione

dovere”?

mente alla nord-ovest del Badile e

ra. Tra una disavventura e l’altra, tra

di rientrare per sera in Austria sempre

Non ho invece mai

in ultimo ebbero la meglio nella de-

cui una corda bloccata e una sosta di

in bici, perché il giorno dopo doveva

fatto nessuna grande

cisione finale, sostenendo che in due

qualche ora su una cengia in attesa

lavorare... cose dell’altro mondo!”.

spedizione, europea o

cordate da due diventava tutto più

di risolvere il problema, siamo arrivati

extraeuropea,

semplice e più veloce... si trattava della

in vetta alle sei di sera: lì ricordo di

le

perché

Il racconto di Giovanni Ratti e dei

Foto archivio Giovanni Ratti

L’intervista

65


DUE GIORNI SULL’ALTIPIANO

La malga di Campo Posellaro. Foto di Pina Ietto

Ad Asiago con la scuola di fondo

di Giusi Negri

S

abato 31 gennaio è arrivato:

longo, ma non dimentichiamo l’elezio-

la neve è bella e i vari gruppi con gli

ha inizio la due giorni di fon-

ne in corso del nuovo Presidente della

istruttori percorrono le piste del com-

do. Il nostro corso dopo le tre

Repubblica.

prensorio; il mio gruppo con Cesare

uscite in Engadina ci porta in terra ve-

Dopo la solita sosta all’autogrill rag-

raggiunge il Rifugio Moline a 1.740 m

neta. Puntuali alle 6.30 partiamo per le

giungiamo il Centro Fondo Gallio del-

seguendo un percorso di media diffi-

nostre sciate, sull’autobus si inizia già a

la località Campomulo sull’altopiano

coltà fra salite e discese su piste ben

parlare delle località e delle piste che

di Asiago in provincia di Vicenza; la

battute.

percorreremo: Campomulo e Campo-

giornata è soleggiata con un cielo blu,

Terminata la sciata ci dirigiamo


Rata Costante Gas ACEL Service

E l’inverno non fa più paura! Sulle piste di Campolongo. Foto di Giusi Negri

verso il nostro autobus che ci aspet-

gagli e colazione: tutti siamo pronti

partiamo per il viaggio di ritorno, ar-

ta nel piazzale e raggiungiamo con

per un’altra giornata sulle piste. Rag-

riviamo a Lecco verso le ore 18.30.

una strada a tornanti l’albergo: Hotel

giungiamo con un sole che ci scalda

In questi due giorni i vari grup-

Vezzena, in località Passo Vezzena a

dai finestrini il Centro del Fondo di

pi hanno sciato insieme, percorrendo

Levico: siamo giunti in Trentino Alto

Campolongo, in località Campolongo

nuove piste e ammirando luoghi stu-

Adige, provincia di Trento; scopria-

– Rotzo, provincia di Vicenza: anche

pendi, alcuni dei quali presentano i ri-

mo che abbiamo un nuovo Presidente

qui ci sono delle belle piste che spa-

cordi della prima guerra mondiale.

della Repubblica.

ziano nel magnifico paesaggio che si

Ognuno va nella propria came-

presenta ai nostri occhi.

Penso che gli allievi abbiano potuto sciare in compagnia, approfondendo la

ra, doccia, riposino e poi pronti per

I vari gruppi ne percorrono alcu-

tecnica e vivendo una splendida av-

la cena che è tipicamente del luogo:

ne, vediamo le cime delle montagne

ventura. E’ sempre bello scoprire nuovi

spaezzle, stinco con crauti e polenta,

innevate e brillanti, il cielo è limpi-

luoghi, stare a contatto con la natura

strudel con crema, tutto molto buono.

do, il mio gruppo raggiunge la Malga

in un silenzio che rigenera corpo e

Vista la temperatura esterna dopo

Mandrielle e, allungando il percorso, la

mente.

la cena si chiacchiera, si gioca a carte

Malga Camporosà, sulla via del ritorno

Grazie ai nostri istruttori: Cesare,

e poi a letto per una buona dormita,

incontriamo altri gruppi e famiglie che

Giovanni, Paola, Pina e Salvatore che

fuori dall’hotel ci sono solo piste da

stanno sciando in compagnia, durante

hanno organizzato questi due giorni,

sci.

le soste scattiamo delle fotografie per

e a tutti i partecipanti che hanno con-

ricordare questi bellissimi posti.

tribuito alla buona riuscita della stessa.

Al mattino sveglia, preparazione ba-

Arrivati all’autobus gustiamo le torte

68

Sci di Fondo

e il vino che alcuni di noi hanno gentilmente offerto. Rifocillati, contenti e un po’ stanchi

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SETTE GIORNI ALLA MADDALENA

Nell’arcipelago presso le coste sarde la “settimana azzurra” del Geo

Fra rocce e mare. Foto di Agostino Riva

I

di Agostino Riva

l Parco Nazionale dell’arcipelago

apparso su Il Giornale di Lecco del 29-

meglio le insenature de La Maddalena,

9-2014:

Caprera, Spargi, Budelli, Santo Stefano. Le uscite erano state programmate

della Maddalena è tra gli ambienti naturali di maggior pregio e integri

“ Si respira ancora il profumo delle

insieme a Giuliano Gaio, esperta guida

di tutto il Mediterraneo. Le escursioni

vacanze al GEO, Gruppo età d’oro, che

maddalenina che conosce l’arcipelago

a Punta Crucitta, Candeo, Cala Cotic-

organizza i seniores del Cai di Lecco.

come le sue tasche, ci hanno spiega-

cio, Cala Brigantina e Cala Napoletana,

L’arcipelago della Maddalena è stata in-

to gli organizzatori. Non sono manca-

oltre alla salita al Monte Tejalone, fat-

fatti la location delle nove giornate tra-

ti alcuni momenti di approfondimento

te anche lungo percorsi fuori pista, a

scorse a partire da metà settembre da

come la visita al memoriale di Giuseppe

tratti impegnativi, ci hanno permesso

un gruppo di sessanta soci. Capitanati

Garibaldi, nella casa dove ha trascorso

di godere panorami di inaspettata bel-

dal presidente Marcello Sellari e dal vice

25 anni della sua lunga e intensa vita.

lezza tra rocce di granito rosa sopra

presidente Agostino Riva, i partecipanti

Non poteva mancare, infine, una serata

un mare color verde turchese.

hanno affrontato escursioni quotidiane

dedicata alle danze a alla musica.”

Il nostro socio Claudio ha raccon-

che hanno contemplato anche dei fuori

tato così la settimana azzurra del GEO

pista piuttosto impegnativi sui sassosi

Settimana intensa, che, salvo il piccolo

(13-21 settembre 20149, in un articolo

percorsi isolani culminati nelle splendi-

incidente occorso al nostro presiden-

de calette dove era possibile tuffarsi nel

te, è trascorsa molto serenamente con

limpido mare della Sardegna settentrio-

soddisfazione e divertimento per tutti.

nale. Due giornate intere sono state tra-

Stiamo già pensando al prossimo anno.

70

Geo

scorse in barca, a visitare e a conoscere


IL SESSANTOTTO IN PUNTA DI SCARPETTE

UN SENTIERO LUNGO 50 ANNI

La mostra del gruppo di Alpinismo Giovanile alla Torre Viscontea

Quattro serate in Sala Ticozzi

di Adriana Baruffini

N

el clima di contestazione e di ricerca del nuovo che sul finire degli anni Sessanta ca-

ratterizza ogni espressione del costume e della cultura, anche il mondo dell’alpinismo italiano è interessato da un fenomeno inedito e per certi versi rivoluzionario. E’ l’avvento dell’arrampicata libera, quella che si era già affermata sui graniti californiani dello Yosemite, sfociando nell’etica rigorosa della “clean climbing”, l’arrampicata pulita che non lascia tracce sulle pareti. Un fenomeno di cui erano stati precursori Messner e altri alpinisti suoi contemporanei, in un collegamento ideale con

scarpette a suola liscia, i vestiti leggeri

Val di Mello 9000 metri sopra i prati,

che assicuravano libertà di movimen-

ha parlato dei “Rivoluzionari in scar-

to, la magnesite per asciugare le mani,

pette rosse della Val di Mello” ovvero

i blocchetti a incastro in sostituzione

i “sassisti”: un gruppo di arrampicatori

dei chiodi e via via una serie di at-

che, avendo avuto come precursore

trezzi dai nomi esotici importati dagli

il milanese Ivan Guerini, autore della

Stati Uniti.

guida Il gioco-arrampicata della Val

In un momento di crisi dell’alpinismo

di Mello, svilupparono uno stile di ar-

che era soprattutto crisi di idee, le

rampicata veloce e leggero, rispettoso

nuove tendenze si proponevano come

delle linee naturali di salita, e raggiun-

riflessione e stimolo al rinnovamento,

sero livelli di difficoltà elevati soprat-

dando luogo nei primi anni Settanta a

tutto nell’arrampicata in fessura e in

un movimento che prese il nome di “Il

aderenza.

nuovo mattino” dal titolo di un saggio

Alessandro Gogna, alpinista di fama

di Gian Piero Motti sulla “Rivista della

internazionale, guida alpina e storico

Montagna”, per essere poi variamente

dell’alpinismo, ha illustrato i tentativi

declinato nei diversi contesti territo-

di esportazione dell’arrampicata libera

riali.

nel Sud Italia e nelle isole, esperienza narrata in 100 Nuovi Mattini e Mez-

l’ultimo Bonatti. Rifiutando

l’uso

esasperato

dei

mezzi di progressione artificiali, si proponeva un ritorno ai metodi leali dell’arrampicata libera del passato; si cercavano terreni nuovi su cui cimentarsi, non necessariamente le vette e le grandi montagne, ma anche pareti di fondovalle e sassi di pochi metri d’altezza; si dava valore all’essenza del gesto e al gusto dell’arrampicata fine a se stessa, nel rispetto e nella riscoperta dell’ambiente e in armonia con la roccia; superando le vecchie concezioni di rischio, di sofferenza, di eroismo per la conquista delle cime, al concetto di “lotta per l’alpe” si sostituiva quello di “pace con l’alpe”. Sul terreno pratico facevano la loro comparsa le

72

Appuntamenti

Con Gamma e Uoei

zogiorno di Pietra (1981).

di Matteo Manente

D

al 14 dicembre 2014 all’11 gennaio 2015 , a Lecco, nei locali della Torre Viscontea, è

stata offerta al pubblico una mostra dedicata ai primi cinquant’anni di storia del gruppo di Alpinismo Giovanile del CAI Lecco. Tramite una serie di pannelli descrittivi, numerose fotografie e alcune installazioni video, vengono ripercorse le tappe salienti di un’attività da sempre rivolta alle giovani generazioni. L’inaugurazione si è svolta sabato 13 dicembre. «Il CAI Lecco – ha dichiarato nell’occasione il presidente Emilio Aldeghi – è orgoglioso di presentare una mostra che è frutto di un lungo lavoro condotto da tante persone: è un bel modo per fare festa con tanti amici ed

tra i pochi gruppi ad aver raggiunto il

quarta sala raccoglie i pannelli relativi

prestigioso obiettivo dei 50 anni, ma

ai trekking estivi, un’esperienza partita

la storia dell’alpinismo giovanile non

in sordina nel 2003 e consolidatasi nel

è solo nostra, è un cammino fatto in

tempo».

collaborazione con tanti amici e tante altre sezioni nazionali».

«La festa per il cinquantesimo – ha concluso il presidente del gruppo, Ti-

Per quanto riguarda l’allestimento, è

ziano Riva – è frutto delle diverse ini-

stato il curatore Matteo Abate a spie-

ziative intraprese negli anni, che som-

gare come la mostra è stata strutturata:

mate tra loro hanno portato a questo

«Si tratta di quattro sale in cui viene

importante anniversario: oltre alla mo-

ripercorsa la storia dell’alpinismo gio-

stra e al libro appena finito di stampare

vanile lecchese, grazie a pannelli de-

che ne ripropone i contenuti, negli anni

scrittivi e fotografici, installazioni video

la nostra attività si è concentrata, fra

e altro materiale. La sala all’ingresso è

le altre cose, sulla creazione e la cura

dedicata alla lettura dei notiziari sezio-

del Sentiero didattico alla base del Ma-

nali e alla visione delle fotografie pro-

gnodeno, sulla formazione omogenea

venienti dall’archivio personale di Carlo

degli accompagnatori con i corsi ASAG

Primerano; la seconda racconta la sto-

e sulle iniziative didattiche nelle scuo-

ria dei 50 anni del gruppo, con pannelli

le: tutto questo è stato possibile grazie

e foto raggruppati per decenni; la terza

alla preziosa disponibilità dei nostri nu-

sala è dedicata alla creatività e alle in-

merosi collaboratori».

Su questo tema, fra novembre e di-

Con lieve ritardo rispetto alla valle

cembre 2014, a Lecco presso la sala

dell’Orco e alla Val di Mello, i “Nuo-

Don Ticozzi si sono svolte quattro se-

vi Mattini” raggiunsero infine anche il

rate organizzate dal gruppo Gamma e

Nord-est: ne ha parlato Franco Per-

dall’UOEI con il sostegno del Comune

lotto, alpinista, guida alpina, grande

di Lecco e di ACAL, e con la parteci-

viaggiatore ed esploratore, scalato-

pazione di altrettanti alpinisti di fama

re spesso in solitaria di montagne di

che, avendo vissuto in prima persona

tutto il mondo, a cui si deve fra l’al-

forte crescita personale e per questo il

quella fase di cambiamento, sono ri-

tro l’apertura di nuove vie di assoluta

servizio di formazione offerto dal CAI

usciti a ricostruirne il mosaico con i

avanguardia nelle Dolomiti.

alla nostra città, che da sempre vanta

tasselli delle loro specifiche esperienze.

Ogni presentazione è stata illustrata da un ricco corredo di filmati e imma-

Andrea Gobetti, alpinista e spele-

gini d’epoca, e accompagnata da “me-

ologo piemontese, ha raccontato nel

ditazioni musicali” che hanno cercato

suo stile scanzonato e simpaticamen-

di cogliere e trasporre in musica lo

te autoironico l’avventura del “Cerchio

spirito libero e innovatore dell’epoca,

volante” o “Mucchio Selvaggio”, attivo

con formazioni e stili diversi in ogni

in valle dell’Orco e in altre valli scono-

serata, spaziando dal folk all’improvvi-

sciute delle Alpi Occidentali.

sazione libera.

Jacopo Merizzi, alpinista valtellinese, coautore con Paolo Masa della guida

ex presidenti del gruppo, un’occasione per celebrare un traguardo importante per un’associazione che ha sempre lavorato in collegamento e a servizio della città di Lecco; in Italia siamo La mostra e il libro illustrati da Matteo Manente

stallazioni video, con la riproposizione

Elogi per l’attività del CAI e dell’al-

di una parte della mostra sulla “Storia

pinismo giovanile anche da parte del

del bosco vecchio” fatta qualche anno

sindaco Virginio Brivio, presente all’i-

fa insieme a Luisa Rota Sperti; infine, la

naugurazione: «La montagna aiuta a fare i conti con noi stessi e a rapportarci con la fatica, è un momento di

una notevole tradizione alpinistica, non va dato per scontato».

Appuntamenti

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UNA MONTAGNA DI EMOZIONI

L’appuntamento annuale con la scuola di scialpinismo

lasciano la voglia di provare per credere. Io, invece, racconto il viaggio in Norvegia, in compagnia di 6 MontaGnari. Condivido come sempre l’idea

C

di Sara Pozzetti

ome negarsi all’organizzazione del nostro evento. Viene spontaneo ripartire

con lo squadrone dell’anno scorso, già rodato, decisamente attivo e i compiti sono presto distribuiti. Maurilio è dedicato alla prenotazione della Sala Ticozzi, Nicola ed io ai contatti, Matteo alla grafica della locandina, Daniele, Armando, Remo, Giacomo alla distribuzione. Le serate sono inserite a novembre e a metà dicembre e in quest’ultima occasione ci facciamo anche gli auguri di Buon Natale. La grande novità di quest’anno è che siamo supportati da due spon-

sor, perchè Danilo Villa è riuscito ad

e brillante oratore intrattiene gli ospi-

all’interno della Scuola di Sci Alpini-

accordarsi con Sport Specialist e la

ti, affascinati come da tradizione dal

smo, e un paio di cari amici accettano

Banca Popolare di Sondrio, che rin-

suo girovagare alla ricerca continua di

di buon grado.

graziamo ancora.

avventura.

Indovinate il primo a cui scrivo, non

Spenderemo una settimana lungo le

Nicola combina con Franz Rota No-

Alpi di Lyngen, e saremo anche fortu-

dari che ci porta il suo racconto sulle

nati sia per il meteo, che per le ottime

E la sua risposta mi preoccupa: ci ha

salite di tutti gli 82 quattromila delle

condizioni della neve. Una bellissima

già presentato tutto, e se non fosse ri-

Alpi. È una carrellata di foto bellissi-

settimana condivisa con piacere, e un

uscito a fare qualcosa durante il mese

me, paesaggi mozzafiato, montagne

grande ricordo da conservare.

di agosto, purtroppo avrebbe dovuto

severe che hanno permesso di essere

rinunciare.

salite. Complimenti a Franz!

può che essere Martino Colonna.

Per fortuna durante le vacanze lo

Con grande piacere chiudiamo il

vedo pubblicare foto di vulcani, lo

programma con i “Canali DoloMitici”

contatto subito e mi assicuro la sua

dei Cervelloni e la Norvegia dei Mon-

presenza. Martino ci racconterà il suo

taGnari.

viaggio in Cile, dove ha salito con gli sci parecchi vulcani.

Saremo contenti di rivedervi il prossimo autunno, la tradizione continua. Non mancate.

Beppe Rusconi ci mostra e ci racconta le salite lungo i ripidi canali, con

Panorami bellissimi, e il suo racconto

le successive discese da brivido. Una

è coinvolgente come sempre. Grande

collezione di fantastiche gite, che ci

Alcune immagini dalla presentazione di Sara Pozzetti sull’avventura norvegese dei MontaGnari


RECENSIONI CINQUANT’ANNI DI ALPINISMO GIOVANILE di Adriana Baruffini Fra le pagine di questo libro, album fotografico e insieme agile testo di storia, scorrono le generazioni di ragazzi e di accompagnatori che sono stati protagonisti dei primi 50 anni di vita del gruppo di Alpinismo giovanile del CAI Lecco, con sullo sfondo le famiglie, la sezione, le istituzioni a vario titolo coinvolte. Uno stralcio dalla nota introduttiva dei curatori: “Il libro si compone di due parti apparentemente distinte tra loro ma di fatto complementari, come due facce della stessa medaglia: la prima riporta integralmente, così come era stata pensata, scritta e realizzata a suo tempo da parte di Annibale Rota, la monografia 25 anni di Alpinismo Giovanile; si tratta di un volume ormai introvabile, che era quindi doveroso riproporre nella sua interezza e completezza. La seconda parte, invece, prende le mosse proprio dai festeggiamenti del Venticinquesimo e conduce il lettore attraverso le tappe più significative degli ultimi venticinque anni… Al termine, prima della postfazione firmata da Dino Piazza, trova spazio un’appendice curata da Tiziano Riva e dedicata all’iniziativa ormai pluridecennale del trekking estivo, con tanto di schede dettagliate, informazioni e consigli utili di chi vi ha preso parte anno dopo anno”. Altre schede disseminate lungo il racconto contengono approfondimenti su figure particolarmente significative o iniziative speciali, come la tradizionale settimana verde di Santa Fosca e le attività legate al sentiero didattico-naturalistico. Se la visione delle fotografie, soprattutto di quelle in bianco e nero dei primi anni, porta con sé un’inevitabile nota di nostalgia, il messaggio che si ricava dalla lettura del libro è però di grande vitalità e ottimismo verso il futuro, all’insegna di una continuità con il passato di cui si riconosce tutto il valore.

Annibale Rota e Matteo Manente (a cura di) UN SENTIERO LUNGO 50 ANNI CAI sezione di Lecco “Riccardo Cassin”, 2014

L’ARRAMPICATA NEL MEZZOGIORNO D’ITALIA 33 ANNI DOPO di Renato Frigerio Alessandro Gogna è uno di quegli alpinisti-scrittori che, quando lancia una sua nuova pubblicazione, mette sul chi va là arrampicatori e critici di settore, perché non tutto quello che lui scrive è semplice racconto, ma sottintende sempre qualcosa che richiede di essere considerato con più profonda attenzione. Questo allora vale anche per il suo nuovo volume La pietra dei sogni, il cui contenuto non va preso solo come un insieme di vivaci cronache di arrampicate su pareti che si salgono con pochi tiri. Questo è il terreno su cui ci si deve oggi confrontare, perché se ci si dovesse rivolgere alle grandi montagne, qui ci si troverebbe ormai con ben pochi seguaci. Con questo suo nuovo volume che, come precisa il sottotitolo, compie un Viaggio alla scoperta del freeclimbing nel Mezzogiorno d’Italia, l’autore ci fa incontrare con un abbondante numero di pareti e di altrettanti arrampicatori, più o meno famosi, che hanno avuto un notevole spazio per deporre le loro coinvolgenti testimonianze. Così, nell’insieme, si ottengono brillanti racconti che scorrono con ritmi intensi e ricchi di umana vitalità, alla guisa di filmati a colori, per presentare tante bellissime vie e i protagonisti che le hanno aperte. Anche se l’elenco è lungo, non per questo diventa a volte meno interessante, tanto che alla fine lascia un po’di nostalgia per questo mondo, del quale si resta in certo senso innamorati e di cui ci si sentirebbe felici e orgogliosi di far parte.

Alessandro Gogna LA PIETRA DEI SOGNI Viaggio alla scoperta del free-climbing nel Mezzogiorno d’Italia Collana I rampicanti, Edizioni Versante Sud , novembre 2014

IN MTB ALLA SCOPERTA DEL GARDA di Renato Frigerio Non importa che si tratti di uno o l’altro dei settori geografici della nostra penisola: quando a venire alla luce è una guida elaborata per agevolare gli appassionati di una tipica specialità sportiva, si può essere certi che grazie alla stessa si andranno insieme a conoscere alcuni degli angoli più incantevoli del territorio in questione. Lo è stato con le guide per l’alpinismo, in seguito per tante belle falesie: lo è ora per i nuovi volumi che si indirizzano agli appassionati della mountain bike. Tutte queste guide, che non si limitano alla segnalazione e alla descrizione degli itinerari, assolvono nello stesso tempo la funzione di mettere in risalto le bellezze dei luoghi e di fornire utili e allettanti

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Recensioni

indicazioni logistiche. Se poi, con le indicazioni di Marco Giacomello che propone il volume MTB Alto Garda - con 54 percorsi distribuiti tra Monte Baldo, Monte Velo, Monte Tremalzo, Valle dei Laghi, Val di Ledro, Vallagarina e Val di Gresta - si hanno dalla propria parte ambienti di straordinario splendore. Dove l’autore ha scoperto posti unici tra spicchi d’acqua, picchi di roccia e morbidi pendii, già una prima passeggiata diventa irresistibile. Seguendo i suoi validi consigli, l’esercizio sportivo dell’amatore della MTB diventerà certamente anche un’incredibile opportunità per gustarsi panorami e ambienti esclusivi. Marco Giacomello MTB ALTO GARDA Collana luoghi verticali, Edizioni Versante Sud, 2014

PROLETARI ESCURSIONISTI di Adriana Baruffini “Sempre più in alto per una nuova umanità”. Con questo motto il 7 novembre 1919 nelle città di Lecco, Milano e Alessandria viene fondata l’APE, Associazione proletari escursionisti, di cui il libro traccia la storia. Una storia “minore” rispetto a quella del già affermato Club alpino italiano che all’epoca contava 30mila soci; una storia ufficialmente breve: l’APE tiene il suo primo congresso federale nel 1921, con 26 sezioni e più di mille iscritti, ma scompare nel 1926 in seguito al decreto fascista di scioglimento di partiti e associazioni; una storia difficile da raccontare e in buona parte affidata alla tradizione orale, perché la guerra, la distruzione di alcune sedi ad opera delle squadre fasciste e la scarsità di risorse economiche hanno reso difficile la conservazione dei documenti. L’APE delle origini, la cui primitiva denominazione è in realtà AAPE (Associazione antialcoolica proletari escursionisti), condivide con una miriade di gruppi e associazioni che nascono a cavallo fra ‘800 e ‘900, e con lo stesso Club alpino italiano, la concezione dell’andare in montagna come antidoto ai danni fisici e morali provocati dalla vita urbana; in comune hanno anche la lotta all’alcool, la spinta verso lo studio e l’approfondimento delle conoscenze scientifiche, l’attenzione per la didattica. La discriminante sta nella collocazione di classe: “Prima associazione sportiva proletaria e antialcoolica di chiaro orientamento socialista, l’APE, promossa da provetti alpinisti, rivendica il diritto allo sport non solo per una élite borghese, ma per tutti. Lo sport diventa uno strumento di emancipazione che qualifica il tempo libero degli operai e delle loro famiglie. Una specie di manifesto dell’APE è uno scritto di Giacinto Menotti Serrati, dirigente socialista, riportato in appendice, mentre in seconda di copertina, insieme al testo sopra trascritto, se ne legge una sintesi affidata alle parole dello stesso autore: “L’alpinismo è la vita vissuta in ambiente più alto, più sereno, lontana da tutti i microbi, compresi quelli della piccineria e della viltà”. Il primo capitolo racconta le vicende del periodo 1919-1925, dando anche spazio alle attività propriamente alpinistiche, come la prima ascensione in Grignetta dello sperone denominato Punta Giulia in memoria della giovane alpinista e sarta “apeina” Giulia Resta Riva; ma porta il nome di APE anche lo spigolo dell’Ago Teresita salito per la prima volta il 13 settembre 1914. Nel 1923 l’APE si costituisce a livello nazionale come federazione di sezioni locali e prende piede l’idea di costruire ai Piani Resinelli un rifugio sociale, per facilitare, grazie a costi contenuti, l’accesso degli associati alla pratica alpinistica. L’avvento del fascismo cambia però rapidamente le prospettive: con il decreto del 1926 le sezioni APE, una dopo l’altra, cessano ufficialmente le proprie attività; il terreno acquistato per il rifugio ai Resinelli viene venduto e il ricavato è devoluto alle iniziative del Soccorso Rosso. Di fatto ritroveremo molti soci APE impegnati nella Resistenza, specialmente nella zona di Lecco e delle Grigne e nella Bergamasca. Dalle file dell’APE provengono ad esempio alcuni alpinisti che faranno parte del gruppo Rocciatori, come Pierino Vitali e Giovanni Giudici (Farfallino). Queste vicende sono accennate a grandi linee nel secondo capitolo del libro, con note e indicazioni bibliografiche che consentono di approfondire. “Col secondo dopoguerra - leggiamo nell’introduzione - l’APE rinasce da una curiosa miscela di vecchi escursionisti socialisti e di giovani appassionati di montagna desiderosi di ripensare un’esperienza segnata dal mutamento dei tempi, degli stili di vita, dell’idea stessa di tempo libero e alpinismo”. Per iniziativa delle rinate sezioni di Lecco e di Milano ritorna in auge l’idea del rifugio ai Piani Resinelli, e nel 1948 nasce la Cooperativa Alveare Alpino per la costruzione dell’omonimo rifugio che negli anni ’50 diventerà un albergo. Ma la crisi è inevitabile e si manifesta nei decenni successivi nell’incapacità della maggior parte delle sedi di rilanciarsi con una nuova identità. Nel 1986 l’APE rinasce a Lecco per la terza volta; non ha più connotazioni politiche, persegue il puro impegno sportivo e la passione per la montagna, è affiliata alla FIE e organizza gare di marcia e di sci; si impegna in attività di tipo solidaristico ed ecologico; aderisce all’ACAL (Associazione culturale alpinistica lecchese). Nel 2012 anche a Milano nasce una nuova sezione. Dopo aver letto queste pagine si può senz’altro sottoscrivere l’esortazione dii Alessandro Pastore, autore della prefazione, a rivedere in un’ottica complessiva le varie storie di “alpinismo sociale” per “proporne uno sguardo incrociato e comparativo”.

Alberto Di Monte SENTIERI PROLETARI Storia dell’Associazione Proletari Escursionisti Mursia editore, Milano, 2015


INFORMAZIONI DALLA SEGRETERIA - TESSERAMENTO AGEVOLAZIONI E BENEFICI PER I SOCI Agli associati è garantita la copertura assicurativa per infortuni che si verifichino nell’ambito di iniziative organizzate dal Sodalizio, ivi compresi i corsi e le scuole, oltre alla copertura assicurativa del Soccorso Alpino per attività sia sociali che personali. Il socio ordinario riceverà al proprio domicilio la rivista mensile del Cai “Montagne 360” e la rivista quadrimestrale sezionale ”CAI Lecco 1974”. Tutti gli associati, con la presentazione della tessera riportante il bollino relativo al 2015, potranno usufruire degli sconti previsti dalle convenzioni indicate nell’apposito riquadro. Tutti gli associati potranno usufruire gratuitamente dei servizi offerti dalla sezione: accesso alla documentazione presente nella biblioteca sezionale, utilizzo di internet, lettura dei periodici e delle riviste presenti in sede. Tutti gli associati otterranno sconti sull’acquisto di libri o pubblicazioni del CAI. IL RINNOVO DELLA TESSERA PUÒ ESSERE EFFETTUATO: In sede: Tutti i martedì non festivi dalle ore 20:30 alle 22:00. Tutti i venerdì non festivi dalle ore 18:00 alle 20:00 (escluso venerdì 3 aprile 2015) con pagamento in contanti, con assegno o con Bancomat In alternativa, il pagamento potrà essere effettuato a mezzo: a) Bollettino c/c Postale n. 12049227 intestato a C.A.I. Sezione di Lecco. b) DEUTSCHE BANK, sul conto corrente intestato a C.A.I. Sezione di Lecco, IBAN IT74I0310422901000000024150. c) BANCA POPOLARE DI SONDRIO, Agenzia di Piazza XX Settembre a Lecco, sul conto corrente intestato a C.A.I. Sezione di Lecco, Codice IBAN IT07J0569622902000002154X06. FACILITAZIONI PER IL RINNOVO Il bollino può essere spedito per posta a domicilio, con un contributo, per socio o per nucleo familiare, di € 2,00 per spese postali e di segreteria. Con il bollino verrà inviato il bollettino di c/c postale pre-compilato per il pagamento. I soci interessati dovranno contattare la Segreteria telefonicamente o per lettera. CALENDARIO CHIUSURA SEDE Venerdì 3 aprile 2015 (Venerdì Santo)

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Informazioni

QUOTE SOCIALI 2015. Le quote sociali per il 2015 sono le seguenti:

Socio Ordinario € 46,00 Socio Ordinario* € 24,00 (nati dal 1990 al 1997)

Socio Familiare € 24,00 Socio Giovane** € 16,00

CONVENZIONI PALESTRA DI ARRAMPICATA - RAGNI di LECCO Via C. Mauri 1 Lecco. Per informazioni, Ragni di Lecco ASD te. 0341-363588. Internet: www.ragnilecco.com Sconto del 5% sugli abbonamenti stagionali. Sconto del 10% sui corsi di arrampicata sportiva STUDIO PROFESSIONALE DI FISIOTERAPIA/OSTEOPATIA BARUTTA Corso Matteotti 9/B 23900 Lecco. Tel. 333-7291740; 333-4317764; Internet: www.studiobarutta.com Sconto del 20% per servizi di fisioterapia, consulenza fisioterapica, valutazioni fisioterapiche e trattamenti osteopatici.

(nati nel 1998 e anni seguenti)

Socio Vitalizio € 20,00 Tessera per i nuovi Soci € 5,00 Duplicato Tessera € 2,00 *Al Socio ordinario di età compresa tra i 18 e i 25 anni viene applicata automaticamente la quota dei soci familiari. Tale Socio godrà di tutti i diritti del socio ordinario. **Socio giovane: a partire dal secondo figlio giovane in poi, il socio giovane verserà la quota di € 9,00. Si precisa che per poter usufruire dell’agevolazione prevista, il socio giovane dovrà avere un socio ordinario di riferimento (capo nucleo) in regola con il tesseramento dell’anno in corso ed appartenere ad un nucleo familiare con due o più figli giovani iscritti alla Sezione. Ricordiamo che per non perdere i benefici dell’iscrizione al CAI il rinnovo deve essere effettuato entro il 31 marzo 2015.

DIMISSIONI E MOROSITA’ Il socio può dimettersi dal Club Alpino Italiano in qualsiasi momento; le dimissioni devono essere presentate per iscritto al Consiglio Direttivo della Sezione, sono irrevocabili ed hanno effetto immediato, senza restituzione dei ratei della quota sociale versata. Il socio è considerato moroso se non rinnova la propria adesione versando la quota associativa annuale entro il 31 marzo di ciascun anno sociale; l’accertamento della morosità è di competenza del Consiglio Direttivo della Sezione; non si può riacquistare la qualifica di socio, mantenendo l’anzianità di adesione, se non previo pagamento alla Sezione alla quale si era iscritti delle quote associative annuali arretrate. Il socio di cui sia stata accertata la morosità perde tutti i diritti spettanti ai soci.

ADDA SOCCORSO - Società cooperativa sociale O.N.L.U.S Sede operativa: Via Como, 41 - 23883 Brivio (LC) - Tel. 039 5320817 - Cell. +39 338 8139504 www.addasoccorso.it | e-mail: info@addasoccorso.it Servizi ambulanze: trasporto della persona allettata da e per strutture sanitarie, dimissioni opedaliere diurne, notturne e festivi. Assistenze domiciliari varie. Trasporto per località diverse. Emergenza/urgenza sanitaria. Sconto del 10% sulle tariffe applicate. RISTORANTE TETTO BRIANZOLO 23888 Perego Fraz. Lissolo (LC), tel. 039-5310002; 039-5310505 E-mail tettobrianzolo@tettobrianzolo.it, Internet: www.tettobrianzolo.it Sconto 5% sui menù a tema, sconto 10% su tutti i menù alla carta, escluso S. Natale, Capodanno, S. Valentino, Pasqua e Ferragosto. E-TRE srl Show-room a Olgiate Molgora, Via Como1/3 (Statale briantea ) Fornitura e posa di prodotti per l’efficienza energetica, come serramenti altamente isolanti, sistemi di riscaldamento ecologici, impianti fotovoltaici, stufe e inserti a pellet, pellet austriaco di prima qualità. Ad ogni iscritto CAI sconto minimo del 10% che a discrezione del cliente potrà essere devoluto alla sezione CAI “Riccardo Cassin” di LECCO. SPORT SPECIALIST SPA- SPORT, ABBIGLIAMENTO, CALZATURE via Figliodoni 14 Barzanò (LC) Presso tutti i punti vendita sconto del 15% ai soci CAI, con esclusione degli articoli in promozione o già scontati STUDIO OSTEOPATICO COPPI via Lucia 10 Lecco (LC) - tel. 393.1646699 Sconto del 20% per trattamenti osteopatici.

Per ottenere gli sconti indicati è necessario esibire la tessera del CAI Lecco regolarmente rinnovata. Possono usufruire delle convenzioni anche i soci delle sottosezioni del CAI Lecco: CAI Barzio, CAI Ballabio, Strada Storta. NB: Per le società commerciali o aziende che volessero attivare iniziative di promozione o sponsorizzazione con il CAI Lecco telefonare allo 0341-363588 (orari apertura sede) o al 3393216291.

Informazioni

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