Poste Italiane S.p.A. – spedizione in a.p. – DL 353/03 (conv. in L. 27/02/04 n 46) Art1 comma 1 DCB COMO
n° 2/2019
CAI LECCO 1874
44
ATTRAVERSO LE OROBIE
36
24 64
LA MONTAGNA NEL CUORE
GHIACCIO BOLLENTE
14 17
L’ESPERIENZA DEL CAMMINO
DOVE CI PORTANO LE ORCHIDEE
UNA LUNGA STAGIONE IN PATAGONIA
IN QUESTO NUMERO
4 6 11 14 17 20 24 36
EDITORIALE
GLI INSEGNAMENTI DI BEPPE
È compito di tutti far vivere lo spirito del Club di Alberto Pirovano, presidente CAI Lecco
SENTIERI E PAROLE
LAGO E MONTI LECCHESI NE “I PROMESSI SPOSI”
Breve viaggio tra le descrizioni del Manzoni e i cippi di confine di Annibale Rota
ARRIVANO LE ALIENE
Impariamo a conoscere le piante che vengono da lontano
Un viaggio ideale dalle Alpi all’Australia di Andrea Aromatisi e Daniela Scaccabarozzi
L’ESPERIENZA DEL CAMMINO
A Bellano i primi passi del progetto “Montagnaterapia”
52 54 56 64 68 70 71 72 73 74 78 82 84
di Elisa Villa
LA VERTIGINE DELL’ALTEZZA
Paura di cadere o voglia di volare?
di Eugenio Mira
L’INTERVISTA
LA MONTAGNA NEL CUORE
Dal San Martino alla Terra di Baffin, Dino Piazza racconta il suo grande amore
ALPINISMO e ARRAMPICATA
di Adriana Baruffini
UNA LUNGA STAGIONE IN PATAGONIA
Il Cerro Torre da est a ovest: per fare la Via degli Inglesi in stile alpino e per il “Miro” di Serafino Ripamonti
40 43 44
di Sergio Poli
DOVE CI PORTANO LE ORCHIDEE
MA CHE CI FACCIO, IO, QUI?
I miei cinquant’anni girovagando in Patagonia
di Riki Felderer
SUL DENTE DEI CAMOSCI
Una nuova via nel ricordo di Andrea Rupani di Ivo Ferrari e Federica Maslowsvky
SCI ALPINISMO
ATTRAVERSO LE OROBIE
Con sci e pelli da Lecco all’Aprica, finalmente realizzata un’idea nata nel 1983 di Stefano Bolis
SCI DI FONDO
Notiziario quadrimestrale della sezione di Lecco “Riccardo Cassin”del Club Alpino Italiano N° 2/2019
Redazione: Adriana Baruffini, Angelo Faccinetto Direttore responsabile: Angelo Faccinetto Impaginazione e Grafica: BitVark - Pavia Tipografia: A.G.Bellavite Missaglia - Lecco Testata di proprietà del Club Alpino Italiano sezione di Lecco “Riccardo Cassin” Sede: via Papa Giovanni XXIII, 11 23900 Lecco Tel: 0341363588 Fax: 0341284717 www.cai.lecco.it sezione@cai.lecco.it Autorizzazione Tribunale di Lecco N. 5/78 del 20/06/1978 Spedizione in A.P. -45%- Art. 2 Comma 20/b legge 662/96 Tiratura 2500 copie Chiuso in redazione 10/10/2019
TRA VALLESE E VAL FORMAZZA
La due giorni di fondo della scuola del CAI Lecco
di Paola Sangalli
SOTTO LE TRE CIME
La tre giorni di fondo in Alta Pusteria
di Giusi Negri
ALPINISMO GIOVANILE
EMOZIONI D’ALTA QUOTA
In Valmalenco il tradizionale trekking di Alpinismo giovanile di Alessia Losa e Clotilde Nolasco
ESCURSIONISMO
GHIACCIO BOLLENTE
Il gran caldo non frena la gita sociale al Cevedale
EL CAMINO PRIMITIVO
GEO
di Andrea Spreafico
Da Oviedo a Santiago de Compostela, 325 km sulle tracce di re Alfonso II di Claudio Santoro
SUL RESEGONE CON GLI AMICI DEL CAS
Scambio di esperienze fra seniores di Lecco e Locarno
QUOTA TREMILA
Due giorni nel parco del Gran Paradiso
SULLA CICLABILE DEL SILE
di Claudio Santoro di Claudio Santoro
Due giorni in bicicletta 15/16 maggio 2019
di Agostino Riva
SETTIMANA VERDE NELLE DOLOMITI DEL BRENTA
Fra natura e cultura
APPUNTAMENTI
di Lina Astorino
LEONARDO PATRIMONIO DEL LARIO
In mostra pagine del codice Atlantico e del codice Windsor riguardanti il lecchese
UN’EDIZIONE SPETTACOLO
VITA DI SEZIONE
Stampato secondo la filosofia GreenPrinting® volta alla salvaguardia dell’ambiente attraverso l’uso di materiali (lastre, carta, inchiostri e imballi) a basso impatto ambientale, oltre all’utilizzo di energia rinnovabile e automezzi a metano.
di Tiziana Rota
Cinema, teatro, incontri, mostre. Grande successo per Monti Sorgenti 2019 di Sara Sottocornola
RECENSIONI
Alba sul Cerro El Mucho da Niponino, campo base del Cerro Torre, sotto la sua parete est. Foto di Richard Felderer.
ZeroEmissionProduct®. A.G. Bellavite ha azzerato totalmente le emissioni di Gas a effetto Serra prodotte direttamente o indirettamente per la realizzazione di questo prodotto.
GLI INSEGNAMENTI DI BEPPE di Alberto Pirovano* Care socie e cari soci, anche la vita del nostro Club non si sottrae alla regola della vita umana che ci costringe ad alternare momenti di gioia e soddisfazione ad altri di dolore e, a volte, rassegnazione. Certo che quando questi aspetti si susseguono in modo tumultuoso, e coinvolgono le medesime persone, l’impressione della presenza di uno sceneggiatore in vena di colpi di scena si fa prepotente. È così che dopo l’elezione di Giuseppe Ferrario alla vicepresidenza, accompagnata da un ritrovato entusiasmo per i suoi progetti, gite sociali e museo della montagna in primis, abbiamo scoperto, noi con lui, la terribile malattia che ce lo ha portato via in brevissimo tempo. Così l’inaugurazione della parte espositiva del Polo della Montagna presso palazzo delle Paure, affidata al CAI Lecco, è avvenuta sotto il segno di sentimenti contrastanti: soddisfazione per l’importante passo avanti (non certamente per una conclusione di un percorso ancora lungo) e rammarico per l’assenza di uno dei suoi più impegnati e convinti sostenitori, ormai prossimo alla dipartita. Dobbiamo
comunque
guarda-
re avanti e, anche per onorare chi ha speso risorse e tempo, mettendo a disposizione competenze e passione non comuni, permettere lo sviluppo di questa iniziativa come luogo di conservazione della memoria collettiva e
Editoriale
trasmissione alle nuove generazioni di
mente consultabile l’intera offerta del
quell’amore per la montagna che ca-
nostro Club. Proprio per ovviare alle
ratterizza la nostra città.
difficoltà nel gestire la comunicazione
Per fare questo dobbiamo rendere
verso i soci e verso l’esterno, inclusa
vivo il nostro “museo” formando le
la stampa, alcuni soci hanno offerto la
Guide Turistiche e alcuni nostri volon-
propria professionalità per migliorare
tari per spiegare e far apprezzare ai
la gestione di una tematica sempre più
visitatori quanto esposto.
complessa e veloce. Potremmo fare di
Invero sono molte le attività che
più con l’aiuto delle capacità profes-
pian piano si stanno concludendo, al-
sionali dei soci, in qualsiasi ambito,
tre che continuano senza interruzione
qualcosa da fare c’è per chiunque!
e nuove che si affacciano alla vita del
Per portare a compimento tutti i
nostro Club portando entusiasmo, ma
progetti servono persone volentero-
anche impegno crescente.
se, ciascuna con le proprie capacità e
Sempre più spesso, e di questo sono
interessi. Soci desiderosi di impegnar-
particolarmente soddisfatto quale se-
si per la nostra passione comune, la
gno di un volontariato vivo e maturo
montagna, come ci ha insegnato Giu-
tra i nostri soci, le iniziative, o anche
seppe Ferrario.
le sole idee, arrivano dai soci per poi trovare nell’associazione il terreno fertile per trasformarsi in progetti e
Vi aspettiamo. * Presidente CAI Leccov
quindi in realizzazioni. È così rinato l’interesse per la biblioteca sociale, che conserva preziose opere letterarie dei nostri fondatori, a cominciare da Stoppani e Cermenati, ora affidata ad una riorganizzazione in capo a soci appassionati che operano nel rispetto della regolamentazione e degli standard bibliotecari. Grazie alla passione dei soci del Gruppo Ragni e del CAI Lecco è stato completato il restauro dell’igloo sacro dedicato a Bruno Ferrario in vetta alla Grigna Meridionale e proseguono celermente le attività per la sistemazione della rete sentieristica comunale. Il prossimo sforzo sarà quello di rendere il più possibile organiche e fruibili le miriadi di iniziative organizzate anche dai gruppi e dalle sezioni in modo da rendere esplicita e facil-
Alberto Pirovano verso la vetta con uno spicchio di pavimento. Foto di Cesare Bugada.
Beppe Ferrario accompagna una classe della Scuola elementare De Amicis in un'uscita di istruzione nella Valle del Gerenzone. Sarà la sua ultima attività a favore dei ragazzi
Restauro igloo sacro Ferrario Iniziati a settembre 2018, si sono completati il 3 agosto 2019 i lavori di restauro conservativo della struttura in vetta alla Grignetta realizzata nel 1968 su disegno dell’architetto Mario Cereghini e le cui vicende di costruzione e trasporto sono state raccontate da Alberto Pirovano nei numeri 1 e 2/2018 di questa rivista. Nell’esecuzione dei lavori si sono impegnati i Ragni Alberto Pirovano, Ciccio Locatelli, Mario Conti, Luca Bergami, Daniele Bianchi e Cesare Bugada. La competenza professionale di Cesare ha garantito risultati molto soddisfacenti dal punto di vista sia strutturale che estetico, nell’assoluto rispetto dei disegni del Cereghini. Sottolineandone il valore artistico e la denominazione originale di igloo sacro, il presidente del CAI Lecco si appella al senso civico dei frequentatori della Grignetta perché la struttura, utilizzabile come bivacco in condizioni di emergenza, sia trattata con cura e rispetto, evitando tutto ciò che nel tempo l’aveva portata a uno stato di degrado: accumulo di rifiuti al suo interno, scritte e adesivi sulle pareti e atti vandalici.
LAGO E MONTI LECCHESI NE “I PROMESSI SPOSI”
Quel ramo del lago di Como, in una foto degli anni Ottanta
di Annibale Rota
Il Resegone
I
l paesaggio lecchese è una impa-
quasi a rimpiattino: “Quel ramo del
nelle acque: “Addio, monti sorgenti
reggiabile composizione di lago e
lago di Como, che volge a mezzo-
dalle acque, ed elevati al cielo; cime
montagne e non è possibile con-
giorno, tra due catene non interrotte
ineguali, note a chi è cresciuto tra voi,
siderare separatamente queste due
di monti, tutto seni e golfi, a seconda
e impresse nella sua mente, non meno
componenti fondamentali, che si in-
dello sporgere e del rientrare di quelli,
che lo sia l’aspetto de’ suoi più fami-
tegrano e si valorizzano a vicenda in
vien, quasi a un tratto, a restringersi e
liari …”
scorci sempre diversi e sempre splen-
a prender corso e figura di fiume, tra
Il brano, oltre alla profondità dei
didi.
un promontorio a destra e un’ampia
sentimenti di Lucia, rivela anche la co-
costiera dall’altra parte … La costiera,
noscenza del Manzoni, propria di chi
Alessandro Manzoni, ineguagliabile
formata dal deposito di tre grossi tor-
è cresciuto in mezzo ad esse, di tutte
divulgatore delle bellezze di questo
renti, scende appoggiata a due monti
le caratteristiche di queste montagne,
territorio, ha magistralmente reso in
contigui, l’uno detto di San Martino,
tanto diverse l’una dall’altra. Altri ac-
alcune tra le più famose pagine del
l’altro, con voce lombarda, il Resegone,
cenni ai monti lecchesi sono, nel ro-
suo romanzo questo singolare con-
dai molti suoi cucuzzoli in fila, che in
manzo, molto brevi. Sono però sempre
nubio tra acque e montagne.
vero lo fanno somigliare a una sega …”
significativi e vi si trova quell’amore e
E’ il lago che troviamo in apertura
Monti e lago, illuminati questa volta
quell’attaccamento, comune a tutti i
del romanzo, ma è un lago subito in-
dal tenue chiarore lunare, sono ancora
lecchesi e sicuramente conosciuto (e
castonato tra i monti, con i quali gioca
i protagonisti di una delle pagine più
forse anche provato) dal Manzoni.
Sentieri e Parole
celebri di tutto il romanzo. Il pensie-
Ed ecco Renzo fuggiasco che “…
ro di Lucia, costretta a lasciare le ter-
voltandosi indietro, vide distinto ed
re natie, corre a suoi monti, ma sono
alto il suo Resegone: si sentì tutto ri-
monti
mescolare il sangue, stette lì alquanto
che affondano le loro radici
Il Moregallo, sicuramente il monte più “sorgente dalle acque”
a guardare da quella parte, poi triste-
vamente dalla rocca si vedono qua-
oggi si possono vedere sette cippi di
mente si voltò …”
si tutte le montagne che contornano
confine, più o meno ben conservati e
Lecco sulle due sponde del lago.
in parte seminascosti dalla vegetazio-
Troviamo poi Lucia che, prigioniera nel castello dell’Innominato, si accorge
Infine la grande gioia di Renzo
ne. I cippi sono di granito ed hanno
dai monti di essere poco lontana da
quando, tornando a Lecco dopo tutte
inciso su un lato “Stato di Milano” e
casa: “… mia madre! Forse non è lon-
le sue disavventure, rivede alla luce del
sull’opposto “Stato Veneto”. Inoltre
tana da qui … ho veduto i miei monti.”
crepuscolo i luoghi natii “… e quel che
quasi sempre la data o un numero. Il
E la vicinanza dei “suoi” monti gene-
sentì, a quella vista, non si saprebbe
primo è abbastanza vicino alla Roc-
ra forse in lei, disperata, il primo tenue
spiegare. Altro non vi so dire, se non
ca dell’Innominato, a sud della stessa
barlume di speranza.
che que’ monti, quel Resegone vici-
che pertanto era in territorio milanese
no, il territorio di Lecco, era diventato
come era precisato nella prima stesura
tutto come roba sua.”
del romanzo.
A proposito del castello dell’Innominato apro una breve parentesi. Il sacerdote Andrea Spreafico, autore di una documentata: “La topo-
Poi si sale al bivacco Corti, dove, a I cippi di confine
meno di dieci metri dall’ingresso, è un
grafia dei Promessi Sposi nel territorio
Nel romanzo troviamo più volte il
cippo un po’ decapitato. Si prosegue
di Lecco”, colloca questo castello sulla
confine fra lo “Stato di Milano” e la
per un tratto sulla cresta del Magno-
Rocca di San Gerolamo e su questa
“Repubblica di Venezia”, che per un
deno, dove sono ubicati quattro cippi,
presunta collocazione sono quasi tutti
lungo tratto correva lungo l’Adda.
e quindi si traversa sotto la cima fino
d’accordo, tanto che la rocca è comu-
E a proposito di questo confine, mi
nemente chiamata “Rocca dell’Inno-
permetto una divagazione: tra Vercu-
minato”. E, oltre a tutti i punti illustrati
rago e Chiuso il confine lasciava l’Adda
dallo Spreafico, va detto che effetti-
per salire sul Magnodeno, dove ancora
Sentieri e Parole
Il cippo della Passata
Il Monte Barro dalla Rocca dell’Innominato
a raggiungere la cresta occidentale,
sbilenco, lungo il sentiero per il rifugio
verso “….il sol ridea calando dietro il
dove è un cippo poco leggibile. Il con-
Gherardi.
Resegone”. Legnano è a ovest di Lec-
fine correva poi lungo i versanti del
co è quindi si può solo vedere il sole
Magnodeno e del Resegone fino alla
Un cippo, che segnava il confine an-
Passata, dove è un cippo ben conser-
che con i Grigioni, è sopra il Passo del
vato e, per quanto a mia conoscenza,
Toro. Infine un cippo, discretamen-
l’ultimo sulle montagne lecchesi.
te conservato, è a Castel Reina, quasi
Non sono riuscito a stabilire con
all’imbocco del Caminetto che adduce
esattezza il prosieguo del confine,
alla vetta del Pizzo dei Tre Signori. Tra
per cui mi limito a segnalare che altri
l’altro questo cippo alcuni anni fa era
due cippi sono visibili ad Artavaggio: il
sparito. E’ stato ritrovato di recente ed
primo, ben conservato, ma con poco
è stato riposizionato con un elicottero.
rispetto per la storia imbrattato con le vernici di un segnavia, abbastan-
Termino ricordando quello che vie-
za vicino alla Chiesetta, l’altro, un po’
ne considerato il più famoso errore geografico della letteratura italiana,
Sentieri e Parole
visto che si riferisce ad una montagna lecchese. Il Carducci chiude la sua ode: “La battaglia di Legnano” con il
“sorgere” dal Resegone. Foto di Annibale Rota, anni Ottanta/Novanta
ARRIVANO LE ALIENE
Impariamo Impariam o a conoscere conoscere le piante che vengono da lontano
Le foglie dell’Ailanto
di Sergio Poli Questione di numeri Chi va in montagna, se non è troppo concentrato sulla sua prestazione ma è interessato anche a ciò che lo circonda, finisce per appassionarsi di botanica, cercando di riconoscere i fiori e le piante che incontra sul proprio cammino. Anche su questa rivista sono comparsi diversi articoli sulla flora, in particolare su quella tipica delle nostre Prealpi calcaree; e in effetti siamo fortunati perché l’area lariana è ricca di specie rare ed ende-
miche, che crescono cioè solo in una certa area geografica. Sono specie
autoctone, cioè originarie della zona in cui si trovano, ed è giusto conoscerle anche per apprezzarne l’importanza
ecologica. Per usare un termine oggi molto in voga, la presenza di quelle specie aumenta la biodiversità di un
e di cui ignoriamo tutto? Cerchiamo di colmare questa lacuna.
determinato ambiente. Magari su un’intera montagna si
Le specie alloctone
trovano poche decine di esemplari di
Oltre alle autoctone di cui si parla-
quella specie – che appunto per quel-
va prima, dovremmo dunque impara-
lo è così preziosa: perché è rara. Ad
re a conoscere anche le alloctone, o
esempio su tutto il monte Due Mani
aliene, cioè le specie originarie di altri
esiste un solo cuscinetto di Saxifraga
ambienti – spesso di altri continenti –
vandelli e pochi ciuffi di Raponzolo di
che sono state introdotte dall’uomo in
roccia (Physoplexis comosa) abbar-
maniera più o meno consapevole, che
bicati alla parete in posizione quasi
qui hanno trovato condizioni ideali per
irraggiungibile anche per il più appas-
svilupparsi, tanto da proliferare talvol-
sionato botanico. Allora bisogna esse-
ta in maniera incontrollata ed andare
re onesti e riflettere su una cosa: è giusto conoscere e saper riconoscere quelle due singole specie e non vedere i chilometri di vegetazione “straniera” che si trovano lungo il Pioverna,
Sentieri e Parole
namentale – viene anche chiamato, chissà perché, Albero del Paradiso per arricchire i parchi e i giardini delle ville nobiliari. Ma l’Ailanto, intraprendente come i suoi conterranei umani, è scappato dai parchi e ha cominciato a diffondersi ovunque: ai bordi delle strade, lungo i binari ferroviari, al margine dei boschi… Non è raro vedere vigorose ceppaie di Ailanto esplodere fuori dai muri di sostegno delle strade, inutilmente contrastato dagli addetti alle manutenzioni, i quali cercano di evitare che la sua tumultuosa crescita demolisca i manufatti. Il legno è pessimo, il miele mediocre: ha il solo pregio di resistere a tutto, compreso l’inquinamento, quindi in città colonizza aree dove nessun’altra specie potrebbe sopravvivere. Specie aggressive Ma veniamo ora alle nostre zone,
Particolare del fiore della Buddleja, l’Albero delle farfalle
a sostituire completamente le specie
cento e diffusa intenzionalmente per
originarie. Questo avviene anche per
consolidare le scarpate ferroviarie,
la mancanza di nemici naturali, che
sfruttando la sua rusticità, la velocità
avevano nei loro Paesi d’origine e che
di crescita e le radici profonde. Ci si
qui invece mancano.
è accorti poi che dà anche un ottimo legno, ideale da ardere, che ricaccia
Fortunatamente
ciò
non
capita
vigorosamente dopo il taglio e che
con tutte le specie: basti pensare ad
in più i suoi fiori sono ricercatissimi
esempio alla riviera ligure, che non è
dalle api, le quali poi producono il pre-
stata invasa completamente dalle pal-
giato miele d’acacia. E allora, dov’è il
me. Talvolta però è successo e ora in
problema? In effetti dal punto di vista
alcuni ambienti si fa fatica a ritrovare
produttivo la Robinia ha pochi riva-
le piante autoctone, nascoste in mez-
li; peccato che abbia sostituito quasi
zo alla rigogliosa vegetazione stranie-
completamente le specie autoctone
ra.
delle quote collinari (querce, olmi, car-
Il caso più eclatante e noto a tutti è
pini bianchi…), impoverendo e sempli-
quello della Robinia (Robinia pseudo-
ficando dal punto di vista ecologico
acacia). Originaria del Nord America,
quegli ambienti.
venne introdotta in Europa nell’Otto-
Un altro caso, più recente ma altrettanto importante nei numeri, è quello
Sentieri e Parole
dell’Ailanto (Ailanthus altissima). Stavolta la pianta è originaria della Cina, e fu introdotta in Europa a scopo or-
e in particolare alle rive dei torrenti: sono corridoi ideali per alcune specie, che trovano in queste aree marginali le condizioni ideali per crescere e diffondersi. Una di queste è il Bambù: è una pianta erbacea (!) originaria dell’Asia, soprattutto della Cina, dove costituisce estesi popolamenti – fra l’altro fondamentali per la sopravvivenza del Panda maggiore - minacciati dall’agricoltura e dallo sfruttamento come materiale da costruzione. Da noi è stato usato soprattutto nei giardini, e chi l’ha piantato ora se ne pente: infatti radica e si diffonde in maniera tumultuosa, costituendo fittissime macchie dove non cresce altro. Altra specie molto aggressiva è la Buddleja (Buddleja davidii), più conosciuta come Albero delle farfalle. E’ un arbusto legnoso rustico che si trova perfettamente a suo agio sui greti dei torrenti, gli argini e le scogliere in pie-
trame, molto diffuso anche lungo le sponde del Lario. Le sue caratteristiche pannocchie viola, che rimangono fiorite per settimane, attirano legioni di farfalle - da cui il nome comune. Sembrerebbe quindi un arrivo positivo, ma come sempre c’è il rovescio della medaglia: disgrega le opere di difesa spondale, i muri delle antiche costruzioni, e toglie spazio alle specie autoctone - ad esempio al Sambuco, entrando in concorrenza ed impoverendo l’ambiente dal punto di vista ecologico. Per finire ci siamo tenuti il pezzo forte, l’ultima novità nel campo delle specie aliene, fra le più aggressive e difficili da contrastare, che sta letteralmente soppiantando ogni altra specie lungo i fiumi: il Poligono del Giappone (Reynoutria japonica). una pianta erbacea molto alta e vigorosa, arrivata In Italia (l’abbiamo fatta arrivare…) alla fine del secolo scorso, dove si è ambientata benissimo. Trova le condizioni ideali sul terreno nudo, in aree di cantiere, dove c’è stato movimento terra. In un anno fa dei fusti alti anche due metri, che seccano in autunno, ma la cosa non deve ingannare: sotto terra ha potentissime radici, che l’anno
Un densissimo bosco di Bambù in un giardino cittadino Sotto: I rigogliosi getti della Reynoutria
dopo ricacciano un’infinità di getti. In
carrellata con una riflessione: in ogni
es. Reynoutria è nella lista nera regio-
Valsassina ha colonizzato chilometri
caso la Natura ritrova il suo equilibrio,
nale delle specie più invadenti, ogget-
di sponda lungo il torrente Pioverna,
quindi in teoria l’uomo si potrebbe
to di monitoraggio e contenimento
insediandosi, ed insidiando, i boschetti
mettere alla finestra e vedere cosa
in Natura. Quando torniamo da una
di salice tanto preziosi per la stabilità
succede. Tuttavia, l’equilibrio iniziale
vacanza in Paesi esotici, o dal nostro
delle sponde, e la sua avanzata sembra
l’abbiamo alterato proprio noi, e queste
vivaista, evitiamo dunque di portarci
inarrestabile.
alterazioni sono destinate ad aumen-
dietro insidiosi souvenir.
tare sempre più, vista la velocità degli Ritrovare l’equilibrio Ci sarebbero molte altre specie di cui parlare, ma non è questa la sede – chi
scambi con tutto il mondo (la globalizzazione…). Possiamo permetterci di correre questo rischio?
voglia approfondire l’argomento può
L’Unione Europea cerca di tenere
consultare il sito http://www.natu-
sotto controllo la situazione, salva-
rachevale.it/specie-invasive/specie-
guardando il più possibile gli ambienti
aliene-invasive-in-lombardia/.
naturali e contrastando queste conti-
Si può concludere questa veloce
nue alterazioni indotte dall’uomo - ad
(Si ringrazia la dottoressa Patrizia Digiovinazzo per la cortese consulenza botanica) Foto di Sergio Poli
Sentieri e Parole
DOVE CI PORTANO LE ORCHIDEE
di Andrea Aromatisi e Daniela Scaccabarozzi
F
in da bambini siamo cresciuti a stretto legame con la terra e le sue montagne. Siamo nati ai
piedi delle Prealpi. Entrambi ci ricordiamo con immensa gioia le passeggiate nei boschi, le escursioni in alta montagna e il senso di libertà che la quota ti dona. Sono emozioni uniche che si sprigionano nella solitudine della roccia nuda. Il silenzio profondo che le nostre Alpi ti omaggiano quando le attraversi è nutrimento per lo spirito. Per questo risalire una montagna ha
significato aprire la veduta e guardare la nostra vita con nuovi occhi. Noi siamo cresciuti così con il naso all’insù e con i piedi per terra, guardando una nuova meta da raggiungere.
Sentieri e Parole
Fiore di leguminosa (Daviesia), pianta modello per l’Orchidea asino che imita lo spettro di colore di questa pianta
Questo desiderio di spazi aperti e di
questo periodo è stato speciale, tan-
libertà ci ha portato poi ad innamorar-
to che non siamo più tornati indietro
ci della Val Codera, che possiamo dire
alla vita che avevamo costruito, sep-
essere la nostra seconda casa.
pur ne fossimo molto attaccati. E’stata
Quando siamo in Italia trascorriamo
una parentesi dove abbiamo giocato
il nostro tempo in valle nella nostra
a reinventarci, sperimentando nuovi
cara baita, luogo per noi magico ed
territori, lavori di ogni genere e gene-
essenziale. Adoriamo respirare l’odore
rando sogni nel cassetto. Quali erano
dolce dei prati di media montagna con
per noi questi sogni?
le loro fioriture abbondanti sorvolati da ronzanti insetti che trafficano sen-
La sorpresa
za tregua le tratte fra un maggengo
Uno degli incontri più sorprendenti
e l’altro. Regine di questi prati sono le
ed inattesi durante il nostro viaggio
orchidee selvatiche, maestre di ele-
sono state le orchidee. Tutto è partito
ganza e armonia.
da una telefonata che abbiamo atti-
Nel settembre 2012 ci siamo spo-
vato quando ci trovavamo a Margaret
sati e la nostra vita è cambiata ra-
River. Stavamo vendemmiando in una
dicalmente. Ci siamo avventurati in
delle regioni vinicole del Western Au-
una luna di miele in Australia, durata
stralia, quando tra un filare e l’altro è
12 mesi. E’ stato un anno di viaggio,
nata quest’idea. La chiamata al diret-
esperienze di lavoro, ricerca e soprat-
tore di Kings Park di Perth si concre-
tutto crescita personale.
tizza in un incontro e immediatamente
Quello che l’Australia ci ha offerto in
dopo in una collaborazione di ricerca,
mirata all’investigazione delle strategie di impollinazione di un’orchidea nativa del Western Australia. Il compito che ci è stato assegnato era di rispondere alla seguente domanda: come fa questa orchidea senza nettare ad attirare gli insetti impollinatori? Bella domanda! L’impollinazione, quando operata da animali, si basa su un principio di scambio dove l’insetto appunto, in cambio di una ricompensa che solitamente è il nettare, presta il suo “servizio” di trasferimento del polline da una pianta all’altra. Così la pianta si assicura la sua riproduzione in natura, e l’animale che coopera in questo nobile compito riceve il suo meritato beneficio. Scopriamo che l’Orchidea dal cappuccio verde (Greenhood orchid – Ptero-
stylis sanguinea) emana un ferormone identico a quello emanato dalla femmina
dell’insetto
impollinatore.
L’insetto maschio, una sorta di piccola mosca, viene attratto dal petalo dell’orchidea che rilascia il ferormone femminile, inducendolo ad entrare nel fiore. L’insetto, ignaro, si illude di accoppiarsi con la sua femmina. Così facendo il polline dell’orchidea gli rimane sul dorso, pronto ad essere veicolato e deposto su un’altra orchidea. Sembrava che questa scoperta completasse la nostra parentesi australiana e che di lì saremmo rientrati permanentemente in Italia. Anche se avevamo capito che una sorpresa avrebbe catalizzato quella successiva.
Infatti, arrivati in
Italia una chiamata ci porta ad accogliere un nuovo incarico di lavoro, questa volta nella foresta amazzonica peruviana. Dall’alto: Orchidea asino (Diuris brumalis) nel Western Australia; Orchidea regina, Regina di Sheba (Thelymitra) nei dintorni di Perth; Fiore di Vaniglia nativa (Vanilla pompona)
Orchidea bruciacchiata (Neotinea ustulata), Val Codera
Cacao e vaniglia Partiti con un incarico volto prevalentemente ad approfondire lo stato di salute delle piantagioni di cacao, le orchidee si sono nuovamente palesate. Questa volta sotto forma di Vaniglia. Eh si, per chi non lo sapesse la Vaniglia che assaporiamo nei dessert, gelati e quant’altro, così come quando ci lasciamo inebriare dalla sua fragranza, è un’orchidea dal fiore grande e giallo tenue. Ma le sue prelibatezze derivano dai semini di grandezza infinitesimale. Più che alle note aromatiche molto apprezzate, la nostra attenzione era mirata ad investigare lo stato di salute delle varietà native che crescono nel bacino di Madre de Dios, un affluente del Rio delle Amazzoni. Dopo lunghe attese e giornate spese nell’habitat di queste specie di Vaniglia, scopriamo che un’ape di nome Euglossina è coinvolta nel trasferimento del polline. Grazie alle loro grandi dimensioni, le Euglossine possono percorrere di-
Sentieri e Parole
stanze importanti fino a raggiungere
nettare, mentre le orchidee no. Le api
i 20 Km. Questa evidenza ci rincuo-
sono alla ricerca del nettare che tro-
ra, avendo toccato con mano la realtà
vano spesso e volentieri sulle piante
frammentata del bosco tropicale dove
leguminose, talvolta però atterrano
la Vaniglia nativa cresce. La defore-
anche sul petalo “piattaforma” dell’or-
stazione avanza inesorabile lì, ma gli
chidea. Eppure le orchidee e le legu-
impollinatori come dei messaggeri
minose non sono molto simili fra loro!
scrupolosi e determinati mantengono
Di lì a poco lo spettrometro ci rive-
viva la connessione tra le popolazioni
la però che i fiori delle leguminose e
di Vaniglia.
delle orchidee, sulla base della visio-
Dall’altra parte del mondo, mentre
ne delle api, sono pressoché identici.
si chiude l’investigazione amazzonica,
Infatti entrambe le piante emanano
una nuova orchidea bussa alla porta.
simili frequenze di luce ultravioletta
Questa volta è sconosciuta ed ha un
che all’occhio umano sfuggono to-
buffo nome, si chiama Orchidea asino
talmente, ma non alle api. L’inganno
(Donkey orchid – Diuris brumalis) per
è quindi svelato. Si tratta di un caso
via dei suoi prominenti petali che ri-
di mimetismo basato sulla risorsa, il
chiamano per l’appunto le orecchie di
prezioso nettare. Infatti, produrre net-
un asino.
tare richiede molta energia per l’or-
Dallo studio di questa orchidea na-
chidea che si è adattata a vivere con
sce un dottorato di ricerca italo au-
una manciata di nutrienti a differenza
straliano, tra l’Università di Napoli
di molte altre piante. Orchidea astu-
Federico II e la Curtin University di
ta? Certo l’intelligenza delle piante ci
Perth. Come avviene per un terzo di
sorprende sempre di più, ma alla base
specie di orchidee (in totale ne sono
di questa scelta c’è una regola impor-
conosciute circa 25.000 specie al
tante da rispettare. L’orchidea si pre-
mondo), questo gruppo non produce
senta sempre meno abbondante del
una ricompensa in termini di nettare
suo modello. Niente giochi di mani-
per l’insetto. Come fa quindi l’orchidea
polazione o sfruttamento delle risorse,
a riprodursi e ad attirare l’impollinato-
l’equilibrio e il rispetto sono indispen-
re? Non si tratta di mimetismo ses-
sabili per la co-esistenza delle piante
suale come nel precedente studio.
e dei suoi impollinatori. Non si sa in quale altro angolo del
Strategie
mondo ci porteranno di nuovo le or-
Siamo quindi di fronte ad un’altra
chidee. Ci auguriamo che riportino
eccezionale strategia di impollinazio-
più spesso in Val Codera tra le nostre
ne messa a punto dalla pianta. Muniti
amate montagne. Tra poco è previsto
di videocamera e di spettrometro per
un nuovo viaggio nel Sud Australia,
misurare le frequenze di colore ema-
a circa 800 km da dove ci troviamo
nate dalle orchidee, realizziamo che
ora. Con un pizzico di fortuna, incon-
un’ape nativa australiana, molto velo-
treremo la Regina di Sheba, nota come
ce, confonde l’orchidea per circostanti
una delle più belle orchidee del mon-
piante leguminose. Ci domandiamo,
do. Chissà quale strategia custodisce
ma cosa ricerca l’ape nell’orchidea?
nella sua inafferrabile bellezza.
La risposta arriva da una constatazione di fatto: le leguminose producono
L’ESPERIENZA DEL CAMMINO
A Bellano i primi passi del progetto “Montagnaterapia”
Panorama dal belvedere del Parco Valentino su Lecco e i laghi della Brianza
di Elisa Villa*
timento Salute Mentale e Dipendenze
dividui portatori di differenti proble-
ell’inverno 2018 alcuni ope-
(DSMD) dell’Azienda Socio-Sanitaria
matiche, patologie o disabilità; esso
ratori della Comunità Riabi-
Territoriale (ASST) della Provincia di
è progettato per svolgersi, attraverso
litativa ad Alta Assistenza di
Lecco.
il lavoro sulle dinamiche di gruppo,
N
Bellano con la passione per la mon-
Nella comunità sono accolti 16 ospiti
nell’ambiente culturale, naturale e ar-
tagna hanno pensato, dopo alcune
per periodi di tempo determinati da
tificiale della montagna.” (Giulio Scop-
uscite sperimentali, di progettare un
programmi terapeutici personalizzati.
pola, 2007).
percorso di montagnaterapia in col-
La vita comunitaria e le attività ri-
Nella comunità di Bellano si è così
laborazione con il CAI di Lecco. Tale
abilitative sono lo strumento tramite
costituito il “Gruppo Montagna”, pen-
proposta ha incontrato la disponibi-
cui si attua il programma di cura indi-
sato con l’intento di far sperimentare
lità e l’entusiasmo di alcuni volonta-
vidualizzato e condiviso.
ai partecipanti il cammino, oltre che
ri dell’associazione e ha potuto così
Una delle attività che l’equipe ha
per i benefici fisici legati all’attività in
sfociare in alcune semplici escursioni
deciso di progettare e sviluppare è
sé, anche con un’ottica di attenzio-
finalizzate in questa fase soprattutto
proprio quella di montagnaterapia,
ne al proprio corpo a livello di pro-
alla conoscenza reciproca. .
intendendo con questo termine “un
priocezione (respiro, fatica) e ad una
La Comunità Riabilitativa ad Alta As-
approccio metodologico a carattere
sistenza (CRA) è una comunità psi-
terapeutico-riabilitativo e/o socio-
chiatrica di tipo residenziale a finalità
educativo, finalizzato alla prevenzione,
terapeutica, facente parte del Dipar-
alla cura e alla riabilitazione degli in-
Sentieri e Parole
Panorama a 180° dalla vetta del Coltignone. Sotto: Pian Sciresa, piattaforma panoramica dal rifugio degli Alpini
maggiore conoscenza dei propri limiti
e la
gruppo fornendo un supporto tecnico.
sia mentali che corporei, imparando
consapevolezza del proprio corpo, ri-
Tutte le uscite vengono program-
a riconoscere il proprio ritmo, passo,
conoscere i propri limiti e le proprie
mate in ogni fase. Inizialmente si
tempo. In più è ormai scientificamente
risorse.
decide in maniera condivisa la meta
provato il beneficio dello stare in contesti naturali e non urbanizzati, in pie-
- Migliorare la conoscenza
- Imparare a gestire lo stress, gli imprevisti, la paura, la fatica.
no contatto con la natura, avendo ben
- Consolidare la fiducia nell’altro.
chiara anche la possibilità di sviluppare
- Migliorare il senso di efficacia.
ulteriormente abilità sociali legate alle forti dinamiche di gruppo che si cre-
Da maggio 2019 è così iniziata una
ano quando si condivide un’esperien-
fase sperimentale della nostra espe-
za/si vuole raggiungere un obiettivo
rienza di montagnaterapia, con uscite
comune.
in giornata ogni due settimane. Le mete raggiunte sono state: il lago Obiettivi
del Segrino, S.Tomaso a Valmadrera,
Il percorso è stato finalizzato a:
Campo de Boi a Lecco, Il Parco del
- Sperimentarsi nel gruppo e “met-
Valentino ai Resinelli, Pian Sciresa sul
tersi in gioco”
Monte Barro.
- Sperimentare le dinamiche interne
L’attività è stata condotta da opera-
al gruppo legate alla comunicazione,
tori della CRA che hanno una predi-
alla collaborazione ed all’accettazione.
sposizione per questo tipo di attività
- Migliorare il senso di appartenen-
e partecipano attivamente, ponendosi
za ad un gruppo e collaborare per il
in una dimensione paritaria agli ospi-
raggiungimento di un obiettivo pren-
ti (“facciamo fatica insieme”) nonché
dendosi cura di sé e degli altri.
come stimolo e motivatori del gruppo, come mediatori a livello relazionale tra
Sentieri e Parole
ospiti e accompagnatori CAI e come facilitatori dell’esperienza in montagna. I volontari CAI sono gli esperti della montagna, coloro che guidano il
successiva; prima di partire il gruppo
rivede il tragitto e si ricordano le re-
re ai partecipanti ciò che osservano
È stato molto piacevole interagi-
gole scelte insieme (non si fuma, non
(respiro, bisogno di una pausa, rallen-
re con loro, i quali si sono dimostrati
si ascolta musica, ci si aspetta). Du-
tare) e di mediazione relazionale se
disponibili e simpatici; fondamentale il
rante il percorso gli operatori svolgo-
necessaria. All’arrivo c’è un momento
loro supporto per superare i momenti
no la “funzione specchio” di riflette-
di condivisione del pranzo e di resti-
di difficoltà.
tuzione rispetto all’esperienza vissuta.
Essendo sempre gli stessi, le guide
Al rientro è sempre importante lo
sono diventate un punto di riferimen-
scambio tra gli operatori in merito alle
to importante per il nostro gruppo.
riflessioni raccolte dall’osservazione
Abbiamo conosciuto luoghi nuovi e
attiva durante l’uscita ed il confronto
grazie a questo gruppo abbiamo avu-
con gli accompagnatori CAI.
to la possibilità di riscoprirci all’interno
Ciò che emerge dall’attività viene
della natura e, a livello individuale, di
ripreso dagli operatori di riferimen-
vivere la soddisfazione nel raggiunge-
to con i singoli ospiti, per validare e
re la meta.
trasporre quelle risorse messe in gio-
Vorremmo mantere la costanza
co durante l’attività nella vita di tutti i
nelle uscite e continuare nel futuro
giorni.
questo gruppo.
Il riscontro dei partecipanti Dopo questi incontri iniziali siamo molto soddisfatti dell’esperienza vis-
*Socia Cai Lecco e terapista della riabilitazione psichiatrica Foto di Elisa Villa, Lara Dell’Ava, Clio
suta! L’aspetto che ci è piaciuto di più è stato quello relazionale; abbiamo avuto più occasioni di condivisione rispetto che in altre situazioni. Gli accompagnatori CAI sono stati un elemento fondamentale per l’esperienza, trasmettendoci la loro passione e le loro conoscenze sulla montagna.
Sentieri e Parole
LA VERTIGINE DELL’ALTEZZA di Eugenio Mira*
T
re proposte per Paola: “Paola,
Stradini, tra Artavaggio e Bobbio, vuoi
Non proprio.
andiamo alla normale del pri-
venire ?”. Per tutti gli inviti da Paola
Quello che Paola prova non sono
mo Magnaghi, una arrampica-
una sola risposta: “Non me la sento, mi
vere e proprie vertigini, sono qualcosa
ta facile, vieni?” oppure “Ci sarebbe la
vengono le vertigini, anche il sentiero
di diverso, qualcosa che provano per-
ferrata di Erna, sei con noi ?” o anco-
è troppo esposto”.
sone predisposte quando in montagna
ra ”Paola, domani facciamo il sentiero
Sarà vero?
Fig 1. La stazione eretta, lo stare in piedi fermo, è assicurato da continue oscillazioni del nostro corpo, laterali o avanti-indietro, facendo perno sulle caviglie, soprattutto nei giovani, e sulle anche, soprattutto negli anziani. Queste oscillazioni di norma non vengono avvertite ma se siamo in montagna, in soggetti sensibili, possono causare la vertigine dell’altezza o intolleranza visiva all’ altezza
o su una torre sono esposte ad un Fig 2. I sensori responsabili del nostro equilibrio in piedi da fermi e durante il cammino: il tatto della pianta del piede dà informazioni sul terreno (piano di appoggio); i propriocettori di muscoli e articolazioni danno informazioni sui rapporti tra le diverse parti del nostro corpo (testa, collo, tronco, arti); il labirinto dell’orecchio interno dà informazioni sulle accelerazioni della testa, la vista dà informazioni sul mondo che ci circonda. I diversi segnali vengono elaborati dalla centralina: il cervello.
Occhi
Cervello Orecchio interno Muscoli
Articolazioni
Tatto Sensori di equilibrio
In termini medici conflitto inter-
Lo stare in piedi, la stazione eretta,
norma non vengono avvertite (Fig 1).
sensoriale è un disaccordo tra le in-
il bipodalismo, è proprio della razza
Camminare è ancora più complicato:
formazioni che ci arrivano dai nostri
umana ed è frutto di una conquista
la marcia è frutto di una continua ca-
sensi. La spiegazione non è sempli-
evolutiva che data da circa 6 milioni di
duta in avanti, corretta ad ogni passo,
ce: ci proveremo. Dobbiamo partire
anni, quando siamo scesi dagli alberi
essa pure accompagnata da continue
da lontano: come facciamo a stare in
e ci siamo separati dai nostri cugini
oscillazioni laterali.
piedi e a camminare?
scimpanzé. Riusciamo a stare in pie-
I sensori, i sistemi che ci consento-
di da fermi, su una base di appoggio
no tutto questo, stare in piedi e cam-
ristretta, grazie ad una continua serie
minare, sono tre: la vista, il labirinto, il
di piccole oscillazioni, laterali e avanti-
sistema somatosensoriale. La vista, o
indietro, con perno sulle caviglie e, nei
sistema visivo, ci dà informazioni sul
vecchi, sulle anche, oscillazioni che di
mondo che ci circonda: la forma, le
Sentieri e Parole
dislivello, qualcosa che sarebbe me-
vestibolare ossia dei sensori del labi-
oggi la scienza considera impreciso e
glio chiamare intolleranza visiva alle
rinto dell’orecchio interno.
superato. Per semplicità, o per pigrizia,
altezze.
Nel caso di Paola i disturbi sono di-
continueremo ad usarlo anche noi.
Secondo i testi di medicina la ver-
versi e il meccanismo che li genera è
Nel loro insieme i disturbi lamentati
tigine, dal latino vertere = girare, è
differente e più complesso: come ve-
da Paola sono questi: senso di testa
una falsa sensazione di movimento,
dremo, è un conflitto tra le informa-
vuota, di debolezza, di instabilità, di
tipicamente di rotazione, di noi stessi
zioni del labirinto e del tatto e quel-
mancamento, malessere, nausea, più
o del mondo che ci circonda: “La te-
le della vista. Ma i medici e i mezzi
raramente capogiri veri e propri. Pa-
sta mi gira!”, “La stanza gira intorno a
di informazione parlano di “vertigine
ola è pallida, sudata, fredda, le gambe
me!”. E’tipica e pressoché esclusiva di
dell’altezza”, continuando ad usare un
cedono, la pressione cala, deve ap-
un cattivo funzionamento del sistema
termine nato nel secolo scorso e che
poggiarsi o essere sostenuta, sta me-
Fig 3. Per il controllo dell’equilibrio è necessario che l’occhio riconosca le oscillazioni della nostra testa, attraverso lo spostamento sulla retina della immagine delle strutture stazionarie comprese nel nostro campo visivo. Ciò avviene se lo spostamento è superiore a 2 minuti di arco. Aumentando la distanza di quanto osserviamo, lo spostamento angolare delle immagini sulla retina diminuisce: quando scende sotto questo valore di soglia la informazione visiva delle oscillazioni viene a mancare, in contrasto con le informazioni fornite dal tatto e dal labirinto (da Brandt et al, 1979).
Fig 4. Nella vertigine da altezza l’intensita’ dei disturbi è fortemente legata alla posizione del corpo. Massima in posizione eretta, la piu’ difficile per mantenere un corretto equilibrio, minima in posizione sdraiata, in cui siamo praticamente sempre in equilibrio. I numeri si riferiscono a un totale di 20 soggetti normali, volontari, senza particolare intolleranza all’altezza. I simboli si riferiscono all’intensità dei disturbi: da assente a minima, moderata, media, severa (da Brandt et al, 1980).
dimensioni, i colori di quanto osser-
sotto la pianta dei piedi, che ci danno
re è però necessario che le immagini
viamo, cosa abbiamo vicino e cosa
informazioni sul terreno e sul piano di
degli oggetti fissi che ci circondano
abbiamo lontano, cosa è fermo e cosa
appoggio, e da altri sensori, i propri-
compiano sulla nostra retina lo spo-
è in movimento. Il labirinto, o sistema
ocettori, posti nei muscoli, nei tendi-
stamento di un angolo di almeno 20
vestibolare, ci dà informazioni sul-
ni e nelle articolazioni, che ci danno
minuti di arco, un terzo di grado, e
le accelerazioni della nostra testa: se
informazioni sui rapporti tra le diver-
questo si verifica se quanto stiamo
siamo fermi o se ci muoviamo ma so-
se parti del nostro corpo: testa, collo,
osservando si trova ad una distanza
prattutto, in forza della accelerazione
tronco, arti (Fig 2).
inferiore a 3 metri.
di gravità verso il centro della terra,
Di norma la vista individua queste
quale è il sopra e quale è il sotto, dove
oscillazioni della testa e le riconosce
è l’alto e dove è il basso. Il sistema
come un segnale fisiologico, in sinto-
somatosensoriale o tattile-proprio-
nia con quelli che riceve dal sistema
cettivo è quello meno conosciuto. E’
vestibolare e dal sistema somatosen-
composto dai recettori del tatto, posti
soriale. Perchè questo possa avveni-
Per distanze maggiori l’angolazio-
Sentieri e Parole
glio seduta o sdraiata. Se sta in piedi
casione della salita sulla torre della
assicurino una buona presa sul terre-
è rigida, contratta, non muove la te-
cattedrale di Strasburgo, innumerevo-
no. Chi porta gli occhiali è bene usi
sta, non gira gli occhi, se cammina si
li volte è riportata nei romanzi e nei
quelli per la visione da lontano: scon-
muove lentamente, con cautela, a pic-
racconti di montagna.
sigliate le lenti multifocali. Lo sguardo
coli passi, cercando un appoggio: be-
I sintomi sono quelli che troviamo
non deve vagare all’orizzonte ma es-
nedetta una catena o una corda fissa,
nel racconto di Paola e perché com-
sere fissato su riferimenti fissi e vici-
benedetti i bastoncini.
paiano non è necessario il vuoto di
ni: una roccia, un masso, la parete. Sui
una vetta o di una cresta, di una ar-
sentieri i bastoncini sono essenziali.
E’solo paura? Paura del vuoto, paura di cadere?
rampicata su roccia o di una ferrata, è
Come si tratta un attacco di ver-
Un po’, ma non soltanto.
sufficiente quello di una cengia o di
tigine dell’altezza? Se in cammino,
Fino alla metà del secolo scor-
un sentiero esposto. La loro intensi-
fermarsi; se in piedi, sedersi o sdra-
so questi disturbi erano considerati
tà è fortemente condizionata dalla
iarsi; in ogni caso appoggiarsi a un
esclusivamente psichici e dovuti quin-
posizione del nostro corpo, massima
sostegno fisso (la parete, una roccia,
di solo all’ansia e alla paura. Oggi, pur
in piedi, da fermi o in movimento, si
un sasso, un tronco, un palo) con la
continuando a riconoscere un ruolo
riduce stando seduti, quasi scompare
schiena, un fianco, con due mani, una
importante alla componente ansiosa,
stando sdraiati.
mano; chiudere gli occhi per qualche
legata alla personalità del soggetto,
Come si previene un attacco di ver-
minuto poi riaprirli fissando lo sguar-
sappiamo che alla base dell’intolleran-
tigine dell’altezza? Anzitutto è bene
do su riferimenti fissi e vicini; cerca-
za visiva alle altezze vi è una serie di
che in montagna ciascuno si ade-
re di rilassarsi; distogliere l’attenzione
problemi legati ai nostri sensi, al nostro
gui alle proprie capacità alpinistiche:
dal problema, pensando ad altro, con-
cervello, alla geometria della distanza
escursione, ferrata, arrampicata. La
versando o anche bevendo un sorso
e del campo visivo, problemi respon-
paura dell’altezza, che nasce sin da
d’acqua o masticando un biscotto.
sabili di un effetto conosciuto come
bambini o da giovani in persone con
Si tratta di raccomandazioni sempli-
conflitto intersensoriale.
un alto grado di ansia, può essere
ci e banali, adeguate per persone sane
vinta o controllata con l’allenamento,
e sufficienti nella maggior parte dei
ossia con l’esposizione graduale e in
casi, che prescindono da misure me-
La vertigine da altezza è nota sin
condizioni di massima sicurezza a di-
diche. Queste possono rendersi ne-
dall’antichità greca, latina e cinese, nel
slivelli sempre più alti e a pendii sem-
cessarie se il livello di ansia e di paura
’700 se ne ha una vivace descrizio-
pre più ripidi: è uno dei tanti compiti
dell’altezza è tale da sconfinare in un
ne da parte di Wolfango Goethe, con
dei gruppi di Alpinismo Giovanile. Si
attacco di panico incontrollato, quel-
il racconto di quanto provato in oc-
devono indossare scarpe adatte che
lo ben descritto da Alfred Hitchcock
ne diminuisce (Fig 3), lo spostamento
segnalano le oscillazioni, e quelle for-
Nella maggior parte delle persone il
dell’immagine sulla retina scende sotto
nite dalla vista, che non le percepisce.
conflitto intersensoriale non viene av-
il valore di soglia e le oscillazioni non
Questo è esattamente ciò che avvie-
vertito, sia grazie all’ aumento dell’am-
vengono più riconosciute dal nostro
ne in montagna: quando siamo in pia-
piezza delle oscillazioni (che di norma
occhio. Nasce così un contrasto tra
no abbiamo sempre riferimenti stabili
sono di 2 cm ma che non possono
i nostri sensi, ossia tra le informa-
nel campo visivo ad una distanza in-
superare i 10 cm, pena la caduta) sia
zioni fornite dai sistemi vestibolare e
feriore ai 3 metri e quindi il problema
aumentando il peso delle informazioni
tattile-propriocettivo, che generano e
del conflitto non si pone; in monta-
tattili-propriocettive e vestibolari e ri-
gna, tanto prima quanto più ripido è
ducendo quello delle informazioni vi-
il pendio, questi riferimenti vengono a
sive, erronee, sino ad annullarle. Tutto
mancare e da qui nasce il conflitto. Su
questo processo si può considerare
una parete verticale sono sufficienti
fisiologico e si parla infatti di insta-
dislivelli inferiori ai 20 metri.
bilità fisiologica all’altezza. Ma in circa
Prevenzione
Sentieri e Parole
nel film “Vertigo” (1958), in italiano “La donna che visse due volte”. Ed è bene ricordare che attacchi di questo tipo possono rappresentare il primo passo verso quella forma di psicosi già ricordata come acrofobia, che può cronicizzare e richiedere trattamenti psicoterapeutici. Emozioni positive Per finire, uno degli aspetti più stupefacenti della natura umana è che, all’ estremo opposto delle persone che sono terrorizzate e bloccate dalla paura dell’altezza, vi sono individui che traggono emozioni positive dalla esposizione all’altezza e dal rischio fisico di una caduta. Sono conosciuti nella letteratura inglese come “adre-
naline junkies” o “risk takers/risk seekers” o “thrill seekers”. Tra questi, accanto a coloro che praticano il paracadutismo, il parapendio, o altri sport più sofisticati come il base jumping, possiamo probabilmente annoverare alcuni dei nostri più grandi alpinisti. * Professore di Otorinolaringoriatria all’Università di Pavia e Socio CAI Lecco.
un terzo della popolazione individui suscettibili vanno incontro nelle stesse condizioni allo stato di disagio e di malessere che abbiamo prima descritto, che assume un significato patologico: l’intolleranza visiva all’altezza. Infine, in circa il 6 % della popolazione il disturbo trapassa in una vera e propria fobia, tale da richiedere trattamenti psicoterapeutici, fobia definita secondo i criteri medici internazionali
acrofobia o paura dell’altezza.
I ragazzi dell’alpinismo giovanile sulla ferrata degli Alleghesi
Sentieri e Parole
LA MONTAGNA NEL CUORE
Dal San Martino alla Terra di Baffin, Dino Piazza racconta il suo grande amore
di Adriana Baruffini
I
ncontro Dino (all’anagrafe Aldo)
so in età matura con Walter Bonatti,
Piazza in un caldo pomeriggio
che “il racconto delle proprie espe-
di inizio giugno a casa sua, nel-
rienze deve servire a qualcosa, deve
lo studio dove conserva memorie e
essere lo strumento per trasmettere ai
documenti della sua vita di alpinista.
giovani degli insegnamenti, altrimenti
Sul tavolo ha sparso un mucchio di
è del tutto inutile”.
fotografie, quelle che ritiene più significative o che gli sono più care, e
Il San Martino, la montagna del cuore
la conversazione parte dalle immagini,
Dino Piazza nasce il 4 giugno 1932
in modo semplice e spontaneo nel-
in località Bernardo a Rancio, il quar-
lo stile che gli è proprio, intrecciando
tiere di Lecco ai piedi del San Marti-
persone, montagne, aneddoti che co-
no che ha dato i natali a molti alpini-
lorano i ricordi. Non è la prima volta
sti, nella casa dove vide la luce anche
che Dino si esprime nelle pagine del
Casimiro Ferrari. E il San Martino, per
notiziario CAI Lecco. Questa volta, in-
Dino come per tanti altri, è la prima
tervistandolo su vari temi, cerchiamo
palestra di montagna. “Avevo solo
di delineare un ritratto il più possibile
dieci anni quando incominciai ad aiu-
completo dell’uomo e dell’alpinista. La
tare mio padre a far legna nei boschi
premessa è un suo pensiero, condivi-
scoscesi del San Martino. Sul sentiero
1968. Dino in arrampicata ai Piani di Bobbio durante la Scuola di roccia dei Ragni. Foto scattata da Claudio Corti
del ritorno avevo le spalle cariche di
di proprietà della famiglia Piazza, quel-
alla Madonna, feci collocare a metà del
grosse fascine e facevo fatica a man-
la che nel 1966 sarà donata al gruppo
sentiero normale di salita il crocifisso
tenere l’equilibrio. Una volta mi capitò
degli Alpini di Rancio per essere poi
scolpito in legno, opera di uno scultore
di ruzzolare giù per il pendio in mez-
trasformata nell’attuale rifugio.
della Val Gardena, che ancora oggi ac-
zo alla sterpaglia. Carico com’ero, non
Oltre che ai ricordi d’infanzia, il San
compagna chi raggiunge il San Mar-
riuscivo a rimettermi in piedi e a ri-
Martino si collega a un momento do-
tino per quella via. Inoltre inaugurai
guadagnare il sentiero; da mio padre
loroso della vita di Dino. “Era il 31 di-
la tradizione della Festa dell’amicizia
nessun aiuto, anzi un commento sfer-
cembre 1979. Mio figlio Arnaldo di 13
che si è poi ripetuta annualmente per
zante su quanto ero imbranato. Erano
anni era andato a sciare a Bobbio. Una
38 volte, riunendo al rifugio un folto
i sistemi educativi di allora che però
caduta, l’urto contro un sasso e l’ini-
gruppo di amici appassionati di mon-
mi hanno temprato per affrontare le
zio di un calvario durato più di due
tagna”.
difficoltà della vita”. Base di appoggio
anni. Quando la vicenda si concluse
per i lavori sul San Martino era la baita
felicemente, rispettando un voto fatto
Prime avventure e primi amici La prima arrampicata fu nel 1949 in
1958. Di ritorno con Antonio Invernizzi ‘Pioppo’ dall’apertura di una nuova via all’Ago di Sciora
Grignetta, sul Campaniletto, con il fratello Pino più grande di lui di tre anni. A seguire, fra il 1950 e il 1955, tutte le vie della Grignetta, del Medale e del Nibbio. “Se ti alleni sul Nibbio, dopo, puoi andare dove vuoi che non fai brutte figure. A quei tempi si lavorava dieci ore al giorno più quattro ore il sabato, non potevi andare molto lontano, ma l’età e la passione facevano affrontare rischi incredibili. Erano gli anni degli incidenti …”.Compagni di scalata all’epoca erano quasi sempre Battista Corti e Renzo Battiston, frequentatori del bar di Ugo Tizzoni nella piazzetta di Acquate.“Battista, soprannominato Crapun, voleva sempre arrampicare da primo. Io riuscii a prendere il suo posto nel 1952 quando ci spingemmo per la prima volta in Dolomiti e affrontammo la prima via di sesto grado, la Solleder-Lettenbauer, aperta da due tedeschi nel 1925, sulla parete nord-ovest della Civetta. Salimmo per sbaglio una variante inesplorata; fummo sorpresi da temporali e grandine prima e durante un bivacco in parete, e Battista uscì incolume, ma scosso, da un volo che avrebbe potuto avere conseguenze molto gravi; a quel punto non se la sentì di continuare da primo. Fu così che incominciai ad arrampicare da capocordata, in un ruolo che
mi era congeniale e che non ho mai
re, 15 mesi di artiglieria alpina. Ho par-
drea Castelli, collaboratore attivo ed
abbandonato se non in rare occasioni”.
tecipato a tutte le gare militari, anche
efficiente. Furono anni intensi che mi
1953: è la volta del Badile. Dino rac-
sugli sci, ho arrampicato, sono stato
diedero grandi soddisfazioni, ma an-
conta per esteso questa storia per-
istruttore di roccia: un anno bellissimo
che momenti di tensione: le discus-
ché è emblematica del contesto irto
per la mia passione.”
sioni accese per non dire i litigi erano
di difficoltà organizzative e logistiche nel quale si muovevano all’epoca gli
piuttosto frequenti, ma per fortuna l’aNei Ragni
micizia e lo spirito di appartenenza al
alpinisti di condizioni sociali simili alla
“Fui ammesso al gruppo Ragni nel
gruppo permettevano di risolvere ogni
sua. “Siamo partiti col treno nel po-
1955, appena concluso il servizio mi-
questione. Ho partecipato alla scuola
meriggio del sabato e siamo arrivati
litare e da quell’anno sono socio del
di roccia dei Ragni dal 1952 al 1994
a Chiavenna, abbiamo preso il pullman
CAI Lecco. Nel 1964 fui eletto presi-
come istruttore, con uscite anche su
fino alla frontiera con la Svizzera, poi
dente del gruppo e mantenni l’inca-
ghiaccio, studiando e modificando i
a piedi, quattro ore di cammino, fino
rico fino al 1970. Segretario era An-
materiali, nodi, chiodi, ramponi e mo-
al bivacco del Sass Furà, che era una baita di sassi di un locale solo, con dentro niente: in un angolo si poteva accendere il fuoco, e dovevi raccogliere la legna nei dintorni per fare una minestra mettendo nell’acqua delle buste comprate al negozio del signor Vincenzi subito dopo la dogana. Finito di mangiare appoggiavi la testa sul sacco e ti mettevi a dormire. Il mattino verso le quattro si faceva colazione col tubo del latte condensato. Siamo io, Battista Corti e il Renzo Battiston. Dopo circa 40 minuti siamo all’attacco dello spigolo nord del Badile. Ci leghiamo, la corda di canapa è di 40 metri; il tempo bellissimo, non una nuvola né vento, granito asciutto, un tiro dopo l’altro siamo arrivati in cima. Si scende per la via normale verso il rifugio Gianetti e poi giù verso i Bagni di Masino per prendere al volo la corriera per Ardenno, ma si arriva col buio e la corriera è già partita, quindi a piedi fino alla stazione. Quando arriviamo l’ultimo treno per Lecco è già passato, ci mettiamo a dormire aspettando il primo treno del giorno dopo. Arrivo poi a piedi a Rancio, il tempo di lavarmi e cambiarmi alla fontana, prendere un panino e andare al lavoro. Si riusciva a fare queste cose grazie ai vent’anni e a un severo allenamento. Nel 1954 parto per il servizio milita-
1959. Dino durante l’apertura della Direttissima dei Ragni sulla parete sud della Torre Cecilia
schettoni. Noi lecchesi, capaci di lavorare l’acciaio, siamo stati avvantaggiati nel costruire attrezzature nuove per l’alpinismo. Negli anni Settanta, ad esempio, ho ideato e costruito dei ramponi senza cinturini, ma non hanno avuto successo perché non c’erano ancora le scarpe di plastica, con quel modello ero arrivato troppo in anticipo. Nel maggio del 1965 organizzammo il primo corso della Scuola Nazionale di Alpinismo ‘Ragni della Grignetta’ del CAI Lecco (direttore Giuseppe Panzeri, Panzerin) che si concluse senza incidenti nonostante l’elevato numero dei partecipanti, ben 80 allievi e 30 cordate. Nel 1966 guidai l’organizzazione dei festeggiamenti per il ventesimo di fondazione del gruppo Ragni. Ai Resinelli arrivarono in quell’occasione alcuni dei nomi più celebri dell’alpinismo di allora, e dopo la Messa e il pranzo ci fu una dimostrazione di arrampicata al Nibbio ripresa dalla prima rete della Rai. Alla sera, con alcuni amici dovetti andare a Milano per partecipare alla Domenica sportiva e fui intervistato da Enzo Tortora. All’epoca era presidente del CAI Lecco il dottor Dino Maroni, con lui mi trovai in sintonia nel portare avanti diverse attività sezionali che videro la partecipazione attiva di componenti del gruppo Ragni. Ricordo ad esempio la nascita del Gruppo di Alpinismo Giovanile (è entrata nella storia l’ascensione del 1965 che portò in vetta alla Grignetta più di 100 ragazzi); la collaborazione a partire dal 1969 alla neonata Scuola di Scialpinismo; il In alto: 1965. Con il gruppo di Alpinismo giovanile alla cappelletta del San Martino Sotto: 1962. Sulla via Cassin alla Ovest di Lavaredo
contributo all’avvio dell’attività di sci di fondo nel 1983; l’inaugurazione della ricostruita capanna Lecco ai Piani di Bobbio nel 1966; la realizzazione del bivacco Ferrario in vetta alla Grignetta, inaugurato con una messa celebrata da monsignor Gandini il 4 novembre del 1968. I campeggi Dino fu uno dei partecipanti più assidui, nonché alcune volte l’organizzatore, dei campeggi estivi del gruppo Ragni. Il campeggio era l’occasione per stare in compagnia nella cornice di località alpinistiche sempre diverse, lontane da casa, spesso prestigiose, con possibilità di condividere la vacanza con le famiglie. Dino ricorda tutti i campeggi, ne ha stilato un elenco completo, e racconta volentieri aneddoti spassosi a testimonianza del clima di cameratismo un po’ goliardico che li caratterizzava. Il campeggio era per Dino l’occasione per arrampicare: “Mi piaceva portare con me in qualche salita impegnativa i ragazzi più giovani. Alla sera era bello ritrovarsi, discutere della giornata trascorsa e delle difficoltà incontrate: il momento conviviale diventava così un’occasione di insegnamento”. Qualche campeggio gli è rimasto particolarmente nel cuore e lo racconta più volentieri, come quello del 1965 a Plan Maison ai piedi del Cervino, nel centenario della conquista della vetta da parte di Whymper. Quella volta Dino raggiunse la cima in compagnia di Dino Maroni e di Antonio Piloni, con discesa per la cresta svizzera dell’Hornli. “Mentre stanchi e affamati In alto: 1964. Campeggio dei Ragni alle Pale di San Martino Sotto: 1966. Al secondo Rally delle Funivie, quando la squadra dei Ragni risultò vincitrice
cercavamo di raggiungere il Colle del Breuil, Piloni incominciò a racconta-
a castello preso dalla signora Cuera, Il soccorso alpino
moglie del custode del rifugio omo-
re episodi della sua vita partigiana: di
Dino ha partecipato alle attivi-
nimo; prima ancora si usava una scala.
quando accompagnava il dottor Ma-
tà di soccorso alpino fin dagli anni
Un giorno ci troviamo ai Resinelli al
roni a curare i suoi compagni feriti o
Cinquanta, maturando esperienza e
rifugio SEM con Battista Corti e Ren-
ammalati; di quando fu catturato e
contribuendo al miglioramento delle
zo Battiston; sentendoci parlare del
torturato perché parlasse; di quando
tecniche e degli strumenti. Il primo
problema della barella, il custode Ro-
gli nascosero le scarpe, in pieno in-
intervento fu sul Resegone nel 1952
mano Merendi, un simpatico milane-
verno, per impedirgli di fuggire, ma lui
condotto con Carletto de Nevesc al-
se, ci mostra il disegno di una barella
scappò a piedi nudi nella neve e riuscì
lora rifugista dell’Azzoni.“Negli anni
francese e Battista si dà subito da fare
a raggiungere i Resinelli…”.
Cinquanta – racconta - il soccorso
per procurarne una. Venti giorni dopo
Dino prende spunto da questo rac-
alpino era completamente in mano ai
arriva ai Resinelli con una barella che
conto per esprimere il suo personale
Ragni e il responsabile era Giulio Bar-
poteva essere portata da due persone
giudizio sulla Resistenza: per lui i veri
tesaghi; il dottor Vasco Cocchi, all’e-
e si fissava con delle corde sulle spal-
partigiani sono quelli come Piloni, che
poca presidente dei Ragni, ci istruiva
le, in modo da lasciare libere le mani:
hanno creduto fin dall’inizio nell’im-
su come eseguire i primi interven-
l’aveva costruita lui alla SAE, l’azienda
portanza di combattere il fascismo,
ti. Per i soccorsi in Grigna si partiva
dove lavorava. Per evitare di partire
mentre nutre dei dubbi sulle conver-
dai Resinelli con una cassetta di legno
con troppo peso si sono poi costruite
sioni tardive che in alcuni casi potreb-
contenente delle bende, delle punture
due cassette di lamiera per i materia-
bero essere state dettate da motiva-
e qualche stecca di legno per le frat-
li di soccorso e sono state colloca-
zioni opportunistiche.
ture alle gambe. La barella era un letto
te una vicino al Sigaro Dones verso
Anni ‘50. Recupero di una salma in Grignetta da parte della squadra di soccorso. Da sinistra in primo piano Alfredo Conti, Annibale Zucchi e Dino Piazza.
In senso orario: 1992. Verso il Cerro Torre; 1967. Dino mette in funzione la macchina per il trasporto dell’acqua all’inizio dei lavori di ricostruzione della capanna Lecco; 1969. In vetta al Mc Kinley
i Magnaghi, l’altra all’inizio del canale
perché c’ero stato poco tempo prima
mettermi in proprio aprendo con l’a-
sotto la Guglia Angelina. Per la sicu-
ed ero in ottima forma fisica; in due
mico alpinista Emilio Ratti, detto Topo,
rezza, avevamo piantato dei chiodi nei
ore anche sotto la neve sarei riuscito
anche lui del gruppo Ragni, una piccola
punti strategici dove bisognava tenere
a portare soccorso. Invece mi lasciai
officina di produzione stampi. Le cose
la barella in verticale, e anche lungo la
convincere dalle guide di Courma-
andarono bene e nel giro di qualche
cresta Cermenati”.
yeur ad attendere le tre di mattina;
anno riuscimmo a ingrandirci e ad
Un soccorso “speciale”, il cui ricordo
quando arrivai sul luogo della tragedia,
avere dei dipendenti, incominciando
occupa un posto indelebile nella men-
Andrea, amico e compagno di tan-
a produrre minuterie metalliche. Non
te e nel cuore di Dino, è quello legato
te scalate, era incosciente ma ancora
rinunciai alla montagna, anzi, l’arram-
alla tragedia del Pilone Centrale del
caldo, me lo caricai in spalla e morì
picata era il miglior rimedio contro lo
Freney, parete sud del Monte Bianco,
fra le mie braccia durante la veloce
stress del lavoro: sentivo il bisogno
nella quale persero la vita Andrea Og-
discesa verso il rifugio. Al ricordo di
di andare per monti proprio quando
gioni in cordata con Walter Bonatti e
questa vicenda provo ancora dolore e
mi trovavo di fronte a un problema
Roberto Gallieni, e tre francesi guida-
non mi abbandona il pensiero che se
lavorativo difficile da risolvere, e al
ti da Mazeaud. Dino, allertato da una
fossi partito subito forse avrei potuto
ritorno in fabbrica riuscivo a veder-
telefonata del padre di Gallieni, orga-
salvarlo”.
ne la soluzione. Inevitabilmente però
nizzò immediatamente una squadra di cinque soccorritori che da Lecco
fui costretto a ridimensionare l’attiviPrima il dovere
raggiunsero in serata Courmayeur e il
“Dopo anni di lavoro come mec-
rifugio Gamba sotto il colle dell’Inno-
canico alle dipendenze di diverse
minata. “Conoscevo bene quella zona
aziende, nel 1959 trovai il coraggio di
Intervista
31
tà alpinistica. Ad esempio non misi a frutto come avrei potuto il libretto di guida alpina che avevo ottenuto nel 1957. Accompagnai spesso dei clienti, ma il lavoro di guida non fu mai per me fonte di guadagno. Non posso non ricordare a questo punto, Roberto Gallieni, che guidai in tante ascensioni e che da cliente si trasformò ben presto in un vero amico, capace di compensarmi non col denaro ma con comportamenti di vera signorilità. Mi accompagnò in un momento difficile della mia vita, quando nel 1960 ebbi un grave incidente stradale con lunghe ripercussioni sulla salute fisica e sulle condizioni psicologiche. Roberto mi fu costantemente vicino e con il suo aiuto ritrovai in poco tempo la voglia di tornare in montagna e la sicurezza nell’arrampicare. “Nel 1964 mi sposai, poi arrivarono due figli e all’impegno del lavoro si aggiunsero le responsabilità della famiglia”. Dino riflette spesso sul binomio alpinismo – fabbrica: in che misura sono conciliabili le due attività? Quale delle due richiede più impegno? E si dà delle risposte. “Costruire da zero una fabbrica è più impegnativo che fare un’impresa alpinistica. Naturalmente per capire bisogna aver fatto sia l’una che l’altra cosa. Quando decidi di scalare una parete lo fai per te stesso, usando materiali già collaudati da alpinisti arrivati prima di te. Quando af-
In alto: Dino Piazza, ultimo a destra, davanti al rifugio Tedeschi in Pialleral. Con lui da sinistra Mario Colombo Snapitus, Dino Maroni, Battista Corti e Battista Airoldi. Al Centro: Dino in Africa nel 2003 impegnato in un progetto umanitario Sotto: Inaugurazione del cippo ricordo del Gruppo Ragni a Rancio alto. Da sinistra Giuseppe Spreafico Pepetto, Guerino Cariboni, Dino Piazza, Giovanni Ratti, Giuseppe Castelnuovo.
fronti una parete devi avere preparato con ordine e cura tutto il materiale necessario, devi essere allenato, avere studiato il percorso e usare la testa; se hai poca esperienza puoi combinare qualche guaio, come perdere del materiale, o ti può capitare un imprevisto come il brutto tempo, ma generalmente torni a casa, non ti sei fatto male e hai acquistato esperienza. Per portare avanti un’impresa da imprenditore occorre molto più impegno. Per partire devi fare debiti, devi stare attento al tipo di produzione che scegli e alle macchine che acquisti, non puoi sbagliare. Sei così concentrato nella ricerca che a volte non dormi la notte. Quando vedi il costo dei macchinari la cifra ti fa impallidire ma alla base di tutto devi saper fare il tuo lavoro, avere una grande passione ed essere dotato di inventiva. In fabbrica, se le cose non funzionano, i costi sono alti. Nell’alpinismo non serve il cronometro e neppure la droga, è un’attività povera che riesce a farti capire chi sei. Per arrampicare e fare delle imprese di rilievo ci vuole l’età giusta, ma quando l’età è passata, se sei vissuto di alpinismo restando lontano dal mondo del lavoro è difficile rientrarci, e purtroppo le grandi imprese fatte in gioventù non servono a sfamare una famiglia”. Queste riflessioni suggeriscono il titolo del film “Prima il dovere” prodotto dal CAI Lecco nell’ambito di Monti Sorgenti 2013. Dino lo ha girato da attore, raccontando la propria vita e fornendo alla regista Nicoletta Favaron gli spunti necessari per la sceneggiatura.
In alto: Un momento conviviale. Dino è al centro, alla sua destra Pierlorenzo Acquistapace ‘Canella’, alla sua sinistra Claudio Corti Sotto: Un ritratto giovanile dell’alpinista
L’attività alpinistica L’impegno richiesto dal ruolo di imprenditore non impedisce a Dino di continuare a coltivare la sua passione per la montagna realizzando una serie di arrampicate di tutto rispetto redatte in un elenco nel quale annota minuziosamente la data, la via percorsa, i compagni di cordata, eventuali osservazioni. Il terreno di gioco, al di fuori delle montagne di casa, spazia dalle Dolomiti alle Alpi occidentali (monte Bianco, Cervino, Rosa), poi MasinoBregaglia, con puntate al Gran Sasso e
Con padre Corti, missionario in Argentina, nel 2007
ai Monti Tatra in Cecoslovacchia. Tra le
tobiografico Dilettante per professio-
scalate ci sono tutte quelle che hanno
ne scritto in collaborazione con Carlo
Nel curriculum di Dino c’è anche
fatto la storia dell’alpinismo di quegli
Caccia, giornalista e scrittore, pubbli-
un’attività alpinistica extraeuropea. Nel
anni, ma c’è anche qualche via nuova
cato nel 2003. Ricorda tutte le salite
1969, c’è la salita al Mount Mc Kinley,
che Dino ricorda con un certo orgo-
effettuate e le racconta volentieri. Di
in Alaska,”dove la temperatura mette
glio, come quella aperta nel 1958 alla
una va particolarmente fiero, la prima
alla prova il tuo fisico”, con la vet-
parete sud dell’ago di Sciora con An-
ripetizione nel 1956 della via Bonat-
ta raggiunta a comando alternato in
tonio Invernizzi; la via sulla parete est
ti al Dru con Cesare Giudici, Giorgio
cordata con un forte alpinista svizzero,
del Cengalo salita sempre nel 1958 con
Redaelli e Carlo Mauri: “Questa via è
Michael Derbellay; segue nel 1972 la
Dino Fiorelli, Roberto Gallieni e Luigi-
stata raddrizzata superando un tetto
spedizione alpinistico-scientifica alla
no Airoldi, mai ripetuta (“Questa via la
con sporgenza di circa 20 metri ed
Terra di Baffin, nell’artico canadese.
vorrei dedicare a Dino Fiorelli, uomo
evitando così i pendoli fatti da Bonat-
Compagno di entrambe le avventure
di levatura morale, onesto, custode del
ti. Via superba, molto impegnativa, ci
fu Alberto Dalla Rosa, Ragno dal 1947,
rifugio Omio per tanti anni”); la “Di-
sono voluti tre bivacchi in salita e uno
persona sempre allegra e di ottima
rettissima dei Ragni” alla Torre Cecilia
in discesa”.
compagnia ma soprattutto grande or-
Fuori dall’Europa
in Grigna aperta nel 1959 con Arnaldo
Nei tanti anni di frequentazione
ganizzatore: “Ho scalato molte pareti
Tizzoni e Mario Colombo; la via diretta
della montagna, del CAI Lecco e del
con Alberto e la corda che unisce due
al Disgrazia salita nel 1960 con Carlo
gruppo Ragni, Dino viene a contatto
alpinisti in arrampicata resta indissolu-
Mauri, Riccardo Aldé e Bruno Ferrario;
con buona parte degli alpinisti lec-
bile nel tempo e forgia un’amicizia che
la via sulla parete est della Brenta Alta,
chesi della sua generazione, ma anche
dura una vita. Quando ero presidente
salita per la prima volta con Roberto
più anziani o più giovani di lui, e con
del gruppo Ragni era lui, direttore di
Gallieni ed Emilio Valsecchi Lupetto,
alcuni stabilisce rapporti di amicizia
banca, che mi suggeriva come com-
mai ripetuta, (“con una fascia friabile,
che vanno ben oltre la condivisione
portarmi con le banche e in pubbli-
uno dei tiri più impegnativi di tutta la
dell’attività alpinistica. Impossibile qui
co, indicazioni utili e preziose che mi
mia carriera alpinistica”).
anche solo farne un elenco. Il ricor-
hanno evitato brutte figure.
Della propria attività alpinistica Dino
do di ciascuno, ancora vivo ma reso
“Nel 1989 – racconta - con Casi-
fa un ottimo resoconto nel libro au-
più leggero dal trascorrere del tempo
miro Ferrari siamo saliti verso il Cerro
ed elaborato alla luce dell’esperienza,
Grande, poi siamo finiti sulle montagne
avvicina alla comprensione dei tratti
del Cile al San Valentin. Nel dicembre
essenziali di ogni personalità.
del 1991 con mia figlia Daria sono an-
34
Intervista
dato nel paese più a sud del mondo, a
banda musicale predisposta all’arrivo dall’amico Duilio Berera per festeggiare i vincitori. E poi ci sono due rally in terra di Francia, quello della Val d’Isère, 1958, con Giulio Bartesaghi e Luigino Airoldi, secondo posto con 35 squadre partecipanti, e quello del 1971 in Savoia, zona del Massiccio di Trélatete, con Mario Conti e Tono Cassin, concluso con uno splendido primo posto. Gli anni recenti “Con l’avanzare dell’età – dichiara Dino - sono stato costretto a limi-
Dino Piazza in una foto recente
tare progressivamente la mia attività,
Ushuaia, visitando il canale di Beagle
campo base del K2, e con 21 giorni di
però in montagna ci vado sempre,
e vedendo molti leoni marini. L’ultimo
cammino in salita e 18 in discesa mi
anche per necessità fisica perché la
dell’anno ci siamo recati alla fazenda
porto nel punto dove nel 1986 morì
fatica risolve un sacco di problemi le-
del Casimiro. C’erano molte persone di
Renato Casarotto. Mi ero dato appun-
gati all’invecchiamento. Non arrampi-
Lecco e non c’era posto, così io e il
tamento al campo base con il giovane
co più, cammino, e sono diventato un
Casimiro abbiamo piantato una tenda
Ragno Lorenzo Mazzoleni partito al-
sostenitore della pianistica, a caccia di
e siamo andati lì a dormire.
cuni giorni prima per la vetta con una
percorsi in quota con pochi dislivelli.
spedizione del gruppo Ragni, ma pur-
Quando ho incominciato a frequen-
troppo potrò solo seguire in diretta la
tare la montagna avevo dieci anni e
dolorosa vicenda della sua scomparsa
portavo a valle la legna. A quel tempo
durante la discesa.
la montagna l’ho odiata; poi quando
Sotto il Cerro Torre. Nel 1992 si parte per Malpensa, siamo io e mio figlio Arnaldo, Casimiro Ferrari, Giovanni Carcianiga e suo fi-
Nel 2003 è la volta dell’Africa. L’in-
ho incominciato ad andare in parete,
glio, Guerino Cariboni e Luigino Airoldi
tenzione è di salire il Ruwenzori, ma
c’è stato rispetto e stima. Sono arri-
diretti in Patagonia. Saliti verso il Cerro
ci sono dei disordini e così trasformo
vato a salire vie estreme e ho inco-
Torre con gli sci, piantiamo le tende e
il viaggio d’avventura in una missione
minciato ad amare la montagna che
la temperaura scende a -30°; Arnaldo
umanitaria, con il gruppo Mondo Giu-
mi dava tante soddisfazioni. La cima
non è attrezzato, non riesce a dor-
sto”..
della Grignetta era diventata un cimitero, tra medaglioni, targhe e lapidi
mire per il freddo e deve rientrare a El Chalten facendo quattro ore di sci
Il tempo dei rally
che continuavano ad aumentare. Così
da solo. Ci siamo fermati a Comodoro
Oltre che alpinista, Dino è un otti-
ho pensato di costruire e collocare
Rivadavia da padre Corti per parlare
mo sciatore: inizia all’età di 14 anni
in vetta un libro di acciaio inossida-
della scuola di meccanica che ave-
al Roccolo di Ballabio con un paio di
bile che potesse raggruppare i nomi
vamo intenzione di avviare nella sua
sci di legno avuti in prestito da Carlo
di tutti i caduti in montagna. Questo
missione (Dino tornerà a visitarla nel
Corti, amico del padre; non abbandona
lavoro l’ho fatto per amore di quella
1995 ndr). Poi volo verso il Brasile, da
mai lo sci, dedicandosi soprattutto allo
montagna, la Grignetta, che ha fatto da
-30° a + 27°: è come uscire dall’in-
scialpinismo. Negli anni ’65, ’66 e ’67
scuola a tutti noi”.
ferno ed entrare in paradiso. La meta
partecipa al Rally delle Funivie, gara di
Foto archivio Dino Piazza
è il Mato Grosso Curitiba dove visitia-
scialpinismo a squadre organizzata dal
mo cascate e vediamo molti animali,
CAI lecco e dall’Azienda turistica lo-
una bellissima esperienza.
cale: ottimi risultati (primo o secondo
Nel 1996 raggiungo il Pakistan,
posto), grande divertimento e tanto di
Intervista
35
UNA LUNGA STAGIONE IN PATAGONIA
Il Cerro Torre da est a ovest: per fare la Via degli Inglesi in stile alpino e per il “Miro” di Serafino Ripamonti
Il tiro della Headwall sulla via dei Ragni al Torre. Foto Nicola Lanzetta
La stagione patagonica 2018-19 per Matteo Della Bordella è stata una delle più lunghe di sempre. D’altra parte i progetti in ballo erano diversi, qualcuno squisitamente alpinistico, qualcun altro con un taglio più culturale. Tutto comunque ruotava attorno a lui: il Cerro Torre. Ruotare è certo il verbo più adatto, perché i mesi trascorsi in Patagonia sono stati tutti un girare attorno alla vetta simbolo delle montagne australi, cominciando dal suo versante orientale, teatro di un progetto davvero ambizioso e all’avanguardia. Sul Diedro degli Inglesi Matteo aveva sognato questo progetto assieme ad altri due compagni: il Ragno Matteo Bernasconi (già suo socio durante gli epici tentativi sulla Ovest della Torre Egger) e il giovane Matteo Pasquetto. Un trittico di Mattei per portare a termine qualcosa di ancora assolutamente inedito: la salita in stile alpino della parete Est del Torre, un muro di granito ripidissimo di oltre 1200 metri, dove salgono una manciata di itinerari, che, per essere scalati, hanno sempre richiesto lunghi assedi e l’utilizzo di corde fisse. La linea presa di mira dai tre, infatti, è quella affrontata per la prima volta dai britannici Philip Burke e Tom Proctor che, nell’estate australe del 1979/80, salirono in “stile capsula”, issando in parete il celebre box da bivacco, incredibilmente ancora in loco. Nel loro tentativo i due inglesi risalirono tutto il grande dietro, arrestandosi a circa 40 metri dalla cresta Ovest.
38
Alpinismo e arrampicata
All’inizio del Diedro degli inglesi . Foto Matteo Pasquetto Sotto: Bivaccando in un crepaccio sulla via dei Ragni. Foto Nicola Lanzetta
Quando tutto sembrava pronto per
parete scalando tutti i tiri già saliti in
la nuova avventura il “tridente ragne-
precedenza e proseguire nella spe-
sco” purtroppo ha perso una delle sue
ranza di avere tempo sufficiente prima
punte, a causa di un incidente accorso
dell’arrivo di una nuova perturbazione.
al Berna pochi giorni prima della par-
Una prima finestra sufficientemente
tenza.
ampia ha consentito ai due di arrivare
I Mattei rimasti però non si sono
al nevaio triangolare sospeso e prose-
persi d’animo e, una volta arrivati a El
guire per altri otto tiri. Poi è stato un
Chalten, hanno cominciato il loro sla-
susseguirsi di perturbazioni e instabi-
lom fra le finestre di bel tempo, non
lità, fino ai primissimi giorni di febbraio,
rarissime in questa stagione, ma di
quando i Mattei sono tornati sulla Est
durata sempre molto limitata. Ad ogni
per quello che sembrava il tentativo
tentativo interrotto dal sopraggiun-
decisivo.
gere della tempesta si trattava di ri-
“Davanti a noi avevamo una finestra
fare tutto da capo, ovvero tornare in
di tre giorni – racconta Teo - Tuttavia
della Patagonia hanno voluto diversamente: prima di dedicarsi al secondo progetto in programma c’è stato solo il tempo di tentare una via nuova al Cerro Mocho, sei tiri di difficile arrampicata libera su una bellissima linea di fessure. “Torneremo il prossimo anno – assicura Teo – Ma con un arma in più: ovvero Matteo Bernasconi!”. Scalata da sogno Una volta chiuso il capitolo Est del Torre il focus della seconda parte della spedizione si è spostato sul versante opposto della montagna: il secondo obiettivo del viaggio era, infatti, scalare la Via dei Ragni, per la realizzazione del film al quale Matteo Della Bordella sta lavorando con il regista svizzero Fulvio Mariani e che sarà dedicato a Casimiro Ferrari. Purtroppo una serie di sfortunati eventi non ha consentito di effettuare le riprese come previsto, anche se Matteo è riuscito comunque a salire la via, in cordata con Nicola Lanzetta, figlio di Mimmo uno dei componenti della squadra della mitica spedizione del 1974. Nicola Lanzetta e Matteo Della Bordella in cima al Cerro Torre Sotto:Nel diedro degli inglesi. Foto Matteo Pasquetto
abbiamo dovuto trascorrere il primo
si è rivelato un mega camino, sempre
a guardare la parete scaricare enormi
verticale, con pareti avare di appigli ed
blocchi di ghiaccio e abbiamo deciso
appoggi ed una scalata grezza e fati-
di attaccare alle 10 di sera, quando il
cosa su roccia talvolta compatta, tal-
bombardamento era cessato, rag-
volta friabile.
giungendo la base del diedro alle 7
Alle 10 di sera i Mattei erano a
di mattina. Sulla volta di granito stra-
un’ottantina di metri dalla fine del die-
piombante che dà accesso al diedro
dro, ma ormai la perturbazione sta-
vero e proprio, un tiro di artificiale su
va arrivando e non c’era altro da fare
roccia marcia ci ha portato via mezza
che cominciare la discesa notturna:
giornata, dopo di che ci siamo fermati
una lunga trafila di doppie e poi giù
a bivaccare vicino al “box” degli in-
a piedi fino alla tenda, raggiunta alle
glesi”.
4 di notte.
Il giorno dopo la scalata è prosegui-
La speranza era quella di poter ef-
ta lungo il grande diedro che, di fatto,
fettuare un altro tentativo, ma gli spiriti
L’esperienza di questa salita ha colpito molto Teo, che così la ricorda: “Ad ogni tiro ci stupivamo di quanta arditezza e coraggio avessero avuto Casimiro Ferrari, Mario Conti e gli altri ragni del ’74 a salire da quella linea, con le attrezzature di allora e con condizioni ben più difficili di quelle incontrate da noi. Per noi la scalata, anche al giorno d’oggi, resta tanto bella ed elegante, quanto impegnativa e talvolta psicologica”.
Alpinismo e arrampicata
39
MA CHE CI FACCIO, IO, QUI?
I miei cinquant’anni girovagando in Patagonia
La torolina lungo l’accesso per il Niponino, sullo sfondo il gruppo del Torre
P
di Riki Felderer
er festeggiare in anticipo i miei 50 anni ho deciso che era giunto il tempo di vedere la Pa-
tagonia. Che poi per noi scalatori “Patagonia” vuol dire quel micro lembo di terra corrugato, granitico e funestato
dai venti che fa capo all’abitato di El
la parete giusta nel momento giusto
Chalten, quando invece è una regione
sono la chiave del successo.
grossa come l’Italia.
In tutto questo il maltempo è la
Comunque sia, appena giunti ca-
variabile costante che può decretare
piamo che le cose non sono come
o meno il successo di un tentativo.
da noi: le montagne sono veramen-
Quindi, quando non si scala, si parla
te grosse, gli avvicinamenti eterni e la
solo di tempo e di vie. E tutti quelli
logistica e la bravura nello scegliere
con cui parlavamo erano a volte più
di Dimitri Anghileri Quello che scrive Riky è tutto cor-
Leggo e penso a quello che abbia-
retto e vero, mi è chiaro sin dalle pri-
mo appena vissuto. Lo faccio con uno
Altra cosa molto importante per un
me righe che il socio è nella classica
spirito diverso dal solito, in corpo non
buon esito è il cuore. Sì, ce ne vuole
fase di depressione post ritorno.
ho la solita frenesia da “artigiano della
tanto. Su quelle montagne si trovano
Brianza”, evidentemente i ritmi argen-
molte più scuse per scendere che per
tini sono entrati un po’ in me.
salire, i soliti fattori sono determinan-
Leggo le sue righe tra la posa di una porta e l’altra, in un grosso grattacielo di Milano.
L’aspetto tecnico e l’importanza delle scelte strategiche sono essen-
40 Alpinismo e arrampicata
durante questo mese.
ti, ovvero meteo e sviluppo di queste impressionanti pareti.
ziali per una salita di successo in Pa-
Ti devi spremere al massimo e tirare
tagonia e questo è assodato da tem-
fuori anche quello che non hai, ma alla
po; ci siamo uccisi di storie al riguardo
fine è proprio quello che cerchiamo, il
In senso orario: Al bivacco Piedra Negra, il tempo sembra migliorare; Il gruppo del Fitz Roy e l’abitato di El Chalten; In arrampicata sul Mocho; Sulla cima della Guillaumet
forti di noi, a volte invece erano in-
zio Giordani e una serie di nomi di cui
Prima dell’arrivo del mio socio ho
credibilmente più forti di noi. Brutto
solitamente si legge sui siti e giornali
fatto alcuni avvicinamenti ai campi
momento!
di settore.
base per le varie pareti, a sbinocolare
A parte alcuni nostri compagni di
Insomma, Dimitri e io ci sentivamo
le linee, a fare un po’ di fondo nelle
gruppo come il Della Bordella che non
un po’ alla base della piramide. Quin-
gambe, che è una delle componenti
ha bisogno di presentazioni, c’erano
di decidiamo per un atteggiamento a
necessarie per aver successo da que-
i vari Claudio Migliorini, Korra Pesce,
basso profilo, e cominciamo a capire
ste parti.
Jorge Ackerman, Denis Urubko, Mauri-
cos’è sta Patagonia!
gusto dello sfinimento dopo una salita.
che ti rimango addosso per sempre.
che c’è perché senti la sua inconfon-
Inutile descrivere la bellezza del
A caso: team Korra Pesce, sopranno-
dibile risata, l’unico che mi sostiene
luogo, tutti conoscono i gioielli di
minato a sua insaputa, il Killer, per via
per andare al bar.
granito situati in questo angolo della
del suo carattere schivo e determina-
Gheza, il fuoco gli brucia dentro per
terra.
to, il suo socio Jorghe taglia legna con
macinare km di fessure, ma la Pata-
motosega nel letto sopra il mio tutte
gonia non sempre è generosa, sale a
le notti.
vista una gran via.
Tanti amici abbiamo trovato a El Chalten quest’anno e visto che Riky ha illustrato le salite io cercherò di in-
Migliorini “Avambraccix”, toro vero
quadrare in maniera didascalica i vari
sotto tutti gli aspetti, a parte il boulder,
personaggi che ci hanno accompa-
dicono sia raccapricciante.
gnato durante questo mese. Il viaggio come lo intendo io è formato da attimi condivisi con gli altri
Trota, lui fa foto ma proprio tante, belle, non come quelle di Riky. Tocchini, anche se non lo vedi sai
E così cominciamo a fare qualche
Edo e Jacopo, mangiatori di cime,
Alpinismo e arrampicata
41
salita, prima separatamente. Dimi-
tamente inconsapevole e impreparata,
triamo al Chalten per fare i bagagli e
tri riesce alla Williams alla Poincenot,
che affronta pareti che non dovrebbe,
partire.
io salgo la Guillot alla Guillaumet, ma
mettendosi nei guai e potenzialmente
senza cima, poi insieme facciamo
mettendo nei guai altre persone.
Una fetta di cuore è rimasta giù, e solo dopo esserci andati capisci per-
la Comesana Fonrouge con attacco
Non vuole essere una critica, perché
ché tanti “cani malati” tornano anno
Giordani alla Guillaumet, e subito dopo
qualcosa può andare storto a chiun-
dopo anno, mettendo a repentaglio
prendiamo una bastonata alla Mermoz
que, ma abbiamo visto cordate che
vita sentimentale e lavorativa. Infatti
causa errore di scelta.
avrebbero avuto problemi anche a fare
non torneremo più, ma nell’ipotetico
Volevamo fare Pilar Rojo, ma all’at-
le classiche in val di Mello. Ma andan-
caso cambiassimo idea, abbiamo la-
tacco c’erano -5° e ci sembrava stu-
do avanti, il maltempo la fa da padrone
sciato in un deposito tre corde, degli
pido “rasparci” in artificiale su una
e rimaniamo bloccati in paese per due
scarponi e le racchette.
delle linee più belle della parete. Così
settimane buone.
Ci teniamo a salutare Mirco Gras-
giriamo un po’ per ghiacciai e avvici-
Quando arriva la prossima finestra
so, compagno di viaggio trovato per
namenti per impratichirci sulla zona e
buona? Il 2, 3 e 4 febbraio. Incredi-
caso, del quale sentirete parlare, posso
accumulare esperienza.
bile, zero termico a 4.200 e aereo
scommetterci. Fosse solo per la sim-
La montagna la affrontiamo pochi
di ritorno il 4 mattina. Ma porc ... Un
patia.
giorni dopo, ma dal versante opposto,
po’ abbacchiati entriamo per l’ultima
seguendo la linea dell’Argentina con
finestra l’uno, con un vento, appunto,
scalata a tratti con scarpette, a tratti
patagonico per dormire al Niponino
di misto e condizioni moderatamente
e vedere cosa fare. Il due decidia-
brutte, ma tempo decente.
mo, all’alba, di farci un giro sul Mocho,
Partendo alle 4 e tornando alla tenda alle 20 capiamo di essere in una for-
paretina ai piedi del Torre con roccia bellissima e condizioni perfette.
ma dignitosa (non ottima, dignitosa) e
Scaliamo, divertendoci, una classi-
cominciamo a tarare la mira. Capiamo
ca: la Voie de Benitiers. Ci godiamo
i nostri limiti. E soprattutto notiamo
una giornata meravigliosa, e il giorno
che in giro oltre ai fortissimi, c’è pur-
dopo, con un caldo mai visto e un
troppo una quantità di gente assolu-
cielo terso senza precedenti, rien-
salgono tutto il salibile, bravissimi.
Le foto sono di Richard Felderer.
E’ stata effettuata il 7/9/2019 da Luca (Sass Balòss) con gli amici Andrea M., Guido B. e Riccardo S. Relazione e racconto al sito www.sassbaloss.com
Mirco, il veneziano, super simpati-
sa con la Afanasieff, non lo abbiamo
Saretta, si è sposata con Luchino a
co e motivatissimo “abbandonato” dal
ascoltato, avremmo perso sicuramen-
El Chalten. La groupie, ha dormito con
suo team si aggrega con chi capita
te l’aereo di ritorno.
tutte le cordate, è partita principessa è
ed alza indiscutibilmente il livello della
tornata un orso.
cordata.
Insomma tutti questi personaggi ed altri che non ho nominato hanno
Elena, la compagna di Riky, lei fa po-
Aaron e Daniel, il primo asso indi-
reso questo nostro viaggio ancora
chi giorni in Sud America, ma di sicuro
scusso del parapendio, vola qua e là
più speciale. È stato bello condividere
è riuscita ad assaporare queste me-
tra le cime patagoniche.
gioie e delusioni con loro.
raviglie della natura, assapora anche
Daniel, il trattore delle nord e del mi-
Ah stavo dimenticando Riky, il mio
delle belle notti gelate in tenda duran-
sto, il suo accento “crucco” mi fa ride-
socio, credo che ci siamo trovati bene
te dei tentativi di salita.
re un sacco.
insieme, abbiamo riso e bestemmiato
Della Bordella mi stupisce cucinando un riso e fagioli super, è impegnato
42 Alpinismo e arrampicata
come è giusto che sia. Ha sopportato i miei scleri senza farne un dramma.
in un progetto gigante con il giova-
Ah il vecchietto pensa di essere an-
ne Pasquetto sul cosiddetto “Grido di
cora veloce a scalare, lasciamoglielo
pietra”, quella parete è assurda.
credere. Ma lo è mai stato?
Tommy, super gasato, era in fis-
SUL DENTE DEI CAMOSCI
Una nuova via nel ricordo di Andrea Rupani di Ivo Ferrari e Federica Maslowsky
I
Pilastri dei Campelli si elevano a chiusura dell’alta Valle dei Camosci. Si distinguono quattro pilastri ben
definiti e separati da profondi canaloni: il Dente dei Camosci, il pilastro Settentrionale, il Pilastro Centrale ed il Pilastro Meridionale. La via di cui parliamo sale
Camosci alla base. Seguendo invece la
confermano che la linea è ancora libera.
ferrata verso nord (in discesa) si rientra
A fine agosto, in una giornata di me-
direttamente alla base della torre vicina
teo incerto, faccio con Federica un giro
al Dente dei Camosci.
di “perlustrazione”. Saliamo il primo tiro.
Per le altre vie della zona fare riferi-
Ci avviamo per il secondo, ma un tratto
mento alla guida “SuPer Campelli” cura-
di roccia bagnata rallenta la progressio-
ta dalla sottosezione di Barzio del CAI,
ne. Poco dopo l’umidità si condensa in
reperibile presso il rifugio Lecco e il Bar
pioggia.
della funivia.
e, grazie ai metri già percorsi in pre-
il Dente dei Camosci, affilato torrione, meno frequentato rispetto agli altri pilastri dei Campelli. La via inizialmente corre lungo un vago spigolo per poi proseguire per una serie di fessure. Dalla stazione di arrivo della funivia raggiungere il rifugio Lecco. Arrivati al rifugio si risale il vallone dei Camosci seguendo inizialmente il tracciato della pista da sci. Quando questa fa un tornante verso sinistra (poco oltre la stazione a monte della seggiovia) si prosegue dritti seguendo il sentiero che porta all’attacco della ferrata Mario Minonzio che conduce in vetta allo Zuccone Campelli. Si supera l’attacco della ferrata e, dopo aver costeggiato la parete in discesa per un centinaio di metri, in una zona di grossi massi, si risale per pochi metri un breve canale fino all’attacco. Ometto alla base e chiodo con cordone visibile pochi metri sopra. SVILUPPO: 100 m circa DIFFICOLTÀ: V+ max ROCCIA: buona MATERIALE: rinvii, qualche friend e cordini PUNTI D’APPOGGIO: rifugio Lecco RELAZIONE: Vedi foto con tracciato e schizzo DISCESA: a piedi. Dalla vetta ci si abbassa per facili roccette fino a giungere alla catena della Ferrata Minonzio. Seguendola verso sud si giunge in vetta ai Campelli e da qui per il Canale dei
Ritorniamo la settimana successiva
Il commento di Ivo Sono proprio contento! Volevo dedicare una linea ad Andrea, indimenticato
cedenza, scopriamo il bel percorso fino alla cima. Ne esce una bella via su gradi classici, ma mai banale.
gestore del rifugio Lecco… la fortuna e
La via è stata salita dal basso utiliz-
la ricerca ci hanno permesso di salire
zando protezioni tradizionali. Poiché le
proprio lungo una delle “torri” visibili dal
vie nella zona sono prevalentemente
rifugio.
protette a fittoni resinati e poiché rite-
Il gruppo dei Campelli sono per me
niamo che la via meriti di non cadere
l’angolo “dietro casa” dove trovare, sep-
nell’oblio, come spesso accade ad iti-
pur con le dovute proporzioni, l’atmo-
nerari protetti in modo più severo, ab-
sfera delle amate, ma distanti Dolomiti.
biamo lasciato tutto il materiale utiliz-
Al termine di una giornata estiva, tra-
zato in loco e, in un secondo momento,
scorsa lungo le sue vie di arrampicata,
piazzato alcuni spit di protezione lungo
intuisco su una delle pareti in fondo alla
i tiri e alle soste.
valle una bella linea. Scatto fotografie
Ringrazio Federica per avermi indica-
da prospettive diverse e a casa inizia il
to il “dove” metterli. Si tratta comunque
lavoro di documentazione. Conoscito-
di una via che richiede esperienza alpi-
ri dei Campelli e materiale bibliografico
nistica. Buone scalate! Il tracciato della via
ATTRAVERSO LE OROBIE
Con sci e pelli da Lecco all’Aprica, finalmente realizzata un’idea nata nel 1983 di Stefano Bolis
D
obbiamo andare indietro nel tempo per capire come è nata l’idea di traversare le Orobie
con gli sci. Nell’armadio della sede CAI Lecco c’è un faldone che periodicamente viene aperto. Al suo interno ci sono delle cartine IGM e fogli tipo ciclostile con tempi e altimetrie. Il materiale risale al 1983 quando per i festeggiamenti del 15° di fondazione della Scuola nazionale di Scialpinismo del CAI Lecco il corpo istruttori aveva pianificato la traversata da Lecco a Madonna di Campiglio, un tour suddiviso in 20 tappe e 7-8 pattuglie che si sarebbero date il cambio, tipo staffetta. Purtroppo per problemi vari non si è potuta realizzare. Oltre a quell’incartamento, si trova anche della documentazione del 1993 dove per il 25° anniversario era prevista la tra-
I pendii della Val Belviso
versata da Lecco all’Aprica, anch’essa
partecipazione di tutti i componenti
prica. Partendo dagli appunti trovati
non realizzata. Quelli erano i primi anni
della scuola, che comunque avremmo
nel faldone e con l’aiuto di un softwa-
in cui facevo parte dell’organico degli
dovuto coinvolgere in altro modo.
re cartografico, abbiamo iniziato con
istruttori e ricordo che ad ogni suc-
Mi confrontai con Luca Stefano-
l’analizzare nel dettaglio il percorso,
cessivo anniversario, questa proposta
ni, Rolando Pistono “Rolly” e Ottavio
valutando aspetti come esposizio-
riemergeva, ma come consuetudine
Penati “Otto” per capire se anche se-
ne, quota e pendenza dei vari pendii,
veniva sempre scartata per l’impegno
condo loro la proposta era realizzabile
lunghezza delle tappe e relativi posti
di tempo e per il sincronismo richiesto
e poteva essere condivisa dalla scuola.
per i pernottamenti. Ormai il percor-
dalla modalità a staffetta.
Poco dopo ne parlai con Massimiliano
so era abbastanza definito, un paio di
Questo progetto è rimasto per anni
Gerosa “Max” che nel frattempo era
sopralluoghi ci hanno aiutato a veri-
una questione irrisolta per la scuola.
impegnato col Corso Guide, e trovai il
ficare alcuni punti che sulla carta non
Quando si è iniziato a pesare per poi
primo compagno di questa avventu-
erano chiari. Osservando il tracciato
pianificare le attività per i festeggia-
ra. Fu proprio Max che ufficialmente
abbiamo ipotizzato come possibile il
menti del 50° anniversario, ripensare
in una riunione della Scuola lanciò la
periodo di marzo, anche se la prima
a questa traversata mi è sembrato
proposta, accolta positivamente.
parte è meglio percorribile nel mese
d’obbligo e forse, dentro di me, sen-
Era la primavera 2018 e poteva par-
di febbraio e la seconda in aprile. Le
tivo che sarebbe stata la volta buona.
tire il gruppo di lavoro per pianificare
condizioni nivo-meteo dell’inverno
L’idea era di provare, con un gruppo
e organizzare il tutto.
sono state alquanto problematiche, la
ristretto, a percorrere integralmente la traversata da Lecco all’Aprica. Una
neve sembrava non volesse scendere La preparazione
e a febbraio le Orobie erano pratica-
pattuglia unica, avrebbe eliminato tut-
Le prime domande che ci siamo
mente verdi. Nel frattempo i prepa-
te le problematiche organizzative che
fatti erano le classiche: Quando?,
rativi proseguivano e il gruppo ormai
comporta un sistema a staffetta, di
Come? Chi? Il Dove era già stabilito, la
era formato. Oltre che da me e Max,
contro ci sarebbe stata una minore
traversata delle Orobie da Lecco all’A-
la pattuglia era formata da Silvia Fa-
Salendo al Pizzo dei Tre Signori
Verso la Bocchetta dei Camosci , sullo sfondo i canali del Redorta
varo, Jacopo Gregori e Paolo Riboldi.
daggio lo abbiamo fatto. Questi tre
marzo partiamo per la classica gita
Di comune accordo abbiamo deciso
giorni hanno modificato radicalmen-
orobica: Ponteranica Orientale da Pe-
di procedere in completa autonomia
te le aspettative di tutti. Prima della
scegallo. Se la prima giornata ci aveva
nel senso che avevamo negli zaini
partenza, avevamo messo in conto di
chiarito le condizioni nivo-meteo, la
tutto l’occorrente che ci serviva, ci
portare gli sci in spalla il meno pos-
seconda invece è stata un po’ l’inizio
siamo limitati a lasciare in un paio di
sibile e di andare finché ci sarebbe-
della svolta. Era partita come la prece-
punti del percorso una scorta di cibo
ro state delle condizioni accettabili. Il
dente con l’aggiunta di qualche decina
per evitare di sovraccaricarci troppo.
primo giorno salendo il Pizzo dei Tre
di scialpinisti sul tracciato. La classica
Fortunatamente verso fine febbraio-
Signori, come per segnare il punto
della Val Gerola era in condizioni suf-
inizio marzo un paio di perturbazioni
di partenza, avevamo scelto l’itine-
ficienti, neve dura, da rampanti, bella
hanno sorvolato le Alpi e lasciato un
rario estivo da Pescegallo in quan-
giornata con temperatura gradevo-
po’ di neve sul tracciato, ma questo
to era pressoché l’unico sciabile. Alla
le. Tanti amici sul percorso. Sapeva-
non è stato sufficiente per consentirci
fine, accompagnati da Paolo Veronelli,
mo che al colletto avremmo lasciato
di partire da Lecco, in quanto fino al
abbiamo fatto una bella gita su firn
il sentiero sicuro per avventurarci su
Pizzo dei Tre Signori erano solo prati
primaverile. Neve sciabile dai 1500 ai
valli e pendii per noi nuovi, ma non
verdi.
2000-2200, sopra il vento ha fatto
immaginavamo che all’appuntamento
disastri, i pendii sono alquanto erosi Il racconto
e cosparsi a tratti di neve pallottola-
Siamo qui al Pirata in Val Tartano.
re causata dalle ultime brevi pertur-
Tre giorni sono passati e ormai il ro-
bazioni temporalesche. Domenica 16
Sci Alpinismo
venisse anche il brutto tempo. Dopo il colletto, versante sud est, neve solo nei canali e nelle zone convesse, per il resto, erba e sassi. Max si gira “Io vado giù a vedere…aspetta”. Discesa complicata, primi 200 metri con sci in spalla e ramponi, per il resto sempre con sci ai piedi su neve dura ma meno fredda del giorno precedente. Riusciamo ad arrivare al Lago di Valmora e ripellando per un 150 metri al rifugio Passo San Marco. Cena gradevole e ancora lenzuola e doccia calda, la notte poi ci aspetta il regalo; una discreta nevicata, praticamente la prima un po’ seria dell’inverno. Al mattino fuori dal rifugio il sole splende, il vento soffia e la neve è tutta accumulata, i pendii verso il passo sono il classico bianco splendente con ciuffi e cespugli ghiacciati affioranti, la strada con creste di neve da un metro e oltre, saliamo incappucciati. Dopo il Passo San Marco, torniamo sul versante valtellinese, qui le condizioni cambiano ancora, la neve si presenta come un manto omogeneo spettacolare formato da grossi cristalli freddi; guardando verso il fondovalle, intuiamo che la copertura nevosa arriva sotto i 1000 metri di quota. Questo passo sarà solo il primo di sei fra passi e colletti, che andremo ad affrontare durante la giornata, un saliscendi per valli con pendii in cui orientarsi e soprattutto divertirsi. In totale 1700 metri di discesa in 40 centimetri di polvere. Il Pirata è davvero un posto rilas-
Dall’alto: In cima al Monte Nembra, da sinistra Jacopo Gregori, Max Gerosa, Silvia Favaro, Stefano Bolis, Paolo Riboldi. Il tracciato della traversata. Discesa dal Passo Porola
Sci Alpinismo
sante. Paolo si prepara per scendere, il lavoro lo chiama, ma fra tre giorni ci raggiungerà di nuovo; nel frattempo Silvia dà il cambio, chiuso il suo rifugio, ora è dei nostri. Facciamo battute sul fatto che questa sarà l’ultima notte confortevole, poi sacco a pelo e fornelletto entreranno nell’uso quotidiano. Per i prossimi giorni saremo isolati. Abbiamo intenzione di seguire il percorso stabilito che attraversando sei valli delle Orobie valtellinesi, ci porterà al rifugio Mambretti, zona conosciuta e pernottamento confortevole. Per tutti noi il percorso è nuovo; le valli che si attraversano sono difficilmente raggiungibili dal fondo valle, troppo lungo sarebbe il tragitto per poco dislivello, attraversarle come abbiamo fatto noi è sicuramente il modo migliore di percorrerle anche sotto il profilo sciistico. Val Madre, Val Cervia con in mezzo la salita del Monte Toro, Valle del Livrio col lago del Publino, Val Venina, Val d’Ambria e Val Vedello: questo è stato il nostro percorso. Il primo pernottamento in Val Cervia in un baitello costruito giusto per noi quattro, e il secondo al bivacco Cigola in Val D’Ambria. La Val Cervia è sovrastata a nord dal Monte Toro a destra e dal Corno Stella a sinistra; dal lato opposto, incastonato nella V della valle, spiccava il Monte Disgrazia. In Val D’Ambria al Cigola, bivacco adibito a malga un po’ malmesso, sovrastato a nord dal Pizzo del Diavolo di Tenda; sul lato opposto la visione del Disgrazia era stata sostituita dal quella sul gruppo del Bernina. Due serate spetDall’alto: Alba sopra il lago Barbellino Bivacco Brindisi all’arrivo all Aprica
Sci Alpinismo
refrigeranti insieme al cibo e del buon vino. Dopo la faticosa risalita al rifugio
Stefano Bolis
Istruttore Nazionale di Alpinismo e Scialpinismo
Massimiliano Gerosa
Aspirante Guida Alpina - Istruttore di Scialpinismo
Mambretti,
Jacopo Gregori
Istruttore Sezionale
vo zaino e un fastidioso zoccolo, ci
Silvia Favaro
Istruttore di Scialpinismo
godiamo le provviste, la sera arriva
Paolo Riboldi
Istruttore Sezionale
presto e la stellata rimane indimenti-
Sviluppo totale Dislivello salita Dislivello discesa Giorni totali Province Toccate
km m m
134 12600 12900 10 4 (LC,BG,SO,BS)
causata
dall’impegnati-
cabile. Prima di addormentarci, i pensieri vanno ai prossimi due giorni che saranno quelli tecnicamente più impegnativi, e così sono stati. Arrivare al rifugio Curò ci ha messo alla prova. Il
tacolari in pieno isolamento con una
ce poi avanti a individuare il prossimo
tracciato studiato da mesi, ci ha por-
vista che ripagava lo sforzo quotidia-
passo. Il tragitto segue a grandi linee
tato a valicare il Passo Porola, il Pas-
no. Salite mattutine su pendii esposti
la “Gran Via delle Orobie”, alcuni pas-
so Coca e la Bocchetta dei Camosci,
ad ovest e discese ad est con neve
saggi non sempre sono evidenti, come
quello che abbiamo trovato, è un per-
sempre bella, Max segna una traccia
l’attraversamento della Val Venina, da
corso tecnicamente completo. Oltre
ovunque perfetta, ogni colletto che
intuire, e il canale incassato sotto la
alle pendenze e all’esposizione sempre
passiamo ci fa scoprire una valle nuo-
spettacolare Nord del Pizzo del Sal-
sostenuta, abbiamo avuto a che fare
va, mai vista. Greg sfodera la cartina,
to. Alla Diga di Scais avevamo lasciato
con i continui cambi. Eravamo abituati
si guarda indietro a cercare le trac-
dei rifornimenti, soprattutto le birrette
a togliere e mettere le pelli più volte
Verso il Passo Pedena
Discesa sotto la Nord del Pizzo del Salto val Vedello
al giorno, ma era la prima volta che ci
pegni di lavoro è tornato operativo. Il
passiamo la notte in un bivacco di
capitava di farlo per più di dieci volte
passaggio del Porola e quello che at-
fortuna. L’ultimo giorno partiamo sci
calcolando anche l’utilizzo dei rampo-
traversa dal versante Nord al Sud del
in spalla in direzione Lago di Pisa e
ni. A metà il pernottamento al Bivacco
Coca sono stati fatti, ormai manca ve-
Colletto del Telenek. Saliamo al Monte
Corti a 2500 metri è stato il punto più
ramente poco all’Aprica. Ci arriviamo
Nembra dove ci aspetta la spettacola-
alto in cui abbiamo dormito. Al rifugio
con due tappe; la prima, la più lunga
re ultima discesa attraverso la Valle del
Curò, nel locale invernale ci raggiunge
di tutta la traversata, ci porta fino alla
Latte fino alla mulattiera che porta agli
anche Paolo che liberatosi dagli im-
Malga di Campo in Val Belviso, dove
impianti della Magnolta. Arriviamo in cima agli impianti lunedì alle 11.30, ci manca solo la discesa su neve battuta, tipo bigliardo, fino all’Aprica che percorriamo a tutta velocità senza soste. Ora siamo arrivati, la felicità è incontenibile … ce l’abbiamo fatta. Foto di Jacopo Gregori
Sci Alpinismo
TRA VALLESE E VAL FORMAZZA
Il gruppo, foto di Pina Ietto
S
di Paola Sangalli
abato 2 febbraio 2019, ore 6.30: inizia la due giorni di fondo della scuola CAI Lecco.
Il tempo non è un gran che ma del resto la stagione fino ad ora non ci ha
regalato giornate molo belle; per con-
tro la neve non è mancata, e questa
Tra una chiacchiera e l’altra il tempo
è la cosa più importante. Vista l’ora,
passa rapidamente, e dopo circa due
l’atmosfera inizialmente è abbastanza
ore e mezza, l’autobus passa davanti
“soporifera”, ma la fermata in autogrill
all’albergo e prosegue in salita lungo
basta a tutti per svegliarsi definiti-
una strada che si fa sempre più stretta,
vamente. Meta dell’uscita la Val For-
oltrepassa la cascata del Toce e infi-
mazza, con pernottamento all’albergo
ne raggiunge il centro di sci di fondo
Vecchio Scarpone di Baceno.
di Riale. Altitudine circa 1.700 metri.
ATTIVITÀ 2018-2019 Presentiamo in sintesi la relazione svolta da Stefano Vimercati all’As-
- Addestramento allo Sci di Fondo Escursionismo
sono stati confermati gli stessi dell’inverno 2017-2018.
semblea annuale dei soci del CAI Lec-
- Attività di sci di Fondo Amatoriale
Per l’attività di addestramento:
co venerdì 23 marzo 2019.
Per l’addestramento è stato confer-
Istruttori Isfe: Marco Bianchi (di-
Il programma per la stagione 2018-
mato il rapporto già esistente con la
rettore della scuola), Maria Giuseppina
2019, 36° anno di attività, ha previsto
commissione regionale di riferimento
Ietto, Paola Monti.
come sempre due attività:
( CRLSASA – Sci Escursionismo).
Istruttori Sezionali: Giovanni Bolis (vicedirettore), Salvatore Bucca.
Sci di Fondo
Istruttori e accompagnatori Come istruttori della scuola e accompagnatori del gruppo amatoriale,
I rapporti con la Commissione di riferimento sono stati tenuti da Marco Bianchi e Maria Giuseppina Ietto.
Di sole non se ne parla proprio, ma
no di farci una visitina. Ci sistemiamo
pendenza della pista che scende lungo
la temperatura non è molto fredda.
nelle camere.
il Rodano in direzione Briga, e gli scia-
Ci prepariamo, gli istruttori radunano
La cena inizia con qualche perples-
tori scoprono che la discesa è piace-
i rispettivi gruppi e poi partiamo. Le
sità da parte dei commensali sull’ab-
volissima, a tratti nei boschi, a tratti
piste presentano vari livelli di difficoltà
bondanza delle porzioni. Ma presto ci
allo scoperto ma sempre al riparo dal
e si snodano lungo la piana, con anche
si deve ricredere, perché tutte le por-
vento. Sono ancora più piacevolmente
tratti di salite e discese che impegna-
tate vengono servite più volte e alla
colpiti quando scoprono che il bigliet-
no tutte le nostre capacità di resisten-
fine il dolce è quasi di troppo.
to per l’utilizzo della pista comprende
za e equilibrio (qualcuno nel dubbio
anche la risalita della valle con il treno,
decide di togliere gli sci e fare qualche
In Vallese
e risparmiano così la fatica del ritorno
discesa a piedi: la prudenza non è mai
La domenica mattina dopo un’ab-
in salita.
troppa). La giornata trascorre sen-
bondante colazione si riparte per la
Secondo una consolidata e assai
za imprevisti e quando siamo stan-
seconda meta della due giorni, la re-
apprezzata tradizione, il pomeriggio si
chi facciamo ritorno all’autobus, dove
gione del Goms, nel Canton Vallese
conclude con merenda dolce e salata,
ci ha aspettato Ivan, il nostro nuovo e
in Svizzera. L’autobus si avvia verso
preparata dai partecipanti che ci per-
abile autista, e dove ci attende anche il
il passo del Sempione, innevato, e poi
mette di riprenderci dalla fatica delle
meritato panino.
scende verso la città di Briga. Da qui
due giornate.
Invertiamo la marcia e torniamo a
inizia a percorrere la valle del Rodano
Si riparte e ora si può proprio dire
Baceno. L’hotel Vecchio Scarpone, no-
che risale verso nord-est fino a giun-
che la due giorni è terminata. Prima
nostante il nome, è accogliente e con
gere al paese di Munster, dove scen-
di arrivare a Lecco la Pina saluta tutti
una simpatica atmosfera di albergo
diamo dal bus in mezzo a un vento
i partecipanti e ricorda i prossimi ap-
di montagna. I più golosi adocchiano
piuttosto forte. Alcuni gruppi si fer-
puntamenti.
subito la pasticceria adiacente al bar
mano sulle piste nei pressi del paese;
e gestita dall’albergo e si riprometto-
un gruppo decide di sfruttare la dolce
Gli
accompagnatori
del
gruppo
Le uscite sulla neve
gite 61 persone non iscritte al corso
amatoriale sono stati Domenico Pulla-
Per il gruppo “Scuola” a partire dal
che si sono aggiunte saltuariamen-
no e Daniele Colombo; l’amico Clorin-
13 gennaio 2019 si sono svolte 8
te a qualche uscita. E’ stata gradita
do ha dato volontariamente un valido
uscite sulla neve di cui 5 in Engadi-
la presenza occasionale di un grup-
aiuto.
na, una “due giorni” in Val Formazza,
po di camminatori, che ci auguriamo
e una uscita ancora in Engadina con la
di avere come partecipanti iscritti nel
gara sociale.
prossimo anno.
Lezioni teoriche e uscite a secco Sia per l’attività di addestramento
Hanno partecipato in totale 40 al-
Neve abbondante e ottime tempe-
che per l’attività amatoriale sono state
lievi suddivisi come sempre in princi-
rature hanno favorito l’entusiasmo e il
effettuate due lezioni teoriche in sede
pianti, perfezionamento di primo livel-
divertimento di tutti i partecipanti.
CAI Lecco su attrezzatura, equipag-
lo e perfezionamento avanzato.
giamento e nozioni tecniche.
Per il gruppo amatoriale sono sta-
Gara Sociale
Le uscite a secco, cinque nei mesi
te effettuate a partire dal 14 genna-
Domenica 24 febbraio 2019 il grup-
di novembre e dicembre, arricchite da
io 2019 8 uscite sulla neve di cui 7
po addestramento ha effettuato la
esercizi specifici e propedeutici per lo
in Engadina e una a Lanzerheide. Gli
gara sociale in famiglia che ha visto
sci di fondo, hanno avuto come meta
iscritti sono stati 30 suddivisi in due
Sormano, Cascate Cenghen, Anello di
gruppi, “Rossi” (accompagnatore Do-
Piona, Somasca-Erve e San Pietro al
menico Pullano) e “Gialli” accompa-
Monte.
gnatore Daniele Colombo. In aggiunta hanno partecipato alle
Sci di Fondo
SOTTO LE TRE CIME
Il gruppone dei partecipanti, foto di Pina Ietto. A destra: Sotto le Tre Cime, foto di Pina Ietto
I
di Giusi Negri
l corso è ormai a buon punto ed alcuni allievi attendono la tre giorni in altre zone: sciate in amicizia,
sport e natura. La partenza è alle 6 di venerdì 15 febbraio, saliamo sull’autobus (autista signor Enzo della Società Cogliati, il nostro solito autista Ivan è impegnato con un altro gruppo) ancora un po’
la partecipazione di 30 allievi sulla di-
addormentati, ma entusiasti per que-
riprendiamo il nostro autobus per rag-
sta nuova avventura.
giungere l’Hotel Silvesterhof a Dobbia-
Venerdì sciamo nel comprensorio
co. Ognuno di noi si reca nella propria
del Lago di Braies (m 1.494) alcu-
camera (io sono con Anna e Imelda
ni percorrono tratti di pista ed un bel
dette Le Sisters) al piano mansarda-
gruppo raggiunge la meta. Il lago è
to. Dopo un meritato riposo e un ri-
gelato e poco percorribile, ma teme-
generante bagno siamo pronte per la
rari atleti giocano a curling; il tempo
cena, a base di piatti tipici, cibo buono
è bello ed il sole ci accompagna e ci
e abbondante; il dopo cena scorre fra
scalda.
una partita a carte (scala e burraco) e
Alla fine della sciata in compagnia
gustosa merenda e premi per tutti.
stanza di Km 10 in tecnica classica sul percorso Surlej – Sils - Surlej. Ognuno ha verificato le proprie capacità e i miglioramenti conseguiti con soddisfazione personale e piacere.
chiacchierate varie.
so la Dobbiaco – Cortina attraverso la Val di Landro con la visione panora-
“Tre giorni” in Alta Pusteria 15-16-17 Febbraio 2019: weekend lungo in Val Pusteria. Questa valle è una delle località tu-
mica delle Tre Cime di Lavaredo. Domenica 17 febbraio ci siamo trasferiti a San Candido per accedere alle piste di fondo che portano in Val Fi-
Alla gara è seguita nel pomeriggio
ristiche più affascinanti dell’Alto Adige.
la premiazione, in sede CAI con una
Dobbiaco è la roccaforte dello sci di
Accompagnatori : Maria Giuseppina
fondo con chilometri e chilometri di
Ietto, Giovanni Bolis, Daniele Colombo
piste battute e collegate fra loro.
e Clorindo Riva.
Sci di Fondo
Venerdi 15 febbraio abbiamo raggiunto il Lago di Braies. Sabato 16 febbraio abbiamo percor-
scalina.
Paesaggi fantastici e temperature favorevoli.
Dobbiaco-Cortina Ci svegliamo al mattino, ci prepa-
scollinando a Cime Banche (m 1.529) dal Trentino al Veneto.
Il tempo è sereno ed il gruppo sciatori (ed alcuni camminatori) segue le
riamo per la colazione e riprendiamo
Lungo la pista vediamo varie cime,
piste e raggiunge il rifugio Fondo Valle
l’autobus che ci porta alla splendida
tra cui spiccano le Tre Cime di La-
(m 1.548) Val Fiscalina; pausa veloce
Nordic Arena/Stadio Sci da Fondo di
varedo.
è giù in discesa verso l’autobus zona
Dobbiaco, dove un numeroso grup-
Sono contenta di riuscire a percor-
Funivia Monte Elmo; prima di partire
po parte seguendo il percorso che
rere l’intero tracciato, da me prece-
ci attendono degustazioni a base di
di snoda lungo la ferrovia dimentica-
dentemente sperimentato in bicicletta.
torte, pane, salame e vino.
ta “Dobbiaco – Cortina” (lunga circa,
Anche oggi il tempo è splendido,
Il viaggio di ritorno è molto lungo,
30 km. con un dislivello di circa 300
spesso ci fermiamo per fare le foto-
c’è un traffico intenso e arriviamo a
m.) passando per la Valle di Landro e
grafie che testimoniano il nostro pas-
Lecco alle ore 21.00.
saggio in queste favolose zone.
Un ringraziamento particolare ai
Giungiamo in una frazione di Cor-
nostri accompagnatori: Pina, Giovan-
Conclusione della stagione
tina, poi l’autobus ci porta a Dobbiaco
ni, Daniele e Clorindo che hanno or-
Sabato 25 maggio, salita al San Marti-
centro: alcuni visitano il paese ed altri
ganizzato alla perfezione questa tre
no in mattinata, seguita poi dal ritrovo
rimangono sull’autobus che prosegue
giorni, a tutti noi sciatori e cammina-
in sede CAI per festeggiare in cordiale
verso l’Hotel.
tori e al meteo sempre bello.
amicizia la conclusione delle attività.
La nostra camera ci attende. Ci pre-
Esprimendo un sentito apprezza-
pariamo per la seconda sera: cena e
mento per l’opera svolta da istruttori
dopocena, poi tutti a letto e buona
e accompagnatori, a tutti loro il CAI
notte.
Lecco porge un grazie sincero.
Alle prossime uscite sulla neve: fatica e divertimento sono assicurati.
Al mattino di domenica 17 febbraio dopo una buona ed abbondante colazione prepariamo i bagagli e raggiungiamo l’ultima meta: Sesto (San Candido).
Sci di Fondo
EMOZIONI D’ALTA QUOTA
Al rifugio Del Grande Camerini. Foto gruppo AG
In Valmalenco il tradizionale trekking di Alpinismo giovanile
te si fa sentire con alte temperature. Il
2013 (avvenuto nel bellissimo sce-
momento è arrivato, è ora di preparare
nario delle Orobie bergamasche) che
lo zaino, non per la solita gita domeni-
non prendevo più parte a questa av-
cale ma per un’avventura più lunga ed
vincente iniziativa. E quest’anno, an-
è una particolarità nella
impegnativa. E’passato il 15 luglio. Nella
cora prima di conoscere la meta, ho
stesura di questo articolo.
terza domenica del mese - come da
deciso di partecipare. In qualche
E’scritto a due mani e ha
tradizione - anche quest’anno qual-
modo ho cercato di incastrare, alla
due voci “generazionali” narranti (una
cosa si sta realizzando, è una costan-
perfezione, tutti i miei impegni per-
accompagnatrice ed una ragazza),
te che rimane. E’una peculiare attività
sonali, famigliari e lavorativi, in modo
che esprimono le sensazioni vissute
dell’Alpinismo giovanile, giunta alla sua
da poter essere un elemento attivo
nel trekking 2019 di AG. Cari lettori
17esima edizione grazie al suo pro-
in questa nuova avventura chiamata
continuate a leggere! Nelle seguenti
motore ed ideatore Tiziano Riva, oltre
“trekking” o meglio come ultimamente
righe potrete scoprire le somiglianze
che agli altri partecipanti (ragazzi ed
viene nominata “5 giorni”. Avevo vo-
e/o le differenze di questo doppio
accompagnatori). Così mercoledì 17
glia di respirare forti emozioni e vi-
racconto. In esso i pensieri di Alessia,
luglio 2019 ha inizio il trekking nume-
vere indimenticabili esperienze con il
“ragazza matura” molto dinamica, si
ro 17, che aggiunge un ulteriore passo
gruppo di Alpinismo giovanile in luo-
alterneranno a quelli di Clotilde, vivace
verso i festeggiamenti per il 20esimo
ghi incantati e ciò poteva avvenire
adolescente, ricchi di freschezza, gio-
compleanno.
solo partecipando alle gite non stop
di Alessia Losa e Clotilde Nolasco
C’
vinezza e di voglia di scoprire. Il tempo passa ed è già luglio, l’esta-
Alessia: “Dopo qualche anno di assenza, era dal trekking ecologico del
del trekking”. Anche dalle parole di Clotilde tra-
spare la stessa idea: “Infatti il trekking può essere paragonato ad una boccata d’aria fresca in questo mese triste e afoso, è un modo per distaccarsi, seppure per poco, dalla asfissiante realtà”.
Alessia: “E’ vero, ogni domenica durante i corsi di AG, il martedì e/o il venerdì in sede ci si incontra ed i social network ci tengono in comunicazione, consolidando lo spirito di gruppo, ma ritengo che il trekking dia un pizzico in più al legame tra di noi, facendoci trascorrere tutti insieme cinque giorni indimenticabili 24 ore su 24”.
Al passo Ventina. Foto di Alessia Losa
Si vivono e si condividono totalmente le mille situazioni che si creano:
per il trekking del 2019, quest’anno,
mento per fare nascere molteplici idee,
dai piaceri alle fatiche delle escursioni.
contrariamente ai due precedenti, ab-
che tengano sempre effervescente
I primi sono le bellezze che la natura
biamo rinunciato alle Dolomiti.
un gruppo così dinamico, giovane e
ci offre, le soddisfazioni della cammi-
Clotilde: “Mi sento di esternare che
vulcanico. Perciò, ogni tanto bisogna
nata, gli aperitivi rinfrescanti con birra
siamo stati piacevolmente sorpresi
riattivare la passione, quando le cose
e gazzosa accompagnata da taglieri
dalla scelta, in particolar modo per i
diventano una routine e proseguono
di affettati e formaggi, per finire con
paesaggi in alta quota”.
per inerzia e quindi il 17esimo trekking
un tuffo nei laghetti alpini. Le secon-
Alessia: “Fortunatamente sono riu-
de sono l’eccessivo caldo, l’umido, la
scita ad incastrare tutti i miei impegni,
pioggia, il mal di piedi, lo zaino pesan-
come se fossero i tasselli di un puzzle,
Ora entriamo nel merito del per-
te e la stanchezza, ma come d’incanto
in modo da poter vivere 5 giorni indi-
corso e dell’organizzazione di questo
tutto svanisce una volta giunti al ri-
menticabili di camminate consecutive
splendido trekking o meglio di questa
fugio dopo ore, ore, ore di cammino.
con il gruppo di Alpinismo giovanile. Il
5 giorni, decidete voi che nome dare!
E la giornata termina con una cena
fatto che la meta fosse la Valmalenco
conviviale, nella quale si ricaricano le
non mi dispiaceva, anche se i rifugi nei
energie, seguita da un sonno ristora-
quali avremmo pernottato li conosce-
tore. Così la mattina successiva abbia-
vo tutti e vi ero già stata”.
Mercoledì 17 luglio Quell’ormai quasi lontano mercoledì, in 18 abbiamo lasciato la nostra amata Lecco la mattina presto per arrivare
e pimpanti per dare inizio ad un’altra
Cosa ti spinge ad andare ancora in
velocemente a Torre Santa Maria, da
avvincente avventura.
luoghi noti e visitati in precedenza? La
dove successivamente siamo partiti
L’aspetto più intrigante di questa
risposta è: per diversi aspetti di novità.
per il rifugio Bosio (2080 m).
particolare attività è l’affiatamento che
Il primo motivo è il concatenamento
Ritrovo alle 6.30 davanti alla sede
si instaura tra i componenti del grup-
dei 5 rifugi, mentre il secondo riguar-
del CAI Lecco, come da tradizione,
po, pur essendo diverse le genera-
da i partecipanti, anche loro sono delle
anche se quest’anno non si va mol-
zioni presenti. C’è una giusta armonia,
novità rispetto ai passati trekking. Ov-
to lontano dalla nostra città, circa un
ognuno si esprime ed è sé stesso.
vio gli anni si susseguono ed i ragazzi
centinaio di chilometri e non 3 o 4
cambiano, ma non solo loro pure gli
volte di più, rispetto agli anni passati in
accompagnatori, ce ne sono di vecchi
cui si è andati in Piemonte o in Trenti-
e di nuovi. E il trekking è una buona
no Alto Adige o in Friuli Venezia Giulia.
occasione per conoscerci meglio e,
“Il ritrovo e l’orario sono questi e si
La Valmalenco è la meta designata
58
Alpinismo Giovanile
potrebbe
perdere”.
chiedermi:
mo di nuovo lo zaino in spalla pronti
“Qualcuno
in Valmalenco è una occasione da non
perché no, può essere anche un mo-
mantengono!!!”
gonato al clima del giorno prima). Il programma prevede come destinazione finale il rifugio Gerli Porro (1965 m), superando il passo Ventina (2675 m). Partenza dopo la solita rituale foto di gruppo davanti al rifugio Bosio (2086 m), poi zaino in spalla e via. Primo tratto pianeggiante che conduce ai bellissimi alpeggi dell’alpe Mastabbia (2077 m) e dell’Alpe Giumellini (1775 m). Il cielo è rimasto nuvoloso fino a metà mattina, quando, dopo una pausa per controllare la cartina, è Gli ultimi 400 m di dislivello verso la capanna Marinelli. Foto di Alessia Losa
spuntato il sole.
Clotilde: “Un sole che dire caldo Alle 7 dopo aver formato gli equi-
ca scompare piano piano, scambian-
sarebbe un misero eufemismo (sinte-
paggi delle auto non poteva manca-
do quattro chiacchiere e scherzando
tizzando siamo passati da “Che c’è di
re una rapida sosta per una brioche
con i ragazzi che di energia ne hanno
male nel mettersi una felpa?” a “Vor-
con cappuccio in modo da introdurre
sempre e con gli altri accompagnatori
rei tanto togliermi la pelle”)”. Lasciati i
il carburante per la prima scarpinata
i quali, saggiamente, si sono muniti di
prati erbosi dei lussureggianti alpeggi,
della giornata.
bastoncini telescopici, per distribuire e
giungiamo a una parte più arida, sas-
Alessia: “Nella mia testa ho ben pre-
sopportare il peso dell’enorme zaino”.
sosa e pendente che sale fino al passo
sente il sentiero che da Primolo sale
Clotilde: “Il sentiero con una pen-
Ventina (2675 m). Prima di raggiun-
verso il rifugio Bosio (2086 m), nel
dente rampa, insieme al caldo afoso,
gerlo pranziamo in riva ai magnifici
quale pernotteremo, quindi lo zai-
ha messo a dura prova il fisico di molti,
laghetti alpini di Sassersa (2368 m)”.
no pesante e la voglia di dormire in
ma in fondo, guardando il paesaggio,
“Lungo la assai estesa e sassosa sa-
un giorno di non lavoro non li riten-
quasi tutti i malori passano e lascia-
lita al passo Ventina si può guardare
go ostacoli lungo un tracciato che si
no spazio allo stupore. Verso le ore 14
la valle sottostante da una prospettiva
percorre in 3 ore e in buona parte è
giungiamo a destinazione, un orario
che non a tutti è concessa”. “I due la-
pianeggiante, anche perché abbiamo
alquanto differente rispetto a quello
ghetti sono a dire poco meravigliosi,
davanti un’intera giornata soleggia-
dei giorni successivi, guadagnandoci
specchi d’acqua azzurra, che riflette il
ta e non ci corre dietro nessuno. Ma
così un assolato pomeriggio d’estate
leggero rossore delle rocce delimitan-
quello che pensavo non corrisponde
in cui, tra bagni nel torrente vicino, fin
doli completamente, come muraglie,
alla realtà, poiché partiamo dalla lo-
troppo freddo, e taglieri di salame e
qualcosa che né in foto né a paro-
calità Ciappanico di Torre Santa Maria
formaggio, abbiamo fatto sera. Il cre-
le può essere descritto come invece
(1034 m), lungo un sentiero per me
puscolo, si sa, è sempre uno dei mo-
dalla visione dal vivo, la stessa sen-
nuovo, che richiede però più impe-
menti migliori della giornata, e ricordo
sazione si ha anche per la vista che
gno, in quanto è più scosceso su un
chiaramente che un rosso così acceso
c’è dal passo, che tanto faticosamente
tracciato stretto, delimitato da erba
su una montagna non lo avevo mai
e pazientemente abbiamo raggiunto.
alta, ricco di fragoline di bosco (che
visto”.
Lo sguardo che da lassù volge verso
prelibatezza) e nell’aria vi è un elevato tasso di umidità”. - Che caldo e
la valle, ti crea un misto tra soddisfaGiovedì 18 luglio
quanto umido c’è. - Aiuto il sentiero è
Uscendo dalla porta rossa del rifu-
più ripido di quanto pensassi. “La mia
gio, non ci siamo trovati davanti ad
mente non è coordinata al resto del
una giornata ben promettente: era
mio corpo, la non voglia di fare fati-
nuvoloso e umido (ironico, se para-
Alpinismo Giovanile
59
zione e sbalordimento, quello che si mostra a noi è un insieme di differenti elementi tipici del paesaggio montano. Da soli mozzano già il fiato, ma in questo caso, uniti, formano qualcosa che rapisce il respiro e turba l’animo violentemente”. Il tempo sembra rannuvolarsi, ma ci grazia, così percorriamo all’asciutto il tratto ripido che giunge al passo e il suo successivo scollinamento sulla morena del ghiacciaio del Ventina, che piano piano si sta ritirando. Il paesaggio è stupendo, la vista sul pizzo Cassandra (3222 m) evoca dei bei ricordi.
Alessia: “La salita al passo è più faticosa della discesa anche se sembra di stare su un asse dell’equilibrio. I sassi della morena, infatti, hanno messo alla prova le abilità acrobatiche di ognuno di noi, si ha la sensazione di avere ai piedi un paio di roller”. Individuato il tetto rosso del rifugio Porro (1960 m) proseguiamo la nostra discesa infinita, la vista di una lingua di neve ci spinge a calpestarla e percorrerla. E’ora di merenda e finalmente giungiamo al rifugio Porro accolti calorosamente da Marta e Luca, insieme ai girini ed alle oche. Il desiderio di rinfrescarsi è soddisfatto da una gustosa birra e gazzosa e da un fresco gelato. Venerdì 19 luglio E’ stata la tappa più lunga, la più varia ed anche un giro panoramico che sarà difficilmente dimenticato. Partenza alle ore 8.00, in discesa - che belloooooo! Attraversato il torrente che scende nella valle Sissone il sentiero inizia a salire e diventare sempre più ripido. E’caratterizzato da una variabilità di
60
Alpinismo Giovanile
Il fondo valle verso la capanna Marinelli. Foto di Alessia Losa Sotto: Tutti sul sasso presso il rifugio Bosio. Foto gruppo AG
fiori colorati con grossi massi da su-
nella terza tappa del trekking. Giunti al
perare, siamo avvolti da uno splendido
rifugio Del Grande Camerini l’appeti-
paesaggio, la giornata è soleggiata e il
to non manca, abbiamo già macinato
monte Disgrazia domina la scena.
una buona lunghezza tra sali e scendi
Clotilde: “Può essere indubbiamente
e pezzi attrezzati. Ci accolgono ca-
classificata come una giornata lunga
lorosamente sono felici di vederci e
e faticosa, ma penso che chiunque
noi ci lecchiamo i baffi, mangiando
si ravvedrebbe dal dire che non ne
le prelibatezze offerteci, al fresco dei
è valsa la pena, perché sarebbe una
2500 m di quota ai piedi del monte
enorme bugia”.
Disgrazia. Il ragù che si mangia in quel
L’obiettivo principale della giornata è
rifugio potrebbe essere un buonissimo
di gustarsi un ottimo piatto di pizzoc-
candidato per essere scelto come ot-
cheri al rifugio Del Grande Camerini
tava meraviglia del mondo. Sommato
(2580 m), collocato a circa metà del
poi a ciò che ti si para davanti men-
tracciato, che dovremmo percorrere
tre lo mangi, si potrebbe pensare che,
tamento, i ragazzi hanno dimostrato il loro spirito altruistico”. La camerata del rifugio Longoni, assegnataci per il pernottamento, è umida e maleodorante, sembra la stiva di una nave. Comunque ci ha permesso di riposare e recuperare le forze per il giorno seguente, anche se il rifugio Longoni in quella nottata è stato al centro di una grande manifestazione di ultra trail, la DUT, una corsa competitiva che in 24 ore percorre le tappe che noi abbiamo fatto in cinque giorni”. La cena si è completata con un delizioso dolce e l’arrivo di tre accompagnatori: Teino, il nostro nazionale preferito, Patty e Fuma, insieme a loro vi è anche Roby, il papà di Nora. Sabato 20 luglio Mattina fresca e soleggiata, dopo la colazione ci gustiamo il paesaggio ed aspettando gli altri, che si stanno preparando alla partenza della quarta gita, facciamo il tifo ai partecipanti alla gara DUT; mentre noi dormivamo loro correvano nell’oscurità della nottata. Dopo la foto di gruppo ci si mette in marcia, questa è la gita più alpinistica
In posa ai laghi di Sassersa. Foto gruppo AG Sotto: Verso il rifugio Carate. Foto di Alessia Losa
del trekking per le difficoltà del sen-
tra schiamazzi e sorrisi, il paradiso
le salita impervia, regalando così agli
sia reale”. E per chi si fosse doman-
occhi dei paesaggi di alta quota, para-
dato dove fossimo il 19 luglio all’ora
gonabili solo alla vista sconfinata che
di pranzo non doveva fare altro che
si gode dal rifugio Longoni”.
collegarsi alla webcam del rifugio Del Grande Camerini e ci avrebbe visti.
Il gruppo ha tenuto sempre un buon passo anche nella parte terminale del
Dopo esserci rifocillati per bene,
tracciato dove la fatica si è fatta sen-
però, non possiamo spaparanzarci al
tire. Arrivati al rifugio Longoni ave-
sole, perché alle 13.30 ripartiamo alla
vamo percorso 18 Km in 9 ore, tutti
volta del rifugio Longoni, ignari di
dovevamo ritenerci soddisfatti della
quello che ancora ci aspetta: 4 ore e
giornata, che dopo un inizio goloso ha
più di marcia.
richiesto voglia di camminare, pazien-
Clotilde: “l’infinito traverso, ricco più
za, resistenza e sopportazione.
di scendi che di sali, nel bosco dopo
Alessia: “Questa tappa la ricorderei
un bel po’, si è evoluto in una fina-
come la tappa di solidarietà ed affia-
tiero e per la quota, si arriverà poco sotto 2900 metri.
Clotilde: “Questa tappa, per somma gioia di alcuni, si è svolta interamente in alta quota”.
Alessia: “Il sentiero iniziale si mostra fin dall’inizio molto ripido, superiamo grandi massi, più saliamo più l’ambiente diventa lunare ed isolato. In questo primo tratto, però, dobbiamo salutare
Alpinismo Giovanile
61
Pietro G. che tornerà a Lecco per un malessere”. Il gruppo prosegue, siamo nella valle dello Scerscen e resti di vecchi impianti di risalita sono ben visibili, negli anni ‘60 -’70 si poteva praticare sci estivo su questo ghiacciaio, ormai ritiratosi. La salita prosegue oltrepassando un azzurro laghetto, in alcune parti ancora ghiacciato, e superando lingue di neve in mezzo a sassoni, dove Tiziano affonda fino alla vita. L’ambiente è privo di boschi segno che siamo sopra i 2000 metri di quota.
Verso l’alpe Giumellini. Foto Alessia Losa
Clotilde: “Pian piano il sentiero si è trasformato nella salita che ci ha portato alla forcella d’Entova (2831). Lungo questa parte di percorso, essendo molto in alto, al posto di vegetazione in abbondanza, ci siamo trovati davanti laghetti ghiacciati e neve tra rocce grigie, cambiare paesaggio ogni tanto fa solo piacere. Una volta al passo, siamo riusciti a scorgere sul lato opposto della montagna, un poco più in alto, ma molto in lontananza, il rifugio Marinelli. Tutto ciò non era molto incoraggiante, dato che per via di mancanza di sentieri in costa saremmo dovuti scendere per un bel pezzo e risalire per quasi il doppio. Non è stato, in definitiva, un pomeriggio facile”. Il tempo è variabile, il sole si mostra scompare e veniamo anche avvolti dalla nebbia. Noi proseguiamo sempre di buon passo, tra sassoni, tratti stretti in costa su pendii scoscesi, lingue di neve, arrivando fino al fondo valle dove incontriamo un gruppo di capre e superiamo un torrente; durante le tappe precedenti non abbiamo avvistato molti animali, a parte le mucche.
62
Alpinismo Giovanile
Prima tappa: Lecco – rifugio Bosio
Partenza: frazione Ciappanico di Torre Santa Maria (1034 m) Arrivo: rifugio Bosio (2086 m) Dislivello: 1052 m, 7.84 km Ore della gita: 4 h, difficoltà E Meteo: giornata soleggiata, calda e umida Particolarità: tappa ricca d’acqua, primo tratto in mezzo al bosco. Al rifugio possibilità di bagno nel torrente.
Seconda tappa: rifugio Bosio – rifugio Porro
Partenza: rifugio Bosio (2086 m) Arrivo: rifugio Porro-Gerli (1960 m) Dislivello: 1100 m, 13.58 km Ore della gita: 6-7 h, difficoltà EE Meteo: giornata inizialmente nuvolosa per poi volgere al bello. Particolarità: due laghetti alpini e una ripida discesa sulla morena.
Terza tappa: rifugio Porro – rifugio Longoni
Partenza: rifugio Porro (1960 m) Arrivo: rifugio Longoni (2450 m) Dislivello: 1662 m Ore della gita: 9 h, 18 km con tappa intermedia al rifugio del Grande Camerini, difficoltà E Meteo: giornata soleggiata Particolarità: tappa intermedia con degustazione pizzoccheri al rifugio del Grande Camerini (2580 m)
Quarta tappa: rifugio Longoni – rifugio Marinelli Bombardieri
Partenza: rifugio Longoni (2450 m) Arrivo: rifugio Marinelli Bombardieri (2813 m) Dislivello: 1016 m, 19.46 km Ore della gita: 6 – 7 h, difficoltà E/EE Meteo: giornata variabile e nebbiosa Particolarità: camminata tra sassoni e lingue di neve in un ambiente isolato e lunare. A cena risate a volontà.
Quinta tappa: rifugio Marinelli Bombardieri – Campo Franscia
Partenza: rifugio Marinelli Bombardieri (2813 m) Arrivo: Franscia (1860 m) Dislivello: 1073 m, 9.32 km Ore della gita: 3 h, con sosta intermedia al rifugio Alpe Musella (2021 m), difficoltà E Meteo: giornata soleggiata Particolarità: tappa intermedia al rifugio Alpe Musella per gustare un piatto di pizzoccheri.
Via della Valmalenco, si può affermare che è andato benone sia per le gite, il meteo, il gruppo e soprattutto per il palato. Infine non si possono non riportare in questo testo alcune chicche che hanno caratterizzato la “5 giorni”: 1) Francesco (Nolli): “Ragazzi ma dove vi ho portato!?!” 2) Stefano (di Bressanone): “L’orso”; 3) la canzone intonata dai ragazzi per allontanare la stanchezza verso il rifugio Longoni: “Afferrare la banana, sbucciare la banana, morsicare la banana, la banana me la mangio per dessert”; 4)
Sosta al rifugio Carate. Foto gruppo AG
da semplicemente Alessia (Ale) sono Mancano 400 m di dislivello e ci ser-
plice e senza insidie dobbiamo scen-
diventata zia Ale. Non bisogna nem-
ve una sufficiente energia per giun-
dere a valle, inizialmente ci dirigiamo
meno dimenticare le poesie di Paolo e
gere al mitico rifugio Marinelli Bom-
al rifugio Carate (2638 m) superando
i versi che emetteva per allontanare la
bardieri (2813 m), punto di partenza
il punto dove molti anni fa un elicot-
stanchezza, che potevano sembrare il
per andare al rifugio Marco e Rosa e
tero precipitò.
muggito di una mucca o il nitrito di un
Clotilde: “La nostra goliardia ha
cavallo o boh. Per chi ha partecipato
prevalso sulla fatica durante lo sco-
al trekking si accolgono suggerimenti.
Clotilde: “La salita per arrivare a
sceso tragitto che ci ha portato alle
Infine alle ragazze rimarrà nel cuore
destinazione si può definire stancan-
macchine”. Su dei sali e scendi in un
il mazzetto di fiori con uno zucchino
te, e, nonostante il paesaggio, infinita,
tracciato con pezzi innevati giungia-
e il suo fiore che un anziano signore
forse a causa della stanchezza della
mo al rifugio Carate. E casualmente
ha donato loro al torrente di Franscia”.
giornata che avevamo alle spalle. Una
incontriamo Marco (presidente di AG)
Evviva……evviva…… alla prossima av-
sensazione che non si dimentica è
e Barbara. Allegramente scendiamo al
ventura. Almeno una volta partecipate
quella che si prova quando, dopo una
rifugio Alpe Musella (2021 m) ultima
a questa emozionante esperienza, non
faticosa giornata passata a cammina-
tappa di questa magnifica esperienza,
vi fate vincere dalla pigrizia.
re, si arriva a destinazione con i piedi
ma non solo, perché per la seconda
Un saluto da tutti i partecipanti, gli
doloranti e il sudore appiccicoso che
volta abbiamo l’occasione di leccarci i
accompagnatori: Tiziano, Stefano R.,
scivola giù dalle tempie, e ci si sie-
baffi con una razione a base di squisiti
Francesco, Alessia, Stefano (di Bres-
de nel silenzio a guardare ciò che si
pizzoccheri.
sanone), Alberto, Paolino, Stefano M.
giungere successivamente in cima al pizzo Bernina (4049 m).
è guadagnato (non soldi ma una vista
Clotilde: “Con la pancia piena siamo
e i ragazzi: Martino, Giacomo, Chiara,
dall’alto del mondo, capiamoci); ecco,
poi caracollati a valle”. Infine, arrivati a
Alessio, Clotilde, Noemi, Nora, Pietro G.,
questa sensazione è impagabile”. Una
Franscia (1860 m) gli accompagnato-
Serena, Pietro P.. Speriamo di non aver
merenda smorza la fame in attesa
ri si ritagliano un momento di svago,
dimenticato nessuno, alla prossima.
della cena e fa scomparire il torpore.
mentre i ragazzi si rinfrescano con
E nell’ultima serata che passeremo in-
un tuffo nel torrente, che non poteva
sieme di questo 17° trekking si ride e
mancare! “Qui ci siamo resi conto che
si scherza a volontà.
la vacanza era purtroppo finita. E mestamente siamo tornati a Lecco”.
Domenica 21 luglio
Alessia: “Tirando le somme del 17°
Altra bellissima giornata soleggiata
trekking, che ci ha fatto percorre-
per la gita finale, è un tracciato sem-
re più della metà delle tappe dell’Alta
Alpinismo Giovanile
63
GHIACCIO BOLLENTE
Il gran caldo non frena la gita sociale al Cevedale di Andrea Spreafico
Risalendo la vedretta del Palon de la Mare. Foto di Giorgio Mandarano
Q
uando per conto della se-
accesso al rifugio sia stata chiusa per
sa questa “variante”, i primi passi non
zione si organizza una gita
una frana, che diversi iscritti abbiano
sono sulla neve, ma nella neve: com-
sociale, i pensieri sono tanti.
disdetto all’ultimo... beh, potete ben
plicazione tipica dovuta a improvvisi e
E tante sono le incognite che vanno
capire quale fosse lo stato d’animo di
profondi sfondamenti.
gestite: le condizioni della montagna,
noi organizzatori.
Cerchiamo di capire dove sia meglio
quelle delle vie di salita e di discesa
Con questo carico di pensieri, rag-
salire; dove la neve possa essere por-
scelte, il numero e il livello di prepa-
giungiamo il rifugio Branca sabato 29
tante, ma lo sforzo per fare pochi me-
razione dei partecipanti, la formazione
giugno e, dopo una lauta cena segui-
tri di dislivello si sta rivelando impor-
delle cordate, il materiale comune, le
ta da qualche ora di riposo, la sveglia
tante. Anzi, scoraggiante. Ci fermiamo
condizioni meteo, etc.
suona alle 3.30 di domenica mattina.
su un’isola di detriti. Parliamo poco e,
Se poi, a queste variabili “ordina-
Soli, partiamo dal rifugio alla luce del-
mentre mangiamo qualcosa, guardia-
rie”, aggiungete il fatto che la setti-
le frontali e con il buio tutt’attorno ci
mo verso l’alto. Il Colle del Pasquale
mana precedente la gita vi siano state
addentriamo nella Valle delle Rosole,
incombe su di noi, con il versante sol-
condizioni di “sole infuocato” in quota
con una temperatura che non lascia
cato da una profonda colata di neve
che ha fatto schizzare lo zero termico
presagire nulla di buono.
marcia che, da dove siamo, non riu-
nei pressi della Luna, che le condizioni del manto nevoso in quota si siano
sciamo a valutare. Nella neve
Mettiamo i ramponi ed attacchia-
trasformate in modo assolutamente
Raggiunta la neve, prima di saggiar-
mo il pendio: è in questo momento
imprevisto e rapidissimo, che le con-
ne la portanza dobbiamo aggirare un
che capiamo che la salita della cresta
dizioni della via di salita fossero “da
fiume formatosi per l’impressionante
ovest del monte Cevedale e la suc-
verificare”, che la principale strada di
fusione dei giorni precedenti. Conclu-
cessiva traversata al Palon de la Mare
Sulla cresta del Cevedale. Foto di Giorgio Mandarano
sarebbero state possibili.
ficoltà; mentre nella parte centrale, un
Tornati alla macchina, riflettiamo
Lasciata l’ombra proiettata dal col-
traverso in costa su neve un po’ molle
sulla magia che certi luoghi e certe
le, spuntiamo sulla parte iniziale della
e con un breve ma esposto passaggio
salite possono regalare ad ognuno di
cresta del Cevedale in una giornata dal
su roccia decisamente marcia richiede
noi.
cielo terso e dal sole che inizia ad al-
attenzione da parte di tutti.
zarsi. Vediamo le prime cordate salite
Superatolo, risaliamo ancora per ri-
dal versante opposto già in cima. Sa-
prendere il filo di cresta, che percor-
liamo e cerchiamo di passare dove la
riamo sino a raggiungere più in basso
roccia della cresta è più salda, facendo
il bivacco Colombo e di lì torniamo sul
attenzione a non smuovere la miriade
plateau glaciale nei pressi del Colle de
di sassi che lo scioglimento della neve
la Mare.
ha reso mobili e pericolosi.
Le difficoltà sono terminate e, lentamente, riguadagnammo quota sino
In vetta Raggiungiamo la cima del monte
alla spalla del Palon del la Mare, raggiungendone la cima tutti insieme.
Cevedale: e lo sguardo può finalmente
La discesa sull’altro versante del
distendersi su tutto l’arco alpino. Uno
ghiacciaio è resa veloce dalle buone
spettacolo!
condizioni della neve, finita la qua-
Giusto il tempo di mangiare e bere
le percorriamo tutta la morena sino a
qualcosa, ripartiamo in discesa per
tornare al rifugio Branca dove ci gu-
raggiungere la cresta delle Rosole. La
stiamo una più che meritata birra ge-
prima parte nevosa non presenta dif-
lata.
Le altre gite sociali Si sono svolte secondo programma, accompagnatori Domenico Pullano, Enrico Spreafico e Domenico Sacchi. Buona la partecipazione (frequente il pullman pieno), interessante l’incremento della quota femminile, costante il ricordo di Beppe Ferrario, scomparso il 30 maggio 2019, che per anni si era occupato con grande impegno dell’attività escursionistica sezionale. Indimenticabile resterà per molti la gita in Val d’Ayas, meta il rifugio Mezzalama, con superamento di quota 3000 nel tipico ambiente severo dell’alta montagna.
Escursionismo
67
EL CAMINO PRIMITIVO
Da Oviedo a Santiago de Compostela, 325 km sulle tracce di re Alfonso II di Claudio Santoro
S
i fa presto a dire Cammino di Santiago, ma, in verità, i cammini sono più d’uno, anche se
tutti hanno in comune la meta finale: la tomba dell’apostolo San Giacomo il Maggiore, custodita nella splendida cattedrale di Praza Obradoiro della città galiziana, posta nella parte nordoccidentale della Spagna. Si parte dal più battuto e famoso, il Camino Frances che parte da Saint Jean Pied de Port nei Pirenei france-
si, seguito dal Camino Aragones che, partendo dal Col de Somport, va a confluire dopo 180 chilometri circa nel Frances, a Puente de la Reina. Si prosegue con il Camino del Norte che parte dai Paesi Baschi e, costeggiando l’Oceano Atlantico, va a confluire in Galizia a Ribadeo. Ma esiste anche quello che è stato percorso per primo: il Camino Primitivo, chiamato così perché nel lontano 829 d.c. venne battuto dal re asturiano Alfonso II, detto “Il Casto” che da Oviedo mosse i suoi passi in direzione di Santiago de Compostela. Per Claudio Santoro e Mario Stoppini, entrambi soci del CAI di Lecco e appartenenti al gruppo GEO dei Seniores, dopo aver percorso negli anni scorsi a piedi e zaino in spalla i cammini sopra indicati è stato proprio il Primitivo l’ultimo ad essere inserito nel loro palmares. Si tratta di un cammino di 325 chilometri che parte dal capoluogo astu-
68
Escursionismo
riano di Oviedo e che, prendendo di
i suoi 2300 metri di perimetro, inte-
omaggio alla tomba che ospita i suoi
traverso alcune montagne, giunge fino
ramente percorribili.
resti umani.
al capoluogo galiziano di Santiago de
Dopo aver percorso il principato
Il percorso è stato arricchito dall’in-
Compostela. I due sono partiti il 13
delle Asturie è stata la volta dell’in-
contro con pellegrini giunti da tutto
maggio e in tredici tappe, confortati
gresso in Galizia con l’arrivo finale nella
il mondo, in particolare nelle ultime
da condizioni meteo tutto sommato
splendida Praza Obraidoro di Santiago
due tappe che a Melide vanno a ri-
clementi (solo due giorni di pioggia),
de Compostela, sempre emozionante,
congiungersi con il ben più battuto
hanno percorso l’itinerario che com-
dove la Cattedrale, liberata dai pon-
Cammino Francese, mentre il Primi-
prende un primo tratto abbastanza
teggi e dalle impalcature, riesce a dare
tivo conferma un tratto più selvatico
impegnativo con tappe in paesi molto
il meglio della sua bellezza.
e meno frequentato. La chicca finale
piccoli e poco abitati. Oltre a Oviedo,
I lavori di restauro del tetto della
è stata la visita all’incantevole Muxia
l’unica città importante che s’incontra
Cattedrale, pur privandola della possi-
con la sua piccola chiesa della Virgen a
sul tracciato è Lugo, con la sua bella
bilità di operare come luogo di culto,
pochi metri dall’Oceano Atlantico.
cattedrale e la meravigliosa e intatta
consentono lo stesso di abbraccia-
Muraglia romana che cinge la città con
re la statua dell’apostolo e di rendere
A sinistra in alto: Muxia; sullo sfondo la chiesetta dedicata alla Virgen A sinistra sotto: Arrivo in piazza Obradoiro Sotto: Sul Monte de Gozo a pochi chilometri da Santiago de Compostela
SUL RESEGONE CON GLI AMICI DEL CAS
Scambio di esperienze fra seniores di Lecco e Locarno Locarno
Sosta lungo il sentiero natura ai Piani d’Erna. Foto di Agostino Riva
di Claudio Santoro
montagna.
L’
amicizia con i Seniores del CAS (Club Alpino Svizzero) di Locarno e il GEO (Gruppo Età
d’Oro) del CAI di Lecco dura da molti anni e si è consolidata con lo scambio di numerose reciproche visite. In tempi recenti i lecchesi si erano recati a Locarno a visitare il Santuario della Madonna del Sasso, splendidamente accolti da Piero, e il 25 giugno sono stati gli amici svizzeri a venire a Lecco per una giornata all’insegna della
Il gruppo di ben 50 escursionisti ha dapprima raggiunto i piani d’Erna con la funivia. Da lì un plotone di venti, guidato da Enrico, Angelo e Vittorio, ha affrontato i 650 metri di dislivello e ha raggiunto la vetta del Resegone e l’Azzoni, mentre il gruppo di 30, guidato da Agostino, ha percorso l’anello del Percorso Natura. Una giornata all’insegna della montagna e dell’amicizia che non conosce confini. Ovviamente si sta già pensando alla prossima escursione.
Geo
QUOTA TREMILA
Due giorni nel parco del Gran Paradiso
Davanti al rifugio Savoia. Foto di Angelo Maggi, Sotto: attravero snevai fino a quota 3000. Foto di Angelo Maggi
di Claudio Santoro
L
a stupenda Valsavarenche, nel Parco Nazionale del Gran Paradiso valdostano è stata la meta
di una due giorni (3/4 luglio) vissuta da un gruppo di 23 appartenenti al GEO (Gruppo Età d’Oro) che coordina i Seniores iscritti al CAI (Club Alpino Italiano) della sezione lecchese “Riccardo Cassin”. Il gruppo, capitanato da Angelo, Ezio e Carla, confortato da condizioni me-
turazione, ha offerto un’ottima accoglienza e la cena è stata un momento conviviale allegro e spensierato, condito dalle performance di Ernestina. La mattina successiva, dopo una giusta colazione, il gruppo ha continuato a godere degli splendidi paesaggi e ha raggiunto quasi quota tremila, affrontando qualche nevaio. Il ritorno a casa è avvenuto nel primo pomeriggio, a conclusione di una “due giorni” da incorniciare.
teo ottime, si è inerpicato fino ai 2534 metri del rifugio Savoia, attraversando sentieri e paesaggi splendidi, caratterizzati da laghetti di azzurro intenso. Il rifugio, oggetto di recente ristrut-
Geo
SULLA CICLABILE DEL SILE
Due giorni in bicicletta 15/16 maggio 2019
In sella verso Treviso. Foto di Agostino Riva
di Agostino Riva
A
di Vedelago, uno dei più significativi
nche se il maggio pazzerello ha costretto a qualche cambiamento in corso d’opera, i
44 iscritti al GEO (Gruppo Età d’Oro) hanno trascorso lo stesso alla grande la tradizionale “due giorni in bicicletta” che quest’anno ha avuto come cornice Treviso e la ciclabile del Sile. Infatti il primo giorno, 15 maggio, si è dovuto variare il programma a causa del meteo che si è concretizzato nella visita a Villa Emo di Fanzolo
esemplari di villa palladiana, commis-
Il campo base a Preganziol costitu-
sionata al celebre architetto vicenti-
iva la fine della prima giornata, mentre
no dalla famiglia veneziana Emo nella
la seconda iniziava con una visita alla
seconda metà del 1500. Un autentico
città di Treviso che, grazie alla guida
tesoro sia per la nobile forma architet-
turistico/culturale, veniva conosciu-
tonica che per gli affreschi e gli interni
ta e apprezzata anche nei suoi angoli
sontuosi.
meno noti fra i quali spiccava il mer-
Ma, si sa, quelli del GEO sono tosti e, dopo il pranzo (non proprio frugale)
cato del pesce e il quartiere dei Buranelli, così caratteristico.
a Silea, approfittando di una schiarita
Il pomeriggio era il momento del
hanno lo stesso inforcato le bici e a
ritorno del plotone che riprendeva la
ritroso hanno raggiunto Treviso, sulla
via di casa.
via romana Claudia Augusta che un tempo conduceva fino in Baviera. Di
Geo
miaffondati nelle acque del fiume.
particolare interesse il passaggio al cimitero dei “burci”, i barconi da lavoro in legno che da tempo giacciono se-
SETTIMANA VERDE NELLE DOLOMITI DEL BRENTA Fra natura e cultura
Carisolo. Foto di Agostino Riva
D
di Lina Astorino
a domenica 16 giugno a sabato 22 giugno 2019 un gruppo di 40 Seniores ha trascorso
delle intense giornate nelle Dolomiti del Brenta, facendo campo base a Carisolo. Le giornate sono state vissute all’in-
segna dell’escursionismo con mete interessanti come Campo Carlo Magno e il lago delle Malghette del primo giorno a cui hanno fatto seguito Pra Rodont e la Malga Calchera, il lago di Nambino e Patascoss del secondo giorno. Il mercoledì è stato dedicato alla Val di Genova conosciuta anche come “la
valle delle Cascate” che ha consenti-
Alle Tre cime di Lavaredo
to di raggiungere i 1648 m del rifugio Adamello Collini al Bedole. Venerdì 21, a seguito di un meteo non particolarmente favorevole, ha visto il gruppo visitare la splendida Molveno, il suo lago e il Castello di Stenico ricco di storia e arte. Sabato 22, infine, è stato dedicato allo shopping e al ritorno a casa. Non sono mancati momenti interessanti quali la visita all’Antica Vetreria di Carisolo e
partecipare alle
nozze d’oro di Manetto e Annamaria. Un ringraziamento particolare a Gigi che si è adoperato insieme a tanti altri alla perfetta riuscita della settimana.
Le splendide Tre cime di Lavaredo, autentiche icone delle Dolomiti, sono state lo scenario per la “due giorni” vissuta da un gruppo di 36 appartenenti al GEO di Lecco. Partiti il 3 settembre hanno raggiunto il rifugio Auronzo (2333 m) e da lì con una passeggiata gradevolissima, in una splendida giornata di sole, si sono diretti al rifugio Locatelli (2450 m). L’alba li ha svegliati con un’altra giornata di strepitosa bellezza e il gruppo, capitanato dal presidente Michele Bettiga, ha compiuto il periplo completo del massiccio. (Claudio Santoro)
Geo
LEONARDO PATRIMONIO DEL LARIO
In mostra pagine del codice Atlantico e del codice Windso Windsor riguardanti il lecchese
A
di Tiziana Rota
500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci stiamo assistendo a un’esplosione di
eventi, mostre, conferenze, pubblicazioni che lo riguardano. Chi mira ad
approfondire aspetti della sua vita e della sua opera già oggetto di studi infiniti, chi intende rivendicare una scoperta inedita o un’interpretazione suggestiva, chi continua sulla strada della celebrazione di un mito… non mancano studiosi che con minor clamore si propongono di avvicinare il grande pubblico a una miglior conoscenza del genio rinascimentale attraverso una lettura rigorosa delle tracce più intriganti da lui lasciate: manoscritti e disegni, ben custoditi in musei e archivi oggi sparsi per il mondo. In un foglio del Codice Atlantico (il 573 b), conservato alla Biblioteca Ambrosiana, Leonardo nomina Lecco, Mandello, Bellagio e altre località del nostro lago e zone limitrofe, sofferLaghi briantei (da Codice Atlantico, foglio 740)
di Giancarlo Colombo “Di fronte al castello di Bellagio c’è
buca verso il lago la quale va sotto di
allora non esisteva la strada costiera
il Fiumelatte, il quale cade, dall’alto di
200 scalini; e qui in ogni stagione c’è
realizzata dagli austriaci solo nei primi
oltre cento braccia dalla vena dove
ghiaccio e vento” [Codice Atlantico,
decenni dell’800, ma dal promonto-
nasce, a piombo nel lago con indicibile
foglio 573 b].
rio di Bellagio: e ci incanta l’idea che
strepito e rumore” (…) “Ma la maggio-
Negli appunti sul territorio lariano
nel silenzio di quei tempi, non turbato
re [tra le montagne locali] è quella di
stilati da Leonardo non poteva man-
dall’inquinamento acustico dovuto agli
Mandello, che ha nella sua base una
care un cenno al “Fiumelaccio”, come
automezzi, ne abbia potuto sentire di
lo trascrive il grande curioso della na-
lontano l’“indicibile strepito e rumore”.
tura, che ne ha sentito pronunciare il
Più enigmatico è l’accenno alla grot-
nome nel nostro dialetto. Lo ha visto
ta sopra Mandello, sulla Grigna, che
non dalla sponda sottostante, dove
“è la più alta montagna che abbiano
Appuntamenti
mandosi sulle Grigne, la Valsassina, la Valtellina, la Val Chiavenna; per quanto
di Tiziana Rota
ci è noto si tratta anzi del testo più lungo che il Maestro, il quale trascorse quasi 25 anni della sua vita a Milano presso la Corte degli Sforza, abbia mai dedicato a un determinato territorio. Nel foglio 740 è disegnato anche il sistema dei laghi briantei con relativa toponomastica. Più noti gli splendidi disegni conservati a Windsor: tra studi di montagne, rocce, fiori e fauna, inconfondibili e ritratti con segno preciso, ecco le Grigne e il Resegone. Questi documenti testimoniano indiscutibilmente come Leonardo, genio universale appartenente all’umanità intera, debba essere considerato speciale patrimonio del Lario perché i nomi delle valli, dei laghi, dei paesi sono lì, scritti di suo pugno, nelle sue preziose carte. Patrimonio da valorizzare culturalmente e anche turisticamente oltre a Manzoni, Stoppani e Cermenati. In vari anni di ricerca e sperimentazione l’architetto e grafico Raouf Gharbia, tunisino di nascita e lecchese d’adozione, ha elaborato un insieme di artifici grazie ai quali ci regala l’affascinante sorpresa di poter leggere quei
È un gioco in cui ciascuno può mettersi al centro di una prospettiva che spazi tra terra, acqua e cielo del territorio lariano, la geniale idea di Raouf Gharbia per ricordarci lo sguardo che il grande Leonardo ha posato in alto sulle montagne e in basso su piccoli fiori, bacche o turbinii di acque. Certo una citazione del celebre disegno Uomo vitruviano (1490 circa) conservato alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, in cui Leonardo offre una rappresentazione grafica del canone di Marco Vitruvio Pollione (80 a.C. - 20 a.C.) e consacra il corpo umano e le sue proporzioni quale misura, paradigma di un mondo nuovo, di un modo diverso, più razionale di osservare la realtà e di spiegare i fenomeni della natura. Altri prima e dopo Leonardo hanno lavorato sul canone vitruviano così come espresso nel III libro del De architettura. Tanti artisti dell’arte moderna internazionale si sono misurati con l’opera di Leonardo. L’installazione di Raouf è più di un omaggio al genio e vuol coniugare il paradigma ad una prospettiva non solo spaziale e scientifica ma altamente simbolica che ci apra nuovi orizzonti. E’ un presidio tangibile che ci riconduce al genio universale di Leonardo per scoprire tra le sue carte parole e immagini che raccontano del nostro Lario, che ci insegnano a vedere ed amare attraverso i suoi occhi la nostra terra. E’ un portale, un’apertura dove ciascuno di noi si può misurare ponendosi al centro di una prospettiva (prospicere) per imparare a osservare, progettare, superare il limite verso scenari nuovi in una terra ancora da scoprire e tutelare. Bisognerà individuare la giusta collocazione per questo “monumento” interattivo dove ciascuno possa trovare un’adeguata prospettiva reale in territorio condiviso. Grazie a Raouf Gharbia, artista appassionato che indaga scritture misteriose per offrirle alla nostra lettura, trova tracce certe o possibili per mostrarcele, manipola materiali per stupirci e ci restituisce Leonardo e ciò che del nostro Lario è sempre stato lì nei codici gelosamente custoditi altrove.
vivacissimi appunti con i nostri occhi e, in una mostra itinerante in 48 pan-
questi paesi ed è pelata”. Fino a non
profonda non più di una quindicina di
arrivare fin lassù, la mulattiera conta
molti anni addietro ha tenuto banco
metri, per cui non può andare “sotto di
circa 200 gradoni; altri notano che il
l’ipotesi, sostenuta dal Cermenati, che
200 scalini”. E allora?
dislivello interno della grotta, inclinata
la “busa” fosse la cosiddetta Ghiaccia-
E allora, se con un’interpretazio-
verso il basso, dall’imbocco al punto
ia di Moncodeno: a farglielo pensare
ne del tutto lecita dal punto di vista
estremo equivale più o meno all’al-
fu soprattutto, alla fine del brano, la
linguistico diamo a quel “diaccio” il
tezza di duecento scalini.
parola “diaccio”, presa alla lettera nel
senso più generale di “sensazione di
Che la visitiate o no, leggendo il te-
significato di ghiaccio, che per fedel-
freddo” (sempre avvertibile all’imboc-
sto leonardesco un brivido lo sentire-
tà al testo ho lasciato. Ma la cavità in
co di una grotta), i conti tornano. La
questione, in cui si incontrano appun-
buca è la cosiddetta Ferrera, grotto-
to formazioni di ghiaccio fossile oggi
ne naturale di crollo che si apre in Val
purtroppo in via di scomparsa, non
Meria, sulla sinistra del sentiero che
si apre verso il lago; e soprattutto è
da Mandello sale al rifugio Elisa. Per
Appuntamenti
nelli, “Leonardo patrimonio culturale
del Lario”. Pagine del codice atlantico e del codice Windsor che riguardano il territorio lariano, ci racconta in modo accattivante la sua ricerca. Nel giugno 2019 gli Amici dei Musei del territorio lecchese, in collaborazione con il Comune di Lecco e il Sistema Museale Lecchese, hanno voluto presentare alla città, nel cortile di Palazzo Bovara, la suddetta esposizione, trasferita nei mesi di luglio-agosto al Museo delle Grigne di Esino Lario e destinata, entro la prossima primavera, a essere allestita nei principali centri urbani del territorio lariano, della Brianza, della Val Chiavenna e della bassa Valtellina. Raouf Gharbia si è avvalso della consulenza e del contributo di un comitato scientifico formato da Giancarlo Colombo (divulgatore scientifico), Franco Minonzio (storico del Rinascimento), mons. Marco Navoni (vice prefetto della Biblioteca Ambrosiana), Tiziana Rota (storica dell’arte) e Guido Scaramellini (storico); alcuni di loro hanno collaborato come relatori in una conferenza con proiezioni, sunto dell’argomento, sinora tenuta a Lecco a Palazzo delle PauIn alto: Grigne, (da codice di Windsor) Al centro e sotto: Rocce (da codice di Windsor)
te comunque. È quello che vi assalirà quando penserete che percorrendo quell’itinerario, o molti altri sul nostro territorio, starete calcando le orme di un gran toscano che arrivato quassù ci si fermò complessivamente per quasi un quarto di secolo. Nei suoi appunti riscoprirete un Leonardo inedito e simpatico, che da genio si rifà uomo; un Leonardo da conoscere per celebrare al meglio questo cinquecentesimo anniversario dalla sua morte.
re e in numerose altre località. La mostra, che proponendosi scopi principalmente
didattico-divulgativi,
intende avvicinare a Leonardo in maniera gioiosa e attraente, coniuga il rigore scientifico alla presentazione leggera e accessibile a tutti, studenti, studiosi o appassionati, ma anche turisti e semplici curiosi. Si articola in due principali sezioni: la prima riguarda lo studio della grafia di Leonardo e dei suoi testi sul territorio lariano, facilitando la lettura degli originali; la seconda concerne schizzi, disegni, studi su vari aspetti di montagne, fauna, flora, acque. Tra questi, due opere magnifiche della “serie rossa”, eseguite a sanguigna su carta preparata rossastra, raffigurano appunto le montagne delle Prealpi lecchesi: il Resegone e le Grigne. Degno di nota anche lo schizzo topografico dei laghi briantei, che dimostra l’attenzione di Leonardo alle possibili soluzioni per rendere navigabile l’Adda. Un geniale logo sintetizza il senso della mostra. La sagoma del Lario diventa un uomo vitruviano in cammino al centro di una prospettiva simbolica. Opera di Gharbia, campeggia in tutta la grafica della mostra, è riprodotta su magliette e fa da prospettiva, dipinta su un grande lenzuolo, all’installazione provvisoria Prospettive sul Lario che accompagna la mostra, anticipando un’opera definitiva da collocare in una reale prospettiva di lago e monti. Un gioco che è un progetto; una porta che apra a nuove visioni, catturando l’attenzione e inducendo a scoprire quella parte del patrimonio leonardesco che ci riguarda da vicino. In alto: Presentazione della mostra nella Sala Consiliare del Municipio di Lecco. Foto di Massimo Di Stefano Al Centro: conferenza Leggere Leonardo e le montagne del Lario a Esino Lario. Foto di Massimo Di Stefano Sotto: Raouf Gharbia al centro dell’installazione interattiva ‘Prospettive sul Lario’. Foto di Massimo Di Stefano
UN’EDIZIONE SPETTACOLO
Cinema, teatro, inc incontri, mostre. Grande successo successo per per Monti Sorgenti 2019 di Sara Sottocornola
F
orti emozioni e grande pubblico per la nona edizione di Monti Sorgenti, rassegna annuale de-
dicata alla montagna organizzata dalla sezione Cai “Riccardo Cassin” di Lecco
con la Fondazione Cassin e il Gruppo Ragni della Grignetta. Da Tamara Lunger ad Alessandro Giorgetta, dal film Mountain di Jennifer Peedom allo spettacolo teatrale sulla tragedia del 1957 all’Eiger, dall’inaugurazione del Polo della Montagna a Palazzo delle Paure alle mostre temporanee, Monti Sorgenti ha portato anche quest’anno la montagna in città con ospiti ed eventi di rilievo nazionale e internazionale, regalando al pubblico momenti indimenticabili e affermandosi come un appuntamento di riferimento per il mondo della montagna. Anche quest’anno, Monti Sorgenti ha saputo coinvolgere un pubblico sempre più ampio e diversificato, con proposte innovative e di grande interesse per tutte le generazioni. Tre settimane di eventi culminate con l’enorme successo dello spettacolo teatrale “AGOSTO 1957 – Eiger: l’ultima salita” realizzato dalla compagnia Lo Stato dell’Arte e co-prodotto dal Cai Lecco. Lo spettacolo ha messo in scena il tentativo di prima italiana sulla Nord dell’Eiger compiuto nel 1957 dai lecchesi Claudio Corti e Stefano Longhi,
Appuntamenti
passato alla storia per il suo tragico
al nuovo “Polo della Montagna” pres-
epilogo, per l’epica operazione di soc-
so Palazzo delle Paure: un progetto
corso che riportò a casa, purtroppo,
in cantiere da molti anni e che ora è
solo Claudio Corti, e per le aspre pole-
finalmente una struttura permanente
miche che ne seguirono. Mattia Conti,
in città”. L’esposizione raccoglie ma-
Alberto Bonacina e Sara Velardo, con
nufatti e documenti storici legati alla
uno splendido lavoro d’équipe, hanno
montagna lecchese e va a completare
saputo ricordare la drammatica vicen-
il sistema museale lecchese e l’offerta
da rendendo onore ai protagonisti e
culturale della città sull’alpinismo, non
alle loro emozioni, grazie ad un testo
solo a favore di un rilancio turistico
toccante, un gioco suggestivo di luci
ma anche per far conoscere alla città
e musica, e un’interpretazione magi-
una parte importante della sua storia.
strale.
Una delle serate più gremite della
Alberto Pirovano, Presidente del CAI
nona edizione è stata quella con l’al-
Lecco, ha promesso una replica (ndr:
pinista altoatesina Tamara Lunger - la
che ha avuto luogo il 10/10/2019)
seconda donna italiana della storia ad
a stretto giro per dare la possibilità al
aver raggiunto la vetta del K2, 8.611
pubblico rimasto fuori dalla Sala Don
metri - organizzata da Monti Sorgenti
Ticozzi di apprezzare lo spettacolo.
in collaborazione con FinecoBank. La
“Non nascondo che c’era qualche ti-
spontaneità dell’alpinista altoatesina e
more nel tornare a parlare della trage-
i suoi filmati della gelida spedizione in
dia di Corti e Longhi: Lecco in quegli
Siberia, al Pik Pobeda insieme a Simo-
anni ha vissuto polemiche tremende,
ne Moro, hanno entusiasmato il pub-
che Claudio ha faticato a metaboliz-
blico che aveva affollato la sala della
zare, e la verità è uscita solo molti anni
Camera di Commercio.
dopo. Ma questo spettacolo è riuscito
Grandi emozioni anche per il film
ad entrare nella storia senza cadere
“Mountain” di Jennifer Peedom proiet-
nella banalità e nella pietà. Non è facile
tato allo Spazio Teatro Invito. Il docu-
arrivare nel profondo, è un successo
mentario australiano del 2017 propo-
pienamente meritato. Ringrazio tutti
ne una visione originale dell’alta quota:
coloro che hanno lavorato per la se-
puro spettacolo accompagnato da un
rata di oggi e per l’intera edizione di
toccante testo dello scrittore ingle-
Monti Sorgenti”.
se Robert Macfarlane letto dall’atto-
Il sindaco di Lecco Virginio Brivio ha commentato: “E’ stata un’edizione molto bella di Monti Sorgenti, che tra le altre cose ha inaugurato il nuovo
re Willem Dafoe, con colonna sonora dell’Australian Chamber Orchestra. Come ogni anno, Monti Sorgenti ha ospitato due mostre culturali in città.
percorso espositivo curato dal CAI
La prima, dal titolo “Spedizioni.
Lecco nelle sale accanto all’Osserva-
Cartoline tra uomini e montagne”, di
torio Alpinistico Lecchese, dando vita
argomento storico, si è svolta pres-
Tamara Lunger distribuisce autografi ad ammiratori di tutte le età
so Palazzo delle Paure proponendo
e acqua provenienti dal concorso fo-
Gruppo Ragni della Grignetta, presen-
l’incredibile collezione di cartoline di
tografico Giulio Ottolini del CAI Ber-
tata al Teatro Cenacolo Francescano
spedizioni con alpinisti lecchesi rac-
gamo, del Circolo fotografia di mon-
il 23 maggio ha visto protagonista il
colte da Annibale Rota nel corso di
tagna e della TAM (Tutela ambiente
Gruppo Ragni, che quest’anno hanno
cinquant’anni. Un originale allestimen-
montano).
celebrato l’anniversario della salita al-
to pensato e realizzato da Alessandro
Durante Monti Sorgenti, Alessan-
l’Jirishanca, compiuta cinquant’anni fa
Dubini e Giovanna Colombo, con te-
dro Giorgetta, Direttore editoriale del
dalla spedizione di Riccardo Cassin.
sti di Annibale Rota, Adriana Baruffini
CAI, ha presentato al pubblico il vo-
Durante la serata sono stati proiet-
e Luigi Erba, ha suggerito attraverso
lume “Gasherbrum IV - La montagna
tati filmati sulle recenti spedizioni del
un simbolico filo rosso un collega-
lucente” da lui curato, che raccoglie e
gruppo Ragni in Patagonia e in altri
mento ideale fra le cartoline appese
svela in esclusiva le fotografie di Fo-
luoghi del mondo, e presentate le at-
ai muri e i loro luoghi di partenza e
sco Maraini, storiografo e documen-
tività della palestra e delle nuove ge-
di arrivo: un planisfero con le mon-
tarista della spedizione al Gasherbrum
nerazioni.
tagne salite in ogni parte del mondo
IV del 1958. Il Club alpino italiano ha
“E’ stata un’edizione eccezionale
e un’immagine di Lecco rappresentata
pubblicato questo memorabile e ine-
dal punto di vista del pubblico e de-
in un delicato disegno di Daniela Lenti.
dito volume fotografico pochi mesi fa,
gli eventi proposti – commenta Emilio
La seconda mostra, “La montagna in
nel 60° anniversario dell’impresa alpi-
tutti i suoi aspetti ed espressioni”, ha
nistica guidata da Riccardo Cassin, che
portato invece a Palazzo Falck una
vide salire in vetta per la prima volta
selezione delle migliori foto sul tema
Walter Bonatti e Carlo Mauri.
dell’ambiente montano, tra flora, fauna,
La “Serata in maglione rosso” del
Appuntamenti
Aldeghi, coordinatore della rassegna Monti Sorgenti e vicepresidente regionale CAI Lombardia -. Abbiamo coniugato attualità, sport, cultura e spettacolo rendendo protagonista la montagna a 360°. Le emozioni vissute sono state tante: ringrazio il pubblico, lo staff e tutti coloro che hanno collaborato. Siamo già al lavoro per preparare la prossima edizione, che per noi celebrerà il decennale. Ringrazio l’artista Bruno Biffi che ogni anno caratterizza la manifestazione con una sua incisione in edizione limitata. Quest’anno l’opera in 50 copie è dedicata all’Eiger”. Monti Sorgenti si è svolta con il patrocinio e il contributo di Comune di Lecco, Provincia di Lecco, Camera di Commercio Como-Lecco, ConfCommercio Lecco; e con il patrocinio di Regione Lombardia, Comunità Montana Lario Orientale Valle San Martino, Comunità Montana Valsassina Valvarrone Val d’Esino e Riviera. Monti Sorgenti ringrazia Fineco Bank (main sponsor), Acel, Bellavite, DF Sport Specialist, Silea, Tecnolario, per il supporto e il contributo.
In alto: La compagnia teatrale al termine dello spettacolo Agosto 1957- morte sull’Eiger posa con A. Pirovano al centro, V. Brivio e E. Aldeghi primo e secondo da sinistra Al centro: Presentazione del nuovo Polo della montagna a Palazzo delle Paure. Da sinistra A. Giorgetta, A. Baruffini, F. Bonacina, V. Brivio, S. Piazza , E. Aldeghi Sotto: Sguardo sull’allestimento della mostra Spedizioni- Cartoline fra uomini e montagne
Appuntamenti
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RECENSIONI STORIA DI CASIMIRO FERRARI Pubblicato la prima volta nel 2004 a distanza di tre anni dalla morte del protagonista, è recentemente tornato in libreria questo volume dedicato a Casimiro Ferrari. Nel prologo l’autore svela che il progetto fu concordato con l’alpinista prima della sua ultima partenza per la Patagonia, e lo avrebbero realizzato insieme se il precipitare delle sue condizioni di salute non lo avesse impedito. Sentendosi in qualche modo autorizzato da lui, Benini decise all’epoca di portare avanti il lavoro avvalendosi delle testimonianze scritte e dei racconti di una numerosa serie di persone selezionate fra le tante che avevano conosciuto Casimiro, in una sorta di narrazione corale che ricorda per certi aspetti il libro dello stesso autore sulla storia dei Ragni. Definire quest’opera una biografia appare alquanto riduttivo: se da un lato si assiste alla ricostruzione precisa e dettagliata della storia alpinistica di Casimiro del quale vengono tratteggiate con pudore e discrezione anche le vicende umane, dall’altro ci si trova immersi in uno spaccato di storia dell’alpinismo lecchese che abbraccia la seconda metà del Novecento. Una specie di grande affresco che nella prima parte ha come sfondo Lecco, e in particolare la frazione di Rancio arroccata sotto le pareti scoscese del San Martino, dove Casimiro è nato e ha avuto una naturale iniziazione al mondo della montagna; sfondo che dopo le Grigne, le Dolomiti, il Masino-Bregaglia, il Monte Bianco, lascia spazio nel giro di alcuni anni alle solitudini della Patagonia. Riporto dalla quarta di copertina: “Di carattere imprevedibile, burrascoso e indomabile, Ferrari si innamora della Patagonia, una terra di contrasti decisi, dove però trova la sua vera natura. In questa terra della fine del mondo, Casimiro Ferrari trascorre forse la parte più importante della sua vita aprendo vie nuove su pareti ancora inviolate come sull’Alpamayo, il Fitz Roy, il Cerro Murallon, il Cerro Riso Patron, e soprattutto il Cerro Torre per la sua parete ovest, la conquista che l’ha reso celebre in tutto il mondo”. “Che senso ha oggi ripresentare al pubblico un libro che parla di un alpinista morto da quasi vent’anni?” si chiede l’autore nella prefazione. La risposta si trova dando uno sguardo all’evoluzione alpinistica rapidissima degli ultimi anni che ha visto validi scalatori di varie parti del mondo cimentarsi con le montagne e le vie affrontate per la prima volta da Casimiro. “Quanto aveva saputo guardare lontano-cito ancora dalla prefazione- questo piccolo uomo, nato a Rancio, la culla del Gruppo Ragni? Sprovvisto di particolari doti atletiche, di pochi studi e con un carisma non certo innato, ma che si era costruito un pezzetto alla volta? Con un carattere sovente impossibile, la cui vita presto insidiata dalla malattia era stata una continua lotta anzitutto con sé stesso? Casimiro era un sognatore e di persone che ci insegnino senza compromessi, anche in modo brusco e sgradevole, il valore dei sogni, abbiamo bisogno sempre più”. Adriana Baruffini
Alberto Benini L’ULTIMO RE DELLA PATAGONIA Collana OltreConfine, Alpine Studio, Lecco, 2019
UNA GUIDA AI SENTIERI DEL SAN MARTINO Una monografia su San Martino, Medale e Coltignone, fortemente voluta dal Gruppo “Alpini Monte Medale” è stata redatta da Giancarlo Airoldi, fotografo esperto e profondo conoscitore dei sentieri di quella zona in quanto storico cittadino di Laorca. Corredato da un ricco apparato di fotografie, il volumetto, in formato leggero da zaino, presenta in una sintetica descrizione i principali sentieri che offrono panorami incantevoli su Lecco, indicandone punto di partenza e di arrivo, difficoltà, dislivello, tempo di percorrenza. Uno spazio è dedicato alla ferrata degli Alpini del Corno Medale, solo accennate alcune vie di arrampicata. Le ultime pagine sono riservate alla chiesetta del San Martino e al rifugio Piazza. Il libretto è reperibile presso l’infopoint a Lecco in Piazza xx settembre e al rifugio Piazza al San Martino. Adriana Baruffini
Recensioni
Giancarlo Airoldi SAN MARTINO, MEDALE, COLTIGNONE. Escursioni con vista su Lecco Tipografia Commerciale, aprile 2019
VERTICALE COME LE MONTAGNE E ORIZZONTALE COME IL LAGO Questo libro, un romanzo straordinario ancorato a una profonda ricerca storica, ha come protagonista un personaggio insolito: Giuseppe Airoldi, un impiegato comunale un po’ speciale, nato e cresciuto ai piedi del Resegone, tra il 1861 e la fine del 1913, inventore delle parole crociate. L’autore, Giorgio Spreafico, conosciuto nel lecchese per le sue opere sull’alpinismo, fa rivivere il protagonista dandogli tutta l’importanza che si merita e restituendogli il ruolo di spicco che ebbe a fine Ottocento. Racconta dieci anni di storia della vita di Giuseppe Airoldi riuscendo a far immaginare al lettore il quadro completo della società lecchese di quei tempi. Chi legge rivive un pezzo di storia di quegli anni ricchi di cultura; quando i rioni di Barco, Missirano, in quel di Maggianico pullulavano di poeti, artisti, e compositori come Ponchielli e Gomes. Concerti, feste e banchetti in quel di villa Gomes ricreano nel lettore l’atmosfera gioiosa di quegli anni. Il romanzo non manca di nulla e ritrae perfettamente gli “attori” di quel periodo: commercianti, politici, persone della Lecco bene, ripercorrendo le vie, le piazze, i bar, i ristoranti e i negozi storici della città, con una descrizione davvero minuziosa. Giorgio Spreafico scrive un romanzo affascinante che racconta la misteriosa storia del famoso gioco di parole che si intreccia con le vicende del lago e di una città scintillante. Dal fervore per l’alpinismo nascente con la fondazione del CAI, alle sommosse popolari, ai primi scioperi operai, alle battaglie fra garibaldini e cattolici. Descrive in modo simpatico l’epoca delle filande, delle industrie che fecero la storia del territorio manzoniano. Una storia ricca delle vicende quotidiane di Airoldi, tra lavoro e svago in quel di Castello, che si incrocia con gli eventi fuoriporta dei migliori enigmografi italiani del tempo. Insomma un avventuroso viaggio nei rebus e negli anagrammi, capace di coinvolgere e di sorprendere il lettore di oggi in un gioco “Verticale come le montagne e Orizzontale come il lago”. Donatella Polvara
Giorgio Spreafico L’UOMO DELLE PAROLE INCROCIATE TEKA Edizioni, Lecco, 2019
LA SCELTA DI WIELICKI “La mia scelta” è un libro che viene proposto con particolare convinzione ai lettori di “Uomini e Sport”, anche perché ad averci messo molto più di uno zampino è stato Luca Calvi, una persona ben conosciuta ed apprezzata per la sua conduzione e come interprete di diverse serate “A tu per tu”, oltre che per la speciale intervista che gli è stata riservata nella nostra rivista. Ma non è tanto per l’abilità con cui Luca Calvi è riuscito a tradurre alla perfezione il testo polacco, adattandolo nella forma del racconto diretto, che il libro, reso ancora più vivo e interessante, si raccomanda per una lettura che soddisferà pienamente gli appassionati d’alpinismo, trascinandoli in una storia carica di emozioni e di suspense. Il volume si presenta ora come una vera autobiografia di Krysztof Wielicki, uno dei protagonisti di quegli entusiasti polacchi che, a partire dagli anni settanta del novecento, avevano portato la scuola alpinistica del loro paese ai massimi livelli mondiali. Non era stato facile per loro, diventati in seguito personaggi di fama mondiale, come Jerzy Kukuczka, Wojtek Kurtyka e Wanda Rutkiewicz e lo stesso Wielicki, dover partire dal nulla, non avendo a disposizione né una tradizione di riferimento e meno ancora quelle attrezzature d’avanguardia che già agevolavano i grandi alpinisti occidentali. Vedere come lo stesso siano riusciti ad emergere, costituisce già un elemento sorprendente nella narrazione di Wielicki, che di quella pattuglia è stato l’autentico caposcuola. I suoi 14 ottomila himalayani gli appartengono solo come vertice di una collezione di conquiste che si sono alternate tra episodi esaltanti e altri dolorosamente drammatici. Altrettanto significativa della sua scelta è stata la decisione che, a 33 anni, lo portò a lasciare una situazione di benessere e tranquillità economica come ingegnere dirigente in una fabbrica automobilistica, per dedicarsi integralmente alla sua passione per l’alpinismo. In questo caso veniva comunque confermata soltanto la sua scelta originaria, quando non aveva dubbi di come orientarsi verso l’aspetto più severo e proibitivo della montagna, quello che si riferisce alle vette inaccessibili dell’Himalaya, prese prevalentemente di mira come meta di conquista nelle più temute avversità della stagione invernale. La sofferenza e il rischio che lì albergavano, gli fecero scrivere una volta: “Attaccare in inverno una montagna così grande, sconosciuta, con appena una piccola tenda a disposizione, è una cosa che solo un polacco può fare”. Con la sua autobiografia potremo addentrarci in una delle storie più lunghe, più diverse e più avvincenti di quelle che siano mai state vissute e narrate da un alpinista, che ha scelto questa professione per farne l’espressione di una passione innata, che non pone limiti per arrivare fin dove sembra impossibile. Renato Frigerio
Krzysztof Wielicki con Piotr Drozdz “LA MIA SCELTA” - Vita e imprese di una leggenda dell’alpinismo polacco Traduzione e adattamento di Luca Calvi Collana “Stelle Alpine” – Ulrico Hoepli Editore SpA – Milano, 2019
Recensioni
VITA DI SEZIONE Raduno sezionale ai Piani di Bobbio Si è svolto come ormai da tradizione domenica 16 giugno presso la Capanna Lecco, con una buona partecipazione di soci, in parte coinvolti da gruppi sezionali (Alpinismo giovanile, Gite sociali, GEO), ma per lo più affluiti in modo spontaneo a piedi o in funivia. Di ottimo livello come sempre l’accoglienza da parte dei gestori che hanno sfornato in tempi record pasti da consumare all’aperto o dentro il rifugio. Piacevole il clima di incontro e scambio fra soci di tutte le età. Relax nei pressi del rifugio aspettando camminatori e scalatori per il pranzo. Foto di Chiara Spinelli
LUTTI Negli ultimi mesi ci hanno lasciato: Roberto Boselli, socio CAI Lecco dal 1991 Giuseppe Ferrario, iscritto al Cai Lecco dal 1989 e vicepresidente della sezione, ha profuso il suo impegno in molteplici settori cardine della vita associativa: segreteria, biblioteca, collezione museale dell’alpinismo lecchese, organizzazione di eventi culturali, gite sociali, collaborazione con le scuole e altre associazioni… facendosi sempre personalmente carico degli eventuali problemi. In ogni campo ha lasciato traccia della sua passione per la montagna, della sua cultura e della sua attitudine alla divulgazione. Maurizio Del Pozzo, socio CAI Lecco e da vari anni appassionato frequentatore del gruppo Sci di fondo escursionismo. Ai famigliari delle persone scomparse l’abbraccio affettuoso di tutta la sezione
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Per ottenere gli sconti indicati è necessario esibire la tessera del CAI Lecco regolarmente rinnovata. Possono usufruire delle convenzioni anche i soci delle sottosezioni del CAI Lecco: CAI Barzio, CAI Ballabio, Strada Storta.
Vita di Sezione
NB: Per le società commerciali o aziende che volessero attivare iniziative di promozione o sponsorizzazione con il CAI Lecco telefonare allo 0341-363588 (orari apertura sede) o al 3393216291 oppure scrivere un’email a sezione@cai.lecco.it.
INFORMAZIONI DALLA SEGRETERIA - TESSERAMENTO QUOTE SOCIALI 2019
AGEVOLAZIONI E BENEFICI PER I SOCI
Le quote sociali per il 2018 sono le seguenti: Socio Ordinario Socio Ordinario* (nati dal 1994 al 2001)
Socio Familiare** Socio Giovane***
(nati nel 2002 e anni seguenti)
Socio Vitalizio Tessera per i nuovi Soci Duplicato Tessera
€46,00 €24,00 €24,00 €16,00 €20,00 € 5,00 € 2,00
*Al Socio ordinario di età compresa tra i 18 e i 25 anni viene applicata automaticamente la quota dei soci familiari. Tale Socio godrà di tutti i diritti del socio ordinario. ** Possono essere soci familiari solo i residenti al medesimo indirizzo del socio ordinario di riferimento. ***Socio giovane: a partire dal secondo figlio giovane in poi, il socio giovane verserà la quota di € 9,00. Si precisa che per poter usufruire dell’agevolazione prevista, il socio giovane dovrà avere un socio ordinario di riferimento (capo nucleo) in regola con il tesseramento dell’anno in corso ed appartenere ad un nucleo familiare con due o più figli giovani iscritti alla Sezione.
Agli associati è garantita la copertura assicurativa per infortuni che si verifichino nell’ambito di iniziative organizzate dal Sodalizio, ivi compresi i corsi e le scuole, oltre alla copertura assicurativa del Soccorso Alpino per attività sia sociali che personali. - I soci possono essere assicurati per gli infortuni in attività personale richiedendo la copertura assicurativa presso la sezione di appartenenza. - Il socio ordinario riceverà al proprio domicilio la rivista mensile del Cai “Montagne 360” e la rivista quadrimestrale sezionale ”CAI Lecco 1874”. - Tutti gli associati, con la presentazione della tessera riportante il bollino relativo all’anno in corso potranno usufruire degli sconti previsti dalle convenzioni indicate nell’apposito riquadro. - Tutti gli associati potranno usufruire gratuitamente dei servizi offerti dalla sezione: accesso alla documentazione presente nella biblioteca sezionale, utilizzo di internet, lettura dei periodici e delle riviste presenti in sede. - Tutti gli associati otterranno sconti sull’acquisto di libri o pubblicazioni del CAI.
Ricordiamo che a partire dal 1 novembre aprirà il tesseramento 2020. Qualora l’iscrizione per l’anno 2019 non fosse ancora stata rinnovata, si prega di procedere con il rinnovo quanto prima passando in segreteria o con bonifico bancario (come da istruzioni riportate sul sito www.cai.lecco.it)
IL RINNOVO DELLA TESSERA PUÒ ESSERE EFFETTUATO:
In sede: Tutti i martedì non festivi dalle ore 20:30 alle 22:00. Tutti i venerdì non festivi dalle ore 18:00 alle 20:00 In alternativa, il pagamento potrà essere effettuato a mezzo: a) Bollettino c/c Postale n. 12049227 intestato a C.A.I. Sezione di Lecco. b) BANCA POPOLARE DI SONDRIO, Agenzia di Piazza XX Settembre a Lecco, sul conto corrente intestato a C.A.I. Sezione di Lecco IBAN IT07 J056 9622 9020 0000 2154 X06. Il pagamento tramite Bonifico Bancario o Bollettino di c/c Postale prevede un contributo, per socio o per nucleo familiar, di € 2,00 per spese postali (Esempi - Singolo socio: quota + 2,00€ - Nucleo Familiare: somma delle quote + 2,00€). Il bollino verrà spedito per posta al domicilio del socio.
DIMISSIONI E MOROSITA’ Il socio può dimettersi dal Club Alpino Italiano in qualsiasi momento; le dimissioni devono essere presentate per iscritto al Consiglio Direttivo della Sezione, sono irrevocabili ed hanno effetto immediato, senza restituzione dei ratei della quota sociale versata. Il socio è considerato moroso se non rinnova la propria adesione versando la quota associativa annuale entro il 31 marzo di ciascun anno sociale; l’accertamento della morosità è di competenza del Consiglio Direttivo della Sezione; non si può riacquistare la qualifica di socio, mantenendo l’anzianità di adesione, se non previo pagamento alla Sezione alla quale si era iscritti delle quote associative annuali arretrate. Il socio di cui sia stata accertata la morosità perde tutti i diritti spettanti ai soci.
CALENDARIO CHIUSURA SEDE Venerdì 20 dicembre la segreteria e la sede chiuderanno alle ore 19.30 al fine di permettere a tutti di recarsi c/o l’Auditorium della Camera di Commercio di Lecco dove si svolgerà il consueto Concerto di Natale. La sede resterà chiusa dal 21 dicembre 2019 al 6 gennaio 2020.
Vita di Sezione