Notiziario 03/2017

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n° 3/2017


48

PEAK NIK IN PAKISTAN

56

TRA LE NUVOLE

44

ARRIVEDERCI SIULA

60

SOTTO IL SOLE DEL TRENTINO

11

OTTANT’ANNI DI BADILE


IN QUESTO NUMERO

4 6 11 18 21 22 24 26 30 38 44 48 51 51 56 59 60 64 66 70 75 76 78 80

EDITORIALE

IL SENSO DELL’ESSERE SOCI

Riscopriamo il valore dell’impegno personale di Alberto Pirovano, presidente CAI Lecco

SENTIERI E PAROLE

OMAGGIO ALLE OTTO MONTAGNE

Paesaggio e ricostruzione sociale nel futuro delle terre alte

di Aldo Bonomi

OTTANT’ANNI DI BADILE

La nord-est nel racconto del 1958 di Riccardo Cassin

di Riccardo Cassin

Notiziario quadrimestrale della sezione di Lecco “Riccardo Cassin”del Club Alpino Italiano N° 3/2017

Rocciatore e intellettuale, la vita di Ettore Castiglioni è ora diventata un film di Anna Masciardi

Redazione: Adriana Baruffini, Angelo Faccinetto

Dicembre 2009, ricordo del viaggio di Bonatti al vulcano Erta Ale di Max Dorigo

Direttore responsabile: Angelo Faccinetto

L’ALPINISTA PARTIGIANO

IN DANCALIA CON WALTER

NEL MONDO DELLE MARGHERITE

Impaginazione e Grafica: BitVark - Pavia

LA VIA, IL PROFETA E LA RAGAZZA

Tipografia: A.G.Bellavite Missaglia - Lecco

Nel nostro territorio sono presenti circa 240 specie di asteracee di Annibale Rota Settembre 1962, sulla Graffer con Roberto Gallieni

di Dino Piazza

PREPARARSI ALLO SCI

Ginnastica mirata in vista della stagione sulla neve di Jacopo Pisati e Sebastiano Morassi

L’INTERVISTA

QUANDO LE PAROLE NON CONTANO

Dal McKinley, alla prima italiana all’Eiger. I trent’anni di grandi scalate di Romano Perego

ALPINISMO e ARRAMPICATA

di Angelo Faccinetto

SUL MITO DENALI

La ripetizione della via dei Cechi alla Sud del McKinley

di David Bacci

ARRIVEDERCI SIULA

Cronaca di una rinuncia d’estate sulle Ande peruviane di Matteo Della Bordella

PEAK NIK IN PAKISTAN

Nella Kirys Valley tra rocce sabbiose e vette verdeggianti

IL CERVINO DA RAGAZZI

Testata di proprietà del Club Alpino Italiano sezione di Lecco “Riccardo Cassin” Sede: via Papa Giovanni XXIII, 11 23900 Lecco Tel: 0341363588 Fax: 0341284717 www.cai.lecco.it sezione@cai.lecco.it Autorizzazione Tribunale di Lecco N. 5/78 del 20/06/1978 Spedizione in A.P. -45%- Art. 2 Comma 20/b legge 662/96 Tiratura 2500 copie Chiuso in redazione 04/12/2017

di Luca Schiera

Cinquant’anni di storia alpinistica di Carlo Danelli e Roberto Masciadri di Anna Masciadri

LA MISURA DELLA MONTAGNA

Considerazioni flash dal corso di arrampicata su roccia

ESCURSIONISMO

di Filippo Magnani

TRA LE NUVOLE

Un successo, nonostante il meteo, l’uscita alpinistica all’Allalinhorn di Arianna Proserpio e Elisa Nogara

IL FAMILY CAI AL PRIMO RADUNO

Tra le cascine e i sentieri del Parco di Monza

ALPINISMO GIOVANILE

di Andrea Spreafico

SOTTO IL SOLE DEL TRENTINO

Trekking del Catinaccio per i ragazzi dell’Alpinismo Giovanile di Clotilde, Elisa, Michele, Serena, Stefano

UN GIORNO IN BICI

Al lago di Garlate la chiusura di un anno di attività

GEO

di Marco Giudici

RICORDANDO MARCELLO

Passione per la montagna e solidarietà in anni di impegno con il GEO Gli amici del Gruppo GEO

APPUNTAMENTI

UNA CAMMINATA IN CITTÀ

A Milano, sulle tracce del pittore Giancarlo Vitali

MONTI SORGENTI OFF Iniziative per tutto l’anno

UN RACCONTO PARTIGIANO

di Tiziana Rota di Emilio Aldeghi

In prima di copertina: corso di roccia 2017. In discesa sulla cengia dei camosci, Piz Ciavazes. Foto di S. Arrigoni. In quarta di copertina: Gioco di arrampicata durante il primo raduno regionale del Family CAI al Parco di Monza, 24 settembre 2017. Foto di A. Spreafico. Stampato secondo la filosofia GreenPrinting® volta alla salvaguardia dell’ambiente attraverso l’uso di materiali (lastre, carta, inchiostri e imballi) a basso impatto ambientale, oltre all’utilizzo di energia rinnovabile e automezzi a metano.

La rievocazione dei fatti di Erna nella rassegna “Rifugi di Cultura” di Giulia Faccinetto

RECENSIONI

VITA DI SEZIONE

ZeroEmissionProduct®. A.G. Bellavite ha azzerato totalmente le emissioni di Gas a effetto Serra prodotte direttamente o indirettamente per la realizzazione di questo prodotto.


IL SENSO DELL’ESSERE SOCI di Alberto Pirovano*

C

are socie e cari soci, ci avviamo alla fine di un

anno intenso, ricco di cam-

biamenti, soddisfazioni, ma anche di eventi dolorosi che avremmo evitato volentieri. Non voglio qui ripercorrere l’intero anno, avremo modo di parlarne direttamente nei prossimi appuntamenti ed in particolare nell’assemblea annuale di primavera. Vorrei invece affrontare il tema del

tesseramento. Quest’anno abbiamo cominciato il primo di novembre garantendo così la possibilità di aderire al sodalizio a quelle persone che si avvicinano alla nostra associazione in occasione dei corsi invernali. Il numero dei soci, nonostante la fisiologica rotazione che si attesta intorno all’8%, è in costante aumento, ma una riflessione è doverosa sulle motivazioni che

Grigna. Foto di Annibale Rota

portano un escursionista o alpinista ad

cuni servizi che il CAI offre ed in par-

iscriversi al CAI. Quello che sta avve-

ticolare, in occasione del tesseramen-

nendo è quasi una divisione tra soci

to, vi invito ad approfondire il tema

e soci-volontari, dove, in quest’ultima

delle coperture assicurative. Oltre alla

categoria, annoveriamo le persone

polizza soccorso, inclusa nella quota

impegnate direttamente nell’organiz-

di tesseramento base, vi sono diver-

zazione delle diverse attività. All’au-

se opzioni per poter vivere la propria

mento dei soci non corrisponde un

passione, anche durante l’attività per-

equivalente aumento dei volontari.

sonale, in tranquillità. Ne esemplifico

Questo fenomeno lascia intendere

una tra le tante. La copertura sulla

una visione del CAI, da parte di molti,

responsabilità civile. Con 10 € annui

come mero fornitore di servizi: assi-

il socio e l’intero nucleo famiglia-

curativi, organizzativi, turistici, cultu-

re convivente, sono tenuti indenni in

rali… E’ invece auspicabile una visione

caso di danni provocati a terzi durante

del CAI come associazione che vive

la pratica. In una società in cui, pur-

grazie all’apporto,

più o meno co-

troppo, ad ogni evento negativo deve

stante in funzione dei propri impegni,

corrispondere un responsabile è facile

del maggior numero possibile di soci.

che un incidente più o meno banale

Le occasioni e le necessità coprono

possa trasformarsi in una richiesta di

un ventaglio estremamente ampio, in

risarcimento…

cui, sono sicuro, ogni socio potrà trovare il modo per realizzare la propria visione del Club. Nondimeno resta l’importanza di al-

Buon Natale e Buon Anno * Presidente CAI Lecco


LA PICA DE CRAP A MARIO CONTI di Alberto Pirovano

M

ario Conti, Ragno lecchese, Guida Alpina e punto di riferimento per i giovani al-

pinisti lecchesi che grazie a lui hanno scoperto l’alpinismo extra europeo, ha ricevuto nel mese di agosto scorso il premio “La pica de crap”. La piccozza di pietra, realizzata in pietra ollare locale, è assegnata ogni anno dal CAI Valmalenco e dall’associazione Giazz Jamming ad un alpinista distintosi non solo per l’attività alpinistica, ma anche per le doti di solidarietà ed umanità. Mariolino porta con sè queste caratteristiche, distillate da una carriera

zioni. Prima di lui hanno ricevuto il riconosci mento Kurt Silvio

Diemberger, Mondinelli,

Sergio Martini, Elio Orlandi e Simone Moro. Il CAI malenco ha contestualmente assegnato il “Moschettone della solidarietà”, opera anch’essa in pietra, al Soccorso alpino abruzzese.

alpinistica invidiabile e dalla costante voglia di mettersi a disposizione degli altri, soprattutto delle nuove genera-

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Alpeggio ben curato in valle del Bitto, Passo San Marco. Foto Angelo Faccinetto

OMAGGIO ALLE OTTO MONTAGNE di Aldo Bonomi*


C

i sono luoghi simbolo dove la letteratura e la storia fanno precipitare, più che altrove,

le discontinuità e il salto d’epoca. Per

le terre alte, per i dislivelli dell’abitare e vivere in alto, tanto che sembrava un altrove, è la Davos della montagna incantata di Thomas Mann. Dove si racconta lo scontro e il duello tra il gesuita Naphta e l’illuminista Settembrini attorno al tema del moderno e della sua interpretazione. Chi di noi, oggi, non ha guardato al forum di Davos interrogandosi sullo scontro in atto tra le due globalizzazioni, quella espansiva cinese e quella dei muri di Trump? La montagna in movimento qui va collocata. Racconti di ieri, di un margine di montanari che stavano sullo sfondo, sanatori per l’aria buona e vette per un’elite in ascesa come borghesia e come alpinisti, racconti di oggi delle terre alte che si fanno centro e si confrontano con i flussi che mutano lo spazio di posizione e la sua rappresentazione. E’ nella dialettica tra flussi e luoghi che va capito e cercato il movimento dei tanti attori sociali di questo territorio vasto che va dall’arco alpino, giù lungo l’Appennino sino nel Mediterraneo. Quasi a segnare la

La stazione della funivia ai Piani di Bobbio. Foto Angelo Faccinetto Sotto: tipico nucleo abitativo valtellinese abbandonato negli anni Sessanta. Foto Adriana Baruffini

linea tra l’Europa del burro e l’Euro-

pianura e delle città. Si ridisegnano

di Terni sino all’Italsider di Taranto… Le

pa dell’olio. Confine che interroga, a

oggi i dislivelli, non più solo gerarchici

nostre vite minuscole stavano in quel

proposito di globalizzazione dei muri,

come un tempo tra il “resta sempre

racconto del mondo dei vinti di Nuto

un’Europa del rinserramento che pare

lassù il paese” nelle Langhe di Pavese

Revelli, fatto di tracce della coscienza

avere dimenticato i passi alpini, con

e la company town Torino, ma segnati

di luogo a confronto con la coscienza

tanto di abbazia e rifugio per i pro-

dal ricomparire dell’adagio braudelia-

di classe. Il fordismo è stato per noi

fughi-viandanti di oggi. Come ci ha

no “città ricca-campagna florida” che

esodo, spaesamento e flussi in risa-

insegnato Becattini è la coscienza di

oggi si potrebbe declinare in pianura

lita delle dighe e dell’idroelettrico. Il

luogo che fa prender parola ai territo-

ricca e montagna florida.

postfordismo dell’economia diffusa lo

ri, rompendo l’anomia triste delle terre alte subalterne alle terre basse della

Sentieri e Parole

abbiamo vissuto con la risalita a salCoscienza di luogo

mone dell’impresa diffusa, la magnifica

Noi montanari alla coscienza di luo-

comunità del Cadore e la Luxottica,

go ci siamo arrivati, prima precipitan-

Fabriano e la Merloni, la Ignis e Tren-

do a valle attratti dalle sirene fordiste

to, ci hanno trasformati in metalmon-

della FIAT, della Falck, delle acciaierie

tanari, usando la metafora di Fuà del


convivenza. Acqua, aria, ambiente, boschi, paesaggio, bellezza sono fondanti sia delle retoriche della green economy e degli interroganti summit, non alla Davos, ma di Cop21 di Parigi e Casablanca, che degli eterotopici obiettivi dell’ONU per lo sviluppo sostenibile. Nelle terre alte, in quelle che chiamiamo aree interne del paese, sono l’utilità marginale di un’economia nella crisi ecologica del sistema. Da qui il movimento, fatto di tracce di coscienza di luogo, che si interrogano sul “non più”, l’abbandono ai tempi del fordismo, la turistizzazione per stazioni sciistiche idrovore di cannoni per la neve, le seconde case, la fine del ciclo del metalmezzadro e le reti dell’attraverso. Riabitare Ed è nel pensare il “non ancora” che la coscienza di luogo si fa momento del possibile, in primo luogo con “una rivoluzione dello sguardo… che ripari la memoria tradita di quei luoghi… la montagna povera e gli interni (in Italia più della metà del territorio)” così scrive Antonella Tarpino nel suo libro

Il paesaggio fragile - L’Italia vista dai Vecchie case rurali prima abbandonante, si ripopolano di giovani famiglie. Sotto: il bosco avanza su terrazzamenti precedentemenre coltivati a vigna in Valtellina. Foto Adriana Baruffini

margini che per me è in primo luogo un invito a smetterla con lo strabismo

metalmezzadro. Poi è arrivata la tu-

della montagna lo porta oggi al centro

delle terre alte ossessionate dal guar-

ristizzazione, con i distretti della neve

dell’attraversamento del capitalismo

dare in basso. Significa ripartire dal

e con le impresine delle costruzioni

delle reti. La frenesia della logistica

nostro paesaggio che, sarà bene ri-

nel ciclo delle seconde case, con cui

disegna i suoi spazi dell’attraverso: la

cordare, non è questione estetica, ma

ci siamo mangiati un bel po’ di terri-

Val Susa, il terzo valico, il Gottardo, il

costruzione sociale che alle forme dei

torio. Anche nelle singole vallate alpine

Brennero, la Quadrilatero in Appen-

lavori e dell’intraprendere, nelle lunghe

ci sono i dislivelli con in basso capan-

nino. Le autostrade della neve verso

derive della storia, rimandano. Con la

noni industriali diffusi e ipermercati, e

le terre alte disegnano uno spazio di

rivoluzione dello sguardo si potran-

in alto ciò che resta: comuni polvere

reti e tunnel per le merci nell’epoca dei

no vedere allora i paesi abbandonati

e spesso paesi abbandonati. Il modello

muri per le persone. Il margine che si

e progettare scuole del ritorno sca-

di sviluppo egemone ha colpito duro.

fa centro ha portato la montagna in

vando nelle memoria, della resisten-

Ogni vallata ha la sua piccola company

mezzo tra flussi e luoghi. Dove le ri-

town dei servizi o un polo di turismo

sorse di ciò che era margine si fan-

della neve o di seconde case. Infine il

no centrali nell’epoca interrogante dei

mutamento dello spazio di posizione

modelli di sviluppo e delle forme di

Sentieri e Parole


za come ha fatto la Fondazione Nuto Revelli a Paraloup o dell’emigrazione come ha fatto il Comune di Ieraci in Calabria. Evitando anche qui, su questo tema drammatico della nostra epoca, gli sguardi prefettizi che con logiche da vasi comunicanti a volte pensano “li mandiamo tutti là evitando la densità delle città”. Il riabitare, l’incontrarsi nelle forme di convivenza è un pensare e condividere la comunità che viene. Così come per andare oltre la turistizzazione del territorio e delle seconde case, i turismi lenti del moderno sono rinascita di luoghi, paesaggi, enogastronomia, economie agro-silvo-pastorali che fanno manutenzione e bellezza di un territorio. Come ci insegna il poeta e paesologo Franco Arminio “resta sempre lassù il paese” non è nostalgia ma voglia di comunità, di cura e di operosità. Che non può prescindere, nell’epoca dei servizi, dal pensare una mobilità dolce, una scuola, una sanità e le Poste che fanno welfare community. Solo così si potrà rialzare lo sguardo in una nuova dialettica dei dislivelli la cui figura idealtipica è il ritornante per memoria, per visione o fuga dal modello di svi-

Recupero di terrazzamenti per la coltivazione della vite e dell’ulivo e (sotto) ritorno della tradizionale coltivazione di grano saraceno sulle montagne della media Valtellina fino a 800-1000 m di quota. Foto di Adriana Baruffini.

luppo prima tratteggiato, che non ha

gna o nell’economia dei parchi che

sfida del “non ancora”, ricordo a chi

scavato solo le montagne ma anche le

non è più solo conservazione ma ma-

vive le montagne in movimento, che

terre basse con vuoti urbani, povertà,

nutenzione del territorio. Ultimo, ma

per noi le macerie del terremoto delle

disagio, precariato… Non a caso ci si

non per importanza, caso di ritorno, si

montagne dell’Italia di mezzo sono la

interroga come fare smart city nell’e-

decentra anche il sapere con la Stata-

sociologia delle macerie ove eserci-

poca dei flussi. I ritornanti sono oggi

le di Milano che apre in Valcamonica

tare l’eterotopia del “non ancora” che

un’avanguardia agente, spesso in fuga

l’Università della Montagna. Tutte ten-

verrà. Lì più che altrove si vedrà se

dalla città, in cerca di un altrove come

denze in movimento che fanno dire

con una visione più da “dov’era” che

documenta Maurizio Dematteis nel

che il pendolo dei dislivelli oscilla oggi

da “com’era” riusciremo ad alzare lo

suo libro Via dalla città, ma anche tanti

verso la montagna tenendo assieme

sguardo partendo dal “com’era” della

giovani, come documenta la Coldiretti,

smart city e smart land, non senza

voglia di comunità al “come sarà” di

che tornano all’agricoltura di monta-

problemi e conflitti. Quel che è certo è

un altro sviluppo possibile del margine

che dal territorio del mondo dei vinti

che si fa centro.

Sentieri e Parole

si è ripreso voce e racconto, certificati dal successo di Le otto montagne di Paolo Cognetti. Ma per tornare alla

*Sociologo del territorio


OTTANT’ANNI DI BADILE

I

di Riccardo Cassin

l Pizzo Badile sprofonda verso la Val Bondasca con un salto di circa novecento metri. La parete nord-

est è un immane badile di granito che balza immediata dal ghiacciaio

ti in diagonale e rovesciati, sul primo tratto, con tetti che sopravanzano, con placche verticali che quando cessano d’esser tali diventano convesse, senza nulla perdere della loro levigatezza. La gigantesca muraglia si può dividere in tre parti: il primo terzo è costituito da lastroni inclinati, ripidissimi; la parte media ha un nero colatoio costantemente battuto dalle scariche; la terza parte è solcata da lunghi camini e colatoi paralleli. In alto non vi sono più cenge a causa della neve ammassata. Solo sotto la vetta la pendenza diminuisce. Questo “scivolo” formidabile viene indicato come uno degli ultimi grandi problemi delle Alpi. [...] La domenica successiva siamo ancora li, e stavolta con maggior fortuna. Ci portiamo ai piedi della parete liscia

lo spigolo nord per osservare più da vicino e da pari altezza, anziché dal sotto, la via da seguire. Decidiamo di sferrare l’assalto il giorno dopo, ma la disdetta ci perseguita. Nembi che nulla promettono di buono si radunano e si insediano sulla Bregaglia, radicandosi alle cime e pertanto riteniamo cosa saggia il tornare a Lecco per la seconda volta.

Cartolina del Badile con il tracciato della prima salita

e regolare, cerchiamo il punto vulnepercorriamo per circa duecento metri

nostante stavolta siamo due squadre

quando giungono due amici di Como,

in concorrenza. È la terza estate che

appassionati frequentatori della Grigna,

Molteni ritorna all’assalto: egli ci mo-

conoscitori delle montagne del Masi-

stra l’itinerario che ha seguito, la cen-

no. Sono Mario Molteni e Giuseppe

gia dove ha pernottato, le rocce sulle

Valsecchi.

quali i precedenti tentativi sono falliti

Ci salutiamo con entusiasmo, no-

del Cengalo con enormi diedri tira-

rabile dal quale iniziare l’attacco e poi

Stiamo per lasciare il rifugio Sciora

e dove egli è caduto l’anno scorso.


qualcuno ci porta via “la prima”. […] Il martedì mattina risaliamo di nuovo lo spigolo Nord del Badile, stavolta per circa seicento metri, per esaminare da vicino la muraglia nord - est e ridiscendiamo in arrampicata libera per meglio assuefarci alle caratteristiche del granito. Ci sentiamo in piena forma per addestramento e vigore fisico. […] Verso le sette ci accorgiamo che Molteni e Valsecchi non sono andati a fare un giro, come credevamo, bensì hanno attaccato la parete. «E allora si rimanda o si parte?» «Si parte.» Alle otto lasciamo il rifugio. Il cielo è completamente sereno. Comi e Todeschini ci accompagnano portandoci i sacchi. Mentre attraversiamo la morena del Cengalo, per giungere all’imbocco del “Viale”, la parete ci appare in tutta la sua possente verticalità, semplice, elementare nella forma ma gigantesca e pare schiacciarci. Tale austero spettacolo anziché agghiacciarci e respingere affina la volontà. Ciò che la montagna ci tiene in serbo non lo possiamo penetrare e le gravi inco-

Ginetto Esposito, Riccardo Cassin e Vittorio Ratti, 1937.

gnite ci attirano prepotentemente.

Conosciamo la sua terribile odissea

Così la sera del 12 luglio ci vede nuo-

di quattro giorni per tornare alla base.

vamente al rifugio. Ci accompagnano

Nel primo tratto ha lasciato chiodi e

Giuseppe Comi e Gianni Todeschini. Il

corde. […]

locale con le cuccette è aperto e oltre

Durante la settimana più volte ri-

a Molteni e Valsecchi che sono rimasti

pensiamo agli amici comaschi. Stanno

in snervante attesa, dormendo male

sulla parete? Fino a quale punto sono

e lottando con il freddo e l’umido, ci

arrivati? Gli interrogativi non trovano

sono una comitiva di tedeschi, una

naturalmente risposta e decidiamo

guida del Kaisergebirge, e una guida

di ripartire comunque stiano le cose.

engadinese. Il tempo non soddisfa per nulla, ma

Sentieri e Parole

stavolta siamo decisi a non mollare finché non smette il broncio. E non possiamo fare altrimenti perché, se appena appena allentiamo la guardia,

Alle dieci siamo alla base: con meraviglia vediamo che i comaschi hanno iniziato duecento metri più a destra. Tracciando una linea verticale dalla vetta al ghiacciaio, il punto del nostro attacco si trova un centinaio di metri a destra; l’itinerario che intendiamo realizzare costituisce la via più naturale. Togliamo gli scarponi, calziamo le scarpette e ci leghiamo in questa formazione: Cassin, Esposito, Ratti. Con un passo superiamo la crepaccia terminale e siamo sulla parete. Un solo passo, ed è come lasciare alle spalle


ciò che è conosciuto per immergerci nell’ignoto e nell’imponderabile, ma questo non pesa sull’animo anche perché i primi cento metri, percorsi su una cengia che obliqua verso destra che va a finire su grandi massi sovrapposti, non presentano grandi difficoltà. Dopo un’ora d’arrampicata abbiamo già oltrepassato in altezza la cordata dei comaschi che avanza sulla nostra destra. Il tempo è splendido: di meglio non si potrebbe chiedere. Sormontiamo un sassone, raggiungendo la base di un diedro alquanto inclinato, sul labbro destro del quale ci innalziamo fino alla sua sommità. Pieghiamo poi per una fessura obliqua verso sinistra, fino alla serie di diedri rovesciati che, stando sul labbro sinistro, risaliamo con quattro o cinque tiri di corda. Una parete semi-verticale ci porta al primo posto di bivacco, che è quello di cui Molteni parlò. È ancora presto e saggiamo la parete per un’altra cinquantina di metri sopra di noi. Si potrebbe bivaccare anche qui, ma, visto che il posto migliore è quello sotto, ci ricaliamo lasciando le corde fisse per domattina. Considerando le difficoltà vinte, siamo più che soddisfatti del lavoro compiuto in poche ore. Ci sediamo e ceniamo tranquillamente. Sul tardi ci raggiungono Molteni e Valsecchi: l’incontro è festoso. Sul ripiano ci stiamo tutti e ci apprestiamo a trascorrere insieme la notte. […] Ci svegliamo prima del sorger del sole ed è l’ora più fredda della giornata, dominata da una luce grigia priva d’ombre che sembra nascere dalla terra così come dal cielo. Verso le cinque siamo in piedi, cominciamo con lo sgranchirci i muscoli intorpiditi, facciamo colazione e prepariamo i sacchi per la partenza. Torniamo a

Il Badile in una foto d’epoca

legarci. Lo spettacolo del giorno che

ma alla fine non so dir di no e cedo

si inizia è sempre nuovo; qui la verti-

alle insistenze dei comaschi.

calità del tratto scalato e di quello da

«Legatevi dopo Ratti», ordino. «E

scalare dà ai pensieri un ritmo serrato.

Molteni resti l’ultimo.» È un onore che

All’improvviso, quando sono già in

gli spetta quale capo della sua cordata

parete, Esposito mi ha seguito e Rat-

e per i precedenti tentativi.

ti sta per partire, Molteni mi chiama

Malgrado la pesantezza della nuova

e chiede di formare un’unica cordata.

formazione, si va abbastanza spediti:

Evidentemente egli e Valsecchi non se

dato che siamo in tanti si procede a

la sentono di proseguire da soli.

due per volta, alternati. Dopo le corde

La proposta ci lascia alquanto sconcertati. Tutti e tre siamo perplessi e non sappiamo deciderci. Salire in cordata di cinque su una simile parete non è l’ideale, cozza contro la logica,

Sentieri e Parole


sotto lo strapiombo e nel medesimo istante con uno schianto immane il roccione piomba sulla sporgenza dello spigolo dove già mi ero per metà cacciato in fuori, esplode in mille proiettili e prosegue la pazza corsa verso il vuoto. Per una decina di minuti l’aria percossa trema, non ci sentiamo più e quando lo sconquasso si placa ed un silenzio immoto si distende, una nube di polvere ci impedisce di vedere, un puzzo di zolfo ci appesta. L’un l’altro ci chiamiamo, l’un l’altro ci rispondiamo, ansiosamente. Siamo tutti salvi. Per la sporgenza della parete, i primi quattro si trovavano fuori della traiettoria. Molteni, l’ultimo di noi, nel diedro-camino e quindi esposto, se l’è cavata per miracolo. Uno scheggione, rimbalzando dallo spigolo, è passato di striscio su di lui, sventrandogli lateralmente il sacco sulle spalle. Zucchero, chiodi, biscotti, calze, maglione: tutto è finito nell’abisso, ma egli è incolume. Allibiti ci parliamo a frasi mozze; sui vestiti stanno due dita di polvere. Una specie di freddo terrore è entrato in noi. La sensazione d’essere in balia del caso, alla mercé di forze incontrollabili,

Riccardo Cassin e Vittorio Ratti.

scuote la nostra sicurezza e incerti sul

fisse di ieri traversiamo fino al cola-

Ratti è alla stessa altezza di Esposito

toio centrale e saliamo verticalmente

ma a metà della traversata; Valsecchi

per due tiri di fune, appoggiando poi

è all’inizio della traversata; Molteni ad

verso destra, sotto un grande stra-

una quindicina di metri sotto Valsec-

piombo. Con una esposta traversata

chi sale dentro il diedro-camino. Tale

lo raggiungo, sto per superarlo, ho già

è la posizione dei singoli componenti

fissato un chiodo al disopra del suo

la cordata, quando il fatto si produce.

orlo sporgente, ma non vi ho anco-

Sento infatti un secco scoppio, un

ra innestato la corda; Esposito sta

sibilo prolungato, ed una specie di

ad una ventina di metri sotto di me;

boato sotterraneo mai fino ad oggi udito: alzo gli occhi e vedo staccarsi

Sentieri e Parole

dall’alto dello spigolo nord un masso enorme. «Tieni le corde!» urlo a Esposito. Mollo tutto, mi attacco alla fune, volo

da farsi restiamo lì senza avanzare e senza retrocedere. I diversi componenti della cordata, e Molteni in special modo, cercano di portarsi sotto un qualche cosa che prometta riparo, ignorando se si tratta di un crollo isolato, o se invece è l’avvisaglia di frane successive. Attendiamo un bel po’ e con le parole via via scambiate ci rinfranchiamo, finché non si riprende a salire, o per esser precisi, riprendo io perché tocca a me. Rifaccio le manovre per portarmi al disopra dello strapiombo, e quando mi


riesce di emergere guardingo alzo gli occhi allo spigolo, poi mi tiro su e sento il cuore farsi piccino: là dove stava il mio chiodo tutto è polverizzato. Pochi istanti di anticipo miei, pochi istanti di ritardo del masso, e sarei rimasto maciullato. […] La ricerca di un ripiano qualsiasi per il bivacco diventa spasmodica. Saliamo ancora per trenta metri, ma sulla sinistra, finché verso le ventuno arrivo ad un posto che si presta. Qui mi raggiungono Esposito, Ratti, Valsecchi e Molteni. Ci si siede chi un po’ più in alto, chi un po’ più in basso, dove un terrazzino sia pur esiguo promette un certo riposo. Siamo molto in pensiero per le condizioni fisiche dei comaschi ed altri neri interrogativi sorgono in noi. Quando arriveremo in vetta? Quali e quante difficoltà ci attendono? Saremo in grado di superarle dopo due notti trascorse in parete? […] Stiamo preparandoci per il bivacco e di botto si scatena un temporale furibondo. Lampi spettrali rompono le tenebre, spaventoso esplode il tuono, scrosci d’acqua ci investono, torrenti che si fanno strada nei colatoi sovrastanti ci inzuppano. Pietre cadono intorno a noi con scoppi improvvisi; raffiche di vento fischiano e sibilano, e quando di colpo cessano, il silenzio è ancor più pauroso. La fitta oscurità ci impedisce di muoverci. In pochi istanti siamo fradici; il ventaccio pare denudarci; la situazione è preoccupante, ma soprattutto siamo allarmati per Molteni e Valsecchi che oltre ad essere spossati non hanno indumenti d’alta montagna. Esposito, che mai perde la padronanza di sé, canta per sollevare il morale e lo seguiamo in sordina, accompagnati dai tuoni. […] Verso le ventiquattro un furioso

Riccardo Cassin e Ginetto Esposito.

vento da settentrione spazza le nubi

data. Dopo di me verrà Esposito, se-

e il cielo sereno si carica di stelle. La

guito da Molteni, quindi da Valsecchi

notte si fa ancor più gelida. Nei vestiti

e Ratti da ultimo la chiuderà. E questo

bagnati, duri come il cartone, battiamo

per agevolare il lavoro di Molteni che

i denti, intirizziti. Le ore diventano in-

è alquanto stanco.

terminabili. Alla fine un lieve chiarore

Le difficoltà appaiono immediata-

annuncia l’alba, mai così tanto attesa,

mente estreme, tanto più che si deve

ed il freddo come sempre aumenta

arrampicare in un colatoio con un ab-

finché si leva il sole.

bondante rigagnolo. Un velo liquido

Col sole ci sembra di rinascere, i

d’acqua scorre sugli appigli e s’ingros-

muscoli rigidi si sciolgono, i piedi gelati si scaldano, i volti si rischiarano. Sostiamo un’ora per intiepidirci un po’ e siamo pronti a riprendere l’arrampicata. Decido di mutare l’ordine della cor-

Sentieri e Parole


di braccia, io continuo lentamente ma con regolarità nella salita estenuante, metro dopo metro. Il vetrato infido e la neve incrostata mi perseguitano. Assicurato ad un chiodo, tolgo le pedule e calzo scarponi e ramponi per uncinare questo terreno sdrucciolevole. Alle sedici del 16 luglio esco sulla vetta: la furia degli elementi è terrificante. Un colpo di vento mi investe e vacillo, ma contemporaneamente le diaboliche cortine della tormenta si aprono e scorgo come attraverso un foro, sotto di noi, il rifugio Gianetti illuminato dal sole. «Siamo salvi», urlo ad Esposito che mi segue. «Viene il bel tempo!» e nello stesso istante la visione serena si chiude e ripiombiamo nell’inferno. Quando siamo tutti in cima, la violenza dell’uragano raggiunge il parossismo. Non possiamo concederci un attimo di sosta: scariche elettriche serpeggiano, i capelli si rizzano benRiccardo Cassin nella ripetizione della sua via compiuta a 78 anni con Daniele Bianchi, Floriano Castelnuovo, Mario Conti e Danilo Valsecchi, 1987

sa quando la mano si posa sul sasso,

nati amici, sostenendoli con qualche

dalle mani scende ai polsi, si infila nelle

buona parola. […]

maniche, le braccia fanno da condut-

Ora che il “traverso” è fatto, biso-

tore, giunge al petto e alla schiena; in

gna rientrare nel grande imbuto che

breve siamo zuppi come immersi in un

solca la squallida muraglia del Badile e

pozzo. […]

porta alla vetta. Per far questo siamo

Dopo circa due ore d’arrampicata,

costretti a calarci per circa 18 - 20

Molteni e Valsecchi danno segni di

metri a corda doppia, rialzandoci poi

stanchezza. Esposito è costretto ad

qualche metro e traversando su una

aiutarli, specialmente Molteni, ed è un

difficile faccia anch’essa espostissima.

durissimo lavoro che rallenta la già

In tal modo rientriamo nel grande im-

faticosa progressione. Cerchiamo con

buto. […]

ogni mezzo di confortare gli sfortuI due comaschi moralmente e fisi-

Sentieri e Parole

camente non esistono più. Diamo loro del cognac e dei biscotti, ci affrettiamo riducendo le soste a pochi minuti, anzi, mentre Esposito tira su Molteni a forza

ché la testa sia coperta dal passamontagna e dal cappuccio della giacca a vento. Infiliamo nel sacco il materiale ferroso per paura che qualche fulmine ci colpisca; tengo la sola piccozza per ancoraggio. Cerchiamo la via della discesa. Raffiche di vento ci sbattono contro le rocce. Su indicazione dei comaschi, che son pratici della montagna, troviamo la paretina e poi ci infiliamo nel canalone della via normale. La visibilità è nulla. Tutto è uniformemente eguale. […] Il turbine gelato ci avviluppa sempre più, gli elementi scatenati stanno per vincere i più deboli fra noi. Vuoto le ultime gocce di cognac sulle labbra di Molteni, cerco di sostenerlo, che ormai non ha la forza


Vittorio Ratti, Riccardo Cassin , Ginetto Esposito alla prima salita della Nord-est del Badile.

di progredire. Lo abbraccio quasi per

diamo muti. […] Poiché il proseguire

cinquantadue ore sulla parete, scalan-

infondergli vita, ma invano: senza un

nella notte oscurissima è impossibile

do per ben trentaquattro. Per dodi-

lamento s’accascia al suolo per non

ignorando la posizione in cui ci tro-

ci ore senza sosta la tormenta ci ha

rialzarsi più. […]

viamo, decidiamo di bivaccare. […]

flagellato. Una stanchezza mortale ci

Quando un ostacolo non permet-

All’alba il cielo è terso. Ci scuotiamo la

svuota d’ogni volontà e piombiamo

te a Ratti di proseguire, e ci troviamo

neve da dosso, i ghiaccioli che il fiato

istantaneamente nel sonno.

riuniti, Valsecchi cerca con gli occhi

ha formato intorno al viso. Il benefico

Il giorno dopo, con la squadra di

Molteni. Non lo vede, ma si accorge

tepore del sole penetra nella carne. Ci

soccorso salita da San Martino di Val

che la corda lo unisce direttamente

guardiamo intorno: non un pezzetti-

Masino, torniamo sul Badile a ricupe-

ad Esposito. Intuisce l’irreparabile e, in

no di roccia è scoperto, sembra che la

rare le salme degli amici.

piedi, accanto ad un masso, piange si-

montagna stia sotto ad un unico im-

lenziosamente. Cerchiamo di confor-

menso lenzuolo.

(dal libro di Riccardo Cassin Quando

tarlo; non abbiamo più nulla da dargli,

Scendiamo faticosamente le ultime

la parete strapiomba, Baldini e Castoldi

né una goccia di cognac, né un bi-

balze, trasportando fino alla base della

editore 1958, riedito nel 2013 da Al-

scotto. […]

parete la salma di Valsecchi, la com-

pine Studio)

Gli siamo vicini tutti e tre, lo rial-

poniamo pietosamente e la copriamo

ziamo. Ad un tratto, invano trattenuto

col sacco da bivacco. Poi ci avviamo

da noi che cerchiamo di rianimarlo

verso il vicino rifugio Gianetti.

togliendolo dal torpore che l’ha invaso, Valsecchi reclina il capo sul petto e resta esanime fra le nostre braccia. La disperazione è in noi. Ci guar-

Tragico annuncio è quello che portiamo! Ci buttiamo sfiniti nelle cuccette. Non ne possiamo più. Siamo rimasti

Le immagini appartengono all’archivio della Fondazione Cassin

Sentieri e Parole


L’ALPINISTA PARTIGIANO di Anna Masciadri

S

e girate lo sguardo verso lo scaffale dei libri e guardate dove avete messo le “Guide

dei monti d’Italia” del CAI, quelle piccole, grigine, con la copertina rigida e in tessuto che magari erano di vostro padre vi accorgerete che avrete un cimelio in casa. Non solo per la valenza del libro in sé, ma anche per l’importanza storica del suo autore. “Pale di San Martino. Gruppo dei

Feruc, Alpi Feltrine”, “Odle, Sella, Marmolada”, “Dolomiti di Brenta” e “Alpi Carniche”. L’autore è sempre lo stesso: Ettore Castiglioni. Ma in quanti conoscono la storia di quest’uomo dietro lo scrittore? Purtroppo pochi. Ma fortunatamente a (quasi) tutto c’è rimedio e il cinema è il veicolo più veloce per far conoscere storie che meritano di essere raccontate, di personaggi straordinari che si sono sacrificati per regalarci la libertà. “Oltre il confine – Storia di Ettore Castiglioni” è il film-documentario presentato allo scorso Film festival di Trento e che a breve verrà proposto al pubblico e sarà disponibile anche per proiezioni in tutta Italia. Questo lungometraggio, realizzato dai registi Andrea Azzetti e Federico Massa, è una coproduzione italo-svizzera sostenuta anche dalla Commissione cinematografica del CAI.

Sentieri e Parole

Castiglioni alpinista

dimora durante l’estate. Scala in modo

Ettore Castiglioni nasce nel 1908 a

elegante, è molto apprezzato nell’am-

Ruffrè in Trentino, discendente da una

biente alpinistico, alcuni lo eleggono

ricca famiglia milanese. Giovane intel-

tra i più forti arrampicatori del periodo

lettuale, amante della musica classi-

antecedente la Seconda guerra mon-

ca e delle montagne, dell’alpinismo in

diale.

particolare, inizia a scalare a 15 anni e

Ama scrivere relazioni dettagliate

nel corso della sua carriera apre all’in-

delle sue ascensioni, il CAI lo arruo-

circa 200 vie. È particolarmente atti-

la in fretta tra i suoi scrittori di punta

vo nelle Dolomiti dove la sua famiglia

per le ricercatissime “Guide dei monti

Ettore Castiglioni e Bruno Detassis Sotto: Ettore Castiglioni


d’Italia” e così scrive “Pale di San Mar-

te nord, con Camillo Battisti nel 1934;

tino. Gruppo dei Feruc, Alpi Feltrine”

VI, 450 m. Spiz d’Agnér nord: parete

(1935), “Odle, Sella, Marmolada” (1937),

nord, con Bruno Detassis nel 1934; V

Nel 1942 inizia la seconda vita di

“Dolomiti di Brenta” (1949), “Alpi Car-

e VI, 700 m. Spiz de la Lastia: pare-

Castiglioni, a 34 anni. Quell’anno viene

niche” (1954).

te nord, con Bruno Detassis nel 1935;

chiamato ad Aosta dall’esercito come

Prende parte anche a una spedizio-

V+, 750 m. Pala Canali: parete sud-

sottotenente degli Alpini per fare l’i-

ne extraeuropea: nel 1937 è in Pata-

est, con Bruno Detassis nel 1934; V

struttore alla Scuola militare alpina. È

gonia.

e VI, 800 m. Marmolada: parete sud

amatissimo dai suoi allievi. Poi arri-

di Punta Rocca, con Battista Vinatzer

va l’8 settembre 1943, l’armistizio, è il

nel 1936; VI+, 1000 m. Pizzo Badile:

caos tra i militari. Molti si tolgono la

Sass Maòr: spigolo sud-est, con

parete nord-ovest, con Vitale Bramani

divisa e scappano a casa, Castiglioni

Bruno Detassis nel 1934; V e VI-, 700

nel 1937; V, 750 m. Croda dei Toni:

aspetta qualche giorno e poi decide di

m. Pizzocco: parete nord, con Bru-

parete est della Croda Antonio Berti,

togliersi la divisa e salire con un pic-

no Detassis e A. Zoia nel 1935; V e

con Saverio Tutino nel 1942; V e VI,

colo gruppo di suoi commilitoni sulle

VI-, 700 m. Cima del Focobon: pare-

700 m.

montagne aderendo alla Resistenza e

Queste le sue ascensioni più importanti con i vari compagni di cordata:

L’attore Stefano Scandaletti interpreta Ettore Castiglioni Sotto: una scena delle riprese.

Il partigiano

al Comitato di liberazione nazionale. Il gruppo Castiglioni sale in una malga sull’Alpe Berio in Valpelline in una posizione strategica a ridosso del confine italo-svizzero e grazie all’esperienza alpinistica del gruppo mette in salvo oltre confine centinaia di antifascisti, tra i quali anche il futuro primo presidente della Repubblica Luigi Einaudi, e decine di ebrei perseguitati dalle leggi razziali fasciste. Per il sostentamento e l’autofinanziamento il gruppo di Castiglioni contrabbanda con le guardie svizzere forme di formaggio. In questo modo risulta anche più facile far attraversare la frontiera ai fuggiaschi. In una di queste operazioni Castiglioni e un compagno vengono però arrestati sul confine svizzero ed accusati di spionaggio e contrabbando. Dopo una breve reclusione vengono rimpatriati, ma ormai il territorio svizzero gli è vietato: se rientra rischia di finire in un campo di concentramento. Castiglioni così torna nella sua Mi-

Sentieri e Parole


lano oramai distrutta e in ginocchio,

e anche testimoni diretti dell’epoca. Il

vimento; è così che inizia ad utiliz-

cerca di ricostruire un gruppo come

docu-film alterna racconti e interviste

zare la telecamera, strumento che

quello del Berio attraverso anche al-

a parti di fiction in cui viene ricostrui-

ancora oggi lo accompagna in tutti i

cuni contatti al CAI Milano. L’idea è

ta la storia dell’alpinista-partigiano. Nei

suoi spostamenti. Negli anni collabora

di aprire tra le montagne lombarde un

panni di Castiglioni c’è l’attore pado-

come video-reporter con le maggiori

canale di salvezza per i perseguitati.

vano Stefano Scandaletti, 40 anni.

testate nazionali Rai, Mediaset, Sky. Ha

Castiglioni nel marzo 1944 è in mis-

dedicato particolare attenzione all’uso

sione al Passo del Maloja. All’albergo

Premi

della luce realizzando numerosi video

Longhin con un passaporto falso vie-

Questo docu-film è stato presenta-

aziendali, nei quali ha sempre cercato

ne arrestato dagli svizzeri. Imprigio-

to in anteprima allo scorso Film festival

di arricchire le immagini con scelte in-

nato in una camera dell’albergo prima

di Trento e ha vinto il premio “Città di

novative e coraggiose.

di essere trasferito, gli tolgono i vestiti

Imola” dedicato al miglior film, fiction

Federico Massa, produttore e regista.

per non farlo evadere, ma Castiglioni

o documentario italiano assegnato

Realizza fashion film, videoinstallazioni

scappa lo stesso di notte tra le mon-

da una giuria presieduta da Reinhold

e documentari. È nato in Spagna, ha

tagne con addosso solo delle coperte.

Messner che ha motivato così la sua

studiato a Padova: maturità scientifica

Scappa verso l’Italia attraverso il Passo

scelta: “I film sulla montagna spesso ci

e filosofia. Durante l’università ha col-

del Forno. Sfinito, stremato, congelato,

propongono un mondo la cui maesto-

tivato la passione per la regia collabo-

si accascia sulla neve appena passato

sità quasi metafisica sovrasta l’uomo-

rando con il Prof. Gian Piero Brunetta

il confine e muore assiderato. Il suo

scalatore riconducendolo ai suoi limiti

nella realizzazione di documentari con

corpo viene trovato tre mesi dopo

e alla sua finitezza. Questo non avvie-

diversi autori, tra i quali Marco Paolini,

sul ghiacciaio del Forno, a due passi

ne nel film diretto da Andrea Azzetti

Mario Rigoni Stern ed Ermanno Olmi.

dalla salvezza. Castiglioni è sepolto a

e Federico Massa. La storia di Ettore

Dopo un master in audiovisivi a Ci-

Tregnago (Verona), dove la famiglia

Castiglioni, personaggio che si impone

necittà è ritornato a Padova dove ho

possedeva Villa Adelia e dove l’alpini-

per il suo spessore umano e l’impe-

costituito la società di videoproduzio-

sta amava redigere le bozze delle sue

gno etico e civile, ci viene raccontata

ne AViLab e ha continuato a formar-

guide alpinistiche. La locale sezione

lentamente, senza colpi di scena ed

si con produttori internazionali quali

del Club alpino italiano, nata nel 1999,

effetti speciali, armonizzando con un

Francesco Bonsembiante, Stefano Te-

è intitolata a lui.

linguaggio equilibrato e convincente

aldi, Simone Bachini, Bernie Stampfer

immagini d’epoca, sequenze di fiction

e Stephan Mallmann attraverso wor-

molto efficaci che vedono come pro-

kshop e masterclass presso Scuola

“Oltre il confine – Storia di Ettore

tagonista Stefano Scandaletti, letture

Holden, DOC.it, DOC in Europe, Canon

Castiglioni” ripercorre gli anni più in-

dai diari di Ettore Castiglioni e pre-

Italia, APT, Bottega Indipendente, Lu-

tensi dell’alpinista, intellettuale e par-

ziose testimonianze, tra cui spicca per

iss Business School and Eric Pommer

tigiano. Attraverso la lettura dei suoi

intensità quella del nipote Alessandro

Institute.

diari con la voce di Marco Albino Fer-

Tutino”.

Docu-film

Immagini: ufficio stampa del film

rari (autore tra l’altro di due libri su Castiglioni) si attraversano gli anni più

Gli autori

densi della vita di quest’uomo grazie

Andrea Azzetti, regista e direttore

alle testimonianze e alle interviste del

fotografia. Padovano, si forma fin da

nipote Alessandro Tutino, di storici

subito sul campo. Appassionato da

quali Annibale Salsa, di guide alpine

sempre di immagini, decide all’età di 20 anni di farlo diventare il suo la-

Sentieri e Parole

voro. Partito inizialmente come fotografo, sente, con il passare del tempo, di doversi convertire all’idea di mo-


IN DANCALIA CON WALTER di Max Dorigo* Calda, profonda e ammaliante la voce di Walter ci raccontava di un altro vulcano. La caldera del Nyragongo, su cui lui era stato anni prima, inviato di Epoca, per trascorrervi una notte

ormai ottantenne, si dirigeva sicuro e veloce avanti a noi, saltando agilmente tra le lastre di lava appena rappresa, ci

pianeta. Grazie Walter per tutti i sogni che ci hai regalato.

faceva immaginare di essere con lui

*Fotografo

al suo fianco in una delle sue scorribande sul lato più selvaggio del nostro

sotto il cielo stellato africano e sopra il cuore fiammeggiante della Terra. Al riparo di una capanna di sassi, dove l’ombra si pagava a caro prezzo ai bellicosi Afar padroni di casa, Walter raccontava pacatamente del magma incandescente e dei suoi flutti, borbottii e micidiali sbuffi a un piccolo gruppo di amici, appassionati di montagna e delle sue tante avventure e imprese, mentre si stava in attesa che il sole si abbassasse e la temperatura esterna si facesse più mite dandoci la possibilità di uscire all’esterno per scendere e avvicinarci alla caldera ribollente dell’Erta Ale, uno dei tre vulcani africani con una caldera sempre attiva. Era l’ultimo giorno del 2009 e questo era forse l’ultimo vero viaggio che Walter faceva, non più in solitaria come un tempo ma insieme alla sua amata compagna e a qualche buon amico. La notte cala in fretta a queste latitudini ma qui, nella depressione dancala nell’Etiopia orientale, sembra che il sole si dimentichi di portare via con sé il caldo torrido anche quando cala la sera. Lo spettacolo del fuoco e della lava rosseggiante sotto di noi e delle prime stelle che si distribuivano nel cielo che imbruniva ci riempiva il cuore e ci liberava la mente. Vedere Walter che,

Walter Bonatti ripreso in cima al vulcano dancalo Erta Ale il 31 dicembre 2009 Sotto: Il cratere del vulcano Erta Ale, Dancalia, Etiopia

Sentieri e Parole


NEL MONDO DELLE MARGHERITE

L

di Annibale Rota

a famiglia delle margherite è una delle più numerose, sia nel mon-

do che in Italia. Nel nostro ter-

ritorio sono presenti circa 240 specie suddivise in 64 generi. Ci sono generi presenti con una sola specie e diversi altri con più di dieci specie (il genere Crepis addirittura con

Margherite gialle con il fiore abbastanza grande sono la barba di becco

e l’arnica utilizzata nel trattamento di traumi e distorsioni.

(Tragopogon pratensis, L.) che nelle

E a proposito di piante medicinali

giornate solatie si chiude fra mezzo-

ricordiamo il tarassaco, o dente di le-

giorno e le tredici, per cui è chiamato

one, o soffione (Taraxacum officinale,

anche “fiore orologio”; il doronico dei

WEBER), che ha proprietà depurative

macereti (Doronicum grandiflorum,

in quanto stimola la funzionalità bilia-

LAMARCK) presente solo sulle Gri-

re, epatica e renale. E’ poi ritenuto un

gne e sul Legnone oltre i 2.000 metri,

rimedio naturale contro la ritenzione

18), spesso abbastanza simili tra loro e non sempre facili da classificare correttamente dalla fotografia. Molte specie sono presenti dal livello del lago alle cime delle montagne e appartengono a questa famiglia fiori decisamente diversi tra loro per forme e dimensioni. Si va dalla modesta margheritina (Bellis perennis, L.) alla centaurea rapontica (Rhaponticum

scariosum, LAMARCK) alta anche più di un metro e così vistosa da essere chiamata “crapun” (testone) nel dialetto locale per i suoi grossi capolini, che raggiungono anche i dieci centimetri di diametro. Ci sono moltissimi fiori che richiamano le margherite ed altri del tutto diversi come i cardi, che vanno dalla modesta carlina (Carlina acaulis, L.), al superbo cardone spinosissimo (Cirsius

spinosissimus, SCOPOLI) alto anche più di un metro e con un grosso e particolare capolino. Tra i fiori che più richiamano le margherite gli astri, tra cui il colorato astro alpino (Aster alpinus, L.) abbastanza comune sul Grignone lungo la “Traversata alta” e le margheritone dei prati montani.

Sentieri e Parole

In questa pagina dall’alto: Cardone spinoso; Centaurea alpina . Nella pagina a fianco dall’alto: Centaurea rapontica; Centaurea montana; Farfaro. Foto di Annibale Rota


idrica. Va anche detto che le foglie giovani sono consumate come insalata (la comune “insalata matta”). Le virtù del farfaro Assomigliano alle margherite anche i seneci, quattordici specie tutte abbastanza simili tra loro e tutte a fiori gialli. La macrofotografia esalta spesso la bellezza di fiori a prima vista poco appariscenti. E’ il caso del farfaro (Tus-

silago farfara, L.) dal capolino giallo intenso dal quale escono finissimi filamenti gialli. Anche questa specie trova posto in erboristeria: gli infusi e gli estratti trovano applicazione come sedativi della tosse e ricordo che il farfaro è uno dei componenti della famosa caramella svizzera “Ricola” ed è raffigurato sui contenitori, buste e scatole, di questa pasticca. Altri fiori valorizzati dalla macro sono due centauree, l’alpina (Centau-

rea nervosa, WILLDENOW) e la montana (Centaurea montana, L.): quasi non si notano nei prati, ma in fotografia si rivelano autentici merletti della natura. A questa famiglia appartengono anche due specie molto ricercate, nonostante i divieti, e usate per preparare liquori digestivi e aromatizzare grappe. Sono l’erba iva (Achillea moschata, WULFEN) e il genepì (Artemisia ge-

nipi, WEBER). Entrambe prediligono il terreno acido e nel nostro territorio sono presenti solo sulle creste sommitali del Legnone. Ricordo infine che alle asteracee appartiene anche la stella alpina, alla quale su questo Notiziario ho dedicato su un precedente numero un capitoletto specifico.

Sentieri e Parole


LA VIA, IL PROFETA E LA RAGAZZA

L

di Dino Piazza

a solita telefonata di Roberto Gallieni mi avvisa che sabato e domenica andiamo a fare la via

Graffer al Campanil Basso del Brenta.

Arriviamo a Madonna di Campiglio che ormai sono le 19.30, Gallieni ha fame, lui che è abituato a frequentare alberghi di lusso; il portiere ci indica dove parcheggiare poi ci rechiamo nella sala da pranzo. Ordiniamo da mangiare, a servire a tavola si presentano due cameriere giovani e bellissime. Era il settembre del 1962: io avevo 30 anni, abbronzato, col distintivo di guida alpina sul petto e il maglione rosso dei Ragni. La ragazza che mi serviva era una mora simpatica, tutte le volte che mi portava un piatto si appoggiava con delicatezza sul mio fianco, facendomi sentire il suo seno sulla spalla: e così ho incominciato a sognare. Guardo fuori dalla finestra, sta piovendo. Dico a Roberto: “Stiamo qui a dormire e andiamo domani mattina, vedrai che ci divertiamo”. Non c’è stato niente da fare, il programma era di andare a dormire al rifugio Brentei. Credo di avergli detto: “Sei proprio un milanese!” Lui ha preso il conto, ha lasciato la mancia alle ragazze, una stretta di mano, un bacio e siamo partiti sotto l’acqua: due ore e venti di rale con fulmini, il sentiero è diventato un fiume. Il mio pensiero era rivolto alla bella ragazza. Ho allungato il pas-

Sentieri e Parole

La via Graffer al Campanil Basso

cammino, c’è stato anche un tempo-


so, ero arrabbiato; Roberto ha capito,

savo vestito 64 chili, arrampicavo 4

due corde doppie e scendiamo per

mi ha detto che voleva raccontarmi

giorni alla settimana ed ero in splen-

il canale. Dopo 20 minuti di sentiero

qualcosa di interessante, mi ha preso

dida forma. In meno di mezz’ora di

siamo al rifugio, mangiamo qualcosa,

nel mio debole e così ho rallentato e

cammino siamo all’attacco. Roberto

stappiamo una bottiglia di Cavit, spu-

l’ho ascoltato.

tira fuori un foglietto con scritta la re-

mante trentino, ne beve un bicchiere

Ormai è buio e andiamo avanti con

lazione della nostra via, perché da lì ne

anche il Bruno così ci racconta anco-

la frontale; sempre sotto la pioggia ar-

salgono anche altre; mi lego con due

ra una storia, poi si parte. Roberto in

riviamo al rifugio Brentei, quando sono

corde facendo il doppio nodo a bre-

discesa è sempre stato un po’ lento;

le 23. Sulla porta che fuma la pipa tro-

tella e parto. Ho le scarpe con le suole

nel punto in cui avevamo lasciato la

viamo il custode Bruno De Tassis: è

nuove, faccio fermata su una comoda

macchina c’era fango e quindi al-

lì proprio in mezzo alla porta e noi

cengia; la roccia è bagnata, bisogna

tri problemi. Quando siamo arrivati

sotto l’acqua. Racconta una storia, poi

stare attenti a non scivolare. I tiri di

all’albergo un signore mi ha detto che

si accarezza la barba e incomincia a

corda sono bellissimi, appigli piccoli ma

erano andati tutti a casa. Vedendomi

raccontarne un’altra; io mi sono fatto

sani, è un bel sesto. Sto finendo un tiro

triste Roberto mi ha fatto notare che

strada e sono andato avanti seguito

molto delicato quando sento Gallieni

se fossimo rimasti lì a dormire una sa-

da Gallieni. Noi di Lecco il Bruno lo

che mi dice: “Come sei veloce oggi”.

lita così bella non l’avremmo mai fatta.

chiamavamo “il profeta”, proprio per

Lui non aveva capito che pensavo an-

Io avevo una grande stima di Ro-

via delle storie che ci raccontava.

cora a quella bella ragazza simpatica.

berto Gallieni e sapevo che lui riusci-

I tiri sono tutti impegnativi. Arri-

va a fare le cose perché rispettava i

vo dove c’è lo stradone provinciale e

programmi. Però sapevo anche che il

Mi sveglio alle 5, il tempo è bellis-

dico a Roberto: “Non andiamo in cima

Campanile non sarebbe scappato, ma

simo. Chiamo Roberto, lo zaino è già

visto che sei un po’ stanco”. Attraver-

la ragazza sì.

pronto, colazione leggera. Allora pe-

siamo tutto il Campanile, buttiamo giù

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PREPARARSI ALLO SCI di Jacopo Pisati e Sebastiano Morassi*

S

ciare, che sia discesa, fondo o alpinismo, è un po’ come andare in bicicletta: una volta

imparato non si dimentica facilmente. Per questo motivo, da una stagione all’altra, molti sciatori pensano di poter sopperire alla mancanza di una buona preparazione fisica semplicemente sfruttando l’abilità tecnica: niente di più sbagliato e pericoloso. Avere una struttura fisica preparata

in modo adeguato è fondamentale per prevenire infortuni, migliorare la resistenza e l’efficienza del sistema muscolo scheletrico durante il movimento specifico e, di conseguenza, potersi divertire in sicurezza sulle piste. Negli ultimi anni sta prendendo

sempre più piede la cosiddetta “gin-

mica possibile.

nastica presciistica”, ma come deve

È importante quindi valutare il tipo

essere strutturato un buon piano di

di esercizio (magari utilizzando alle-

preparazione?

namenti a circuito) per poter agire su

Che si parli di sci da discesa, fondo

diversi aspetti del movimento e diversi

o alpinismo, le basi della preparazione

gruppi muscolari e articolari, andando

sono le stesse.

ad aumentare gradualmente le diffi-

Innanzitutto

bisognerebbe

pro-

coltà e l’intensità dell’allenamento.

grammare l’inizio dell’allenamento al-

Un programma completo di prepa-

meno 45/60 giorni prima dell’inizio

razione e prevenzione, che si faccia

della stagione (per chi è poco sporti-

per lo sci da discesa, per lo sci di fon-

vo o non fa altre attività motorie du-

do o per l’alpinismo, deve prevedere

rante l’anno anche prima) e dedicarci

una parte aerobica globale per prepa-

almeno due volte a settimana di circa

rare il sistema cardiovascolare e re-

un’ora ciascuna.

spiratorio allo sforzo e una parte più specifica che vada ad allenare i sistemi

Ginnastica presciistica L’obiettivo deve essere quello di

muscolare, propriocettivo e la mobilità articolare del tronco e degli arti.

allenare forza, reattività, resistenza,

È fondamentale allenare i muscoli

equilibrio e coordinazione, cercando

del “core”, che stabilizzano la schiena

di rendere la preparazione il più dina-

e il bacino e permettono di distribuire


meglio le forze ed avere maggiore li-

si va incontro sulla

bertà di controllo sugli arti.

neve (cunette, cu-

In particolare gli arti inferiori devo-

muli di neve fresca,

no avere un’ottima resistenza, stabili-

cambi di pendenza

tà ed agilità, per questo è importan-

improvvisi, lastre di

te rinforzare la muscolatura di glutei,

ghiaccio,

cosce e polpacci, per salvaguardare le

da evitare, ecc.).

articolazioni di anca e ginocchio da

L’ideale

ostacoli sareb-

sovraccarichi e sollecitazioni troppo

be effettuare una

pesanti.

preparazione

Gli arti superiori hanno un

at-

ruolo fondamentale soprattutto nello

letica

“sartoriale”

sci di fondo e nell’alpinismo, per que-

ovvero cucita su

sto devono avere buona forza e mo-

misura per ogni

bilità per coadiuvare la spinta degli arti

persona,

inferiori.

concentrarsi sul-

in

cui

L’equilibrio e la coordinazione (si-

le carenze e gli

stema propriocettivo) possono essere

squilibri del singo-

stimolati attraverso

tavolette pro-

lo sciatore e che

priocettive, superfici instabili (cuscini,

comprenda eser-

bolle, materiali di diverse densità) ed

cizi funzionali, cioè

esercizi che mettono il corpo in una

posizioni e movi-

condizione di poca stabilità (anche ad

menti che vadano

occhi chiusi), in modo tale da allena-

a riprendere il ge-

re la capacità del corpo di reagire in

sto

maniera inconscia alle sollecitazioni

fico, in modo tale

improvvise ed impreviste, a cui spesso

da allenare il corpo

sport-speciEsercizi in palestra di ginnastica pre sciistica. Foto MedinMove.


richiamando l’esatto gesto atletico. Per chi pratica lo sci di fondo o l’alpinismo due attività propedeutiche

se utilizzato, posizionare lo zaino nel-

to ed aumentare gradualmente l’in-

la maniera più corretta e confortevole

tensità, evitando “strappi” repentini e

per le spalle e la schiena.

cercando di mantenere un’andatura

alla stagione invernale sono il Nordic

Per quanto riguarda lo sci da di-

costante e soprattutto in linea con le

Walking e lo SkiRoll, che sono nati nei

scesa non bisogna buttarsi a rotta

proprie capacità e preparazione fisi-

paesi nordici proprio per la necessità

di collo subito alla prima discesa, ma

ca, per non rischiare di ritrovarsi in

di potersi allenare anche nelle stagioni

incrementare gradualmente velocità

difficoltà. E’ importante ricordarsi di

meno fredde, in assenza di neve.

e difficoltà delle piste; evitare di fare

idratarsi spesso ed avere a portata di

Oltre alla fase preparatoria nei mesi

soste troppo lunghe tra una discesa e

mano una riserva di zuccheri in caso

precedenti l’inizio della stagione, dopo

l’altra, non esagerare con le bevande

di necessità. Soprattutto per lo sci

aver controllato la condizione dei ma-

alcoliche, se è pur vero che aiutano a

alpinismo è utile evitare zaini troppo

teriali (scarponi, sci, attrezzatura anti-

riscaldare l’animo e i visceri di contro

pesanti che possono sovraccaricare il

valanga e quant’altro) e del meteo,

riducono i riflessi ed alterano i tem-

corpo e rendere il movimento meno

è utile prendere anche degli accor-

pi di reazione del corpo. Per chi ama

fluido e più gravoso.

gimenti quando si è finalmente sulle

sciare tutto il giorno sarebbe meglio

In conclusione, è importante ar-

piste.

evitare pranzi luculliani, che mettono

rivare preparati sia all’appuntamento

sonnolenza e rendono le gambe mol-

con l’inizio della stagione inverna-

li e pesanti a causa della digestione

le che ad ogni singola giornata sugli

Per prima cosa ricordarsi di fare

più lenta e difficoltosa: gli infortuni

sci, per prevenire spiacevoli infortuni o

degli esercizi di riscaldamento, atti-

avvengono più frequentemente nelle

traumi evitabili e potersi godere delle

vazione muscolare e mobilità artico-

ore pomeridiane post-pranzo proprio

belle giornate all’aria aperta sulla neve

lare prima di inforcare gli sci, quindi

a causa di stanchezza, pesantezza e

in mezzo alla natura, divertendosi e

controllare di aver chiuso bene gli

riduzione dell’attenzione.

sciando in sicurezza.

Riscaldamento

scarponi, agganciato correttamente gli

Riguardo lo sci alpinismo e lo sci di

sci ed il casco (soprattutto per chi fa

fondo è sempre consigliabile partire

discesa), regolato i bastoncini e infine,

con un passo non troppo sostenu-

*Fisioterapisti


SPEDIZIONI

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QUANDO LE PAROLE NON CONTANO

Con Andrea Mellano sulla vetta del Band-e-Koh (Hindu Kush) m 6843

Dal McKinley, alla prima italiana all’Eiger. I trent’anni di grandi scalate di Romano Perego


di Angelo Faccinetto

E’

uno dei Ragni più grandi.

se. La prima italiana alla Nord dell’Ei-

nove anni, con Andrea Mellano, amico

Specialista

dell’arrampicata

ger. Le vie aperte al Mont Blanc du

e compagno di lungo corso, è il pri-

su roccia con predilezione

Tacul. La spedizione al McKinley, con

mo italiano ad aver salito le tre grandi

per le vie d’alta quota, è stato certa-

Riccardo Cassin, Luigino Airoldi, Gigi

pareti nord delle Alpi (Cervino, Eiger,

mente uno degli alpinisti più forti della

Alippi, Jack Canali e Annibale Zucchi,

Grandes Jorasses). E non a caso, dopo

sua generazione. Ed è anche uomo di

“la più grande impresa alpinistica rea-

essere stato ammesso nel Club Alpino

poche parole. Romano Perego, classe

lizzata in Nord America”. Poi un lungo

Accademico, attorno alla metà de-

1934 da Pagnano (Merate), non ne ha

elenco di nuove vie, di prime ripeti-

gli anni sessanta entra a far parte del

gran bisogno. Per lui parlano le impre-

zioni, di invernali. Non a caso a venti-

GHM, il prestigioso Groupe de Hau-


te Montagne francese, una specie di

to”.

Legion d’onore degli scalatori, il Go-

ricasse e poi partire di volata, perché dopo mezz’ora sarebbe arrivata un’al-

tha dell’alpinismo internazionale (“Mah

Ecco, l’Eiger. Hai messo il tuo nome

tra scarica e non potevi permetterti di

sì, i francesi, mi han messo lì non so

sulla prima italiana di quello che all’e-

trovarti sotto. No, non si può proprio

perché”). Eppure l’impressione, tirate le

poca era uno dei grandi problemi delle

dire che sia una bella via”.

somme, è che non abbia avuto tutti i

Alpi, racconta come è andata.

riconoscimenti che si merita. Almeno a livello di fama.

“Era l’estate del 1962. Siamo riusciti a farla solo perché abbiamo avuto la

Però è una via mitica, come mai hai deciso di affrontarla?

fortuna di evitare le scariche di neve

“Quello sì, la Nord dell’Eiger era una

E’ così?

e di sassi. Sono le scariche che hanno

parete mitica allora. E’ stato il mio

“Non so, non credo, però una cosa

reso terribile e famosa quella parete.

amico Andrea a convincermi a ten-

è sicura: io e il mio compagno (An-

In sé non è né bella né difficile. E’ una

tarla. Insieme avevamo già fatto al-

drea Mellano, ndr) abbiamo sempre

via tutta di traversi, alcuni anche di

cune prime sulle Alpi Occidentali e

arrampicato – e lo abbiamo fatto per

200 metri. Una roba tremenda. Non

un giorno mi ha detto: perché non

trent’anni - solo per divertimento. Non

è una diretta continua. Il terzo nevaio

proviamo? Così siamo andati e sia-

ci è mai importato, dopo una scalata,

richiedeva quasi un’ora per essere su-

mo arrivati in cima. Abbiamo dovuto

di andare a raccontare in giro quello

perato; a quei tempi non c’erano pic-

fare tre o quattro bivacchi, non ri-

che avevamo fatto. Questo probabil-

cozze e ramponi adatti e per salire bi-

cordo neanche più di preciso, perché

mente non ha aiutato ad aumentare la

sognava gradinare: una grande perdita

tra mezzogiorno e le quattro si era

nostra fama. L’unica salita che non mi

di tempo. Ripeto: la difficoltà sta tutta

obbligati a star fermi al riparo a cau-

ha divertito è stata la Nord dell’Eiger.

lì, nelle scariche. Bisognava aspettare in

sa delle scariche continue di acqua e

Una delle più brutte che abbia mai fat-

un posto sicuro che la montagna sca-

sassi. Per fortuna su quella parete c’era


Bivacco sul McKinley, Annibale Zucchi (a sinistra) e Romano Perego

sempre un posto sicuro in cui sosta-

tornare indietro: ci ha dovuto rinun-

maggiori si trovano nella parte bassa.

re. Dimmi tu, come ci si fa a divertire

ciare Bonatti, uno per il quale le dif-

Mi ricordo che, quando eravamo su, io

in un posto così? Ma ormai eravamo

ficoltà tecniche non esistevano. Aveva

e Andrea ci chiedevamo come Cassin,

su. Poi in parete abbiamo trovato al-

attaccato la parete da solo e subito,

Esposito e Tizzoni avessero fatto, non

tri tre italiani che avevano attaccato

il primo giorno, ha ricevuto una bella

dico a farla, ma anche solo ad arri-

il giorno prima. Tra loro, oltre a Pier

scarica ed è tornato indietro. Ha fatto

varci, tutto a piedi, senza mezzi per

Lorenzo Acquistapace, c’era Armando

bene, non ha perso molto. Adesso che

l’avvicinamento. Già era stata dura per

Aste, una bellissima persona, socievole

i nevai si sono ritirati e la montagna

noi che abbiamo potuto avvicinarci col

e aperta. Non abbiamo avuto difficol-

non scarica quasi più, vanno su con le

trenino, anche se comunque abbiamo

tà a metterci d’accordo. Così abbiamo

scarpette in poche ore”.

dovuto scendere dal rifugio Torino e attraversare tutta la Mer de Glace, fi-

agito insieme. Quello sì è stato bello, l’andare su insieme. Poi, una volta su-

La via o le vie più belle?

perato il “ragno”, quando ormai anche

“Le altre due di quelle che allora,

i pericoli dovuti alle scariche erano fi-

con l’Eiger, erano indicate come ‘le tre

Quello che però più ha contribuito

niti ha cominciato a nevicare. E abbia-

grandi Nord’ delle Alpi: il Cervino e la

a scolpire il tuo nome nella roccia è

mo dovuto perdere ancora un giorno.

Walker alle Jorasses. Quella allo Spero-

stato il McKinley. Tu eri il più giovane

E’ stata una salita abbastanza tribolata.

ne Cassin, che ho affrontato nel 1964,

del gruppo. Racconta.

Comunque lo voglio ripetere ancora

è la più bella che abbia mai fatto. Più

una volta: il mito dell’Eiger era dovu-

di mille metri di salita fin oltre i 4mila

to alle condizioni della montagna, non

di quota, tutta dritta e con notevo-

alle sue difficoltà tecniche. Quelle non

li difficoltà anche in alto, con tratti di

ci sono. Basta pensare a chi è dovuto

quinto e sesto grado, anche se quelle

gurarsi per loro”.

L’intervista

33


“Sì, era il 1961, avevo 26 anni. Non

la via, poi scendeva lasciando le cor-

particolare che ricorderò per sempre.

so perché mi abbiano scelto. Allora

de fisse nei tratti più difficili. Il giorno

Sotto la montagna ci siamo arrivati

abitavo a Pagnano. Un giorno arriva

dopo toccava a un’altra cordata salire

a bordo di un Piper. Ci ha lasciati a

uno del CAI di Lecco – non mi ricor-

e fare il lavoro. E così fin sotto la cima,

3mila metri, noi a 3.500 abbiamo im-

do neanche più il nome – e mi dice

per tremila metri di parete. Poi nell’ulti-

piantato il campo base. Io sono sta-

‘Te, Romano, ghemm de fa una spedi-

ma parte, quando c’erano ancora 500

to il primo a essere portato lassù con

ziun in Alaska, vuoi venire anche tu?’

metri di dislivello da superare e la pa-

una parte del materiale. Dopo avermi

‘Cavoli, te me ’l dumandet? Altro che

rete lasciava il posto a creste e pendii

depositato, l’aereo è ripartito per an-

se vengo!’ Sono diventato matto dalla

di neve, siamo saliti tutti insieme. Fino

dare a prendere gli altri, ma in basso

gioia, non ho più dormito per setti-

in vetta. Per quell’ultimo pezzo, tra

ha trovato brutto tempo. Il maltempo

mane. Era primavera. Noi siamo partiti

salire e scendere, siamo stati in ballo

è durato tre giorni. Così loro giù ad

in luglio. In quei mesi ci trovavamo

23 ore. Praticamente senza fermarci,

aspettare che tornasse bello e io su al

spessissimo su a Lecco per i prepa-

visto che in cima ci siamo rimasti sì e

sole, sopra le nuvole, da solo, avvolto

rativi. E’ stato un bel periodo anche

no una mezzoretta a fare foto. E’ stata

in un silenzio perfetto. Ero contento, è

quello, preparare il materiale sotto la

una bella avventura alpinistica”.

stata una bellissima avventura, anche

guida di Cassin”.

se dopo un paio di giorni ho comin-

Un’avventura che, a parte Cassin che

ciato a essere un po’ stufo. E’ stata

Com’era il Cassin capo spedizione?

famoso lo era già, ha consacrato te,

un’avventura dentro l’avventura anche

“Ecco, il bello di Riccardo era anche

Airoldi, Alippi, Canali e Zucchi come

procurarmi da mangiare, perché nel

questo: quando eravamo là, sotto la

grandi alpinisti. Però dalle memorie

lancio il cibo, chiuso dentro un sacco,

parete, non decideva lui. Benché fos-

emergono anche degli attriti tra al-

era finito al di là di un crepaccio e io

se un alpinista esperto e famoso e noi

cuni di voi.

ho dovuto ingegnarmi non poco per poterlo recuperare”.

fossimo giovani, voleva che le deci-

“Sì, io però ero in coppia con Anni-

sioni le prendessimo insieme. La di-

bale Zucchi. Io parlo poco, lui parlava

rezione da seguire, la tecnica di salita.

ancora meno: siamo andati veramen-

Tutto. Lui decideva insieme a noi. Lì

te d’accordo. Poi lui era bravo, un al-

al McKinley eravamo in sei e abbiamo

pinista veramente bravo. E era bravo

“Sì, anche quella è stata un’espe-

deciso di agire divisi in tre cordate. Un

non solo come alpinista. Comunque io

rienza eccezionale. Più che dal punto

giorno saliva una cordata e attrezzava

al McKinley ho vissuto un’avventura

di vista alpinistico, è stata una bellis-

E dopo il McKinley c’è stato l’Afghanistan.

Romano Perego è nato a Pagnano, frazione di Merate, il 25 novembre 1934. Diplomato perito meccanico all’Itis Hensenberger di Monza, ha lavorato per moltissimi anni alla SGS (ora STM) di Agrate Brianza. Appassionato di musica lirica, ha iniziato ad arrampicare nei primi anni cinquanta, prima al Resegone, poi in Grignetta. Nel 1960, dopo aver compiuto impegnative salite sia in Dolomiti che sulle Alpi Occidentali ed aver aperto, tra le altre, una nuova via sul Pilone a Tre Punte al Mont Blanc de Tacul, è ammesso nel Gruppo Ragni. Quello stesso anno entra a far parte del Club Alpino Accademico. Dopo aver partecipato nel 1961 alla spedizione al McKinley, nel 1963 diviene – con il compagno di cordata Andrea Mellano – il primo italiano ad aver salito le tre grandi Nord della Alpi: Eiger, Cervino, Grandes Jorasse. Nel 1964 entra a far parte del prestigioso GHM, Group de Haute Montagne. Nel 1965 organizza, con Mellano, una spedizione in Hindu Kush dove sale in stile alpino due montagne poco sotto i 7mila metri. Istruttore alla scuola di alpinismo dei Ragni, continua ad arrampicare sulle Alpi e poi sulle montagne di casa fino alla soglia degli 80 anni. Sposato con Clara, vive a Calco in una bella casa circondata da un magnifico giardino che è, insieme, anche vigna, orto, frutteto e podere dove produce (per sé e la famiglia) vino, mais e marmellate. Ritratto recente di Romano Perego. Foto A. Faccinetto


sima esperienza di vita. Siamo an-

Quante montagne avete fatto?

sibilità di salire un settemila. E’ stato

dati, Andrea Mellano ed io, su invito

“Ne abbiamo salite due. Il Band-

un viaggio molto avventuroso. Siamo

del CAI di Torino. Con noi c’erano

e-Koh, di 6843 m e la Punta Torino,

partiti, noi due soli, con una cartina

anche due geologi di quell’universi-

come l’abbiamo chiamata, di poco più

molto approssimativa in mano senza

tà che dovevano fare delle ricerche

bassa. In realtà il nostro obiettivo era

sapere dove andare. Da Kabul abbia-

paleontologiche. Allora, eravamo nel

fare un settemila, ma problemi politici

mo percorso 500 km su un camion

’65, l’Afghanistan era ancora un paese

legati alle frontiere di quella zona, in-

poi, arrivati a un villaggio dove fini-

libero e pacifico e gli afghani erano

cuneata fra Cina, Pakistan e Tagikistan,

va la strada, abbiamo proseguito per

limpidi, generosi. Nei villaggi dell’Hindu

allora Unione Sovietica, ce lo han-

altri 100 km con una carovana di 14

Kush dove ci siamo spinti con la no-

no impedito. I settemila delimitavano

asinelli (e relativi conducenti) che col

stra carovana di asinelli non avevano

a nord la valle del Wakhan, percorsa

loro passo lento ci dettavano i tempi

mai visto un occidentale prima di noi.

dalla via della Seta tracciata da Mar-

di marcia. Siamo anche saliti sulla testa

Arrivavamo e ci venivano incontro per

co Polo, ma segnavano il confine con

dei Buddha di Bamiyan, quelli distrutti

conoscerci, ci offrivano da mangiare,

l’Urss. Così abbiamo dovuto ripiegare

nel 2001 dai Talebani. E’ stata la mia

ci mostravano le loro case. Siamo en-

su montagne un po’ più basse, situate

seconda e ultima spedizione extraeu-

trati in contatto con il loro modo di

sul versante opposto. Un peccato per-

ropea”.

vivere”.

ché a noi, lì, non interessavano tanto le difficoltà alpinistiche quanto la pos-

I Buddha di Bamiyan, distrutti nel 2001 dai Talebani

Come mai?

Durante la spedizione in Hindu Kush, 1965


“Mi sono sposato. Di occasioni me ne sono capitate non poche anche dopo il matrimonio, compresa la possibilità di una spedizione sulle Ande. Mi sarebbe davvero piaciuto andarci, ma ormai gli impegni erano altri. Comunque ho continuato ad arrampicare sulle Alpi. Ho fatto quasi tutte le vie che c’erano a quei tempi”.

Cosa ti è rimasto di quelle spedizioni? “I diari. Sono contento di avere avuto quella passione. Ogni sera mi ritiravo nella mia tenda e scrivevo per mezz’ora. Scrivevo tutto quello che avevamo fatto in quella giornata, quello che mi aveva colpito. Rileggere adesso quei diari è una cosa bellissima, che mi emoziona, che mi riporta indietro nel tempo. Ho registrato anche tutte le salite che ho fatto in montagna, da quando avevo vent’anni fino a cinque - sei anni fa, quando ho dovuto smettere a causa del ginocchio. Data, via, compagni di cordata. Dal Lavaredo, dove ho conosciuto i primi Ragni, alla Grignetta. Tutto”.

Quando è avvenuto il tuo primo incontro coi Ragni? “E’ stato in Dolomiti, alla Cima Grande di Lavaredo, sulla via Comici. Era il 7 agosto del ’57. Gli Scoiattoli di Cortina avevano schiodato la parete lasciando solo quelli di fermata e un cartello di avvertimento alla base. Io ero con Luigi Magni, un bravissimo arrampicatore, di sette o otto anni maggiore di me. E’ stato lui che mi ha insegnato a stare in parete. Là, sulla Comici, c’erano alcuni Ragni, ma non chiedermi chi: di

Sopra: Pierlorenzo Acquistapace e Romano Perego dopo la prima italiana alla Nord dell’Eiger. Sotto: sul Pilone a Tre Punte, Mont Blanc du Tacul, 1959


loro adesso mi ricordo solo l’Oddone

non ci ho più arrampicato, con loro ho

lì ad arrampicare, sulla bastionata del

e l’Annibale Zucchi. Mai avrei immagi-

sempre mantenuto un rapporto stret-

Resegone, sopra la Monza. Poi, anche

nato che quattro anni dopo sarei an-

to, tanto che per più di 15 anni ho fat-

con don Franco, siamo passati alla

dato con lui in Alaska. Però con i Ragni

to l’istruttore alla scuola di alpinismo,

Grignetta. Da allora basta, non ho più

non ho arrampicato molto. Loro face-

dove ho conosciuto anche il Panzerin”.

perso una domenica! Poi sono venute

vano sempre il campeggio in Dolomiti,

le prime salite fuori, in Dolomiti e sulle

io invece preferivo le Alpi Occidentali,

Le ultime salite?

il granito”.

“In Grigna. Col Calumer (Giuseppe Orlandi, ndr). Fino a 78 anni. In libera

Con chi di loro hai arrampicato di più?

sui Magnaghi, per la centesima volta,

Occidentali”.

Non hai mai pensato di fare della montagna il tuo mestiere?

conoscendo a memoria ogni singo-

“No, mai. Qualcuno me lo ha chie-

“Col Casimiro, con lui sì. E col Gigi

lo appiglio e divertendoci a guardare

sto, ma ho sempre detto no. Se lo fai

Alippi. Il Casimiro, in parete, era uno

quelli che, un po’ timorosi, l’affronta-

di mestiere hai finito di divertirti. Non

che si arrabbiava molto – almeno così

vano per la prima volta. Poi questo gi-

puoi più andare dove vuoi, quando

dicono – con me non è mai successo

nocchio mi ha bloccato. Mentre ‘fuori’

vuoi. Per me andare in montagna è

che alzasse la voce. Ma, ti ripeto, ho

l’ultima scalata è stata al Becco della

sempre stato un divertimento, se fai la

scalato di più con gente di Torino per

tribolazione al Gran Paradiso. Ma tanti

guida devi pensare ai tuoi clienti, devi

via di quella mia predilezione per le

anni fa”.

portarli dove vogliono loro, magari

Alpi Occidentali. Col Casimiro ho fatto,

proprio nelle giornate più belle quando

tra l’altro, il Gran Diedro della Brenta

Facciamo un salto indietro. Come è

invece potresti fare quella bella sali-

Alta. Era il ’59, lui all’epoca lavorava in

nata questa tua passione per la mon-

ta alla quale stavi pensando da mesi.

una ferriera, su a Lecco, io avevo una

tagna, per l’arrampicata? Quando parli

No, no! Io sono perito meccanico,

Guzzi 250. Sono andato là a prenderlo

coi Ragni più anziani, loro ti dicono

ho sempre lavorato in uffici tecnici di

in moto, alle sei di sera, e siamo partiti

‘per forza, siamo nati in salita, da ra-

progettazione meccanica ed elettro-

per le Dolomiti di Brenta. Siamo ar-

gazzi non c’era neanche un prato in

nica. Sono stato per molti anni alla SGS

rivati là che era buio e per andar su

piano per giocare al pallone, non c’e-

(ora STM) di Agrate, progettavo mac-

al rifugio non avevamo le pile. Ma sai

ra altro da fare che andare su per le

chine automatiche per la produzione

cosa aveva lì il Casimiro, attaccato allo

pareti a cercare nidi e fare un po’ di

interna. La montagna era la mia via di

zaino? Un lanternino con dentro una

legna’. In effetti erano quasi tutti di

fuga, il mio divertimento. E ho voluto

candela. Siamo andati su al lume di

Rancio, di Laorca, di San Giovanni, di

che fosse sempre così. Per lavoro ho

candela”.

Acquate … Ma tu sei nato a Merate,

avuto occasione di girare parecchio.

quasi in pianura.

Sono stato cinque volte a Singapore,

Con Annibale Zucchi invece non hai

“Si, però ho sempre avuto la passio-

purtroppo lì c’era caldo, umidità e non

ne di camminare in montagna. Appena

c’erano montagne. Una volta invece

“No. Perché, a parte Mellano, anda-

finita la guerra mio padre mi portava

mi hanno mandato a Malta. Lì c’era giù

vo con gente qui di Merate. Con Dario

in Valcava – allora si andava su a pie-

fisso un collega che prima che io par-

Mozzanica, figlio dello scultore, poi con

di – e a me piaceva moltissimo. L’al-

tissi mi ha detto: portati le scarpette

Luigi Bosisio. Con Bosisio – il Bis -

tro passo l’ho compiuto all’oratorio di

che andiamo ad arrampicare. E così è

sono andato avanti per trent’anni. Con

Pagnano. Lì c’era il vice parroco che

stato. Ci siamo trovati ad arrampicare

lui, nel ’66, ho fatto la Bonatti al Dru, la

era di Laorca, don Franco Resinelli, e

sui faraglioni sul mare”.

Major alla Brenva, la Cassin alla Cima

che era appassionato di montagna.

Ovest di Lavaredo, tanto per dirne

Un giorno all’oratorio è stato invita-

qualcuna. E la Cassin alla Torre Trieste,

to il Luigi Magni, che era appassionato

una via meravigliosa. L’anno scorso lo

di fotografia, a presentare le sue foto

abbiamo nominato socio onorario del

di montagna. E’ stato lui a dirmi ‘dai

Gruppo Ragni. Comunque, anche se

andiamo al Resegone’. Ho cominciato

più arrampicato dopo il McKinley?

Le foto appartengono all’archivio Romano Perego

L’intervista

37


SUL MITO DENALI

La ripetizione della via dei Cechi alla Sud del McKinley

di David Bacci

D

a bambino le leggendarie av-

vo pronto per un nuovo e ambizio-

venture di Jack London mi

so obiettivo. Avevo letto i racconti

avevano fatto sognare l’Ala-

di Mark Twight in Confessioni di un

ska e una visita in questa terra abi-

serial Climber, e la sua salita con Ste-

tata da animali selvaggi e uomini duri

ve House e Scott Backes sulla diret-

era ormai d’obbligo. Dopo le mie salite

ta degli Czech sulla parete Sud del

patagoniche sul Cerro Torre, Est del

Denali in 60 ore continue mi aveva

Fitz Roy e Cerro Murallon mi senti-

davvero affascinato. La parete aveva


Luca Moroni all’uscita della Rampa. Foto David Bacci


anche un grande valore simbolico vi-

fossimo stati sufficientemente prepa-

gio con l’intenzione di rimanere sulla

sto che nel 1961 una spedizione del

rati e allenati. Ci prepariamo per di-

montagna quasi un mese. Arrivati nel-

CAI Lecco guidata da Riccardo Cassin

versi mesi salendo vie di misto con

la piccola città di Talkeetna aspettia-

con i Ragni Luigino Airoldi, Annibale

elementi simili a quelli che avremmo

mo due giorni prima di poter volare

Zucchi, Romano Perego, Gigi Alippi e

trovato sul Denali come il Colouir nord

sul ghiacciaio Kahiltna. La mattina del

la guida di Albavilla Jack Canali ave-

del Dru e la Nord dell’Eiger, e poi Di-

31 maggio il piccolo aeroplano della

va aperto su questa parete una della

vine Providence, Pilastro rosso, Pilone

compagnia Sheldon Air Service (ge-

vie mitiche dell’alpinismo mondiale.

centrale e tante cascate di ghiaccio di

stita dalla figlia e dalla famiglia dello

Quindi con il mio amico Luca Moroni

sesto. Inoltre senza sosta maciniamo

stesso Don Sheldon che volò nel 1961

di Varese, oramai compagno di mille

kilometri di dislivello e ci alleniamo

con Riccardo Cassin e compagni),

avventure, ci fissiamo l’obbiettivo di

in falesia. Dopo un’altra spedizione

completamente stipato di materiale, ci

salire la diretta dei Cechi sulla parete

al Cerro Murallon, a gennaio siamo

porta sul ghiacciaio. Il tempo è ma-

sud del Mount Denali (6190 m). La via

pronti per il Denali.

gnifico e siamo subito impressionati

era stata aperta nel 1985 in 11 giorni da tre cechi, Krizo, Korl e Adam con

alla vista della parete sud del Denali. Obiettivo ambizioso

Appena atterrati iniziamo a tirare le

difficoltà di WI6 90+ M6 e A2 per

Dopo aver incontrato Luigi Airol-

nostre slitte del peso di 70 kg l’una

un dislivello di 2800 m. La via è con-

di e Romano Perego, membri della

sulla West Buttress la “via normale“

siderata la più difficile sulla montagna

spedizione del 1961 arrivata in vetta

della montagna. In cinque giorni ar-

più alta del Nord America e conta solo

lungo un itinerario che percorre il cri-

riviamo a campo 14000 (4200 m)

sette ripetizioni.

nale immediatamente a sinistra della

dove ci riposiamo per qualche gior-

Avevamo scelto un obiettivo molto

Diretta dei Cechi, io e Luca partiamo

no e iniziamo ad acclimatarci. Saliamo

ambizioso ma sicuramente fattibile se

alla volta di Anchorage il 29 di mag-

prima a 5000 m sullo Sperone Ovest,


David Bacci in Cima al Denali. Foto Luca Moroni

il giorno dopo a 5500 m. Aspettiamo

Fortunatamente il nostro caro amico

staccare valanghe, che i seracchi so-

qualche altro giorno che il tempo mi-

ed esperto metereologo Matteo della

pra la nostra testa decidano proprio in

gliori e saliamo i 2000 m di dislivello

Bordella ci fornisce le previsioni meteo

quel momento di staccarsi o di finire

tra campo 14000 e la cima a 6190 m

da casa e ci fa sapere che dal 15 al

in qualche crepaccio e scomparire per

in 10 ore fra andata e ritorno.

23 è prevista una finestra di almeno

sempre.

Il tempo è freddissimo e la tem-

5 giorni di bel tempo. Siamo pronti e

peratura di -40° costringe Luca a

aspettiamo pazientemente, diamo un

rinunciare a causa dell’insensibilità ai

giorno alla parete per sistemarsi dopo

Ci muoviamo il più velocemente

piedi. Io raggiungo la cima in otti-

le nevicate delle settimane precedenti

possibile e per fortuna dopo sei ore

ma condizione e molto rapidamente.

e a mezzanotte del 15 giugno inizia-

il nostro fiuto ci porta sotto l’attacco

Siamo contenti e ci sentiamo in per-

mo il nostro avvicinamento.

della cresta Città di Lecco o Cassin

Abissi e seracchi

fetta forma fisica e ben acclimatati.

Ricorderò tutta la vita la disce-

Ridge. Da lì con molta fatica risaliamo

Trascinare le slitte per 20 km su per

sa dalla Wickwire ramp. Scolliniamo

un pendio di neve fresca che ci por-

la montagna ci ha messo in ottima

sulla West rib e iniziamo la discesa di

ta fino a delle roccette dove troviamo

forma.

questo dedalo lungo 600 m di 50°

due vecchi chiodi lasciati nel 1961 dai

Il tempo però cambia e le previsioni

con almeno 60 cm di neve fresca tra

Ragni. Da lì ci caliamo nel canale che

meteo non danno bel tempo per al-

crepacci senza fondo e seracchi che

porta al ghiacciaio North East Fork e

meno 10 giorni. Rimaniamo a campo

ci guardano sopra la nostra testa. Na-

14000 riposando e facendo svariati

vighiamo attraverso questo labirinto

giri con le pelli per rimanere in forma e

sapendo che a ogni passo la possi-

acclimatati. Le temperature al campo

bilità di tornare indietro si fa sempre

si aggirano costantemente sui -20°.

più remota. Abbiamo paura di tutto, di

Alpinismo e arrampicata

41


David e Luca in vetta.

alla base della parete sud. Arriviamo

mie energie e arrivo in sosta prova-

e nessuno ci ha obbligato ad essere

dopo nove ore sul ghiaccio. L’am-

to. Recupero Luca e continuiamo su

in quel posto, è solo frutto della no-

biente è davvero impressionante con

diverse lunghezze di corda di misto

stra volontà e passione per l’alpinismo.

l’unica via di uscita proprio la parete

difficile e roccia spesso coperta da

Alla fine di questa sezione riprendo

sud del Denali e i suoi 3mila metri di

neve. Impieghiamo 12 ore di scalata

il comando e salgo i tiri della Rampa,

dislivello. Ci riposiamo tutta la giornata

per raggiungere il primo ghiacciaio

ghiaccio duro e friabile mi costringe a

e alle 7 di sera attacchiamo la parete.

sospeso e ci ritagliamo un buco nella

dare il massimo per salire tiri verticali

La prima parte è esposta a un grosso

terminale dove piazziamo la tenda. Il

e anche strapiombanti di ghiaccio. Un

seracco e cerchiamo di muoverci il più

tempo cambia e nevica tutto il giorno,

ultimo tiro di M6+ ci porta sulla spalla

velocemente possibile ma la neve fre-

per fortuna alle 8 di sera riusciamo

nevosa verso le quattro del pomerig-

sca ci rende lenti e goffi.

a riprendere la scalata. Sappiamo che

gio, da qua parte un lungo tiro di 50

Iniziamo un lungo traverso su

questo sarà il giorno più lungo e diffi-

metri di A2 che Luca sale in un’ora, io

ghiaccio fine e arriviamo sotto il pri-

cile. Luca parte da primo e sale diversi

risalgo con le jumar e gli zaini. Zaini

mo tiro di sesto grado di ghiaccio.

tiri di M5 e M6 di difficile proteggi-

che, anche se tirati al minimo, pesa-

Con lo zaino e su ghiaccio di pessi-

bilità.

no 18 kg. Due difficili e precari tiri in

ma qualità salgo io da primo cercando

Da secondo salgo il più velocemen-

traverso ci portano sul lungo pendio

una buona combinazione tra velocità

te possibile recuperando il materiale.

che affianca Big Bertha, un seracco di

e sicurezza. Devo già dare fondo alle

L’ambiente è impressionante con un

100 metri che divide in due la parete.

gigantesco muro sopra di noi che con-

È davvero impressionante. Risaliamo

tinua a scaricare valanghe di spindrift.

nella neve fresca fino alle ginocchia

Ci sentiamo come topi in trappola ma

dandoci il cambio ogni ora. Arriviamo

siamo comunque felici perché niente

sotto gli ultimi due tiri di roccia dopo

42 Alpinismo e arrampicata


23 ore di scalata continua. Siamo sfiniti e decidiamo di bivaccare. Oramai abbiamo perso il senso del tempo e riposiamo una decina di ore per recuperare le forze. Pensiamo di aver superato le difficoltà tecniche, ma subito il muro che sembrava facile ci riserva due ostici tiri di misto. Le temperature bassissime ci rendono lenti e abbiamo i guanti che sono duri come il cemento. Superati questi tiri puntiamo verso la cresta della via Città di Lecco battendo tracce nella neve fresca. Saliamo 100 metri a turno, impiegando mediamente un’ora per ogni 150 metri. Arriviamo a quota 5600 m dopo altre 14 ore di scalata. L’ambiente glaciale è magnifico e la vista veramente stupefacente. Ma siamo oramai stanchi e quasi privi di forze. Bivacchiamo un’altra notte a 5600. La mattina il tempo si è guastato e con poca visibilità seguiamo la via più facile. Arriviamo in cima alle 5 del pomeriggio del 23 giugno con le ultime riserve di energia. La gioia è immensa però ci attendono altre cinque ore per tornare a campo 14000 che abbiamo lasciato cinque giorni prima. Al campo chiamiamo Luigi Airoldi per fargli i complimenti per la loro salita nel 1961 e per ringraziarlo per la motivazione che ci ha trasmesso. A campo 14000 riposiamo un giorno e il giorno seguente scendiamo per tornare alla pista di volo. Il 26 giugno rientriamo a Talkeetna, magri, stanchi ma molto soddisfatti per aver fatto le otto salite di questa via, un mito nella storia dell’alpinismo mondiale. Ringrazio il mio gruppo Ragni di Lecco, Adidas Outdoor, Camp Cassin, CAI Lecco e CAI Varese, Matteo Della Bordella, Samuele Bignami, Caterina Tixi e la mia famiglia.

Luca Moroni impegnato sui tiri di ghiaccio della Rampa. Foto David Bacci

Alpinismo e arrampicata

43


ARRIVEDERCI SIULA

Matteo in sosta durante il secondo tentativo sulla Est del Siula Grande. Foto Tito Arosio

Cronaca di una rinuncia d’estate sulle Ande peruviane

di Matteo Della Bordella

E’

facile raccontare di un bel successo, di una spedizione andata bene o di un risultato

del quale ti senti pienamente soddisfatto. Quando invece non sei con-

tento di come siano andate le cose, oppure pensi che avresti potuto fare di piĂš e ti senti beffato dagli eventi, allora anche le parole fanno fatica ad


uscire dalla bocca e dalla penna. Senza dubbio è stata una spedizione che mi ha e ci ha insegnato qualcosa ed abbiamo avuto la possibilità di confrontarci con una montagna davvero impegnativa. Sono convinto che ne sia valsa assolutamente la pena provare a scalare questo Siula Grande anche se tante cose non sono andate come avrei sperato. Parete Est

Tracciati dei due tentativi sulla parete Est del Siula Grande. Foto Matteo Della Bordella

Il 25 luglio partiamo alla volta del Perù; siamo Matteo Bernasconi, Tito

campo base per dormire e gustarci le

rinuncia fa fatica ad andarmi giù, ma

Arosio ed io ed il nostro progetto è

prelibate pietanze preparate dal nostro

poi Berna propone di tentare di tra-

quello di scalare la parete Est del Siula

cuoco Pio Pollo.

versare alti il pendio nevoso sul lato

Grande (6344 m).

Per completare la nostra fase di ac-

destro per raggiungere lo spigolo di

Durante la prima parte della spedi-

climatamento decidiamo di provare a

zione tutto fila liscio, dopo sei giorni

raggiungere la base della parete vera

Mi piace l’idea e soprattutto mi piace

dalla nostra partenza dall’Italia rag-

e propria e passare una o due notti ad

il fatto che dal momento che il nostro

giungiamo il nostro campo base, si-

una quota di circa 5300 metri.

piano A non ci convinceva venga pro-

tuato presso la laguna Siula a circa 4300 metri.

L’8 agosto risaliamo quindi tutto lo

destra della parete.

posta un’alternativa altrettanto valida.

zoccolo, con un tiro di ghiaccio su se-

Abbiamo circa quattro settimane di

racco sbuchiamo sul ghiacciaio pen-

tempo a disposizione e decidiamo di

sile e ci portiamo in vista della parete.

Il mio morale torna alto grazie a

dedicare i primi dieci giorni ad accli-

A questo punto ci aspetta il primo

questa nuova ed allettante prospettiva

matarci in quota e ad esplorare la pa-

imprevisto: in realtà il “traverso” che

rete, in modo da poter poi fare uno o

avrebbe dovuto portare fino alla base

Tuttavia il traverso proposto da Ber-

due tentativi concreti di scalata nelle

dello scudo centrale della parete Est, si

na sembra offrire già difficoltà tecni-

successive due settimane e mezzo.

rivela molto più complesso di quanto

che di un certo impegno ed un ritorno

Dopo una ricognizione, decidiamo

avevamo ipotizzato. Sarebbe neces-

problematico. Non siamo ancora ben

di provare a raggiungere lo scudo

sario calarsi per circa 60 metri da un

acclimatati alla quota ed un po’ lo

principale della parete Est da destra.

seracco e quindi proseguire per un

sentiamo. Per questi motivi decidiamo

Sul lato destro della parete, uno

ghiacciaio all’apparenza decisamente

di passare una notte a 5300 m, depo-

zoccolo roccioso alto circa 500-600

pericoloso e poco accessibile fino alla

sitare lì parte della nostra attrezzatura,

metri porta ad un ghiacciaio pensile,

base della Est. Senza dubbio un avvi-

quindi ridiscendere al campo base e

dal quale con una lunga traversata in

cinamento molto più lungo, laborioso

tornare per provare a fare un tentati-

leggera discesa ci sembra possibile

e pericoloso di quanto preventivato e

vo vero e proprio fino alla vetta, dopo

raggiungere la compatta parete cen-

senza nemmeno la certezza di riusci-

aver riposato qualche giorno.

trale che parte da una quota di circa

re ad arrivare alla parete.

Vicolo cieco

di scalata.

Dopo alcuni giorni di riposo rag-

Discutiamo il da farsi. Io sarei per

giungiamo in breve, e senza sforzi

In questa prima fase di spedizione il

fare comunque un tentativo, ma i miei

eccessivi, il ghiacciaio pensile ed il

nostro programma viene rispettato in

due compagni non sono di questa idea.

pieno: il tempo è sempre stupendo e

È un’amara sorpresa questo ghiacciaio

ci dà la possibilità di acclimatarci at-

perché eravamo convinti che da que-

trezzando lo zoccolo e rientrando al

sto lato fosse molto più accessibile, la

5300 metri.

Alpinismo e arrampicata

45


luogo dove avevamo già dormito. Ci riposiamo un po’ e la nottata passa tranquilla, sotto un cielo stellato. Il mattino ripartiamo con l’idea di provare a mettere in atto il piano studiato la volta precedente. Se, come dicono “il buon giorno si vede dal mattino”, questo giorno non pare per nulla buono. Dopo due settimane di tempo bello, ci troviamo in breve ad essere avvolti nelle nuvole. Iniziamo comunque a salire lo sperone, che dovrebbe condurre ad un traverso su neve, in direzione della nostra parete. Bastano due/tre tiri per accorgerci che ci stiamo infilando in un vicolo cieco: una volta in cima allo sperone roccioso, incontriamo la neve, la cui consistenza è tale che andare avanti ci sembra letteralmente impossibile. E’soffice come un cuscino di piume ed è inconsistente, inoltre il pendio che vorremmo attraversare è molto più ripido del previsto (circa 70 gradi), con placche lisce sotto questa neve traditrice. Dopo qualche timido tentativo abbiamo la conferma dei nostri sospetti e non ci resta altro che constatare che di lì non si va da nessuna parte e che dobbiamo scendere.

Avvicinamento alla laguna Siula. Sullo sfondo Yerupaya Chico e Jirishanca. Sotto: Tito Arosio e Matteo Bernasconi in discesa dal Siula Grande. Foto Matteo Della Bordella

Avvolti nelle nuvole facciamo ritorno, scoraggiati, al campo base.

lettante: la parete sembra impegnativa

e crepacci.

e la roccia sembra compatta, insomma

A questo punto della spedizione il Ripiego

nostro morale è decisamente basso

si prospetta una scalata “dura, ma fattibile” e senza pericoli oggettivi troppo

e non abbiamo nessuna idea su cosa

Dopo un paio di giorni “allo sbando”,

fare: cambiare obiettivo o tentare

vista la situazione, propongo ai miei

un’altra strada? Il problema è qua-

compagni che forse l’unica soluzione

Il morale torna alto nel gruppo per-

le strada. Sembra non ci sia nessun

per arrivare in cima al Siula Grande da

ché questo obiettivo rimotiva tutti e

modo per raggiungere questa Est del

Est è fare come hanno fatto i fran-

decidiamo di fare un nuovo tentativo.

Siula, che ci guarda dall’alto in basso

cesi Bonniot e Jourdain, l’anno prima.

Tuttavia, anche questa volta la for-

protetta dai suoi fidati muri di seracchi

Ovvero scalare il pilastro roccioso di

tuna non ci assiste e la meteo non

sinistra e poi risalire la cresta Sud-Est

promette nulla di buono. Nonostante

fino alla vetta.

tutti i dubbi, il 18 agosto decidiamo

46

Alpinismo e arrampicata

Si tratta di un ripiego. Ma tra tutte le possibili soluzioni ci sembra la più al-

elevati.

ugualmente di partire. Il primo giorno fila tutto liscio, in-


centinaio di metri fino ad una comoda cengia. Si sta facendo tardi e il tempo sta iniziando a cambiare. Decidiamo di piantare la nostra tendina sulla cengia e sperare in condizioni favorevoli per l’indomani. Purtroppo le nostre speranze sono vane perché a breve inizia a nevicare. La neve si intensifica durante tutta la notte e la mattina ci svegliamo con la tenda e la roccia ricoperti da uno strato di 20 centimetri di neve fresca. A questo punto siamo indecisi sul da farsi, ma dall’Italia ci comunicano l’arrivo di una perturbazione, con neve prevista anche per i successivi tre giorni. A malincuore, decidiamo di rinunciare e purtroppo con questa rinuncia finisce anche la nostra spedizione, dal momento che la meteo non ci concede un’altra chance nel poco tempo ancora a nostra disposizione. Personalmente torno a casa piuttosto deluso per il fatto che penso che avremmo potuto fare molto di più su questa montagna. E’quel genere di delusione che si prova quando si Matteo Bernasconi alle prese con il calcare super compatto del Siula Grande . Sotto: Tito Arosio supera il seracco che conduce al ghiacciaio pensile del primo tentativo. Foto Matteo Della Bordella

sente di avere un potenziale che, per svariati motivi, non viene espresso appieno, ma solo in minima parte.

dividuiamo una linea indipendente

Salire queste placche compatte e

sullo sperone, a sinistra di quella dei

levigate e soprattutto trovare dei posti

francesi e dopo circa 250 metri su

dove posizionare ancoraggi sicuri per

Intanto ringrazio i miei compagni di

difficoltà modeste, troviamo un’otti-

proteggersi e costruire delle soste non

avventura, il gruppo Ragni, il CAI Lecco

ma cengia per bivaccare a circa 5200

è cosa facile.

e tutti i nostri sponsor per averci con-

Chissà se avremo un’altra chance con questo Siula in futuro?!

Il secondo giorno parte al comando

cesso la possibilità di provare questa

Incontriamo una roccia incredibile,

Berna, poi tocca a me salire per una

sfida e per averci supportato anche se

un calcare, così aderente e compatto

sessantina di metri su protezioni rare-

questa volta non abbiamo raggiunto il

come mai mi era capitato di vedere

fatte, fino ad incontrare, praticamente

traguardo che sognavamo.

in vita mia; la cosa più simile a questa

a fine corda e dopo 20 metri di plac-

roccia è quella che si trova sulle pareti

ca liscia, una simil-fessura dove po-

del Wenden, in Svizzera, ma forse qui

ter far sosta. Da qui, per fortuna, parte

la natura è stata ancora più avara di

una goulotte di ghiaccio e neve che

prese e buchi che in Svizzera.

ci permette di guadagnare un altro

metri di quota.

Alpinismo e arrampicata

47


PEAK NIK IN PAKISTAN

Nella Kirys Valley tra rocce sabbiose e vette verdeggianti di Luca Schiera

I

o, Simone Pedeferri e Federica Mingolla siamo per partiti per il Pakistan il 29 giugno. La nostra

idea era di andare nella Kondus Valley, situata nel gruppo del Saltoro al confine con l’India. Una zona militare off-limits e per questo motivo zona chiusa a qualsiasi straniero fino a

quest’anno: gli unici ad averla visitata erano stati un gruppo di americani e Natale Villa nel 2001, ma nessuno ci aveva ancora arrampicato. Abbiamo ottenuto il permesso dopo qualche mese di attesa e quindi abbiamo potuto iniziare a organizzarci.

Federica sulla via Good no good

A Islamabad abbiamo incontrato il


Simone Pedeferri e Federica Mingolla sul ghiacciaio della Kondus Valley

nostro ufficiale di collegamento. An-

l’arrampicata complicata. A un terzo

della situazione: abbiamo passato una

che se all’inizio non eravamo entu-

di parete, dopo circa 400 metri, ci

settimana nella Kondus, ci rimangono

siasti della sua presenza, in seguito si

siamo resi conto che non avevamo

meno di dieci giorni e non abbiamo

è rivelato cruciale per superare vari

alcuna possibilità di riuscita e siamo

grandi alternative per arrampicare, ci

problemi lungo la strada. Poi siamo

scesi. Dopo questo tentativo ci sia-

sarebbero due pareti che sembra-

partiti in aereo per Skardu. In un gior-

mo resi conto che anche le altre pa-

no migliori ma arrivano a 6000 m di

no di jeep abbiamo raggiunto Kondus

reti che avevamo studiato erano fatte

quota e avremmo bisogno di più tem-

e ci siamo stabiliti nella Sherpi Valley.

dello stesso tipo di roccia: sabbiosa e

po , quindi le escludiamo subito.

L’entusiasmo nel vedere le pareti era

con varie zone erbose che chiudono

molto alto. Dopo avere dormito ci

le fessure, nonostante siano tutte fra i

siamo incamminati lungo il ghiaccia-

4000 e 5000 m di quota.

Noi, primi occidentali Decidiamo di rischiare tutto e spo-

io per studiare le molte possibilità di

Decidiamo allora di andare a colpo

starci, io torno verso Skardu insieme

arrampicata del posto e siamo tornati

sicuro scegliendo una parete più pic-

all’ufficiale per esplorare una valle che

indietro soddisfatti con una buona li-

cola, ma con delle sottili fessure ver-

avevo visto in foto, Simone e Federica

sta di possibili vie da aprire, avremmo

ticali o strapiombanti. Risultato ancora

guardano la Lachit Valley, parallela alla

solo dovuto scegliere da dove iniziare.

peggiore. La roccia molto sporca è

nostra.

Dopo qualche pioggia abbiamo ini-

al limite dello scalabile; nel frattempo

Due giorni dopo ci ritroviamo di

ziato una via su una parete poco di-

dopo 5 tiri saliti arriva improvviso un

nuovo e decidiamo che non ha senso

stante dal campo base. Sarebbe do-

temporale con delle raffiche di ven-

rimanere qua (le pareti a Kondus sono

vuta essere un riscaldamento in attesa

to mai viste al di fuori della Patagonia,

di qualcosa di più serio, ma subito ab-

dura mezz’ora ma basta a farci buttare

biamo trovato difficoltà impreviste. La

le doppie.

roccia era sporca e sabbiosa e quindi

Tornati alla base facciamo il punto

Alpinismo e arrampicata

49


Kiris Valley, apertura della nuova via Good no good

Luca su un tiro di Good no good

talmente belle che, anche sapendo già

Il secondo risaliamo fino al punto

6000 m), e a piedi sotto il sole tor-

com’era la roccia, la seconda volta

massimo del giorno prima e con un

niamo alla base del terzo pilastro; per

che torniamo nella valle e le vedia-

altro tiro arriviamo fino a pochi me-

fortuna, girando lo spigolo, in pochi

mo rimaniamo stupiti come la prima).

tri dalla cengia, dobbiamo superare

minuti passiamo dal caldo al freddo.

Credo di avere visto una parete in-

solo un tetto. Due grossi blocchi te-

La parete è ancora ripida e dei ciuffi

teressante di granito rosso nella Kiris

nuti fermi apparentemente da niente

d’erba nelle fessure obbligano a qual-

Valley e spostiamo tutto lì il giorno

ci ostacolano la strada. Ci caliamo di

che runout. Dopo altri cinque tiri, prima

successivo.

un intero tiro e pendoliamo alla ricer-

di sera sbuchiamo sulla cresta finale, il

Anche in questo caso, incredibil-

ca di un’altra soluzione, c’è una bella

panorama è notevole. A poco meno di

mente, siamo i primi occidentali a ve-

fessura verticale che sembra portare

quota 5000, la cima è un prato ver-

dere questo posto. La valle è molto

in cima 50 metri più in là. Con un lun-

de, per questo motivo chiamiamo la

verde e sembra il tipico paesaggio al-

go tiro raggiungiamo la prima cen-

montagna Peak Nik.

pino. Attacchiamo subito la parete nel

gia, è già pomeriggio e continuiamo

Scendiamo a piedi dal versante op-

suo lato più alto: uno spigolo formato

velocemente fino a salire anche tut-

posto e concludiamo così la nostra

da tre grandi risalti verticali di 200

to il secondo pilastro. Scendiamo per

via. Siamo stati graziati da tre giorni

metri ciascuno.

un sistema di cenge che porta fuori

di tempo perfetto, ma al quarto torna

Il primo giorno scaliamo fino a due

dalla parete e un’ora più tardi siamo

la pioggia.

tiri dalla prima grande cengia, fissiamo

di nuovo al campo base. Speriamo in

una corda statica e scendiamo.

un altro giorno di bel tempo per finire

Denominiamo la nostra nuova via

la via, il tempo a disposizione inizia a

“Good no good”, 700 m fino al 7b e

stringere.

A1, quota 5000 m circa

50 Alpinismo e arrampicata

Il giorno successivo fa caldissimo (lo zero termico è sempre sopra i

Foto archivio Gruppo Ragni


IL CERVINO DA RAGAZZI

Cinquant’anni di storia alpinistica di Carlo Danelli e Roberto Masciadri

Masciadri in cima all’Ortles dopo aver concluso la via dei Meranesi

di Anna Masciadri

D

fanno in molti.

davano dei miglioramenti il giorno se-

ai Corni di Canzo alla cima dell’Ortles. In mezzo più di

bella camminata. Il tempo era brutto,

Ortles, via dei Meranesi

guente, ma Carlo continuava a essere scettico”.

cinquant’anni di vita, la mag-

“Io di lavoro faccio il maestro di

gior parte di questi passati in monta-

sci, d’inverno a Cervinia e d’estate

“Io sono quello che ha poca fiducia

gna grazie a un’amicizia nata tra i ban-

allo Stelvio – racconta Carlo – ave-

nella tecnologia a differenza di Ro-

chi di scuola, o meglio fuori dall’aula:

vo sempre davanti agli occhi l’Ortles e

berto”, risponde l’amico, “il lunedì sia-

“La maestra durante le lezioni di canto

così ho detto a Roberto: facciamolo!”.

mo partiti dal rifugio alle cinque della

ci spediva fuori perché eravamo en-

Il 19 agosto 2017 sono partiti da

mattina, c’erano nuvole e io non ero

trambi stonati così abbiamo capito di

Valmadrera per tentare la via dei Me-

tranquillo, pian piano poi è migliora-

avere qualcosa in comune”.

ranesi che sale verso la cima dell’Ortles

to e siamo riusciti a salire. È una via

Carlo Danelli e Roberto Mascia-

(3.905 metri): si parte da 1.605 metri,

bellissima, attrezzata, ben segnata, ma

dri (mio papà, dichiaro subito il pa-

sono all’incirca 2.300 i metri di disli-

anche molto tecnica, ci ha dato enor-

lese conflitto di interessi al lettore)

vello per un terreno che è di misto

me soddisfazione arrivare in cima

soci rispettivamente del CAI Canzo

tra roccia, ghiaccio e neve. “Volevamo

anche se è stata una faticata non da

e del CAI Lecco, sono nati a Val-

andare anche prima – prosegue Ro-

poco. In alcuni punti io ero lì per mol-

brona (Como), classe 1948. All’ombra

berto – ma il tempo non è stato favo-

lare, ma Roberto è riuscito a trovare

dei Corni hanno iniziato ad andare in

revole, siamo partiti la domenica con

il modo per passare, di certo la sua

montagna e lo scorso agosto hanno

ancora qualche precipitazione, ma poi

portato a termine un’ascensione im-

il secondo giorno, quello dell’ascen-

portante che inseguivano da tempo

sione vera e propria, si è aperto. Sia-

e che all’alba delle 69 primavere non

mo arrivati il primo giorno al rifugio Borletti (2.188 metri), già dopo una

Alpinismo e arrampicata

51


Roberto Masciadri sullo spigolo Nord del Badile Anni 60

Carlo Danelli sulla Nord del Badile Anni 60

caparbietà è stata determinante”. La via dei Meranesi è una cavalca-

Ortles via Hintergrat

L’Ortles come riserva

ta sulle creste dell’Ortles con scorci

La via dei Meranesi per la coppia

In realtà le due salite all’Ortles del

stupendi sul versante Nord di questa

Danelli-Masciadri però non era la pri-

duo comasco-lecchese sono state

montagna. “È stata proprio una bel-

ma volta all’Ortles, lo scorso anno ci

un ripiego perché avevano in mente

lissima salita – commenta Rober-

erano già stati per fare la Hintergrat.

tutt’altro. “L’idea era di rifare il Cer-

to – impegnativa, difficile, ma che ci

Partiti da Solda (Bolzano) hanno poi

vino dopo 50 anni dalla nostra prima

ha dato grandi soddisfazioni. Con le

raggiunto il primo giorno il rifugio

volta, l’anno scorso era mezzo secolo

condizioni attuali dell’alta montagna è

Coston (2.666 metri), il secondo gior-

esatto, ma non ci sentivamo pronti a

diventata più difficile rispetto ad anni

no hanno inforcato i ramponi all’alba

dovere per affrontarlo così abbiamo

fa perché alcuni crepacci sono molto

puntando la vetta: “L’anno scorso il

deciso di puntare sull’Ortles e siamo

aperti e quindi molto pericolosi. Dopo

tempo era bellissimo – racconta Car-

felicissimi lo stesso. Ma comunque

essere arrivati in cima, felicissimi, sia-

lo – l’ideale, sole senza nemmeno una

non rinunciamo a sognare di tornare

mo scesi dalla normale per il rifugio

nuvola. È una salita differente rispetto

in cima al Cervino, chissà magari l’an-

Payer e non è stata nemmeno quella

alla via dei Meranesi, più semplice non

no prossimo per i 70 anni…”.

una passeggiata perché in alcuni punti

così tecnica, ma altrettanto spettaco-

hanno messo delle scale per superare

lare. Inoltre, il dislivello è minore quin-

i crepacci, il peggioramento delle con-

di meno faticosa, sono circa 2.100 i

dizioni dei nostri ghiacciai è sotto gli

metri che separano la partenza dalla

occhi di tutti. Devo aggiungere che

cima. Infatti è molto più frequentata

eravamo veramente in pochi sulla via

rispetto a quella che abbiamo fatto

dei Meranesi, è lunga e difficile, ma

quest’anno”. “E poi siamo scesi ancora

merita, dovendo attraversare tutta una

verso il Payer – prosegue Roberto -

serie di creste la visibilità deve esse-

anche questa salita ci ha dato enorme

re ottima. A noi è andata bene con il

soddisfazione, l’Ortles offre vie mol-

tempo, dopo le nuvole il cielo si è un

to panoramiche, attorno l’ambiente è

po’ aperto”.

spettacolare. Sono vie però che necessitano una buona preparazione fi-

52 Alpinismo e arrampicata

sica e tecnica, non ci si può distrarre un attimo, devi essere concentrato in ogni passaggio”.


La prima ascensione alla montagna

spone 250 e par-

simbolo delle Alpi della coppia Danelli-

tono carichi con

Masciadri però merita qualche riga.

zaini e scarponi verso Cervinia.

Roberto e Carlo da ragazzi con un amico in Grignetta

È il Ferragosto del 1966, i due gio-

“Abbiamo fatto la via italiana per il

vani scalatori hanno 18 anni, e già da

Cervino, sul sentiero abbiamo trovato

almeno due o tre anni si cimentano

anche un altro di Valbrona che anda-

con le montagne delle Alpi centrali,

va in montagna e a vicenda ci sia-

quelle più vicine a casa.

mo chiesti: “Cosa ci fai qui?” – ride

Così decidono di puntare al Cervi-

mentre racconta Roberto -. Ora ci si

no, ne hanno letto, ne hanno sentito

informa in internet sulle vie, ci sono le

parlare e si sentono pronti. Lavorano

webcam per il tempo, allora si andava

entrambi a Valbrona, si lavora fino alla

alla cieca o quasi. Avevamo le Guide

sera e poi si parte verso Cervinia. C’è

ai monti d’Italia, erano la nostra Bibbia,

un problema però: non hanno l’auto

poi si chiedevano informazioni a chi ci

né la moto della cilindrata giusta per

era già stato e si partiva. Eravamo tal-

viaggiare in autostrada. Così si fanno

mente stanchi al ritorno che ci siamo

prestare da un cugino di Carlo un Ve-

persi a Milano, poi la mattina ovviamente eravamo al lavoro”. Alpinisti nel tempo libero “Abbiamo iniziato ad andare in montagna ai Corni di Canzo, erano so-

purtroppo però hanno perso il quaderno con le date quindi non c’è un ordine cronologico delle loro scalate, ma le montagne che hanno toccato se le ricordano bene: Grignetta con i vari Torrioni, Pizzo Badile spigolo nord via Molteni-Valsecchi e punta Sertori via Miramonti con traversata alla est, integrale spigolo Vinci al Cengalo, Punta della Sfinge via Bramani in Val Masino, Disgrazia parete Nord diretta, Presolana parete sud e via Bramani, Cervino via italiana, Vajolet Catinaccio, Vajolet Torre Delago, Dent d’Hérens, Grand Combin, Monte Bianco cresta Bosses, Aguille du Midi via Rebuffat, Monte Rosa Punta Margherita e Punta Gnifetti, Jungfrau, Mönch, Traversata delle Tredici cime, Stromboli e Etna. Immagini archivio Danelli-Masciadri

pra casa nostra, erano il nostro parco giochi – dice Carlo – inizialmente ci siamo dati alla speleologia, ma venuti a contatto con la verticalità abbiamo preferito scalare. Ci siamo iscritti al CAI Canzo e poi abbiamo frequentato il corso roccia con il CAI Valmadrera quindi abbiamo proseguito da soli”. Per Carlo Danelli e Roberto Masciadri ci sono alcune ascensioni importanti nel loro curriculum alpinistico,

Alpinismo e arrampicata

53


LA MISURA DELLA MONTAGNA

Considerazioni flash dal corso di arrampicata su roccia di Filippo Magnani

E’

ero tra quelli che hanno approcciato il

sia stato raggiunto lo scopriremo tra

un grigio lunedì mattina e

corso con più cose da imparare, provo

una settimana, la sera di consegna dei

siamo tornati ieri dai tre

a raccontarvi la mia esperienza.

diplomi.

giorni conclusivi del corso

AR1 2017 in Dolomiti. Whatsapp e Fa-

L’obiettivo delle varie lezioni prati-

Questa è la sintesi. Ma chiunque di

cebook esplodono di quelli che sono

che e teoriche era quello di trasmet-

noi presenti al corso direbbe che que-

già splendidi ricordi di un fantastico

tere tutti i fondamentali della catena

sta sintesi è del tutto incompleta.

gruppo di ragazzi di varia età, espe-

di sicurezza - l’attrezzatura, le prote-

rienza in montagna e capacità tecni-

zioni, le soste, le manovre e la disce-

Perché direbbe che il vero obiettivo

che, che hanno una disperata voglia

sa in corda doppia - e la base della

del corso è stato un altro, che nessun

di arrampicare. E di divertirsi arram-

tecnica d’arrampicata. Insomma tutto

diploma può certificare. Dall’Angelo-

picando, perché i momenti passati a

quello che serve per raggiungere un

ne alla Grignetta, dal granito della Val

raccontarsi le peripezie e gli errori, le

certo livello di autonomia, qualsiasi

Masino alle Dolomiti, i nostri istruttori

battute e gli sfottò, insomma di con-

sia l’interpretazione che si voglia dare

hanno saputo aprire davanti ai nostri

dividere la gioia di arrampicare sono la

all’arrampicata: dalla più sportiva alla

occhi ciò che di più prezioso poteva-

cifra di un gruppo unico. E visto che io

più alpinistica. Se l’obiettivo tecnico

no consegnarci, la montagna.

Andando all’attacco della via Maria al Sass Pordoi


Scalando con loro abbiamo scoperto come la montagna è una misura, perché ti mostra chiaramente ogni tuo limite, fisico e mentale, ma anche ogni punto di forza. La montagna è sincera, perché ti dice senza troppi giri di parole cosa sei in grado di fare e cosa no. I sentimenti a cui la “modernità” ci abitua tendono ad essere piatti ed ovvi. Mentre arrampichi invece la montagna ti fa provare ogni tipologia di emozione – dalla paura alla gioia, dalla rabbia all’appagamento -, in modo così vero e con tutte le possibili sfaccettature. E la gioia di arrampicare spesso è incomunicabile, perché chi considera le montagne solo come multiformi rilievi grigio-verde, vedrà l’arrampicata solo come turismo o cronaca e non riuscirà a capire cosa hai provato mentre scalavi una via dolomitica. Questione di metodo

Quarto tiro della Rossi-Tomasi al Piz Ciavazes

La montagna è metodo, perché imparare nodi e manovre, ripetere un

vere, obiettivi per i quali hai sudato e

mano, altre anche con qualche sano

passaggio enne volte, ed andare ad

che, una volta raggiunti, ti permettono

“ incoraggiamento” (chiamiamoli così),

allenarsi la sera tardi per tentare di

di guardare al prossimo con fiducia.

ma anche per le risate, e le sgridate. E mi perdoneranno, perché sicura-

stare al passo con gli altri durante le uscite richiede quell’abnegazione che

Ma la montagna sono soprattut-

mente sanno che la montagna non ha

solo la passione può darti, ma anche

to loro, Mario, Carlo B. , Matteo D.B.,

bisogno di (tutte queste) parole che

la certezza che l’impegno poi viene

Marco M., Luca B., Dimitri, Marco V.,

comunque non bastano per spiegarla,

premiato. E la fatica o la frustrazione

Stefano, Luca G., Massimo, Pier, Carlo

perché sa spiegarsi da sola, nel lin-

per non riuscire a superare in modo

A., Lorenzo, Matteo P., Luca S., Simone

guaggio universale della fatica e della

dignitoso passaggi tutto sommato ba-

P. e ovviamente Dante, Pino e Silvano,

bellezza. Ma alla fine, siamo pur sem-

nali è stata sempre ricompensata all’u-

che si sono caricati sulle spalle (a volte

pre allievi.

scita successiva quando, grazie agli

in senso letterale) un manipolo di ra-

istruttori, scopri che quello che sem-

gazzi e ci hanno insegnato sulla mon-

brava un limite insormontabile in realtà

tagna, che la montagna è tutte queste

lo era solo nella tua testa. La monta-

cose. A loro va il ringraziamento per

gna è tenere accesa la fiamma. Perché

la pazienza, la dedizione, per l’enorme

ti insegna che a cercare solo discese

esperienza che ci hanno trasmesso

o assenza di ostacoli vuol dire tenersi

con metodi, approcci e anche carat-

il vuoto del vivere senza soddisfazioni

teri diversi, a volte prendendoci per

Foto di Silvano Arrigoni.

Alpinismo e arrampicata

55


TRA LE NUVOLE

Un successo, nonostante il meteo, l’uscita alpinistica all’Allalinhorn

di Arianna Proserpio e Elisa Nogara

L’

uscita alpinistica della sezio-

so briefing con Silvano Arrigoni e con

re di partire presto, così da arrivare al

ne CAI Lecco di quest’anno,

l’organizzatore Andrea. Si decide di

rifugio prima dell’arrivo del maltempo.

come (quasi) ogni anno, o per

partire comunque, nonostante le pre-

Una volta all’interno ci si riposa in pre-

lo meno da quando il nostro fotografo

visioni meteo non siano delle miglio-

visione dello sforzo di domenica: si

“storyteller” Giorgio Mandarano riesce

ri, per tentare la vetta dell’Allalinhorn,

chiacchiera e si definiscono gli ultimi

a ricordare, è cominciata con il presta-

passando per la cresta Hohlaubgrat.

particolari dell’itinerario.

bilito, ma soprattutto tanto, tanto atte-

Siamo tutti cosi carichi da decide-

Tutti noi, chi più, chi meno, siamo


Cordate sulla cresta Est


Spettacolo dalla cresta Est.

avvezzi a questo genere di salite:

di 40 gradi che ci condurrà in vetta. A

per affrontare la discesa. Il tempo non

l’Hohlaubgrat (PD+) è alla portata di

poco a poco battiamo traccia, salendo

è stato clemente, i nuvoloni ci hanno

tutti, solo un breve passaggio su roc-

sulla bellissima cresta, tuttavia il vento

travolto e non ci hanno permesso di

cette appena innevate impensierisce,

sferzante non ci dà tregua; siamo irri-

vedere il bellissimo panorama che ci

ma ben presto, rincuorati dall’essere in

conoscibili e a stento riesco a vedere

circondava, ma non importa, sarà per

cordata con persone più esperte, di-

nella nebbia Silvano legato davanti a

la prossima volta. La montagna sarà

mentichiamo le difficoltà e pensiamo

me. Sento solo il lento ritmo dei passi

sempre lì e ci darà altre possibilità

solo all’entusiasmo di raggiungere la

e la leggera tensione della corda che

di raggiungere la sua vetta. Solo una

cima.

ci unisce e che mi porta a continuare

bella stretta di mano tra di noi suggella

E’ mattina, il sole non è ancora sorto

a muovermi, inesorabilmente, in que-

questo nuovo traguardo. Ci aspetta la

ma noi siamo già pronti ad uscire sul

sto mondo bianco e ghiacciato. For-

discesa, sperando di arrivare presto a

ghiacciaio dopo un’abbondante co-

tunatamente attacchiamo le rocce per

valle per gustarci qualcosa di caldo.

lazione. Lungo il sentiero per la vet-

primi e abilmente le superiamo rima-

ta si scorge un lungo serpentone di

nendo alla testa del gruppo.

frontali: non siamo i primi e purtroppo

Al termine di questa esperienza vorremmo ringraziare la sezione di Lecco perché ci permette di svolge-

dovremo adeguarci ai ritmi di chi ci

In vetta

re uscite alpinistiche di questo tipo

precede. Tuttavia a poco a poco tut-

Passo dopo passo, tra una nuvola e

in piena sicurezza. Inoltre, facciamo i

te le cordate davanti a noi ci lasciano

l’altra, ma soprattutto dopo tanto, tan-

complimenti ad Andrea Spreafico per

spazio: chi per indossare il materiale,

to freddo, ecco la croce: siamo final-

aver camminato davanti a tutti con

chi per mangiare qualcosa, chi per ri-

mente in vetta.

trenta centimetri di neve fresca per

posare. Ci ritroviamo così ad essere le

Siamo consapevoli di essere a metà

farci fare meno fatica, a Silvano Ar-

prime tre cordate all’inizio del pendio

dell’opera, però, una volta su, lo stato di

rigoni per aver sopportato una donna

gioia prevale su qualsiasi fatica e pau-

nella sua cordata e a Matteo Abate per

ra ed è ancora più bello vedere negli

aver fornito supporto morale durante

occhi dei compagni quest’emozione

tutta la salita, soprattutto in sosta.

58

Escursionismo

che si riflette e ti dà la caricata giusta

Foto di Giorgio Mandarano


IL FAMILY CAI AL PRIMO RADUNO

Tra le cascine e i sentieri del Parco di Monza

Foto di gruppo con Presidente. Generale.

di Andrea Spreafico

L

o scorso 24 settembre, le sezioni lombarde che organizzano attività destinate alle famiglie,

accogliendo una nostra proposta, si sono unite per dar vita al primo Raduno Family CAI. All’iniziativa hanno partecipato an-

che il presidente generale e tante famiglie di non soci, attirate dalla novità e dagli articoli apparsi nei giorni pre-

cedenti sulla stampa ed in rete.

corsi d’acqua che lo attraversano serpeggiando mentre facevano un breve

Cornice dell’evento il Parco di Mon-

trekking sui suoi sentieri.

za, che con i suoi sentieri e le cascine ha permesso a tutti di godersi la

Raggiunta poi la cascina dei Mulini

splendida giornata di sole, con tempe-

Asciutti, siamo stati ospitati all’interno

rature quasi estive.

del giardino, dove abbiamo dato vita ad un variopinto e vociante picnic.

Anche i piccoli hanno potuto scoprire gli spazi immensi di questo

Dopopranzo, la parete di arrampi-

splendido parco “cittadino”, giocando

cata montata per l’occasione è stata

tra loro nei prati e divertendosi con i

letteralmente presa d’assalto dai bambini, che si sono cimentati su tutte le vie presenti. E’ stata una lunga e piacevole giornata, divertente per i partecipanti ed utile agli organizzatori per comprendere meglio il relativamente recente fenomeno del “Family CAI”. Foto di Andrea Spreafico

Escursionismo

59


SOTTO IL SOLE DEL TRENTINO

Trekking del Catinaccio per i ragazzi dell’Alpinismo Giovanile

Ultima tappa al rifugio Ciampedie

di Clotilde, Elisa, Michele, Serena, Stefano

E

siamo arrivati al quindicesimo

tinaccio: un itinerario veramente in-

all’una siamo partiti per il rifugio Roda

anno di trekking organizzato

teressante, con paesaggi splendidi e

di Vael.

dall’ Alpinismo Giovanile del CAI

emozionanti.

di Lecco, anche quest’anno abbiamo

Era una giornata sa, f

trascorso cinque giorni di sola e unica

Primo giorno

montagna (dal 19 al 23 luglio). Que-

Passo Costalunga – Rif. Roda di Vael.

sta volta si è deciso di andare sulle

Siamo partiti da Lecco alle 6 di

Dolomiti, in particolare, un percorso a

mattina e siamo arrivati al passo Costa

dir poco stupefacente, il giro del Ca-

Lunga a mezzogiorno e mezza circa;

nato solo d

eramente afobiamo cammiorno, se no

saremmo morti tutti dal caldo. Arrivando c lo splendido paesaggi

biamo elle Dolomiti,



rilassarci e anche per preparaci al me-

anche l’ultimo pezzo di sentiero.

immensa.

glio per il giorno dopo, che sarebbe

Eccola, le eravamo proprio sotto.

Arrivata sera abbiamo potuto ve-

stato molto faticoso, con una ferrata e

Inizio della ferrata. Abbiamo tirato

dere un nuovo paesaggio nelle ombre

una camminata a dir poco splendida e

fuori imbrago, moschettoni e il re-

della notte. Era tutto molto fiabesco,

altrettanto impegnativa.

stante necessario. Mentre ci si prepara

quasi innaturale.

Tutto sarebbe stato molto più sem-

per “lo sforzo” c’è chi ne approfitta per

Difficile descrivere come ci si sente

plice, il giorno dopo, se avessimo sa-

scattare qualche foto e chi fa una ri-

quando ci si confronta con la gran-

puto che ad aspettarci al rifugio (ini-

carica di energie con qualche snack.

dezza di queste cime. Noi le abbiamo

zialmente lontano anni luce) ci sarebbe

Beh, tutto sommato ce l’eravamo

salite e raggiunte. E’ cosi che ci sia-

stato il gelato alla cannella più buono

aspettata più impegnativa. Qualche

mo dati la buona notte, dicendo a noi

del Trentino (parere soggettivo).

chiacchiera qua e là e senza esserce-

stessi che nulla è impossibile e tutto è

ne accorti siamo arrivati alla fine. Non

raggiungibile. Persino le vette di questi

Secondo giorno

è andata poi così male. Da lì in avanti,

maestosi paesaggi.

Rif. Roda di Vael – Rif. Vajolet.

per il resto della giornata si trattava

È stato il caldo sole di montagna a

soltanto di camminare su e giù per le

Terzo giorno

svegliarci, quel sole che ci ha aperto le

montagne con lo scopo di raggiunge-

Rif. Vajolet – Rif. Bergamo – Rif. Tires

braccia a una promettente giornata. Il

re il rifugio Vajolet.

Dopo una sostanziosa e buona

programma è già organizzato. Come

Grazie a queste lunghe camminate

colazione, ci siamo lasciati il rifugio

di routine, sveglia intorno alle sette e

abbiamo approfittato per scambiare

Vajolet alle spalle, e ci siamo incam-

trenta, colazione e si è pronti a partire.

qualche chiacchiera in più tra di noi,

minati verso il rifugio Tires. All’inizio

Tutti pronti per il primo vero sforzo, la

per conoscerci meglio. A metà gior-

della camminata, il cielo era sereno

ferrata, o meglio una delle tante che

nata pausa pranzo, poi di nuovo in

e il sole splendeva, ma dopo un’ora

avremmo incontrato durante il nostro

cammino.

circa di cammino, le nuvole ci hanno

Erano circa le 17 e sembrava di

raggiunto e, messi in fretta i k-way,

camminare da settimane, forse perché

abbiamo camminato spediti verso il

raggiungimento

i saliscendi tra le montagne ci avevano

rifugio Bergamo. Appena arrivati lì, il

della giusta quota. C’era una stra-

sfiancati. In lontananza si scorgeva fi-

sole è ritornato e così ci siamo avviati

na nebbia ad avvolgere le monta-

nalmente la meta. Non era ancora ben

per raggiungere la destinazione finale.

gne come fosse un mantello. Il pa-

visibile, si notava appena, ma aver visto

Abbiamo camminato a lungo per una

esaggio, ancora alle prime luci del

il nostro punto di arrivo ci ha sollevato

salita e ci siamo stancati tanto sotto il

mattino, sembrava spaziale, una vastità

il morale. In un sospiro abbiamo fatto

sole battente. A un certo punto, a darci

trekking. Precede la ferrata un’oretta di cammino

per

il

Accompagnatori quasi storici

Attacco alla ferrata Roda di Vael


conforto, un piccolo torrente di acqua

camminati per un altro sentiero che

biamo chiacchierato a lungo, un po’

cristallina. Ripreso il cammino eravamo

alternava tratti semipianeggianti, ver-

malinconici e tristi perché il trekking

sempre più desiderosi di raggiungere

santi ripidi e grandi vallate, fino ad ar-

stava per finire, ma entusiasti per le

la metà e finalmente ci siamo arriva-

rivare, dopo aver superato un pendio

avventure vissute e con la certezza di

ti. Il rifugio ci ha subito stupito per la

scosceso, nei pressi di un rifugio.

ritrovarci l’anno prossimo.

sua bellezza e modernità, anche se noi

Qui abbiamo deciso di sostare per un

ragazzi siamo rimasti sbalorditi e un

po’ di tempo e poiché faceva freddo

Quinto giorno

po’ delusi quando abbiamo scoperto

siamo entrati nel rifugio dove alcuni di

Rif. Ciampedie – Rif. Roda di Vael –

che non c’era nessuna connessione

noi si sono rifocillati con qualcosa di

Passo Costalunga.

WI-FI. Il rifugio all’interno sembrava

caratteristico della zona offertoci dal

E’ l’ultima giornata del nostro trek-

quasi un hotel, era davvero bellissimo.

gestore, come i canederli o la bresaola.

king itinerante. Il tempo era soleggiato

Dopo un pomeriggio trascorso all’in-

Poi siamo partiti per raggiungere un

ed il cielo azzurro, privo di nuvole. Il

segna del riposo, abbiamo consumato

sentiero chiamato “sentiero delle sca-

clima era piacevole ed il sentiero pia-

forse una delle più prelibate cene di

lette”: una delusione, perché le scalette

neggiante, per il primo tratto. Verso le

questo trekking: abbiamo mangiato

erano solo due!

undici siamo arrivati al rifugio dove

cibo tradizionale, ma cucinato in un

Successivamente ci siamo adden-

eravamo giunti il primo giorno, pronti

modo eccezionale. E dopo aver cena-

trati nel bosco e percorrendo un sen-

per la discesa verso il passo. Il sen-

to, ci siamo recati nelle nostre stanze

tiero in discesa nel primo pomeriggio

tiero era piuttosto affollato, c’erano

per rilassarci e per prepararci al quarto

siamo arrivati al rifugio Ciampedie, un

infatti numerose famiglie che salivano,

giorno di questo fantastico trekking.

tipico rifugio di montagna molto cal-

probabilmente dirette al rifugio Roda

do, accogliente e rustico. Essendo ar-

di Vael. Percorso anche quest’ultimo

Quarto giorno

rivati presto alcuni si sono riposati, altri

tratto di discesa, altrettanto bello, sia-

Rif. Tires – Rif. Ciampedie

hanno approfittato per fare una doccia

mo giunti alle auto dove siamo ripar-

Dopo un abbondante colazione

calda rigenerante e altri ancora sono

titi alla volta di casa.

durante la quale abbiamo potuto as-

usciti per scattare delle foto mozza-

Anche quest’anno il sole ci ha gra-

saggiare salumi tipici della zona, sia-

fiato della vallata circostante. All’ora

ziati tranne che nel terzo giorno, così

mo partiti alla volta dell’ultimo rifu-

di cena i rifugisti ci hanno fatto ac-

che un rumoroso gruppetto di ragazzi

gio del nostro trekking sulle Dolomiti.

comodare a tavola e ci hanno servito

e accompagnatori ha potuto trascor-

Abbiamo percorso un sentiero stret-

delle pietanze a buffet. Buonissime.

rere cinque fantastici giorni avventu-

to e scosceso nei pressi di un fiume.

La sera dopo cena, siamo usciti ad

Dopo una breve sosta, ci siamo in-

ammirare il panorama notturno e ab-

Verso il rifugio Tires

Rifugio Alpe di Tires

randosi tra i suggestivi paesaggi del Trentino.


UN GIORNO IN BICI

Al lago di Garlate la chiusura di un anno di attività

Sosta al parchetto di Pescate

di Marco Giudici*

A

nche quest’anno il gruppo di Alpinismo Giovanile ha organizzato i corsi per ragazzi

dai 7 ai 17 anni con grande successo ed apprezzamento dei partecipanti. Le condizioni meteo sono state favorevoli e solo in rare occasioni abbiamo effettuato le escursioni “armati” di ombrelli e k-way.

gionale Lombardo di Alpinismo Giovanile in collaborazione con la CRLAG

Domenica 12 novembre si è svolta

(Commissione Regionale Lombarda di

l’escursione di chiusura dei corsi AG

Alpinismo Giovanile). Lo scorso 28

2017 in bicicletta. Nonostante la gior-

maggio 2017 circa 800 persone (tra

nata fredda e nuvolosa, una quindici-

accompagnatori e ragazzi) apparte-

na di coraggiosi ragazzi ha pedalato

nenti ad una ventina di sezioni lom-

lungo la ciclabile dell’Adda da Lecco a

barde, sono salite ai piani d’Erna per

Olginate e ritorno. I partecipanti sono

una giornata a misura di ragazzo. Nu-

stati entusiasti per la novità proposta

merosi giochi e attività si sono svolti

dal gruppo.

durante la bellissima giornata, graDopo diversi anni è stato organizzato, dalla nostra sezione, il Raduno Re-

zie anche ai partecipanti al corso di formazione ASAG (Accompagnatori Sezionali di Alpinismo Giovanile) che

64

hanno collaborato all’organizzazione e

Alpinismo Giovanile

parlato.

alla realizzazione dell’evento. Del trekking, attività il cui valore si è confermato negli anni, abbiamo già

*Presidente del Gruppo di Alpinismo Giovanile del CAI Lecco



RICORDANDO MARCELLO

Gli amici del Gruppo GEO

A

lla testa del “suo” gruppo, sui

Nato il 15 gennaio del 1936, ca-

sentieri dell’Engadina, circon-

Ma il suo impegno e l’amore per la

sualmente ad Alessandria d’Egitto

dato dalle montagne che ha

montagna e il CAI non si sono fermati

(il padre, ingegnere, si trovava lì per

solo a questo.

delle importanti opere pubbliche), in

amato con viscerale passione, è tra-

Immagine recente di Marcello Sellari

mo giorno della sua vita.

gicamente scomparso Marcello Sellari.

Ha rivestito il ruolo di consigliere,

età lavorativa ha ricoperto ruoli api-

Aveva ricevuto il testimone da Anna

segretario, tesoriere e di vice presi-

cali nel comparto dell’organizzazione

Clozza, fondatrice oltre 25 anni orso-

dente della sezione lecchese “Riccardo

aziendale e informatica, competenze

no del GEO (Gruppo Età d’Oro) che

Cassin”, è stato consigliere regionale

che, in seguito, ha riversato con suc-

coordina i Seniores del CAI (Club

del CAI, presidente della Commis-

cesso nella sua attività post lavorativa,

Alpino Italiano) di Lecco, nel lontano

sione seniores regionale lombarda e

diventando un punto di riferimento

luglio del 2004 e con mano ferma e

vice presidente della SEM, alla quale si

del movimento alpinistico regionale e

competente lo ha diretto sino all’ulti-

iscrisse nel 1971.

lecchese.



Marcello in Patagonia nel 2009

Nel 1991 l’approdo a Lecco, il suo

Fino all’ultimo ha dimostrato curio-

ben difficile da sostituire, anche se vi

ingresso nel GEO, l’immediata sintonia

sità e interesse per le nuove tecno-

è la certezza che i componenti del

con Anna Clozza e, in seguito, il ruolo

logie, comprese quelle applicate alla

gruppo, il suo vice, Agostino Riva, ci

di presidente rivestito con entusiasmo

montagna, nonché la voglia di cose

metteranno tutta la tenacia e la voglia

e passione per oltre tredici anni.

nuove, da condividere con gli amici

che in questi anni Sellari ha saputo in-

del gruppo e con gli amati tre nipoti.

fondere.

Non si possono contare le escursioni, i trekking, le settimane monta-

Ci lascia con un mare di progetti,

ne e marine da lui organizzate per il

di idee e di iniziative, frutto della sua

GEO, non disgiunte dal ruolo sociale

voglia di vivere in compagnia e a con-

del gruppo, finalizzato alla solidarietà

tatto della natura.

e alla lotta contro le solitudini.

Che la terra ti sia lieve, caro Marcello.

Ha avuto un ruolo da protagonista,

Lecco, 21 sett.2017 Caro Marcello, eccoci qua tutti insieme a riempire questa grande Basilica, tutti qua per te. Forse te ne sei andato nella maniera che, nel segreto del tuo cuore, ti auguravi: - con gli scarponi ai piedi, lo zaino in spalla e alla testa del “tuo” GEO; - in un sentiero di montagna e dopo una delle tante escursioni che avevi coordinato e organizzato. - in un modo rapido e netto come ti sarebbe piaciuto. Hai visceralmente amato e frequentato per tanti anni la montagna, in particolare con il tuo arrivo a Lecco nel lontano 1991 e la tua competenza e il tuo bagaglio di conoscenze a livello organizzativo e informatico sono state messe a servizio del movimento alpinistico, fino nel 2004 a ricevere il testimone da Anna Clozza, la fon-


IL GEO A LANZAROTE

L

a settimana del GEO a Lanzarote non è stata certamente vissuta in modo allegro, consi-

derato che è avvenuta a distanza di appena quattro giorni dalla scomparsa di Marcello Sellari. I tempi così ravvicinati e ristretti, fra l’altro, hanno impedito di valutare ogni altra soluzione diversa rispetto a quella della partenza. Ma anche in suo nome, in una settimana azzurra da lui fortemente voluta, il gruppo di 25 seniores, capitanato da Ambrogina Farina, è volato in direzione dell’isola delle Canarie. Dal 17 al 24 settembre sono state delle giornate intense e con panorami straordinari offerti dall’isola vulcanica. Una puntata in barca sulla piccola isola de La Graciosa ha costituito la classica

Il gruppo GEO a Lanzarote

ciliegina su di una torta che ha previ-

Qualche bagno nell’oceano e dei

sto lunghe passeggiate su sentieri che

gustosi menu a base di pesce hanno

costeggiano crateri e paesaggi lunari

arricchito le giornate splendidamen-

che solo un’isola vulcanica sa regalare.

te animate dalla guida Michele che

Non è mancata l’ascesa sulla Penas del

ha condotto il gruppo con piglio ed

Chache che con i suoi 671 metri co-

energia.

stituisce la cima più alta di Lanzarote.

datrice del GEO, il sodalizio dei Seniores del CAI che hai presieduto per oltre tredici anni. Al CAI sezionale di Lecco sei stato consigliere, tesoriere e vice presidente; ma non ti bastava e hai anche ricoperto importanti cariche a livello regionale, sempre nel campo dei seniores dove eri conosciuto e apprezzato a livello nazionale. La tua inesauribile molla è stata la curiosità; il nuovo non ti ha mai spaventato e la voglia di cimentarti e di misurarti in cose nuove è stato uno dei tuoi carismi. Al GEO hai dedicato un mare di tempo e vi hai profuso le migliori energie organizzando, promuovendo, stimolando numerosissime iniziative e non solo in ambito italiano. Il GEO con te ha calcato il Cammino di Santiago, è stato in Patagonia, in Austria, in Marocco, in Francia, in Croazia, nelle Azzorre dove ancor oggi sei la persona più anziana che abbia mai raggiunto la vetta del vulcano Pico che, con i suoi 2351 metri sul livello del mare, è la vetta più alta del Portogallo. E che dire delle Eolie, della Maddalena, della Sicilia … E chissà quante altre cose in questo difficile momento mi sto dimenticando. Oltre all’aspetto naturalistico ed escursionistico insieme abbiamo curato e valorizzato anche il lato sociale del GEO, diventando per molte persone un punto di riferimento, un luogo dove poter socializzare e stare insieme, dove sconfiggere la solitudine. Abbiamo gettato un ponte fra le generazioni con l’appuntamento “Nonni e nipoti”, un’occasione d’incontro e di gioco, anche se adesso con l’avanzare dell’età facciamo fatica a trovare nipoti bambini che diventati adolescenti preferiscono stare con quelli della loro età. Abbiamo gestito insieme appuntamenti fissi come quelli con la solidarietà, con la raccolta dei fondi destinati a iniziative benefiche delle quali in modo puntiglioso e attento si andava a verificare la qualità. Ci hai lasciato in modo brusco e ancora adesso ci viene difficile renderci conto. Ci hai lasciato con una serie di iniziative, progetti e idee che vogliamo condurre e portare a conclusione. Non sarà facile! Non pensiamo neanche minimamente di trovare un sostituto alla tua altezza. Possiamo però garantirti che continueremo sulla strada da te ben segnata, con tenacia, con passo costante e determinato anche se è inutile nasconderlo ci mancherai, ci mancherai tanto. Ciao Marcello! (Agostino Riva)


UNA CAMMINATA IN CITTÀ

Resegone, 1991, olio su tela, 250 x 140 cm. Foto archiViVitali

D

di Tiziana Rota omenica 17 settembre ho condotto in giro per Milano un gruppo di Amici dei Mu-

sei del territorio lecchese come tante altre volte a caccia di mostre, musei, monumenti, chiese e angoli suggestivi della città, ma questa volta la passeggiata è stata veramente speciale

Appuntamenti

ed emozionante perché si trattava di

to tutto da sole, quali soggetti vivi e

incontrare, in luoghi prestigiosi della

protagonisti, amici reincontrati che ci

cultura milanese, le opere di Giancar-

hanno attirati nei musei come invitati

lo Vitali (Bellano, 29 novembre 1929)

speciali e ci hanno offerto spunti per

che, viste ed esposte nella sua casa

ricordi, chiacchierate, commenti, in un

e in tante piccole e grandi mostre a

clima famigliare e molto partecipato.

Lecco e nel territorio lombardo, qui

Tanta è la forza delle opere e degli

si sono date appuntamento, riunite in

originali allestimenti.

gruppi e ridistribuite per abitare e ri-

In realtà il grandioso progetto

vivere Palazzo Reale, il Castello Sfor-

espositivo che, in questa calda esta-

zesco, la Casa Manzoni e il Museo di

te (5 luglio-24 settembre 2017), ha

Storia Naturale.

occupato le quattro sedi espositive

L’impressione è che abbiano fat-

di Milano, promosso e prodotto da


A destra dall’alto: ritratto recente di Giancarlo Vitali; Resegone.acquatinta.1991, esposta nella mostra lecchese del 2011; San Martino.acquaforte.acquatinta.1991, esposta nella mostra lecchese del 2011.

Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale, Castello Sforzesco, Museo di Storia Naturale, Casa del Manzoni e ArchiViVitali, è frutto di un lungo ed imponente lavoro di Velasco Vitali, pittore, figlio del Maestro e curatore della mostra, della famiglia Vitali intera e del regista inglese Peter Greenaway. “Giancarlo Vitali TIME OUT”, gioco fermo o tempo sospeso, è il titolo complessivo di tutti i percorsi espositivi in città, che richiama quel


Autoritratto di Giancarlo Vitali nella mostra di Palazzo Reale. Foto di Eugenio Anghileri

Girasoli a Palazzo Reale. Foto di Eugenio Anghileri

momento di sospensione necessario

autoritratti, i vecchi di paese, gli amici,

Infine il passaggio di consegne con

per fare il punto di 70 anni di pittura

la mamma, la nonna, la bella Germana

la sorpresa del doppio ritratto di Ve-

e incisione di un maestro del Nove-

colta in tutto il suo splendore, le cene

lasco che celebra il pittore e la pittura

cento.

conviviali e quelle benefiche, le tavo-

con il proprio autoritratto dopo quel-

le apparecchiate, le bande e i messi

lo del padre Giancarlo, rigorosamente

comunali, i farmacisti e gli imbianchi-

in piedi e a figura intera. Ci si soffer-

Noi abbiamo cominciato da Palaz-

ni, i calzolai e i sagrestani, le nature

merebbe più a lungo ma siamo solo

zo Reale dove è ospitata la grande

morte, gli agoni sacralizzati, le carni

all’inizio del percorso cittadino.

antologica: 200 opere che delineano

insanguinate, i tori squartati, i coni-

un percorso narrativo diviso in die-

gli esposti, le processioni dei morti, il

ci sezioni tematiche e coprono tut-

trionfo della pittura e della vita.

La pittura

L’incisione Passeggiata da Piazza Duomo al

to l’arco della produzione, dai primi

Solo pittura e qualche prezioso di-

Castello Sforzesco nel cuore di que-

dipinti degli anni Quaranta fino agli

segno privato reduce dalla mostra “La

sta città che sta diventando sempre

ultimi lavori. Qui abbiamo sostato a

Memoria sottile”, tenuta a Villa Man-

più accogliente e gremita di turisti e

lungo dialogando con i ritratti e gli

zoni di Lecco nel 1997.

non solo, per incontrare le incisioni

Accesso alla sala delle incisioni nell’allestimento del Castello Sforzesco

Incisioni al Castello Sforzesco


I fossili di Stoppani a Casa Manzoni

I fossili di Stoppani nella mostra lecchese del 2013

di Vitali nella Sala Viscontea. Biso-

che accosta Vitali ai maestri: Bartolini

matrimoni, dei funerali, delle proces-

gna percorre un ampio tappeto rosso

e Morandi, Rembrandt, Ensor, e Goya

sioni. A partire dalle prime tre stanze

cosparso di fogli bianchi, su cui sono

per citarne alcuni.

che ricostruiscono la natura di Bellano fino alla toccante corsia di ospe-

sospese le lastre di varie dimensioni e materiali, poi essere “torchiati”

La Casa del Manzoni

dale che racconta la malattia vissuta

da un basso passaggio e trovare un

Speciale la mostra a Casa del Man-

da Giancarlo all’Ospedale Manzoni di

campionario di 150 fogli incisi esposti

zoni, “Mortality with Vitali”, una Wun-

Lecco con i suoi “sudari dipinti”. Nel

orizzontalmente nella vetrina. Un’in-

derkammer “camera delle meraviglie”

cortile e nel giardino confinante delle

stallazione efficace per suggerire il

dedicata alla vita e alla morte, a firma

Gallerie d’Italia, i cani latranti di Vela-

percorso della ricca produzione di

del regista inglese Peter Greenaway.

sco, a guardia della Casa del Manzoni

grafica, altro grande capitolo dell’arte

Difficile da raccontare, un’esperien-

divenuta di Vitali, sono ancora meta-

di Vitali. Nella biblioteca della raccolta

za sinestetica di suoni luci, profumi,

fora di continuità.

Bertarelli poi una selezione preziosa

materiali di ogni genere come usciti

e ragionata di incisioni provenienti

dalle nature morte di Giancarlo Vita-

dagli Archivi delle Civiche Raccolte

li, dalle interpretazioni grottesche dei

Cartella clinica a Casa Manzoni

Macelleria a Casa Manzoni, foto di Eugenio Anghileri


Nel 2013 il Club alpino Sezione di

storiche di alcune delle pubblicazio-

Lecco “Riccardo Cassin” e l’Associa-

ni più importanti di Stoppani, dal Bel

Il Museo di Storia Naturale di Mi-

zione Amici dei Musei del territorio

Paese alla Paleontologie Lombarde. In

lano, museo di cui Antonio Stop-

lecchese hanno avuto il privilegio di

una sala adiacente, il dipinto del 1991

pani fu direttore dal 1882 al 1891, è

poter esporre nove “ritratti” di fossili

Montagna (Resegone), un grande olio

la naturale sede della quarta mostra

e un ritratto di Stoppani, gentilmen-

che appare per la prima volta in una

“Time Out”, dedicata agli omaggi

te concessi dall’artista, nella mostra

mostra pubblica. La montagna simbo-

di Vitali al grande scienziato lec-

“Sulle tracce di Antonio Stoppani.

lo di Lecco, guardata, nei suoi colori

chese, alle sue e nostre montagne.

Percorsi fra montagna, scienza ed

d’autunno, da un balcone di casa al

E’ proprio lo Stoppani paleontologo,

arte in Lombardia e Canton Ticino”,

limite del costruito, è contemporanea

geologo, camminatore delle Prealpi

pubblicata nel volume dallo stesso ti-

del Resegone, Acquatinta, e del San

lariane che affascina l’artista di Bel-

tolo nel 2014 a cura di Adriana Ba-

Martino, Acquaforte e acquatinta, che

lano e lo conduce nell’esplorazione

ruffini.

furono esposti nella mostra “La roc-

L’omaggio a Antonio Stoppani e alla montagna

delle forme del tempo a partire dal-

La mostra e il libro con un taglio

cia incisa, Giansisto Gasparini, Gian-

le tavole di Les Pétrifications d’Esino

multidisciplinare biografico, scientifi-

carlo Vitali, Bruno Biffi”, 2011, Lec-

fino ad immaginare le rocce, i fondali

co, museologico, alpinistico, artistico

co, nell’ambito della manifestazione

e i paesaggi in cui le ombre fossili di

si sono proposti di rendere omaggio

Monti Sorgenti.

ammoniti, pesci, vegetali si sono se-

ad uno dei fondatori del Club Alpino

Nella mostra milanese, alle tavole di

dimentate.

che ha avuto, tra gli altri, il merito di

fossili degli anni Novanta si aggiun-

aver colto per primo il valore educa-

gono Bucraino, del 2002, Conchi-

Dal novembre 1991, quando il Co-

tivo e sociale dell’alpinismo e di averlo

glie fossili e Pesce fossile del 2017

mune di Lecco e i Musei Civici dedi-

divulgato. Venti itinerari vogliono poi

a testimoniare che il gioco si è ap-

cano un convegno a Antonio Stop-

condurre nei luoghi in cui Stoppani ha

pena fermato e che Giancarlo Vita-

pani tra scienza e letteratura, nel

lasciato una traccia, sulle montagne,

li ha continuato a rielaborare i suoi

centenario della morte, e invitano il

là dove i fossili rappresentati da Vitali

soggetti preferiti. Solo i fossili nelle

pittore a realizzare un omaggio alla

sono contestualizzati o nelle città e

vetrine sono veramente fermi in un

passione scientifica dello studioso,

nei musei dove sono conservati nelle

tempo sospeso.

inizia una intensa esplorazione gra-

teche. Certo non poteva mancare il

Anche noi abbiamo voluto muo-

fica e pittorica di Vitali. Una cartella

Museo di Scienze Naturali di Milano a

verci nella città, nei musei e nel tem-

di 11 incisioni “Omaggio ad Antonio

cui è dedicato l’ultimo itinerario nella

po, sostare davanti alle opere e ri-

Stoppani” è presentata a Villa Manzo-

guida che vuole far conoscere i luo-

prendere il cammino verso la tappa

ni nella mostra “Le forme del tempo”

ghi percorsi, abitati, fondati dall’abate

successiva “sulle tracce di Vitali”, at-

promossa dai Musei Civici di Lecco

Stoppani.

tratti fatalmente dal conosciuto che

e dalla Galleria Bellinzona. La cartel-

Queste le tappe che hanno costru-

diventa nuovo abitando vecchi musei

la comprende undici incisioni ispirate

ito e anticipato la presenza di Vitali al

e palazzi. Abbiamo goduto di questo

ai fossili, oggetto di ricerca del ge-

Museo milanese, dove le sue opere

grande omaggio a Giancarlo Vitali la

ologo e paleontologo. Nella mostra

inerenti il tema, presenti anche al Ca-

cui opera è un continuo omaggio alla

133 opere, fogli di incisioni, monotipi,

stello Sforzesco (incisioni) e alla Casa

nostra terra.

tempere, olii, collages in cui Vitali ri-

Manzoni (monotipi), trovano spazio

crea quel mondo reale fossilizzato e

in due sale del piano terra. In una

lo trasfigura in un mondo onirico.

prima sala, su un grande tavolo ret-

Appuntamenti

tangolare, una serie di dipinti di fossili, contornati da vetrine con esemplari di fossili e un campionario di edizioni

Dove non diversamente indicato le foto sono di Massimo Di Stefano


MONTI SORGENTI OFF di Emilio Aldeghi Ogni esperienza riesce a vivere se mantiene la voglia di stupire oppure se si pone l’obiettivo di crescere. La manifestazione Monti Sorgenti voluta ed ideata dal CAI di Lecco in collaborazione con la Fondazione Cassin ha superato il traguardo delle sette edizioni diventando un importante appuntamento culturale legato al tema della montagna nella sua visione più ampia e si sta preparando per varare l’ottava edizione. Nello stesso modo una associazione continua ad essere viva per i suoi soci se si pone nella condizione di proporre momenti di condivisione e di crescita. Sicuramente il CAI di Lecco è sempre stato attivo nell’ideare iniziative di frequentazione della montagna nei suoi diversi ambiti e sporadicamente momenti di informazione e di cultura. È proprio sullo “sporadicamente” che si è voluto porre l’accento cercando di sposare la proposta forte di Monti Sorgenti con qualche cosa di più strutturato capace di essere un filo conduttore pre e post rispetto al momento centrale.

MONTI sorgenti

OFF

autunno - inverno 2017-2018 #MONTISORGENTIOFF TUTTE LE SERATE SONO AD

INGRESSO LIBERO

MEDICINA E PREVENZIONE

VENERDÌ 17 NOVEMBRE, ORE 20.45 PREVENZIONE PAROLA MAGICA ALCUNI CONSIGLI PER AFFRONTARE IN SICUREZZA LA STAGIONE SCIISTICA Relatori: dott. Jacopo Pisati e dott. Sebastiano Morassi, fisioterapisti dello studio MedinMove

VENERDÌ 1 DICEMBRE, ORE 20.45 IL SAPORE DELLA NEVE L’ALIMENTAZIONE CORRETTA PER CHI PRATICA SPORT INVERNALI

Relatore: dott.ssa Donatella Polvara, nutrizionista FILMOGRAFIA E COMUNICAZIONE

FILM D’ESSAI NEL CINEMA DI MONTAGNA

MARTEDÌ 12 DICEMBRE, ORE 20.45 LA GRANDE CONQUISTA DI LUIS TRENKER, 1938 MARTEDÌ 16 GENNAIO, ORE 20.45 STELLE E TEMPESTE DI GASTON REBUFFAT, 1957 MARTEDÌ 6 FEBBRAIO, ORE 20.45 LES ÈTOILES DE MIDI DI MARCEL ICHACH, 1958 MARTEDÌ 13 MARZO, ORE 20.45 LE PILIER DU FRENEY DI RENÈ VERNANDET, 1967 MARTEDÌ 10 APRILE, ORE 20.45 K2 SOGNO E DESTINO DI KURT DIEMBERGER, 1989 A tutte le proiezioni saranno presenti Anna Masciadri (giornalista) e Nicoletta Favaron (regista) membri della commissione cinematografica del C.A.I. Centrale. STORIA E CULTURA

VENERDÌ 23 FEBBRAIO, ORE 20.45 LA MUMMIA DEL SIMILAUN ÖTZI, L’UOMO VENUTO DAL GHIACCIO

Relatore: Giorgio Rusconi, appassionato di alpinismo

Tutti gli eventi in programma si svolgeranno presso sede CAI Lecco (via Giovanni XXIII, 11 Lecco)

Ecco allora la nascita di Monti Sorgenti off, un insieme coordinato e programmato di iniziative formative e culturali spalmate nel corso dell’anno capaci di spaziare negli ambiti più vari cercando di raggiungere i diversi interessi dei soci ma anche di tutte quelle persone che vogliono approfondire i temi variegati di volta in volta proposti. Qualificati professionisti ci faranno addentrare nel mondo del cinema, della medicina, della pratica sportiva, della cultura generale, affinché la nostra conoscenza o le nostre attività siano sempre più ricche di informazioni. Gli incontri si terranno presso la sede del CAI Lecco, con accesso gratuito per tutti, secondo le date che verranno pubblicate sia sul sito del CAI che stampate su apposito volantino. Migliorare e imparare crediamo sia un imperativo per la nostra associazione, per noi stessi e per tutti i frequentatori della montagna. Monti Sorgenti off ha questa ambizione.


UN RACCONTO PARTIGIANO di Giulia Faccinetto

L

a Storia, raccontata dagli oc-

chi di chi l’ha vissuta, è la vera protagonista dello spettacolo

teatrale presentato dall’Associazione Dinamo Culturale al Rifugio Marchett e al Rifugio Stoppani rispettivamente il 28 ottobre e l’11 novembre. E’ infatti dall’esigenza di ricordare un episodio importante, ma quasi dimenticato di storia locale che nasce “Erna 1943. Racconto partigiano”. La scelta degli spazi per la rappre-

sentazione è strettamente legata ai luoghi dove si sono svolti i fatti citati, sia il Rifugio Stoppani che il Rifugio Marchett ricorrono più volte nella narrazione e sono il teatro in cui gli eventi raccontati sono effettivamente accaduti. E’ l’ottobre del 1943. Le vite degli abitanti di Erna si intrecciano con quelle dei partigiani, saliti fin qui per organizzare i primi focolai di resistenza. In seguito all’armistizio Gaetano Invernizzi e Bernardo Carenini indicano la via della montagna per organizzare la lotta armata. Seguiti da una trentina di ex militari e di giovani antifascisti danno vita alla Banda Pisacane, così ribattezzata con il nome del rivoluzionario del Risorgimento. L’azione della banda sui monti lecchesi dura 40 giorni. Le notizie sulla sua attività corrono, le voci circolano, anche le radio clandestine ne parla-

Appuntamenti


no. Lecco è occupata e agli occhi dei

I tedeschi salgono verso Erna, dan-

composta per l’occasione da Luca

tedeschi si delinea chiaramente quel-

no alle fiamme la capanna Stoppani e

Pedeferri e Lello Colombo, rispettiva-

lo che sta succedendo in montagna.

catturano due degli uomini impegnati

mente alla fisarmonica e al sax, rac-

La decisione è immediata: bloccare

nell’avamposto che verranno poi fuci-

conta in un lungo monologo inter-

le strade di accesso ai Piani d’Erna e

lati a valle. Si combatte, poi la banda si

pretato con trasporto e passione le

contrastare l’azione della banda.

dissolve, la sua azione viene arrestata.

vicende degli uomini e delle donne

Gli eventi culminano nella giornata del 18 ottobre, ricordata da alcuni

protagonisti di quelle giornate imporMemoria

tanti della nostra storia.

come la “battaglia di Erna”, la giornata

In scena l’attore lecchese Carlo

La rappresentazione (autori del te-

del rastrellamento dei partigiani lec-

Decio che, con l’accompagnamento

sto Simone Colombo, Shantala Fac-

chesi ad opera delle truppe nemiche.

musicale dell’Orchestrina Majakovskij

cinetto, Davide Franceschini) ha fatto registrare un grande successo di pubblico in entrambe le date con il tutto esaurito. La proposta teatrale si colloca nell’ambito della rassegna “Rifugi di cultura 2017”, promossa dal Gruppo Terre Alte del Comitato scientifico centrale del CAI. L’evento è stato organizzato dall’Associazione Dinamo Culturale con la partecipazione di ANPI provinciale di Lecco e con il contributo di CAI e Fondazione Comunitaria del Lecchese onlus. Con il desiderio di mantenere viva la memoria, Dinamo Culturale ha deciso di raccontare questa storia. Una storia di uomini e di donne che hanno saputo dire no. Una storia di nomi dimenticati e di volti di cui abbiamo perso memoria. Una storia di fiori nascosti tra le pietre lungo un sentiero di montagna. Un racconto partigiano. Le foto della pagina a fianco, dall’alto: la replica alla Stoppani. Foto Simone Colombo; musicisti e attore alla Stoppani. Foto Angelo Faccinetto; Un momento della rappresentazione al Marchett. Foto Simone Colombo. In questa pagina: i promotori, gli autori e gli interpreti e la locandina dal Marchett. Foto Angelo Faccinetto.

Appuntamenti


RECENSIONI LIBRO APERTO DI UN ALPINISTA Sappiamo che Simone Moro non ha mai mancato di riflettere a lungo sulle imprese che da tempo lo hanno fatto salire ai vertici dell’alpinismo italiano e di raccontare poi in modo appassionato e coinvolgente come si sono svolte queste sue emozionanti ascensioni. Le più importanti ce le ha fatte conoscere descrivendole nei sette volumi che hanno riempito di entusiasmo i suoi ammiratori, che a loro volta non si rassegnerebbero facilmente ora a privarsi di nuove avvincenti relazioni. Devo perché posso è il libro che presenta adesso, e pure questo andrà senza dubbio a ruba, anche se si differenzia notevolmente dagli altri. C’è anzi un motivo in più per non rinunciare a perdere l’occasione di arricchire la collezione dei suoi volumi, perché qui l’alpinista bergamasco ci viene a raccontare la più impavida delle sue ascensioni, quella che non riguarda nessuna delle sue consuete cime che lo hanno reso famoso in tutto il mondo. Ci vuole un coraggio non comune infatti, ora che è giunto al punto cruciale dell’esistenza in cui ci si interroga su che cosa ha rappresentato la propria vita, presentare tutto come un libro aperto. Diciamo che per lui questo punto è stato anticipato per via di una passione estrema che gli ha fatto mettere sempre nel conto di accettare innumerevoli disagi, rischi e fatiche, per cui ha potuto arrivare ad una precoce maturità. Scendendo nel profondo di se stesso ed esaminandosi con responsabile sincerità, può ora rilasciare un suo ritratto che è come una pubblica confessione. Questo è Devo perché posso: il libro dove Simone Moro mette in vetrina non solo la sua vita, le sue convinzioni, le sue vittorie e le sue sconfitte, che non riguardano unicamente l’alpinismo, ma prende pure l’iniziativa di presentare tutto ciò in un modo del tutto nuovo, originale e allettante. Riesce a farlo con la collaborazione della persona che lo affianca da una vita come fedelissima manager, Marianna Zanatta, e con la quale qui intercala puntualmente ogni capitolo, anticipandoci e agevolandoci in certo modo la comprensione del testo a seguire. E mentre l’autore prosegue ad esporre le sue molteplici esperienze, non esclusivamente alpinistiche, con precisazioni pratiche e concrete, il libro prende perfino la forma di un manuale didattico che indica come correttamente comportarsi di fronte alle più impegnative decisioni che si devono prendere in ogni stagione della propria vita. (rf)

Simone Moro con Marianna Zanatta DEVO PERCHÈ POSSO LA MIA VITA PER LA FELICITÀ OLTRE LE MONTAGNE Rizzoli libri SpA, 2017

LE FALESIE DI FINALE Una bella notizia per gli appassionati dell’arrampicata sportiva, e non soltanto per loro, perché la guida di Marco Tomassini sulle falesie nel Finalese è uno splendido libro che si può prendere tra le mani anche semplicemente per sfogliarlo e poi sognare di trovarsi all’attacco delle migliaia di vie, che in molti casi non sono soltanto accuratamente descritte, ma pure proposte con immagini irresistibili. Dal sogno al risveglio ogni proposta si presenterà come una realtà accessibile, perché il libro è stato scritto proprio per spronare gli appassionati ad entrare in un mondo che, sotto il profilo della natura e della storia, può essere considerato un paradiso per chi è innamorato della bellezza ambientale, che qui esplode in ogni angolo, ed è pure portato a vivere l’ebbrezza dell’arrampicata. Non è più bastato a Marco Tomassini aver già pubblicato cinque anni or sono una corposa guida sulle arrampicate sportive praticabili nel Finalese: ora che alle 134 falesie che aveva preso allora in considerazione, ne ha aggiunto altre 58 tra nuove e recuperate, ha respinto decisamente la tentazione di riservare gelosamente per sé l’esclusiva di questo prezioso tesoro. Non ha esitato ad affrontare l’impegno di lanciare questa seconda edizione, che non solo corregge, amplia e migliora la precedente, ma con uno sforzo editoriale, forse unico finora in questo ambito, presenta un volume di oltre 800 pagine che descrive nientemeno che l’impressionante numero di 3500 vie di arrampicata. (rf)

Recensioni

Marco Tomassini FINALE CLIMBING Collana “Luoghi Verticali”, Edizioni Versante Sud, 2017


IN MONTAGNA CON FAMIGLIA AL SEGUITO La collana “44 passi” dopo il successo delle due guide pubblicate nel 2013 (Itinerari per famiglie in Valtellina e Valchiavenna) e nel 2015 (Itinerari per famiglie in Brianza e Lario occidentale) si è arricchita di un nuovo volume che invita a percorrere i sentieri della Valsassina, delle Grigne e del Lario orientale. Anche questa volta gli autori si rivolgono a tutti gli amanti della montagna, da 0 a 88 anni e oltre, con un occhio di riguardo a coloro che, con famiglia al seguito, vogliono scoprire passeggiate interessanti e angoli nascosti. Grande attenzione è prestata soprattutto alle esigenze dei più piccoli, con tempi di percorrenza adatti alle loro possibilità, suggerimenti e “trucchi” pensati apposta per loro. (ab)

Fabio Renna, Luca Arzuffi QUARANTAQUATTRO PASSI. ITINERARI PER FAMIGLIE IN VALSASSINA, GRIGNE E LARIO ORIENTALE Editore Lyasis, 2017

ECOMUSEO VAL SAN MARTINO - UN NUOVO QUADERNO DEDICATO ALLE MONTAGNE E’ appena stato dato alle stampe il nuovo quaderno dell’Ecomuseo Val San Martino dedicato alle montagne del circondario calolziese (la dorsale dell’Albenza con il Tesoro, Valcava, l’Ocone). Montagne “facili” e accessibili ma uniche e di estrema bellezza: le prime a presentarsi quando si sale dalla pianura, capaci di regalare panorami senza eguali, che nelle giornate più limpide spaziano dal Monte Rosa agli Appennini. Montagne che non sono solo uno sfondo, un panorama, ma sono luoghi ricchi di tradizioni, leggende, storie, personaggi, vicende, angoli nascosti: raccontano la vita delle popolazioni della Valle. Di esse parla il nuovo e omonimo quaderno ecomuseale firmato dallo scrittore e alpinista Ruggero Meles, attraverso un testo ricco di nozioni, informazioni, suggestioni e spunti preziosi per la conoscenza. Ma lasciamo la parola all’autore: -Le nostre sono alture antropizzate e vissute, in passato più che oggi. La gente viveva e lavorava dove si trovavano boschi, pascoli e miniere. Sono davvero “montagne umane”. Oggi abbiamo google earth, gli aerei, i droni e così via, siamo abituati a vedere il mondo dall’alto. Ma fino al Novecento questo era qualcosa di eccezionale e infatti la dorsale dell’Albenza attirò visitatori da Milano e non solo che da Valcava, da Carenno, dal Pertus potevano godere di una vista mozzafiato. La rivoluzione ferroviaria collegò Lecco con Bergamo e Milano e portò l’esplosione del fenomeno della villeggiatura. A Torre de’ Busi venne realizzata la seconda funivia d’Italia che portava fino a Valcava, un luogo che entrò nell’immaginario di tutti i milanesi dell’epoca. La montagna diventò un centro di svago per tutti, borghesi e non. Sulla vetta del Tesoro, non a caso, nel 1911 è nata l’Uoei (Unione Operaia Escursionisti Italiani)-. Il quaderno racconta poi anche un altro “versante” della Valle: quello legato all’alpinismo e all’arrampicata, ripercorrendo luoghi (la parete “Fracia” del Monte Spedone ad esempio) e personaggi (“Ruchin” su tutti). Il quaderno andrà ad arricchire la collana ecomuseale composta dai volumi La Valle dei castelli, Le vie della Fede, Una Terra di mezzo, Il Giardino Botanico di Villa De Ponti, Percorso del Pertus, Collezioni Museali. (ab)

Ruggero Meles LE NOSTRE MONTAGNE Ecomuseo Val San Martino, 2017

Recensioni


Sentieri per tutti che collegano l’urbanizzato con i nuclei privi di strade carrozzabili, gli alpeggi, i rifugi, le falesie, è da sempre un patrimonio di cui ci prendiamo cura grazie all’intervento delle associazioni e ritengo che la formalizzazione tramite legge regionale del febbraio 2017 della REL – Rete escursionistica della Lombardia – sia da consideraConferenza stampa sulla convenzione fra Comune di Lecco e CAI per i sentieri. Foto Giancarlo Airoldi

In una conferenza stampa del 19

sione Sentieri e Cartografia del CAI

ottobre 2017 il Presidente del CAI

Lecco presieduta da Andrea Spreafico.

Lecco Alberto Pirovano e ed il Vicesindaco di Lecco Francesca Bonacina

“La cura del territorio e della ricca

hanno presentato al pubblico la con-

sentieristica lecchese, che con la col-

venzione grazie alla quale il Comune

laborazione del CAI vogliamo imple-

finanzierà ed affiderà alla nostra se-

mentare, non solo permette di con-

zione il compito di progettare la rete

servare un insostituibile patrimonio

sentieristica di Lecco, la realizzazione

naturale, ma offre a cittadini, visita-

e la posa della relativa segnaletica e la

tori e turisti la possibilità di fruire in

gestione delle future manutenzioni. In

modo pieno del fascino delle nostre

una prima fase la convenzione, grazie

montagne creando un’ulteriore op-

al contributo volontario dei soci del

portunità per lo sviluppo turistico –

CAI Lecco, permetterà di acquisire sia

ha commentato Francesca Bonacina,

i dati richiesti dalla Regione Lombardia

vicesindaco e assessore al turismo

per l’inserimento dei sentieri del no-

del Comune di Lecco - Una modalità,

stro Comune nel Catasto regionale, sia

questa, con cui vogliamo anche va-

i dati necessari alla progettazione del-

lorizzare il lavoro e gli sforzi fatti in

la rete escursionistica comunale, inte-

tanti anni dalle numerose associazioni

grata con il sistema delle falesie. Nella

e dagli appassionati della montagna

seconda fase, grazie alla Convenzione,

che hanno concretamente contribuito

sarà possibile realizzare e posiziona-

a rendere i sentieri alla portata di tutti

re sui sentieri la segnaletica e gestire

con proposte adatte sia alle famiglie

le manutenzioni attraverso la forma-

che ai più esperti rocciatori”.

zione e il coordinamento di un tavolo tecnico delle Associazioni di volontari

“Guardando i confini del territorio

coinvolte. Un risultato importante, che

comunale su una mappa è impressio-

suggella il lavoro svolto dalla Commis-

nante la percentuale su cui si sviluppa il polmone verde della nostra città: il

Vita di Sezione

rapporto tra la fascia pedemontana e il tessuto urbano consolidato (TUC) è di due a uno. La ricchezza di sentieri

re un’opportunità per il territorio – ha dichiarato Gaia Bolognini, assessore all’urbanistica del Comune di Lecco -

Con la legge regionale da cui deriva l’accordo che sigliamo oggi, avremo inoltre come interlocutore primario ERSAF (Ente regionale per i servizi all’agricoltura e alle foreste). Tutti i soggetti qualificati all’interno dell’accordo faranno rete per valorizzare il nostro territorio”. “La viabilità alpina è da sempre un punto centrale per il Club Alpino Italiano – ha affermato Alberto Pirovano, presidente CAI Sezione di Lecco “Riccardo Cassin” - La rete sentieri-

stica, dopo aver mutato naturalmente la propria funzione, necessita, oggi più che mai, di attenzione e risorse specifiche. Dobbiamo partire da qui per migliorare la fruibilità dei sentieri, delle località raggiunte attraverso di essi, ma anche per la conversione a vera e propria risorsa turistica. Sono particolarmente contento che proprio dalla città di Lecco, e dai suoi sentieri, cominci la concreta realizzazione degli obiettivi auspicati dalla legge regionale. Legge a cui il CAI ha prestato un contributo di idee e competenze capaci di farne una normativa condivisa”.


LUTTI Negli ultimi mesi ci hanno lasciato: Fausto Corno, socio CAI dal 1945 Piergiorgio Colombo, iscritto dal 1953 Serenella Bianchi, iscritta dal 1981 Ivonne Grattirola, socia CAI dal 2003, componente del gruppo GEO Maurizio Pozzi, socio CAI dal 1988 Fausto Frigerio, iscritto al CAI dal 1954 Giovanni Pellegrini, socio CAI dal 1994, membro del gruppo GEO Carla Sala, gruppo GEO, socia CAI dal 2001 Il 13 settembre si è inoltre spento Marcello Sellari. Dal 1991 alla guida del gruppo GEO, è stato attivo nella sezione lecchese del CAI su vari fronti ricoprendo gli incarichi di Consigliere, Segretario, Tesoriere e Vicepresidente; è stato inoltre Consigliere regionale del CAI, Presidente della Commissione Seniores regionale lombarda e Vice Presidente della SEM. Gli amici del GEO dedicano a Marcello un ricordo commosso nelle pagine a loro riservate di questa rivista. La sezione tutta esprime ai famigliari dei defunti le più sentite condoglianze.

CONVENZIONI CLINICA SAN MARTINO - MALGRATE Malgrate, Lecco. Via Selvetta angolo via Paradiso - tel. 0341 1695111 - Internet: clinicasmartino.com Prezzi convenzionati sulle prestazioni concordate (vedi www.cai.lecco.it). Garanzia delle prestazioni di diagnostica per immagini in 12/24 h dalla richiesta. MEDINMOVE Lecco via Balicco, 109 - Internet: www.medinmove.it Centro di Medicina Preventiva, Riabilitativa, Genetica. Prezzi convenzionati sulle prestazioni concordate (vedi www.cai.lecco.it). PALESTRA DI ARRAMPICATA - RAGNI di LECCO Via C. Mauri 1 Lecco. Per informazioni, Ragni di Lecco ASD tel. 0341-363588. Internet: www.ragnilecco.com Sconto del 5% sugli abbonamenti stagionali. Sconto del 10% sui corsi di arrampicata sportiva df SPORT SPECIALIST via Figliodoni 14 Barzanò (LC) - Internet: www.df-sportspecialist.it Presso tutti i punti vendita sconto del 15% ai soci CAI, con esclusione degli articoli in promozione o già scontati STUDIO OSTEOPATICO COPPI via Lucia 10 Lecco (LC) - tel. 393.1646699 Sconto del 20% per trattamenti osteopatici. STUDIO DI PSICOLOGIA E RISORSE UMANE - SVILUPPO E FORMAZIONE STUDIO DI PSICOLOGIA E SESSUOLOGIA - DR SILVANO SALA Lecco, Lungo Lario Cadorna 10 - tel. 0341 1761009 - 3478773720 Incontro di consulenza gratuita e sconto del 20% sugli appuntamenti successivi STUDIO PROFESSIONALE DI FISIOTERAPIA/OSTEOPATIA BARUTTA Corso Matteotti 9/B 23900 Lecco. Tel. 338-7337496; 349-3702913; 338-1131813; Internet: www. studiobarutta.com Sconto del 20% per servizi di fisioterapia, consulenza fisioterapica, valutazioni fisioterapiche e trattamenti osteopatici. ALESSIA MOSCA - FISIOTERAPIA E PILATES Lecco via Tubi 41B – tel. 0341284227 3392734566 Sconti ai soci CAI per valutazione funzionale, terapie manuali e strumentali, pilates e bodyrolling EMANUELE BIANCHINI OSTEOPATA Lecco, via dei Partigiani27 - Tel. 3204047605 Sconto del 20% sulle prestazioni ai soci CAI

Per ottenere gli sconti indicati è necessario esibire la tessera del CAI Lecco regolarmente rinnovata. Possono usufruire delle convenzioni anche i soci delle sottosezioni del CAI Lecco: CAI Barzio, CAI Ballabio, Strada Storta. NB: Per le società commerciali o aziende che volessero attivare iniziative di promozione o sponsorizzazione con il CAI Lecco telefonare allo 0341-363588 (orari apertura sede) o al 3393216291 oppure scrivere un’email a sezione@cai.lecco.it.

Vita di Sezione


A.A.A. SOCI CERCANSI

ERRATA CORRIGE

Hai qualche ritaglio di tempo che potresti spendere a favore del CAI Lecco?

Sul numero 2 /2017 di questa rivista abbiamo erroneamente indicato come Paolo Marrazzo l’autore dell’articolo di pagina 45 “Una farfalla inzuppata”.

Ritieni che alcune tue competenze, professionali o extra, potrebbero essere utili alla sezione e migliorarne il funzionamento? Se non sei abituato a farlo, prova a frequentare la sede, a partecipare alle attività, a confrontarti con altri soci, condividendo esperienze e conoscenze. Scoprirai che c’è spazio per tutti.

Il nome corretto è Paolo Marazzi. Rettifichiamo inoltre le didascalie delle foto di pagina 62-63 riguardanti lo scialpinismo. Le didascalie corrette sono:

Non è necessario che ti assumi compiti gravosi e continuativi: anche un tuo impegno modesto ed estemporaneo contribuirà alla crescita dell’associazione di cui fai parte, perché come sottolineato dal presidente generale Vincenzo Torti in un suo recente appello su Montagne 360:

Dall'alto: Allievi del corso SA1 a Bivio; Salendo al Piz Lagrev; Al Mont Velan.

“a rendere forti le associazioni vi sono uomini e donne che, in esse, esprimono le proprie doti migliori”

Ci scusiamo con gli autori e con i lettori

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INFORMAZIONI DALLA SEGRETERIA - TESSERAMENTO QUOTE SOCIALI 2018

AGEVOLAZIONI E BENEFICI PER I SOCI

L’Assemblea Generale dei Delegati tenutasi a Napoli lo scorso maggio ha deliberato, su proposta del Comitato Centrale, le quote associative per il 2018 mantenendole invariate rispetto al 2017 Nella riunione del 9 settembre scorso anche il Consiglio Direttivo della nostra Sezione ha ritenuto di non apportare nessuna modifica. Riportiamo qui di seguito le quote sociali per il 2018

Agli associati è garantita la copertura assicurativa per infortuni che si verifichino nell’ambito di iniziative organizzate dal Sodalizio, ivi compresi i corsi e le scuole, oltre alla copertura assicurativa del Soccorso Alpino per attività sia sociali che personali.

Socio Ordinario Socio Ordinario* (nati dal 1992 al 1999)

Socio Familiare** Socio Giovane***

(nati nel 2000 e anni seguenti)

Socio Vitalizio Tessera per i nuovi Soci Duplicato Tessera

€46,00 €24,00 €24,00 €16,00 €20,00 € 5,00 € 2,00

*Al Socio ordinario di età compresa tra i 18 e i 25 anni viene applicata automaticamente la quota dei soci familiari. Tale Socio godrà di tutti i diritti del socio ordinario. ** Possono essere soci familiari solo i residenti al medesimo indirizzo del socio ordinario di riferimento. ***Socio giovane: a partire dal secondo figlio giovane in poi, il socio giovane verserà la quota di € 9,00. Si precisa che per poter usufruire dell’agevolazione prevista, il socio giovane dovrà avere un socio ordinario di riferimento (capo nucleo) in regola con il tesseramento dell’anno in corso ed appartenere ad un nucleo familiare con due o più figli giovani iscritti alla Sezione.

IL RINNOVO DELLA TESSERA PUÒ ESSERE EFFETTUATO:

In sede: Tutti i martedì non festivi dalle ore 20:30 alle 22:00. Tutti i venerdì non festivi dalle ore 18:00 alle 20:00 con pagamento in contanti, con assegno o con Bancomat In alternativa, il pagamento potrà essere effettuato a mezzo: a) Bollettino c/c Postale n. 12049227 intestato a C.A.I. Sezione di Lecco. b) BANCA POPOLARE DI SONDRIO, Agenzia di Piazza XX Settembre a Lecco, sul conto corrente intestato a C.A.I. Sezione di Lecco IBAN IT07 J056 9622 9020 0000 2154 X06. Ricordiamo due facilitazioni per il rinnovo - La segreteria, nei mesi di gennaio, febbraio e marzo, sarà aperta anche sabato dalle ore 15:00 alle 17:00 a partire da sabato 13 gennaio e fino a sabato 24 marzo 2018. - Il bollino può essere spedito per posta a domicilio, con un contributo, per socio o per nucleo familiare, di € 2,00 per spese postali e di segreteria. Con il bollino verrà inviato il bollettino di c/c postale pre-compilato per il pagamento. I soci interessati dovranno contattare la Segreteria telefonicamente o per lettera.

- I soci possono essere assicurati per gli infortuni in attività personale richiedendo la copertura assicurativa presso la sezione di appartenenza. - Il socio ordinario riceverà al proprio domicilio la rivista mensile del Cai “Montagne 360” e la rivista quadrimestrale sezionale ”CAI Lecco 1874”. - Tutti gli associati, con la presentazione della tessera riportante il bollino relativo all’anno in corso potranno usufruire degli sconti previsti dalle convenzioni indicate nell’apposito riquadro. - Tutti gli associati potranno usufruire gratuitamente dei servizi offerti dalla sezione: accesso alla documentazione presente nella biblioteca sezionale, utilizzo di internet, lettura dei periodici e delle riviste presenti in sede. - Tutti gli associati otterranno sconti sull’acquisto di libri o pubblicazioni del CAI.

DIMISSIONI E MOROSITA’ Il socio può dimettersi dal Club Alpino Italiano in qualsiasi momento; le dimissioni devono essere presentate per iscritto al Consiglio Direttivo della Sezione, sono irrevocabili ed hanno effetto immediato, senza restituzione dei ratei della quota sociale versata. Il socio è considerato moroso se non rinnova la propria adesione versando la quota associativa annuale entro il 31 marzo di ciascun anno sociale; l’accertamento della morosità è di competenza del Consiglio Direttivo della Sezione; non si può riacquistare la qualifica di socio, mantenendo l’anzianità di adesione, se non previo pagamento alla Sezione alla quale si era iscritti delle quote associative annuali arretrate. Il socio di cui sia stata accertata la morosità perde tutti i diritti spettanti ai soci.

CALENDARIO CHIUSURA SEDE - da sabato 23 dicembre 2017 a lunedì 8 gennaio 2018 per le vacanze natalizie - venerdì 30 marzo 2018 (Venerdì Santo) e sabato 31 marzo 2018 (vigilia di Pasqua)

Vita di Sezione



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