CAI LECCO 1874n ° 1 / 2 0 2 2
ANNI FA
IN QUESTO NUMERO EDITORIALE
UNA MONTAGNA DI TUTTI
Il saluto ai soci del presidente uscente di Alberto Pirovano, presidente CAI Lecco SENTIERI E PAROLE
ESCURSIONI PRIMAVERILI
Una felice integrazione del programma gite sociali fra il 1986 e il 1996 di Annibale Rota
CENTO ANNI FA Shackleton e il Polo Sud di Mirella Tenderini
14 MARZO, UNA DATA CHE RINNOVA IL RIMPIANTO Ricordando Marco Anghileri di Renato Frigerio
FRAMMENTI DI VITA DI UN CORO
L’impegno del Coro Grigna nella tradizione più genuina del Canto Alpino di Ivan Piazza
MONTAGNE IN MONGOLFIERA
Salite, escursioni, traversate di un alpinista ormai vecchio di Mario Bramanti
IL PERSONAGGIO
L’ARTISTA DELLA PORTA ACCANTO Dagli abissi alle vette con la macchina fotografica di Mauro Lanfranchi
ALPINISMO e ARRAMPICATA
“RESTIAMO UMANI”
L’apertura di una nuova via sulla Parete Rossa del San Martino di Dimitri Anghileri
MEGALODONTE, IL MIO BOULDER PIÙ DIFFICILE
Il punto più alto di una stagione alla riscoperta della Valmasino di Simone Tentori
IL DRAGO, LA ZOPPA E IL CACCIATORE
Rincoletture e cronache dall’Al(di)qua di Emiliano Alquà
ALPINISMO GIOVANILE
TANTA VOGLIA DI RICOMINCIARE
Il 2022 per il gruppo di Alpinismo giovanile del CAI Lecco di Alessia Losa SCI ALPINISMO
CONTAGIO DA NEVE
La pandemia allenta e ripartono i corsi di scialpinismo di Sara Pozzetti SCI DI FONDO
ALLA RICERCA DELLA NEVE
UMANI”
La stagione del Gruppo Sci di Fondo dribblando la pandemia di Pina Ietto
CAMMINIAMO INSIEME
Passeggiare sulle nevi in inverno di Raimondo Brivio
ESCURSIONISMO
PIETRE PREZIOSE
Il percorso dei massi erratici di Valmadrera di Sergio Poli
MONTAGNATERAPIA AL MONTE DI SANTA MARGHERITA
Intreccio tra natura, arte e paesaggio di Adriana Baruffini
AL MONTE KOSCIUSZKO
vista più in alto dell’Australia
Gruppo
GEO
Notiziario quadrimestrale della sezione di Lecco “Riccardo Cassin”del Club Alpino Italiano N° 1/2022
Redazione: Adriana Baruffini, Alberto Benini, Angelo Faccinetto
Direttore responsabile: Angelo Faccinetto Impaginazione e Grafica: BitVark - Pavia
Tipografia: A.G.Bellavite Missaglia - Lecco
Testata di proprietà del Club Alpino Italiano sezione di Lecco “Riccardo Cassin”
Sede: via Papa Giovanni XXIII, 11 23900 Lecco Tel: 0341363588 Fax: 0341284717 www.cai.lecco.it sezione@cai.lecco.it
Autorizzazione Tribunale di Lecco N. 5/78 del 20/06/1978
Spedizione in A.P. -45%- Art. 2 Comma 20/b legge 662/96
Tiratura 2300 copie Chiuso in redazione 31/03/2022
Aromatisi e Daniela Scaccabarozzi
VENOSTA
gastronomia
SORGENTI
cammino
Lina Astorino
Sottocornola
Stampato secondo la filosofia GreenPrinting® volta alla salvaguardia dell’ambiente attraverso l’uso di materiali (lastre, carta, inchiostri e imballi) a basso impatto ambientale, oltre all’utilizzo di energia rinnovabile e automezzi a metano.
la filosofia GreenPrinting® volta alla salvaguardia dell’ambiente attraverso l’uso di materiali (lastre, carta, inchiostri e imballi) a basso impatto ambientale, oltre all’utilizzo di energia rinnovabile e automezzi a metano.
ZeroEmissionProduct® A.G. Bellavite ha azzerato totalmente le emissioni di Gas a effetto Serra prodotte direttamente o indirettamente per la realizzazione di questo prodotto.
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In copertina: Narcisi a Valcava. Foto di Mauro Lanfranchi
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La
di Andrea
GEO 81 BILANCIO DEL 2021 E PROSPETTIVE PER IL 2022 Il
Età d’Oro rinnova il proprio Consiglio di Claudio Santoro 82 IL
IN VAL
Cultura,
e, quando possibile,
di
APPUNTAMENTI 83 MONTI
2022 Si torna a vivere il territorio di Sara
86 RECENSIONI 89 VITA DI SEZIONE 41 16 69 “RESTIAMO
CENTO
PIETRE PREZIOSE 27 DAGLI ABISSI
ALLE
VETTE CON LA MACCHINA FOTO GRAFICA 7 ESCURSIONI PRIMAVERILI
di Alberto Pirovano*
Care Socie e cari Soci, chiudo il mio doppio man dato di Presidente con un senso di gratitudine verso tutti voi e verso quei soci, tra i quali certamente i Consiglieri e i responsabili dei diver si Gruppi e Sottosezioni, con cui ho lavorato in questi sei anni. Come ho avuto modo di dire nella purtroppo poco partecipata Assemblea chiedo scusa laddove fossi risultato in qual che modo inadeguato o avessi delu so qualche aspettativa. In un periodo complicato come gli ultimi due anni non è stato facile mantenere l’atten zione sui temi del Club Alpino Italiano
UNA MONTAGNA DI TUTTI
avesse paura di scoraggiare questi nuovi escursionisti della domenica. Si prefigura una montagna per tutti e non una montagna di tutti ma merite vole di rispetto. Così sembra naturale addomesticare le difficoltà, avvicinarle con strade sempre più vicine ai luoghi più suggestivi – dimenticando come forse proprio la difficoltà di accesso sia una delle caratteristiche a rendere tali questi luoghi – o semplicemen te si procede a nascondere gli aspetti meno graditi o comunque più diffi coltosi da affrontare.
anni, che nella nostra sezione rag giungono la considerevole percentua le del 7,5%, dato praticamente unico a livello nazionale.
Sono il segno di un CAI ancora ca pace di essere attrattivo e portatore di un’autorevolezza ora riconosciuta non solo dalle istituzioni, ma anche dai più
attenti esordienti nel bellissimo mondo della montagna praticata.
Auguro a chi verrà dopo di me di poter continuare a raccogliere soddi sfazioni nel solco di una storia che si appresta a compiere i suoi primi 150 anni.
quando, giustamente, altre sembrava no le priorità.
Preoccupazioni…
Le nostre preoccupazioni, con la conseguente volontà di non farci tro vare impreparati, circa un considere vole aumento della frequentazione delle nostre montagne da parte di persone quanto meno poco prepara te – ad essere magnanimi – si stan no avverando. Ovviamente il termine preoccupazione sembra poco adatto a descrivere un fenomeno che appa rentemente dovremmo salutare con piacere e quindi con soddisfazione. Ma proprio la modalità con cui sta avvenendo questa nuova riscoperta della montagna ci impone una seria riflessione. Richieste di risarcimen
to per incidenti su sentieri, conviviali in bivacco concluse con l’intervento del Soccorso Alpino per scongiurare l’assideramento dei partecipanti, sono solo alcuni dei segnali di un approccio al nostro ambiente tutt’altro che con sapevole. Purtroppo, dobbiamo anche segnalare un atteggiamento della po litica che spesso guarda ai soli nume ri senza approfondire, e soprattutto senza guidare verso una formazione preliminare a qualsiasi attività in un ambiente che resta sempre potenzial mente severo. Ecco allora assistere al proliferare di infrastrutture di dubbia utilità, di attività promozionali, anche su scala nazionale, tendenti a mostra re il solo lato bucolico delle montagne, tralasciando sistematicamente rischi e la necessità di conoscerli, quasi si
…e speranze
Non tutto è ovviamente negativo, ed anzi il gran numero di nuovi soci del nostro sodalizio e le richieste di informazioni e formazione da parte dei più consapevoli, ci deve spingere ad impegnarci ancor di più nel far cre scere escursionisti preparati e di con seguenza nel far diminuire gli incidenti. Insomma, dobbiamo continuare a fare Cultura a tutto campo, partendo dai più piccoli ed intercettando gli adulti con proposte accattivanti, ma rigoro se nell’approccio all’ambiente montano nelle diverse stagioni.
Chiudo questo mio ultimo editoriale con la soddisfazione di poter saluta re la fine del mio mandato in conco mitanza con la nascita di due nuovi gruppi voluti, creati e realizzati da soci giovani: il gruppo Alpine-Polimi, composto da soci accomunati dalla frequentazione del Politecnico, ed il gruppo di cicloescursionismo, animato da giovani appassionati delle due ruo te, ma con uno stile rispettoso degli altri frequentatori e del lavoro dei ma nutentori di sentieri, ai quali peraltro si sono già affiancati in alcuni interventi. Questi ragazzi sono tra i cosiddetti Juniores, soci con età tra i 18 e 25
Il saluto ai soci del presidente uscente
Editoriale4
ll neoeletto Consiglio direttivo del CAI Lecco alla sua prima riunione. Foto di Silvano Arrigoni
Dall’alto: Alberto Pirovano, presidente della sezione di Lecco del CAI dal 2016 al 2021; Adria na Baruffini, la nuova presidente della sezione eletta per il triennio 2022-2024
*Presidente CAI Lecco
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ESCURSIONI PRIMAVERILI
Una felice integrazione del programma gite sociali fra il 1986 e il 1996
di Annibale Rota
La cresta della Pania della Croce, Alpi Apuane
Sull’ultimo
numero del Notizia rio sezionale ho riportato le gite sociali settembrine all’Al pe di Siusi. Qui voglio ricordare quelle primaverili, effettuate per diversi anni sempre in parallelo con il filone prin cipale delle gite sociali proposte e di rette da Giancarlo Valsecchi.
Alpi Apuane e Forti di Genova
Il compianto Giordano Dell’Oro, elet to vice-presidente della Commissione Centrale di Alpinismo Giovanile, aveva avuto modo di conoscere persone, che gli avevano suggerito escursioni sulle montagne delle loro regioni.
Così a fine ’86 mi propose un’uscita sulle Alpi Apuane. Accettai con en tusiasmo e Giordano, con la prezio sa collaborazione di Carlo Primerano,
pianificò la gita con meta la Pania della Croce, che con suoi 1.859 m è una delle cime più alte delle Apuane. Il terzo sabato di aprile del 1987 un pullman completo lasciò Lecco di buon mattino. Una breve sosta a Pie trasanta, giusto il tempo per vede re il mare, e poi la salita a Levigliani per imboccare, a piedi, il sentiero per il Rifugio Del Freo, raggiunto in poco meno di due ore e dove il gestore ci ha servito un’ottima cena. Poiché c’e ra ancora molta neve solo una ventina di alpinisti ha deciso di affrontare la salita, arrivando in vetta in due ore e facendo molta attenzione sulla cresta resa delicata dalla neve. La giornata splendida ci ha poi offerto un panora ma grandioso a 360 gradi, dagli Ap pennini al mare. Il resto della comitiva
ha esplorato i dintorni del rifugio, sa lendo anche fino al limite della neve.
Una gita sicuramente da incorniciare. L’anno successivo la scelta cadde su uno dei percorsi suggeriti nel contesto dei forti di Genova. Saliti a piedi alla stazione di arrivo della funicolare del Rigi, si sono poi raggiunti nell’ordine i Forti Sperone, Fuin, Fratello Minore e da ultimo il Diamante, quello ubicato più alto. Da lì discesa sotto una legge ra pioggia alla stazione di Campi, per ritornare a Genova con il trenino pro veniente da Casella, sul quale il Carlo aveva provveduto a riservare un va gone tutto per noi.
e Parole
7Sentieri
Con il Cai di Loano sull’Alta Via dei Monti Liguri
All’inizio di aprile del 1989 un gruppo di soci del CAI Loano decise di venire a Lecco e chiese la nostra assistenza per le loro escursioni. Visto che in alto c’era ancora neve, niente Resegone e Grignetta, ma praticamente tutti i sen tieri del San Martino. Molto soddisfat ti, ci proposero di ricambiare la visita. Accettammo la loro offerta e ai primi di maggio partimmo per Loano. Ci fu offerto il pernottamento nel loro Rifu gio Pian delle Bosse, dove prepararo no anche un’ottima cena. L’indomani salita al Monte Carmo, 1389 m, e poi, seguendo il percorso della terza tappa dell’Alta Via dei Monti Liguri, la traver sata al Colle del Melogno, scavalcando il Bric dell’Agnellino e attraversando la splendida faggeta del Melogno. Al col le, dopo aver calorosamente ringra ziato gli accompagnatori e suggerito loro di tornare a Lecco in una stagione più propizia per la Grignetta, tutti sul pullman che ci aspettava proprio di fianco al Forte Centrale del Colle.
Pizzo Uccello, Cinque Terre, Appenni no modenese e di nuovo Liguria L’anno successivo si decise di tor nare nelle Apuane. Il dettagliato pro gramma predisposto da Giordano e Carlo prevedeva una sosta a Lucca, utilizzata per una breve visita della città, o da alcuni per pranzare in un ri storante, e poi la salita in bus ai 1.200 metri del Rifugio Donegani, dove era no previsti cena e pernottamento. L’indomani, con tempo splendido, la salita ai 1.781 metri del Pizzo Uccello, una delle più belle e intatte montagne del gruppo. C’era però ancora molta neve, che rendeva delicate le pur fa cili roccette della via normale, per cui molti preferirono fermarsi e in vetta
arrivarono soltanto una decina di per sone. Per tutti panorami stupendi.
A fine aprile 1991 una puntata alle Cinque Terre. Tempo splendido, sen tiero comodo (con il mare solo pochi metri più in là, anche se due o trecen to metri più sotto). Scorci stupendi e vegetazione lussureggiante sono stati gli ingredienti che hanno entusiasma to i 52 partecipanti lungo la traversata da Levanto a Monterosso. Il percorso era talmente bello che un gruppetto ha quasi saltato la colazione per rifar lo anche in senso opposto, mentre gli altri gitanti, come da programma, sono ritornati a Levanto in treno.
Sabato 24 e domenica 25 apri le 1992 la gita di primavera ha avuto come meta l’alto Appennino modene se. Interessante la visita culturale-ga stronomica alla città di Modena e otti ma l’ospitalità al Rifugio Giovo al Lago Santo. Divertente la salita al Monte Giovo (1.991 m), effettuata quasi tutta su neve. Dalla cima, raggiunta da tutti i gitanti, panorami grandiosi grazie al tempo bello e limpido.
L’anno successivo, ai primi di mag gio, si ritorna in Liguria con una pun tata sui Monti della Beigua sopra Va razze. Per la verità le cose non erano cominciate molto bene: pioggia bat tente per tutto il viaggio e previsioni meteo assai poco incoraggianti. Poi, nel pomeriggio, la pioggia è cessata e si è potuto effettuare la program mata visita all’Eremo di Varazze: una camminata comoda di un paio d’ore. Buono invece il tempo la domenica, a parte un po’ di nuvole, solo minac ciose, a cavallo del mezzogiorno. Bella e panoramica la salita al Monte Rama, 1.150 m, in un ambiente tipicamente alpino. Generale la soddisfazione e molti i complimenti per l’organizza zione come al solito perfetta.
A Siena un’esperienza indimenticabile Decisamente insolita e straordinaria la gita primaverile del 1994. Nell’otto bre del ’93 quaranta soci del CAI Sie na erano venuti a Lecco ed era stato preparato per loro un variegato pro gramma: il sabato pomeriggio la visita al Museo di Villa Gerosa e, dopo cena, la proiezione del compianto Lorenzo Mazzoleni sulla sua salita all’Everest.
L’indomani gli alpinisti sono stati ac compagnati in Grignetta, gli escur sionisti al Pialeral lungo la Traversata Bassa. Estremamente soddisfatti, ci
avevano invitati a Siena. Senza perdere tempo sabato 30 aprile dell’anno successivo partenza per Siena e giornata dedicata alla vi sita della città. Accanto ai molti famosi monumenti, abbiamo poi vissuto due momenti irripetibili. A mezzogiorno siamo stati ricevuti nel suo ufficio, splendido con preziosi e meravigliosi affreschi, dal Sindaco che si è detto
Dall’alto: In vetta alla Pania della Croce; Verso il Monte Giovo; In vetta al Monte Giovo Pagina a fronte: Il forte Diamante, il più alto dei forti di Genova
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Sentieri e Parole
onorato della visita del Presidente e di un gruppo di soci di un CAI tanto prestigioso. E, dopo la visita del Palaz zo Comunale, ricco di importanti ca polavori, siamo stati ospitati a pranzo nella sede della Contrada della Selva, il cui Priore ci ha fatto poi da guida nella visita al Museo e alla Chiesa della Contrada. Verso sera trasferimento a Buonconvento, un borgo agricolo for tificato e ben conservato, dove abbia mo pernottato. L’indomani escursione a piedi da Buonconvento all’Abbazia di Sant’Antimo, passando per Montalci no, una cittadina appollaiata su un erto colle, famosa per i suoi vini (celebre il “Brunello di Montalcino”). Poi tra bo schi e vigneti una camminata, lunga ma comoda fino all’Abbazia, splendida chiesa romanica, edificata dai Bene dettini nel XII secolo. Dopo una sosta adeguata, che ha permesso di ascol tare alcuni maestosi canti gregoria ni dei monaci dell’Abbazia, ritorno in pullman a Montalcino per un’ulteriore visita alla città e all’enoteca con ac quisto di bottiglie di vino. Poi il calo roso commiato dai meravigliosi Amici di Siena e il rientro a Lecco.
Sulla cima più alta dell’Appennino Ligure
Nel 1995 ritorno in Liguria. Il pro gramma, curato come al solito da Carlo Primerano, prevedeva nella tarda mattinata del sabato a San Salvatore la visita alla Basilica dei Fieschi, uno dei più importanti e meglio conservati monumenti romano-gotici della Ligu ria. Quindi il trasferimento alla vicina Chiavari per la colazione al sacco o, preferita da molti, per un’abbuffata di pesce in uno dei molti ristoranti. Nel pomeriggio visita all’Abbazia di Bor zone, un antico monastero del XII se colo, ubicato in splendido isolamento
tra i monti, e quindi il trasferimento a Santo Stefano d’Aveto per la cena e il pernottamento. L’indomani la sali ta alle vette del Monte Bue (1773 m) e del Monte Maggiorasca, che con suoi 1804 m è la montagna più alta dell’Appennino Ligure. Vento e minac ciosi nuvoloni hanno consigliato un rapido abbandono della cima. Fortu natamente duecento metri più basso è sparito il vento ed è comparso come d’incanto il sole, per cui si è deciso di fermarci per la colazione rigorosa mente al sacco. E, sempre accompa gnati dal caldo sole ligure, la disce sa su Allegrezze, dove ci attendeva il pullman.
Chiusura in bellezza delle gite prima verili nell’entroterra di Carrara
A fine aprile del ’96 l’ultima gita primaverile. Il programma, proposto
da Giordano Dell’Oro e svolto con l’assistenza di due amici del CAI di Massa, ha riservato il sabato alla visita dei bacini marmiferi dell’entroterra di Carrara. Al mattino ci si è diretti ver so Colonnata, dove si è giunti verso le tredici dopo aver visitato alcune cave.
Colonnata deve la sua fama alla lavo razione del lardo in vasche di marmo, che gli conferiscono particolari quali tà organolettiche. E così la colazione è stata a base di questo lardo pre libato e di altri ottimi prodotti locali. Nel pomeriggio la visita al bacino di Fantiscritti, dove di grande interesse è stata la visita alla “cava-museo”, re alizzata da un anziano cavatore, che ci ha fatto da guida illustrando tut te le fasi dell’estrazione del marmo.
La domenica mattina la salita al Monte
Forato lungo un sentiero naturalistico, che ha portato i gitanti sulla cima po
sta poco sopra il grandioso arco natu rale dal quale la montagna ha derivato il suo nome. Una decina di persone, separatesi nel tratto finale dalla comi tiva, ha raggiunto la vetta percorrendo la ferrata “Salvadori”, breve, ma deci samente aerea e divertente e scaval cando lungo la cresta l’arco di roccia. Purtroppo un banco di nuvole basse ha avvolto la cima al nostro arrivo, impedendo ai fotografi di riprendere il caratteristico foro ed oscurando il grandioso panorama.
Comunque una chiusura in bellezza delle gite primaverili.
Foto di Annibale Rota
Dall’alto: Sulla scalinata del Castello di Montalcino; Visita alla cava-museo dell’entroterra di Carrara; In salita al monte Forato lungo un sentiero naturalistico
Il rifugio Pian delle Bosse di proprietà del CAI di Loano
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Sentieri e Parole
Shackleton e il Polo Sud di Mirella Tenderini
mozione dopo l’altra a ventiquattro anni ottenne un brevetto che gli per mise di raggiungere ancora posizioni più alte tanto che ottenne dall’Antarc tic Expedition il ruolo di terzo ufficiale sulla nave Discovery
Cento
anni fa moriva un per sonaggio che ancora oggi è ricordato e molto amato. Era Ernest Shackleton. Ne avevo sentito parlare ed ero andata in Inghilterra a visitare la James Caird Society - so cietà dedicata a lui, alla quale mi sono iscritta e ho avuto il permesso di con sultare i suoi documenti e i suoi scritti. Dopo molte ricerche scrissi una sua biografia nel 2004, e il libro venne ri pubblicato due volte, nel 2012 e 2015.
E di nuovo quest’anno, per la quarta volta perché è richiesto soprattutto da un pubblico giovane che non conosce quella storia ma ne ha sentito parlare... Ma a me piacerebbe molto che que sto personaggio venisse conosciuto un po’ da tutti, non necessariamente leggendo un libro ma il suo riassunto, e poiché il CAI Lecco mi ha offerto gentilmente di parlare di Shackleton sulla sua rivista vi racconto in breve tutte le sue incredibili imprese anche perché Shackleton, uomo di mare, non si tirò mai indietro dalle montagne altissime e ripidissime che incontrò durante le sue spedizioni. Pensate che le ultime, quelle della Georgia che cito alla fine di questo articolo, sono state scalate da Messner - che pur con la sua grande esperienza le ha trovate difficilissime e impossibili per alpinisti se non di prima classe!
Sentieri e Parole
In questa pagina: L’Endurance intrappolata dai ghiacci sulla copertina del libro di Mirella Tenderini
Pagina a fronte, dall’alto: Anche pinguini ascoltano il fonografo; I quartieri d’inverno con l’Erebus sullo sfondo; In partenza per l’ascensione all’Erebus
Scott e la Discovery
Le zone estreme della Terra al Nord e al Sud furono le ultime ad essere raggiunte dagli uomini. Il Polo Nord, dopo molti tentativi che culmina rono nel 1909 venne raggiunto da Robert Edwin Peary, ingegnere della marina militare americana, il 6 aprile di quell’anno. Ma Peary venne con trastato dal medico della sua prima spedizione, Frederick Albert Cook, che dichiarò di aver raggiunto il Polo un anno prima di lui. Solo dopo lunghe discussioni Peary, nel frattempo no minato ammiraglio, venne dichiarato ufficialmente “primo scopritore della terra del Nord”.
A questo punto l’ultimo spazio an cora sconosciuto della Terra era il Polo Sud, e primi a organizzare una spe dizione per raggiungerlo furono gli inglesi: la Royal Geographical Society con il contributo del Governo britan nico e di finanziatori privati e il patro cinio del Principe del Galles futuro re Edoardo VII, programmarono la Na tional Antarctic Expedition per l’anno 1901. A condurre tutto ciò il presi dente della Society scelse Robert Fal con Scott, un giovane nato a Outlands nel Sud dell’Inghilterra, che si era ar ruolato giovanissimo nella Royal Navy. Con Scott erano stati scelti altri giovani e uno di loro era considerato
Ci volle un bel po’ di tempo per ca ricare sulla nave, oltre l’attrezzatura necessaria e le provviste, anche tutto quello che poteva servire per tene re in forma gli uomini durante il lun go inverno con la nave bloccata dal ghiaccio. A Shackleton, che nonostan te avesse interrotto gli studi quand’era ancora ragazzo declamava a memoria i versi di Shakespeare e di altri poeti mentre lavorava, tanto da essere con siderato l’intellettuale di bordo, venne affidato l’incarico di scegliere i libri da portare in viaggio e il materiale per le rappresentazioni teatrali che non mancavano mai sulle navi bloccate nei lunghi inverni.
La Discovery partì dall’Inghilterra nell’agosto agosto 1901 e nel gennaio del 1902 sbarcarono su un’isola sulla quale costruirono una baracca per si stemare tutte le attrezzature. La nave venne legata solidamente a riva con catene di acciaio e sopra la nave ven ne steso un grande telo gommato a far da tetto di modo che sulla nave gli uomini si sentissero a casa per man giare, dormire e lavorare... Da lì Scott inviò squadre ad esplorare zone in diverse direzioni. Per se stesso, con Wilson (il medico della spedizione) e Shackleton scelse la direzione che meglio sembrava quella per il Polo. Con le slitte pesanti e i cani che non avevano mai visto la neve non era fa cile. E, peggio di tutto, si ammalaro
un grande esperto della navigazione a vela. Si chiamava Ernest Henry Shac kleton; aveva ventisette anni ed era molto considerato dai suoi compagni più grandi. Era nato nel 1874 a Kilkea
in Irlanda, ma la sua famiglia si era trasferita a Londra e il giovane ave va interrotto gli studi a sedici anni per imbarcarsi su una nave come mozzo deciso a impratichirsi e con una pro
CENTO ANNI FA
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Sentieri e Parole
In questa pagina, dall’alto: La baracca alla fine dell’inverno; Neve gettata a bordo per fare provvista d’acqua dolce; Sui pendii dell’Erebus
Pagina a fronte: Ultimo campo verso il polo
no. Tutti e tre. Shackleton era quello che stava peggio: sputava sangue, e il dottor Wilson si accorse che era scorbuto. Una malattia da carenza di vitamina C, curabile. Ma questo allora non si sapeva e l’unica cosa da fare era quella di rientrare... Faticosamente rientrarono, tre mesi dopo la partenza, là dove la Discovery era ancora in cagliata nel ghiaccio. Nel frattempo, in mancanza di notizie dalla Discove ry era stata inviata in soccorso una nave, la Morning e nonostante Shac kleton si fosse ripreso Scott lo obbligò a rimpatriare, mentre lui e il medico rimasero e riuscirono ad arrivare fino a 82°17’ Sud. Era passata un’estate e un altro inverno australe. La Discove ry era ancora bloccata dal ghiaccio e lavorarono tutti per rimetterla in mare aperto.
A Londra c’era Shackleton ad aspet tarli.
La Nimrod e la scalata dell’Erebus Ma basta! Shackleton non perdona va a Scott di averlo “scaricato” quan do si era ripreso dalla malattia prima di lui. Ora voleva una spedizione tutta sua. Per essere libero aveva rassegna to le dimissioni dalla Marina Militare e aveva fatto di tutto per ottenere con suoi pochi fondi tutto quello che gli serviva. Dalle banche aveva ottenuto prestiti enormi e aveva trovato forni tori che gli vendettero attrezzature e provviste con grandi sconti. Riuscì ad acquistare una nave per sole 5.000 sterline: una piccola nave e anche lenta, si chiamava Nimrod ed era stata adibita alla caccia alle foche.
Oltre l’equipaggiamento, gli stru menti scientifici e le provviste, Shac kleton decise di portare una baracca solida per un gruppo di una dozzina di uomini lui compreso e i loro attrez zi per spazzare via la nave invece di lasciarla congelata sotto la neve. Fece fabbricare la baracca con pareti, sof fitto e pavimento di abete e sbarre e tiranti di ferro e tutto quello che pen sava fosse necessario: una stufa per scaldare e per cucinare, e una serie di arnesi per tutte le necessità, senza dimenticare i libri - più di un centi naio, dicono. Ah, non doveva mancare niente per un lungo inverno!... Aveva provveduto a impianti di illuminazio ne e di aerazione e portò sulla nave anche un’automobile - e dei cani. In più aveva aggiunto nove apparecchi fotografici con lastre, pellicole e un apparecchio cinematografico. E anche due macchine per cucire, un fonogra fo, una macchina da scrivere con tutti gli attrezzi per stampare un libro che avrebbe scritto e illustrato in quella lunga notte invernale... Cose mai viste prima su una nave...
Diversamente dalla spedizione preceden te, questa volta Shac kleton e i suoi uomini non trascorsero la notte invernale sulla nave ma nella barac ca vasta e comoda, e non si annoiarono un solo giorno! Il culmine della loro attività fu la scalata dell’Erebus -un vulcano ripi dissimo che venne stimato alto 4075 metri - e lo scalarono sei uomini, scelti da Shackleton, dei quali nemmeno uno aveva mai visto una montagna. Capitò in seguito che si trovassero di fronte
a vere e proprie montagne, e qual che volta era necessario scalarle con Shackleton a guidarli per proseguire nel loro cammino...
In quella lunga notte australe Shac kleton e suoi uomini scrissero un li bro: avevano portato tutto quello che serviva per scrivere, illustrare e stam pare diverse copie e rilegarle e tutti scrissero qualcosa, poi stamparono una settantina di copie e ne rilegarono una trentina... Questa è la storia di Au rora Australis: il primo libro pubblica to in Antartide. E questa era la prima spedizione “tutta sua” di Shackleton: 1907-1909.
Purtroppo ancora una volta il suc cesso che Shackleton si aspetta va fece cilecca: i tempi che avevano calcolato per raggiungere il Polo e ritornare in tempo alla Nimrod che li aspettava erano strettissimi e il rischio era enorme. Il vanto di Shackleton che pur non aveva raggiunto il Polo, fu quello di non avere perso nemmeno uno dei suoi uomini...
trovarono una tenda con una bandiera norvegese e un biglietto firmato da Ronald Amundsen con una data: 16 dicembre 1911...
Gli inglesi avevano raggiunto la loro meta ma non erano i primi... Non re stava altro a loro che rientrare in pa tria, ma avevano fatto male i conti nel calcolare quanto tempo avrebbero messo per questo viaggio e quanto cibo avrebbero dovuto caricare sulla nave, ed ora il cibo non bastava. Stava finendo e ad uno ad uno, tutti moriro no di fame... Scott scrisse tutto que sto giorno per giorno fino all’ultimo: “Sembra un peccato, ma non credo di riuscire a scrivere altro... “ E sotto: “Per carità di Dio, abbiate cura dei nostri cari”.
La spedizione dell’Endurance
I punti importanti della Terra era no stati raggiunti, ma Shackleton non aveva nessuna intenzione di rinun ciare a visitare le terre del Polo Sud dove già incominciavano a stanziarsi balenieri o altri interessati a lavori in quei luoghi. Ver so la fine del 1913 Shac
kleton lanciò una nuova spedizione, che battezzò
Imperial Trans-Antarctic Expedition con lo scopo di attraversare il continente antartico toccando il Polo alla metà della traversata. Le navi erano due: una, l’Aurora di servizio, e l’al tra, l’Endurance una nave di legno di 300 tonnellate che salpò da Londra il 1° agosto1914
Nel 1911 Robert Falcon Scott tornò con i suoi uomini all’assalto di tutte le difficoltà per raggiungere il Polo. Par tirono il 3 novembre e il 18 genna io 1912 arrivarono al Polo Sud dove
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Sentieri e Parole
quando di lì a pochi giorni in Europa scoppiò la guerra.
Per raccontare la storia di questa spedizione ci vorrebbe un libro intero... L’ultimo porto prima di inoltrarsi nel Mare di Weddel verso il Polo per una nuova via era Grytviken nella Geor gia Australe, stazione baleniere abita ta, dominata da montagne ripidissime, alte fino a 3000 metri. Shackleton e i suoi uomini si trattennero a lungo e partirono il 5 dicembre. La nave di retta verso il sud procedeva molto lentamente, bloccata da densi ban chi di ghiaccio che il 19 gennaio si chiusero attorno alla nave che rimase leggermente inclinata e nonostante i tentativi degli uomini rimase bloccata, sempre più bloccata tenendo bloccati loro per mesi... Ma la sera del 31 ago sto il ghiaccio incominciò a muoversi e la nave a inclinarsi... Arrivò il disge lo e nonostante tutti i tentativi degli uomini la nave continuava a inclinarsi - non c’era speranza di sollevarlasarebbe sicuramente affondata. Il 26 ottobre Shackleton diede ordine di calare sul pack le tre scialuppe che
avevano, l’attrezzatura le provviste e le slitte...
Con le scialuppe stracariche punta rono verso il Nord e il 14 aprile appro darono a una piccola baia di un’isola, Elephant Island, dove potevano vive re ma nessuno sarebbe mai venuto a riportarli nel mondo normale... C’era un’unica speranza! e la sfruttarono: il porto da cui erano partiti: Grytviken!
Con la più solida delle tre scialuppe e cinque compagni, il 14 giugno Shac kleton giunse sull’isola della Georgia da dove erano partiti, ma erano sulla riva opposta della baia dove erano sta ti! Per arrivare a Grytviken avrebbero dovuto scavalcare la barriera di mon tagne altissime - loro, gente di mare che non aveva mai messo un pie de su una montagna, che arrivavano stracciati e affamati su una catena di picchi aguzzi e pareti verticali, e neve e ghiaccio, da salire fin sulla cresta per scendere dall’altra parte... Ma ce la fecero. E ce la fecero poi anche a tornare all’isola dell’Elefante. Nel gen naio successivo vennero tutti raccolti dall’Aurora buona “nave di servizio”.
Finita la guerra, Shackleton acquistò una piccola baleniera che ribattezzò Quest e mise in viaggio verso la Ge orgia del Sud con alcuni dei suoi fedeli amici. Era ammalato e morì lì, a bor do, con i suoi amici vicini, il 5 gennaio 1922. Cento anni fa.
Le immagini sono tratte dal libro: Mirella Tenderini, La lunga notte di Shackleton quarta edizione gennaio 2022 Alpin Studio, Lecco
L’album fotografico originale è pub blicato nel volume: Ernest Shackleton, Alla conquista del Polo sud. Il cuore dell’Antartico. Storia della spedizione antartica inglese 1907-1909 Fratelli Treves Editori, Milano 1909
Presentazione del libro a Lecco il 4 maggio 2022 nell’ambito di “Mon ti Sorgenti”, con la partecipazione dell’autrice
Ricordando Marco Anghileri di Renato Frigerio
I14 marzo non è una data del ca lendario che potrà facilmente sci volarmi via dalla mente dopo che l’accenno sussurrato circa un evento cui non volevo prestare fede, ebbe una straziante conferma già nelle ore del giorno seguente. Più che un colpo al cuore, lo posso ora identificare con un trauma che toglie il respiro quello che mi colse quando fu giocoforza accet tare la verità su ciò che era accaduto all’amico più caro e apprezzato.
Marco Anghileri era precipitato sul versante Sud del Monte Bianco quan do le sue mani si erano appigliate al granito sulla parete verso la cuspi de della “Chandelle” per raggiungere il cornicione terminale del favoloso obiettivo di cui ormai sentiva di aver avuto ragione.
Mi sembra di immaginare il suo volto soddisfatto e sorridente nel momento che precede di poco quel terribile volo disperato.
Lo stesso sorriso compiaciuto che gli deve essere brillato non so quando si affacciò da Entrèves e da Courma yeur, o forse meglio dalla Val Veny o dai campi di sci del Chècrouit, e vide, tra le frastagliate e spettacolari cre ste del Peutèrey e dell’Innominata, lo scenario dei Piloni del Freney. Allora certamente si ricordò che sul cele bre Pilone Centrale, che adesso si di stingueva nettamente, tra il 10 e il 12 agosto del 1982, i tre alpinisti elvetici Michel Piola, Pierre-Alain Steiner e Jori Bardill avevano aperto una via diretta memorabile, con una scalata di con cezione moderna e sportiva.
Su quel Pilone si erano succedu te nel tempo conquiste e tragedie, ma una salita solitaria, se è sempre un’impresa di valore superiore sui Pi loni del versante del Freney, diventa un problema che ben pochi alpinisti si possono concedere, soprattutto se affrontato nel periodo invernale. Era un’occasione che Marco non poteva lasciarsi sfuggire. L’idea nacque for se all’improvviso, ma divenne presto stimolante e irresistibile, tanto che la teneva gelosamente dentro di sé, fino alla soglia della sospirata partenza. Che potesse essere una decisione rischiosa per lui, non poteva venire presa in considerazione da nessuno di coloro che ne conoscevano l’accurata
Sentieri e Parole
14 MARZO, UNA DATA CHE RINNOVA IL RIMPIANTO
Il sorriso di Marco in una delle ultime foto scattate al Pilone Centrale
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Wild, Shackleton, Marshall e Adams sulla Nimrod al ritorno dalla marcia verso il Polo
preparazione che precedeva ogni suo progetto e la scrupolosa prudenza con cui lo affrontava.
Ma è appunto l’imprevedibile che può diventare fatale: e una disgrazia inimmaginabile lasciò ammutoliti ed esterrefatti tutti quanti lo conosceva no a puntino e gli volevano un mare di bene. A soffrire insieme a tutti questi suoi amici includo anche me stesso, che, nonostante la differenza genera zionale, con Marco condividevo un’a micizia quasi fraterna. Frequentando insieme le consuete riunioni nella sede dei Gamma, prolungavamo spesso fino a tarda sera le nostre animate chiac chierate, che avevano come oggetto sia il racconto di molte sue avventure e conquiste di montagna, sia le storie
Sentieri e Parole
di ampia apertura mentale, dotato di lealtà, sincerità, gentilezza e di una simpatia innata. Con queste qualità e con il prorompente entusiasmo che gli brillava sul volto è riuscito a far accet tare la sua superiorità e le sue ecce zionali doti alpinistiche senza crearsi attorno quel solito cerchio di invidia e di gelosia che di normale abitudine si riscontra in questi casi.
La sua scomparsa si è ripercossa non solo sentimentalmente in ambi to personale, a partire ovviamente dai suoi famigliari, ma ha privato il gruppo Gamma e la stessa città di Lecco di un alpinista che ancora stava sorreggen do la continuità di quella tradizione di cui ci sentiamo orgogliosi.
FRAMMENTI DI VITA DI UN CORO
che gli narravo sui tanti alpinisti che non aveva potuto conoscere, spe cialmente se riferite alle imprese dei nostri concittadini. La sede era co munque da lui frequentata con sen so di responsabilità anche per offrire interessanti proposte programmatiche e la relativa disponibilità per la loro at tuazione.
Otto anni sono volati via da quel tragico venerdì 14 marzo, ma per me è sempre un tormento ogni volta che mi vedo davanti agli occhi l’immagine di quel ragazzo di appena 41 anni, i 42 li avrebbe compiuti il 16 settembre del 2014.
Brevi note complementari Marco Anghileri, classe 1972, noto per le sue notevoli imprese alpinisti che, fu specialmente conosciuto ed apprezzato per le sue eccellenti qualità umane. In tanti, soprattutto nel gruppo Gamma, lo ricordano con sincera ami cizia e sensibile affetto.
Le commoventi testimonianze sono notevoli e tutti insistono sull’uomo quale amico, prima ancora che come alpinista.
Quanto tempo gli sarebbe rimasto per salire nuovi gradini della “Sca la dei sogni” che porta sulle pareti e sulle vette solo i più audaci? Chi gli è stato a lungo insieme ha avuto la fortuna di conoscere una persona
Per riflettere l’essenza di chi era Marco Anghileri, nel suo aspetto al pinistico, bastano poche parole a de scrivere e distinguere questo rapporto di passione speciale, autenticamente condiviso, che ci unisce. E prima di tutto c’è l’espressione inebriante del senso di appartenenza al prestigioso alpinismo lecchese. Non è quindi un caso che dai primi passi ai succes si sulle montagne del mondo questa forte tradizione sia fatta di persone, nella parte di validi protagonisti.
Foto archivio famiglia Anghileri
ICoro Grigna nasce in quel di Laorca nell’ormai lontano 1958, a opera di un gruppo di amici ap passionati di montagna e, conseguen temente, di canti di montagna.
La presenza di Giuseppe Scaioli, allora studente di Conservatorio, tra i cinque soci fondatori, la dice lunga su chi sarà la guida, l’anima, lo spirito stesso del gruppo.
Anche se da Laorca non la si vede se non di sguincio attraverso la Val Calòlden, la Grigna è sempre presen te per i laorchesi, è sempre lì sopra, si sente il suo respiro, fresco d’e state, gelido d’inverno, scendere ro tolando a valle con l’acqua del Ca lolden, pertanto un coro nato lì non
poteva che chiamarsi Coro Grigna.
Da sempre interamente composto da dilettanti, il coro cresce attraverso un repertorio di canti alpini, tradizionali e d’autore, imponendosi all’attenzione degli appassionati e degli esperti per la qualità delle esecuzioni.
Il Convegno lecchese del 1965
Nel frattempo, a giugno 1965, si tie ne a Lecco, su iniziativa della locale sezione dell’Associazione nazionale alpini, il “ Convegno in difesa del Can to Alpino”, concluso con un ordine del giorno che invita il Consiglio direttivo nazionale dell’ANA ad affidare a una commissione appositamente creata l’incarico di compilare un canzoniere ufficiale con il testo originale e la linea melodica tradizionale delle canzoni
degli alpini.
E siamo al 1967: data importante per il nostro coro in quanto, proprio in quell’anno, entra a far parte del la grande famiglia alpina divenendo “Coro Grigna della Associazione Na zionale Alpini - Sezione di Lecco”. Intanto, il Consiglio nazionale dell’A NA, in obbedienza alla disposizione statutaria sopra citata, ha nominato una commissione che ha provvedu to a compilare una raccolta di brani includendo soltanto quei canti che possono essere considerati “effetti vamente e genuinamente degli Alpini perché sono nati quasi per germina
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Marco Anghileri sul Grignone nei giorni precedenti la partenza per il Bianco
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Sentieri e Parole
L’impegno del Coro Grigna nella tradizione più genuina del Canto Alpino
di Ivan Piazza
2019, il Coro Grigna sul palco del Centenario ANA
zione spontanea fra le truppe alpine, o ne recano una specifica impronta”.
Nel successivo 1968, l’ANA dà alle stampe, con i tipi delle Arti Grafiche Tamari in Bologna, un volumetto, or mai da tempo introvabile, che racco glie testi e linea melodica dei “Canti degli Alpini” così come licenziati dalla Commissione.
L’armonizzazione e la registrazione dei Canti degli Alpini
A questo punto, l’allora Presidente nazionale dell’ANA, dottor Ugo Merlini, lecchese, invita il maestro Scaioli ad armonizzare i canti secondo le linee guida tracciate dalla Commissione, per
Sentieri e Parole
poi procedere alla loro registrazione. E qui iniziano, per il maestro e per il coro, quattro mesi di fuoco, quattro mesi di tre, quattro prove alla settima na, di notti passate a scrivere melodie che verranno imparate nelle sere di prova e poi registrate nei lunghi fine settimana trascorsi in sala di incisione a Milano. E finalmente, a Dio piacendo, tutto è fatto e finito, e in occasione della 68^ Adunata nazionale a Roma, i tre LP, freschi di stampa, fanno bella mostra di sé sulle bancarelle.
A questo punto, due episodi più esplicativi di mille parole. Facciamo un salto indietro fino al 2010: in quell’ anno viene assegnata a Bergamo l’or ganizzazione della Adunata nazionale. Ovviamente il nostro coro non può mancare, inquadrato nella sezione di Lecco, ma la sorpresa avviene nel
corso della settimana precedente la manifestazione, quando una notissi ma casa editrice decide di mettere in vendita, come allegato ad una serie di quotidiani, anche nazionali, un pieghe vole con un fascicoletto che racconta la storia degli alpini e un bellissimo CD con i “Canti degli Alpini”. Naturalmente non mi lascio sfuggire l’occasione e, aperta la confezione, resto di stucco: sono i nostri canti! Sono i canti incisi da noi oltre 40 anni prima che, finiti chissà dove nei meandri del mondo commerciale legato alla musica, tor nano ad affacciarsi alla notorietà. In fatti, in quarta di copertina, in un elen co di addetti e operatori del settore, una sola riga che recita “Coro Grigna della Sezione ANA di Lecco”!
Il Coro Grigna sul palco dei festeg giamenti del Centenario
Il secondo episodio risale a tem pi più recenti ed è forse anco ra più rivelatore del precedente. Siamo nel 2019 e ricorre il centenario della fondazione dell’ANA. Un anno di celebrazioni, cerimonie e commemora zioni idealmente culminanti, l’8 di luglio, giorno esatto della fondazione, in un convegno al Teatro Dal Verme di Milano, presenti autorità civili e militari e un paio di migliaia di alpini.
Sul palco, per accompagnare con i suoi canti, rigorosamente degli alpini, i molti relatori succedutisi al microfono, naturalmente un coro. Ma che coro c’e
ra? Signori, su quel palco c’era il Coro Grigna diretto, su esplicita richiesta del presidente nazionale dell’ANA Favero, dal maestro Scaioli che nel frattem po, dopo 56 anni di ininterrotta atti vità, aveva passato la direzione al suo allievo, ingegner Riccardo Invernizzi. Sapendo che cori associati all’ANA sono oltre 140 e non ritenendo as solutamente di essere stati chiamati lì perché migliori di tutti, rimane una sola spiegazione: su quel palco, il Coro Grigna con il maestro Scaioli c’era per ricordare il convegno lecchese del 1965, le decisioni prese allora e ancora valide mezzo secolo dopo.
Ma arriviamo ai giorni nostri, ai vuoti lasciati nelle file del coro dal pe sante tributo pagato alla terribile pan demia che per mesi ci ha costretto a tacere le voci, a sospendere le prove. La vita però continua, e i nuovi allievi presentatisi alla ripresa dell’attività lo stanno a dimostrare. Mentre il coro si avvia a festeggiare il suo 65° comple anno, non posso che concludere con un augurio che è anche una promes sa: lunga vita al Coro Grigna!
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Il libro edito dall’ANA (Commissione per la difesa del Canto alpino), stampato da Arti grafiche Tamari, Bologna nel 1968; La copertina del CD pubblicato dalla casa editrice De Agostini in occasione dell’Adunata nazionale degli alpini 2010
Il maestro Giuseppe Scaioli con il suo coro ai festeggiamenti per i 100 anni dell’ANA
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Sentieri e Parole
Salite, escursioni, traversate di un alpinista ormai vecchio
di Mario Bramanti
della volpe e dell’uva: “...non dum ma tura est...”
Questa
è la storia vera, vera?, di un vecchio alpinista dilet tante che aveva speso mol te delle energie della sua migliore età nella pratica della montagna di alto profilo e che aveva cercato di asse condare questa sua passione anche quando quell’età aveva cominciato a non essere più la migliore.
La storia non si dilunga in elenchi o dettagliate descrizioni delle salite, ma fa capire che il “nostro”, durante la sua lunga carriera, aveva assistito a mol ta dell’evoluzione della mentalità, della pratica e delle tecniche dell’andare per monti, cercando di adeguarsi ma te nendosi stretto il più possibile alla linea classica. Impegnato come era, non si rendeva ben conto del passare degli anni, se non per un crescente affati camento, non tanto nell’azione del sa lire o dell’arrampicare, che come si sa, sono lenti, misurati, condotti a quattro zampe, quanto nelle discese, negli av vicinamenti, nei lunghi rientri.
Quando era stato il momento giu sto, aveva trascurato alcune, poche, classiche importanti, ed ora un po’ si dispiaceva di aver perduto alcune occasioni che oramai non avrebbe potuto più cogliere, e gli sembrava di rivivere, come leggendola al con trario una favola di Fedro, quella
In mongolfiera al Cervino. Disegno di Paolo Colombo
Sentieri e Parole
Quelle occasioni che corrisponde vano al nome di certe montagne ri spetto alle quali il “nostro” si era sen tito dire: ...tu quella roba lì l’hai fatta di sicuro … chissà quante volte...
Adesso quell’uva era ancora matura, come lo era sempre stata in passato, ma era la volpe che non ce la faceva più a saltare per coglierla, e il “nostro” si dispiaceva davvero … e un po’ si dava da fare a trovar soluzioni alter native: con la fantasia, con la memoria.
rotta che solo in parte dipende dalla volontà del pilota, sorta di barca a vela dei cieli, perennemente sotto spinna ker, ai colori sgargianti che fantasti camente compongono il suo mantello, alla leggerezza, alla aleatorietà, all’im possibilità di stabilire piani e orari pre cisi, un po’ come andando in monta gna lungo le vie del grande alpinismo.
Considerò attentamente ogni cosa, la pericolosità del suo utilizzo soprat tutto in condizioni di atmosfera insta bile o turbolenta; si documentò sulla storia dei voli, a cominciare da quelli dei primi
pionieri, a bordo di quei com plicatissimi e pericolosi dirigibi li. Lesse e rilesse le leggende lega te ai primi voli sopra il polo Nord. La spedizione del Norge, commissio nata dal governo norvegese, partita da Roma nell’aprile del 1926 al coman do di Umberto Nobile, che raggiunse dopo molte tappe attraverso l’Europa, la Norvegia, le isole Svalbard, dove prese a bordo l’esploratore, scienziato, specialista di poli, Roald Amundsen. Da qui proseguì per il polo che sorvolò senza far sosta il 12 maggio, prose guendo verso l’Alaska dove fece scalo dopo più di cinquemila chilometri di volo ininterrotto.
Pensò alla mongolfiera: alla magni ficenza del suo andare silenzioso per le vie del cielo, alla completezza dei pa norami sotto quel suo cestello di vimini, alla lentez za del suo movimen to lun go la
Quella che si concluse in catastro fe del 1928. Quella volta la spedizione era tutta italiana ed il dirigibile si chia mava Italia. La spedizione era partita anche quella volta in aprile da Milano, con molte persone a bordo, con molta propaganda, con dichiarato caratte re scientifico, sempre comandata da Umberto Nobile. Anche quella volta, dopo varie tappe, l’ultimo slancio ven ne preso dalle Svalbard.
Il dirigibile sorvolò il Polo Nord il giorno 24 del mese di maggio, ma non poté atterrare a causa delle con dizioni atmosferiche, limitandosi a lan ciare al suolo una bandiera italiana ed una croce inviata dal papa Pio XI, e si dispose al rientro. Quando già era nuovamente in vista delle Svalbard, una botta di vento lo schiacciò verso la superficie gelata del mare. La na vicella con una parte dell’equipaggio, Nobile e la sua cagnetta compresi, re stò malconcia sul pack mentre il resto dell’equipaggio era rimasto aggrappa to ai resti dell’aeronave, che alleggerita di buona parte del peso riprese quota e sparì, ingovernabi le, trascinata dal vento in un volo dal
quale nessuno fece ritorno. Qualcuno, da bordo, eroicamente fece in tempo a buttare sulla banchisa pacchi di vi veri ed il fagotto contenente la famo sa “tenda rossa” che passò alla storia come simbolo dell’immane tragedia.
Imparò a memoria le pagine più belle di un romanzo recente: La sposa dell’aria di Marco Albino Ferrari. È una storia triste ed un po’ romanzata che si compie verso la fine del 1800.
Racconta di un viaggio di nozze che un nobile signorotto torinese, rampollo di una ricchissima famiglia con il pal lino dell’aeronautica, Giuseppe Char bonnet, promette alla giovane sposa, la candida, bellissima, innamoratissima, un po’ frastornata Anna De Michelis, figlia di un’umilissima famiglia di servi tori del palazzo. La stupenda avventu ra si risolve in tragedia il giorno dopo le nozze durante la seconda tappa del viaggio. La mongolfiera perde quota, non si capisce perché, giusto al pas saggio di un colle montuoso: tutti e quattro i passeggeri vengono sbalzati quasi indenni, solo un po’ acciaccati sul ghiacciaio della Bessanese. La si tuazione è difficile; si organizzano alla meno peggio per passare la notte, ma durante la discesa, il giorno dopo, lo sposo precipita in un crepaccio. An
netta resterà sola per il resto della sua vita, padrona inadeguata in una casa e in una famiglia non suoi per cen so, abitudini, inclinazioni, a coltivare il ricordo di un giorno scarso di felicità.
Non che il Nostro, pur che leggeva commosso, si interessasse tanto ai ri svolti sociali di quella storia, se mai si interessava e si sforzava di capire le ragioni e i dettagli di quella instabilità, di quella perdita di controllo e di quo ta, di quell’imprevedibile schianto. Giusto in funzione dei suoi propositi. Studiò attentamente il problema, comprese a fondo tutti i possibili rischi, valutò le caratteristiche e le sicurezze delle attrezzature moderne, si impra tichì del loro uso, prima teoricamente poi frequentando i raduni specialistici che si tengono annualmente dalle parti di Dobbiaco. Acquistò una attrezzatu ra completa di seconda mano, piccola, leggerissima, ma perfettamente equi paggiata, la perfezionò secondo suoi specifici studi, la provò molte volte utilizzando una collina che si trova va nei paraggi di casa sua. Divenne abilissimo nella conduzione, nelle ma
Sentieri e Parole
MONTAGNE IN MONGOLFIERA
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Monte Cervino, vista satellitare dell’area
novre, nell’interpretazione dei segnali meteorologici.
Alla fine si sentì pronto. Da ora in poi, quel suo magnifico pallone tutto a spicchi viola, gialli e celesti, lo aiuterà nei sollevamenti a raggiungere quelle mete che nel tempo gli sono mancate.
La conoscenza dei luoghi, dei vari versanti, degli accessi possibili, sono ancora perfettamente in suo posses so. Serve un collaudo sul campo, un test impegnativo e definitivo, anche in quota. Sceglie la Val Masino. Trasporta tutte le sue cose a Filorera. L’attrezza tura, buoni indumenti impermeabili, un po’ da mangiare e da bere, una bom bola di scorta. Il tutto sta nello spazio del cestello: ottanta per ottanta per uno.
Predispone tutto per il giorno suc cessivo; il tempo è bellissimo e stabi le, lievi brezze da sud lo spingeranno verso nord ovest. Di solito si parte la mattina dopo l’alba, e così fa, rapida mente sale regolando i bruciatori, sor volando la strada fino a San Martino e ai Bagni. Raggiunge presto la verti cale sopra la capanna Omio; sorvola il Barbacan e tenendosi al riparo del filo di cresta, rasenta il Porcellizzo, sorvo la la Gianetti, scavalca il Camerozzo, il Qualido, l’Averta. Rasenta lo sperone meridionale della punta Zocca. Un lie ve soffio da settentrione che scavalca lo spartiacque, combinato con la brez za del sud, lo fa scivolare veloce verso est, corre lungo le cime di Chiareg gio, guadagna il ghiacciaio della Preda Rossa. Qui spegne le fiamme: è ancora alla prima bombola, e scende veloce tenendosi a distanza di sicurezza dal fondovalle. Saluta con ampi cenni gli
Monte Eiger, vista satellitare dell’area
ospiti della capanna Ponti, tutti fuori a guardare, e verso sera il pallone si af floscia nel campo sportivo, di nuovo a Filorera. Messa così è presto fatta, ma in quelle otto ore scarse di escursio ne, ha percorso tutto il tracciato del Sentiero Roma, forse di più, e con la memoria una bella fetta di tutta la sua attività pregressa, dal noviziato agli anni novanta.
contravvenendo un poco alle regole canoniche di orario dei mongolfieristi. Ma il tempo è talmente messo al bel lo stabile, con quell’aria fina che spira costantemente da est.
il baratro della parete Nord, e che si affaccia sulla sinistra, verso sud sulle distese glaciali del Fieschergletscher e dello Jungfraufirn. È una lunga ed affi lata cresta che si sviluppa da nord est a sud ovest, ricca di ripidi e difficili salti rocciosi, affilati raccordi di neve, lunga e impegnativa da percorrere. Il punto canonico di partenza è la Mit telegihutte 3.355 m dall’accesso non elementare; e quando si raggiunge la cima, le danze non sono ancora finite, anzi.
spingere e costringere all’esterno gli alpinisti un po’ ritardatari o che non hanno prenotato per tempo. Scuote la testa il “nostro” a questo punto, e pensa ai bei tempi, quando le Dolomi ti di Brenta erano all’acme e il Bruno (Detassis) non aveva mai permesso che nessuno dormisse fuori dal suo bel Brentei.
Ora il “nostro” è pronto per porre rimedio a quelle lacune che nei giorni grandi gli erano scappate di mano. A guardar bene ce ne sarebbero assai, ma da quella storia possiamo ripren derne un paio.
Con l’automobile e col treno tra sporta tutta la sua merce a Rifelberg, una stazione intermedia della fer rovia del Gornergrat. Sa che domani ci sono degli amici che si accingono a scalare il Cervino. A quest’ora do vrebbero essere alla Hörnlihütte. Sa che hanno abitudini molto spartane e che dovrebbero averla raggiunta di rettamente a piedi da Zermatt. Domani mattina partiranno prestissimo, e do vrà darsi a sua volta una mossa coi suoi preparativi, se vuole sorprenderli ancora impegnati sulla cresta. Forse
Difatti andò esattamente così: gli parve di scorgerli che erano quasi in cima, si sbracciò in ampi gesti, li chia mò per nome, si riconobbero, fu gioia vera. Tirò un po’ in lungo, ma giusto il tempo di vederli sbucare alla croce, perché l’aria per poca che sia, stando fermi, ti porta subito lontano. Un altro breve saluto, e via, ciascuno lungo la propria via di discesa.
Il Cervino era fatto, e nel migliore dei modi. E a chi per caso, negli anni a venire gli avesse chiesto, avrebbe risposto sicuro, millantando ironia, ... come no! In mongolfiera!
Un’altra di quelle cose cui il “nostro” aveva pensato una volta, era stato l’Ei ger, l’Orco.
In verità non più di tanto, stante il filo di inconscio buon senso che lo aveva quasi sempre guidato.
Ora però, affrontare la parete con l’ausilio di quel mezzo gli sembrava sbagliato e sfacciato.
La Mittelegi, ecco sì, la cresta del Mittelegi, quella imponente costiera di rocce, che contorna a destra salendo
Forse non molto considerata dal popolo degli alpinisti più tecnicamente preparati in quanto costretta all’ombra della più terribile sorella maggiore, ma forse rivalutata in tempi più recenti e con l’aumentare della temperatura che hanno reso la storica parete un rischio totale.
Pare che in certi particolari perio di, la cresta risulti addirittura affollata, così come il rifugio; dove pare che il capannaro usi re
Per lui oggi, il punto di attacco, cioè di decollo sono gli alti prati sopra Grindelwald. Si tratta di puntare di retti verso la cima dell’Ostegghorn, e da questa cercar di seguire il crinale che sale e s’impenna e diventa affila to. Si supera la spalla della capanna e si prosegue. L’incontro delle correnti ascensionali che vengono su dai due opposti versanti forma una sorta di canale di guida. Più che altro occorre tener controllata la distanza dal filo di cresta.
Quando è quasi in cima, sorvola e sorpassa alcune cordate impe gnate lungo il
percorso. Il tempo è bellissimo, il sole brilla, ma il termometro di bordo in dica 12°F: un freddo cane qui a quasi 4.000 metri: spero che abbiano tutti dormito in capanna, pensa il “nostro”: non sono poi così in tanti, oggi. Sono saluti e abbracci da lontano anche oggi, ma oggi le condizioni geofisiche non consentono di tornare diretta mente alla base: dovrà lasciarsi porta re per molto verso ovest e cercare di scendere dalle parti di Murren. Da qui si arrangerà con mezzi di fortuna per il rientro alla base.
Le due citate sono forse le due più significative tra quelle che la storia riporta. Ma molte, molte altre salite, escursioni, traversate si aggiunsero negli anni all’elenco che quell’alpini sta ormai vecchio riuscì a compiere: in parte con la forza della memoria, in parte con quella della fantasia. Ma tut te indistintamente con l’aiuto della sua magnifica, piccola mongolfiera com posta da spicchi viola, gialli e celesti.
In mongolfiera all’Eiger. Disegno di Paolo Colombo
24 Sentieri e Parole
Lecchese
nato e residente a La orca, classe 1952, uomo di mon tagna affiliato al CAI Lecco e fotografo professionista di lungo cor so, Mauro Lanfranchi è un personag gio noto nel mondo della fotografia e della montagna per numerosi articoli che hanno parlato di lui su giornali e riviste specializzate, e per alcuni suoi interventi televisivi su reti locali e na zionali.
Nel suo immenso archivio possiede
oltre 600mila diacolor ed altrettanti scatti in digitale.
Ha pubblicato le sue immagini su 250 testate, principalmente in Ita lia, ma anche in altri paesi europei, ha partecipato a concorsi e mostre e col laborato alla pubblicazione di volumi.
Così sintetizza la sua cifra come fo tografo: “Pur avendo negli anni, foto grafato di tutto, ho sempre evitato di riprendere le persone in primo piano. Ho sempre preferito i grandi paesaggi
e i loro ambienti naturali, soprattutto i laghi alpini, che nel magico momen to del disgelo sono il mio soggetto preferito”. E parlando di sé, aggiunge un’annotazione rivelatrice dello stile dell’uomo: “Molte riviste hanno scritto articoli su di me. Quello che ha sem pre incuriosito i giornalisti è che non ho mai guidato un’auto ma mi sono sempre spostato in Vespa, della quale sto usando l’ottavo esemplare”.
Nel 2018 Mauro ha preso l’impor
L’ARTISTA DELLA PORTA ACCANTO Dagli abissi alle vette con la macchina fotografica
di Mauro Lanfranchi
tante decisione di abbandonare il pro fessionismo “per dedicarsi alla foto grafia solo per diletto”, riprendendo a frequentare l’ambiente fotoamatoriale e intensificando la partecipazione a concorsi.
Con uno scatto sul lago d’Entova in Valmalenco, si è recentemente collo cato al primo posto del dodicesimo contest fotografico della Convenzione delle Alpi, dedicato nell’edizione 2021 “ai laghi e fiumi alpini di ogni dimen sione e forma […] e alla loro inegua gliabile biodiversità”.
Abbiamo preso spunto proprio da questo risultato prestigioso di livello europeo per chiedergli di raccontare anche a noi qualcosa di sé, delle sue esperienze professionali e umane, del suo rapporto con la natura e la mon tagna.
(A. Ba.)
trasmise due nuovi interessi: la pe sca alla trota, che praticavo lungo il Gerenzone, e la passione di andare a cercar funghi (che mantengo tuttora) nelle faggete della Valsassina e nelle radure ricche di bedolini dei Grassi Lunghi, al cospetto delle Grigne.
Penso che la mia gioventù deci samente “green”, abbia contribuito ad accrescere la mia innata curiosità naturalistica, in primis per la botanica, privilegiando la flora alpina e la mico logia, sfociate poi nella passione per la fotografia.
Non ho invece il minimo dubbio nell’affermare che l’artefice del mio ti mido approccio al mondo delle Grigne, fu il carissimo zio Raimondo, che per primo mi spronò a risalire con lui l’im pervio canalone Porta, quando avevo appena 8 o 9 anni.
team, effettuai numerose immersio ni sulle secche e nelle grotte ad oltre 40 metri di profondità, regno incon trastato delle gorgonie e del corallo rosso mediterraneo, uno degli spet tacoli naturali più belli a cui abbia mai assistito.
Fra le mie esperienze subacquee, ricordo quelle vissute nel blu delle pass maldiviane, circondato da deci ne di agitatissimi squali, e nei fondali di Nosy Be, in Madagascar, accom pagnato da tartarughe giganti. E poi il Mar Rosso, con favolose immersioni nel parco marino di Ras Mohammed, deliziato dalle evoluzioni delle aquile di mare, davanti a una muraglia viven te di dentici e carangidi.
Negli anni ‘70 iniziai a frequenta re assiduamente le nostre montagne e per una decina d’anni salii centinaia di volte il Grignone portando i riforni menti agli amici che allora gestivano il rifugio Brioschi.
Nacque allora il mio interesse per la fotografia dell’ambiente alpino, con predilezione per la flora, in particola re per i rari endemismi dolomitici, ma non disdegnando l’alta quota sulle Alpi occidentali.
I temp indrè
Trascorsi l’infanzia nello storico ri one di Laorca, che pochi anni fa ho cercato di raccontare in una delle mie poesie dialettali I temp indrè Furono anni spensierati nei quali dedicavo il tempo libero a giocare con gli amici nei pascoli del “Grom”, a girovaga re nelle selve di Montalbano racco gliendo castagne ed erbe selvatiche, ad esplorare gli anfratti della Corna dei Morti. Ricordo le scarpinate in Val Calolden e in Costa Adorna, dove ac compagnavo il papà Carlo ed il nonno Giovanni a raccogliere legna secca da ardere nel camino. Altro passatempo giovanile, ora vietatissimo, era cattu rare con il vischio le cince, i simpatici zizè che mettevamo nelle gabbie ap pese ai muri esterni delle nostre mo deste dimore.
Durante l’adolescenza mio padre mi
Gli inizi come fotografo subacqueo Negli anni ‘60, sulla famigliare Gri gnetta, iniziai ad acquisire le prime nozioni in campo fotografico utiliz zando una modestissima Kodak In stamatic. Acquistai in seguito una Nikonos II, inaugurando la lunga serie di fotocamere di un noto brand giap ponese che mi seguirà per decenni, anche dopo il “traumatico” passaggio dall’analogico al digitale.
Con la fidata macchina anfibia, in cominciai ben presto a immergermi nei fondali mediterranei, Isole Pelagie, Lampedusa, Linosa e isola d’Elba, per poi passare a quelli tropicali, Maldive, Madagascar e Mar Rosso. Mi dedicai soprattutto alla macrofotografia, spe cialmente di notte, quando la natura offriva il meglio di sé.
All’Elba, durante le vacanze estive, conobbi Jaques Mayol e il suo subac queo di soccorso Alfredo Guglielmi detto Il Corsaro. Con Alfredo e il suo
Sott’acqua ho anche vissuto mo menti drammatici, come quando du rante un’immersione alla Rocca di Parè rimasi impigliato in uno spez zone di rete da pesca a venti metri di profondità, o quando sulla sec chitella dell’i sola di Linosa un’impetuo sa corrente mi traspor tò come in un fiume in piena a oltre due chilo metri dalla costa.
Frequentai il gruppo del Monte Bianco raggiungendo in più occasio ni la vetta, percorsi le sue fotogeniche creste e realizzai un corposo servi zio fotografico lungo il Tour du Mont Blanc, undici giorni al cospetto di me ravigliosi scenari alpini.
Fotografo di montagna, ascensioni e trekking
Pagine precedenti: Aspettando l’alba nel Parco Nazionale dello Stelvio
In questa pagina, dall’alto: Mauro Lanfranchi con Alfredo Guglielmi subacqueso di soccorso di Jacques Mayol all’Isola d’Elba; Stalagmiti nella ghiacciaia di Moncodeno
La croce del Grignone
Passai poi al Monte Rosa e salii al cuni dei suoi numerosi quattromila fra cui il Lyskamm, che affrontai lungo la glaciale parete nord-est.
Seguirono alcuni anni di “passione dolomitica”. Incaricato dall’Ente turi stico di Castelrotto, ebbi l’opportunità di fotografare alcune importanti ma nifestazioni di folclore locale. Percorsi decine di itinerari fra i quali mi è ri masto nel cuore lo splendido Anello delle Odle che ho esplorato con due amici bivaccando in tenda.
Ma il gruppo montuoso che ho fre quentato con più assiduità e del qua le ho i ricordi più belli, è stato senza dubbio quello del Bernina, forse la mia montagna preferita. Durante le lunghe permanenze al rifugio Marinelli, oltre al mio primo quattromila, ho salito più volte il Pizzo Palù, il Roseg e compiu to la lunga traversata in cresta delle Belleviste-Zupò-Pizzo Argento. Al mio attivo ho anche centina ia di chilometri alla scoperta dei più noti trekking lombardi, in Valtellina e Valchiavenna, in provincia di Lecco, di
Pubblicazioni
Mauro Lanfranchi ha collaborato per la parte fotografica alla pubblicazione dei seguenti volumi:
Angelo Borghi, Mauro Lanfranchi. Lecco Nel vivo di una città lombarda Cattaneo Editore 1994
Angelo Borghi, Mauro Lanfranchi. Lecco terzo millennio Cattaneo Editore 1994
Mauro Lanfranchi, Angelo Sala, Paolo
Cagnotto. Valsassina, terra da scoprire Cattaneo Editore, 1997
Giuseppe Miotti, Mauro Lanfranchi. Valtellina e Valchiavenna, la porta delle Alpi Cattaneo Editore, 2000
Como e di Bergamo: sono più di venti e sarebbe troppo lungo elencarli tutti. La scorsa estate, l’ultima grande fatica: con mio cugino Ermille ho concluso seguendo il percorso integrale la Gran via delle Orobie, un tracciato che at traversa in quota tutte le vallate orobi che lungo il cupo versante valtellinese: 130 chilometri con partenza da De lebio e arrivo all’Aprica, una faticaccia immane ma di grande soddisfazione.
Mauro Lanfranchi, Alberto Benini. Montagne lecchesi, emozioni Cattaneo Editore 2001
Alberto Benini, Sergio Poli, Mau ro Lanfranchi. Resegone, orizzonte di roccia Cattaneo Editore 2003
Ha inoltre pubblicato le proprie im magini su alcune Guide verdi del Tou ring Club Italiano dedicate alla Sarde gna, alla Lombardia e alle province di Como e Lecco.
Non si contano le pubblicazioni su riviste di turismo e tempo libero come “Natura oggi”, “Bell’Italia”, “Airone”, “Weekend viaggi”, “Dove”, “Meridiani”, “Traveller”, “Qui Touring” e riviste di
Ho subito con apprensione furiosi temporali e pericolose grandinate.
Ho vissuto pure il terrore di vedere il mio compagno d’escursione precipi tare in un profondo crepaccio ai piedi del Bernina, fortunatamente recupe rato indenne dal Soccorso alpino di Sondrio.
Mi è capitato in più occasioni di dover rinunciare alla meta. Ricordo in particolare una salita al Gran Zebrù, quando un’improvvisa e violenta bu fera mi bloccò a poche decine di metri dalla croce di vetta.
Concorsi fotografici
Negli anni ‘80, mi iscrissi al Foto club Lecco, allora presieduto dal mi tico Aldo Manessier, che divenne un carissimo amico. Devo moltissimo a questa associazione e agli ami ci Nacci, Pezzolo, Spreafico, Corti ed Erba, sempre prodighi di utili consigli.
Iniziai in quel periodo a dedicarmi ai concorsi fotografici, prediligendo quelli che mettevano in palio premi
montagna (“Alp”, “La rivista della mon tagna”, “Meridiani Montagne”, “Orobie”). Decine di testate fra le più prestigio se in Europa hanno pubblicato singoli scatti, copertine o reportages di Mauro. “Alp” qualche anno fa ha inserito quat tro immagini in una monografia dedi cata alla fotografia di montagna accan to a quelle di altri 23 fotografi europei.
Particolarmente longeva la collabo razione con “Orobie” durata oltre 20 anni.
Per realizzare le copertine e i servizi di “Orobie” Mauro ha percorso in lungo e in largo le più belle vallate alpine e i più importanti trekking delle montagne lombarde.
“sostanziosi”, macchine fotografiche, proiettori e cavalletti. Io poi vendevo queste attrezzature recuperando il denaro necessario per dare sfogo alla mia passione senza decurtare il mise ro stipendio da commesso.
Una mia immagine risultata vin citrice a un concorso della rivista “Il subacqueo” mi fruttò una settimana a Las Vegas in occasione del salone mondiale delle attrezzature subac quee. Un’altra foto mi fece ottenere un compenso di quasi 4 milioni di lire, il mio primato personale assoluto.
Una delle più grandi soddisfazioni l’ho avuta superando quattro fasi di giudizio e arrivando in finale all’HIPA di Dubai, uno dei più prestigiosi con test fotografici al mondo, con decine di migliaia di partecipanti.
Sul filo rosso dei concorsi potrei continuare a lungo, rincorrendo fo tografie legate in modo indissolubile all’emozione dei luoghi e dei momenti in cui le ho scattate: Laorca borgo in cantato Pietre di fede nell’ora blu So spesi oltre le nubi…
Per chiudere in bellezza, i due risul tati più recenti che mi hanno procu rato entrambi grande gioia. Nel 2020, il secondo premio ottenuto da Scolpi ta dal vento al contest “Sentieri nella neve” organizzato dal comitato tecni
co-scientifico del CAI nel ricordo di Mario Rigoni Stern.
Nel 2021 il primo posto al dodi cesimo “ConvAlp”, concorso europeo bandito dalla Convenzione delle Alpi, assegnato a Riflessi sul lago d’Entova immagine con la quale ho interpretato il tema dell’acqua: un ritorno alla mia passione per i laghi alpini, quasi un ri torno a casa.
Ricordi
Durante il mio incessante peregri nare sulle montagne, mi è capitato di dover bivaccare nei posti più impen sati, dormendo in una buca scavata nel ghiaccio in alta quota piuttosto che in un anfratto naturale circondato dai pi pistrelli.
Questo non mi ha mai creato par ticolari problemi, anzi, mi sono sempre divertito ed emozionato durante le gelide nottate all’addiaccio, passate a battere piedi per evitarne il conge lamento.
Ho anche rischiato la vita, quando una valanga staccatasi dallo Zucco di Cam, mi travolse e trascinò per oltre 200 metri lungo un ripido pendio al cospetto del Pizzo dei Tre Signori. Per fortuna, riuscii a uscire dalla massa nevosa senza riportare grossi danni, a parte la perdita degli sci.
Anche il Bernina che ho salito ben undici volte dalla normale italiana, mi creò seri problemi quando lo affrontai in solitaria lungo la spettacolare Bian cograt. Quando giunsi sul Pizzo Bian co, trovai l’impervio tratto terminale troppo impegnativo e rinunciai senza eccessivi ripensamenti.
Nei miei lunghi cinquant’anni anni di escursioni alpine, ho ammirato spet tacoli incredibili, fenomeni meteorolo gici insoliti, albe e tramonti fantastici, specialmente durante i bivacchi in alta quota. Sono entrato più volte nel cuo re dei ghiacciai, rischiando parecchio. Insomma, non mi sono fatto man care nulla.
Incontri
Da oltre 30 anni, collaboro con l’uf ficio marketing della Banca Popolare di Sondrio, al quale propongo i miei scatti migliori da utilizzare sui loro ca lendari, compreso quello del 2022.
Per la stessa banca ho anche rea lizzato nel corso degli anni decine di servizi fotografici destinati al “Noti ziario”.
33Il Personaggio
Pagine precedenti: Contrasti in Grignone - Primo premio concorso Cernobbio, 2019 Qui sopra: Mauro Lanfranchi e Nives Meroi al rifugio Rosalba
Pagina a fronte: Mauro Lanfranchi con Achille Compagnoni in Valfurva
Fra i reportages più interessanti ri cordo quello su Achille Compagnoni che, incontrandomi nella sua rustica baita, mi fece rivivere la sua gioventù per poi concludere con una panta gruelica cena al rifugio dei Forni. Conobbi Roberto Ghidoni, il formi dabile ultramaratoneta, vincitore in Alaska di più edizioni della mitica Idi tarod.
Un personaggio rimasto nei miei ricordi è Mauro Bernardi, famoso ed ecclettico scultore del legno, che vive a Forno Allioni in alta Valcamonica.
Passai un’intera giornata ad ammirare e fotografare le sue opere, collocate in punti strategici sul Monte Nebo, in un fantastico museo a cielo aperto: un incarico particolarmente impegnativo, per riuscire a trovare la luce giusta, valorizzare e dare un’anima a quei capolavori.
Il reportage che però mi ha lasciato il ricordo più profondo, è quello rea lizzato nel Centro Maria Letizia Verga, all’Ospedale San Gerardo di Monza, documentando la ricerca e la cura per bambini malati di leucemia. Fu un’e sperienza traumatica, toccante, ricca di emozioni. Ho cercato di raccontare la vita di questi sfortunati piccoli eroi, seguendoli con discrezione per l’intera giornata, durante le ore di studio, di svago ma anche nei momenti critici delle cure mediche.
Ritrovai qualche anno dopo una di quelle bambine a Teglio. Per fortuna stava benissimo.
Moltissimi i grandi alpinisti che ho avuto l’occasione di incontrare du rante le mie peregrinazioni. Ricordo con piacere le lunghe con versazioni con Walter Bonatti, che spesso nei giorni feriali saliva lungo la Cermenati in Grignetta. Parlavamo so
prattutto di fotografia. Anche lui ama va come me le macchine fotografiche meccaniche che anche a trenta gradi sotto zero non davano alcun problema.
A lui non ho mai scattato foto, penso per una forma di pudore, ma soprat tutto perché mi aveva fatto capire che non amava essere fotografato.
Al contrario, al simpaticissimo Cas sin non ho mai dato tregua. Ricordo che durante una manifestazione del Gruppo Ragni ai Piani Resinelli, decine di persone chiedevano di essere fo tografate accanto a lui che accettava di buon grado. Poi però si spazientì, mi guardò dritto negli occhi e mi disse: “Adess basta, desmetela cun sti foto!”. Ammetto che aveva pienamente ra gione. Alla fine di quella lunga gior nata portai a termine l’incarico che mi avevano affidato i Ragni, arricchendo il loro archivio con centinaia di diacolor.
Ne conservai una sola, che ritraeva il grande Riccardo con Gino Buscaini al Corno del Nibbio.
Un altro personaggio che mi ha col pito per la sua semplicità e simpatia, è stata Nives Meroi, incontrata al rifugio Rosalba durante il trekking sulle Gri gne con la rivista “Orobie”. Con lei ho percorso la Direttissima sino al rifugio Porta, parlando come sempre di foto grafia e permettendomi di darle anche alcuni consigli.
Ringrazio i numerosi amici che in tanti anni mi hanno supportato nelle scorribande alpine. Inizio con il mio compagno di gioventù “Guzzo”, col quale sono salito centinaia di volte sulle nostre amate Grigne, Ivano Pi gazzi, Franco Barbieri che mi ha ospi tato sul suo meraviglioso camper, Alberto Azzoni col quale ho visitato
l’intera Sardegna, Cesare e Fabrizio, Elena e Alberto, Matteo Castelnuovo prezioso collaboratore nell’ottimizza re i miei scatti migliori, Silvio ottimo fotografo naturalista dotato di grande sensibilità, ma soprattutto mio cugino Ermille col quale ho condiviso le av venture più pericolose e che ancora mi accompagna nei trekking più im pegnativi.
Concludo ricordando con affetto i tanti amici dei Ragni di Lecco, alcuni purtroppo già scomparsi, che duran te sei dei loro memorabili campeggi estivi nel gruppo del Bianco, nel Delfi nato e in Dolomiti, mi hanno fatto vi vere emozioni indimenticabili.
Personaggio
37Il
Pagine precedenti: Riflessi sul lago d’Entova - Primo premio AlpConv 2021
In questa pagina, dall’alto: Pulsatilla montana; Ellebori; Giglio martagone albino
In questa pagina: Bivacco al cospetto del Bernina Pagine successive: Sospesi oltre le nubi, scorcio della Cresta Segantini ricoperta da una cascata di nebbie - Primo premio CAI Crema, 2018
Ritrovo
dal Vaccani, storico pa nificio lecchese. Ormai è un rito, entriamo e compriamo due cannoli siciliani e qualche pezzo di focaccia, qualche volta Luchino [Luca Schiera ndr] mi stupisce invitandomi anche al bar per un cappuccino, clas sico giro prima di andare a scalare. In quel periodo stiamo frequentando quell’antro rossastro strapiombante che guarda la città, la Parete Rossa del
San Martino. Ci andremo quasi tutti i week-end nel periodo invernale per due stagioni, perché da qualche tem po abbiamo iniziato ad aprire una via nella parte subito a destra della gros sa frana del 1969 che segna la parete.
Luchino è da anni che ne parla e a me l’idea piace. Non siamo sicuri sulla riuscita ovviamente, ma proviamo.
Dopo alcuni giri di perlu strazione alla base, partiamo.
Il primo tiro viene superato con qual che acrobazia da Luchino, un po’ fria bile nella prima parte, fino ad arrivare a un secco boulder per superare un tettino. Sopra sembra che ancora si vada senza troppe difficoltà, ci dicia mo. Ed è vero, solo che a pochi metri dalla sosta mi ritrovo in mezzo a un grosso mucchio di blocchi appoggia ti alla parete, qualche sospiro leggero vista la situazione e via, poi puliremo.
“RESTIAMO UMANI”
L’apertura di una nuova via sulla Parete Rossa del San Martino di Dimitri Anghileri
Arriviamo sotto un grosso tetto, l’uni ca cosa in cui speriamo è di trovare la giusta quantità di prese, possibilmente grosse fino ad arrivare a una zona più verticale. Fatichiamo a trovare la giu sta linea, ma alla fine, dopo forse tre giornate e varie peripezie, ne esce un bellissimo tiro a esse in strapiombo: le prese c’erano, abbiamo solo imparato a usarle, il terzo tiro è fatto.
Il passo chiave
Ci motiviamo: siamo riusciti a supe rare un bel punto cruciale dell’ipoteti ca linea di salita. Ovviamente veniamo smentiti subito, ancor prima di partire
dalla sosta. Ancora un boulder difficile per poi proseguire su un traverso tec nico. Siamo sotto quella bellissima co lata bianco - giallo - nera che si vede da tutta Lecco. Ancora una difficile partenza, la più difficile: più saliamo in verticale e più i dubbi aumentano, roccia compatta con poche prese utili, ci diamo spesso il cambio, anche solo dopo aver piazzato una protezione. Alla fine Luchino con un bel di namico risolve il passo chia ve di questo gioiellino di 35 metri. Siamo arrivati a poco più di metà pa rete, la parte più difficile dovrebbe es sere superata, stare su questa parete per tante ore a volte mi ha fatto ve nire il voltastomaco, sempre appesi, un ambiente un po’ sotto sopra, non sono mai stato veramente a mio agio forse, scendere dalle fisse era un momento molto atteso nella giornata, filavamo
giù più agilmente di come discendia mo le scale di casa.
La pandemia complica un po’ le vite di tutti e facciamo fatica a trovare il giusto ritmo nel continuare. Dopo pa recchie giornate finalmente finiamo l’apertura. Abbiamo impiegato parec chie giornate, anche avendo il trapa no, non volevamo fare “carpenteria”, alla fine è uscita una via che definirei sportiva, ma con tutti i passi difficili obbligati, da scalare insomma. Inco minciamo a provare i vari passaggi e tiri con l’intento di salirli in libera, ci rendiamo sempre più conto della bel lezza della via, tutti tiri difficili, per noi, una via variegata dove c’è di tutto, dalla placca allo strapiombo a zanche, al muro a tacche.
La salita in libera a sorpresa
Sono in furgone, in giro per Lecco
Pagine precedenti: Luca sul
primo
tiro In questa pagina: Dimitri sul terzo tiro 42 Arrampicata
a lavorare, quando mi arriva la chia mata di Luchino che mi annuncia la sua salita in libera in giornata della via.
Sono quasi incredulo e un po’ dispia ciuto per non esserci stato, ma sono veramente felice per e con lui: è stato bravissimo, più ci penso e più mi dico quanto è stato bravo. Per quanto mi riguarda il tiro più difficile continua a respingermi, toccherà investire un’altra stagione!
“Restiamo Umani” è il nome che ab biamo dato alla via, è una cosa usci
Arrampicata
ta un po’ così: l’apertura è coincisa con un momento storico particolare, la pandemia ci ha fatto vivere giorni nei quali abbiamo visto di tutto, sia in positivo che in negativo. Queste due semplice parole creano un messaggio che è bene tenere a mente per il fu turo.
Dieci anni fa, veniva rapito e ucciso a Gaza Vittorio Arrigoni, è un piccolo omaggio anche a lui.
MEGALODONTE, IL MIO BOULDER PIÙ DIFFICILE
Serve una serie di friend per salire il primo tiro e allestire la prima sosta.
Dalla sosta 3 con due corde da 60 metri non si arriva a terra e si è com pletamente nel vuoto.
La sosta si trova tutto in diagonale in strapiombo, ripassare le protezioni
è quasi impossibile. Occorre lasciare fissato un cordino per riprendere la sosta 2.
Stessa cosa sopra, cordino fissato da sosta 3 a sosta 4 per scendere in doppia.
“L’ho fatto, è finita!”
Il cielo è terso, la temperatura è perfetta, la roccia è ancora in ombra, ma è decisamente molto asciutta: sembra che ci siano le con dizioni ideali per effettuare dei buo ni tentativi, ma di proposito non vo glio imporre a me stesso che questo “deve” essere il giorno per completare questa salita, anzi, devo solo cercare di scalare come so fare, liberare la mente
e seguire il “flow”, a quel punto il suc cesso sarà solo una conseguenza. Immergo le mie mani nel sacchet to della magnesite, inspiro profonda mente e, mentre butto fuori tutta l’aria, mi avvicino alle prese di partenza. Nel momento in cui stacco i piedi da terra nella mia testa scatta qualcosa, come un “click”, i miei pensieri spariscono, non ho nessun tipo di pressione o ansia, sono solo immerso completa
mente in quei movimenti che eseguo perfettamente, senza errori, afferro ogni appiglio con incredibile precisio ne, ma il comando motorio volontario sembra assente, è come se andassi in automatico, come se il mio corpo finalmente si ricordasse perfettamen te ogni gesto di questa salita che ho provato innumerevoli volte e, senza nemmeno accorgermene, mi ritrovo in cima al sasso, incredulo. La mia men
Foto di Michele Caminati
Il punto più alto di una stagione alla riscoperta della Valmasino di Simone Tentori
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A pagina 43, dall’alto: Luca sul quarto tiro; Luca sul quinto tiro In questa pagina: Dimitri sul nono tiro NOTE
Pagina precedente: Megalodonte 8C FA in Val Masino. Foto di Max Piazza
In questa pagina: Prima parte di Megalodonte, durante una sessione notturna. Foto di Martina
Pagina a fronte: Riscoperta di Essenza 8A, un bellissimo passaggio che era stato completamente sommerso dal muschio. Foto di Cristian Bubani
te, che era stata fino a quel momento in stand by, si riaccende all’improvvi so e mi trovo travolto da una serie di emozioni indescrivibili, nella mia te sta riecheggia solo una frase: “Non ci credo! L’ho fatto!” “L’ho fatto! È finita!”.
Non riuscivo a realizzare che era tutto finito. Avevo appena conclu so la prima salita di “Megalodonte”, il mio progetto della stagione e proba bilmente il mio boulder più difficile in assoluto.
Non riuscivo ad accettare il fatto che in una sola manciata di secondi si potessero concentrare le innumere voli giornate di tentativi e l’incredibile quantità di energie e sforzi che avevo investito solo per questo passaggio.
Circa sei mesi di preparazione e oltre
venti giornate passate sotto quel sasso per cercare le sequenze, rivelare tut te le asperità e i piccoli cristalli offerti dalla roccia che avrebbero potuto fare la differenza nel rendere un passaggio anche solo leggermente più semplice, iniziare a fare i tentativi da metà sasso, poi da poco più in basso e poi dalla partenza, rivalutare le sequenze e du bitare che i movimenti trovati sareb bero stati quelli giusti, riprovare con un altro sistema, poi ripetere con quello precedente. E poi tentativi, tentativi e ancora tentativi per cercare di vince re la gravità sul lato più difficile di un sasso, è tutto qui il nostro gioco, ma è un gioco bellissimo che vale la pena provare.
La riscoperta della Valmasino Questa salita rappresenta il culmi ne della stagione invernale di bloc chi 2020-2021 che ho trascorso in
Val Masino insieme a numerosi ami ci a scalare e a scoprire gli angoli più nascosti di questo magnifico posto. Negli anni precedenti eravamo soliti trascorrere i mesi più freddi dell’an no nella più nota zona di boulder del Ticino, in Svizzera, luogo molto spe ciale per la qualità della roccia e dei passaggi, in cui è stata scritta e si sta scrivendo la storia del boulder; infatti, scalatori da tutto il mondo raggiun gono questi posti per confrontarsi su queste linee incredibili. Purtroppo, o per fortuna, a causa delle restrizioni tra paesi non è stato possibile viag giare oltre i confini italiani e quindi abbiamo deciso di trascorrere la sta gione in “Valle” (Val Masino) per co noscere ed apprezzare meglio questo posto, relativamente vicino a casa, ma a cui non avevamo mai dedicato l’at tenzione che si merita.
È stata una esperienza interessan
46 Arrampicata
te che ci ha arricchito molto, abbiamo avuto la possibilità di scalare con un approccio differente da quello a cui eravamo abituati. Solitamente tramite video, racconti e articoli si sceglievano i passaggi che avremmo voluto salire, ci recavamo in Svizzera e, una volta posizionati i crash pad sotto il sasso, iniziavamo ad effettuare i primi ten tativi su un masso già pulito e con le prese segnate, non restava altro che essere abbastanza forti per comple tare la salita.
con uno spazzolino a setole più mor bide. In alcuni casi è anche necessa rio dove possibile sistemare la base per poter posizionare crash pad nel modo più sicuro, evitando di lasciare sassi appuntiti o buchi nella zona di caduta.
che per “Megalodonte”. Questa linea è la connessione di due passaggi già esistenti: i primi otto movimenti di “Crazy Snake”, un boulder gradato 8B, e la parte finale di “Snake’s Bite” 8A+.
Il fascino faticoso dei blocchi dimenticati
In Valle è stato diverso, ovviamente anche qui i blocchi più frequentati ed accessibili sono perennemente puliti e pronti per essere scalati, ma ce ne sono anche moltissimi altri che sono stati a torto abbandonati e sono stati inglobati di nuovo dalla vegetazione.
A torto, perché spesso l’estetica della linea e la qualità dei movimenti fanno di questi sassi dei veri capolavori.
In questo caso il processo per salire un sasso è un po’ più lungo: innanzi tutto bisogna trovarlo, cosa non scon tata, considerando che spesso anche i sentieri, poco frequentati, non sono evidenti, poi è necessario portare una corda da legare ad un albero sopra o dietro il sasso che si vuole pulire, ci si cala e, utilizzando una spazzola di ferro, si gratta il muschio che copre gli appigli si rimuovono foglie e rami incastrati nelle fessure. A quel punto si cerca di immaginare quale potrebbe essere una possibile sequenza di mo vimenti per salire, si segnano le prese con la magnesite e infine si puliscono
Lavoro di squadra e di amicizia È giusto menzionare il fatto che la maggior parte dei sassi che abbiamo pulito erano linee già esistenti e già salite, spesso durante vecchie edizioni del mitico raduno “Melloblocco”, ma che poi non sono stati più frequenta ti, e quindi è stato necessario portarli di nuovo alla luce. Tuttavia, durante le nostre ricerche abbiamo trovato an che dei nuovi blocchi con roccia ver gine su cui nessuno aveva mai messo le mani. Soprattutto grazie agli sforzi del mio amico Max Piazza sta na scendo un piccolo nuovo settore che potrebbe arricchire la Valle di nuovi interessanti passaggi.
Sicuramente seguendo questa pro cedura il numero di blocchi che si possono scalare in una sessione si riduce perché spesso si impiega più tempo nella preparazione che nella salita effettiva. Tuttavia, è un approccio molto interessante che permette di apprezzare ancora di più il passaggio, il valore della salita cresce e il gra do di soddisfazione è completamente diverso. Inoltre, il lavoro di squadra e la grande passione che accomuna la mia compagnia hanno permesso di consolidare ancora di più i legami di amicizia e i nostri rapporti anche al di fuori dell’arrampicata, e questa è una delle cose che più ho apprezzato du rante questi mesi trascorsi in Valle.
Un sogno realizzato
Un processo simile è avvenuto an
Individualmente erano stati ripetuti in passato da Simone Pedeferri e pochi altri, ma la linea completa che connet teva i due passaggi aspettava ancora una salita, nonostante Adam Ondra l’a vesse provata durante un Melloblocco.
La prima parte si può descrive re come un grosso frigorifero alto 6 metri inclinato a 70° in cui è necessa ria una notevole tensione di corpo per non farsi vincere dalla gravità. Com primendo con mani e piedi i due bordi svasi di questa prua strapiombante si raggiunge con dei movimenti molto fisici la presa di partenza del secon do blocco che presenta una difficile sbandierata (movimento in cui i piedi oscillano velocemente verso l’ester no) e un’uscita più tecnica in cui ho utilizzato una ginocchiera per aiutarmi nella salita. È un mostro di forza-resi stenza poiché ogni singolo movimen to ha un’intensità molto elevata e non ci sono riposi in mezzo.
Sembrava il progetto ideale per me in quanto ritengo che questo stile sia uno dei miei punti di forza, inoltre la linea è spaziale e le sequenze sono molto divertenti da scalare. Ho quin di iniziato a pulirlo ad inizio ottobre, a novembre sono riuscito a salire i due boulder separatamente, ma nonostan te le ottime sensazioni ero consa pevole del fatto che per completare l’intera linea ci sarebbe voluto molto tempo e dedizione.
Come raccontavo sopra, sono final mente riuscito a salire “Megalodonte” solo ad aprile, durante gli ultimi gior ni di condizioni buone per scalare sul progetto, quando ormai avevo già ri
posto le speranze per la riuscita pri ma dell’estate. Ma è stata forse pro prio questa predisposizione mentale che mi ha permesso di scalare quel giorno libero dai pensieri, lasciando al mio corpo il compito di eseguire, uno dopo l’altro, quei movimenti che ave
CHI SONO
Sono Simone Tentori, sono nato a Lecco nel 1998 e arrampico da quando ho 11 anni. La passione della monta gna mi è stata trasmessa da mio pa dre, membro del Gruppo Ragni della Grignetta, e per questo fin da piccolo sono cresciuto facendo trekking, sci, mountain bike e le prime arrampicate. Ho iniziato a scalare in modo piuttosto casuale dopo anni di ginnastica artisti ca e solo più tardi ho iniziato a dedi carmi seriamente all’arrampicata.
Iscritto ad un corso nella palestra di arrampicata dei Ragni di Lecco, il mio approccio è iniziato sulla plastica, è quindi stato naturale entrare nella squadra agonistica ed iniziare a gareg
vo perfezionato nei mesi precedenti, che avevo sognato e visualizzato nella mia testa così tante volte. “Click”, un momento di stand by, per realizzare ciò che apparentemente sembrava impossibile.
Sul canale YouTube de I Ragni di
Lecco si può trovare un breve video che racconta la mia storia e il video della salita completa di “Megalodonte”. Ragni inside their world: About Si mone Tentori https://www.youtube.com/ watch?v=mKVWmJ4NeW0&t=59s
giare partecipando poi a competizioni nazionali ed internazionali che mi han no portato a classificarmi per tre volte 4° in Coppa Europa Boulder nella cate goria giovanile e un 3° posto in Coppa Italia Boulder. Crescendo, ho scoperto sempre di più il mondo outdoor e il mio appetito di toccare nuova roccia e confrontarmi con passaggi di fama mondiale non si è mai fermato. Mi de dico principalmente al boulder, ma ogni tanto pratico volentieri anche l’arram picata sportiva in falesia, in ogni caso sono sempre più rare per me le oc casioni di stare in un ambiente indoor, perché preferisco decisamente stare in mezzo alla natura.
In questi anni ho avuto la possibilità di scalare in Svizzera, Francia, Spagna, Austria, e anche di fare due viaggi in Sud Africa, ma la lista dei posti da vi sitare è sempre più lunga ��
La mia attività
• Boulder: 8C (8A+ flash)
• Falesia: 8c+ (8b flash)
• Oltre 200 boulder sopra l’8A (di cui più di 40 sopra l’8B)
• Oltre 175 tiri sopra l’8a (di cui 10 sopra l’8c)
• 3° posto Coppa Italia Boulder a Prato nel 2019
• Membro del Gruppo Ragni della Grignetta dal 2016
48 Arrampicata
Ultimi movimenti difficili di Megalodonte. Foto di Max Piazza
Rincoletture e cronache dall’Al(di)qua di Emiliano Alquà
Èlaseconda metà di settembre, siamo appena sbarcati a Kalym nos, piccola Isola greca a un tiro di schioppo dalle coste turche. Rino mata meta turistica per climbers che a centinaia ogni anno affollano le nu merose falesie presenti in loco. Siamo mio fratello Vale, la dott.sa Benny, ma stro Maurizio detto Piscinin e il sotto scritto. Dopo continui ed insistenti in viti che hanno ingigantito il mio ego di metalpinista, ho accettato di unirmi allo sparuto gruppo. La cruda realtà verrà a galla solo in seguito. In quattro meglio si ammortizzano le spese di viaggio, e fino all’ultimo mi sono giocato il posto
con un pensionato, vecchio reduce del VII reggimento alpini Morbegno, e un camionista di Caprino.
Le prime due cose che si notano arrivando via mare sono una faraoni ca bandiera della Grecia, pitturata sulle pendici di una collina rocciosa (chia ro segnale rivolto alle adiacenti coste turche), e un denso fumo nero che poi scopriremo provenire da un sofisticato impianto di trattamento rifiuti. Il tra ghetto ci scarica a Pothia, capoluogo dell’isola. Non è per niente il classico paesino greco da cartolina, ma il por to è pieno di pescherecci e brulica di pescatori, commercianti e personaggi
pittoreschi. Tutt’intorno ristoranti, caf fetterie e un bel via vai di locals ab bronzati e sorridenti. Fiduciosi andiamo alla ricerca di una corriera che ci porti a Masouri, pae sino sulla costa occidentale a dieci minuti di macchina da Pothia, dove alloggeremo per questa settimana di scorribande. Evitiamo con cura i nu merosi taxisti manco fossero appestati e cominciamo a vagare per il molo cercando di individuare il terminal dei potenti trasporti pubblici autocto ni. Non ci faremo spennare come dei polli. Parola d’ordine: vacanza no Al pitur. Trascorsa una mezz’ora incon
IL DRAGO, LA ZOPPA E IL CACCIATORE
cludente ci arrendiamo all’evidenza, e chiamiamo un taxi che per una modi ca cifra ci porta a destinazione.
Durante il tragitto finalmente riu sciamo a scorgere i primi agglomerati rocciosi. E per chi non è del mestiere è l’immagine di quattro dementi che sbavano guardando della roccia con alle spalle un mare da sogno. Natu ralmente, quando a casa te la descri vono, non riesci a capire il perché di tanto entusiasmo. Poi dal vivo…
cui si alternano immense placconate grigie, falesie verticalissime e grotte che grondano lunghe canne e enormi stalattiti. Ed è solo una piccola parte dello scalabile. Il tutto affacciato su un bellissimo golfo. Questo sì, da carto lina.
Una bastionata di calcare e un golfo da cartolina
Masouri è sovrastata da una gigan tesca bastionata di calcare che cor re quasi ininterrottamente per alcuni chilometri. Una strisciona di roccia in
Prendiamo possesso delle nostre due camere. Lo Studio Klimis, uno tra i meno cari, è alquanto spartano. Il bagno è abitato da una colonia di zanzare spartane e i letti risalgono al periodo spartano. Le lenzuola però son pulite, dal balconcino la vista è stupefacente e volendo ci si può tuf fare direttamente nelle turchesi acque della spiaggetta sottostante. Consi gliatissimo.
È mattino. Dal terrazzo lo sciabordio delle onde e i motori svalvolati del le barche dei pescatori. Tutto intorno ai nostri letti è una strage di zanza re. Una colazione fugace consumata
in terrazza al cospetto del mar Egeo e poi via a noleggiare motorini, in dispensabile ausilio per deambulare sulla ridente isoletta. Noleggiatori ce ne sono dappertutto e si fanno una concorrenza spietata. Ovviamente noi riusciamo a trovare il più ladro di tutti il quale, dopo averci spiegato che la settimana è fatta di otto giorni, sor nione ci rifila due catorci che neanche a Timbuctu.
La sera prima, stravaccati allo Scor pion Pub dove una bella ragazza dalle fattezze tirolesi serve birra e popcorn, abbiamo imparato a decifrare la guida: operazione atta a scegliere in primis le falesie più consone alle nostre inuma ne capacità, in secundis a selezionare tra le miriadi di tiri quelli che secon do Vangelo sono i più belli e blaso nati. Per il nostro battesimo di roccia decidiamo di non allontanarci troppo e optiamo per Poets una delle tante
falesie sopra Masouri.
Assaggio della roccia Abbandonati due rottami a bordo strada, ci inerpichiamo per il ripido sentiero e in breve tempo giungia mo a ridosso della parete. La prima ora la passiamo in compagnia delle capre a sbrogliare la corda nuova di pacca, dopo di che ci avviciniamo ti midi alla roccia per un primo assaggio. È subito Amore! Per le nostre mani, abituate alle bisunte falesie lecchesi (ingrato!) questo calcare assomiglia più a carta vetrata. I piedi, che sulla dolomia lariana sdrucciolano subdoli, qui per incanto si aggrappano come il velcro. I tiri sono mediamente mol to lunghi, protetti mediamente molto corto, e le difficolta mediamente mol to sovragradate. Manco a dirlo, i tiri che abbiamo selezionato sono vera mente belli e l’arrampicata è sempre appagante e divertente. Il paradiso in roccia per gente che al Nibbio prende bastonate sui denti. Per di più finito un tiro ci si può crogiolare alla vista del fantastico panorama.
Tra una lunghezza e l’altra c’è tem po anche per fare conoscenze. Scopri così che il vecchietto di fianco a te abita a Busto e vien qui in vacanza da trent’anni; quando si attrezzava no le prime falesie, non c’erano tutti sti tiri, non c’erano tutti questi locali, non c’era tutto sto via vai, non c’erano neanche i greci e l’isola era abitata da capre e predoni turchi. Oppure ti fer mi a guardare con una certa invidia la Zoppa, una ragazza con la gamba tutta fasciata, che volteggia su gra di che non raggiungerai mai. Ma nel frattempo scappi da un tizio, Il Drago, che ripete tutti i tiri che fai tu senza apparente difficoltà e con indosso le scarpe da tennis. Sminuendo ogni tuo
52 Arrampicata
Pagine
precedenti: La
solitaria Millianos Cave. Foto di Piscinin
In questa pagina: Vista dalla falesia Poets. Foto di Emiliano Alquà Pagina a fronte: Benny appesa al tramonto, falesia di Arhi.
Foto
di
Piscinin
gesto atletico, e chi se ne infischia!
Una giornata tipo, seguendo capre e gatti
Allorché le capre scompaiono, chiaro segnale del caldo imminente, è giunta l’ora di svaccarci in spiaggia per sver nare le ore più calde del pomeriggio. Scendiamo a recuperare i due bidoni e arranchiamo fino alla baia di Arginon ta dove facciamo in sequenza, bagno, birretta, pisolo, discussione esistenziale, birretta, bagno con discussione e pi solo esistenziale. La spiaggia è affolla tissima. A cinquanta metri sulla destra una famigliola greca, a cinquanta me tri sulla sinistra due gatti spelacchiati. Forse morti, non si capisce. Per esse re una vacanza No Alpitour il mare è magnificamente cristallino, i sassolini della spiaggia magnificamente comodi e la brezza magnificamente magnifica. Tutto attorno la rassicurante presenza delle gigantesche falesie e un tranquillo silenzio che in Brianza non si sente dai tempi dell’ultima glaciazione. Allorché i gatti scompaiono, chiaro segnale di fine calura, optiamo per fare due tiri prima dell’agognata cena. Dove ti giri ti giri, c’è roccia. Un breve con sulto alla Bibbia e decidiamo per Arhi falesia caratterizzata da uno spettaco lare calcare rossastro. I tiri sono fan tastici, la roccia superlativa e come se non bastasse il sole ci regala uno stu pendo tramonto infuocato sul mare, #ohmioDiochespettacolo. È buio ormai, in sella alle nostre carrette percorria mo la dolce strada dei trionfatori. Ogni tanto incrociamo qualche altro moto climber dall’aria estasiata. Il vento che scompiglia le calvizie, le mani dolenti, un occhio alla strada e uno al mare che
riflette gli ultimi bagliori del crepuscolo.
Falesie, spiagge e bizzarri baretti
Questa è stata la nostra giornata tipo, ripetuta in un esaltante loop di sei giorni. Ovviamente abbiam esplo rato tutte falesie diverse. Stupiti di scoprire in ciascuna di esse caratteri e fisionomie ogni volta differenti. Al ternando gesta atletiche a idilliaci po meriggi di svacco nelle spiagge che si trovano lungo la costa ovest, par tendo da Myrties per arrivare su fino a Emporios. Veri e propri paradisi del relax, dove non mancano ristorantini e bizzarri baretti. Dove la birra media è mezzo litro, il tonno nel panino è pescato del giorno e il sorriso è un sorriso.
Imprescindibile un giro completo dell’Isola, che con i nostri squallidi bi rocci si è compiuto in una sola gior nata, inframmezzando svariate pause, tra cui una visita a Pothia e annesso impianto di trattamento rifiuti: ‘na di scarica a cui danno fuoco (il famoso fumo…). E poi bagno in una splendida caletta che manco a dirlo era deserta, visita ai paesini di Vathy e Rina con
abbuffata di panini mega imbottiti, puntata alla solitaria falesia di Millianos Cave, accolti a suon di schioppettate da un simpatico cacciatore. E rientro attraverso la panoramicissima strada che unisce le due coste, est e ovest.
Giunti ormai alla fine di questa esta siante settimana di roccia, sole, mous saka, capre, sentieri, mare, zanzare, tzatziki, gatti, motorini, magnesite, braci, cale, vento, curve, risate, bandie
re e rosmarino selvatico, non ci resta che fare un ultimo brindisi e contare le tante falesie che ancora non siam riusciti a raggiungere. Lì dove i dra ghi, le zoppe e i cacciatori stanno ad aspettare il nostro ritorno.
A sinistra, dall’alto: Il Piscinin che scruta le linee più intriganti alla falesia Arhi; Il tramonto dal terrazzino dello spartano Klimis Studio. Foto di Emiliano Alquà
Dall’alto: Belgian Chocolates. Foto di Piscinin; La Quaterna con alle spalle la falesia Ghost Kitchen. Foto di Valentino Alquà
glia di scoprire e vivere le montagne?
TANTA VOGLIA DI RICOMINCIARE
Il 2022 per il gruppo di Alpinismo giovanile del CAI Lecco
di Alessia Losa
Il perché dell’andare in montagna
Perché
si va in montagna? Chissà se chi frequenta e vive la mon tagna se lo è mai chiesto e ha cercato di darsi una risposta. Percor rere i sentieri, scalare una parete, risa lire pendii innevati con gli sci e le pelli di foca sono alcuni dei differenti modi per raggiungere la propria meta: una cima, un rifugio o un luogo tranquillo dove rilassarsi e fare un picnic all’aria aperta. Per voi frequentare la monta gna cosa significa? Tenervi in forma? Fare sport? Stare in mezzo alla natu ra? Stare in compagnia? È una filoso fia di vita? Chi più ne ha più ne metta.
Forse noi adulti abbiamo le idee chiare su cosa vogliamo dalla monta gna e perché la cerchiamo pur facen do fatica. Ma i bambini e i ragazzi cosa pensano di tutto ciò? Sarebbe molto interessante e curioso chiederlo loro, raccogliendo emozioni e sensazioni.
Da quando lavoro nella bassa, pre cisamente in pianura Padana, ho sco perto un nuovo paesaggio rispetto a quello che sono abituata ad osservare ed ammirare. Lascio ogni mattina la mia città, Lecco, prima dell’alba, quan do il buio maschera ancora il conte sto che mi circonda. Anche se non le vedo mi sento sempre avvolta e pro tetta dalle nostre montagne, perché percepisco le loro linee e adocchio sulla sommità le loro croci illuminate, che generano in me la stessa sensa zione di un marinaio nell’avvistare un faro in mezzo al mare. Se sono for tunata, nelle belle giornate limpide le montagne lecchesi rimangono con me in modo tangibile, perché i loro profili disegnano l’orizzonte che spa zia davanti ai miei occhi fino all’arrivo sul posto di lavoro, a più di 90 km. Da quando sono stata catapultata in quel piattume dove non è facile trovare dei
punti di riferimento, soprattutto quan do vi è foschia o nebbia, le ho sem pre cercate e nelle giornate terse le ho individuate. Le sagome delle nostre montagne più note e famose spiccano in lontananza, generando un’immagine molto peculiare, perché alla quota del livello del mare riesco ad ammirarle tutte e tre insieme, come se fossero in posa per una fotografia di gruppo. Tale scorcio è impossibile dalla città manzoniana. Il mio occhio allenato individua facilmente la forma triango lare della Grignetta, protetta alle spalle dall’immensità del Grignone, mentre alla sua destra, verso est, le fa com pagnia e la difende il Resegone dalla sagoma seghettata. Questa visione mi sveglia dal torpore della levataccia, ri empiendomi di positività.
Sono abituata a scrutare e ammirare le montagne con il naso all’insù ogni volta che le avvisto dalle vie di Lecco o da qualsiasi luogo dove mi trovo in vacanza o per lavoro: nella mia testa vi è l’idea che raggiungendo la cima si può scoprire cosa vi è dall’altra par te, e questo scatena in me curiosità e desiderio di avventura. Ed è lo spirito che mi fa andare su e giù per i monti con la voglia di conoscerli e di vivere forti emozioni stando all’aria aperta e immersa nella natura in qualsiasi sta gione dell’anno.
Le motivazioni di un bambino, la famiglia e la scuola Cosa deve fare un bambino che abita a Lecco per conoscere e vive re le montagne? Sicuramente ha una possibilità in più rispetto ad uno che vive in pianura, poiché ha le monta
gne a portata di mano. Può indossare gli scarponi nel cortile di casa e rag giungere le cime a piedi, ovviamente in compagnia di papà, mamma, zii o nonni. Ma se suoi famigliari non sono appassionati di montagna come può scoprire i rilievi che racchiudono la sua città?
Ai bambini delle scuole elementari di Lecco una infarinatura sul contesto paesaggistico del territorio è forni ta dalle maestre, con indicazioni sugli aspetti geografici della città collocata fra lago e monti. Qualche volta bam bini insieme alle maestre vanno ad ammirare il paesaggio nei punti più alti della città che si possono raggiunge re a piedi o in bus, come il campanile della basilica di san Nicolò.
Una volta conosciute a scuola in modo teorico, i bambini avranno vo
Per un bambino la cui famiglia è ap passionata di montagna, sarà proba bilmente più facile acquisire il piacere dell’andare per monti, compensando con il risultato finale gli sforzi dell’ac cettare la levataccia, lo zaino pesante, il mal di piedi, la fame, la sete, il caldo, il freddo e la stanchezza.
E invece ai ragazzi che non hanno la possibilità di conoscere la monta gna attraverso la famiglia, pur essendo curiosi e attratti dalle barriere naturali che circondano la loro città, che op portunità si offrono?
Le proposte del CAI in tempi di pandemia
Negli anni passati a scuola i ragazzi ricevevano un pieghevole ben detta gliato e ricco di fotografie, nel quale era riportato il programma dei corsi proposti dal gruppo di Alpinismo Gio vanile del CAI Lecco sull’andare anda re per monti zaino in spalla e scarponi ai piedi in ogni stagione dell’anno. Ma come mai mi sto esprimendo al pas sato? Le escursioni non vengono più organizzate?
A causa della “stracitata” pandemia da SARSCOV2, causata da un qual cosa che vivente non è, ma è solo un insieme di molecole microscopiche racchiuse da un involucro protettivo, tutto è stato bloccato. E dopo due anni cosa si può raccontare dei corsi di AG?
Nel 2020 nulla si è svolto, tutto è stato tenuto in stand by, mantenendo i rapporti tramite i social e le piatta forme per riunioni virtuali.
Nel 2021 il gruppo accompagnatori
57Alpinismo giovanile
Pagina precedente: Ai Piani di Barra Sopra: Al Sasso della Vecchia, Monte Barro. Foto di Marco Giudici
si è risvegliato da un lungo sonno con la voglia di ricominciare, ristabilendo rapporti in presenza e ricucendo le di stanze con l’organizzazione di alcune gite. A maggio la prima escursione con meta la cima del monte Magnodeno: hanno partecipato solo gli accompa gnatori con l’intento di ricostruire le dinamiche di gruppo. È stata una gita liberatoria che ha creato emozioni piacevoli, momenti di confronto e di condivisione per pianificare le future uscite in ambiente insieme ai bambi ni e ai ragazzi, come ai vecchi tempi. E dall’organizzazione si è passati alla realizzazione di tre gite, tre splendide domeniche nelle quali il vivace gruppo
Alpinismo giovanile
di AG è tornato a percorrere i sentieri delle nostre montagne e il vociare dei bambini ha ricominciato a mescolarsi ai suoni della natura.
La prima uscita ha avuto come meta il rifugio Riva, in Valsassina, ed i ragazzi con più carburante in corpo, insieme agli accompagnatori, hanno raggiunto la chiesa di san Calimero. La meta della seconda escursione è stata la cima del monte Barro per i ragazzi più grandi, che si sono poi riuniti con quelli più piccoli ai piani di Barra. L’ultima gita ha avuto come scenario Piani Resi nelli, dove i bambini hanno scoperto la diga Guzzi e le marmitte dei giganti. Queste poche gite, seguite nel mese di luglio dal trekking estivo sull’Adamello bresciano, hanno risvegliato sia gli ac compagnatori sia ragazzi dal torpore e dall’inattività, agendo da motore pro pulsore per ricominciare nel 2022.
Nei primi mesi del 2022 gli ingra naggi di quella magnifica struttura or ganizzativa nata più di 55 anni fa si sono mossi. Sto parlando del gruppo degli accompagnatori di Alpinismo Giovanile, formato da persone molto variegate per età, esperienze e attività di lavoro, ma accumunate dalla pas sione per la montagna e dalla voglia di trasmetterla ai bambini e ai ragazzi.
E così ora si riparte con la classica formula pre-Covid19.
Il programma è stato stilato. Ci sa ranno due corsi, che permetteranno ai partecipanti di trascorrere momenti felici sulle montagne del nostro terri torio e in Valtellina, uno destinato ai bambini dai 7 ai 10 anni detto corso
BASE e l’altro per i ragazzi dagli 11 ai 14 anni chiamato corso PERFEZIO NAMENTO. Entrambi si articoleranno in 8 gite distribuite nei mesi prima
verili e seguite da un’uscita conclusiva di due giorni, nella quale bambini e ragazzi po tranno sperimentare un pernottamento in rifugio.
Rispetto agli anni passati vi è un pic colo neo: non è stato programmato il ter zo corso denominato alpinistico, rivolto ai ragazzi over 14, per ché è necessario tro vare un nuovo modo per coinvolgerli e ri formare il gruppo. In questi ultimi due anni il tempo non si è fer
mato, i bambini sono cresciuti, si sono modificate le fasce di età e deve es sere riformulata la composizione dei corsi. L’obiettivo principale del 2022 è di riattivare il tutto partendo dai più piccoli per ricostruire i tre gruppi, ani ma dei corsi, in modo da riaccendere nei ragazzi la scintilla che sta alla base dell’andare su e giù per i monti. Vi aspettiamo per vivere insieme a voi avvincenti avventure: siete pron ti ad indossare ancora gli scarponi ai piedi e a mettere gli zaini in spalla in sieme agli accompagnatori di AG del CAI Lecco? Buone gite!
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Alpinismo Giovanile 2022
In cima al Monte Barro. Foto di Alessia Losa
Dall’alto: La componente femminile del gruppo accompagnatori, quasi al completo, al Monte Barro. Foto di Marco Giudici; Verso il rifugio Riva. Foto di Alessia Losa; Passeggiata ai Piani Resinelli. Foto di Tiziano Riva
59Alpinismo giovanile
CONTAGIO DA NEVE
Il2019 non termina nel migliore dei modi, ma inizio il 2020 speranzo sa che le cose possano cambiare. Invece tracollano. Un gennaio come non vedevo da anni, un febbraio peg gio, un marzo in caduta libera senza paracadute.
I telegiornali annunciano la pan demia mondiale, siamo blindati. Tutti a casa, le scuole sono chiuse, si esce solo per la spesa o per andare in far
macia, e le ambulanze gridano in stra da di continuo.
Quando hai l’occasione, anche se significa recarsi nel più vicino super mercato, ti senti un ladro, le strade sono deserte, le persone spaventate scansano qualsiasi contatto.
Il terrore propaga alla velocità del suono.
Rosso, giallo, arancione, cronaca di
due anni di inattività
Insieme a tutto il resto, il CAI si spe gne all’istante, i corsi sono annullati. I riflettori sono puntati sui TG, le notizie monotematiche arrivano come mine che esplodono ad ogni consegna. La maggior parte della popolazio ne è completamente destabilizzata da una situazione decisamente inedita, ma gli anziani alzano la mano, eviden ziando momenti passati della loro
La pandemia allenta e ripartono i corsi di scialpinismo di Sara Pozzetti
vita in tempi di guerra, situazione per certi aspetti analoga.
E il 2020, se pur pesantissimo e molto lento, passa: anno bisesto de cisamente funesto.
La presa del rigore si allenta per le vacanze estive, ma è ovviamente troppo tardi per terminare i corsi ini ziati e per fare quelli previsti.
Siamo consapevoli che l’autunno in arrivo vedrà nuove restrizioni, ma tutti confidiamo che la situazione sarà più leggera.
Ed invece no. Ci risiamo, ci distin guiamo con colori, i rossi che sono blindati, gli arancioni che lo sono in parte, gialli che pensano di poter fare ma non è così, i bianchi che non esi steranno sino alla primavera inoltrata.
Le informazioni sono caotiche, ognu no interpreta palesemente a seconda delle proprie convenienze, e nel frat tempo la stagione invernale è gran diosa.
Copiose nevicate, come non si ve devano da anni, ricoprono la terra da nord a sud, temperature ideali per praticare qualsiasi sport sulla neve, il sole che riempie weekend, le precipi tazioni che lavorano durante la setti mana. Per i molti rispettosi delle regole imposte, dinamica non applicabile, ma per tanti sfidanti la sorte si aprono scorribande senza precedenti.
Il CAI, non appena pare che le varie gamme di colore sfumino, annuncia la possibilità di partire con le attività, attenendosi scrupolosamente alle in
dicazioni arrivate dal Governo.
Gasatissimi decidiamo di iniziare il corso SA1, con lezioni teoriche online e pratiche in ambiente, ma queste si esauriscono in un attimo.
Il giallo ripiomba sulla Lombardia, così come l’amarezza di dover inter rompere nuovamente il corso appena cominciato.
Gli allievi sono delusi, noi lasciamo aperta la possibilità di riprendere non appena le condizioni lo permetteran no, ma presto ci rendiamo conto che rimane una pura illusione.
Annulliamo il corso base, non pren diamo nemmeno in considerazione quello avanzato, e un altro anno di at tività sezionali svanisce.
E anche il 2021 si esaurisce, anche se non bisesto, funesto quasi quanto quello passato.
La ripartenza
A settembre però, sempre per cer care di essere fiduciosi, fissiamo una riunione, che oltre a raggruppare fi nalmente tutti gli istruttori, ha l’obietti vo di programmare l’attività del 2022.
Siamo talmente carichi e in astinen za, che programmiamo SA1, SA2 e A1. Abbiamo liste infinite di speranzosi al lievi, che fremono di cominciare.
La neve tra ottobre e novembre ci fa sperare che la stagione possa replicare come l’anno prima, ma saggi ricorda no che “se a fioca an sla feuja, l’invern a dà nèn neuja”.
Noi non ci facciamo intimorire nemmeno dai proverbi, ma non pas sa molto tempo che siamo costret
ti a rivedere tutto: un’enorme bolla di alta pressione cala pesantemente e in modo persistente su tutto l’arco alpi no. Non piove, non cade un fiocco, e spesso tira vento tempestoso.
La poca neve che c’è si trasforma in un manto ghiacciato, su cui affiorano sassi, i boschi sono vuoti, le tempera ture sono sopra alla media stagionale, le primule spuntano nei prati, ed è an cora inverno pieno!
Si aggiunge la restrizione che espa triando nella Confederazione Svizzera, il Governo Italiano impone il tampone di rientro, il che limita ulteriormente la scelta delle gite.
Aberrante, ma non si molla. L’SA1 comincia, 37 allievi esplosivi, bramosi
di sciare. Snoccioliamo un’uscita die tro l’altra e arriviamo a fine corso. Ci sembra incredibile, ma è vero. Nonostante tutti timorosi avverti menti della natura che avrebbero po tuto farci desistere, non abbiamo get tato la spugna.
La situazione sembra calmierata, il Governo ha sancito la fine della pan demia a fine marzo, perciò confidia mo di riuscire a completare anche il corso SA2, sempre che le condizioni della neve lo permettano, perché la
63Sci alpinismo
Pagine precedenti: Salendo al Teltschehorn, distretto di Goms, Svizzera
Sotto: Il corso SA1 2022 al bivacco Cecchini, Valle Spluga, ai piedi del Pizzo Ferré
Bosco sopra La Villa, Val Badia
bolla di alta pressione insiste e per siste. Ma sfodereremo tutte le nostre conoscenze per cercare le migliori soluzioni, così da soddisfare gli allie vi che attendono da tempo di poter partecipare al corso avanzato, augu randoci che non cominci a piovere proprio in tarda primavera, quando saremo impegnati con il corso A1.
La speranza è che questo periodo si concluda definitivamente e che si possa tornare alla normalità, quando si era felici, ma non lo si sapeva.
Foto di Sara Pozzetti
Dall’alto: Piccole meraviglie nel bo sco sopra La Villa, Val Badia; Salendo al Teltschehorn, distretto di Goms, Svizzera; Istruttori al bivacco Cecchini; Salen do verso il Blashorn, Distretto di Goms, Svizzera.
ALLA RICERCA DELLA NEVE
Erail mese di settembre e tutto il gruppo Sci di Fondo Escursio nismo (Marco, Salvatore, Gio vanni, Paola, Pina, Mimmo e Daniele) si riuniva al CAI per organizzare la nuo va stagione 2021-2022.
Con un pochino di timore si metteva a punto ogni dettaglio: la scelta degli autobus, le uscite a “secco”, le uscite
sulla neve, la “Due giorni”, la “Tre gior ni”, la gara e la nostra maratona. Il 10 novembre 2021 presentiamo presso la sede del CAI Lecco i no stri programmi e con molto stupore ci rendiamo conto che il numero delle iscrizioni è al di là delle nostre aspet tative.
Arriva anche la neve “wow che gio
ia… la situazione neve sarà come nel 2021 con neve in abbondanza”?
Un inizio difficile Finalmente arriva il mese di gen naio, sabato 8 si parte con il Gruppo degli Amatori e il giorno dopo con il Gruppo dell’Addestramento. Purtroppo però la situazione Covid non dà tre
La stagione del Gruppo Sci di Fondo dribblando la pandemia
di Pina Ietto
In questa pagina: Amatori in Engadina. Foto di Daniele Colombo
gua, a quale ondata siamo? Sentiamo solo grandi numeri di “positivi”.
Decidiamo comunque di continua re sia con l’attività del sabato che con quella della domenica, naturalmente rispettando tutte le regole e mettendo in atto le precauzioni necessarie.
Le nostre attività solitamente si svolgono in Engadina ma purtroppo le nuove disposizioni per il conteni mento della pandemia ci costringono
a scegliere località in Italia e quindi decidiamo che Santa Caterina e Livi gno saranno le nostre destinazioni per tutto il mese di gennaio in attesa delle nuove norme a partire da febbraio.
Le uscite proseguono come da ca lendario.
Gli iscritti al corso di addestramen to sono 37, i partecipanti alle uscite del gruppo amatori sono mediamente 25-30, con il contributo di un drap
pello di “camminatori” che con varie motivazioni hanno optato per pas seggiate sulla neve.
La “Due giorni”
Le località scelte inizialmente per la “Due giorni” sono in Valtellina, ma considerato che per tutte le uscite di gennaio abbiamo frequentato le piste di Santa Caterina e Livigno, decidia
mo di spostarci in Engadina anche se
il pernottamento è prenotato a Grosio.
Sabato 5 febbraio alle ore sette si parte per Pontresina. È una bellissima giornata e una volta arrivati ognuno degli istruttori decide quale percorso effettuare con il proprio gruppo. Nel tardo pomeriggio si rientra in Italia attraverso il Passo del Bernina per pernottare presso l’Hotel Sassella di Grosio.
Sono le 19,30 e si cena al ristoran te da “Jim”, presso l’hotel, che è come sempre una garanzia. Ci vengono servite prelibatezze valtellinesi, dalla bresaola agli “sciatt”, si prosegue con
un fantastico piatto di pizzoccheri e si termina con un semifreddo al braulio.
La sera si conclude facendo quattro chiacchiere fra amici e per i fanatici del burraco giocando a carte.
La mattina, dopo una piacevole co lazione, si parte per raggiungere di nuovo l’Engadina con destinazione Surlej e da lì ogni gruppo prende una direzione diversa.
Solitamente la nostra “Due giorni”, si concludeva con una merenda fatta di torte dolci e salate, biscotti e an che un bicchiere di vino, ma purtroppo quest’anno la pandemia ci ha impedito
di creare momenti conviviali e quin di alla fine della giornata, dopo aver riposto le nostre cose sul bus, siamo rientrati a Lecco, stanchi ma soddi sfatti delle due giornate trascorse sulla neve.
Con non poche difficoltà siamo arri vati alla fine della stagione, siamo tutti molto soddisfatti perché nonostante la pandemia e la poca neve che ci hanno costretto a modificare il programma più volte, la gente aveva voglia di par tecipare e di divertirsi insieme a noi.
CAMMINIAMO INSIEME
Passeggiare sulle nevi in inverno
Il titolo, a secondo della modulazione, può essere indicativo o esortativo. Si può dire che nella lunga vita del nostro gruppo abbia entrambi i significati.
Se nella storia del CAI il cammina re insieme fu una prassi fondante, a me sembra bello superare il semplice aspetto organizzativo per afferma
“Dai, sentiamoci gruppo che ama accomunarsi e condividere una espe rienza che va oltre il gregge intento a brucare agli ordini di un cane pastore”.
re:
di Raimondo Brivio
Dall’alto, in senso orario: Livigno, le piste verso l’Alpe Vago. Foto di Claudio Cercek; Gruppo di amatori al lago di Staz. Foto di Daniele Co lombo; Sciatrici a Livigno. Foto di Giovanni Bolis; Sciata a Pontresina durante la Due Giorni. Foto di Giovanni Bolis; In Val Roseg per la Due Giorni. Foto di Salvatore Bucca
Da sinistra: Camminando in Val di Fex, sullo sfondo il Pizzo Tremogge. Foto di Raimondo Brivio; Verso l’Alpe di Staz, in attesa che arrivi il sole. Foto di Adriana Baruffini
Sul nostro pullman c’è sempre sta to il gruppetto che allo sci preferiva la passeggiatina o, talvolta, lo shopping, ma, negli ultimi tempi, mentre lo sci di fondo manifestava un certo calo di interesse, veniva emergendo una apprezzabile attrattiva verso l’escur sione sui sentieri innevati. Nel 2020, ultimo anno significativo prima della pandemia, si era arrivati a una ventina di escursionisti a piedi per ogni uscita.
Si è quindi concretizzato nel grup po del “passlung”, come i romanci en
Sci di fondo
gadinesi definiscono lo sci di fondo a tecnica classica, il tranquillo “pass curt” in lingua lecchese, di chi si gode la passeggiata per boschi e valli utiliz zando il comodo viaggio in pullman.
Per il momento la cosa funziona. Il futuro è tutto da inventare. Si potreb be andare avanti così, oppure inseguire la moda delle ciaspole che coinvolge di più i giovani, ma avendo cognizione che l’avventurarsi in neve fresca fuori da alcuni sentieri ben definiti, presup pone una conoscenza della montagna invernale di cui oggi non vedo grande consapevolezza.
La Sezione ed il futuro Consiglio hanno materia per disegnare il “che fare”. Per il momento io mi godo quel che l’età mi consente. Infine, annoto con piacere, nella comitiva le più cu riose e intraprendenti sono le donne. Le conquiste si generano con i fatti, non con gli slogan.
Losapevamo anche prima, ma con questa famigerata pande mia l’abbiamo capito davvero quanto sia importante poter disporre di spazi di libertà, di svago e di recu pero psicofisico vicini al luogo dove si vive e si lavora: il cosiddetto “turismo di prossimità”.
Oltretutto, a Lecco e dintorni siamo decisamente fortunati, avendo auten tici gioielli proprio sotto casa, anche se giustamente i gioielli devono essere un po’ nascosti, e bisogna andarseli a cercare, con un occhio attento e sen za avere fretta. Uno di questi gioielli, o meglio un intero scrigno, è il “Percorso dei Massi Erratici” di Valmadrera, che si snoda a monte della cittadina, sul ripido versante sud del gruppo Corno Birone-Corni di Canzo.
Ancora una volta, come abbiamo già visto per la DOL (Notiziario CAI Lec co n. 2/2015), dobbiamo confessare
un peccato originale: l’itinerario venne realizzato una ventina di anni fa, all’in terno del Progetto Lario – finanziato da Regione e Provincia, con un lavoro completo di ricerca, ripristino del trac ciato, posa di segnaletica direzionale, redazione della cartellonistica – per poter apprezzare al meglio ciò che ci si trova sotto gli occhi - ma allora non venne per nulla pubblicizzato, con il risultato che ancora oggi ben pochi lo conoscono. Eppure questo Percor so “a tema” avrebbe tutti i numeri per diventare un classico: ottimo itinera rio di bassa quota, adatto per (quasi) tutte le stagioni e per tutte le gambe, alternativo ad altri percorsi, inflazionati e sovraffollati. Speriamo con queste note di farlo conoscere come merita.
Comune di Civate: una sparuta frec cia, confusa in mezzo ad altri cartelli, ci indica la direzione da prendere la sciando via IV Novembre per salire in via Trebbia, appunto. Quasi in fondo alla via troviamo il pannello generale del percorso, con cartografia e sche da tecnica; ci sono pochi parcheggi, meglio essere preparati. Ci sono anche vecchie frecce metalliche che indica no “Sass Negher-monumento natu rale”: sarà la nostra prima tappa. Il famoso masso, scuro rispetto alle chiare rocce calcaree circostan ti, si vede subito dal basso, incastrato (finora…) in un vallone, e domina con la sua inquietante presenza l’abitato sottostante. Seguendo le frecce co minciamo a salire il ripidissimo “Sen
Il Sass Negher, un vero Monumento. Il sentiero inizia dalla frazione Treb bia di Valmadrera, quasi a confine col
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di Sergio Poli
PIETRE PREZIOSE
Il percorso dei massi erratici di Valmadrera
Sass Negher dal basso
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Dall’alto in senso orario: Livigno, Valle delle Mine. Foto di Adriana Baruffini; Escursione in Val Sasauna, il villaggio di Schanf. Foto di Raimondo Brivio; Il gruppo camminatori al cospetto del Piz Bernina e di ciò che rimane del ghiacciaio del Morterasch. Foto di Chiara Spinelli. Sotto: la chiesetta di Crasta in Val di Fex. Foto di Adriana Baruffini
tiero Lucio Vassena” sul versante sud del Corno Birone; l’ambiente è submediterraneo, e infatti un pannello ci ragguaglia sulla vegetazione termofi la che incontriamo lungo la pendice. In primavera, nei minuscoli terrazzini prativi ci deliziano la vista le superbe orchidee (protette, da guardare e non toccare!).
In una ventina di minuti faticosi ci troviamo al cospetto del masso, sul quale è possibile salire, con un po’ di attenzione; un pannello ci fa apprez zare l’importanza e la singolarità di questo gigante di roccia metamorfi ca. Dopo aver reso omaggio a questa pietra preziosa da 400 tonnellate ri prendiamo il cammino; una breve ri salita nel vallone ci porta ad altri massi più piccoli, di granito, sui quali eroici licheni iniziano la loro paziente opera di colonizzazione (pannello).
Rarità naturali e umane
Si scende ora lentamente verso destra percorrendo un lungo traver so che ci porta direttamente sopra la chiesa di San Martino, venerato santuario che visiteremo al termine del nostro viaggio. Troviamo qui un pannello panoramico, molto deterio rato dal tempo (oltre vent’anni!), che evidenzia come l’uomo abbia com pletamente costruito nel fondovalle: in Lombardia esiste una legge varata per limitare il “consumo di suolo”, ma non sembra sia stata molto efficace… Rico minciando a salire il versante troviamo un’altra peculiarità, stavolta vegetale: un gruppo di lecci, querce mediter ranee sempreverdi che crescono solo qui e sul lago di Garda in tutta l’Italia settentrionale: un bel primato!
Lasciamo la ripida salita del “Sentie ro Lucio Vassena” e prendiamo a de stra, per addentrarci nel profondo val lone del torrente Molinata, stando alti sul versante. Dall’altra parte della valle vediamo bene la bucolica San Toma
so, adagiata sul suo aereo balcone, e in breve tocchiamo un’altra curiosità naturale: una piccola pozza d’acqua generata dallo stillicidio della roccia, che “i nostri vecchi” hanno sistema to per avere una preziosa risorsa per l’abbeverata del bestiame, in questa zona non certo ricca di sorgenti. Un doveroso cartello, posto dai “Volontari valmadreresi” ne spiega l’importanza. Proseguiamo sempre più adden tro nel vallone, sopra il torrente sul cui fondo si snoda il celebre “Sentie ro delle Vasche”, che troveremo più avanti, e arriviamo così ad un pianoro cosparso di grandi massi erratici, sotto uno dei quali venne ricavato un “ri paro sotto roccia” (pannello). Questi ricoveri rustici un tempo erano mol to diffusi sui nostri monti: architettura spontanea, essenziale e funzionale, e… perfettamente inserita nell’ambiente!
Superato un primo vallone un po’ franoso, arriviamo finalmente ad un prato e, prendendo a sinistra, raggiun giamo il fondovalle: sotto il sentiero notiamo grandi lastre di serpentino, la cui origine ci verrà spiegata fra poco.
Guadato il torrente ci troviamo al co
spetto di un enorme masso erratico, noto come “il Tajasass”: qui infatti, fino agli anni ’40 del novecento una ditta di Valmadrera ricavava lastre di pie tra dai massi sparsi nella valle, “affet tandoli” con un ingegnoso sistema di filo elicoidale e pulegge, per portarle a valle su carri trainati da buoi. Un pan nello con un limpido disegno spiega il tutto: un sentito grazie va alla me moria di Girolamo Rusconi, residente di San Tomaso e “testimone ocula re” di quel lavoro ingrato, che ebbe la pazienza di spiegare a (noi) redattori del pannello come si svolgeva l’intero procedimento.
San Tomaso, piccolo paradiso Si inizia finalmente la discesa; in po chi minuti, lambendo il confine inferiore della Riserva Naturale del Sasso Mala scarpa (vero gioiello, ma ne parleremo un’altra volta…) si raggiunge l’idilliaco pianoro di San Tomaso (m 580), dove è anche possibile rifocillarsi. Se si arriva qui in una bella giornata di fine feb braio si può assistere allo spettacolo –per gli occhi e per il naso - dei man dorli in fiore, piantati attorno al prato come cornice di uno splendido quadro. In fondo al prato si trova la chiesetta che dà il nome alla località; da que sto balcone naturale si gode un vasto panorama sulla Valle fino al Lario. Una breve risalita sopra il borgo consente di conoscere un’altra ricchezza di pietra: una calchéra o fornace da calce – un pannello spiega il procedimento con il quale i sassi calcarei venivano “cotti” per produrre la calce da costruzione. Siamo ai margini del solenne casta gneto da frutto che un tempo dava da mangiare agli abitanti della frazione; oggi invece viene preso d’assalto dai turisti in ottobre, quando ovviamente dà il meglio di sé.
Sopra: Una Casota ripristinata Pagina a fronte, dall’alto: Il Sass Negher; Vista su San Tomaso; Il Tajasass
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Invece di prendere subito l’acciot tolata che scende a Valmadrera, vale la pena di imboccare il sentiero pia neggiante che si dirige verso la loca lità Sambrosera; in breve, una freccia in legno indica a destra il “Crott del Funzi”, che merita assolutamente una visita. Con una ripida discesa nella boscaglia si raggiunge questa stalla/ cavità naturale, chiusa da una porta in legno; apertala, sembra proprio di entrare nella Grotta di Betlemme. Se il Divin fanciullo fosse nato a Valma drera, è certamente qui che avrebbe passato la sua prima notte.
Ultime sorprese
Proseguendo la discesa si torna in breve sulla strada acciottolata, per ab bandonarla subito prendendo a de stra (freccia) e passando accanto alla cascata della val del Gatòn; nei secoli, l’acqua ricca di calcare ha creato un enorme blocco di travertino, vero monumento naturale, protetto fra l’al tro come habitat peculiare a livello europeo (pannello). Passato il torrente si riprende la discesa, incrociando di versi tracciati che scendono da San Tomaso: ad ogni bivio teniamo sem pre la destra fino al lungo diagonale che scende verso la frazione Ceppo.
Poco sopra il nucleo incontriamo una splendida casòta restaurata proprio grazie al progetto del Percorso, e pri mo esempio di recupero di edifici di questo genere (altro pannello). Per fortuna negli ultimi anni un gruppo di volontari ha intrapreso una meritoria opera di ripristino di questi edifici ru stici, un po’ riparo un po’ magazzino, che a centinaia punteggiano i versanti dei monti. Vogliamo credere di aver dato l’esempio quando ancora versa
vano quasi tutti in uno stato di abban dono e di rovina.
Arrivati con un balzo a Ceppo, pri ma di entrare nell’abitato prendiamo a destra (lavatoio rifocillante) e su periamo la val Molinata su un ponte: qui troviamo un pannello che illustra il Sentiero delle vasche itinerario EE (per Escursionisti Esperti) che merita assolutamente di essere percorso… ma con il giusto tempo e la giusta atten zione, per cui è meglio venirci un’altra volta solo per questo. Noi proseguiamo sul versante op posto della valle, risalendolo fino a raggiungere l’acciottolata che conduce al Santuario di San Martino, accompa gnati dalle cappelle di una Via Crucis e dalle snelle sagome dei cipressi. Se siamo stanchi possiamo attraversa re la via e scendere nel prato verso il Cimitero, da cui prendendo a destra in breve torniamo a Trebbia. Se invece disponiamo ancora di un po’ di ener gia, vale la pena di fare una visita alla chiesa, con gustosi affreschi alle pareti, alcuni dei quali raffigurano la classica immagine del Santo di Tours nell’at to di dividere il mantello col povero. Il piazzale appartato circondato dai cipressi, l’architettura quattrocentesca, l’ambiente mediterraneo creano un angolo di Toscana in piena Lombardia.
In fondo al piazzale, dietro l’ultima cappella, una traccia scende verso il prato alla base del Santuario; con un po’ di orientamento (siamo o non sia mo del CAI?) si ritrova il sentiero per corso all’inizio e si fa ritorno a Trebbia.
L’anello è chiuso, ma ci restano ancora diverse curiosità da soddisfare: la Ri serva del Malascarpa, il Sentiero delle vasche, il castagneto e i mandorli di San Tomaso… Insomma, qui bisogna proprio tornarci.
Partenza: Valmadrera, frazione Trebbia - m 256 Quota massima: Tajasass - m 623 Dislivello totale: m 400 ca. Difficoltà: E SCHEDA TECNICA DEL PERCORSO DEI MASSI ERRATICI
Foto di Sergio Poli
Tempo
di percorrenza:
ore 3 Lunghezza: m 5.700 Periodo
consigliato: tutto l’anno, ma meglio evitare l’estate
In questa pagina, dall’alto: La pozza d’ab beverata; Vista da San Tomaso
Qui sotto: San Tomaso; Il Corno Ratt da San Tomaso; Il “Crott del Funzi”; San Martino angolo di Toscana; Affresco di San Martino
MONTAGNATERAPIA AL MONTE DI SANTA MARGHERITA
Intreccio di natura, arte e paesaggio di Adriana Baruffini
Ilbilancio di fine anno delle atti vità di Montagnaterapia svolte nel 2021 dal Gruppo CRA (Comuni tà riabilitativa ad alta assistenza) di Bellano in collaborazione con il CAI Lecco, positivo malgrado le discon tinuità imposte dalla pandemia, ha fatto emergere alcune esigenze: di versificare meglio le proposte in base alle capacità e motivazioni personali; elaborare piani alternativi per le gior nate di tempo incerto; arricchire il programma delle escursioni con con tenuti riguardanti non solo il paesag gio e la natura, ma anche le tracce della presenza dell’uomo.
Riguardo all’ultimo obiettivo, possia mo dire di avere precorso i tempi il 18 novembre 2021, organizzando per una decina di ospiti e due professioni ste della comunità una passeggiata al Monte di Santa Margherita nel comu
ne di Monte Marenzo. Un’escursione riuscita così bene che abbiamo volu to prenderla a modello nello stilare il programma del 2022. E ora abbiamo deciso di raccontarla.
Lezione di lettura del paesaggio
Gli ingredienti per un esito feli ce dell’iniziativa c’erano tutti, a co minciare dalla giornata luminosa e ancora tiepida di un fine esta te di San Martino, con colori au tunnali al massimo dello splendore. E poi, valore aggiunto inestimabile, la presenza di due accompagnato ri competenti e appassionati, Cristina Melazzi e Sergio Vaccaro, volontari dell’associazione “Un paese per stare bene” e curatori del volume Monte Marenzo tra storia, ambiente, imma gini e memoria
Cristina e Sergio hanno condivi so con noi il cammino dal centro del
paese fino alla meta, che nella prima parte si svolge fra isolati nuclei abita tivi, prati e coltivazioni, per poi sconfi nare, dopo la frazione di Portola, in un bosco di castagni. Empatiche e senza pedanteria, le nostre due guide hanno fornito spiegazioni e soddisfatto cu riosità di tipo naturalistico, indicando alberi e tracce inconsuete di animali, ad esempio una pozza ai margini del sentiero che ad ogni primavera si po pola di girini di salamandra. Ma hanno anche richiamato la nostra attenzione sui molti segni della presenza dell’uo mo, da quelli più recenti, come i ca panni di caccia, le baitelle e le cataste di legna sparse nel bosco, ai reperti archeologici dell’alto medioevo. Prima di arrivare a destinazione, mettendo insieme le spiegazioni e gli scorci pa noramici sull’ampia area del comune, avevamo imparato che Monte Ma renzo, grazie a una favorevole con
formazione geologica fatta di colline esposte al sole e interposti avvalla menti, è stato fin dai secoli IX e X un paese ricco e conteso, sia per le fio renti attività di agricoltura e pastorizia che per il ruolo strategico di controllo delle vie di comunicazione provenienti da Bergamo e dirette a Como. Aveva mo anche capito che il Monte di Santa Margherita, in posizione dominante a 630 m di altitudine, aveva costituito in epoche lontane un luogo privilegiato e adatto all’insediamento stabile.
entrato a far parte dell’ecomuseo della Valle San Martino, valorizzato da pan nelli esplicativi.
L’oratorio di Santa Margherita si trova però all’esterno di questo inse diamento e le sue origini rimangono misteriose. Sulla base delle tecniche costruttive e delle caratteristiche ar chitettoniche, l’epoca di fondazione viene collocata sul finire del XIII se colo, risultando compatibile con la da tazione del ciclo pittorico dell’interno, realizzato fra il XIV e il XV secolo.
Nel corso della sua lunga vita, l’edi ficio è stato utilizzato per la celebra zione di funzioni religiose in occasio ne della festa di Santa Margherita (20 luglio secondo il calendario ambrosia no), alternando periodi di abbandono a fasi di intervento che lo hanno por tato all’aspetto attuale. Le prime ope re di sistemazione risalgono al 1740, documentate dalla visita di un vicario della Pieve di Brivio che non mancò di esprimere le proprie perplessità (“Non so per quale motivo fu edificato in questo luogo montuoso e silvestre”).
sembra di essere in un luogo fuori dal tempo. In quel momento, per qualcu no del nostro gruppo, sono affiorati ricordi d’infanzia, feste di Santa Mar gherita e passeggiate nei boschi in compagnia del proprio padre: è stato bello ascoltare quelle testimonianze capaci di vincere per una volta l’abi tuale riservatezza di chi le rendeva.
L’esterno dell’oratorio ha un aspetto dimesso e se non fosse per la picco la abside potrebbe essere scambiato per una comune abitazione. E questo amplifica l’effetto sorpresa quando si varca la soglia e si è catturati dallo spettacolo delle pareti dipinte.
L’enigma di Santa Margherita
Non esiste una documentazione d’archivio che consenta di datare con sicurezza le origini degli insediamenti sul Monte di Santa Margherita. Sono stati gli scavi archeologici effettuati fra il 1998 e il 2000 e le successive ricognizioni di superficie a far emer gere un complesso presidio militare (castello, torre e due cerchie di forti ficazioni), edificato nei primi secoli del basso medioevo, probabilmente su un precedente abitato preistorico. Cristi na e Sergio ci hanno accompagnato nell’esplorazione di questo sito che è
All’isolamento e alla mancata sorve glianza - hanno raccontato i nostri accompagnatori - sono da imputare la decadenza e i furti che hanno riguar dato anche parte dei preziosi affreschi.
L’ultimo restauro è quello eseguito nel 1983 dagli Alpini di Monte Marenzo, controverso per la sua radicalità, an che se va riconosciuto che, in assenza di un tempestivo intervento delle isti tuzioni deputate alla tutela dei monu menti, si è rivelato fondamentale per salvare da pioggia, neve e umidità gli affreschi dell’interno.
Le nostre guide hanno spiegato che gli affreschi di Santa Margherita, oggi frammentari a causa del degrado e dei furti subiti anche in tempi relati vamente recenti (come dimostrano documenti fotografici del 1947), sono un’espressione alta della pittura del Trecento lombardo. L’attenzione si è concentrata particolarmente sul ciclo delle Storie di Santa Margherita quin dici riquadri che decorano la parete sud sconfinando con gli ultimi due sulla controfacciata. A questo punto la spiegazione è diventata narrazione colorandosi di leggenda: quadro dopo quadro sono sfilate come su un libro
Un luogo magico
Quando si esce dal bosco e si ap proda sulla radura erbosa dove sor ge la chiesetta, l’emozione è grande,
Qui sotto: Percorrendo il sito archeologico sommitale Pagina a lato dall’alto: L’inizio del sentiero nello splendore dei colori autunnali; La pozza delle salamandre nascosta da una coperta di foglie secche
illustrato le vicende di Santa Marghe rita d’Antiochia di Pisidia, da pastorella quindicenne di sfolgorante bellezza a martire cristiana, morta decapitata dopo torture e prigione per aver rifiu tato le nozze con un ricco governa tore pagano che si era incapricciato di lei. Donna forte, accostata nella tradi zione popolare a Santa Caterina d’A lessandria e a Giovanna d’Arco. Sergio e Cristina sono riusciti a condurre la visita sul piano più adatto alle carat teristiche del nostro gruppo, diluendo nella leggerezza del racconto i conte nuti artistici e le annotazioni storiche fornite da dettagli dei dipinti sui co stumi, le acconciature, la quotidianità
del Trecento lombardo.
Dopo una breve passeggiata al sito archeologico sommitale antistan te l’oratorio, seduti sull’erba ai piedi dell’abside, abbiamo consumato la no stra merenda godendoci il sole tiepido di mezzogiorno, prima di riprendere il sentiero per tornare in paese.
A Cristina e Sergio un grazie di cuore per il tempo, la fatica e la pro fessionalità che ci hanno dedicato.
Foto di Adriana Baruffini
In basso, da sinistra in senso orario: Un capanno; Davanti all’oratorio di Santa Margherita; La spiegazione degli affreschi dell’abside
Note bibliografiche:
Cristina Melazzi e Sergio Vaccaro (a cura di) Monte Marenzo tra storia, ambiente, immagini e memoria
Cattaneo Paolo Grafiche srl, Oggiono 2000
Oleg Zastrow
Affreschi gotici nel territorio di Lecco 2, pp. 261-267
Banca Popolare di Lecco, Lecco 1990
Laura Polo D’Ambrosio
Un ancora nascosto percorso della pittura bergamasca di primo Quattrocento in Valle San Martino
In: “Arte Cristiana”, fascicolo 775, pp. 253262, Milano 1996
ASCENSIONE AL MONTE KOSCIUSZKO
La vista più in alto dell’Australia
di Andrea Aromatisi e Daniela Scaccabarozzi
Quando
Daniela viene invi tata dall’Ambasciata italiana in Australia a Canberra, in occasione del “World Bee Day”, per presentare le sue ricerche in campo di orchidee ed api native, è per noi un grandissimo onore. Di lì a poco ci balena una domanda: ma a Canberra non ci sono le Alpi Australiane? E non c’è pure la vetta più alta dello stato continente? Consultiamo immedia tamente la cartina e troviamo che la risposta è affermativa e si chiama per l’esattezza Monte Kosciuszko.
Per noi che abitiamo a Perth da or mai cinque anni le montagne sono quasi un miraggio che si sfiora sol tanto quando si torna in Europa.
Infatti, la capitale della fetta Ovest dell’Australia si adagia blandamente lungo le spiagge sconfinate che guar dano l’Oceano Indiano. Alle sue spalle, le colline di Perth corrono su e giù per centinaia di chilometri da Nord a Sud, in un andirivieni di pendii dolci e cime basse stondate dal tempo che supe rano di poco i 400 metri di altezza, un
azzardo chiamarle montagne! Però le colline di Perth sono state la no stra meta fuori casa per sgambate e corse nel cuore di una natura ancora selvaggia. Lì si trovano massi granitici affioranti, si incontrano canguri, emu, echidne lungo i sentieri e si respira il profumo di eucalipto che arriva dritto ai polmoni.
Da Perth a Canberra
E’ facile accettare la fresca proposta dall’ambasciata con la prospettiva di guardare l’Australia dalla sua cima più alta, una vera montagna.
Organizziamo il viaggio con mesi di anticipo, cercando di rendere compa tibili gli impegni di lavoro con la possi bilità di salire il Monte Kosciuszko.
Sappiamo che Canberra, come de scritto da molti nostri amici, è una cit tà tranquilla, a tratti noiosa, che gira tutta intorno alle attività governative, soprattutto al parlamento australiano. Il nostro arrivo nella capitale smen tisce però le basse aspettative. Infatti Canberra svela un ritratto di città mol
to piacevole: le ampie vedute, il gran de lago che le fa da specchio, le colline che corrono sullo sfondo mostrando una natura che abbraccia in ogni dove l‘abitato e palazzi governativi. E poi assaggiamo l’acqua del rubinetto in hotel; è sorprendentemente buona e leggera, se paragonata all’acqua a cui siamo abituati a Perth, al costante sa pore di cloro.
A Canberra si sente la presenza del la montagne, benchè non si vedano e siano lontane. Saranno l’aria frizzante e l’acqua che ricorda quella di sorgen te gli indizi che ci invitano a sognare le Alpi Australiane.
Ad accoglierci nella capitale au straliana sono Annamaria, referente scientifico dell’Ambasciata Italiana in Australia e suo marito Vito. In oc casione del “Word Bee Day”, Giorna ta Mondiale delle Api, Annamaria e la Dante Alighieri Society hanno orga
Il monte Kosciuszko innevato visto da Guthega Peak, Foto di Martin Johnbudden. creativecommons.org/licenses/by-SA/4.0/deed.en
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nizzato un serata divulgativa sul tema di orchidee e strategie di impollina zione dove Daniela, la sera stessa del nostro arrivo, tiene una conferenza. L’indomani ci attende l’evento di punta della nostra trasferta nella capitale, per celebrare la giornata mondiale delle api, in un susseguirsi di seminari e vi site guidate all’interno della residenza dell’Ambasciata.
Trascorriamo un giorno intensissi mo, scambiando ricerche innovative ed esperienze incentrate sull’impor tanza delle api nella produzione dell’o ro zuccherino e nel processo di im pollinazione di molte colture e piante rare comprese le orchidee.
Un evento davvero ben riuscito e un’organizzazione impeccabile!
Verso il Monte Kosciuszko
Conclusa la missione lavorativa, or mai è deciso, si parte per il Monte Ko sciuszko.
Noleggiamo un’auto che da Canberra ci accompagna nel Kosciuszko National Park, addentrandoci nelle vallate colli
nose dove si adagiano piccoli villaggi rurali; dalle insegne pubblicitarie, archi tetture e bazar abbiamo la sensazione che il tempo si sia fermato negli anni ‘80. I benzinai lungo la strada sono i riferimenti puntuali e strategici per i viaggiatori che si fermano per un pie no, una pausa e un caffè rigorosamente solubile.
La strada si inclina e si snoda in un susseguirsi di tornanti, l’ingresso al par co è vicino e suggerito da un cambio repentino della vegetazione. Dalle pra terie color seppia che fan da mantello alle colline, ci infiliamo tra pendici sco scese, rivestite da una chioma folta di eucalipti verde scuro.
L’aria si fa più fina, stiamo arrivando in montagna. Ad ospitarci è un albergo stile alpi no nel villaggio di Thredbo, uno de gli accessi più gettonati per la salita al Monte Kosciuszko e nota stazione sciistica australiana. Thredbo, situato a circa 1300 metri di altezza, è un pae se di pochi abitanti permanenti che si popola nelle stagioni di punta per via degli impianti sciistici, degli itinerari di trekking e mountain bike. Per accogliere i turisti Thredbo è dotato di parecchi alberghi, hotel, e strutture ricettive mol to curate di ogni genere e prezzo.
Voglia di neve
Arrivati sul posto nel primo pome riggio non vediamo l’ora di toccare la neve. Sono più di quattro anni che per noi rimane solo un miraggio. Siamo a fine maggio, alle porte dell’inverno e della stagione sciistica, quindi non possiamo lasciarci sfuggire questa chance.
E’ l’una del pomeriggio, il sole è an cora alto, il cielo è terso, ma sappia mo che in quota potrebbe fare freddo, soprattutto al ritorno nel tardo pome riggio. Così lasciamo i bagagli in stan za, prepariamo uno zainetto con del vestiario per coprirci e ci mettiamo in cammino per raggiungere le neve.
Risaliamo il versante Est del massic cio Kosciuszko: è già in ombra ed è spolverato dalla prima neve. Il pendio è scosceso, ma il sentiero sale a zig zag e facilita l’ascesa. Siamo immersi in un manto di eucalipti caratteristi ci di questo parco e di queste zone montuose, un adattamento alquanto inaspettato. La pianta che ama e tol lera facilmente il caldo estremo ed incessante arriva sino a queste quote e si ambienta perfettamente! Intorno ai 1700 metri la vegetazione però si abbassa e lascia spazio ad una fitta maglia di arbusti di varie specie, che
esibiscono tutte le tonalità del verde. Al loro passaggio rilasciano profumi di oli essenziali che ricordano il mix di arbusti delle nostre Alpi e le es senze che si sprigionano durante le cerimonie sacre degli aborigeni in cui si brucia il legno di piante particolar mente aromatiche. Siamo vicini ad un altipiano, infatti la pendenza si smor za a poco a poco e lascia spazio ad una veduta vastissima. Davanti a noi si aprono innumerevoli cime sinuose e tondeggianti: sono le Alpi Australia ne. Ora siamo circondati da una neve croccante, non molto alta e ancora al ternata a chiazze d’erba e roccia. Arri vare qui oggi stesso è una scommes sa vinta, un grande regalo da godere sotto il sole che inteporisce ancora. Di lì a breve, decidiamo di scendere per non rischiare di rincorrere la luce. La sciamo al giorno dopo l’impresa tanto ambita, la risalita alla cima Kosciuszko e scattiamo una foto prima di imboc care il sentiero all’ingiù.
Affamati ed assonnati all’arrivo in valle, ci catapultiamo in albergo per ri generarci con una sfiziosa cena ed un sonno profondissimo.
La montagna come esperienza spiri tuale, l’insegnamento degli aborigeni
Ci sveglia il sole che batte lungo il versante Est della valle che ieri ab biamo risalito. Ora che è mattina gli eucalipti sono una coperta dorata che brilla. Facciamo una buona colazio ne e ci mettiamo subito in cammi no perché non stiamo più nella pelle. Siamo stati lontani per lungo tempo dalle montagne ed ora siamo felici di essere qui come due bambini che non desiderano altro che giocare. Ci sentiamo trascinati dalla montagna come se qualcosa ci chiamasse su.
Bisogna dire che questo luogo, come altre montagne cruciali, ha un signifi cato spirituale per il popolo aborigeno australiano. In ogni luogo sacro si cela una storia intima che lo connette alla sua gente. Qui infatti ogni estate per migliaia di anni molte tribù percorre vano centinaia di chilometri e si riu nivano al cospetto dei picchi più alti di Australia, per condividere usanze, beni alimentari, celebrare matrimo ni e riti di importanza comunitaria. Il loro viaggio verso questo punto sa cro si svolgeva in concomitanza di un evento biologico importante: la mi grazione delle falene Bogong. Miriadi di falene migrano annualmente dalle pendici dello stato del Nuovo Galles, a Sud-Est dell’Australia, alle zone più
montuose per sfuggire all’estate ro vente. Gli aborigeni avevano imparato come affumicarle per poi ottenere un impasto proteico molto nutritivo che potevano conservare per mesi e uti lizzare per il loro sostentamento.
Il nome originale del monte Kosciu szko infatti è Tar-gan-gil che deriva proprio dal nome della falena, Agrotis infusa o Bogong.
Salire in cima ad una montagna per gli aborigeni australiani stimola l’intel ligenza perché durante la progressio ne verticale si lascia andare il super fluo, tutto ciò che non serve più nella propria vita. Si impara così ad essere leggeri e a valorizzare le priorità.
Inoltre dicono che l’arrivo in cima aiuta a osservare il mondo con nuo vi occhi. Guardare dall’alto l’orizzonte apre la visuale a nuove prospettive. Ma soprattutto hai la possibilità di os servare te stesso da un altro punto di vista. E’ un processo evolutivo a tutto tondo, un circolo di lasciare per ac quisire di nuovo, quando si è liberi e vuoti completamente.
Qui sopra: Celebrando il World Bee Day il 21 e 22 maggio 2021 presso la Dante Alighieri Society e l’Ambasciata italiana in Australia a Canberra
Da sinistra: Andrea e Daniela in cima al monte Kosciuszko (Tar-gan-gil), Alpi Australiane 2228 m. Foto di Andrea Aromatisi; Alpi Australiane da internet.
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L’emozione della cima
Siamo sull’altipiano e il vento è dietro di noi, a nostro favore. Attraversiamo il plateau che si fa sempre più coperto di neve, ma il tracciato è spianato e si cam mina come su un morbido tappeto. Da vanti a noi non c’è nessuno, solo il sole, e riusciamo a vedere tutto il tracciato fino alla cima completamente sgombro. Sono chilometri da percorrere per attraversare l’altipiano, si sale gradatamente e in lonta nanza vediamo che il tracciato si impenna
Escursionismo
in prossimità della vetta.
Sono gli ultimi 100 metri di dislivello, la neve ora ben guarnisce il pendio del Monte Kosciuszko. Il vento ci soffia in faccia, è pungente e indossiamo tutto ciò che è rimasto nello zaino, ma siamo pra ticamente arrivati.
Guardiamo l’Australia dal punto più alto con piedi per terra…è un’ebbrezza sen sazionale! Non potevamo immaginare che le montagne da qui corressero in tutte le direzioni in cui guardiamo per un’esten sione senza fine.
La voce del Monte Kosciuszko si fa viva, sussurra da un tempo passato, pre sente e futuro le parole degli abitanti mil
lenari di questi luoghi:
‘’Le montagne sono molto antiche e sono una forza vitale continua che raffor za il legame ancestrale della nostra gente. Abbiamo un legame vivo e spirituale con le montagne.
Conserviamo storie di famiglia e ricordi delle montagne, il che le rende spiritual mente e culturalmente significative per noi.
Le nostre conoscenze e pratiche cultu rali tradizionali esistono ancora e devono essere mantenute ” (Gruppo aborigeno Kosciuszko)
BILANCIO DEL 2021 E PROSPETTIVE PER
2022
Il2021 per il Gruppo Seniores del CAI Lecco, come per tan te associazioni, è stato un anno complicato a seguito delle restri zioni imposte dalla lotta al Covid 19.
Le attività sono potute iniziare solo a fine maggio, ciò nonostante entro la fine dell’anno si sono contate 27 uscite con un totale di 1048 presenze, in media 39 per ciascuna escursione, oltre alla “settimana verde” in Val Ve nosta con oltre 30 partecipanti, di cui si racconta nell’articolo dedicato.
Il 2021 ha visto anche l’ingresso di 13 nuovi soci, segnale di una confor tante vitalità del segmento dei Senio res che a Lecco, come in altre parti d’Italia, va assumendo aspetti di co stante crescita e rilevanza.
Ai primi del 2022, si è svolta l’As semblea dei soci del GEO che si sono incontrati in un cinema cittadino am pio e spazioso, tutti rigorosamente dotati di green pass e di mascherine. È stata l’occasione per Michele Betti ga, il presidente uscente, di ringraziare il Consiglio Direttivo e tutti i soci che
hanno lavorato e partecipato, non ché di relazionare sull’attività svolta nell’anno e di illustrare il rendiconto al 31 dicembre 2021 che è stato appro vato all’unanimità.
Gli oltre 100 presenti hanno an che proceduto al rinnovo del Con siglio direttivo in scadenza che at tualmente risulta composto da sette soci di cui tre riconfermati.
Lo stesso Consiglio direttivo, in se guito, si è riunito per definire i nuovi ruoli e assegnare gli incarichi.
Il nuovo presidente è Enrico Ron caletti (già vice presidente) che sarà
affiancato dal nuovo vice, Gianni Val secchi, dalla segretaria Lina Astorino e dal tesoriere Angela Ratti. Completano l’organico Alessandro Caspani, Giu seppe Petrucci e Vasco Tondo.
A tutti gli auguri di buon lavoro, se possibile in un 2022 meno complicato e più sereno dello scorso anno, con l’auspicio che la ripresa delle escursio ni del mercoledì registrata durante il mese di gennaio possa essere il primo passo per un ritorno alla normalità.
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di Claudio Santoro
IL
Il Gruppo Età d’Oro rinnova il proprio Consiglio
Foto di Lina Astorino
Sopra: In Val di Mello, sotto: Alla Capanna Segantini
Altipiano delle Alpi Australiane, la neve di maggio. Foto di Andrea Aromatisi
VAL VENOSTA
Leprevisioni meteo, purtrop po, si sono rivelate azzecca te e non possiamo dire di es sere stati favoriti dal bel tempo nella settimana fra il 3 e il 9 ottobre 2021. Ciò nonostante, la voglia di stare insieme e le restrizioni subite durante la pande mia sono state un propellente molto forte e, quando le condizioni del tempo erano sfavorevoli, non abbiamo esitato a trasformare le escursioni in uscite turi stico/culturali.
Fissiamo il campo base a Silandro (Schlanders) e iniziamo subito con il giro del lago di Resia, affascinante no nostante le nuvole basse, con l’incon fondibile campanile che emerge dalle acque: anche l’adesivo del GEO è an dato ad arricchire la collezione di quelli esistenti. Nel pomeriggio ci siamo spo stati a Borgusio dove abbiamo visitato il Monastero Benedettino di Monte Maria. Seguono uscite di sapore storico/cul turale, meta il Castel Coira (anno 1250)
dove abbiamo potuto visitare la più grande armeria privata d’Europa, o Glo renza, la più piccola città delle Alpi meri dionali racchiusa nelle sue mura, gioiello dell’architettura tardo medievale.
Un’altra giornata vede un gruppo spostarsi in treno e raggiungere Me rano fra shopping e passeggiata sul fiume Passirio, mentre un altro gruppo si sposta nel Canton Grigioni, appena dopo il confine italiano, per visitare San Giovanni in Mustair e il suo monastero benedettino. Giovedì 7 ottobre si apre uno spiraglio di bel tempo e ne appro fittiamo per affrontare il giro delle mal ghe. Partiamo dai 1186 m di Laces con la seggiovia (il freddo si fa sentire!) per raggiungere quota 1939 m e la malga di Tarres. È l’occasione per calpestare un
po’ di neve appena sopra di noi e per sbagliare qualche sentiero, ma siamo ampiamente compensati da un paesag gio stupendo.
Il tempo si mette al bello quando si avvicina il ritorno a casa. Da Laces pren diamo la funivia sul versante opposto del giorno prima e raggiungiamo San Mar tino (1740 m), bellissimo borgo monta no, per compiere un piacevole percorso ad anello che ci ha permesso di godere delle bellezze della valle, delle montagne e di intravvedere le Dolomiti. Natural mente non è mancata cura nell’aspetto eno-gastronomico con colazioni super, mele in abbondanza e sosta alla Birreria Forst di Merano.
Foto di Lina Astorino
MONTI SORGENTI 2022
Si torna a vivere il territorio
Dall’1aprile
al 19 maggio 2022 una nuova edizione di “Monti Sorgenti” porterà la montagna in città, stavolta non solo virtualmente. Confidando nel superamento dell’e mergenza pandemica, la maggior parte degli eventi si terrà in presenza, tor nando a popolare piazze, musei, teatri e montagne, cercando di rispondere alla voglia di normalità e di condivisio ne, nel rispetto di tutte le normative di sicurezza.
Come ogni anno Monti Sorgenti, rassegna organizzata dal CAI Lecco in collaborazione con la Fondazione Cassin e il Gruppo Ragni della Grignetta, propone alla città di Lecco e alla Re gione Lombardia una ricca serie di ini ziative che parlano di montagna sotto diversi punti di vista: arte, sport, musica, film, escursioni, convegni.
Ad aprire la rassegna sarà un’espo sizione artistica di particolare valore: I colori delle montagne di Paolo Pun zo, apprezzato pittore del Novecento (1906-1979) di origine bergamasca, ma “naturalizzato” valtellinese, cele bre per i suoi paesaggi alpini. La mo
stra sarà inaugurata il 1aprile alla Torre Viscontea, e resterà aperta dal 2 aprile all’8 maggio.
Un’altra mostra, come da tradizione di argomento storico, a cura di Alberto Benini, sarà quest’anno dedicata a Gi netto Esposito, e sarà ospitata al Cir colo Figini di Maggianico dall’11 al 28 maggio.
Domenica 8 e domenica 15 maggio andranno in scena due eventi in quo ta molto attesi: il rifugio Camposecco (Maggianico) sarà teatro della manife stazione Street Art in rifugio con rea lizzazione “in diretta” di opere di artisti di altissimo livello: D. Mace, Diego Fi nassi, Tommy Sper, Teradrop, Canico la. La domenica successiva si tornerà come in anni scorsi a Campo de’ Boi per il raduno di Yoga e capoeira in montagna e al Rifugio Stoppani con il Concerto del musicista e cantante ge novese Marco Belcastro, che riproporrà le canzoni di Fabrizio De Andrè.
Venerdì 6 maggio da non perdere lo spettacolo teatrale Eroi di montagna di Andrea Carabelli, del laboratorio teatra le degli studenti del liceo Don Gnoc chi di Carate che racconta la stagione
eroica dell’alpinismo con le imprese di Emilio Comici, Giusto Gervasutti, Etto re Castiglioni, Riccardo Cassin e Walter Bonatti.
Il Teatro Invito e la Sala Ticozzi ospi teranno gli eventi infrasettimanali de dicati a film e libri. Le pellicole in pro gramma sono Fino alla fine dell’Everest con la partecipazione dell’alpinista Da vide Chiesa, Un trekking alla scoperta del Wild Food con la nutrizionista Do natella Polvara e il documentario Diga di Emanuele Confortin (direttore di Al pinismi.com e Indika.it), premiato all’ul timo film festival di Trento. Una serata sarà dedicata alla biografia di Ernest “Shackleton” opera di Mirella Tenderi ni con la partecipazione dell’autrice e di Franco Giovannini che racconterà i viaggi di Luigino Airoldi al Polo Sud. Ad arricchire il programma, ci sa ranno alcuni appuntamenti virtuali sui canali social e YouTube della manife stazione, come il filmato Omaggio a tre grandi alpinisti (Pino Negri, Casimiro
di Lina Astorino
IL GEO IN
Cultura, gastronomia e, quando possibile, cammino
Sopra: Il monastero benedettino di San Giovanni in Mustair, sotto: A spasso nella neve fra le malghe di Laces e Tarres
di Sara Sottocornola
La spedizione di Shackleton
83Appuntamenti82 Geo
Ferrari, Lorenzo Mazzoleni) realizza to nel 2011 dal CAI di Lecco in col laborazione con il Gruppo Ragni della Grignetta e la proposta di alcuni itine rari del territorio in video (escursione, mountain bike e arrampicata).
Monti Sorgenti chiuderà il 19 mag gio con un convegno a cura del CAI Lombardia, dedicato al tema Monta gna, la forza della passione condotto da Alessandro Gogna dal Palamonti di Bergamo. Ospiti Mario Milani, medi co del soccorso alpino di Lecco, Anna Frigerio, docente universitario, e pro motrice del progetto Montagnatera pia dell’ASST di Bescia e il Presidente Generale del CAI Vincenzo Torti. Par tecipare sarà possibile sia in presenza che in streaming (sul canale you tube di CAI Regione Lombardia). In occa sione del convegno presso il Palamonti di Bergamo verrà presentata la mostra Il soccorso alpino nell’Ottocento
“Nella speranza che l’emergenza sia finalmente superata, per il 2022 pro poniamo un ritorno alle origini con la maggior parte degli eventi in presenza - ha detto Emilio Aldeghi, coordinato re della manifestazione -. Nella gen te si percepisce la voglia di tornare a incontrarsi e a vivere la montagna sul territorio, e Monti Sorgenti cercherà di creare le occasioni per farlo in si curezza. Voglio ringraziare i partner e gli sponsor che ci hanno sostenuto, i media partner Lecco Notizie, Orobie ed Explora - inLombardia, e tutti i colla boratori di Monti Sorgenti che stanno lavorando con il consueto entusiasmo”.
Per il programma dettagliato visita il sito: www.montisorgenti.it
SORGENTI 2022 MAIN SPONSOR
MONTI
Dall’alto: Un dipinto di Paolo Punzo; Studenti del Liceo Don Gnocchi di Carate in “Eroi di montagna”; Ginetto Esposito in arrampicata. Foto archivio CAI Lecco
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RECENSIONI
SU QUALCHE LIBRO DI ARNO CAMENISCH
Cominciamo con bel luogo comune: gli svizzeri son precisi, puntuali e quindi prevedibili quanto i loro orologi. Ma quando son matti lo sono davvero.
Dico matto per dire uno che è capace di buttare uno sguardo diverso e non conformista sulla realtà che sia quella delle Alpi Svizzere o di qualsiasi altro posto scelto a caso sul mappamondo. Diverso intanto perché gioca fra il tedesco e il romancio sursilvano ed è un bel problema per chi deve tradurre. E non dite che la lingua che uno usa non modifichi il suo punto di vista: pensate a Carlo Porta. Avrebbe potuto dire quello che ha detto nell’italiano del suo amico Alessandro Man zoni?
Volete fare la prova a un livello più prossimo? Traducete Pino Daniele o il Davide Bernasconi da Menaggio in italiano: credete ne escano indenni?
Il primo libro di Arno (classe 1978 di Brigels) ad essere tradotto in Italiano (da Casagrande nel 2010) è stato Sez Ner con il suo folgorante incipit: “Il casaro pende dai pini col parapendio sotto la baita dell’alpe ai piedi del Sez Ner. Pende di schiena al Sez Ner, lo si sente imprecare fin dalla baita, con la faccia allo scenario montano dall’altra parte della vallata […]” Il libro, scandito in brevi paragrafi, con alcuni personaggi chiamati per ruolo professionale (casaro, vicecasaro, porcaio…) e altri per nome proprio, restituisce lo scontro fra antico e moderno, fra il mondo di sotto e quello dell’al peggio nella sua transitorietà stagionale. La tradizione, l’autorità entrano in scontro con una realtà che si modifica, proprio a partire dalla lingua che si deforma per accogliere (a cominciare proprio dal parapendio dell’incipit) nuovi modi di muoversi in un mondo che per certi altri aspetti appare immutabile. Il tono è sempre leggero, spesso anche ironico, ma si avverte una profondità di adesione (e insieme di distanza) da quel mondo sospeso fra passato e futuro, che non è facile ravvisare in quel che si stampa oggi e che affronta (o cerca di affrontare) il rapporto fra la civiltà della montagna e quella della città.
Sembra un discorso non interrotto che si riallaccia agli strampalati discorsi dei due skilifisti grigioni di Ultima neve pubblicato nel 2019 da Keller, un altro editore da tenere d’occhio per chi frequenti la terra di confine fra pianura e montagna preferendo i sentieri dei piccoli editori alle autostrade della grande editoria.
Ancora una volta la traduttrice Roberta Gado fa miracoli e sembra di stare a mezza via fra Il deser to dei tartari e Aspettando Godot perché la casistica passata in rassegna dai due “poeti” e “artigiani” dello skilift è talmente vasta e variegata da potersi candidare al ruolo di un piccolo, ma coerente e in qualche modo completo “Sistema filosofico grigione” estensibile, con piccoli accorgimenti a un po’ tutto il mondo alpino. Come se in un pomeriggio di uno di questi inverni, uno sprovveduto gitante, perdendo la via, giungesse e sorprendere, non visto e non udito, il libero “flusso di pensieri” dei due protagonisti.
Fra i due testi sui quali vi abbiamo dato qualche rapido ragguaglio, qualche altro titolo (Dietro la stazione e Ultima sera), fra i quali spicca il poetico e desolato La cura (Keller 2015) con due anziani personaggi proiettati fuori dal loro mondo, in un improbabile soggiorno-premio in un albergo di gran lusso alle prese con la diversità dei loro caratteri e un mondo che gli sta fuggendo via.
Alberto Benini
Arno Camenish Sez Ner (2009), Bellinzona, Casagrande, 2010
Dietro la stazione Rovereto, Keller, 2013
Ultima sera Rovereto, Keller, 2013
La cura Rovereto, Keller, 2017
L’ultima neve (Der letzte Schnee, 2018) Rovereto, Keller, 2019
NEL MONDO MISTERIOSO DEI WALSER
Annalina Molteni, autrice di vari romanzi a sfondo storico, dopo Il Walser dell’imperatore, si immerge di nuovo con questo lavoro nel mondo dei Walser, il popolo di origine ger manica che nel corso del XIII secolo, partendo dal Canton Vallese, si stabilì con migrazioni progressive in diverse zone dell’arco alpino, in particolare nelle vallate a sud del Monte Rosa. Una minoranza etnica che seppe mantenere nei secoli una profonda identità culturale e linguistica di cui l’autrice rende testimonianza sia ricorrendo a frequenti citazioni in titschu la lingua dei Walser, sia permeando il racconto con riferimenti a tradizioni, credenze, leg gende.
Il fulcro della narrazione è Schatt (ombra), il paese della Valsesia costruito vicino allo sbocco di una mitica miniera d’oro, che non figura sulle mappe e si spopola dal primo novembre fino all’equinozio di primavera perché una grande frana nel 1696 l’ha comple tamente privato della vista del sole. Dentro e attorno a Schatt si muovono numerosi per sonaggi, alcuni con ruoli di primo piano, altri di contorno, ma sempre ben caratterizzati, in una surreale dimensione fuori dal tempo che diventa credibile se ci si lascia trascinare dalla narrazione fino al confine fra realtà, fantasia e magia. In quest’ottica, figure ancorate alla tradizione come il vecchio burgmeister con in testa un fez di velluto nero e la sua esotica moglie, la “circassa calvinista”, con una piuma di gallo forcello sul cappellino, possono tranquillamente convivere con i turisti che ogni tanto arrivano lassù.
Gli stessi protagonisti del romanzo, Sebastiano e Piaru, due ragazzi che si incontrano per caso a Schatt, incarnano mondi diversi: studente, abituato agli agi della vita di oggi in una famiglia borghese, il primo; ex-bambino cresciuto in fretta a stretto contatto con la natura in un ambiente rude e spesso ostile, il secondo. Un incontro-scontro fra modernità e passato reso possibile da un legame di profonda amicizia che si instaura a poco a poco fra i due, vincendo diffidenza e incomprensioni.
Il tema dell’amicizia, così importante nel romanzo, si salda strettamente a quello del viaggio che per i due ragazzi assume il signi ficato di iniziazione alla vita adulta. Insieme percorrono a piedi e con un pesante zaino in spalla il sentiero dei Walser che si snoda in quota dalla Valsesia all’Alta Valtellina. Fra passi e vallate, attraversando boschi, pascoli e terreni impervi, sfiorano piccoli nuclei abitativi dalla tipologia costruttiva caratteristica dei Walser, incontrano persone accomunate da un forte senso di appartenenza alla comunità, ascoltano storie ed esperienze di vita, guardano anche al proprio futuro, già scritto per Piaru, incerto per Sebastiano che a Schatt ha lasciato il cuore.
Sulle storie grandi e piccole di tanti uomini domina la montagna di cui l’autrice parla con competenza, ammirazione e rispetto, senza cadere in facili idealizzazioni o scontate immagini da cartolina. Tant’è vero che il romanzo si apre e si chiude con due eventi catastrofici, una valanga e una frana, che condannano Schatt al perdurare dell’isolamento e dell’ombra.
Riuscirà il paese a recuperare la luce e il suo vecchio nome di Guldin tol (valle dell’oro) grazie al progetto degli specchi d’oro ri flettenti i raggi del sole di cui si parla all’inizio del romanzo?
Non è dato saperlo, a meno di interpretare come un presagio il dono che i due ragazzi consegnano al burgmeister al termine del loro viaggio: una sfera di cristallo dove è racchiuso l’abitato di Schatt con i tetti costituiti da sottili lamine d’oro e una nevicata di pagliuzze d’oro che scendono quando la sfera viene capovolta.
Recensioni
Adriana Baruffini
Annalina Molteni L’ombra dei Walser Monte Rosa Edizioni, 2021
Annalina Molteni
Il Walser dell’imperatore Magazzeno Storico Verbanese, 2018
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APPROCCIO MENTALE E PSICOLOGICO ALL’ARRAMPICATA
Nel proporre, a distanza di 14 anni, la seconda edizione di un volume impegnativo per la sua impostazione didattica nel confronto dell’arrampicata, le Edizioni Versante Sud si sono merite volmente assunto il rischio di anticipare l’incertezza della domanda, offrendo una risposta che può essere di vitale importanza e che implica il senso della responsabilità. Qui non si tratta di inseguire, come nelle specifiche guide alpinistiche, la brama di tanti appassionati che richiedono di venire guidati nella scelta e nell’accurata conoscenza dei vari percorsi. Il volume di Arno Ilgner si prefigge invece di anticipare addirittura l’avvicinamento alla roccia, o almeno di riconsiderarne la forma psicologica e mentale di approccio, con lo scopo di migliorare la propria efficienza e la stessa sicurezza personale. Si tratta di un libro che richiede uno sforzo di impegno e di concen trazione in una lettura che esige spesso nello stesso tempo l’esecuzione pratica degli esercizi descritti, ma che ricambierà presto ogni faticosa attività con la percezione di un graduale pro gresso nelle proprie prestazioni e con la sperimentazione di un divertimento nuovo e più piacevole. Se il libro risulta raccomandabile e proficuo per coloro che già praticano l’arrampicata su notevoli livelli, può sembrare indispensabile per chi si sta appena avvicinando in vari modi al mondo dell’arrampicata: tanto più che questa seconda edizione di Rock Warrior’s Way si avvale di un ulteriore pregio con l’inserimento della nuova sezione “Lezioni rapide”, relativa a come affrontare praticamente il rischio di una salita.
Renato Frigerio Arno Ilgner
ROCK WARRIOR’S WAY + Lezioni Rapide Edizioni Versante Sud 2021
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NOI SIAMO STATI
BREVE
SALITI
UNA GUIDA AGLI ITINERARI PIÙ INTERESSANTI PER LO SCIALPINISMO NELLE OROBIE
Come viene spiegato nel sottotitolo, l’autore, una persona che si rivela apertamente parago nabile ad un fedelissimo innamorato della montagna nello splendore del suo candido manto innevato, in un volume certamente unico nel suo genere, presenta irresistibili traversate e sug gestivi itinerari di scialpinismo, tra Bergamo, Lecco, Sondrio e Brescia. Il volume nasce come un lavoro solo all’apparenza impegnativo, risolto com’è dopo ben 544 pagine tra descrizioni, cartine e fotografie, che gli suggeriscono brevi e coinvolgenti riflessioni, perché qui di getto Maurizio Panseri ha potuto riversare tutto quanto di esperienza e di amore per lo scialpinismo ha riempito per lungo tempo la sua mente e il suo cuore. Tenendo conto anche di una sua au torevole convinzione, che cioè per ogni scialpinista è sommamente utile, prima di intraprendere una traversata, farsene un’idea il più possibile precisa, onde gustarla interamente ed effettuarla in maggiore sicurezza.
Nella realizzazione di una Guida di scialpinismo nell’ampio e diversificato territorio delle Orobie, di cui in certo modo si è ac creditato l’esclusiva di selezionare gli itinerari maggiormente in grado di interessare e ammaliare ogni scialpinista, l’autore è stato certamente facilitato dal fatto che, oltre ad essere qui nato e cresciuto, continua a sentirsi stupito della sua bellezza invernale.
Renato Frigerio Maurizio Panseri SCIALPINISMO SULLE OROBIE Edizioni Versante Sud 2021
Un’esposizione
allestita nello spazio CAI dell’Osservato rio Alpinistico Lecchese, al terzo piano del Palazzo delle Paure, ha ricordato al mondo alpinistico e alla città di Lecco la spedizione del 1961 che portò se alpinisti lecchesi in vetta al McKinley, la montagna più alta del Nord America. Gigi Alippi, Annibale Zucchi, Romano Perego, Jack Canali e Luigino Airoldi, guidati da Riccardo Cassin, affrontarono la salita in con dizioni ambientali proibitive lungo una nuova e difficilissima via della parete sud.
Per la riuscita dell’impresa furono fondamentali la coesione del gruppo e il senso di appartenenza dei sei uomini a un comu ne ambiente alpinistico, come rimarcato da Serafino Ripamonti nella conferenza webinar Dalla Grigna alle grandi montagne del mondo tenuta il 14 dicembre 2021.
La mostra, promossa dal Comune di Lecco e dalla Fondazione Cassin in collaborazione con il CAI Lecco, è stata curata da Alessandro Dubini che con Marta Cassin si è occupato anche dell’allestimento, creando un percorso fatto soprattutto di im magini attinte dall’archivio di fotografie e filmati della Fondazio ne. Suggestivo l’accostamento fra il nucleo di oggetti utilizzati durante la spedizione a suo tempo donati da Annibale Zucchi alla collezione museale del CAI Lecco, le gigantografie dei pro tagonisti distribuite lungo una parete, con volti in primo piano e ritratti in momenti di azione, e l’adesivo a pavimento con il tracciato della salita e uno stralcio del diario di Riccardo. Sullo sfondo un’evocativa ricostruzione del campo base. La mostra, inaugurata il 3 dicembre 2021, è stata esposta fino ad aprile 2022. All’inaugurazione ha partecipato Luigino Airoldi, brillante novantenne unico sopravvissuto dei componenti della spedi zione.
Adriana Baruffini
Dall’alto: Sguardo d’insieme sulla mostra; Attrezzature e ritratti dei pro tagonisti; Tracciato della via e stralcio dal diario di Riccardo Cassin con sullo sfondo il campo base. Foto di Adriana Baruffini
di sezione
NOTIZIE IN
88 Recensioni 89Vita
ANNI FA
LÌ E SIAMO
SU
Spedizione “Città di Lecco” al McKinley, 1961
LA SEZIONE DIVENTA ENTE DEL TERZO SETTORE
Assemblea straordinaria per modificare lo statuto
Igiorno 25 febbraio si è tenuta un’assemblea straordinaria del la sezione CAI Lecco, presidente dell’Assemblea il socio e commer cialista Gabriele Alippi, incentrata sulla trasformazione giuridica della sezione stessa in Ente del Terzo Settore, a se guito della riforma delle associazioni di volontariato da parte dello Stato Italiano.
Tale riforma tende a mettere un po’ d’ordine nel settore, soprattutto in merito alle caratteristiche contabili richieste per rendere sempre più tra sparenti i fondi erogati e impiegati.
In particolare la sezione CAI Lecco ha rilevato interesse al cambiamento
di regime fiscale in considerazione dei volumi movimentati e delle proprietà detenute.
Questo passaggio ha richiesto una modifica dello statuto della sezione, per cui è stato necessario l’intervento del notaio Luca Donegana di Oggiono che ha dovuto leggere per filo e per segno tutto il nuovo Statuto, in verità con pochissime differenze rispetto al precedente.
La differenza principale è la nuova denominazione in “Sezione CAI Lec co Riccardo Cassin E.T.S.” con tutto ciò che comporta come sopra accen nato.
Il notaio, giunto in sede con no
tevole ritardo dovuto al distacco del cartellone segnaletico sul terzo ponte che ha creato enormi ingorghi nella viabilità tutto intorno a Lecco, è sta to molto accurato nel registrare tutti i presenti come gli assenti del Consiglio Direttivo, oltre a una sparuta pattuglia di soci presenti per l’occasione.
La votazione per questo passaggio importante e probabilmente epocale è stata unanime.
Il nuovo Statuto potrà essere con sultato dai soci in Sede.
ASSEMBLEA ORDINARIA 2021 DEI SOCI DEL CAI LECCO
Conclusione di un triennio e rinnovo degli organi direttivi
Assemblea ordinaria 2021. Da sinistra Alberto Pirovano presidente uscente, Emilio Aldeghi presidente dell’assemblea, Lina Astorino segretaria dell’assemblea, Silvano Arrigoni tesoriere competenza sezionale
L’Assemblea
generale ordinaria della sezione di Lecco del CAI si è svolta a Lecco nella serata del 25 marzo 2022 presso la Sala Don Ticozzi, con il seguente ordine del giorno:
Elezione del Presidente e di un Se gretario dell’Assemblea, e degli scru tatori.
Relazione morale del Presidente della Sezione, discussione e votazione Programma sociale 2022, discus sione e votazione Bilancio consuntivo 2021 e previ sionale 2022, discussione e votazione Determinazione quote di ammis sione e associative per la parte di
Sintesi attività dei gruppi e delle sottosezioni
Presentazione candidati al Consiglio Direttivo, dei Revisori dei Conti e dei Delegati sezionali Apertura elezioni cariche sociali Varie ed eventuali
Le funzioni di presidente e se gretario dell’Assemblea sono sta te svolte da Emilio Aldeghi e Lina Astorino; Carla Pozzi è stata nomi nata presidente della Commissione elettorale, Stefano Moretti e Mario Cuter scrutatori.
Sintesi della relazione morale del presidente Alberto Pirovano Dopo aver invitato l’assemblea a un minuto di raccoglimento in ri cordo dei soci andati avanti, il pre sidente ha ringraziato tutti membri del Consiglio Direttivo che lo hanno affiancato nei sei anni consecutivi del suo mandato, i vari gruppi del la sezione e le sottosezioni, nonché tutti i soci che generosamente han no offerto il loro tempo.
Nonostante le difficoltà legate
Vita di Sezione
Assemblea straordinaria del 25 febbraio. Foto di Domenico Sacchi
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Domenico Sacchi
alla pandemia, si è riusciti a por tare avanti, con grande impegno di tutti, progetti di valorizzazione del territorio, quali la manutenzione/ mappatura dei sentieri, e importanti interventi ai rifugi Stoppani e Lecco che proseguiranno nel 2022.
Dopo una lieve diminuzione dei soci, già nei primi mesi di quest’an no si è registrata una ripresa delle iscrizioni, a conferma della grande crescita di interesse nei confronti della montagna registrato negli anni recenti. Anche l’assicurazione per lo sci su pista, diventata obbligatoria per quanto riguarda la responsabilità civile dall’1gennaio 2022, ha contri buito ad avvicinare nuove persone al CAI che, come è noto, con un’in tegrazione della quota di iscrizione di soli 12,50 euro, fornisce ai soci ordinari e ai loro famigliari una co pertura assicurativa valida anche in attività individuale.
Le sottosezioni hanno recuperato iscritti rispetto agli anni precedenti soprattutto grazie all’Alpinismo Gio vanile, settore vitale anche per un giusto ricambio generazionale.
Le attività culturali nel 2021 han no subito in generale un inevitabile ridimensionamento. Ha retto Monti Sorgenti, grazie alla determinazione degli organizzatori che hanno ri proposto, in parte in presenza e in parte online, la decima edizione non presentata nel 2020.
Con l’augurio che tutte le attività possano riprendere a pieno regi me, il presidente ha di nuovo rin graziato tutti quanti si sono ado perati nei vari settori a tenere alto il buon nome della sezione che, per molti strati di cittadinanza e anche a livello istituzionale, è vista come punto di riferimento ed esempio.
Ha infine augurato un buon lavoro
al nuovo consiglio che subentrerà per il prossimo triennio.
La relazione del presidente è stata discussa e approvata all’unanimità.
Programma sociale 2022 “2022, anno della ripartenza”. Con questo slogan, che ha anche il sa pore di un augurio, Alberto Pirova no ha riferito sulla ripresa di tutte le attività sezionali, accennando ai programmi sostanziosi elaborati dai gruppi e dalle sottosezioni.
È stata poi salutata la nascita di due nuovi gruppi:
“Alpine – Polimi”, generato dai rapporti di collaborazione fra CAI e Politecnico di Lecco, e Gruppo di Cicloescursionismo.
Il programma sociale è stato appro vato all’unanimità.
Relazione finanziaria
La relazione finanziaria, con la pre sentazione del bilancio consuntivo 2021, del bilancio previsionale 2022 e la relazione del Collegio dei revisori dei Conti per il 2021, è stata approvata all’unanimità con un astenuto.
Le quote associative per il 2021 sono state ratificate all’unanimità.
Sintesi attività dei gruppi e delle sottosezioni
Tutte le attività hanno inevitabil mente risentito delle limitazioni im poste dalla pandemia.
Una nota di merito ai Seniores del GEO: nonostante le difficoltà del periodo e con tutte le precauzio ni, hanno effettuato gran parte delle escursioni programmate, compresa la settimana bianca a San Candido, che con l’assistenza della sezione si è potuta svolgere proprio a ridosso
dell’esplosione del Covid.
Un cenno particolare al gruppo “Montagnaterapia”. Nato nel 2018, è stato particolarmente provato dalla pandemia, ma ha sfruttato tutte le pause di allentamento delle restri zioni ed è già ripartito con il pro gramma escursioni del 2022.
Al momento dà invece segni di sofferenza il “Family CAI”, nato a Lecco con un modello esportato in tutta la Lombardia e nell’Emilia, per venire incontro alle nuove esigen ze delle famiglie nell’avvicinare alla montagna i bambini, anche quelli più piccoli. La speranza è che anche questa attività possa trovare le mo dalità e le risorse per ripartire.
Il voto
L’Assemblea si è conclusa con la presentazione dei candidati e l’aper tura delle votazioni.
Andrea Spreafico Francesca Zucchi
Paola Frigerio Domenico Pullano Claudio Santoro Enrico Spreafico Gianni Valsecchi
Per il Collegio dei Revisori dei Conti, triennio 2022-2024:
Giuseppe Peccati
Giorgio Rusconi Maurizio Mariani
Delegati alle Assemblee Nazionali e Regionali del CAI per l’anno 2022: Alberto Pirovano
Andrea Spreafico Paola Frigerio Domenico Pullano Patrizia Gangeri Enrico Spreafico
I verbali dell’Assemblea sono a di sposizione dei soci presso la segrete ria della sezione.
A. Ba.
Lo scrutinio dei voti è stato effet tuato il giorno 26.3.2022 presso la sede del CAI Lecco: Votanti 121
Schede valide: 101
Schede bianche: 20 Schede nulle: 0
Di seguito l’elenco dei soci eletti nei vari organismi:
Per il Consiglio Direttivo Sezionale, triennio 2022-2024, sono risultati eletti:
Adriana Baruffini
Alberto Pirovano Sergio Poli Paolo Colombo
Patrizia Gangeri Tiziano Riva Francesco Nolasco
Domenico Sacchi
Cariche rappresentative
Il nuovo Consiglio Direttivo del CAI Lecco, riunitosi il 4 aprile 2022 nel la sede della sezione, ha proceduto al conferimento delle cariche istituzio nali.
Sono stati eletti
Presidente: Adriana Baruffini Vicepresidente: Domenico Sacchi Tesoriere: Enrico Spreafico
La Commissione elettorale al lavoro
Adriana Baruffini e Domenico Sacchi, presidente e vicepresidente del CAI Lecco per il trien nio 2022-2024. Foto di Silvano Arrigoni
CONVENZIONI
CLINICA SAN MARTINO - MALGRATE
Malgrate, Lecco. Via Selvetta angolo via Paradiso - tel. 0341 1695111 - Internet: clinicasmartino.com
Prezzi convenzionati sulle prestazioni concordate (vedi www.cai.lecco.it).
Garanzia delle prestazioni di diagnostica per immagini in 12/24 h dalla richiesta.
MEDINMOVE
Lecco via Balicco, 109 - Internet: www.medinmove.it
Centro di Medicina Preventiva, Riabilitativa, Genetica. Prezzi convenzionati sulle prestazioni concordate (vedi www.cai.lecco.it).
PALESTRA DI ARRAMPICATA - RAGNI di LECCO
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INFORMAZIONI DALLA SEGRETERIA - TESSERAMENTO
QUOTE SOCIALI 2022
Le quote sociali per il 2022 sono le seguenti:
Socio Ordinario €46,00
Socio Ordinario Juniores* €24,00 (nati dal 1997 al 2004)
Socio Familiare** €24,00
Socio Giovane*** €16,00 (nati nel 2005 e anni seguenti)
Socio Vitalizio €20,00
Tessera per i nuovi Soci € 5,00
Duplicato Tessera € 2,00 Massimale integrativo polizza infortuni € 4,60
*Al Socio ordinario di età compresa tra i 18 e i 25 anni viene applicata automa ticamente la quota dei soci familiari. Tale Socio godrà di tutti i diritti del socio ordinario.
** Possono essere soci familiari solo i residenti al medesimo indirizzo del socio ordinario di riferimento.
***Socio giovane: a partire dal secondo figlio giovane in poi, il socio giovane verserà la quota di € 9,00. Si precisa che per poter usufruire dell’agevolazione prevista, il socio giovane dovrà avere un socio ordinario di riferimento in regola con il tesseramento dell’anno in corso ed appartenere ad un nucleo familiare con due o più figli giovani iscritti alla Sezione.
A partire dal 1 novembre 2021 si è aperto il tesseramento 2022. Per non perdere i benefici dell’iscrizione al CAI il rinnovo deve es sere effettuato entro il 31 marzo di ogni anno. Per procedere con il rinnovo è possibile passare in segreteria (si consiglia di verificare sul sito www.cai.lecco.it) oppure attraverso bonifico bancario o paypal (come da istruzioni riportate sul nostro sito alla voce “CAI Lecco – quote e assicurazioni – tesseramento 2022”).
IL RINNOVO DELLA TESSERA PUÒ ESSERE EFFETTUATO:
In sede: Il martedì dalle 20.30 alle 22.00 e il venerdì dalle 18.00 alle 20.00 (tranne giorni festivi). La sede resterà chiusa nel periodo estivo dal 5 al 30 agosto compresi. Si consiglia di verificare le news sul sito www.cai.lecco.it per ac certarsi dell’apertura della segreteria qualora tornassero restrizioni a causa della pandemia.
CALENDARIO CHIUSURA SEDE
La sede resterà chiusa nel periodo estivo dal 5 al 30 agosto compresi.
Anche se l’emergenza Covid sembra attualmente essere rientrata, considerata la situazione sanitaria che ha coinvolto il nostro territorio nei mesi scorsi, consigliamo comunque di mantenersi aggiornati sui nostri canali web (www.cai.lecco. it; pagina facebook Cai Sezione di Lecco “Riccardo Cassin”) per sapere se la sede è aperta al pubblico e in quali orari. É sempre possibile contattare la segreteria inviando una mail al seguente indirizzo: segreteria@cai.lecco.it.
AGEVOLAZIONI E BENEFICI PER I SOCI
- Agli associati è garantita la copertura assicurativa per infor tuni che si verifichino nell’ambito di iniziative organizzate dal Sodalizio, ivi compresi i corsi e le scuole, oltre alla copertura assicurativa del Soccorso Alpino per attività sia sociali che per sonali.
- I soci possono essere assicurati per gli infortuni e per la re sponsabilità civile verso terzi in attività personale richiedendo la specifica copertura assicurativa presso la sezione di appar tenenza.
- Il socio ordinario riceverà al proprio domicilio la rivista men sile del CAI “Montagne 360” e la rivista sezionale ”CAI Lecco 1874”.
- Tutti gli associati, con la presentazione della tessera riportan te il bollino relativo all’anno in corso, potranno usufruire degli sconti previsti dalle convenzioni indicate nell’apposito riquadro.
- Tutti gli associati potranno usufruire gratuitamente dei ser vizi offerti dalla sezione: accesso alla documentazione presen te nella biblioteca sezionale, lettura dei periodici e delle riviste presenti in sede.
- Tutti gli associati otterranno sconti sull’acquisto di libri o pub blicazioni del CAI.
DIMISSIONI E MOROSITA’
SPAZIOTEATRO INVITO
Lecco, via Ugo Foscolo 42 tel. 0341 158 2439
Ai soci CAI riduzione del 20% sul costo del biglietto per tutti gli spettacoli e concerti della propria stagio ne, quindi da € 15 a € 12. Info al sito: http://teatroinvito.it/spazio-teatro-invito/calendario-stagione/
Per ottenere gli sconti indicati è necessario esibire la tessera del CAI Lecco regolarmente rinnovata. Possono usufruire delle convenzioni anche i soci delle sottosezioni del CAI Lecco: CAI Barzio, CAI Ballabio, Strada Storta.
NB: Per le società commerciali o aziende che volessero attivare iniziative di promozione o sponsorizzazione con il CAI Lecco tele fonare allo 0341-363588 (orari apertura sede) o al 3393216291 oppure scrivere un’email a sezione@cai.lecco.it.
In alternativa, il pagamento potrà essere effettuato: a) con bonifico bancario - BANCA POPOLARE DI SONDRIO, Agenzia di Piazza XX Settembre a Lecco, sul conto corrente intestato a C.A.I. Sezione di Lecco IBAN IT07 J056 9622 9020 0000 2154 X06.
Si ricorda di indicare nella causale il nome e la data di nascita di tutti i soci per i quali viene effettuato il tesseramento. Il pagamen to tramite Bonifico Bancario prevede un contributo, per socio o per nucleo familiare, di € 2,00 per spese postali (Esempi - Singolo socio: quota + 2,00€ - Nucleo Familiare: somma delle quote + 2,00€).
b) Con pagamento Paypal, accedendo con le proprie credenziali al sito www.soci.cai.it e seguendo la pro cedura alla voce “rinnovo”
Il bollino verrà spedito per posta al domicilio del socio.
Il socio può dimettersi dal Club Alpino Italiano in qual siasi momento; le dimissioni devono essere presentate per iscritto al Consiglio Direttivo della Sezione, sono irrevoca bili ed hanno effetto immediato, senza restituzione dei ratei della quota sociale versata.
Il socio è considerato moroso se non rinnova la propria adesione versando la quota associativa annuale entro il 31 marzo di ciascun anno sociale; l’accertamento della morosità è di competenza del Consiglio Direttivo della Sezione; non si può riacquistare la qualifica di socio, mantenendo l’anzianità di adesione, se non previo pagamento alla Sezione alla quale si era iscritti delle quote associative annuali arretrate. Il so cio di cui sia stata accertata la morosità perde tutti i diritti spettanti ai soci.
Sezione
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