n° 2/2018
Poste Italiane S.p.A. – spedizione in a.p. – DL 353/03 (conv. in L. 27/02/04 n 46) Art1 comma 1 DCB COMO
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UN MIRACOLO AL GIORNO
FULL IMMERSION TRA LE VETTE
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I RAGNI, IL MINISTRO E IL CAVALIERE
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LA TERRA DEI SASSI
68
LE ESCURSIONI DI GIUGNO E SETTEMBRE
IN QUESTO NUMERO
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EDITORIALE
IL FILO DELLA STORIA
Riflessioni a margine dell’Assemblea nazionale di Trieste di Alberto Pirovano, presidente CAI Lecco
SENTIERI E PAROLE
I RAGNI, IL MINISTRO E IL CAVALIERE
Storia del trasporto in Grignetta dell’igloo dedicato a Bruno Ferrario di Alberto Pirovano
IL LIBRO FANTASMA
Storia di una spedizione del 1985 (mai raccontata) alle isole Svalbard di Angelo Faccinetto
Notiziario quadrimestrale della sezione di Lecco “Riccardo Cassin”del Club Alpino Italiano N° 2/2018
Alla riscoperta di Bruno Galli Valerio, lecchese, alpinista e scienziato di Adriana Baruffini
Redazione: Adriana Baruffini, Angelo Faccinetto
Una busta di posta aerea ricorda la spedizione del 1956 al Monte Sarmiento di Annibale Rota
Direttore responsabile: Angelo Faccinetto
Chi va in montagna ha molto da imparare da questi animali
Impaginazione e Grafica: BitVark - Pavia
PUNTE E PASSI
PADRE DE AGOSTINI ALPINISTA ESPLORATORE LA SAPIENZA DEL CAMOSCIO ... E I BOLLINI CRESCONO
“I miei nipoti, soci giovani educati alla montagna”
di Dino Piazza
di Sara Pozzetti
ALPINISMO e ARRAMPICATA LA TERRA DEI SASSI
Un’estate in Sudafrica sulle orme dei climbers più forti
UN BALCONE SUI MONTI DI CASA
di Simone Tentori
La gita sociale al Bernina e la realizzazione di un sogno
PERCORSI DI CRESCITA
di Stefano Morcelli
Il 66° Corso di roccia: per vivere la montagna intensamente di Nadia Ferrari
DAL BIANCO ALLE DOLOMITI
Academy 2018, quattro giovani alpinisti in cordata con i Ragni Report a cura del Gruppo Ragni
ALPINISMO GIOVANILE
FULL IMMERSION TRA LE VETTE
Tipografia: A.G.Bellavite Missaglia - Lecco Testata di proprietà del Club Alpino Italiano sezione di Lecco “Riccardo Cassin” Sede: via Papa Giovanni XXIII, 11 23900 Lecco Tel: 0341363588 Fax: 0341284717 www.cai.lecco.it sezione@cai.lecco.it Autorizzazione Tribunale di Lecco N. 5/78 del 20/06/1978 Spedizione in A.P. -45%- Art. 2 Comma 20/b legge 662/96 Tiratura 2500 copie Chiuso in redazione 07/11/2018
Al Civetta il 16° trekking di Alpinismo giovanile di Elisa, Noemi, Serena, Chiara P., Chiara M., Aurora, Martino, Dario, Pietro, Giacomo
IL DOCUMENTO
UN LECCHESE SUL GRAPPA
L’orrore e la follia della guerra, lettera dal fronte di Luigi Mira di Adriana Baruffini
ESCURSIONISMO
UN MIRACOLO AL GIORNO
Germania, Scandinavia: l’altra metà della gita in bici Catania - Capo Nord di Stefania Valsecchi (Steppo)
GEO
LE ESCURSIONI DI GIUGNO E SETTEMBRE Pasubio, Urbino e Cilento
di Claudio Santoro
APPUNTAMENTI
DANIELE CHIAPPA 10 ANNI DOPO
Le due giornate di settembre dedicate al ricordo del Ciapìn di Alberto Benini e Pietro Corti
VERSO LA MONTAGNA DI LUCE
Discesa dall’Ortles durante le manovre delle truppe alpine del 1937. Foto archivio famiglia Mira.
La mostra sulla spedizione del 1958 al G4 con le fotografie di Fosco Maraini di Adriana Baruffini
A PASSO DI BIMBO
Il raduno del Family CAI al Monte Barro
UNA MONTAGNA DI EMOZIONI 2018
di Andrea Spreafico
Appuntamento della scuola di sci alpinismo con Hervé Barmasse di Sara Pozzetti
DA CIMA A FONDO La montagna a teatro
Stampato secondo la filosofia GreenPrinting® volta alla salvaguardia dell’ambiente attraverso l’uso di materiali (lastre, carta, inchiostri e imballi) a basso impatto ambientale, oltre all’utilizzo di energia rinnovabile e automezzi a metano.
MONTI SORGENTI OFF
Appuntamenti del martedì sera al CAI Lecco
RECENSIONI VITA DI SEZIONE
ZeroEmissionProduct®. A.G. Bellavite ha azzerato totalmente le emissioni di Gas a effetto Serra prodotte direttamente o indirettamente per la realizzazione di questo prodotto.
IL FILO DELLA STORIA di Alberto Pirovano*
C
are socie e cari soci, l’editoriale che vi apprestate a leggere potrà sembrare un po’
autoreferenziale. Vi invito però a non fermarvi alla prima impressione, bensì a comprenderne il significato generale, volto a spiegare come, nella gestione di un’associazione, di un gruppo ed in generale nella vita, sia più importante guardare lontano che non preoccuparsi del successo nell’immediato. Il 26 maggio di quest’anno ero a Trieste per l’Assemblea dei delegati del CAI, momento in cui viene consegnato anche il premio Paolo Con-
siglio alle migliori imprese alpinistiche extra europee dell’anno. Sullo schermo scorrono immagini coinvolgenti del Cerro Riso Patron e della Sud del McKinley, o Denali come andrebbe chiamata oggi. Sul palco, in attesa di ritirare l’attestato, ci sono Matteo Della Bordella e David Bacci, in rappresentanza delle due spedizioni ex aequo, di cui facevano parte anche Schüpbach, per il Riso Patron, e Moroni, per il Denali. A colpirmi non è l’ennesimo riconoscimento Consiglio, tra CAI Lecco e Ragni siamo a quota sette in diciannove edizioni, bensì le due montagne protagoniste ed i loro salitori. In un attimo un puzzle mi si ricompone nella mente, mentre questa corre veloce a quasi vent’anni fa, mi rendo conto di essere dentro un fotogramma di una storia fortemente voluta, ma
Editoriale
che mai avrei pensato di vivere in pri-
io” dalla forte connotazione collettiva.
ma persona.
Quando qualcosa andava storto, come
Facciamo un passo indietro al 2001.
la spedizione del 2003 in Patagonia,
Il gruppo Ragni sta soffrendo una
bloccata da due mesi di pioggia in-
profonda crisi dal punto di vista alpi-
cessante, il titolo più tenero era “Quei
nistico. Le defezioni del 1996 hanno
maglioni rossi un po’ sbiaditi”! Noi
lasciato il segno, manca la generazio-
eravamo certi di essere sulla strada
ne di mezzo, quella che avrebbe do-
giusta, con Mariolino Conti, Giuliano
vuto garantire continuità, e mancano i
Maresi, Dario Cecchini e Carlo Aldé,
giovani. D’altra parte, però, il gruppo è
e l’appoggio dell’intero gruppo, pren-
compatto e lo ha dimostrato con l’or-
demmo decisioni importanti, tra cui la
ganizzazione della Coppa del Mondo
gestione della palestra di arrampicata,
di Arrampicata Sportiva in cui ha ri-
sebbene la situazione finanziaria fos-
voluzionato queste gare trasforman-
se sempre al limite, con la certezza di
dole, da gare per un pubblico ristretto
non poterne vedere immediatamente
in palestra, in evento di massa per il
gli effetti. Stavamo facendo una vera
grande pubblico. In quel momento nei
rifondazione del Gruppo Ragni per
Ragni ci sono personaggi che si chia-
proiettarlo nel nuovo millennio. Non ci
mano Cassin, Ferrari, Negri, persone
interessava il ritorno a breve, bensì la
non facili, ma anche fortemente attac-
costruzione di basi solide e la crea-
cate al gruppo. Si prende una decisio-
zione di un luogo, la palestra, in cui
ne storica lasciando al nuovo consiglio
coltivare un vivaio.
direttivo dei Ragni carta bianca per ri-
Nel 2001 ospitammo Simone Pe-
costruirne l’anima alpinistica, partendo
deferri, leader della Tribù. Non senza
ovviamente dalle persone. La strategia
discussioni pagammo la sua quota,
viene presentata in modo chiaro: bi-
anche se non Ragno, per partecipare
sogna cercare le nuove leve dove ci
ad una spedizione in Pakistan guida-
sono.
ta dall’esperto Giuseppe Lafranconi. Al ritorno Simone mi chiamò: ho capito La “lecchesità” dei Ragni
cosa sono i Ragni, io ci sono. Entrò nel
Già da un anno si era guardato ai
gruppo con Silvano Arrigoni, futuro
ragazzi della Tribù, che in modo in-
pilastro della scuola. Poi sono arrivati i
formale si muoveva in Valmasino,
Matteo Della Bordella e la nuova gene-
coinvolgendo Marco Vago e Alberto
razione di fortissimi. Proprio nel 2001,
Marazzi. Ora è il momento di anda-
sul letto di ospedale in cui si sarebbe
re in fondo. Ricordo le accuse di tra-
spento di lì a pochi giorni, Casimiro
dimento della lecchesità del gruppo
Ferrari commentava le immagini della
che arrivavano dai giornali lecche-
TV locale che trasmetteva la cronaca
si. Lecchesità intesa come residenza
del rientro dei ragazzi dal Pakistan.
degli alpinisti, a cui noi opponevamo
Mi chiese: “Come sono? Forti? Mi
la lecchesità alpinistica, intesa come
dispiace non conoscerli, ma voi anda-
riconoscibilità di un alpinismo “opera-
te avanti così. Se ci saranno problemi
con i vecchi, scegli di stare con i giovani. Loro hanno sempre ragione”. Questi ricordi affiorano in me in quella sala di Trieste. E vedo un filo, ovviamente rosso, tra questi ragazzi ed i loro predecessori di cui ammirano la storia e le imprese. Tra l’ultima impresa di Casimiro Ferrari, il Riso Patron, e la salita del fuoriclasse Matteo Della Bordella; tra la caparbietà di Cassin e compagni sulla Sud del McKinley, e la testardaggine consapevole di Bacci e Moroni sulla via dei Cechi sulla medesima parete. È un cerchio che si chiude. E mi rendo conto come quello che sembrava un azzardo è oggi realtà, ed il Gruppo Ragni ha davanti a sé, se manterrà la sua unione granitica, un grande futuro.
Matteo Della Bordella e David Bacci con l’attestato del Premio Paolo Consiglio 2018 attribuito alle spedizioni al Riso Patron e alla Sud del Mc Kinley
* Presidente CAI Lecco
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di Alberto Pirovano
N
on è solo storia di un’idea, di un progetto, di una realizzazione, quella dell’igloo
posizionato sulla vetta della Grignetta cinquant’anni fa. Di quella ci siamo già occupati diffusamente nell’ultimo numero della nostra rivista. E’ anche storia di un trasporto. E che storia, considerata la struttura del manufatto, non propriamente maneggevole. Definita l’idea progettuale si comincia subito a pensare a come trasportare l’igloo in vetta alla Grignetta. L’idea di un monoblocco, di una sorta
La cima della Grignetta in veste invernale. Foto di Marco Milani
I RAGNI, IL MINISTRO E IL CAVALIERE
di cristallo indiviso, comporta la necessità di effettuare il trasporto della parte principale in un’unica soluzione. Appare da subito evidente l’impossibilità di utilizzare la teleferica del Giovanni della Grigna (come lo chiama in ogni scritto Riccardo Cassin, quasi ne ignorasse il cognome) così come impensabile è qualsiasi altra soluzione via terra. A partire dall’aprile 1966, con il progetto ancora in fase di sviluppo esecutivo, il Gruppo Ragni, probabilmente su indicazione della ditta Badoni, prende contatto con l’Aeroclub Volovelistico Milanese con sede presso l’aeroporto di Bresso. L’Aeroclub analizza il problema e lo ritiene di “dimensioni sconcertanti”. La soluzione individuata è quella di ricorrere all’aiuto del costruttore di elicotteri “Giovanni Agusta S.p.A.”, con cui l’aeroclub ha già avuto modo di collaborare, chiedendo l’intercessione del cav. Domenico Agusta, presidente dell’azienda. Nella lettera inviata al cavaliere il 23 aprile 1966 si esplicita la richiesta con queste parole: “Le chiediamo caldamente di esaminare con benevola attenzione la richiesta dei nostri amici giacché non vediamo, al di fuori degli “Agusta-Bell” tipo 204-B e tipo 205, altre macchine capaci di effettuare l’ardita impresa”. Dopo svariati solleciti il cav. Agusta acconsente incaricando il proprio comandante Lancia, pilota capo collaudatore, a coordinare e quindi ad eseguire l’impresa. Si richiede una richiesta formale ed è curioso, secondo Dall’alto: l’elicottero in volo con il primo igloo; lavori di assemblaggio del secondo manufatto.
Sentieri e Parole
quanto già evidenziato nel precedente articolo, come la medesima lettera di richiesta sia inoltrata il 30 settembre a firma del presidente del CAI Lecco, Dino Maroni, e il 5 ottobre su carta intestata dei Ragni a firma Riccardo Cassin. Il tempo però è trascorso e l’inverno è alle porte, il brutto tempo impedisce il trasporto; se ne dovrà riparlare l’anno successivo. Il piano B In realtà qualcosa è già stato portato in Grignetta ed è stato montato: si tratta del basamento in putrelle di acciaio. Il basamento avrebbe richiesto tempi di realizzazione non compatibili con la necessità di trattenere a Lecco il meno possibile l’elicottero. I pezzi hanno raggiunto la cresta Cermenati, alla base del canale finale, grazie alla teleferica del Giovanni della Grigna, al secolo Giovanni Lafranconi che nel precedente articolo era stato erroneamente indicato come Giovanni Zucchi (nota dell’autore). Questo personaggio vende bibite e panini in cima alla Grignetta e per i rifornimenti utilizza una teleferica artigianale, mossa dal motore di un Moto Guzzi Galletto, mandellese come il suo padrone. La teleferica sorvola obliquamente il canale Caimi in un’unica campata. I pezzi percorrono quindi l’ultimo tratto di cresta fino alla cima sulle spalle di Ragni e amici. L’estate successiva si è pronti per Dall’alto: Battista Corti e, alla teleferica, Giovanni Lafranconi; il trasporto in vetta della cupola del secondo igloo; il bivacco appena completato. Foto archivio Cai Lecco.
Sentieri e Parole
terminare il lavoro. Mancano due lotti: l’involucro in alluminio, del peso finale di circa 460 kg, ed i rivestimenti lignei interni con l’altarino e le cassepanche. Agusta latita e, da una visita diretta presso l’azienda per incontrare il comandante Lancia, si apprende come questi sia oberato dal lavoro e non possa garantire il supporto offerto l’anno precedente. Il comandante invita a fare nuovamente richiesta al cav. Agusta, ma intuendo il rischio di un diniego si studia un piano B. L’alternativa è coinvolgere l’aeronautica militare attraverso l’on. Bertinelli di Como, in quel momento ministro per la riforma della pubblica amministrazione, ma che nel proprio curriculum vanta un sottosegretariato all’aeronautica militare ed inoltre è stato presidente generale del Club Alpino Italiano. Come previsto si dovrà procedere su questa strada ed il coordinamento con l’aeronautica è affidato a Gianni Lenti, in permanente contatto con il Comandante della 1a Regione Aerea di Milano e, per gli aspetti pratici, ad un certo geometra Guido Sala di Seveso. Il comandante suggerisce come scrivere la lettera di richiesta, su carta semplice del CAI Lecco, ed in particolare invita a far sottoscrivere la lettera anche al Gruppo Ragni, alla SEL ed al CAI Centrale, affinché il ministero comprenda l’unità d’intenti della città. Non si ferma a queste indicazioni, ma va ben oltre: “Nella lettera bisogna anche dire qualche piccola bugia, Dall’alto: raduno di alpinismo giovanile in Grignetta nel 1971. Foto archivio G. Comi, CAI Lecco; Gagliardetto dei Ragni e dedica a Bruno Ferrario sulla porta dell’igloo. Foto archivio Cai Lecco
Sentieri e Parole
come ad esempio che l’elicottero può atterrare sulla vetta della Grigna, che si tratta di un ricovero e non di una cappelletta, che il ricovero è divisibile in quattro parti e non in due sole, ecc. Di tutto ciò, però, non dovete preoccuparvi perché i piloti dell’elicottero conoscono già la situazione e sanno di poterla affrontare facilmente”. Il trasporto, inizialmente programmato entro il 27 agosto, viene spostato a dopo il 12 settembre. Il giorno definitivo sarà in realtà il 18 ottobre 1967. I piloti giungono a Lecco e soggiornano all’hotel Griso, mentre la base di partenza è presso il centro sportivo del Bione. Per il 18 ottobre sarebbero previsti tre voli, ma il primo, causa il forte vento, si riduce ad un volo di ricognizione. Il pomeriggio stesso, calato il vento, l’elicottero pilotato dal comandante Villani assistito dal motorista Rossi, atterra in vetta e scarica dalla carlinga i rivestimenti lignei interni. Ci si appresta al trasporto più spettacolare, quello dell’involucro, ma un’avaria al motore costringe il pilota a rientrare a Linate. Si riprova il 23 ottobre. Il bivacco è agganciato ai cavi e, fallito il tentativo di Rinaldo Perossi di farsi trasportare all’interno dell’involucro a mo’ di astronauta, può decollare verso la vetta dove, ad attendere per lo sgancio ed il fissaggio sono presenti: Riccardo Cassin, Massimo Achille, Alfredo Conti “Zeno”, Battista Corti “Crapun”, Annibale Zucchi, Sandro Maggi, Giuseppe Ferranti, Nino Locatelli, Emilio Dall’alto: una delle prime messe celebrate nell’igloo; il trasporto in prossimità della vetta emerge dal mare di nebbia.
Sentieri e Parole
L’ ultima luce in Grignetta. Foto di Francesco Rinaldi
Valsecchi “Lupetto” e Mario Colom-
bile ottenere un nuovo elicottero e
Ragno, mentre l’elicottero si allonta-
bo “Snapitus”. L’esito di questo volo è
la volontà di realizzare comunque la
na senza danni apparenti. Passato lo
noto, e si risolve con la distruzione del
cappelletta prevale.
spavento ci si preoccupa delle conse-
manufatto.
Le sezioni vengono trasportate con
guenze legali; quella teleferica, al pari
la teleferica del Lafranconi, quindi, a
di molte altre sulle montagne lecche-
spalla, fino alla vetta dove sono as-
si, pare non abbia alcun permesso. In
Non ci si perde d’animo e Giacomo
semblate. Lunedì 4 novembre 1968 si
realtà nulla succede. Pare infatti che
Cereghini, figlio dello scomparso pro-
può finalmente inaugurare la struttu-
anche l’elicottero stesse effettuando
gettista Mario, ripensa alla struttura.
ra. Come si vede è una storia ricca di
un volo “turistico” non autorizzato
L’obiettivo è sezionare il manufatto in
aneddoti e curiosità che non termi-
accompagnando qualche caporione a
settori da giuntare sul posto. Certa-
nano con l’installazione. Una vicenda
visitare dall’alto le guglie della Grigna.
mente si perde un po’ di quell’aspetto
curiosa coinvolge anche la teleferica.
Giustificare quel volo fuori ordinanza
La fine della teleferica
monolitico concepito dal padre e si
È una bella giornata e Zeno Conti
sarebbe stato particolarmente compli-
introducono rischi di tenuta all’acqua
con un cliente sta percorrendo il ca-
cato e così si mette un coperchio su
assenti in una struttura completa-
nalone Caimi. Un elicottero della fi-
ogni cosa. Il motore e l’argano resta-
mente saldata, ma ormai è impensa-
nanza sorvola più volte la Grignetta.
no in loco per alcuni anni poi anche
Ad un certo punto una frustata taglia
questi sono rimossi. A testimonianza
l’aria ed il cavo della teleferica, tran-
dell’esistenza di questa installazione
ciato dal pattino dell’elicottero, pre-
restano ben visibili i plinti di fonda-
cipita nel canalone a pochi passi dal
zione.
Sentieri e Parole
IL LIBRO FANTASMA di Angelo Faccinetto
C
ominciamo dal libro, che poi è l’inizio della nostra storia. Un
giorno d’inverno, poco più di
due anni fa, Gigi Alippi suona a casa di Adriana Baruffini. Non porta il consueto articolo, sotto il braccio ha un
piccolo malloppo. E’ legato con un nastro sbiadito in una cartelletta stinta. Poche parole. “Ho trovato questo in un baule, fatene quello che volete”. E il piccolo malloppo è rimasto lì, sul piano del comò, in attesa di essere preso in mano. Succede quasi sempre, in questi casi. Poche settimane dopo Gigi se ne è andato. E quei fogli, chiusi dentro la cartelletta, sono rimasti in attesa di un lettore. E soprattutto di una spiegazione. Quei fogli sono un libro di più di 250 pagine. Un libro dattiloscritto, con tanto di bozza di copertina, di presentazione firmata Gruppo Ragni (e questo spiega forse perché si trovasse proprio nel baule di Gigi), di schizzi, di indicazioni tipografiche, quote per le fotografie, correzioni, margini. Un libro pronto per andare in stampa. Che però non è mai stato stampato. E che ha dovuto attendere più di trent’anni per avere il suo primo lettore. 13 u omini, 3 cime Non è il classico libro di montagna, “Tredici uomini sotto il Polo”. Troppo spiritoso, forse anche un po’ naif. Troppo attento agli aspetti umoristici, agli aneddoti, alle mangiate, alle cantate un po’ stonate, ai sogni. Ai dettagli non alpinistici, insomma. Parla però di una spedizione alpinistica della tar-
Il Canèla da una delle tre vette salite mostra il gagliardetto dei Ragni e del Comune di Mandello. Foto archivio Pierlorenzo Acquistapace
da primavera del 1985, meta le Isole
stato. Né quella primavera né mai. Non
Svalbard. A raccontarla è Eugenio Al-
per caso in copertina una scritta (corpo
borghetti, giornalista, bergamasco, “un
22 tondo, è l’indicazione per il tipografo)
tipo estroso”, come lo ricordano oggi gli ultimi protagonisti di allora. Uno che alle Svalbard, tra l’altro, per raccontare quell’impresa non c’è proprio
Sentieri e Parole
sulle Orobie, una quindicina solo sulla Presolana) – ma quella, una spedizione indipendente senza il supporto ufficiale del CAI, se la ricorda bene. “Per i vecchi e per i Ragni, era una specie scampagnata, ma per me …”. Ricorda le spese sostenute (“duecentomila lire, gli altri soldi li aveva raccolti Milesi tra le aziende della zona”), ricorda il viaggio, ricorda i compagni. Il Rota, titolare di una ditta di ristorazione che aveva fornito il cibo e faceva il cuoco; il Regazzoni, l’ingegnere-pittore che aveva immortalato la spedizione nelle sue tele (quando il colore non congelava nei tubetti), oggetto poi di un’esposizione al CAI di Bergamo; il Berlinghieri, maestro di sci a Colere, “il più prestante del gruppo”; il Morandi, l’allenatore di Lara Magoni nell’anno dell’oro olimpico di Sarajevo, poi scomparso in un incidente di jeep; i Ragni, incontrati in seguito più volte ai raduni degli accademici. E ricorda le tre cime raggiunte. Cime fino ad allora inviolate, una delle Eugenio Spiranelli e Gigi Alippi verso la vetta. Foto archivio Ennio Spiranelli.
quali è stata intitolata a Radici, quello dell’azienda di Leffe.
spiega: Eugenio Alborghetti racconta
Sandro Rota, Pierdomenico Regazzo-
“Dal punto di vista alpinistico non
una spedizione di Beppe Milesi. Forse
ni, Danilo Conte, Ennio Spiranelli e tre
erano niente di particolare – racconta
anche per questo non ha mai visto gli
Ragni di Lecco: Gigi Alippi, Pierloren-
- Tre montagne sui 1500 m, con dif-
scaffali di una libreria, in un’epoca in
zo Acquistapace e Annibale Zucchi.
ficoltà di 3° grado al massimo. Qual-
cui la letteratura di montagna era tutta
Oltre a un tredicesimo componente,
che cresta, un po’ di misto, roccia vul-
concentrata sulla riflessione sui limiti e
misteriosamente indicato come “otti-
canica, friabile. Ma erano appena sotto
sul loro superamento by fear means,
mo conducente di Tir”, in realtà con un
il Polo Nord, ben oltre il 70° parallelo,
con mezzi leali, come si diceva.
cognome: Rossi, alpinista e camionista.
e per arrivarci avevamo dovuto fare
A riannodare il filo dei ricordi, qua-
50 km con gli sci e con tutto il baga-
Capo spedizione è Beppe Milesi da
si 33 anni dopo, è Ennio Spiranelli da
glio. Una di queste montagne l’abbia-
Ranica (Bergamo), guida alpina e ma-
Nembro, con i suoi 23 anni allora il più
mo salita insieme, tutti quanti, facendo
estro di sci. Con lui, l’aostano Agosti-
giovane del gruppo. Oggi accademico
poi a turno per stare in vetta almeno
no Tamagno, i bergamaschi Luigi Rota,
del CAI e presidente del Gruppo alpi-
qualche momento: troppo piccola per
Tony Morandi, Ubaldo Berlinghieri,
nistico nembrese, Spiranelli era alla sua
contenerci tutti. Gigi Alippi voleva gi-
prima spedizione. Altre, più importanti,
rare un film sulla spedizione”. A pro-
ne sarebbero seguite – al Broad Peak,
posito, nel bagaglio erano compresi
poi in Pakistan, in Alaska, in Groenlan-
anche i fucili. “Dovevamo portarli per
dia (insieme a tante nuove via aperte
difenderci dagli orsi, ma alla fine degli
Sentieri e Parole
La banchisa e sullo sfondo il Righen Tuppen . Foto archivio Pierlorenzo Acquistapace
orsi abbiamo visto solo le impronte.
ramponi, sci, fornelli da cucina, mac-
tal ora. Poi ancora un balzo di due-
Sono serviti a qualcuno per andare
chine fotografiche. E a due furgoni.
mila chilometri ed ecco le Svalbard,
a caccia di pernici bianche e di oche
E’ ol Bèpe Milés che parte per il Polo
anzi, Longyearbyen con le sue renne
selvatiche”. L’ideale per dare un senso
Nord e guadagna punti agli occhi dei
nane e le sue miniere di carbone che
all’abbondante, e pesante, provvista di
compaesani. Perché le voci si spargo-
striano di nero il bianco della neve.
farina gialla, portata a spalla con non
no in fretta. “Ce n’è uno che è sta-
Poi un altro volo, in elicottero questa
poca fatica.
to all’Everest” (Tamagno, nel ’73, con
volta, e infine la solitudine dei ghiacci
Monzino). “Ce ne sono due che hanno
e il Righen Tuppen sullo sfondo oltre
fatto il McKinley col Cassin” (Alippi e
la banchisa. La meta e l’inizio dell’av-
Zucchi). “Ce n’è un altro che ha fatto
ventura.
Per conoscere il resto non c’è che sfogliare il libro. Ranica, ore 8 La storia comincia a Ranica, due
il Cerro Torre” (Acquistapace). Mica gente così.
Un’avventura che comincia con la sfida al divieto di portare alcoolici im-
passi da Bergamo, piazza del muni-
Poi c’è il viaggio. Sessanta ore tirate,
posto dal governatore locale – un paio
cipio. Sono le 8 del 16 maggio 1985.
da Ranica a Tromso, nord della Nor-
di bottiglie di whisky ben nascoste nel
Attorniato da curiosi, un gruppo di
vegia. Con tutti i membri della spedi-
bagaglio, per brindare alle conquiste
uomini vestiti da montagna (allora
zione che si alternano alla guida, sen-
imminenti – e continua, nella luce pe-
si distinguevano bene, per via del-
za pause, ingollando panini e cantando
renne dell’estate boreale, combatten-
le camicie a quadri, dei pantaloni alla
a squarciagola nell’abitacolo pieno di
do una micidiale escursione termica:
zuava e degli scarponi pesanti - da
fumo. E la Svizzera, la Germania, la
poco erano stati abbandonati quelli di
Danimarca, la Svezia, la Norvegia che
cuoio grasso) si dà da fare attorno a
passano sotto le gomme. Imperati-
un mucchio di borse, zaini, piccozze,
vo, arrivare all’aereo prenotato per la
Sentieri e Parole
dai meno trenta ai più venticinque.
levarsi timidamente l’aria di Montagne
Si fa qualche tappa, si montano e si
Ovviamente nelle giornate di sole. O
valdotaine. Più seriamente, si intrec-
smontano tende, si prende d’assal-
raccogliendo carbone dalle vene af-
ciano racconti di spedizioni passate
to qualche bungalow libero, si cucina,
fioranti, per avere il fuoco per il mi-
e di progetti futuri. Il Gigi, il Canèla,
si ingollano panini, si beve, si fuma, si
nestrone e la polenta senza dover re-
l’Annibale, Tamagno, ol Milès … tutti ne
canta. Si russa. Il 14 giugno si smonta
cuperare lontano le pesantissime (da
hanno da raccontare.
l’ultimo “campo”, poi è un volo attra-
portare) bombole di gas.
Poi il 9 giugno il convoglio del-
verso la Svizzera fino alla dogana di
Poi l’aspetto alpinistico, con le sue
la spedizione polare inverte la rotta e
insidie. Le rocce vulcaniche, friabi-
punta verso Sud. L’asfalto torna a cor-
A Bergamo e sotto la Grigna aspetta
li, che offrono una scarsa tenuta ai
rere veloce sotto le gomme dei due
la vita di sempre. Le Svalbard sono un
chiodi; le creste di misto, da affron-
pulmini. Non sono però 40 ore filate
ricordo consegnato al filmino del Gigi
tare sempre con la dovuta attenzione.
di guida, come all’andata. I tredici uo-
e a un libro. Che adesso, forse, non è
L’ambiente ostile, le creste infinite che
mini se la possono prendere comoda.
più soltanto un libro fantasma.
danno l’illusione della vetta e la vetta che non arriva mai. Perché se le montagne sono basse, si parte dal livello del mare e un chilometro e mezzo in verticale è sempre un chilometro e mezzo. Ma alla fine gli spuntoni che danno l’illusione della cima finiscono e si arriva alla vetta. Dove qualcuno trova il modo di posare una madonnina, ancorandola con qualche chiodo alla roccia, per esaudire il desiderio di un amico sacerdote e lasciare un segno dell’avvenuta conquista. Poi alla prima vetta se ne aggiungono altre due. L’ultima viene raggiunta in coppia proprio da Gigi Alippi e Ennio Spiranelli, i protagonisti, trent’anni dopo, di questa storia. Così si fa tre, numero perfetto. Tra una salita e l’altra, dalle tende, nelle ore di riposo o di attesa, per celebrare una conquista o propiziare la successiva, si alzano canti che hanno il potere di appianare divergenze e dissapori e di far svanire dubbi e stanchezza, ma che esaltano anche le rivalità di campanile. Così la Leg-
genda della Grigna viene sovrastata da Noter de Berghem, mentre nelle pause dell’acre duello canoro cerca di
Sentieri e Parole
La bozza di copertina del libro mai pubblicato
Chiasso.
PUNTE E PASSI di Adriana Baruffini
C
’è un vecchio libro, Punte e
mente anni fa a casa di amici e non
sulle montagne di casa, cogliere l’essenza
passi. Ascensioni e traversate
l’ho più abbandonato, facendone la
dell’andare per monti a cavallo fra ’800 e
nelle Alpi della Valtellina, dei
mia “guida del cuore” per affrontare
’900, negli anni che videro il passaggio
Grigioni e del Tirolo, che da qualche
da escursionista (più passi che pun-
graduale e non sempre lineare dalla fase
anno mi accompagna nelle mie estati
te) itinerari mai percorsi, rivedere con
pionieristica ed esplorativa dell’alpinismo a
valtellinesi; l’avevo incontrato casual-
sguardo diverso luoghi già conosciuti
nuove idee e tecniche.
Dall’alto: immagine recente della chiesetta di Ambria, villaggio caro a Galli Valerio; le baite ristrutturate nulla tolgono al suo splendido isolamento. Foto di A. Baruffini 2018; una pagina del libro con foto di Alfredo Corti che riprende il villaggio di Agneda.
Grazie a questo libro, ed è la cosa più importante, ho avuto l’opportunità di penetrare nel mondo dell’autore, Bruno Galli Valerio (1867-1943), figura affascinante di scienziato e alpinista, uomo di grande cultura, libero pensatore, capace di fare della montagna il luogo di sintesi dei propri interessi naturalistici e antropologici, svelando fra l’altro intrecci poco noti con il mondo alpinistico lecchese. Il libro
Punte e passi. Ascensioni e traversate nelle Alpi della Valtellina, dei Grigioni e del Tirolo è una vecchia guida pubblicata in francese nel 1912, tradotta in italiano e ristampata nel 1998 per iniziativa del CAI di Sondrio. Il titolo riprende quello di una rubrica del giornale “La Valtellina”, che fra il 1888 e il 1910 aveva ospitato numerosi scritti di Bruno Galli-Valerio sulle montagne valtellinesi. L’autore aveva poi rielaborato questo materiale, l’aveva tradotto in francese con il titolo Cols et sommets, Ascensions
et traversées dans les Alpes de la Valteline, des Grisons et du Tyrol e pubblicato presso l’editore Edwin Frankfurter di Losanna. I curatori dell’edizione più recente, Lui-
Sentieri e Parole
sa Angelici e Antonio Boscacci, hanno
inglese e autore di Italian Alps (1875),
effettuato la traduzione dal francese
che il 25 luglio 1894 Bruno Galli Vale-
avvicinandosi il più possibile agli scritti
rio accompagnò sul Redorta.
originali in italiano e inserendo delle
Prima della prefazione una dedica:
note che agevolano la comprensione
“Alla memoria di mio padre che tanto
del testo. Le immagini utilizzate non
ha amato le Alpi”
sono quelle dell’edizione francese, a bassa qualità di stampa, ma sono foto scattate negli stessi anni da Alfredo Corti, altro profondo conoscitore delle
La vita e le idee Bruno Galli Valerio nasce a Lecco il 4 aprile 1867.
montagne valtellinesi. L’unica foto ori-
Il padre, Ambrogio Galli, Intenden-
ginale è quella della copertina, impre-
te di Finanza, è un uomo di notevole
ziosita, come tutte le pagine illustrate,
rigore morale, ha un forte senso del
da motivi decorativi di gusto liberty.
dovere, non tollera ingiustizie e so-
Gli itinerari descritti, settanta in to-
prusi, valori questi che trasmette al
tale, partono dalle Alpi Orobie per ar-
figlio, insieme con la passione per la
rivare ai gruppi di Val Grosina, Val di
montagna. La madre, Emilia Valerio,
Campo, Val di Livigno, Val di Fraele e
gli comunica un profondo sentimento
Ortles-Cevedale, spaziando attraver-
della natura e l’amore per gli animali.
ordinaria di Batteriologia e igiene che
so i gruppi del Disgrazia, di Valmasino,
L’ambiente famigliare offre inoltre al
occupa fino al 1938, anno in cui è co-
dell’Albigna e del Forno, del Bernina,
giovane Bruno, di intelligenza vivace
stretto a concludere la sua carriera per
dello Scalino-Painale.
e molto ricettivo, gli stimoli per ap-
raggiunti limiti di età.
Bruno Galli Valerio in una foto tratta da Punte e passi
Ogni racconto contiene informazioni
profondire altri campi del sapere, dalla
Scienziato di valore internazionale,
dettagliate sul percorso, sulle difficoltà
musica, alla letteratura, all’arte, alla co-
a testimonianza della sua vasta at-
incontrate e le strategie adottate per
noscenza delle lingue, alla politica e
tività di ricerca ha lasciato oltre 450
superarle, sui punti di appoggio che,
alla storia.
scritti che spaziano dall’infettivologia,
salvo eccezioni, sono baite di pastori,
Nel 1872, il padre è trasferito a Ber-
all’igiene e profilassi, alla clinica uma-
stalle o fienili. E poi rilievi sulle con-
gamo e successivamente nell’Italia
na, alla veterinaria, alla zoologia e alla
dizioni meteorologiche, descrizioni di
centro-meridionale; la famiglia lo se-
botanica.
panorami con l’identificazione di tutte
gue per poi fare ritorno in Lombar-
Sia negli anni milanesi che in quel-
le cime visibili, osservazioni personali,
dia nel 1879, questa volta a Sondrio,
li di Losanna trascorre regolarmente
annotazioni scientifiche sulla flora, la
“al centro delle Alpi”, dove Galli Valerio
nella “sua” Valtellina i periodi di vacan-
fauna, le rocce.
svolgerà la maggior parte della sua at-
za fino al 1915, anno in cui interrompe
tività di escursionista e di alpinista.
definitivamente questa consuetudine
A rendere gradevole la lettura contribuiscono aneddoti, citazioni lettera-
Nel 1890 si laurea in Medicina ve-
a seguito di un episodio di contesta-
rie, insegnamenti, ritratti di persone, si-
terinaria all’università di Milano. Com-
zione subito a Sondrio da parte di un
ano esse compagni di salita, montanari
pleta gli studi presso l’Università di
gruppo di studenti interventisti che,
incontrati sugli alpeggi o guide, primo
Losanna, dove in soli due anni riesce a
mal tollerando la sua dichiarata av-
fra tutti Giovanni Bonomi di Agne-
laurearsi in Medicina umana.
versione all’entrata in guerra dell’Italia,
da, compagno di molte ascensioni. E
Dal 1892 al 1897 insegna Patolo-
lo aveva accolto con fischi e invettive.
poi alpinisti anche famosi, come D.W.
gia generale alla Scuola superiore di
L’antimilitarismo fu di fatto uno dei
Freshfield, presidente del Club alpino
medicina veterinaria di Milano. Viene
principi portanti del pensiero politico
quindi chiamato dall’Università di Lo-
di Bruno Galli Valerio. In nome del-
sanna, prima sulla cattedra straordina-
la giustizia sociale, della libertà e della
ria di Parassitologia e medicina spe-
pace, aderì al socialismo e portò avanti
rimentale, poi, dal 1904, sulla cattedra
con gli scritti e con le opere numerose
Sentieri e Parole
A partire dal 1915, e finché le condi-
ne in più. Quanto non ha a che fare
zioni di salute glielo consentono, meta
intimamente colla punta da scalare
delle sue ascensioni sono le monta-
non li riguarda. Non sono questi gli
gne del Vallese, il Giura, il massiccio di
alpinisti che voglio con me. Vengano
Naye alle spalle di Losanna.
quelli che amano tutte le bellezze della
Galli Valerio muore il 12 aprile 1943
natura, quelli che sentono veramente
e le sue ceneri, come da suo espresso
la poesia della montagna. Vengano, e
desiderio, vengono sparse nella Turt-
pur avendo per meta le cime più diru-
manntal, la valle nei pressi di Losanna
pate e più difficili, porteremo assieme
da lui tanto amata.
lo sguardo nelle valli che vi mettono capo”. E in un altro passaggio, con-
L’alpinista
La copertina del libro, con una foto di Bruno Galli Valerio che mostra la chiesetta di S. Giacomo di Fraele
dannando “l’alpinismo di parata”, con-
In famiglia Bruno Galli Valerio re-
stata con rammarico che “l’alpinismo
spira il clima pedagogico divulgato
è nei più una moda, non una nobile
da Antonio Stoppani, imparando pre-
passione”. Profondamente empatico
cocemente ad amare la montagna e
nei confronti della gente umile che
l’ambiente naturale.
vive nelle baite di montagna, si trova a
“Ringrazio mia madre e mio padre
disagio “tra i preti, i moscardini (gio-
battaglie a favore delle classi più umili
per essere divenuto un alpinista. Sono
vanotti alla moda, ndc) e le guide di
e sfruttate per migliorarne le condi-
loro che, dai miei primi anni, hanno
Santa Caterina”.
zioni di vita. Emblematico di questo
fatto tutti gli sforzi per sviluppare in
Scrive Antonio Boscacci nella nota
impegno è il manuale Igiene operaia,
me il gusto per le bellezze della na-
biografica introduttiva a Punte e passi:
pubblicato a Losanna nel 1906, pic-
tura. Fu dapprima sulle rive del lago di
“Pur essendo il più profondo conosci-
colo trattato di Medicina del lavoro
Como e tra le belle montagne che lo
tore delle montagne valtellinesi negli
nel quale l’autore illustra le norme per
circondano che ho debuttato nell’al-
anni a cavallo fra Ottocento e No-
prevenire le malattie professionali e
pinismo”.
vecento, Bruno Galli Valerio ha avuto
sostiene l’importanza delle lotte ope-
Così scrive nella prefazione a Pun-
scarsa considerazione, purtroppo, da
raie per il miglioramento delle con-
te e passi, specificando che il padre,
parte di coloro che si sono occupati
dizioni di lavoro e della sicurezza in
uno dei primi salitori della Grigna, lo
della storia dell’alpinismo in provincia
fabbrica.
portò con sé ancora molto piccolo in
di Sondrio […] E’ stato certamente il
molte escursioni e per abituarlo a non
primo e il più sistematico ricercato-
soffrire di vertigini lo fece passare più
re di vie nuove, passaggi e traversate
volte su una trave buttata in mezzo a
sulle montagne che vanno dal lago di
un torrente. Ricorda anche che con il
Como fino allo Stelvio. Salito su una
padre compì la sua prima ascensione,
montagna individuava nuove pos-
meta il Monte Barro: “Vedo ancora il
sibilità di percorso nelle montagne e
sentierino a zig-zag, le piante secolari,
nelle valli vicine e la settimana dopo,
il convento abbandonato, lo splendido
il mese o l’anno dopo, era là a pro-
panorama sui laghi e le montagne”.
vare la via nuova, il nuovo passaggio,
La capanna Marinelli in un’immagine recente
Poche righe nella stessa prefazione,
la nuova traversata. Per molti giorni la
perfettamente in linea con il pensie-
sua sveglia coincideva con il canto del
ro di Stoppani, riassumono l’idea che
gallo (o anche prima) e la sua giornata
Bruno Galli Valerio ha dell’alpinismo e di chi lo pratica: “Vi sono molti alpinisti il cui unico scopo è di scrivere nelle loro note di viaggio un’ascensio-
Sentieri e Parole
terminava con il buio della sera: 16-18 ore di cammino erano per lui cose del tutto normali […]. Poi, ogni estate nel mese di agosto, compiva una traversata di più giorni “partendo sempre a piedi da Sondrio”. Un ulteriore parere tecnico da un altro alpinista valtellinese, Beno (Le Montagne divertenti, 2011, 16, pagina 28): “Il luogo comune più sbagliato è pensare che coi mezzi di oggi quelle salite siano banali: certe vie corrono dove è impossibile assicurarsi e su scisti dove l’alpinista moderno non saprebbe dove piazzare i suoi ancoraggi. Gli avvicinamenti farebbero rabbrividi-
La valle di Cigola che sale da Ambria verso il passo omonimo, nel cuore delle Alpi Orobie luoghi particolarmente cari a Galli Valerio. Foto di A. Baruffini 2018
re anche lo skyrunner più allenato […] Le vie su neve o ghiaccio venivano percorse senza ramponi […]. I pionieri inoltre non sapevano se una data parete o cresta fosse effettivamente percorribile, per cui un errore di valutazione poteva costare davvero caro”. Galli Valerio ha al suo attivo l’apertura di diverse nuove vie che descrive accuratamente nel libro citato. Nelle
A chi volesse approfondire la conoscenza di Bruno Galli Valerio consiglio la lettura di due begli articoli di Raffaele Occhi:
Bruno Galli Valerio alpinista, scienziato, libero pensatore, pubblicato su IL NATURALISTA VALTELLINESE. Atti Museo civico Storia naturale di Morbegno”, 20, 2009, 67-95, corredato da una ricca bibliografia Sulle orme di Bruno Galli-Valerio, l’ultimo filosofo della montagna in “Le montagne divertenti”, 16, primavera 2011, 13-27
sue ascensioni spesso si fa accom-
occhi dei valligiani, siano essi pastori,
scientifico con cui osservano, de-
pagnare da Giovanni Andrea Bonomi
cacciatori o contrabbandieri, è ancora
scrivono e cercano di interpretare i
(1860-1939), validissima guida alpina
avvolta in un alone di mistero.
fenomeni naturali, la poliedricità degli
di Agneda alla quale fu legato per tut-
interessi, lo spirito divulgativo.
ta la vita da profonda amicizia. Aveva
I rapporti con il mondo lecchese
conosciuto anche suo padre, guida
Ho già accennato al clima culturale
esperta per ascensioni alle cime di
nel quale si forma Bruno Galli Vale-
Cermenati (1868-1924), futuro presi-
casa, nel gruppo centrale delle Orobie.
rio, all’ombra di Antonio Stoppani. Gli
dente del CAI Lecco, che in quella città,
Al “vecchio Bonomi” è dedicato il ca-
insegnamenti di quel grande maestro
ospite dei nonni materni, frequentava
pitolo introduttivo di Punte e passi dal
affiorano ovunque nei suoi scritti. Si
l’istituto tecnico. Con lui collabora alla
titolo “Intorno a Sondrio”: racconto
possono trovare nelle descrizioni pa-
fondazione della rivista “Il naturalista
struggente del suo funerale, ricordo di
esaggistiche, ad esempio quelle dei
valtellinese, giornale di scienze natu-
avventure vissute insieme, narrazio-
laghi alpini, particolarmente cari a en-
rali”. Su quella pubblicazione mensile,
ne tra il reale e il fantastico, non priva
trambi gli autori. Stoppani raggiunge
della quale uscì solo un’annata, Bruno
di spunti umoristici, di una montagna
a tratti livelli elevati di lirismo, quando
Galli Valerio pubblica articoli riguar-
dove vivono orsi e basilischi e che agli
parla delle bellezze della montagna; lo
danti l’entomologia, la mammalogia,
stile di Galli Valerio è generalmente
l’ornitologia, comunicando i risultati
più asciutto, ma ugualmente capace
delle osservazioni messe a punto du-
di comunicare emozioni. In comune
rante le sue escursioni in montagna.
Sentieri e Parole
i due autori hanno l’atteggiamento
Nei primi anni trascorsi a Sondrio Bruno Galli Valerio conosce Mario
Gli echi di quegli anni caratterizzati
l’altro compagno di quell’ascensione, è un alpinista di Lecco, socio fondatore della Società escursionisti lecchesi. Con Ongania, il 18 agosto 1901, Galli-Valerio, compie la seconda salita alla Cassa del Ferro, partendo da San Giacomo di Fraele e scendendo poi a Livigno. “La Cassa del Ferro è circondata come da una leggenda: passa per essere una delle cime più difficili da ascendere” - commenta nel libro. Con i due alpinisti ci sono anche il dottor Cattaneo e Alfredo Corti, che ho già citato come una delle figure più rapLa Vetta di Ron e la Cima Brutana, nel gruppo dello Scalino Painale di cui Galli Valerio ha salito ogni punta. Foto di A. Baruffini 2018
presentative dell’alpinismo valtellinese delle origini, anche lui scienziato e fotografo di valore. Per Galli-Valerio e
da una particolare vivacità del dibat-
di Bobbio. Sindaco di Lecco dal 1897
Corti la salita alla vetta è preceduta da
tito scientifico riaffiorano ovunque in
al 1909, si distinse per le sue idee
Punte e passi, come a pagina 27 della
nove giorni di cammino a piedi, con
progressiste che lo indussero a pre-
partenza da Sondrio, tra valli, passi e
prefazione, quando l’autore, elencando
se di posizione contrastanti con la li-
cime di tutto rispetto, nello stile del
la bellezza e l’interesse delle valli preal-
nea reazionaria dei governi dell’epoca,
nostro uomo e di molti alpinisti del
pine poste intorno ai villaggi di Ambria
sempre schierato contro le ingiustizie
tempo.
e di Agneda, cita due specie vegetali,
sociali e lo sfruttamento dei lavoratori.
la Sanguisorba dodecandra e la Viola
“Da dove prendesse tutta quell’e-
Alla memoria di Giuseppe Ongania
comollia, caratteristiche di quei luo-
nergia è un fatto difficile da capire
Galli Valerio dedica la cronaca delle
- scrive Antonio Boscacci – anche
ghi. E a questo proposito, ispirato dal
ascensioni al Badile e al Cengalo ef-
perché era un uomo molto sobrio che
suo senso di giustizia, non può fare a
fettuate il 15 e 16 agosto 1898 dalla
consigliava di mangiare poco e che
meno di ricordare che a scoprirle non
capanna Badile, costruita nel 1887 là
trovava molto utili le sardine all’o-
furono scienziati accreditati dal mon-
dove alcuni anni dopo sorgerà la Gia-
lio (dopo aver consumato le sardine,
do accademico bensì un umile medico
netti.
l’olio, diceva, poteva essere ben im-
valtellinese appassionato di montagna
La salita al Badile per lo sperone sud
piegato per ungere gli scarponi)”. Ma
e di botanica, il dottor Giuseppe Filippo
fu compiuta da un gruppo di 13 per-
per suggerimenti spiccioli su come
Massara rimasto nell’ombra.
sone che si erano casualmente incon-
attrezzarsi per affrontare un’escursio-
Passando a un discorso più stret-
trate al rifugio. Fra di loro Bruno Galli
ne, un’ascensione o un cammino di più
tamente alpinistico, il personaggio
Valerio, Giuseppe Ongania, Alfredo
giorni in montagna conviene attinge-
lecchese di maggior spicco che tro-
Redaelli e la guida Giovanni Bonomi.
viamo accanto a Bruno Galli Valerio è
Furono questi quattro che insieme, il
re direttamente alla Guida Medica per
Giuseppe Ongania (1869-1911). Oltre
16 agosto, aprirono una nuova via sul-
che protagonista di varie importan-
la parete sud-ovest del Cengalo. Una
ti ascensioni nelle Alpi occidentali e
salita epica che Galli-Valerio racconta
centrali, Ongania fu vice-presidente
in tutti i dettagli nel suo libro. La “Ri-
del CAI Lecco durante la presidenza
vista mensile” del CAI la ricorderà, in-
Cermenati e, come ingegnere, proget-
sieme alle altre ascensioni di Giuseppe
tò e seguì la costruzione della Stazio-
Ongania, nella rubrica Personalia del n°
ne alpina Antonio Stoppani al Rese-
8/1911.
gone e della Capanna Lecco ai Piani
Anche Alfredo Redaelli (1867-1963),
l’Alpinista, pubblicata nel 1893.
Sentieri e Parole
PADRE DE AGOSTINI ALPINISTA ESPLORATORE
P
di Annibale Rota
oco dopo l’uscita del notiziario
le, nel 1955 organizzò una spedizione
grafiche, edita nel 1949 a Milano dal-
con il mio articolo sulle carto-
alpinistico-scientifica al Monte Sar-
la Società Geografica G. De Agostini
line delle spedizioni alpinistiche
miento nella Terra del Fuoco. Notevole
(fondata e diretta dal fratello maggio-
sono venuto in possesso di un do-
la raccolta di dati scientifici e pieno
re), è fondamentale ancora oggi per
cumento decisamente raro: una del-
il successo degli alpinisti: il 7 marzo
chi voglia andare in quelle regioni.
le buste fatte approntare da padre De
1956 Carlo Mauri, del Gruppo Ragni
Realizzò inoltre un’accurata car-
Agostini per la spedizione scientifico-
di Lecco, e Clemente Maffei (Gueret),
tografia della Patagonia meridiona-
alpinistica al Monte Sarmiento del
guida alpina di Pinzolo, erano in vetta
le e della Terra del Fuoco, colmando
1956. Una busta di posta aerea, come
al Sarmiento, una montagna che aveva
così varie lacune presenti nelle carte
si usava una volta, con riportata an-
in precedenza respinto numerosi ten-
del tempo. E “battezzò” con il nome
che una cartina geografica del Cile e
tativi di salita, tra cui uno dello stesso
di illustri italiani alcuni ghiacciai da lui
dell’Argentina meridionali. Ho pensato
padre De Agostini.
rilevati: ricordo i ghiacciai Marconi, Pio
così di presentarla nel contesto di un
Tornato in Italia padre Alberto morì
articolo dedicato a questo particola-
il giorno di Natale del 1960 presso la
rissimo missionario.
Casa Madre dei Salesiani.
Nato a Pollone (oggi provincia di Biella) nel 1883, entrò in seminario
XI, Stoppani, Marinelli e Bertacchi. Durante le sue esplorazioni effettuò anche salite alpinistiche: nel 1913, dopo il tentativo non riu-
L’attività esplorativa e alpinistica
scito al Monte Sarmiento, salì il Monte
giovanissimo e nel 1909 venne or-
Percorse praticamente tutta la Pata-
dinato sacerdote salesiano. Scelse di
gonia Meridionale e tutta la Terra del
nel 1930, con alcune guide alpi-
diventare missionario nelle zone me-
Fuoco e raccontò dettagliatamente i
ne fatte venire dall’Italia, salì il Monte
ridionali dell’Argentina e del Cile, dove
suoi viaggi in diversi trattati divulga-
Mayo e il Cerro Elettrico ed effettuò
i Salesiani da tempo operavano a fa-
tivi. In particolare l’opera Ande Pata-
la prima traversata assoluta della Cor-
vore delle popolazioni indigene, sem-
goniche – viaggi di esplorazione nella
digliera Patagonica centrale e dei suoi
pre più decimate dalle malattie e dalle
Cordigliera Patagonica australe, cor-
ghiacciai (Hielos Continentales), sa-
violenze legate allo sfruttamento della
redata da numerose fotografie, anche
lendo anche due cime minori, i Monti
zona da parte dei grandi allevatori di
panoramiche, e da diverse carte geo-
Torino e Milanesio.
ovini e bovini. Arrivato in Sud America nel 1910, padre De Agostini tra il 1912 e il 1945 affiancò alla propria attività pastorale numerosi viaggi esplorativi nella Patagonia meridionale e nella Terra del Fuoco, avendo come base operativa Punta Arenas sullo Stretto di Magellano. Dopo una lunga parentesi dedicata all’elaborazione dei materiali raccolti ed all’attività strettamente pastora-
Sentieri e Parole
Un’immagine di Padre De Agostini
Oliva;
Una foto del Monte Sarmiento
Nel 1943 con due guide alpine svizzere conquistò la vetta del Monte San
dizioni degli ultimi indigeni della Patagonia e della Terra del Fuoco.
Lorenzo, la seconda montagna delle
L’Italia non lo ha ricordato neanche con un francobollo, cosa peraltro in comune con altri insigni italiani, sicu-
Ande patagoniche.
Onorificenze
ramente più meritevoli di molti “illustri”
Da ricordare infine il suo contributo
Il Cile gli ha dedicato un grande
alle scienze naturali e all’antropologia:
parco nazionale nella Terra del Fuoco
raccolse minerali e fossili, contribuì
e ha dato il suo nome ad un fiordo
Per quanto a mia conoscenza l’unico
alla classificazione di numerose spe-
lungo 35 chilometri. Inoltre lo ha in-
documento filatelico che lo riguarda è
cie vegetali, approfondì la conoscen-
signito dell’onorificenza “General Ber-
la sopracitata lettera di posta aerea,
za sulla morfologia glaciale delle zone
nardo O’Higgins”, la più prestigiosa del
approntata per la Spedizione del 1956
esplorate e descrisse la vita e le tra-
Cile.
al Monte Sarmiento e spedita con un
sconosciuti raffigurati sui nostri francobolli.
annullo speciale preparato dalle Poste La lettera della spedizione al Monte Sarmiento
Cilene. E’un documento molto raro: ne sono venuto in possesso dopo una lunga ricerca e la lettera raffigurata, priva del testo contenuto, è stata realmente viaggiata, in quanto reca al retro l’annullo di arrivo: “TOLMEZZO – UDINE 22-3-1956”. E’ anche l’unico documento che ricorda l’impresa di Carlo Mauri, il primo alpinista lecchese a partecipare ad una spedizione extra-europea.
Sentieri e Parole
LA SAPIENZA DEL CAMOSCIO di Dino Piazza
a distanza di cinque metri mi trovo
i piccoli si comportano come sugge-
gni giorno cerco di cam-
davanti un camoscio e subito dietro
rito dai grandi, diciamo che dal punto
minare per tenermi allenato
il suo piccolo saltati giù sul sentiero.
di vista del comportamento sono più
con le gambe e con il respiro
Spariscono all’istante e non riesco ad
avanti di noi.
e, data l’età, faccio di solito la scor-
avvicinarli, però dentro di me è rima-
Quella volta era poi arrivato il brutto
ciatoia che dopo due chilometri da
sto un senso di gioia. Mi sono ricor-
tempo ed era finito tutto rapidamente.
Ballabio entra nel bosco verso Mor-
dato di quando andavo in montagna
La settimana successiva siamo ri-
terone. Il sentiero è distrutto dai cin-
con i miei due figli piccoli, momenti di
tornati in Svizzera, sopra Casaccia in
ghiali che cercano cibo sotto i sassi e
serenità e di allegria.
val Bregaglia, su una montagna che si
O
chiama Pè sgunfi. Abbiamo visto una
li fanno rotolare sul percorso: bisogna stare attenti, c’è il rischio di slogare una caviglia. Dopo la curva c’è un tratto diritto
Una volta eravamo andati su una
camoscia con due piccoli; era su una
montagna della Svizzera per vedere
cresta pericolosa e in volo c’era l’a-
gli animali.
quila. La posizione in cui si trovavano
e là in fondo vedo il sentiero illumi-
Per avvistarli devi avere un cannoc-
era a rischio perché l’aquila avrebbe
nato dal sole; sto salendo in ombra, fa
chiale, stare sdraiato in silenzio, avere
potuto facilmente prendere al volo
freddo, penso che mi scalderò appena
dei vestiti grigio-verde; se sei con il
uno dei piccoli; bisognava spostarsi sul
raggiunto il sole.
vento a favore, gli animali si avvicina-
versante protetto dove però c’era un
Con questi pensieri nel silenzio as-
no e puoi osservare le famiglie unite,
nevaio abbastanza ripido e i piccoli
soluto sento un rumore improvviso e
i cui membri si aiutano e si rispettano,
avevano paura a scendere. La mamma
con un colpo di muso li ha spinti giù, è scesa subito anche lei e li ha messi al riparo dietro una roccia. L’aquila ha girato ancora per un po’, poi visto che non poteva realizzare il suo progetto, se n’è andata. Il camoscio è un animale che non ha bisogno di molto: conosce la qualità di erba che deve mangiare quando sta male, sa come muoversi per attraversare i canali quando arriva la neve: se sei in montagna con la nebbia e ti trovi in difficoltà, se vedi la traccia del camoscio seguila, ti porterà sulla via giusta. Lui scende dalla montagna in cerca di acqua e di erba, la nebbia non lo disturba, della montagna sa tutto, è il suo habitat, è molto difficile che rimanga sotto una slavina. Il camoscio è un animale nobile, rispetta la natura e l’ambiente, non fa male a nessuno; è pulito e attorno a lui non c’è puzza. E’ un arrampicatore formidabile, lo vedi salire la montagna a una velocità impressionante; i suoi piedi sono dotati di una specie di suola che attacca anche sul bagnato. Quando arriva il freddo il suo pelo si allunga e cambia colore. Penso che noi amanti della mon-
sarebbe successo perché loro si muo-
verso di te e deve per forza passare
tagna abbiamo molto da imparare da
vono uno per volta; quelli che stanno
di lì, portati sul bordo a valle perché il
questi animali.
sul bordo guardano le cornici di neve,
camoscio passa sempre a monte e se
Quando facciamo un bivacco e non
se si accorgono che si stanno rom-
non fai così ti butta giù. Questa storia
riusciamo a prendere sonno perché
pendo e che arriva la slavina, emetto-
me l’ha raccontata mio fratello Pino
sentiamo i sassi che ci fanno male
no un grido stonato che significa pe-
che ha fatto questa esperienza men-
sotto la schiena, dovremmo consolarci
ricolo e il camoscio in mezzo al canale
tre arrampicava con Lino Lacedelli a
pensando che loro bivaccano tutta la
corre e si salva.
Cortina sulla parete del Pogamagnon.
vita senza sacco a pelo, senza coperte e senza cuscino. Leggo un giornale che parla di un incidente in montagna: sei scialpini-
Questo comportamento lo insegna anche la Scuola di scialpinismo, men-
Le foto sono di Dario Cecchini
tre i camosci lo praticano da sempre per istinto.
sti portati via da una slavina mentre
Per finire un consiglio utile: se stai
attraversavano un canale e si sono
percorrendo una parete con delle cen-
trovati tutti in mezzo. Ai camosci non
ge e incontri un camoscio che viene
Sentieri e Parole
... E I BOLLINI CRESCONO di Sara Pozzetti
A
d aprile del 2004 nasce Mat-
tario per emettere la tessera del CAI,
già grandino che si dedica a Ettore,
tia.
secondo socio giovane di Monteo-
giornate in parte su gli sci e in parte sul
limpino. Stesso pensiero, foto di pochi
bob. Investita più volte e trascinata per
giorni dalla nascita timbrata, e l’idea di
qualche metro, non demordo, perché
Quando arriva la notizia esplodia-
riempirla di bollini mi rallegra. La casa a
loro impazziscono per il divertimento.
mo di felicità, siamo zii, primo nipote.
San Giuseppe ci permette di trascorre-
Solo un po’ di lividi che spariscono ve-
Non passa molto tempo e lo dotiamo
re i giorni durante le vacanze di Natale
locemente.
di tessera del CAI. Immagino quando
per diversi anni con entrambi, Mattia
È venerdì notte e siamo al
Corvatsch a sciare.
sarà grande che mostrerà ai suoi figli la foto timbrata di un bimbo dal musino simpatico e noi orgogliosi perché primo socio giovane al CAI di Monteolimpino. Bene, non ci resta che pazientare quel poco tempo sufficiente per cominciare a portarlo in montagna. Non compie ancora cinque anni e siamo al Rifugio Porro, in Valmalenco. Quando arriviamo il simpatico gestore Lenatti capisce senza dover spiegare la situazione e con educazione chiede a Mattia la tessera, così che possa mostrargli le camere e registrare il nostro pernottamento. È tra l’agitato, l’eccitato, l’imbarazzato, ma la domenica lasciamo il rifugio con timbri sulle braccia, magliette in regalo, sorrisi ed allegria. Per lui sarà solo l’inizio. Da lì a poco inizierà a sciare, sempre in compagnia del papà Tullio, che approfitta delle giornate a lui dedicate per godersi la disciplina. La mamma Roby si rallegra sulla sdraio del rifugio Campanacci in attesa degli atleti. Ad aprile del 2008, nasce Ettore. Secondo nipote. È una grande festa. Attendo il codice fiscale per poterlo dare al segre-
Sentieri e Parole Dall’alto: tessere e fotografie recenti..
Gli anni passano
malenco, sempre al Rifugio Porro, ma
profittare di queste bellissime iniziative
Passa qualche anno e anche Etto-
questa volta solo per i genitori. Mattia,
e possibilità, oltre, individualmente, a la-
re inizia a sciare, a Bobbio, insieme al
Ettore ed io staremo in tenda sul piano
vorare bene sul presente per preparare
gruppo dei suoi stretti amici. Inizial-
che porta al ghiacciaio del Ventina. Il
i giovani che domani scriveranno il loro
mente timido, la maestra Alessandra
sabato lo occupiamo a fare due passi in
di avvenire.
riesce a scioglierlo anche se più di
zona e un po’ di topografia ed orienta-
Non c’è cosa più bella di vedere un
una volta mi ripete “zia, io preferisco
mento, la sera Mattia ed io cerchiamo
bimbo contento per aver trascorso la
quando facciamo sci libero tu ed io”.
di distrarre Ettore un po’ preoccupato
giornata all’aria aperta, lanciando i sassi
Nonostante mio fratello Fabio sia piut-
per i lampi ancora in lontananza che il-
nei fiumi e nelle cacche delle mucche,
tosto pigro, fortunatamente non perde
luminano la nostra comoda dimora. Per
o bere il latte appena munto, o ancora
occasione per stimolare Ettore a prati-
fortuna il temporale si placa. La dome-
dormire nello stanzone di un rifugio o
care sport.
nica si rientra con l’idea di riorganizza-
addirittura in tenda.
Cominciamo anche ad arrampicare
re la scampagnata.
È solo la volontà di noi, genitori, zii,
un po’, indoor. Nelle giornate di brutto
A novembre si replica, tutti, e que-
amici che può farci tornare a un passa-
tempo, capita di organizzare in palestra.
sta volta anche i più piccoli, Francesco
to, che non è poi così distante, ma che
Primi tiri per Mattia, primi movimenti
compreso, a Montestrutto. Giornata
pare lontanissimo e sparito.
sui facili boulder per Ettore, che non fa
dedicata ad arrampicare finalmente su
passare molto tempo per arrivare an-
roccia vera.
che lui a toccare la catena e dire “arri-
Torniamo a fare lavatrici perché i vestiti sono sporchi di terra e di erba,
Giornata di festa e di divertimento.
che, è vero, non vengono più puliti, ma
C’è solo il pensiero di quando si po-
non importa, i bermuda andranno bene
Nel frattempo, traslochiamo al CAI
trebbe riorganizzare, ma l’inverno è alle
ancora anche se sono alonati di verde;
di Lecco, e per comodità trasferisco
porte, perciò la roccia dovrà attendere,
pazienza, nessuno ci farà caso. Tornia-
anche le tessere dei giovani soci, che
e si pensa allo sci.
mo a una realtà rustica, semplice, ge-
vato, cala zia”.
vengono accolti con grande entusia-
A Natale del 2017, Erica mi prepara il
nuina che è solo stata di grande aiuto
solito riepilogo ben curato, e nell’occa-
per chi è riuscito a viverla, smettiamola
A giugno del 2014 nasce Emma. Fe-
sione la avviso che a febbraio del 2018
di essere infastiditi perché il monitor
licità alle stelle, un altro socio giovane
nascerà Andrea, fratello di Ettore e Ric-
dello smartphone è zeppo di ditate o
per il CAI.
cardo. Sarà l’ultimo? Lucia ormai ha il
sfrisato perché è caduto sui sassi, te-
suo squadrone di uomini a casa.
niamolo nello zaino per usarlo solo in
smo da Erica.
Avviso la segreteria del nuovo tesseramento. Mia sorella Barbara e Davi-
Settimo nipote, e settimo socio gio-
caso di necessità vera. Meglio usare le
de accolgono l’iniziativa di buon grado.
vane per me, sono orgogliosissima e
mani per fare capriole sui prati, assa-
super contenta.
porare quello che la roccia può darci, o
Erica, con la sua precisione, inizia a riepilogarmi la mia situazione prima
(Un particolare ringraziamento ad
ancora impugnare un paio di bastoncini
della fine dell’anno, così da rinnovare
Erica, che apprendo non seguirà più la
per disegnare linee sulla neve e, non in
per tempo i tesseramenti.
segreteria. Un vero peccato).
ultimo, addentare un buon panino con
Ad aprile 2016 nasce Carlotta, sorella di Emma, e a luglio dello stesso anno nasce Riccardo, fratello di Ettore.
il salame nostrano. Macchie d’erba sui calzoni Gli impegni per tutti sono sempre
Erica sorride all’ennesima richiesta
tanti, e riuscire a farli collimare insie-
di tesseramento e mi prende in giro
me anche al meteo è un’impresa, però
quando le dico che oltre ai nipoti devo
cerco di dedicare del tempo ai piccoli
aggiungerne uno acquisito.
e non, così da cercare di trasmettere
Il piccolo Francesco, figlio dei miei cari amici Chiara e Umberto, che deve assolutamente avere la tessera.
Non mancherà Natale senza il rinnovo per tutti. Gli anni passano, e i bollini crescono. (Zia) Sara
questa bella passione e sperare che loro nel futuro facciano lo stesso. Il CAI Lecco è molto attivo con l’Al-
A luglio del 2017 organizzo un
pinismo Giovanile, c’è anche ben av-
weekend con tutti, sempre in Val-
viato il Family CAI. Invito tutti ad ap-
Sentieri e Parole
LA TERRA DEI SASSI
Un’estate in Sudafrica sulle orme dei climbers più forti
di Simone Tentori della difficoltà di questo sport.
effettuando spesso dei lanci e dei di-
guardato il film Progression del
Ero rimasto particolarmente im-
namici per raggiungerle, e compiendo
2009 che mostrava i più forti
pressionato dall’episodio in cui Daniel
dei movimenti al limite dell’impossibile.
climbers del pianeta come Chris Shar-
Woods e Paul Robinson, due fortissi-
Tutto questo in un ambiente sem-
ma, Adam Ondra e molti altri, com-
mi boulderisti americani, si trovava-
plicemente spettacolare: sassi dalle
pletare le prime ascensioni delle vie e
no in Sud Africa per fare quello che
forme più incredibili, su una perfetta
dei passaggi più impegnativi di sem-
gli riesce meglio: tirare le tacche più
arenaria compattissima di colore am-
pre, stabilendo così una nuova barriera
piccole che si possano immaginare,
brato con sfumature che vanno dal
The Rhino 7B+
T
utto è cominciato dopo aver
rosso intenso al giallo accecante, con striature di nero, atterraggi sicuri su terreno sabbioso e all’orizzonte solo un’infinita distesa di sassi e deserto, interrotto qua e là da campi verdi. Il Sud Africa è una meta perfetta per scappare dal caldo torrido della ‘nostra estate’ poiché giù, nell’emisfero australe, le stagioni sono invertite e quindi si può godere dell’inverno africano, caratterizzato da meteo stabile per lunghi periodi di tempo e temperature ideali per arrampicare. Rocklands Sembrava un paradiso, sembrava troppo finto, ed è stata la prima volta che ho sentito parlare di Rocklands, la terra dei sassi. E dalla mia testa non è più uscito, ogni tanto ci ripensavo, andavo a cercare altri video, cercando di vivere attraverso lo schermo i passaggi più estetici di quel posto. È rimasto un sogno fino a quando, qualche anno più tardi, non ho incominciato a parlarne con i miei compagni di scalata e amici da una vita, dicendo: “Sarebbe figo se un giorno…” Poi le idee si sono piano piano concretizzate e finalmente il primo agosto di questa estate ci troviamo all’aeroporto di Malpensa, pronti per trascorrere le successive quattro settimane in Sud Africa. Siamo in quattro: Lorenzo Malatesta, Lore, di Genova, classe ’97, il più saggio del gruppo e noto in tutto il circuito di Coppa Italia per la sua esplosività nei lanci e per le ‘mani a paletta’ (non arcua mai nemmeno sulle prese più piccole). Antonio Prampolini, Anto, di Modena, classe ’98, il ‘com-
30
Alpinismo e arrampicata
Mooiste Meisie 8B
pressore italiano’, è il ragazzo più mu-
razione delle competizioni.
scoloso e forte sugli esercizi a secco
Come accennato prima, siamo amici
che abbia mai conosciuto e portatore
da una vita, abbiamo condiviso mol-
di un po’ di sana “ignoranza” nel grup-
te gare, giornate su roccia e serate a
po, Giacomo Raimondi, Jack, ancora di
far festa, abbiamo lo stesso livello, gli
Genova, classe ’99, è il più giovane di
stessi interessi e siamo diretti nel po-
noi e quello più sbadato, ma quando
sto che abbiamo sognato per anni. Ci
si parla di tacche non c’è storia, dita
sarà da divertirsi!
fortissime. E infine ci sono io, Simone
Dopo aver passato più di 30 ore con
Tentori, Simo, di Lecco, classe ’98 cer-
il sedere su un sedile arriviamo final-
tamente non un ninja da rincorse sui
mente a destinazione. È sera e anche
volumi, ma quello con più esperienza
se siamo super eccitati di andare a
sulla roccia vera, visto che passo gran
toccare i primi sassi, la stanchezza ha
parte dell’anno a scalare fuori mentre
la meglio su di noi e ci addormen-
loro si dedicano per lo più alla prepa-
tiamo mentre sfogliamo con avidità la
trascorrere gran parte dei mesi buoni ad aprire nuovi passaggi e a sviluppare nuove aree e ogni anno riescono a trovare nuovi problemi su cui mettersi alla prova. È per questo motivo che questo posto viene considerato come una delle aree più vaste al mondo per fare bouldering dove le possibilità sono davvero infinite considerando le distese sconfinate di sassi che caratterizzano il paesaggio. Dopo esserci adattati allo stile di questi blocchi che richiedono gran solidità nelle dita, body tension e movimenti dinamici, riusciamo a salire alcuni classici come The Rhino (7B+) un’impressionante prua orizzontale la cui forma ricorda un rinoceronte, The Hatchling (7C+) un sasso a forma di un guscio d’uovo rotto a metà, in bilico su un’altra pietra sottostante e la salita flash di alcuni 8A storici come Nutsa e Pendragon. Siccome è il nostro primo grande viaggio in un posto così lontano e in cui abbiamo la possibilità di scalare per così tanti giorni, abbiamo deciso di esplorare la zona cercando di vistare più aree possibili, nel tentativo di godere appieno della bellezza di que-
Eye of Sauron 7C+
guida appena comprata.
possibilità per arrampicare sono in-
Il giorno dopo il tempo è splendido,
finite: ci sono moltissimi settori che
ci incontriamo con altri amici italiani
a loro volta contengono centinaia di
e ci dirigiamo verso il primo settore.
passaggi, uno più estetico dell’altro
Siamo ancora un po’ increduli di es-
e quindi ogni mattina è un dilemma
sere davvero lì, a Rocklands, il posto
scegliere dove andare.
che avevamo tanto sognato e ammirato, ma poi posizioniamo i crash pad
Possibilità infinite
(materassi per attutire le cadute), in-
Rocklands è stato visitato per la
filiamo le scarpette, ci “smagnesiamo”
prima volta alla fine degli anni ’90 da
le mani e ci godiamo i primi passaggi
Fred Nicole (mitico boulderista sviz-
in questo posto magnifico. Inutile dire
zero che ha stabilito il primo 8C di
che è ancora più figo di quanto ci im-
blocco al mondo), successivamente
maginassimo.
altri scalatori come Graham, Woods
I primi giorni passano veloci e le
e Hukkataival hanno incominciato a
sto luogo. Tuttavia non abbiamo resistito a mettere le mani sui passaggi più impegnativi ed estetici di cui eravamo rimasti incantati nel video di Pro-
gression. Scegliamo quindi di andare a provare The Vice (8B) un incredibile spigolo strapiombante con appigli piatti e svasi da comprimere dalla prima all’ultima presa e con una difficile sequenza di tallonaggi e agganci, mi sento molto bene e soprattutto sono
Alpinismo e arrampicata
31
super motivato per questo blocco che
fallimento.
ricresca e che i tagli sui polpastrelli si
intuisco possa essere adatto al mio
Dopo un paio d’ore di tentativi e
rimarginino.
stile di arrampicata. C’è un vento tal-
adeguati riposi mi trovo in cima, ur-
Un’altra salita significativa è senz’al-
mente forte da sollevare i crash pad, le
lando per la soddisfazione di esse-
tro The Eye of Sauron (7C+) un
condizioni sono ottime. Provo i singoli
re riuscito a regalarmi una salita così
blocco aperto da Nalle Hukkataival
movimenti cercando di non sprecare
significativa anche dall’altra parte del
nel 2017, un muro leggermente stra-
troppe energie, ma allo stesso tempo
mondo, in Sud Africa, a Rocklands.
piombante con una sorta di occhio
di individuare e memorizzare alla per-
A fine giornata festeggiamo come
nero in mezzo che forma una brutta
fezione la sequenza di mani e piedi,
si deve e penso a quanto sia fortunato
pinza svasa da cui bisogna lanciare al
cerco di cogliere tutti i particolari delle
in quel momento a condividere questi
bordo, un vero capolavoro!
prese, modificando in modo minima-
momenti così speciali con i miei amici
Nei giorni successivi riesco a salire
le la posizione delle dita sulla roccia.
e ad essere in questo posto magnifico
flash Green Mamba (8A) e A Splash
Ad ogni tentativo mi curo di spaz-
con l’unica preoccupazione di decide-
of red (7C+), quest’ultimo è consi-
zolare meticolosamente gli appigli per
re dove andare a scalare. Non potrei
derato uno degli highball (sassi par-
far sì che il grip tra i miei polpastrelli
essere più felice.
ticolarmente alti, fino a 8-12 metri) più belli della zona. Sono contento di
e la roccia sia sempre ottimale, oltre che per rispetto e per salvaguardare
Polpastrelli abrasi
essere riuscito a salire molti blocchi di
i passaggi. Sono piccoli dettagli che
A metà vacanza la stanchezza in-
difficoltà media in stile flash in questa
sembrano essere inutili ma su una se-
comincia a farsi sentire e decidiamo
vacanza. Penso che le competizioni
quenza al limite delle proprie capacità
di pianificare al meglio i giorni di ri-
mi abbiano aiutato molto a miglio-
fanno la differenza tra il successo e il
poso per lasciare che la pelle delle dita
rare questo aspetto perché in gara si
Shoosholoza 8A
The team, da sinistra: Antonio Prampolini, Simone Tentori, Lorenzo Malatesta e Giacomo Raimondi.
hanno pochi minuti per arrivare al Top
sogna afferrare l’ultimo appiglio svaso
perfezione, sono arrivato ad impostare
e una salita flash (al primo tentativo)
che si riesce a controllare solo grazie
il lancio finale e… un altro grido libera-
ovviamente vale di più, quindi è fon-
ad un aggancio di punta. Ero riuscito
torio. Anche Mooiste Meisie era fatto!
damentale affrontare il blocco dando
a fare un buon giro flash cadendo in
È difficile descrivere a parole e tra-
il 100%. Non è solo una questione
cima in una giornata fredda e ventosa,
smettere le emozioni che ho provato
di performance, ma credo che sia un
sicuro di riuscire a risolverlo in fretta,
durante la mia permanenza a Rocklan-
aspetto che permette di migliorare
ma poi nei tentativi successivi conti-
ds, ma sicuramente i migliori ricordi
come arrampicatore. Infatti perfeziona
nuavo a sbagliare la sequenza e ave-
rimarranno sempre con me, sperando
la capacità di lettura, di visualizzazio-
vo deciso di rinunciare. Quando sono
che si possano ripetere ancora in un
ne, di correzione degli errori e per-
tornato a riprovarlo c’erano le condi-
altro posto da sogno!
mette di essere più efficiente ad ogni
zioni peggiori di sempre: zero vento,
Ringrazio la mia famiglia ed il Grup-
movimento.
sole caldo e tre dita che mi sangui-
po Ragni di Lecco per aver creduto in
Durante gli ultimi giorni riesco a
navano. Non riuscivo nemmeno più a
me e per aver reso possibile questo
chiudere i conti con Mooiste Meisie
fare i singoli passaggi, ero abbattuto e
viaggio.
(8B) uno spigolo che sulla faccia sini-
arrabbiato. Mentre riposavo continua-
stra offre degli appigli svasi per le mani,
vo a guardare il blocco e dentro di me
mentre sulla faccia destra degli ag-
dicevo: “È una linea troppo bella! Ora
ganci per i piedi. Si scala praticamen-
sono qua a provarlo e voglio salirlo!!”.
te in orizzontale, con continui rilanci
Quindi mi sono “nastrato” le dita, ho
e movimenti unici e super complicati
recuperato tutte le energie che avevo
fino all’ultimo movimento, il crux (pas-
a disposizione e sono partito. Sono ri-
so duro) in cui con un dinamico bi-
uscito a eseguire ogni movimento alla
Foto di Antonio Prampolini
Alpinismo e arrampicata
33
UN BALCONE SUI MONTI DI CASA
La gita sociale al Bernina e la realizzazione di un sogno
Bellavista e Piz Palù dal Piz Bernina
I
di Stefano Morcelli
sionante ed emozionante da ammira-
primo quattromila.
l CAI può essere ancora un mez-
re, ma è ancora più attraente quando
Finalmente il 30 giugno è arrivato, il
zo per realizzare i propri sogni nel
si passa per Pontresina e tutto il suo
punto di ritrovo è stato scelto nel ri-
2018?
ghiacciaio risplende sotto i raggi del
fugio Marinelli - Bombardieri per l’im-
sole.
possibilità di Luca di finire in anticipo
Ho 26 anni e anche grazie alla
splendida esperienza che ho vissuto
Quando a fine maggio, grazie ai
il turno di lavoro di notte, così appe-
sul Bernina con il CAI di Lecco credo
nuovi strumenti di comunicazione, ho
na arrivati al parcheggio della diga di
che la risposta a questa domanda sia
scoperto su Facebook la proposta della
Campomoro io e lui abbiamo iniziato
“sì”.
gita sociale del CAI di Lecco sul “4000
il nostro cammino a buon passo sotto
Mi piace conoscere nuove persone
più orientale delle Alpi” mi sono subito
un meraviglioso cielo limpido. L’acqua
e mi piace sognare di scalare le mon-
messo in contatto con l’organizzatore,
color smeraldo, leggermente mossa
tagne che ho la possibilità di vedere.
Andrea, per poter partecipare, perché
dal vento, del lago artificiale posto ai
Vivendo a Bormio quando salgo sulle
non potevo assolutamente perdere la
piedi del Pizzo Scalino, è stata il primo
alte vette dei “miei” monti, il profilo del
possibilità di vedere il paesaggio che
assaggio dello splendore che avrem-
Gruppo del Bernina è sempre impres-
ammiro sempre dal punto di osser-
mo gustato per i due giorni succes-
vazione opposto. Qualche settimana
sivi. Il sentiero ci ha fatto attraversare
prima del grande giorno ho parlato di
dapprima il bosco, che diradandosi
questa avventura anche al mio amico
ha poi lasciato spazio alla vista delle
Luca, il quale non ha potuto resistere
rocce che fanno da cornice al rifugio
al richiamo del desiderio di salire il suo
Carate. Subito dopo la Bocchetta delle
34 Alpinismo e arrampicata
Forbici, dove Luca mi ha anticipato le
l’abbondante cena abbiamo avuto la
attraversato un profondo senso di ap-
sorprese che avrei potuto ammirare
fortuna di poter osservare il meravi-
pagamento, di felicità e di meraviglia,
più avanti: le imponenti vedrette di
glioso tramonto sulle cime del Pizzo
perché così apparentemente lontane,
Scerscen inferiore e superiore, il Piz
Scalino e del Monte Disgrazia, su cui
ma verosimilmente vicine, le “mie”
Gluschaint, il Piz Roseg, il Piz Palù e la
cumuli di nebbia si infrangevano ripe-
montagne stavano apparendo in tutto
nostra meta, il Piz Bernina. Mentre ci
tutamente e si diradavano, mentre noi
il loro splendore.
stavamo avvicinando al rifugio Mari-
ci scambiavamo pensieri e ricordi sulle
nelli ho cercato invano di avvistare i
nostre esperienze passate, organiz-
relitti del tristemente famoso elicot-
zando infine le cordate per l’indomani
Con accortezza e con stili differenti
tero che in quelle zone si schiantò
ed accordandoci per l’orario della co-
abbiamo salito la parte più ripida che ci
con Luigi Bombardieri a bordo, mentre
lazione.
ha portato alla cresta della Punta Per-
Emozioni
cercava di dimostrare le potenzialità
Un po’ di emozione e di agitazio-
rucchetti, mentre dietro di noi si mo-
dell’utilizzo di questo mezzo anche
ne, sostenuti dallo sferzante suono del
stravano le sinuose linee delle som-
nel difficile territorio montano.
vento a 3500 metri, mi hanno fatto
mità della Bellavista e ai nostri piedi
passare la notte dormendo poco, ma
si estendeva l’imponente vedretta di
al momento della sveglia sono saltato
Morteratsch. Purtroppo alcuni pro-
Un passo svelto dopo l’altro siamo
fuori dal letto velocemente per con-
blemi di salute hanno fatto rallentare
riusciti a giungere in anticipo al rifu-
templare il meraviglioso cielo stellato
la salita del mio compagno Stefano,
gio dove Andrea ci ha presentato gli
della prima notte di luglio.
che però con grande forza di volontà
In cammino
altri compagni di avventura: Giorgio,
Siamo partiti dal rifugio già separati
e spirito di altruismo si è impegnato
Silvano, Matteo e Stefano. In poco
nelle nostre cordate, facendo battere
affinché potessimo arrivare entram-
tempo abbiamo pranzato e ci siamo
traccia all’esperto Silvano accom-
bi in vetta. Una roccia intagliata con
messi di nuovo in cammino tutti in-
pagnato da Giorgio, seguiti da me e
una croce colorata di rosso è stata il
sieme, abbiamo raggiunto veloce-
Stefano ed infine Luca, Matteo ed An-
simbolo della nostra meta raggiunta,
mente la vedretta di Scerscen Supe-
drea. Le prime luci dell’alba ci hanno
dove ci siamo seduti per ammirare
riore, affrontata prudentemente con
permesso di veder cambiare ancora
il panorama e scambiarci gli auguri.
ramponi ai piedi e piccozza in mano,
una volta i colori delle montagne alle
Davanti a noi ho potuto riconoscere
ammirando da distanza ravvicinata le
nostre spalle, prima leggermente vio-
altre montagne di “casa” riprovando le
alte pareti del Piz Argient e della Cre-
lacee, poi rossastre ed infine dorate,
profonde emozioni di felicità sentite
sta Aguzza, con i meravigliosi e ripidi
mentre la luna splendeva, ancora vi-
quando sono apparse in lontananza.
canali glaciali che ne discendono dai
sibile in gran parte, sopra l’orizzonte
In quel momento di calma e riposo,
lati. Abbiamo scelto di raggiungere il
delle vette orobiche. Abbiamo salito
in cui avevo culminato la realizzazione
rifugio Marco e Rosa per la via fer-
il primo tratto del ghiacciaio senza
di un sogno, ne sono nati subito altri,
rata realizzata tra le rocce, purtroppo
difficoltà con uno splendido manto di
come sempre.
in condizioni meno che ottimali, ed
neve rigelata che infilzata dalle pun-
Ma perché?
in poco tempo abbiamo raggiunto la
te dei ramponi produceva il fragoroso
Le emozioni che regala la montagna
nostra destinazione intermedia, dando
ed adorabile suono tipico delle salite
sono cosi incredibilmente profonde da
velocemente un’occhiata alla vecchia
glaciali mattutine. Passo dopo passo
creare un vortice di vera dipenden-
struttura, ora adibita a bivacco. Il ri-
siamo usciti dalla zona d’ombra cre-
za: l’ammirazione per quegli ammassi
fugio era stato preso d’assalto da un
ata dal Bellavista ed ecco che in lon-
svettanti di roccia e ghiaccio, l’impe-
gruppo numeroso di soci di un CAI
tananza finalmente ho visto spuntare
tuoso e insieme delicato suono del
della zona romagnola che aveva ten-
l’immagine a lungo sognata: gli in-
vento e della neve calpestata, l’infinito
tato senza successo la salita al Piz
confondibili contorni del Monte Zebrù,
Bernina, creando in me non poca pre-
del Monte Ortles e del Gran Zebrù il-
occupazione per un analogo deluden-
luminati dal sole che stava sorgendo
te risultato il giorno seguente. Dopo
alle loro spalle. In quegli istanti mi ha
Alpinismo e arrampicata
35
stupore di un cielo stellato, la fragili-
ha smesso di sognare montagne già
e gite del passato.
tà di una farfalla posata su un fiore o
scalate da migliaia di persone, di cui
Abbiamo ripreso il nostro cammino
un ovattato mare di nuvole illuminato
abbiamo sentito parlare centinaia di
fino al raggiungimento del parcheg-
dai primi, o ultimi, raggi di sole. Tutto
volte, di cui abbiamo visto decine di
gio, dove ci siamo concessi un ultimo
questo crea un desiderio che continua
fotografie.
saluto davanti a un gelato, accompa-
ad autoalimentarsi mentre saliamo,
Con il cuore pieno di gioia per le
gnato dai racconti dei nostri pensieri
mentre siamo in cima e pure mentre
fortunate emozioni che ho potuto
siamo nei fondovalle. Tutto si conti-
vivere durante la salita, io e Stefano
E’ stata una esperienza davvero
nua a rigenerare grazie alla capacità
abbiamo potuto iniziare il percorso per
ricca di soddisfazioni ed emozioni
del nostro animo di trovare in que-
ritornare a casa senza troppa fatica,
e ringrazio profondamente il CAI di
ste piccole cose una immensa fonte di
raggiungendo gli altri compagni al ri-
Lecco per aver proposto questa gita
felicità ed altre emozioni, basate tutte
fugio Marco e Rosa e affrontando tutti
sociale che ha permesso a me ed altri
sui nostri desideri.
insieme la ripida discesa del canale
alpinisti di vivere ancora una volta la
Ecco, per questo credo che il CAI
ghiacciato della Cresta Aguzza. Ab-
realizzazione di un desiderio, che, in
possa essere ancora oggi un mezzo
biamo proseguito fino al Rifugio Ca-
fondo, credo sia la più bella cosa che
per realizzare i nostri sogni, perché tra
rate dove era in corso l’annuale festa
le montagne possano offrire a chi le
le tante sezioni e sottosezioni, esiste
dell’omonimo CAI, qui ci siamo fer-
ama: farli sognare.
ancora, in mezzo alle più varie pro-
mati per mangiare del buon affettato
poste di escursioni, la capacità di or-
parlando con un simpatico istruttore
ganizzare gite sociali in sintonia con
amico di Silvano che ci ha intrattenuto
il desiderio di qualche socio che non
con affascinanti racconti di spedizioni
su quei giorni appena passati.
Foto di Giorgio Mandarano
PERCORSI DI CRESCITA Il 66° Corso di roccia: per vivere la montagna intensamente di Nadia Ferrari
D
a pochi giorni si è concluso il 66° Corso roccia, patrocinato dal Cai sezione di Lecco, te-
nuto dai Ragni della Grignetta. Sono
stati giorni densi di emozioni sia per me, sia per mio marito che mi ha affiancato in questa avventura e sicuramente per il gruppo di ragazzi di varia età che hanno partecipato al corso. Ci siamo trovati, così per caso, ma siamo diventati subito un gruppo unito, spinti dallo stesso desiderio: la voglia di arrampicare sulle vie a più tiri. Ognuno di noi, umilmente, ha portato il proprio bagaglio di esperienza pronto a mettersi in gioco, pronto a misurare i propri limiti nell’eterna sfida contro la forza di gravità, ma soprattutto con la voglia di imparare a scalare senza incorrere in inutili rischi. Ci siamo messi nelle mani di coloro che amano la montagna e ne conoscono le mille sfaccettature, anche le più insidiose, perché amarla significa accettarla così com’è. La montagna infatti non va mai sottovalutata, non puoi improvvisare, lei non ti perdona, è quindi necessario avere una preparazione adeguata per capire fino a che punto poterla sfidare. Doppia sulle placche della val di Mello
Il corso roccia è stato strutturato in due parti: sei lezioni teoriche (materiali - topografia - orientamento - pronto soccorso - allenamento storia dell’alpinismo - alimentazione) e sette pratiche su vie alpinistiche a più tiri con un weekend ad Arco di Trento. Nella prima serata di incontri teorici, appuntamento del giovedì sera,
il presidente del Cai Lecco Alberto Pi-
un piccolo viaggio, la cordata deve
mitici Ragni della Grignetta capitanati
rovano e Silvano Arrigoni, istrutto-
essere autonoma per adattarsi a situa-
da Silvano Arrigoni, leader carismati-
re nazionale di alpinismo e direttore
zioni diverse, a seconda del materiale,
co, puntuale in ogni suo intervento
della scuola, hanno subito chiarito che
della configurazione della via e delle
e agli istruttori Dante, Carlo, Pier, Pino,
l’obiettivo principale del corso è inse-
opzioni di uscita. Abbiamo vissuto la
Luca, Dimitri, Massimo, Matteo, Marco,
gnare ad arrampicare in sicurezza con
montagna in prima persona scopren-
Mario, Chiara, Simone e Daniele. Tutti
un buon grado di autonomia. Durante
do posti suggestivi di rara bellezza,
si sono dimostrati persone davve-
le uscite pratiche, Silvano A. e gli al-
dalle vie all’Angelone agli spettacolari
ro speciali, preparate tecnicamente e
tri istruttori hanno spiegato i principi
Torrioni Magnaghi, dal superbo gra-
con tanta esperienza sul campo, ma
fondamentali della catena di sicurez-
nito della Val Masino alle imponenti
soprattutto in grado di sostenere gli
za: come usare l’attrezzatura, le pro-
Placche Zebrate di Dro. La montagna
allievi nei momenti difficili. Con enor-
tezioni, come montare una sosta, fare
ci ha coinvolto sempre di più, durante
me dedizione ci hanno preso per
i nodi e come eseguire le manovre
la scalata provi ogni tipo di emozione:
mano, cercando di capirci quando
di discesa in corda doppia. Insomma
ansia e paura arrivano all’improvviso,
sono emerse nel momento critico le
tutto quello che serve per raggiungere
ma quando riesci a sconfiggere gli
debolezze, quando la testa dice di ri-
un certo livello di autonomia e sicu-
ostacoli e gioisci, grande è la soddi-
nunciare e non vedi la soluzione per
rezza, per poter apprezzare la salita,
sfazione per averla addomesticata e
andare avanti.
ma anche la discesa.
fatta diventare tua amica.
Ci siamo resi conto che affrontare le vie lunghe non è come salire e scendere in un monotiro, ma è come fare Dante con Nadia e Luciano in val di Mello
Quello dell’arrampicata su vie è un percorso di crescita, non solo fisica,
Grazie, Ragni Ma a chi dobbiamo tutto questo? Ai
ma soprattutto interiore, che allena la mente a mantenere il controllo nelle
situazioni difficili, a superare gli ostacoli così come nella vita e a renderti più forte. E’ stata un’esperienza unica, travolgente che è servita a farci crescere e apprezzare ancor di più l’arrampicata, ma soprattutto abbiamo conosciuto tante persone speciali che come noi amano vivere la montagna intensamente. I miei personali ringraziamenti vanno a Silvano A. per il suo occhio vigile che mi ha fatto sentire sicura nei momenti difficili, ma anche per le sue colorite sgridate che mi hanno spronata a superare i miei limiti e a dare di più. Grazie a Pino per avermi aiutata, a volte anche tirandomi di peso nei passi più impegnativi, infine ringrazio Dante e Carlo per l’infinita pazienza e le emozioni vissute insieme. Foto di Nadia Ferrari
DAL BIANCO ALLE DOLOMITI
Academy 2018, quattro giovani alpinisti in cordata con i Ragni
L
Report a cura del Gruppo Ragni
a Ragni di Lecco Academy, inaugurata nel 2013, è un’iniziativa nata con lo scopo di
formare giovani ragazzi all’alpinismo e metterli in condizione di effettuare salite impegnative in montagna, su ogni terreno, in autonomia e sicurezza. L’idea è quella di trasmettere a ragazzi appassionati e talentuosi il know how tecnico e sportivo e il patrimo-
nio di cultura alpinistica di cui i Ragni sono depositari e interpreti, creando per loro un programma di formazione ad alto livello e consentendogli di condividere scalate di buon impegno con alcuni fra i più forti alpinisti del nostro Gruppo. Quest’anno si è deciso di elevare il corso a una sorta di “secondo livello”, coinvolgendo quattro ragazzi che hanno partecipato all’edizione 2017 e lavorando con loro a stretto contatto, per effettuare insieme salite di maggiore impegno e permettere un rapporto più profondo tra istruttori ed allievi. Paolo Belloni, Giacomo Regallo, Raffaele Tangari e Davide Visconti sono i quatto allievi che hanno preso parte al progetto. Modulo alta montagna Dopo due giornate dedicate all’approfondimento delle principali tecni-
40 Alpinismo e arrampicata
IL CORSO Il corso si svolge sotto l’egida della Scuola Nazionale di Alpinismo dei Ragni della Grignetta - Cai Lecco ed è diretto dal Ragno e Guida Alpina Matteo Piccardi. Alle uscite hanno partecipato i Ragni Matteo Piccardi, Maurizio Tasca, Luca Moroni, Luca Schiera, Paolo Marazzi, Giovanni Ongaro, Matteo Della Bordella e Dimitri Anghileri. che di sosta, progressione e autosoc-
Walter Bonatti, un simbolo e un’ispi-
corso, a metà luglio si è svolto il primo
razione per tante generazioni di sca-
modulo dedicato all’alta montagna.
latori.
Durante i quattro giorni di scala-
Il Diedro Machetto alla Tour de Jo-
ta nel maestoso scenario del Monte
rasses, salito per la prima volta nel
Bianco i ragazzi, ognuno in cordata
1970, è stato, infine, un assaggio dello
con un Ragno, hanno portato a ter-
stile di Guido Machetto, uno degli al-
mine principalmente da capocordata
pinisti che furono protagonisti in Italia
o a comando alternato quattro clas-
della transizione dall’alpinismo classico
siche di alta difficoltà, vie che hanno
a quello contemporaneo.
fatto la storia dell’alpinismo nelle Alpi occidentali e che, a distanza di tanti
Modulo roccia
decenni dall’apertura, possono essere
Il secondo modulo si è svolto in
ancora considerate un banco di prova
Dolomiti alla fine del mese di ago-
e un fiore all’occhiello per ogni alpi-
sto, purtroppo in una settimana un
nista.
po’ sfortunata dal punto di vista me-
Una di queste è la via Ratti-Vitali
teorologico, ma che non ha impedito
all’Aiguille Noire de Peuterey, aperta
ai nostri Ragni ed allievi di portarsi a
nel 1939 dalla straordinaria cordata
casa delle belle salite. Vi raccontiamo
composta dai lecchesi Vittorio Ratti e
questa esperienza direttamente tra-
Gigi Vitali.
mite le parole di uno dei giovani allievi,
Altra splendida via salita è la Ger-
ovvero Raffaele Tangari:
vasutti-Boccalatte al Pic Gugliermina,
“Modulo roccia.
tracciata nel 1938 da Giusto Gerva-
L’obiettivo è semplice: ricercare e
sutti (Il Fortissimo) e Gabriele Boc-
portare a termine le più belle e “in-
calatte, rappresentanti della “meglio
gaggiose” vie di stampo esclusiva-
gioventù” dell’alpinismo torinese degli
mente alpinistico in una delle location
anni ‘30.
d’arrampicata più belle al mondo, le
Con la Bonatti-Mazeaud alle Petites
Dolomiti.
Jorasses gli allievi dell’Academy han-
Dopo le quattro giornate di luglio,
no potuto sperimentare quello che
trascorse sul massiccio del monte
era alpinismo nell’idea e nell’azione di
Bianco, è il momento di mettere da
parte l’alta montagna per cimentarsi nell’ascensione di vie di roccia. Le Dolomiti sono sicuramente il campo di gioco ideale per imparare a muoversi su vie dall’itinerario non sempre logico e su roccia non sempre sana... 27 Agosto: Giacomo Regallo, Paolo Belloni, Davide Visconti ed io, (Raffaele Tangari), ci ritroviamo ad Arco per incontrarci con gli istuttori che ci seguiranno in queste giornate: Giovanni Ongaro, Paolo Marazzi, Maurizio Tasca e Dimitri Anghileri, tutti componenti del gruppo Ragni di Lecco. Purtroppo, il bizzarro meteo di questo agosto, (neve in tutte le Dolomiti), non ci permette di raggiungere subito l’ambita meta e quindi decidiamo di scaldare i motori sulla parete del Colodri. Alla sera ci trasferiamo sotto la parete del Sas Ciampac sperando in un clima favorevole. 28 Agosto: dopo un’accurata ricerca riusciamo a trovare una parete e delle vie che soddisfino le caratteristiche richieste: esposizione Sud, via alpinistica con itinerario da ricercare e che abbia un dislivello che si aggiri sui 400 m. Il clima, alla sera, prima di ogni salita, è sempre amichevole e rilassato... ci sistemiamo con i furgoni sotto la parete e insieme mangiamo le nostre vivande al lume di fornello e frontale. È bello rilassarsi alla sera e campeggiare dove fa più comodo mentre si ride e si scherza con i compagni di cordata; (anche se il mio riso liofilizzato non ci In alto: bivacco sulla parete del Castello in Val Chiavenna Sotto: Monte Bianco, Luca Moroni e Luca Schiera scrutano la parete Ovest del’Aiguille Noire de Peuterey
pensa neanche per sogno a cuocere e sarò l’ultimo a mangiare). Io e Regallo, accompagnati da Dimitri e Marazzi, alla mattina attacchiamo la via “Solarium” al Ciampac, (difficoltà VI, sviluppo 450 m). Dopo un breve avvicinamento su “giardini verticali”, (meglio non scivolare sull’erba bagnata...), attacchiamo la via e subito superiamo una cordata di romani un po’ più lenti di noi... La via è logica e la scalata non è troppo impegnativa, la difficoltà sta nel proteggersi e nello stare attenti a quello che si va a tirare; meglio strizzare qualche piccola tacca piuttosto che dei grandi blocchi instabili. Dopo 13 lunghezze ci rincontriamo, ormai prossimi alla cima, con Belloni e Visconti che hanno fatto la “Via della Rampa” insieme ad Ongaro e Tasca. Arrivati al rifugio, davanti a una birra ghiacciata, i nostri istruttori, nonché compagni di cordata, ci dicono cosa abbiamo sbagliato nella gestione della salita e cosa possiamo migliorare. Mi rimarrà sempre impressa la frase che mi disse Dimitri quella sera: “Bravo Raffo... però su 14 tiri che abbiamo fatto ci saranno stati sì e no 2 friends
Monte Bianco, in marcia verso il Pic Gugliermina; in rosso la linea della via Gervasutti Boccalatte Sotto: Paolo Marazzi ad Arco di Trento
buoni...” non so se lo diceva per ridere o per davvero, comunque davanti ad
ma dopotutto anche questo fa par-
7+/A2) con Maurizio Tasca. Il primo
una birra con gli amici le risate non
te del gioco. Se devo essere sincero,
spigolo viene attaccato da Belloni e
mancano mai e si cerca sempre di
penso che non sapere ancora alla sera
Visconti soprannominati anche “Va-
sdrammatizzare gli errori commessi.
quale via dovessimo fare la mattina
rese team”.
mettesse noi ragazzi dell’Academy in 29 Agosto: l’indecisione e l’incer-
leggera tensione.
Questa volta penso di aver gestito meglio l’ascensione anche se Ongaro
tezza sul clima e sul meteo della lo-
Dopo aver spostato il nostro “campo
avrebbe preferito che portassi meno
cation fa sì che le vie vengano decise
base” sotto la parete delle Tofane de-
materiale... sarà per la quantità di pro-
all’ultimo e questo certo non ci aiuta
cidiamo di cambiare le cordate; que-
tezioni che usavo durante i tiri ma ar-
nel ricercare le relazioni sugli itinerari,
sta volta io scalerò il Secondo Spigolo,
rivavo spesso in sosta senza più nulla
(700 m di sviluppo, VI-/V+ e AO),
attaccato all’imbrago.
42 Alpinismo e arrampicata
con Giovanni Ongaro, mentre Regallo decide di lanciarsi sulla difficile Co-
30 Agosto: una perturbazione me-
stantini Apollonio, (700 m di sviluppo,
teo non ci permette di prolungare la
terzo modulo dedicato alla tecnica di Big wall. Il modulo in questione si è svolto alla fine del mese di settembre, presso la parete del Castello in Val Chiavenna. Sotto la guida di Marazzi, Ongaro e Schiera, gli allievi hanno sperimentato alcune tecniche di arrampicata artificiale moderna e di gestione del materiale quando si prevede di stare in parete diversi giorni. Ciliegina sulla torta è stato il bivacco con portaledge in parete, prima di tornare a valle e terminare così questo bel percorso con i ragazzi, lasciando che ora volino da soli verso tante altre salite. “Con questo corso e queste uscite – commenta Matteo Della Bordella, presidente dei Maglioni Rossi - speriamo di trasmettere un po’ della passione e del modo di andare in montagna di noi Ragni di Lecco a questi ragazzi e ci auguriamo che queste belle salite siano per loro un punto di partenza verso un percorso che, indipendentemente dai risultati tecnici, possa riservare grandi emozioni e soddisfazioni”. Foto archivio Gruppo Ragni Giacomo Regallo sulla via Gervasutti Boccalatte al Pic Gugliermina Sotto: sul Sass Ciampac in Dolomiti
nostra permanenza in Dolomiti, così
sugli ultimi tiri, un imprevisto malo-
decidiamo di ripiegare su Arco di
re di Belloni non permette a “Varese
Trento. Il calcare compatto del Colo-
Team” di completare la via “Fiore di
dri ci permette di far pompare un po’
Corallo”(VI+/VII e A1).
di sangue agli avambracci e cosi io
Arriva la sera e seduti al bar della
e Regallo, seguiti rispettivamente da
piazza di Arco beviamo qualche birra
Tasca ed Ongaro, scaliamo in libera la
e ci godiamo il meritato riposo.”
“L’incompiuta”, (VII, 2 passaggi in A0, 6c/6c+ in libera). “Evvai finalmente
Terzo tempo
posso stringere quanto voglio questi
Il corso avrebbe dovuto terminare
appigli senza la paura che mi riman-
con questo modulo, se non che Paolo
gano in mano”...
Marazzi ha lanciato una proposta che
La stanchezza ormai si fa sentire e,
tutti noi abbiamo subito raccolto con
mentre noi arranchiamo con il fiatone
entusiasmo: quella di aggiungere un
Alpinismo e arrampicata
43
FULL IMMERSION TRA LE VETTE
Al Civetta il 16° trekking di Alpinismo giovanile
di Elisa, Noemi, Serena, Chiara P., Chiara M., Aurora, Martino, Dario, Pietro, Giacomo
F
inalmente è arrivato il sedicesimo trekking. Anche quest’anno, durante il mese di luglio, gli ac-
compagnatori dell’alpinismo giovanile del CAI di Lecco hanno organizza-
Ferrata Alleghesi-il camino...
to questa tanto attesa gita di cinque giorni: una vera e propria full immersion tra le vette. Analogamente all’anno precedente ci siamo recati sulle Dolomiti, ma questa volta abbiamo puntato sulla provincia di Belluno. Il trekking si è svolto
dal 18 al 22 luglio tra gli stupefacenti
NOTA TECNICA
panorami delle Dolomiti bellunesi, più precisamente, sul rinomato Monte Civetta. Ventidue al via In 22, tra accompagnatori e ragazzi, ci siamo trovati presso la sede del CAI, a Lecco, pronti per un lungo viaggio in auto che ci avrebbe condotto al passo da cui sarebbe iniziato il nostro giro. Abbiamo passato ore insieme ascoltando musica e raccontandoci pettegolezzi, o almeno così è successo nella nostra auto. Dopo aver parcheggiato, ci siamo incamminati lungo un sentiero piuttosto largo e in soli 45 minuti abbiamo raggiunto il rifugio Carestiato alla rispettabile quota di 1834 m. Dal rifugio si poteva godere di una vista mozzafiato sul singolare panorama offertoci dalle Dolomiti venete. Arrivati al rifugio abbiamo fatto a gara per i letti e abbiamo implorato gli accompagnatori di darci un po’ di salame poiché, pur non avendo faticato, eravamo a dir poco affamati. La notte è stata più divertente della mattina: dopo cena siamo usciti a vedere lo spettacolare tramonto. Le montagne frastagliate situate ad ovest erano divenute solamente delle ombre nere su uno sfondo giallastro tendente al rossiccio del sole che tramontava. Ad est, invece, il cielo sfumava dal blu notte all’azzurrino tenue, mentre se si abbassava lo sguardo era possibile scorgere Agordo (il paese sottostante) totalmente illuminato dalle luci. “Quel panorama ti faceva sentire tutt’uno con la natura e in pace col mondo.” Quella pace però non è durata a lungo dato che siamo saliti in stanza a divertirci giocando ad “obbligo o verità” fino a tarda sera, ignorando la
Come da tradizione ormai consolidata, anche quest’anno il Gruppo di Alpinismo Giovanile della sezione di Lecco ha organizzato il trekking estivo, la “Cinque giorni di trekking” secondo la denominazione che recentemente gli accompagnatori hanno dato all’iniziativa. La scelta è ricaduta sulle Dolomiti bellunesi, cinque giorni a “zonzo” tra il Civetta e il Pelmo, anche se quest’ultimo l’abbiamo solo toccato di sfuggita l’ultimo giorno. Come negli anni precedenti eravamo un nutrito gruppo, 11 accompagnatori e 11 ragazzi/e dai 12 ai 17 anni, con una leggera prevalenza di ragazze (7 su 11). Come di consueto il trekking si è svolto nella terza settimana di luglio, dal 18 al 22, con la formula classica: partenza il mercoledì e rientro alla domenica. Primo giorno: da Lecco al Passo Duran, Belluno, e trasferimento al rifugio Carestiato, nel gruppo della Moiazza. Secondo giorno: dal rifugio Carestiato al rifugio Coldai al Civetta. Non ci ricordavamo fosse così lunga, ma è una bellissima traversata. Terzo giorno: dal rifugio Coldai alla Vetta del Civetta (3200 m), mancata per un improvviso cambiamento di tempo. Abbiamo preso di tutto: pioggia, grandine, neve e perfino fulmini a meno di 200 metri dalla cima; uscita di fortuna su una cengia in piena nebbia per ripararci al rifugio Torrani dove abbiamo sostato un’oretta sperando in un miglioramento del tempo, ma invano. Allora giù sotto la tempesta, dalla via normale, per raggiungere il rifugio Coldai, su un percorso che si è trasformato praticamente in una cascata di acqua freddissima e sassi (meno male che avevamo i caschetti…). Nonostante tutto siamo rientrati tutti al rifugio, stanchi, bagnati, infreddoliti, affamati e anche un po’ spaventati per quello che avevamo passato: un’esperienza che rimarrà nel ricordo di tutti. Ci complimentiamo con i ragazzi per l’ottimo impegno dimostrato e la fiducia che hanno riposto in noi durante questa giornata, ascoltando i nostri consigli e soprattutto continuando a chiacchierare e “scherzare” sia con noi sia tra di loro durante la salita (la Via Ferrata degli Alleghesi è tecnicamente non difficile ma lunga), durante la precipitosa fuga verso il rifugio Torrani immersi nella nebbia (non si vedeva a un palmo dal naso) e durante la discesa per il Coldai sotto il nubifragio e immersi nelle cascate. Quarto giorno: sosta obbligata al rifugio Coldai, in primis per asciugare i vestiti e gli scarponi, e poi perché dalle ore 13 del giorno prima sta piovendo ininterrottamente e smetterà solo in tarda serata, dopo le 23. Quindi niente trasferimento al rifugio Venezia al Pelmo come previsto dal programma. Quinto giorno: dal Coldai al Passo Staulanza per il rientro a casa. fatica che ci avrebbe aspettati il giorno
alludere ad un minimo dislivello le sa-
successivo.
lite non sono certo mancate. Traversata
Verso l’ora di pranzo abbiamo rag-
Dopo una sostanziosa colazione
giunto il rifugio Vazzoler dove abbia-
all’insegna di pane e nutella, o di pane
mo potuto saziarci con i nostri panini
burro e marmellata, abbiamo imboc-
e ammirare il panorama: le montagne
cato il sentiero che ci avrebbe con-
altissime tutte intorno a noi e il cie-
dotto al rifugio Coldai (2132 m) passando per il rifugio Vazzoler (1714 m). Tale itinerario era una sorta di traversata delle pendici del monte Civetta e benché il termine traversata possa
Alpinismo Giovanile
45
lo completamente azzurro, sgombro di nuvole. Siamo poi ripartiti alla volta della meta finale: il rifugio Coldai. Camminavamo immersi nel suggestivo paesaggio offertoci dal Civetta composto da pendii ripidi e scoscesi e verdeggianti radure, mentre la cima si ergeva maestosa sopra di noi. Nonostante il pittoresco paesaggio entro cui camminavamo la fatica non ha certo stentato a farsi sentire poiché le ore di camino erano proprio tante! “Posso affermare che quella giornata fu veramente sfiancante benché il paesaggio fosse meraviglioso. Certamente il lungo tragitto ha aiutato ma, il colpo di grazia lo ha dato sicuramente il caldo (che avremmo rimpianto la giornata seguente).” Immersi in un mare di umidità e di calura siamo arrivati al rifugio stanchi morti per poi rilassarci con una bella doccia, prima di cenare. Quella sera, però, per la gioia degli altri ospiti, non abbiamo fatto molto casino. Nella tempesta Eccoci al giorno fatidico. La sveglia è puntata alle 6.30; la colazione è alle 7. Poi zaini in spalla perché il monte Civetta ci aspetta. Il sentiero che ci ha condotto alla Ferrata degli Alleghesi (una delle più lunghe d’Italia) è composto da stretti traversi tramite i quali abbiamo attraversato diversi ghiaioni. Il tempo non era proprio il massimo, ma dato il caldo rovente del giorno precedente eravamo ben felici di destreggiarci in felpa e pantaloni lunghi sulle catene della ferrata. Accompagnati dalle nostre chiacchiere, ove la
46
Alpinismo Giovanile
Foto ricordo al rifugio Carestiato Sotto: le quote rosa
difficoltà del percorso lo permetteva, e
piuttosto piccola, ma d’altra parte, a
dal risuonare metallico dei moschet-
2984 m di quota non si può preten-
toni, ci ergevamo sempre più in alto
dere un hotel a 5 stelle. Ciò nonostan-
immersi in suggestivi panorami inte-
te il piccolo rifugio ha fatto proprio al
ramente rocciosi.
caso nostro, ci siamo trattenuti per
Purtroppo il tempo non è stato dalla nostra parte, infatti, quando man-
un’oretta e abbiamo potuto pranzare e asciugarci un po’.
cavano solo 200 metri di dislivello
Siamo poi ripartiti, imbacuccati nei
alla cima siamo stati raggiunti da un
nostri giubbetti e K-way, attraverso il
temporale. La pioggia non faceva al-
sentiero attrezzato che avremmo do-
tro che intensificarsi perciò abbiamo
vuto seguire per la discesa.
dovuto rinunciare all’ambita vetta ed
Gli accompagnatori ci hanno aiutato
imboccare un sentiero laterale che ci
a mantenere la concentrazione fa-
ha condotto al rifugio Torrani.
cendo in modo che, con calma, molta
Questo rifugio è una costruzione
attenzione e spirito di squadra, giun-
trentina, brindavano tranquillamente tra di loro come se fossero le uniche persone presenti nel rifugio. Dato che noi siamo socievoli, quando facevano un brindisi esultavamo anche noi. Alla fine abbiamo fatto amicizia con loro. Dopo cena, in compagnia del nostro accompagnatore Stefano, conosciuto come “sottiletta”, ci siamo trattenuti presso i tavolini del rifugio e le risate non sono mancate. Il sole al ritorno Come ogni vacanza, arriva l’ultimo giorno, quel giorno in cui ti accorgi che tutto è finito e il tempo sembra essere passato troppo in fretta. Abbiamo dovuto lasciare il rifugio per tornare a casa, eravamo riluttanti all’idea di andarcene, ma dato che non potevamo rimanere lì clandestinamente siamo scesi. Addirittura il sole, che per i precedenti due giorni pareva essere andato in ferie, è tornato ad illuminare le montagne. Si sale sulle macchine, mentre ci basta sollevare gli occhi al cielo azzurro e limpido per ammirare il monte Civetta che si erge maestoso d’innanzi a noi, noi che lì ci siamo stati e che non
Sulla traversata dal rifugio Carestiato al rifugio Coldai Sotto: In sosta sulla traversata Carestiato-Coldai
vediamo l’ora di ritornarci.
gessimo, passo dopo passo, al rifugio
minata verso il rifugio Venezia, ma
Coldai.
stavamo ancora smaltendo i postumi
Abbiamo messo ad asciugare gli
della lavata del giorno precedente: le
indumenti bagnati e siamo corsi a
scarpe e la quasi totalità dei nostri
cambiarci con i vestiti che avevamo
vestiti erano ancora bagnati perciò
lasciato al rifugio e ci siamo precipi-
siamo rimasti al rifugio Coldai anco-
tati a cena a dir poco affamati. È stata
ra per un giorno a rilassarci. Abbiamo
un’esperienza particolare, un po’ di-
passato una giornata intera a giocare
versa dalle solite, ma l’importante è
a carte, suonare la chitarra e giocare
che siamo riusciti a divertirci senza
a scacchi.
risparmiare le nostre battute squallide.
mino consecutive un giorno di riposo
“Il rifugio: finalmente una gioia!”
ci vuole proprio!”
Il programma prevedeva una cam-
molto divertente e non vedo l’ora di farne un altro passando altri giorni con i miei amici tra le montagne.” Non abbiamo certo smesso di fare casino e forse, anzi sicuramente, non smetteremo mai, la montagna ci piace e siamo qui per questo. Ci vediamo al prossimo trekking, sempre più carichi! Foto archivio gruppo Alpinismo Giovanile
“Devo dire che dopo 15 ore di cam-
“Ho due jacuzzi nelle scarpe.” Riposo forzato
“Come mio primo trekking è stato
Quella sera era arrivato anche un gruppo di signore, saranno state una
Alpinismo Giovanile
47
UN LECCHESE SUL GRAPPA
Panorama dai Solaroli
L’orrore e la follia della guerra, lettera dal fronte di Luigi Mira
di Adriana Baruffini
I
n questo 2018 si celebra il cente-
proseguita l’esplorazione delle testi-
nario della fine della Prima Guerra
monianze affidate ai diari e alla corri-
Mondiale e si conclude un triennio
spondenza dai vari fronti, con migliaia
nel corso del quale si sono moltipli-
di lettere e cartoline spedite o ricevu-
cate le iniziative volte ad approfondi-
te dai soldati, spesso recanti le tracce
re la conoscenza dei vari aspetti del
della censura, documento storico di
conflitto e a consolidare il ricordo di
grande valore che coinvolge in modo
milioni di vittime militari e civili.
trasversale classi sociali e provenienze
Nel campo dell’editoria, accanto a
geografiche differenti. Pagine cariche
saggi che hanno cercato di far luce
di pathos, scritte spesso in condizioni
su temi meno noti o controversi, è
disperate quando più forte è il bisogno
Tutte le foto di questo articolo appartengono all’archivio della famiglia Mira
di affetti famigliari e di amicizia; bre-
blichiamo di seguito.
edizioni “Musei all’aperto”, novembre
vi racconti che esprimono l’angoscia
E’ stata scritta da un soldato lec-
della battaglia imminente, l’orrore di
chese, il sottotenente Luigi Mira, ed
Gli autori del libro, colonnelli dell’e-
un attacco nemico improvviso, la fa-
è stata portata alla nostra attenzione
sercito, ricostruiscono nei dettagli i
tica delle lunghe marce, i disagi della
dal socio CAI Renzo Battiston. Il figlio
combattimenti svoltisi in quei cinque
trincea, la preoccupazione per la fami-
dell’autore, prof. Eugenio Mira, anche
giorni sulle alture dei Solaroli e Val-
glia lontana; scorci di quotidianità e di
lui socio del CAI Lecco, ne ha poi au-
deroa, contrafforti del Monte Grappa,
condivisione anche con i nemici, che
torizzato la pubblicazione su questa
seguendo come traccia il diario del
riportano a certe pagine ispirate di
rivista, fornendo alcuni elementi bio-
tenente degli alpini Francesco Arrigo-
Mario Rigoni Stern; riflessioni oscillanti
grafici e delle fotografie.
ni, comandante la 265a Compagnia del
fra sentimento patriottico, che impor-
2007.
battaglione Val Cismon.
rebbe obbedienza incondizionata, e ri-
Non si tratta di una lettera inedi-
bellione a scelte degli alti comandi non
ta: è stata pubblicata sul n. 3/1985 di
La sua testimonianza trova so-
comprese, sospettate come assurde e
“Penna nera delle Grigne”, mensile del-
stanziale conferma nella lunga lettera
inutili, per non dire criminali quando
la sezione di Lecco dell’Associazione
scritta alla famiglia dal sottotenente
hanno a che fare con decimazioni e
nazionale alpini, con un’introduzione
Luigi Mira, che faceva parte del Bat-
assalti suicidi.
di Luca Ripamonti, e inoltre figura in
taglione Monte Antelao, 151a Compa-
allegato nel libro Monte Grappa ulti-
gnia, comandata dal capitano Alliaud
In questo filone memorialistico si
mo sacrificio. Solaroli 24-28 ottobre
morto alla fine del secondo giorno
colloca la lettera dal fronte che pub-
1918, di Fulvio Capone e Gianni Bellò,
di battaglia. Il comandante del Batta-
Luigi Mira nasce a Lecco il 22 aprile
telao” impegnata nei combattimenti
gno, V Reggimento Alpini, Divisione
sui Solaroli.
Tridentina; nel “Morbegno”, che rac-
1897. Ultimate le scuole superiori, il 12 ot-
Promosso tenente, presta servizio
coglie lecchesi, valsassinesi e militari
tobre 1916 viene chiamato alle armi
fino alla smobilitazione nei Battaglio-
della bassa Valtellina, il capitano Mira
e arruolato nel 26° Reggimento Ar-
ni “Monte Baldo” e “Verona” della 52a
ha come tenenti Domenico Riva, far-
tiglieria da Campagna. Frequenta il
Divisione alpina.
macista di Castello, Corrado Invernizzi,
corso Allievi Ufficiali di complemento
Tornato alla vita civile, svolge la pro-
presso l’Accademia militare di Torino
pria attività commerciale nell’azienda
e la Scuola Militare di Modena dal 5
di famiglia a Lecco. Ama la montagna,
Allo scoppio della seconda guerra
maggio al 25 luglio 1917. Il 26 ago-
non è un alpinista, ma un escursioni-
mondiale è mobilitato con il grado di
sto dello stesso anno è assegnato al
sta di buon livello, amico di Ferruccio
maggiore nella II Base Tradotte Mili-
Battaglione Sciatori “Monte Pasubio”
Grassi (presidente del CAI Lecco dal
tari per l’Est, dirette al fronte russo. Di
operante sulla Bainsizza; il 12 ottobre
1958 al 1966), Nino Castelli (ex ufficia-
fatto rimane di stanza a Vicenza e a
è trasferito al 7° Reggimento Alpino
le degli alpini, campione di sci e di ca-
Castelfranco Veneto, dirigendo il traf-
Battaglione “Monte Antelao” e par-
nottaggio, a cui è cointitolato il rifugio
fico delle tradotte da e per il fronte.
tecipa a operazioni militari a Fontana
Sassi-Castelli in Artavaggio) e don
Forse giunge con un convoglio nelle
Negra, Sasso di Stria, Passo Buole.
Giovanni Ticozzi (combattente della
retrovie del fronte russo.
Promosso sottotenente il 21 giugno
prima guerra mondiale incarcerato dai
1918, nel mese di ottobre è effettivo
fascisti nel 1944, insegnante e uomo di
nella 151a Compagnia del “Monte An-
grande cultura). Nel 1935 viene promosso capitano
50
Il documento
e richiamato in servizio. Negli anni 1937-1940 è comandante della 47a Compagnia del Battaglione Morbe-
Giannino Vitali e altri lecchesi che gli sono molto legati.
Promosso tenente colonnello, viene posto in congedo assoluto nel 1957. E’decorato della Croce di Guerra al Valor Militare. Muore nel 1962.
glione era invece il capitano Reverberi, citato nella lettera, diventato poi generale al comando della Divisione Tridentina nella Campagna di Russia della Seconda guerra mondiale, quello che il 26 gennaio 1943, a Nikolaiewka, diede l’ordine “Tridentina avanti!” Come dichiarato dagli autori del libro in prima di copertina, entrambi i documenti aiutano a far luce sugli avvenimenti di quei giorni, nei quali “con ordini,
contrordini,
incomprensioni,
contrasti fra comandanti, venne scritta una pagina oscura nella gloriosa epopea del Grappa”. Per il suo alto valore di testimonianza storica ci sembra interessante portare questa lettera a conoscenza dei nostri lettori. La facciamo precedere da poche righe tratte dal diario del tenente Arrigoni, perfettamente in sintonia con il tragico racconto della salita ai Solaroli che troviamo nelle lettera: “Su per la china del monte Solarolo, dinanzi a me, della truppa avanza in ordine sparso: marcia allo scoperto, in piena luce, su per una liscia e ripida pendenza pratosa a pochi metri dal nemico. Fumate di granate la nascondono di tanto in tanto al mio sguardo, di tanto in tanto qualche Alpino colpito rotola verso il basso con movenze e salti buffi di corpo inanimato. Gli altri proseguono e spariscono nelle trincee di un cocuzzolo che precede la cima: sono alpini del Battaglione “Antelao”. Bisogna che andiamo avanti anche noi, lo sento, lo vedo.”
In alto: manovre delle truppe alpine fra il 1937 e il 1940 a cui il capitano Mira partecipò come comandante della 47a compagnia del battaglione Morbegno Sotto: Luigi Mira all’epoca dei fatti narrati nella lettera
La copertina del libro di Fulvio Capone e Gianni Bellò
Manovre delle truppe alpine fra il 1937 e il 1940 a cui il capitano Mira partecipò
Fiera di Primiero, 6.11.1918 Carissimi, sono vivo, vivissimo e senza una graffiatura. Sono stato fortunato, ma purtroppo molti miei colleghi e tanti miei soldati sono morti. Anche il mio capitano è morto, proprio alla fine del combattimento, quando ormai si aveva ragione di sperare che tutto fosse finito: una granata gli è scoppiata proprio sotto i piedi. Tentare di raccontarvi tutto quello che mi è successo da quando sono partito da casa alla fine della licenza non è una cosa da poco, ma proverò. Sapete già che a Verona ho trovato Ettore; poi io ho preso il treno e sono andato a Vicenza da dove avrei dovuto proseguire per Schio e di lì, con qualche mezzo, raggiungere il Battaglione, che io avevo lasciato in Vallarsa. Ma alla Stazione di Vicenza trovo alcuni soldati del Battaglione che, usciti dall’Ospedale e presentatisi al Comando di Tappa, erano stati indirizzati a Fontaniva, vicino a Cittadella. Io però che da Lecco avevo spedito la mia cassetta per bagaglio a Schio, ho dovuto andare a Schio per ritirarla. Anch’io, dal Comando di Tappa di Schio, sono stato avviato a Fontaniva e ci sono andato. Ma là nessuno aveva visto il mio battaglione. Allora sono tornato a Schio e siccome il Comando di Tappa, al quale mi sono ripresentato, continuava ad indirizzare a Fontaniva, sono andato al Comando di Corpo d’Armata. Finalmente qui ho saputo che il mio battaglione era a Sandrigo. Ma, per andare a Sandrigo, dall’ultima stazione alla quale si poteva arrivare col treno, che era poi la Stazione di Villa Verla, c’erano ancora 12 Km. E non vi dico che fatica ho fatto ad arrivarci con la mia cassetta. Tanto più che a furia di girare di qua e di là, ero rimasto con 10 lire sole in tasca, avendo comperato a Milano un bocchino per il mio povero capitano, che costava 28 lire, ed un bastone per un tenente, che costava 18 lire. E poi, come vi ho detto, girando da Milano a Verona, da Verona a Vicenza, da Vicenza a Schio, da Schio a Fontaniva, da Fontaniva di nuovo a Schio… Ho perfino dovuto noleggiare, non trovando altri mezzi, da Villa Verla a Sandrigo, una carrettina con un asinello, grandi come un giocattolo, almeno per poter portare la mia cassetta. E finalmente a Sandrigo ho trovato la mia compagnia. Potete immaginare come ero stanco e come ero stufo di girare. Invece alla sera, verso le 7 dello stesso giorno, c’è l’ordi-
come comandante della 47a compagnia del battaglione Morbegno
ne di partire. Ci si mette in marcia, si fanno 5 o 6 Km poi viene un altro ordine: dietro front e si ritorna a Sandrigo. Come si può ci si accomoda per dormire: i soldati sotto i portici delle case e gli Ufficiali dove possono, perché ormai è la una dopo mezzanotte. Io riesco a trovare una branda in una casa, ma non sono ancora addormentato quando, verso le 4 del mattino, mi vengono a chiamare un’altra volta. C’è di nuovo adunata del Battaglione che verso le 6 del mattino parte in camion. Io trovo un posto vicino allo chauffeur, mi metto la mantellina sulla testa e, come posso, cerco di dormire. I camion ci sbarcano a Paderno, un paese alle falde del massiccio del Grappa, paese ancora abitato. Ma non ci si ferma che un paio di ore. Si riprende la marcia a piedi, i soldati carichi, oltre che dello zaino, di tutto il materiale di cucina e di magazzino e si arriva in un paesetto disabitato che non so più come si chiami. Anche qui ci si accomoda come si può, di mangiare non si parla, essendo arrivati di notte. Immaginatevi come si era stanchi: avendo, per di più, perso la strada si era dovuto camminare attraverso i boschi, su e giù per i valloni, attraversando letti di torrenti fortunatamente con poca acqua. Ed i soldati, come vi ho detto, erano carichi delle casse di cottura, delle marmitte, di sacchi coi viveri, ecc. ecc. Alle 4 di mattina, sveglia! C’è un traino di cannoni da 149 da fare. Il traino, per la mia Compagnia, dura fin verso le due dopo mezzogiorno. Al ritorno, per fortuna, troviamo il rancio e non importa se io sono rauco a furia di gridare: “Pronti? Forza! forza!..” agli uomini che sono alle funi. Il giorno dopo, alla mattina alle 6, altro traino che dura, anche questo fin le 2 del dopo pranzo. Alla sera, partenza per il Grappa. Partiti alle 7 della sera, non si arriva che alle 3 di notte, dopo una marcia faticosissima non tanto per le difficoltà del cammino, ma perché le strade erano tutte ingombre di camion, di colonne di muli, di carri. Si dorme, naturalmente sul lato della strada. Alle 4 del mattino, cioè neanche dopo un’ora di sonno, del 24 ottobre, incomincia il bombardamento nostro, intensissimo. Di dormire, dunque, non se ne parla più. Sulla strada si rimane fin verso le 3 del pomeriggio. Quando viene l’ordine di partire, incomincia a piovere. Ci incamminiamo, per uno, sotto la pioggia, sulla montagna, verso il combattimento. Incominciano le prime granate e i primi morti. Un tenente, colpito tra i primi, il tenente Beghini della 96a Compagnia, colpito da una grossa scheggia, muore gridando “Viva l’Italia!”. Un sottotenente ha una gamba spezzata. Io fumo una sigaretta
dopo l’ altra. Passiamo la notte dietro un costone, Col dell’Orso, sotto l’acqua e sotto un tiro intenso di proiettili a doppio effetto che però riescono a ferire solamente pochi uomini, dato il riparo abbastanza buono offerto dal costone del monte. Verso l’alba del giorno 25 abbandoniamo il costone, scendiamo nella valle e ci ripariamo in una specie di fossato. Appena poco al di sopra di noi, due pezzi da montagna tirano un colpo dopo l’altro e sembrano due cani rabbiosi che abbaiano. Si raccomanda ai soldati l’immobilità assoluta. Ma uno comincia ad andare al cesso, un altro va per prendere l’acqua: fatto sta che siamo scoperti. L’artiglieria austriaca comincia a tirare con grossi calibri sul valloncello dove tutto il battaglione era ammassato. Un colpo un po’ lungo, un colpo un po’ corto, il tiro si fa sempre più preciso finché le granate scoppiano in pieno in mezzo a noi. E’la visione più brutta che io ho avuto di tutto il combattimento. Fitti come eravamo in quella piega della montagna, quei due o tre colpi in pieno hanno fatto strage. Mamma, Il capitano Mira con la 47a Compagnia del Battaglione Morbegno in discesa dall’Ortles nel 1937 mamma mia, se tu avessi visto! C’erano alcuni soldati della mia compagnia con le gambe stroncate al di sopra del ginocchio. Ho ancora nelle orecchie il grido di un povero ragazzone biondo che chiamava la mamma sua, guardando con gli occhi già morenti le sue povere gambe o meglio, i suoi mozziconi sanguinolenti. Un altro, cinque passi davanti a me e’ buttato pr aria da una cannonata. La sezione “pistola mitragliatrice” è quella più colpita e il Sergente Maggiore Marinello che la comanda, corre in su e in giù, come un matto, con le mani sulla faccia, gridando: “Oh! la mia Sezione, oh! la mia Sezione”. Sono rimasto calmo; ve lo dico contento di poterlo dire. E a conservare la calma mi ha aiutato il puntiglio che avevo di far vedere al Ssrgente Bianchi che non avevo paura, perché lui, arrivato da poco alla compagnia, aveva cercato di sfottermi e si era fatto sentir dire, dietro alle mie spalle: “Li vedaremo, ciò, sti ofizialeti, quando che ‘l sarà el momento!”. Per adesso sono io che guarda cosa fa lui. Mentre il cappellano, subito accorso, gira in mezzo a noi, impartendo l’assoluzione ai morti e ai moribondi, ho ordinato i soldati, cercando di non far fare confusione. Intanto ci si muove da quel tremendo fossato, ed era ora, e ci arrampichiamo sul monte, sempre sotto il tiro dei cannoni, il capitano in testa e io subito dietro lui gridando: “Avanti la 151”. A un certo punto incomincia anche una mitragliatrice che ci prende di fianco; tutt’intorno ci sono già dei morti. Il capitano evita quel passaggio obbligato correndo a zigzag su per la montagna ed io dietro di lui, non lo mollo di un passo; penso che è più pratico di me e che mi conviene stargli vicino. E’ il momento in cui butto via la mantellina; ero senza fiato e si capisce: correre sui monti non è una cosa piacevole, ma, d’altra parte, o farsi bucare dalla mitraglia o correre. Poi lui si volta e mi dice: “Mira, dov’è la Compagnia?” Mi volto anch’io e vedo che solo pochi uomini sono riusciti a seguirci, gli altri sono rimasti indietro. Mi dice:
“Va a prenderli e mandali in su”. Così devo ripassare per quel punto obbligato che ero così contento di aver superato poco prima senza essere ferito. Mentre ridiscendo, indico ai nostri soldati che incontro la direzione che devono seguire per raggiungere il Capitano. Incontro anche il Tenente Terracini, comandante della Compagnia Mitragliatrici pesanti. Cammina in testa ai suoi soldati con passo cadenzato. Lo avviso che più su incontrerà il punto pericoloso e che deve correre se vuole salvare la ghirba. Mi dice: “I tuoi soldati possono correre, ma i miei hanno le armi e le cassette munizioni sulle spalle”. In coda c’è Vigliani e dico anche a lui di stare attento. Mi risponde qualche cosa in piemontese ma io sono già lontano e non capisco. Non incontro più nessuno della 151. Tiro il fiato e risalgo per raggiungere gli altri. Si arriva in un punto abbastanza riparato e ci si raduna come si può. Qui comincia il vero combattimento, perché finora non è stata che una marcia di avvicinamento. Io sono ancora calmo. Le compagnie si dispongono per il combattimento, cioè con gli uomini La stessa Compagnia durante la salita al Palla Bianca nel 1937 distesi. Le cannonate, che non riesco a capire se sono nostre o austriache, non arrivano più su di noi. Battono poco più in alto e fanno precipitare valanghe di sassi che storpiano, feriscono, uccidono. Avanti: sono in testa al mio plotone che è disteso in linea di fronte dietro di me. Davanti a noi ci sono però i soldati di un’altra compagnia. Il monte sul quale avanziamo è il Solarolo. Alla sinistra degli Alpini c’è la Brigata Lombardia, la Brigata di Urio. Al Col dell’Orso, la notte prima, alcuni soldati della Brigata, che avevo riconosciuto dalle mostrine e ai quali avevo domandato di lui, mi avevano detto che era stato ferito. Ma ora so che è morto dalla cartolina vostra del 1° novembre che ho ricevuto stamane. Per un po’ avanziamo senza che nessuno ci disturbi, ma dopo un centinaio di metri, comincia una mitragliatrice da sinistra. Il monte è liscio senza alcun riparo, non ci sono che i buchi delle granate. Ci si sposta verso destra, cercando di schivare il fuoco della mitragliatrice di sinistra. Ma dal Valderoa, che si credeva nostro e che invece è stato ripreso dagli austriaci, altre mitragliatrici ci battono. Si avanza lo stesso, sempre in ordine. Quelli che dal basso ci seguivano coi cannocchiali, ci hanno poi detto che la nostra avanzata sotto la mitraglia, sembrava una manovra di piazza d’armi ed il battaglione è stato elogiato per questo. Ma le vittime non mancano. Io salto da una buca di granata ad un’altra e con le mani scavo nella terra per approfondire il riparo. In questi momenti ognuno non si preoccupa che della testa: è quella che si cerca di mettere al riparo; alle gambe e al resto non si pensa. Ma il mio Capitano e il Capitano Reverberi, comandante de Battaglione, invece stanno in piedi. Io continuo a gridare: “Avanti 2° Plotone”. Tanto, avanti o indietro, è la stessa cosa e ho premura che questa baraonda sia finita. Saltiamo in una prima trincea e ci si ripara in quella. Ma l’artiglieria austriaca ha il tiro precisato su questa trincea che è piena di
soldati. I feriti non possono passare; i morti, perché non ingombrino, si buttano fuori. Ci penseremo dopo. Fortuntamente verso sera si alza una nebbia densa e il tiro dell’artiglieria a poco a poco rallenta poi cessa. Per poter sgomberare i feriti il battaglione ha l’ordine di portarsi nel punto dove ci siamo schierati e siamo partiti per l’assalto. Si scende al punto di partenza e ci ripariamo dietro delle rocce dove passiamo la notte indisturbati, non essendo visti. Ma alla mattina, che deve essere quella del 26, appena spunta l’alba, gli austriaci ci vedono e cominciano il tiro. Sgombriamo in fretta, non senza perdite e ci portiamo un po’ più sotto vicino a un posto di medicazione. Ci sono, lì intorno, dei mucchi di morti, buttati nel fango o accatastati, come la legna: uno strato per il lungo e uno per il traverso. Ogni tanto, dal posto di medicazione, i portaferiti ne portano fuori qualche altro che aggiungono al mucchio. Dico ad un portaferiti se non hanno qualche coperta da metterci sopra e mi risponde che ce ne vorrebbe così, delle coperte. Un pezzo da trincea degli austriaci ci sfiora con le sue granate che scoppiano appena un po’ più in là. Ma sono proiettili molto piccoli e le schegge non ci raggiungono. Verso le 2 e mezzo del pomeriggio arriva la corvée coi viveri e contemporaneamente abbiamo l’ordine di ritornare all’ attacco. Si distribuisce in fretta la roba che hanno portato: un po’ di carne e un po’ di tabacco. Qualcuno degli uomini tenta di ritirare anche la razione di quelli che non rispondono alla chiamata. Dicono: “Gliela dò io”. Ma io so che quelli sono morti, mi arrabbio e li picchio sulle mani con un bastone che mi è capitato tra le mani. Il capitano mi sgrida e mi dice di non fare il fatalista. Ci schieriamo di nuovo ed avanziamo, come il giorno prima. Bisognava vedere gli austriaci! Ci aspettavano in piedi sull’orlo delle loro trincee, ma in piedi, diritti e ci buttavano le bombe a mano. Un po’ più a destra vedo degli alpini che saltano dentro le trincee austriache del Valderoa; di lì a un po’ tornano a saltar fuori. Sono quelli del Battaglione Aosta. La notte dal 26 al 27 è stata tremenda. L’artiglieria austriaca aveva un tiro precisissimo. Io non so come non sia stato colpito; sono solamente stato mezzo sepolto sotto un mucchio di terra fatto cadere da un colpo scoppiato lì vicino ed ho avuto una discreta ammaccatura ad una gamba e ho sperato di essere stato ferito. Nella trincea non c’erano ormai più ripari, era tutta franata e bisognava star lì a prendere tutti i colpi. Il mio attendente è stato anche lui ferito leggermente ad una mano. I feriti non potevano nemmeno essere portati fino al posto di medicazione. Per spostarmi dovevo strisciare sulle ginocchia dei soldati accoccolati da una parte e dall’altra della trincea. Ogni tanto qualche colpo capitava proprio in pieno: roba dell’altro mondo. Verso la mattina però il tiro è rallentato ed allora si è cercato di sgomberare un po’ la trincea nella quale abbiamo poi passato tutta la giornata del 27, la notte dal 27 al 28 e parte della mattina del 28. Di giorno gli austriaci tiravano poco; ma di notte, siccome temevano sempre che noi si attaccasse nuovamente, era un continuo sparare di mitragliatrici e cannonate che piovevano. Forse appunto perché tiravano di notte e non vedevo tanto bene l’effetto dei colpi che capitavano in pieno, a me è rimasta vivissima l’impressione dei morti di due giorni prima, in quel fossato, come quella più brutta. Di giorno vedevo che la trincea era piena di morti, ma non mi facevano l’impressione di quelli visti laggiù, che avevo viso morire e che conoscevo uno per uno. Il 28 mattina il mio battaglione ha lasciato il posto al Battaglione Cadore, che fino allora era rimasto di riserva. Il cambio avrebbe dovuto avvenire di notte, ma quando ci muoviamo è ormai giorno e ci si vede benissimo. Però ci vedono anche gli austriaci. Il capitano parte in testa e mi dice che l’adunata è alle cucine, giù, sulla strada. Io devo rimanere finché non ho mandato in giù tutti gli uomini della Compagnia, sparsi lì intorno, un po’ dappertutto. Quando mi pare che ormai non ci sia più nessuno, mi avvio anch’io. Si scende a gruppi, di corsa, inseguiti dalle cannonate degli austriaci. Ed è stato proprio mentre si scendeva, quando si era ormai quasi al sicuro, che è morto il mio xapitano. Una granata gli è scoppiata proprio sotto le gambe ed una scheggia gli ha reciso l’arteria femorale; è morto dissanguato. Aveva 27 anni e mi voleva bene come a un fratello minore. Siamo tornati su quella strada dove avevamo passato la notte dal 23 al 24; poi, quando tutti furono arrivati, ci siamo messi su un monte lì vicino: Cima Pallone, mi pare, lontani dal fuoco o meglio, dove non tiravano. Lì siamo rimasti la notte del 28, il 29 e il 30 fino a mezzogiorno del 31. Poi, di nuovo, ci danno l’ordine di avanzare. Ma questa volta per l’inseguimento: non c’è più nessuno davanti a noi. Passiamo la notte sulla Cima Fontanasecca. Ma fa molto freddo e riesco a dormire ben poco, sul fondo di una buca di granata, cercando di farmi riscaldare da tre o quattro miei soldati che mi faccio sdraiare ai fianchi e anche un po’ addosso a me. E’ ancora buio quando al mattino ci buttiamo giù per il monte ed è stata una corsa continua fino a Feltre dove passiamo la notte. Poi di nuovo avanti, continuamente. Tedeschi prigionieri, armi, fucili, cannoni, una confusione tremenda. E noi avanti, senza mangiare, senza dormire, avanti, sempre avanti. E la gioia dei borghesi dei primi paesi liberati! Piangevano tutti
dalla consolazione; e le donne che ci raccomandavano di ammazzare tutti i tedeschi, anche i prigionieri. E qualcuno lo hanno accoppato loro, quelle donne. Ci raccontavano, piangendo, tutti i patimenti che avevano sofferto. Che vivevano ormai delle erbe dei prati. Che parecchi erano morti di fame e che, se non si fosse arrivati noi, sarebbero morti tutti, quell’inverno. I bambini ci seguivano, strascinandosi dietro, per la canna, i fucili austriaci. Abbiamo passato il vecchio confine trovando sempre austriaci che si arrendevano. Sul Monte Pavione, guardando in giù vediamo una malga dalla quale escono degli Austriaci che portano delle mitragliatrici. Crediamo che vogliano fare resistenza. Reverberi manda avanti il nostro plotone arditi e a me ordina di salire coi miei uomini più in alto sulla montagna per fiancheggiare sulla destra il resto del Battaglione. Ma non c’è resistenza: gli austriaci volevano solo rendere inutilizzabili le loro mitragliatrici buttandole nel laghetto davanti alla malga. Fa molto freddo perché ormai è sera ed io ed il mio plotone siamo quasi sulla cima del monte, a 2500 metri circa. Mentre scendo, incontriamo i prigionieri della malga che risalgono, diretti alle retrovie. Vorrei prendere il giubbotto di cuoio di un ufficiale perché ho freddo, ma poi non ne ho il coraggio. Passiamo la notte in questa malga Viderne. I soldati sono dentro, ma io e un altro Ufficiale, Sirombo, dormiamo appoggiati ad un mucchio di fieno, lì di fuori. Finalmente, l’altro giorno siamo entrati in Fiera di Primiero dove ci siamo fermati, essendo stato firmato l’armistizio. La strada da Imer a Fiera di Primiero era piena di carreggio austriaco, coi cavalli ancora attaccati. Io ho tre rivoltelle austriache, ma non sono riuscito a trovare un binocolo. A Fiera di Primiero io e parecchi altri siamo entrati a cavallo, che avevamo staccato dalle carrette austriache. Ho trovato una valigia di un ufficiale con un po’ di biancheria con la quale mi sono cambiato. Ed ora non vi scrivo più. Vi scriverò ancora presto, se potrò. Ho tutte le scarpe rotte. E chissà quando arriverà il nostro bagaglio. Ma non importa. Sono vivo e tanto basta. Sono contento che mamma e Maria siano guarite. Anche Lydia è guarita e mi ha scritto. Bacioni cari a tutti. Allegri, che è finita. Bacioni, bacioni cari. Avete spedito la camicia ed i polsini? Se non l’avete ancora spedita, aspettate ancora fin che ve lo dico io.
Gino
UN MIRACOLO AL GIORNO
Germania, Scandinavia: l’altra metà della gita in bici Catania - Capo Nord
I
di Stefania Valsecchi (Steppo)
n direzione Monaco è un continuo sali scendi-salisali-scendiscendi e intanto che i nuvoloni minaccio-
si si avvicinano vedo a bordo strada
in un punto panoramico un’auto targata BG: toh! I cugini bergamaschi. Picchio giù la frenata, attraverso di slancio la corsia senza neanche guardare se arriva qualcuno, li raggiungo urlando:”Ciao amici, siete di Bergamo, che bello! io sono di Lecco”. Pausa di silenzio, poi lui fa: ”Bitte Fraulein?”. Osti, BG allora cos’è? Chiedo sorry ridendo e via a pigliar pioggia fra pascoli, mucche dormienti, odor di crauti e... pioggia, pascoli, mucche dormienti, odor di crauti. In “Krautilandia” trovo uno spicchio di godevole italianità in casa di una coppia di amici che vivono lassù e mi ospitano per cena e notte con entusiasmo straripante: non capita spesso che i vecchi amici li vadano a trovare; molto più facile che loro tornino in Italia per le vacanze. Ciclabili teutoniche A dire il vero, dopo aver fatto questo viaggio da molto giù, fino molto su, alla punta di terra europea più a nord, capisco perfettamente perché un numero così elevato di stranieri si riversa in Italia nelle vacanze non solo estive. Si certo, sapevo già che la nostra terra offre varietà e bellezze paesaggistiche,
58
Escursionismo
storiche, culturali, architettoniche, cu-
dopo che i Vigili del Fuoco rimuovono
linarie e un clima assai favorevole, ma
il cadavere. Non so spiegarvi il moti-
non ero cosciente che tanta parte del
vo di tutto questo dispiegamento di
resto d’Europa offrisse così poco.
forze per il cinghiale, ma so che verrà
Dopo i primi 2 giorni in Germania,
sezionato e analizzato diligentemente
scopro che le ciclabili teutoniche così
per trovare eventuali contaminazioni
celebri da noi perché uniscono tutta
radioattive, ostrega.
la nazione permettendo di pedalare
Procedendo nelle tappe in Baviera,
in totale sicurezza e libertà, sono una
mi chiedo: ma com’è che hanno un
grande bufala. Non è vero, non ci sono
solo tipo di formaggio qui? A vederlo
tutte queste strade percorribili in bici,
è esattamente come quello dei gio-
lontani dal traffico. Appena esci dalla
chi per bambini nella bancarella del
città sono tutte sterrate, in più, dopo
mercato: l’immancabile triangoletto di
pochi km, finiscono nel nulla o ti por-
plastica giallo coi buchi. Giuro! Qui il
tano altrove. Alla mia bici da corsa in
formaggio è proprio così, poi lo metti
carbonio, leggerissima e delicata, con
in bocca ed è proprio moplen. Plastica.
le ruotine anoressiche… le si rabbrivi-
Polipropilene. Tutto lo stesso sapore,
discono i raggi, stela lei!
tutto moplen anche se ha nomi diver-
Oltre Monaco, verso Kipfenberg
si. Lo mettono sugli Spaetzle (tipo di
(paesino di 55 anime tra i pini), pedalo
gnocchetti) e sanno di moplen pure
canterina su una bella strada in mezzo
loro.
ai boschi con morbidi sali scendi tipo
In periferia di Norimberga (famosa
bruco-mela; faccio la curva e appare
per i processi ai nazisti) ovviamente
una lunghissima coda di auto ferme a
mi perdo sulle ciclabili sterrate quan-
motore spento; supero cautamente,
do finalmente incontro una rubizza e
arrivo in cima alla coda e scorgo pa-
attempata coppia in bici: la placco e in
recchi uomini con giubbetto arancio-
inglese chiedo informazioni. Lui par-
ne simil-Anas disposti lungo la strada
te in 5a in tedesco - Haine Ghebirche
ogni 50 m. Ognuno imbraccia fiero un
zvassighr birkestok Grosse Kreuz - e
gran fucilone: oddio, se sucet? Non
coi due indici fa il segno di una croce.
mi fanno passare neanche con la bici
Un incrocio! Si ho capito. Peró adesso
quindi attendo 15-20 minuti poi uno
un attimo che giro la ruota e com-
di loro mi dice di andare lentamente
pro due vocali, se no ragazzi è dura
tenendo la corsia di sinistra. Procedo
intendersi. Lui appoggia la bici sul ca-
guardinga e l’occhio allungato scorge
valletto e inizia a disegnare per terra
una sagoma esangue per terra. Oddio
strisciando il tacco destro e intanto:
un’altra volta!
unziker
svanziker
rataplanninghen
Mi avvicino ed è un cinghialone fu-
straikken. Osti, capisco un tubo. Final-
cilato stecchito sull’asfalto. Cacchio se
mente entra la moglie che in inglese
mi pigliava da vivo? Che purissima. Il
mi chiede di dove sono e io: “Italy”.
traffico congestionato riprende solo
E il tizio: “Ma’tte ppossino mazzat-
te...bip, bip,bip... a’ttia, a’ssorrata e a’m-
posso fermarmi da lui.
Gert è un vero gentleman, docente di
mammata”, mi prende una mano, la
Uh, e adess se foo? Alla fine accetto.
lingua Inglese, che appena crede a ciò
mette nella sua in bocca, me la sgagna
Entro in casa sua, perfettamente lustra,
che sto facendo - ci mette quei 20-
e urla: “Io so’dde Napulé!”
tutto precisamente in ordine, pareti
25 minuti prima di capire che non lo
Ahahah troppo euforici tutti e tre.
bianchissime. Ecco, kaiser, ho becca-
sto prendendo in giro – si mette al pc
Lui continua urlando:”E’llevate stu el-
to il maniaco che mi fa a tocchi, mi
e mi aiuta a trovare le strade migliori
mett’”. Io mi tolgo il casco, lui mi piglia
mette in freezer e non lascia traccia
da percorrere lungo la Germania fino
la faccia fra le mani e mi bacia guance
alcuna. Invece niente di tutto ciò, anzi.
all’imbarco a Rostock. Lui è un moto-
e fronte ripetutamente: “eehhh iamme
iaaa”.
Capo Nord dopo 5300 Km
Ecco perché questo buon uomo mi dedicava così tanto tempo con tale gustosa energia: è italiano. Non tedesco. Benedetta Italia un’altra volta. La “Krautilandia” continua, piuttosto monotona nel suo paesaggio, ma ricca di incontri davvero da segnare sul taccuino, come quello a Bayreuth. Voi
tutti
sicuramente
conosce-
te bene questa bella cittadina poiché qui è vissuto Wagner. Bene, arrivo a Bayreuth la sera della Giornata mondiale wagneriana: bello no? Bellissimo, pieno di gente di ogni età che campeggia anche nelle aiuole, la musica del grande autore riecheggia ovunque per strada dagli altoparlanti, tutti felici, tanto entusiasmo. L’unico neo è che non trovo uno straccio di posto per dormire. Ho chiesto ovunque, anche attraverso internet: non un letto libero, nemmeno negli ostelli. Desolata mi riavvio in pedalata che sono le 19,30 per raggiungere il paese successivo a 25 km. Mi fermo a un semaforo rosso, passa un rubizzo tedescone con baffoni, collo taurino, panza sporgente, brachetta corta, sandalo e calzino sui grossi polpaccioni e in inglese gli chiedo se c’è un posto in cui dormire nelle vicinanze. Mi risponde in ottimo inglese che è assai difficile dato il festival wagneriano, ma indicandomi una casa bianca poco avanti, mi dice che quella è la sua casa e se voglio
domenica mattina presto senza colazione, mica mi preoccupo: la faccio al primo bar aperto, qual è il problema? Eh, il problema è che in Germania la domenica è tutto molto kaput, morto, chiuso. Non si muove davvero foglia, non funzionano neanche i semafori fino alle 8,30. Capito? Non esistono centri commerciali aperti, Mc Donald o Burger King che sfornano cibo, cinema che offrono spettacoli, bar che preparano caffè o aperitivi: nulla di nulla, zero, tutto completamente chiuso dalle 12.30 del sabato. Anche i cinesi qui non lavorano di sabato pomeriggio e domenica. Ma si può? A noi ci inculcano che nel mondo si lavora H24 e dobbiamo adeguarci, così le poverette dei centri commerciali e altri locali vengono massacrate anche nelle feste comandate e qui, in Germania, locomotiva d’Europa, non si sa cos’è il lavoro il sabato pomeriggio e la domenica... Off-off. Devo percorrere 97 km per trovare il primo locale aperto: una gelateria ad un incrocio a Schleiz. Hip hip hurrà! Entro, il gelataio sta servendo due coni anoressici a una coppia; termina e io dico subito: “for me a big big ice-
crem, not so little. (Per me un gelato grande grande, mica così piccino)”. Lui arriccia il naso, mi risponde in tedesco, e dai che di nuovo non ci capiamo. Ma memore del napoletano di 2 giorni
Circolo Polare Artico, a 66 gradi di latitudine nord
prima gli dico: “I’m italian”. “No, ma Dio
ciclista quindi sa quali strade è meglio
urla concitato. A dire il vero io avevo
bon, mandi mandi, so furlan”. E’ friula-
evitare e quali consigliarmi. Ma non è
una BMW, tuttavia 2 mesi dopo que-
no. Che spettacolo di domenica mi di-
un motociclista qualunque: Gert è un
sto incontro, a settembre, per il fine
venta. Ci picchiamo un 5, ci stringiamo
Guzzista e non appena gli dico che
settimana di festa della Moto Guzzi, il
la mano, pacche sulle spalle, “ma che
sono di Lecco, lo associa con Man-
mio nuovo amico Gert sarà ospite da
belo che s’è”, e mi tira fuori la cop-
dello e: ”Uaooo, tu Moto Guzzi!”, mi
me a godersi la ricorrenza: ma non è
pa più grossa, la riempie dei gusti che
bellissimo? Si che lo è.
chiedo la ricopre di noccioline tritate
60
Escursionismo
Oltrepasso la Baviera e mi trovo in
e me la regala. Nico ti ricorderò per
Turingia, ex Germania dell’Est: l’am-
sempre: foto con bandierina italiana
biente è un po’ spoglio. Partita una
per l’occasione. Mamma mia che gio-
ia: non volevo più andar via di lì e lui
cione, Salsomaggiore Terme, Lignano
dei passeggeri con saloni e ristoranti
non voleva più lasciarmi andare. Bello,
Sabbiadoro, Taormina… yeeehhh! E dai,
da mille e una notte, mi siedo felice
bello.
tutta un’altra storia, un altro respiro,
in relax. Vorrei dormire un po’, ma mi
no? Gioiosa Italia, io ti amo.
si avvicina un giovane decisamente
Nella Regione Turingia, non avete idea di come balza concretamente la differenza fra ex DDR e Germania
arabo: folta barbona nera dalle basette Obiettivo Svezia
in giù, carnagione olivastra, occhi scu-
ovest. Insalata matta alta fino al gi-
Procedo imperterrita verso nord,
rissimi, espressione guerriera, classico
nocchio sui marciapiedi, buconi per
Rostock è il mio obiettivo, dove mi
copricapo in testa. Mi chiede in inglese
le strade, poi negozi, merce esposta,
imbarcherò per l’ariosa Svezia. Non
se può sedersi vicino a me perché c’è
costruzioni... tutt’altro stile. A par-
vedo l’ora. Lungo le strade germani-
una presa per ricaricare il suo telefono.
te che deve essere rimasto in giro
che non ci sono molti cartelli, anzi, ma
Rispondo “si certamente” in italiano e
parecchio DNA delle nuotatrici DDR
so di essere sulla strada giusta perché
lui si apre in un sorriso e: ”Ciao pic-
anni ‘80 pompate di nandrolone: le
mi superano decine e decine di ro-
cola donna italiana. Di dove sei, viaggi
femmine, anche giovani, decisamente
boanti autoarticolati carichi carichi di
da sola, dove vivi, perché sei qui…?” e
“obesangole” e cilindriche (ma proprio
tronchi di abete e di larice come se
via fluidamente in un ottimo italia-
enormi!), sono molto mascoline anche
non ci fosse un domani: ciao ciao alti
no con gran simpatia. Abdul Hameed
nei tratti oltre che nel modo di fare.
e robusti alberi delle vigorose foreste,
Ahimany, algerino, si rivela un ottimo
Sigaretta pendula dal labbro, piercing e
correte verso il vostro destino! Ben-
interlocutore che rimbalza con non-
tatuaggi ovunque, palpebre semichiu-
venuti lettini, mobiletti, comodini della
chalance dall’italiano, all’inglese, dallo
se, capelli rasati a zero sulle tempie
giallo-azzurra Ikea che si montano
svedese al tedesco fino al francese:
con cresta impomatata che sale per-
col brugolino. Quindi son certa che sto
non un inciampo. Volevo riposare in-
pendicolare blu oltremare, fucsia Winx,
andando verso la Svezia.
vece mi tiene sveglia per 6 ore senza
viola melanzana. Da noi andavano 40
Il giorno prima dell’arrivo a Ro-
anni fa cose così. Io dal basso del mio
stock, prenoto il traghetto per Trelle-
Arriva il momento dello sbarco e
metro e 55 con cosciotti brevilinei e
borg (Svezia): con un po’ di peripezie
l’altoparlante annuncia di avviarsi con
tozziformi tipo Diego Armando Mara-
per sbagli vari di direzione riesco ad
calma al piano in cui ciascuno ha la-
dona, non dico che mi sento la Belen
arrivare al porto appena in tempo e
sciato il proprio automezzo. Eééh?
a passeggiare qui, ma son neanche da
via che sono finalmente sul traghetto.
Come? Perché, quanti piani ci sono?
buttar via.
Fuori piove – in Germania ho preso
Non sono come i traghetti del lago
L’abbigliamento? No quello no, è
parecchia acqua – ma il cielo è azzur-
di Lecco in cui c’è un unico piano?
uguale in tutta la Germania: ti coglie
rissimo dentro di me per la felicità di
Oddio: nello slancio dell’imbarco, non
l’angina pectoris quando vedi pantalo-
uscire finalmente dalla “krautilandia”:
mi ero affatto resa conto che i “piani
ne fiorato multicolor fino al polpaccio,
quasi mi sento arrivata. Anche tutti
autorimessa” sono addirittura 5… e io
maglia a righe orizzontali marroni e
quelli che mi seguono in internet lo
dove diamine ho lasciato la bici? Non
gialle, borsa a losanghe verde bandie-
pensano: non faccio altro che ricevere
ne ho la più pallida idea, perciò parte
ra-verde muschio, ciabattone sopra-
messaggi “brava, ormai sei al capoli-
una caccia al tesoro da cardiopalmo:
elevate in vera simil plastica, calzino di
nea” che confermano il mio pensie-
scendi di uno, guarda a destra, guarda
filanca color pelle fin sopra la caviglia
ro, ma mai sensazione fu più erronea.
a sinistra… solo enormi autoarticola-
con elastico stretto stile laccio emo-
In Scandinavia infatti mi aspetteran-
ti. Scendi un altro: destra-sinistra…
statico. Visualizzata la tipologia? Un
no ancora 13 giorni e mica neanche
solo camper. Scendi ancora: destra-
colpo al cuore no? Angina pectoris.
semplicissimi. Ma via, non mi importa
sinistra, solo auto e roulotte. Scendi di
E poi… cosa vi evocano questi nomi:
nulla: son sul traghetto. Che poi è una
Norimberga, Lipsia, Berlino o Dresda
signora nave da crociera: ci aspetta-
di cui vedo continuamente i cartelli?
no 6 ore e 160 km di attraversata del
Processi, guerre, muri alzati, morti... E
Mar Baltico. Lascio la mia bici in un
quest’altri nomi invece? Rimini, Ric-
certo punto della nave, salgo ai piani
interrompersi un istante.
Escursionismo
61
più: solo auto. Risali di uno e cambia
1250,00 si, ma corone svedesi. Ah,
meabile: altro che le costose borse in
porta: destra-sinistra… oddio, sono già
bene. E quanto fa in euro? Smartpho-
ricercato materiale idrorepellente che
usciti tutti e non vedo la mia bici. Or-
ne alla mano, trovo il “convertitore”
“idrobagna” tutto.
mai tutti gli addetti della nave si son
che mi rimanda 135,00 euro: sempre
L’indomani prendo la bici e pri-
passati per radio la notizia: c’è in giro
tanto, anzi tantissimo per solo dormi-
ma di partire sotto la usuale pioggia
una piccola donna italiana, stordita, in
re e “colazionare”, ma assai meglio di
noto che i pedali sono arancioni. Mi
brachette da ciclista, che parla a raf-
1250,00.
avvicino col ditino per pulirli e ciao:
fica e gira su se stessa, alla ricerca
L’indomani mi sveglio di soprassalto:
arrugginiti completi. Sembrano due
della propria bici. Fortunatamente non
un tuono come un’esplosione e acqua
mattoncini. Ho già preso acqua a ca-
c’è nessun’altra bici sulla nave quindi
a torrenti. No, cacchio, pensavo di aver
tinelle un sacco di altre volte in bici,
dopo una lunga serie di su-giù, de-
lasciato la pioggia in Germania. Vabbé,
ma mai mi è successo ciò. Ci penso su
stra-sinistra, porte primarie e porte
attendo che si acquieti un pochino
e concludo che è stata la salsedine del
secondarie, uno steward mi accom-
e poi intabarrata come per andare al
Baltico: si non c’è altra spiegazione.
pagna ridendo davanti alla mia bici e
Polo, parto a cavallo dell’inseparabile
Nel primo paesello mi fermo ad uno
con fare teatrale la indica con braccio
bici alla quale ormai parlo e chiedo
degli innumerevoli chioschi di salsic-
aperto come fosse l’ospite principale
consiglio come ad una fidata amica.
ce e fritture varie, chiedo una bustina
del giorno annunciandomi: “eccola qui
Tutto intorno nebbia, campi, laghi, di-
di olio da condimento e lo spargo sui
la tua bici, signora! Adesso stai calma,
stese di erba molle di pioggia, asfalto
pedali fregandoli con le unghie: poco
please”. E ride.
lucente che rimbalza acqua, nessuno
ortodosso, ma assai fruttuoso, la rug-
Io presa dall’ansia di rimanere sulla
in giro. Seguo il gps e che la fortu-
gine pian piano sgombera dai miei
nave e tornare in Germania, non l’avrei
na sia con me. Percorro 150 km e poi
pedali.
mai vista neanche se ci sbattevo con-
è talmente tanta l’acqua addosso che
La “Vichinghilandia” mi regala ogni
tro. Siano lodati i gentili steward delle
peso il doppio rispetto alla mattina,
giorno burrascosi acquazzoni o bat-
navi che solcano il Baltico.
perciò nel primo paesello mi fermo e
tente pioggerella con l’acqua che ar-
Alle 23,30 le ruote della mia bici
cerco da dormire. Sempre una salas-
riva da ogni versante: da sopra, da
toccano il suolo svedese: è buio, per
sata i prezzi, ma così è la Scandina-
sotto con la ruota della bici che me la
uscire dal porto accendo la lampada
via: facciamocene una ragione. Entro
ributta addosso sporca, da sinistra con
frontale in testa, faccio zig-zag tra
in stanza, apro la borsa costata una
quei mega-camion che quando mi
camion e caravan, cerco un luogo in
fortuna per le sue doti di comprovata
superano alzano vere e proprie onde
cui dormire e mi tuffo nell’unico alber-
impermeabilità, ci infilo la mano e là
oceaniche. Se avessi il surf sarei già a
go in zona porto. Chiedo se c’è posto
dentro è tutto bagnato quanto fuori.
Capo Nord.
per una notte con colazione e quan-
Diamine. Doccia calda a parte passo
Bavero della giacca in goretex su
to costa. Si c’è posto, costo 1250,00
due ore con phon puntato sui vestiti
fino al naso, casco giù sugli occhi che
Eéééhh? 1250,00 euro? Ma sei fuori
e dentro le scarpe per asciugare tutto:
guardo fuori dai buchetti del visieri-
di testa? Va bene che sei l’unico al-
mi fermo solo quando il phon, deva-
no, cappuccio sopra il casco se no mi
bergo, è quasi mezzanotte e ci ca-
stato da tanto lavoro, si fonde nelle
passa giù il Niagara dal collo, occhiali
diamo dentro tutti, ma approfittarsene
mie mani. Ops.
perennemente appannati. Scorgo bol-
così, mannaggia. Certa di aver capito
Esco e vado al supermercato a
licine uscire dalle scarpe. Ma cos’é? Le
male, mi faccio scrivere l’importo. Sul
comprare qualcosa da mangiare e alla
bollicine diventano schiumetta. Noooo,
foglietto appare 1250,00. Ostrega. E
cassa, diversamente che in Italia, mi
non è possibile! Ahahah, rido da sola,
mentre mi chiedevo che fare, mi si il-
danno delle colorate borse di plastica
che mi devo fermare se no cado e
lumina l’unico neurone ancora in vita:
rinforzata, gratuite: caspita queste si
capisco l’arcano. La sera quando lavo
che sono antipioggia! Ne chiedo 4 o
tutto, non è che sto lì a sciacquare
5, infilo tutto il mio vestiario in que-
tanto: L.S.S., lavo, strizzo, stendo. E
ste e per 13 giorni piovosi mi faranno
quello che sta uscendo dalle scarpe
da ottimo scudo realmente imper-
è il sapone rimasto abbondante nelle
62
Escursionismo
Il vento a 100 km l’ora mi butta a terra ma non mollo il gonfalone della nostra città, Lecco
calzette. Bello no: una vera S.P.A. Sudo
più in sicurezza; invece tra i mezzi che
con scolobrosi a placche stavolta… Ma
Profumando Anche! Che ridere.
mi superano sfreccianti ed il guardrail
finalmente la pioggia diminuisce e in-
Una cosa che non mi aspettavo è
dove mi potrei affettare se ci andassi a
tanto sento un camion fermarsi. Esco
che anche quassù non ci sono stra-
sbattere, ci sono giusto 60 centimetri
dal “cessetto” e un camionista che
de alternative alle 2 superstrade con
e vengo sventolata ad ogni passaggio,
stava per entrarci si stupisce nel ve-
3 corsie dove i mezzi viaggiano come
simil tromba d’aria, che davvero fatico
dermi. Mi stupirei anch’io. I camion,
fulmini ovviamente. Due grandi “arte-
a tenere in carreggiata il mio veloci-
sono due, due grossi autoarticolati
rie” che partono da sud e salgono al
pede. In un momento di intenso tem-
battenti bandiera russa. Vado da quel-
nord: una all’interno della nazione, l’al-
porale simil sciacquone del water che
lo che non è a far pipì e gli chiedo
tra sul litorale. Non appena abbando-
ti porta via nel gorgo, intravedo un’a-
dove sta andando: non capisce asso-
no la superstrada, nella quale peraltro
rea di stop e mi ci infilo praticamente
lutamente nulla, in nessuna lingua, ma
non potrei stare in bici, mi ritrovo nello
nuotando; c’è una minuscola casetta,
io capisco che, gesticolando e parlan-
sterrato: non c’è asfalto fuori di qui.
mi avvicino: è un gabinetto. Va benis-
do russo, lui mi chiede se ho freddo. Si
Credo sia perché col gelo del lunghis-
simo anche il gabinettino per ripararsi
usti, tanto! Lui apre l’abitacolo, mi dice
simo inverno tutto si spacca più facil-
un attimo. Ci entro, senza bici ovvia-
(sempre a gesti e parlando russo) di
mente e la manutenzione sarebbe co-
mente, che non ci sta. Grondo acqua
salire se voglio - io resto un po’ li, ma
stosa. Ma è solo quello che penso io.
come sotto la doccia, sento la poggia
lui biondino giovane ha proprio una
In superstrada ci sono le tre corsie di
mitragliare sulla lamiera e semplice-
marcia, ma non c’è ombra della cor-
mente spero che smetta al più presto.
sia di emergenza. Altro che civilissima
Mi vien la pelle di cappone dal freddo:
Svezia, ci fosse quella pedalerei un po’
se non prendo una bronco-polmonite
Escursionismo
63
faccina angelica - salgo; lui prende una valigetta nera da uno sgabuzzino dietro i sedili (ci sono anche i letti dietro ai sedili), ne tira fuori una piastra, ci mette sopra un bollitore bianco pieno d’acqua, accende la piastra che scopro essere un fornello a induzione e dopo pochi minuti ho in mano una tazzona di tè stra-bollente con dolci ciambelline russe. Mai perdere la speranza. Anche l’altro camionista arriva a bere il tè: lui è proprio cosacco-asiatico. Ben stazzato, capelli scuri, faccia grossa tonda e un po’ schiacciata, gote alte e larghe, occhi allungati quel tantino. Loro sono nei 45 minuti di pausa obbligatoria dopo quelle tante ora di guida: grazie a Dio li ho beccati proprio io, proprio qui e adesso. Il té bollentissimo è una manna. Ma intanto non smette di piovere. Tra gesti e parole guardiamo sulla cartina dove vanno loro e dove vado io e ci intendiamo: bici caricata, Steppina salvata. Gli ultimi 15-20 km li faccio a bordo di questo mastino della strada col biondo russo Alexandr. Ci sta, un passaggio sul camion russo dentro la pioggia, eccome se ci sta nell’attraversata d’Europa “Catania-Capo Nord”: aiutati che il ciel t’aiuta, questione di sopravvivenza-provvidenza e arrangiarsi come si puó. Da Babbo Natale All’indomani di questo incontro decido che di Svezia ne ho abbastanza: Finlandia arrivo. Passo il confine tra l’una e l’altra e mi ritrovo ipso facto in Lapponia: me la immaginavo più a nord. Sono già oltre Rovaniemi, paese
64
Escursionismo
Fioritura di eriofori tra i fiordi Sotto: renne in Finlandia
di Babbo Natale: pure lui me lo im-
E intanto appaiono dal bosco le
maginavo più a nord, mannaggia. Qui
renne, tante renne e si mettono sul-
mancano ancora 730 km a Capo Nord,
la strada: simpatiche, saltellanti, scu-
capperi, non può essere così al meri-
lettanti, cloppete-cloppete le renne
dione Babbo Natale. Intanto che pen-
mamme, clippete-clippete i rennini
so questo mi ritrovo cartelli gigante
bambini che le seguono. Ma che belle!
e alti archi sopra la strada che indi-
Che “serenitudine” comunicano: li as-
cano “Napapjiri”, Circolo Polare Artico.
soci immediatamente a Babbo Natale
No, ma come? Anche tu così a sud?
e tutto è subito tranquillo. Il cielo è bi-
Quasi non mi capacito, eppure sono
gio e grigio, la pioggerella non dà tre-
esattamente sul parallelo del Circolo
gua e si procede. Ogni 200 m cartelli
Polare: latitudine 66°. Devo arrivare a
triangolari di “attenzione alle renne” e
Capo Nord: latitudine 71°. Son partita
le renne stesse che trotterellano lungo
da Catania: latitudine 37°. Che faccio:
la strada. Arriva sera e più che laghi ed
li gioco al lotto?
alberi non vedo. Attorno ai laghi: pa-
direi di no: steppa significa “secca” e qui non c’è nulla di secco, c’è acqua ovunque e io non sono secca. A 100 km da Capo Nord vento e freddo imperversano e finalmente vedo un benzinaio con annesso ristobar. Entro, prendo qualcosa di caldo e vado in bagno. Esco dal bagno e sento parlare italiano: zac! Mi parte l’embolo: ”italiani, dove siete italiani? Anche io sono italiana! Chi siete, da dove venite, dove andate?”. E salta mica fuori che è un pullman di lombardi? E salta mica fuori che la metà di loro è dei dintorni di Lecco? E una è la nonna di un mio ex alunno, e l’altra è la zia di una mia amica, e quello il vicino di un cugino. Spettacolo di gioia, li bacio tutti e tutte, uno ad uno, li abbraccio, li accarezzo, parlo e canto come in preda a una visione diretta del Paradiso, stringo le mani e sorrido, anzi rido. Ma che gioia grande. Scattiamo foto tutti insieme e poi altri baci che devo ripartire per Capo Nord: oggi ci arrivo. Anche la Norvegia ad un certo punto del viaggio infatti termina; o meglio termina la terraferma e lascia il posto al Mare Artico che sta lì in tutta la sua freddezza ondosa. Sbucano doppi ar-
Tramonto a Capo Nord Sotto: Nord Norvegia, fiordi e case tipiche
cobaleni che lo rendono meno cupo,
ludi. Finalmente verso le 19.00 mentre
rante la notte io abbia bisogno. E dai,
si sta rimettendo a piovere vedo un
a me va bene e quella notte là da sola,
chiosco: mi fermo, entro, ci sono tre
nel nulla, a bordo lago, nel chioschet-
siriani che vendono generi alimentari
to dei siriani dormo come una regina.
e gelati. Bene è già qualcosa. Chiedo
Sveglia alle 5: splende il sole, è meravi-
se c’è da dormire in zona e mi rispon-
glioso. Limpido e frizzante tutt’intorno,
dono: “no, niente per 30 km”. Accavoli,
mi corrobora; salto in bici e via a gira-
altri 30 km? Ma non posso dormire
re le ruote: oggi si entra in Norvegia e
qui, non mi ospiteranno questi siria-
Capo Nord si avvicina. La natura si fa
ni? Chiedo sorridente e… mi dicono di
rada, gli alti e voluminosi abeti si ab-
si. Ma dai che bene. Aggiungono che
bassano via via a diventar cespugli, poi
loro non dormono li, quello è solo il
più neanche quelli: abbandono la Tun-
chiosco accanto al lago, però io posso
dra ed entro nella Taiga che quando
fermarmi, si fidano e mi danno pure
le studiavo a scuola erano associate
il loro recapito telefonico in caso du-
alla Steppa. Steppo nella Steppa? No,
ma quando il cielo si copre fa davvero un po’ paura. Procedo raminga, nessuno all’orizzonte nè alle spalle. Tra una casa con barchetta e l’altra ci stanno 30 km: ma cosa fanno quassù i viventi? E mentre mi pongo ’ste domande un po’ stupita, mi appare un buco nella montagna che ho di fronte. Non c’è alternativa: o buco nella montagna o mare. Osti. Fuori dal buco c’è
Escursionismo
65
il cartello della sua lunghezza: 7.000 metri. Ri-osti. Mi fermo, metto i piedi a terra, mi guardo indietro: ho saltato qualcosa ? Non ho visto un bivio? Studio attentamente il gps: no, tutto giusto e non ho alternative: tunnel di 7 km sotto il mare e sbuchi sull’isoletta dove si trova Capo Nord. Mizzega, non mi piace. Mizzega: mica ho fatto 5250 km per fermarmi a 50 km dall’arrivo. Via si va sotto il mare in bici: prima volta! Il tunnel parte con una discesona di un km: e già, se dobbiamo inabissarci mica può salire. L’asfalto
Fiordo norvegese
è sporco, unto e scivoloso, le eliche dell’aerazione fanno un frastuono assordante; diventa buio, tolgo gli occhiali: dove li metto, non mi posso fermare, che paura; li metto in tasca e intanto che penso, speriamo di non perderli… tac-tic-crack eccoli già caduti, ma io sono in velocità in discesa mica mi fermo: ciao ciao occhialetti che mi accompagnate da Catania. Che peccato. Vabbè, tieni il manubrio e pensa a non cadere tu che è meglio. Poi d’improvviso parte la salita secca come una fucilata: 6 km all’11 per cento, dentro la galleria, sotto il mare e ti superano camper, auto in velocità, camion. E respiri nero. Capo Nord Quando finalmente sbuco dall’altra parte all’aria aperta tiro il fiato, ma, svuuummm, una legnata di vento mi sbatte a terra: fortuna stavo già staccando i piedi dai pedali per fermarmi se no vedi che patatrac. Resto lì a terra sferzata dal vento, un zic attonita a chiedermi che diamine è successo, ma le folate son così potenti che senza
66
Escursionismo
i famosi occhiali persi all’imbocco del
di procedere tra una sbandata e l’altra,
tunnel devo ripararmi gli occhi con le
una delle quali mi fa girare di 90 gradi
mani, tirarmi da parte e prendere gli
mettendomi in vista di un arcobaleno:
occhiali di riserva: fortuna che li ho
oh toh va che bel. Se c’è l’arcobaleno
perché proprio adesso sarebbe sta-
è perché piove; si ok c’è pure il sole,
to un guaio rimanere senza. E’ della
ma piove. Io sto procedendo inclinata
donna previdente non mancare mai di
di lato, cioè non sono più perpendi-
niente. Mancano solo 30 km circa alla
colare all’asfalto, no no, impossibile. Il
meta: mica può succedere qualcosa
vento soffia da sinistra talmente forte
adesso, no? Ma siccome sono abituata
che mi ci devo appoggiare e appunto
a prendere batoste proprio allo scade-
procedo con simpatica inclinazione.
re del 90°, vediamo di non far capitare
Decido di scendere definitivamente
nulla. Riparto in bici e qualche km più
dalla bici: troppo pericoloso con an-
avanti la strada s’impenna e inizia la
che auto, caravan, moto che passano.
salita con continui enormi tornanti; mi
Quando le raffiche son troppo forti mi
inerpico a sbalzo su un lungo fiordo;
devo fermare e schiacciarmi per ter-
attorno a me vento e mare, raggi di
ra, bici compresa. Oh ma stai a vedere
sole e nubi, pioggia e arcobaleni: sem-
che dopo 5396 km non riesco a fare
bra di essere in quelle pubblicità delle
gli ultimi 4 e mi porta via l’ambulanza!
auto di lusso in paesaggi meravigliosi
Tiéh.
che pensi non ti accadrà mai di vedere. Invece ci sono immersa. Il vento è più ululante di prima; le nubi scaricano colonne d’acqua sul
Bici al fianco destro, mano sinistra serrata sul manubrio, mano destra stretta sul sellino: via guardinga che si arriva, a piedi ma si arriva.
Mare del Nord, fortuna non su di me.
Neanche il tempo di finire il pensie-
Ogni tanto scendo dalla bici che fac-
ro che arriva l’urto del vento, un col-
cio prima. Il mare si insinua in lunghi
po secchissimo: la bici si alza come
fiordi, tutt’intorno laghi e pascoli ver-
una bandiera, lo giuro, mi strappa le
dissimi.
braccia e mi vola via dalle mani: lei
Mancano 5 km alla fine e io cerco
cade un metro davanti a me, io cado
e liberatosene me lo ridà sorridente. Io lo stringo di nuovo, vado faticosamente al monumentale globo in ferro, simbolo di Capo Nord. Alzo di nuovo il gonfalone, mi faccio filmare dalla olandese di Catania mentre urlo: “Vi ringrazio tutti, senza la vostra compagnia quotidiana non sarei mai arrivata fin quassù!”. E nella gioia estrema del momento, mi luccicano gli occhi. Non lasciamoci tentare dall’idea di non farcela. Non lasciamoci convincere dalle difficoltà o dagli altri a lasciar perdere.
Tramonto a Capo Nord
Non permettiamo alle nostre paure a pancia sotto e braccia larghe come
continua a riprendermi e mi sorride.
una pelle di zebra davanti al camino:
Va beh, almeno non son sola.
patapum. Che botta. Sento rumore di
Passa una macchina con due ragaz-
metallo infranto: nooo la bici. Ah no,
ze, vedendomi in difficoltà una scende
è solo il cellulare che è caduto fuo-
e in inglese mi dice che mi aiuta; in
ri dalla custodia e si è aperto in tanti
inglese dico “si grazie”; in due tenia-
pezzi. Mi rialzo a fatica sempre perché
mo la bici urlandoci cose in inglese in
il vento è tuonante, ripiglio la posizio-
merito a questo tempo, poi mi chie-
ne con bici al mio fianco e procedo
de, in inglese, da dove sono partita e
con passo laterale, dando le spalle al
quando dico da Catania, lei fa: “Ma io
vento e standoci come seduta sopra:
vivo a Catania!” E’ olandese, sposata a
sembra che vada bene. Lenta len-
un catanese: partita da Catania arrivo
ta, passo laterale dopo passo laterale.
a Capo Nord accompagnata da una
Arriva un’auto, passandomi alle spalle
olandese abitante di Catania. Bellis-
mi toglie per un attimo il vento e io...
simo, roba da non crederci, invece è
sbadabam! Caduta all’indietro con bici
vera e bellissima.
addosso e pedale che mi pugnala lo
E dai e dai, fra una caduta e l’altra,
stinco. Nell’altra caduta ho sbucciato il
ci impiego un’ora solo per gli ultimi 5
ginocchio sinistro, adesso mi sanguina
km ma finalmente dopo 29 giorni e
puro lo stinco, ma sto bene, sto bene.
5300 km vedo l’artico davanti a me e
Continua Ste, non mollare.
il globo in ferro simbolo di Capo Nord.
Mi rialzo sempre a gran fatica e ri-
Immediatamente tolgo dallo zai-
comincio. Intanto c’è un biondo nor-
no, l’unica cosa che non ho mai tol-
vegese su una Volvo scura che con-
to in questi 29 giorni: il gonfalone di
tinua a fermarsi poco più avanti di me,
Lecco. Lo alzo e sventola irrequieto,
scende dalla macchina e mi riprende
vorticoso in questo frustante vento
con grossa telecamera, quando lo
che me lo ruba di mano e vola via:
passo mi ripassa e rifà uguale: oh bel
fortunatamente sbatte dritto addos-
vichingo ma dammi una mano che il
so ad un grosso signore tedesco che
cinema lo facciamo assieme no? No
ne rimane avvolto come una mummia
di prendere il posto dei nostri obiettivi. Cominciamo ora. Ogni giorno ha il suo miracolo per chi sa darsi da fare. Foto di Stefania Valsecchi
Escursionismo
67
MARI & MONTI
I
di Claudio Santoro
l Parco Nazionale del Cilento con i suoi 1810 km quadrati di superficie, dal 1998 è stato riconosciuto pa-
trimonio dell’UNESCO ed è uno splendido mix di mare, montagne e cultura. Il Parco è stato l’incantevole scenario per la “settimana azzurra” trascorsa dall’8 al 15 settembre dal GEO (Gruppo
Età d’Oro) del CAI di Lecco. Un gruppo di 50 persone ha partecipato alle intense giornate, sapientemente organizzate e coordinate dal GET (Gruppo Escursionistico Trekking) del Vallo di Diano. Il mare ha offerto il meglio di sé con le stupende spiagge della Molara, di Cala Bianca, di Pozzallo, di Marcellino e del Troncone, alcune raggiungibili solo dal mare; le uscite in barca hanno consentito ai partecipanti di scoprire la ricca costa e le numerose grotte che la caratterizzano. Non sono mancati i bagni di mare e i momenti per godere del sole ancora estivo. Il versante culturale è stata soddisfatto con visite guidate al sito archeologico di Paestum e alla Certosa di Padula, siti patrimonio dell’UNESCO, e all’Oasi WWF del fiume Bussento; la parte montana con escursioni sul Monte Bulgheria (1224 m) e sul Monte Cervati che con i suoi 1899 metri di altezza è il tetto della Campania. Dalla
Geo
cima delle montagne si è potuto go-
terra. Ci sono state anche due serate
dere di un panorama che comprendeva
trascorse in allegria con esibizioni di
ben tre regioni: Campania, Basilicata e
pizzica e tarantella guidate dall’appas-
Calabria.
sionato Giuseppe e di immortale musica partenopea a cura di Silvano e di
Nella giornata del 3 settembre non è mancato il momento del ricordo di
Sergio che hanno saputo coinvolgere tutti i presenti.
Marcello Sellari, il presidente del GEO scomparso un anno fa, celebrato con
Un ringraziamento va al presidente
sobrietà e raccoglimento nella chieset-
Agostino Riva che ha saputo condurre
ta di Scario.
la brigata, coadiuvato dalla infaticabile segretaria Ambrogina Farina. Non da
Una settimana fitta di impegni e in
ultimo un grazie a Giancarlo Priante,
alcuni casi anche di fatica, ma di soddi-
Maria Pia e Gianvito del GET Vallo di
sfazione per il gruppo che è stato ripa-
Diano che hanno organizzato la logi-
gato dalla buona cucina mediterranea
stica delle giornate, assistite da un me-
locale a base di prodotti di mare e di
teo clemente ed estivo.
Sopra: a Paestum. A sinistra dall’alto: da Ciolandrea in partenza per il sentiero delle capre; a Bulgheria. Foto di Claudio Santoro.
LE 52 GALLERIE
Il gruppo all’Ossario del Pasubio. Foto di Angelo Maggi
di Claudio Santoro
L
o scenario del Pasubio con l’impervia strada delle 52 gallerie, è stata la location di una “due
giorni” (26 e 27 giugno) per un gruppo di 26 iscritti al GEO (Gruppo Età d’Oro) del CAI di Lecco.
tre del Pasubio segnarono pagine di
e aperto la via del ritorno verso casa
valore e di eroismo.
al gruppo, in quest’occasione capitanato da Michele che ha organizzato
Armati di frontalini e di buona lena, sostenuti da condizioni climatiche favorevoli, i seniores hanno raggiunto il rifugio dedicato al generale Achille Papa, dove per i più volenterosi è stato
L’escursione ha avuto come prima meta il rifugio Papa, sito a 1928 metri sul livello del mare. L’itinerario per raggiungerlo, oltre che affrontare mille metri di dislivello, prevede l’attraversamento di 52 gallerie scavate nella roccia dai nostri soldati nel corso della Prima Guerra Mondiale, là dove le pie-
Geo
magistralmente l’escursione.
possibile, aggiungendo altri 300 metri di dislivello, raggiungere la Cima Palon con i suoi 2232 m. Dopo una buona cena e una nottata di riposo presso il rifugio, la via del ritorno ha previsto la discesa attraverso la Strada degli Eroi che ha regalato immagini di rara bellezza. Una visita all’Ossario del Pasubio, dove riposano i resti di oltre 5mila soldati italiani, ha concluso la “due giorni”
In uscita da una galleria
Escursioni e cultura di Claudio Santoro
prima fermata è stata a Gradara, con
guidato il gruppo alla scoperta delle
una visita allo splendido castello che
mura cittadine e ad angoli meno co-
a magnifica città marchigiana
fece da scenario alle vicende di Paolo
nosciuti, ma non di meno apprezzabili.
di Urbino e i suoi dintorni sono
e Francesca, immortalate dai versi di
stati la meta di un gruppo di
Dante Alighieri.
L
Ospitati con cura in un hotel del
35 partecipanti alla “settimana verde”
La parte escursionistica ha riservato
centro si è avuto modo anche di as-
estiva, organizzata dal GEO (Gruppo
delle uscite alla Riserva Naturale delle
saggiare le prelibatezze gastronomi-
Età d’Oro) del CAI di Lecco.
Gole del Furlo, una visita alle stupen-
che delle Marche.
de Grotte di Frasassi e ai Monti delle Dal 3 al 9 giugno, grazie a condizio-
Cesane.
Un ringraziamento particolare al CAI di Urbino e al suo Presidente Fa-
ni meteo tutto sommato clementi, le
La parte culturale ha compreso una
bio Duro, nonché a Daniele Sacchi che
giornate sono trascorse in un grade-
visita alla città di San Sepolcro, così
ha guidato e accompagnato il gruppo
vole mix di escursioni e di visite cul-
cara a Piero della Francesca, oltre a un
e ad Ambrogina del GEO che, con la
turali che hanno riempito le giornate
trekking urbano alla scoperta di Urbi-
sua rinomata capacità organizzativa,
del gruppo guidato dal suo presidente,
no e del suo Palazzo Ducale.
ha contribuito in modo determinante
Agostino Riva. Durante il viaggio di andata una Nei dintorni di Urbino. Foto di Agostino Riva
all’ottima riuscita della “settimana verGiuseppe e Maura hanno inoltre
de”.
DANIELE CHIAPPA 10 ANNI DOPO di Alberto Benini e Pietro Corti
generale Sergio Ainardi, pilota e poi
tivo di prima ascensione con Daniele
comandante del nucleo di elicotteri
Chiappa e Cesare Mauri. Proprio que-
idea di dedicare la serata di
SAR (Search And Rescue) di Linate. Il
sti ultimi, andarono poi nella sua classe
sabato 22 settembre 2018, e
suo racconto ha delineato con grande
per ragionare sull’episodio, che aveva
un’appendice pomeridiana la
efficacia la fase pionieristica di un’e-
creato grande impressione in città.
seguente domenica, a Daniele Chiappa
voluzione, stimolata reciprocamente
Parte da lì il suo percorso di avvicina-
a dieci anni dalla sua morte, ha volu-
da soccorritori e piloti militari. Ainardi
mento al Soccorso. Piatti ha rivendi-
to essere innanzi tutto un momento
ha concluso il suo intervento con l’im-
cato con giustificato orgoglio le molte
“utile”, non solo celebrativo. Utile ap-
magine degli occhi del Daniele: “occhi
cose fatte con Daniele in quella fase di
punto a misurare il cammino fatto e
speranzosi” in cui stavano insieme, nel
grande creatività e di costante spinta
–ci si augura- a continuare sulla via
chiedere qualcosa in più per il Soc-
verso il miglioramento. E ha ricordato
del nuovo e del meglio, com’era nello
corso Alpino, desiderio e rispetto.
la pronta applicazione di Daniele alla
L’
Gli ha fatto seguito il dottor Mario
realizzazione di attrezzi o di procedu-
Molto nutrito appariva a prima vi-
Landriscina, inventore dell’elisoccorso
re per migliorare il lavoro e l’efficacia
sta il parterre di sabato sera, nella sala
e del 118 comaschi e attuale sindaco
degli interventi.
della Confcommercio di Lecco, ma
di Como, che con un intervento pun-
Due storici volontari Bebo Fazzini e
lo svolgersi della serata ha mostrato
tuale ha collocato la figura di Daniele
Sandro Pellegata, profondamente legati
come tutti gli interventi si incastras-
nell’ambito della nascita dell’elisoccor-
entrambi a Daniele e suoi strettissimi
sero fra loro, restituendo l’immagine di
so medico comasco e poi dell’intero
collaboratori, hanno raccontato le loro
anni di grande crescita per il Soccorso
sistema 118, ma dal quale traspariva
vite di “vittime dell’uragano Daniele”,
Alpino italiano, certo non per esclusivo
la commozione che gli ha ispirato, in
delle sue capacità organizzative, del
merito di Daniele (basti fare i nomi di
conclusione, l’appello rivolto a quanti
suo saper andar contro a tradizioni
Pino Negri e Giancarlo Riva) ma anche
in sala, ed erano molti, hanno vissuto
consolidate per stravolgere un assetto
per il suo grande desiderio di costante
quegli anni:
“Non perdiamo questi
territoriale della XIX Delegazione del
miglioramento.
momenti. Ci appartengono e ci ar-
Soccorso Alpino che andava ripensato
Lo spazio ci impedisce di ripercor-
ricchiscono e, senza deliri, ci fanno
e progettato, non sulla base di cam-
rere la cronaca della serata e ci scuse-
sentire immortali nella amicizia e nella
panili, ma su quella delle reali esigenze
ranno i relatori se dedicheremo spazi
fratellanza delle scelte interiori. Delle
operative. Fazzini ha ricordato l’arrivo
non sempre proporzionati alla sintesi
nostre passioni, dei nostri ideali, delle
improvviso di Daniele a casa sua per
degli interventi.
cose per cui vale la pena vivere, im-
affidargli un incarico. E la sua sensa-
pegnarsi, soffrire, gioire. Esattamente
zione derivante dal trovarsi in casa
Dopo gli interventi delle autorità ed
come ognuno di noi, alla sua maniera
un uomo del Cerro Torre: “come se
una slide show (curata da Roberto
ha fatto con i migliori amici della vita”.
in casa di un tifoso juventino entrasse
Chiappa) dedicata al soccorso alpino
Il dottor Luigi Piatti, storico medi-
quando questo veniva svolto pratica-
co del soccorso lecchese, ha ripreso
Pellegata ha raccontato invece una
mente senza attrezzature specifiche,
il filo di vecchi interventi di soccorso,
telefonata di Daniele, reduce dalla Re-
salvo la barella, ha preso la parola il
richiamando alla memoria l’episodio
pubblica Dominicana, dove aveva pre-
della morte di Marco Crippa (nel 1975),
stato assistenza ad un campionato di
suo compagno di Liceo, sulla Parete
parapendio, constatando in un villag-
Rossa del San Martino sopra Lecco,
gio la mancanza di un’ambulanza: “Ho
mentre stava effettuando un tenta-
due cose da dirti. La prima è se riesci
stile di Daniele, Ciapìn.
Appuntamenti
inaspettato Cristiano Ronaldo”.
a trovarmi un’ambulanza da mandare là e l’altra che ho un tumore ai reni”, sottolineando come l’innata generosità del Daniele l’avesse portato ad anteporre la richiesta di aiuto per persone lontane, a un’informazione di non poco conto (come si rivelò pienamente in seguito) relativa alla sua salute. Giorgio Spreafico (giornalista di lunga carriera) ha invece narrato, con una efficace metafora di altri “salvataggi” operati da Daniele: la restituzione della memoria di Claudio Corti dopo gli ingiusti strascichi della vicenda della Nord dell’Eiger, il suo lucido spendersi per veder riconosciuta ai Ragni di Lecco la prima ascensione assoluta del Cerro Torre e il suo contributo alla creazione di MOdiSCA (MOntagne di SCAtti), il primo archivio delle memorie alpinistiche lecchesi. Nell’intervallo, il fascino dei tamburi giapponesi di Tobia Galimberti ha supportato la voce di Giorgio Galimberti nella suggestiva lettura “scenizzata” di un brano del libro di Daniele Nell’ombra
della luna. Storie di Soccorso Alpino (2008), che ha trasportato i presenti ad una sera nebbiosa del novembre 1989 per narrare un intervento di soccorso “sui generis”: l’arrivo a Lecco in elicottero di una equipe di medici padovani per un espianto di organi, con l’assistenza all’atterraggio “a vista” svolta dal Ciapìn ed il loro rocambolesco trasporto all’ospedale sulla ondeggiante R4 di Daniele. Come tutti i racconti (orali o scritti) del Ciapìn, anche questo non ha mancato di colpire per la sua grande efficacia, fatta di suspense e coinvolgimento, venati da un filo di umorismo. Dalla terrazza del rifugio Sciora Daniele studia il tracciato della Bramani alla Pioda di Sciora Sotto: Daniele in arrampicata sul granito della Bregaglia
Sulle cime del Torre Daniele con il gagliardetto dell’UGE (Unione Giovani Escursionisti)
La seconda parte è stata introdotta
a soccorrere le persone, dando loro il
si affannavano per mettere in salvo
da un filmato di Franco Lozza dedica-
meglio, avremo ben meritato dall’u-
uno scalatore gravemente ferito e
to all’oggi del Soccorso Alpino.
manità”.
che non sarebbe sopravvissuto a un
È toccato a Mario Milani, altro me-
Sandro Pancani, ha esordito rac-
trasporto via terra. Le nubi si stavano
dico di punta del Soccorso Alpino,
contando di essere stato contagiato,
richiudendo e l’unica cosa possibile da
riprendere il filo del discorso, eviden-
lui giovane pilota, dalla passione di
fare sarebbe stata calare il gancio del
ziando la capacità di collante esercitata
Daniele per il soccorso. Proseguen-
verricello “nel nulla”, sapendo che la
da Daniele, la sua abilità nel caricare di
do ha spiegato il merito di Daniele
squadra sottostante vi avrebbe pron-
entusiasmo e mettere in relazione fra
nell’avere intuito che qualcosa dell’e-
tamente assicurato barella e medico.
di loro le persone invitandole a con-
sperienza del lavoro aereo poteva
E così fu: una manovra fulminea e un
dividere le diverse esperienze, come
servire per l’elisoccorso, sottolinean-
veloce tuffo verso l’ultimo angolo di
avvenne (specie con Gianni Beltrami)
do che se oggi possediamo una delle
cielo ancora libero per portare in salvo
quando le tecniche di soccorso in
reti di elisoccorso fra le più avanzate
il ferito.
montagna cominciarono a beneficia-
al mondo, ciò deriva dall’aver lavorato
Maurizio Volontè, attuale respon-
re della contaminazione con quelle di
moltissimo sull’addestramento comu-
sabile del 118, ma all’epoca medico
derivazione speleologica. Costanza e
ne fino al conseguimento di una cieca
di elisoccorso, ha aggiunto al quadro
capacità, slancio verso il futuro, sem-
fiducia fra equipaggi di volo e squa-
delle mille attività di Daniele anche
pre orientate a fare di più, perché, ha
dre a terra. Fiducia esemplificata nel
quell’oscuro, ma prezioso lavoro di
concluso Milani citando uno dei padri
racconto di un intervento sulla Cresta
segreteria, svolto al computer fra un
del Soccorso Alpino, Vittorio Steni-
Segantini in Grigna Meridionale, al li-
intervento e l’altro. Lavoro rivolto a
co “se sapremo esser sempre pronti
mite dell’oscurità e con la nebbia che
far affiatare una compagine tecnica,
si stava “mangiando” velocemente la
assicurando una corretta comunica-
cresta. Un’insignificante schiarita gli
zione verso l’esterno, organizzando
aveva consentito di arrivare sopra le
percorsi formativi che coinvolgevano
squadre, che per tutto il pomeriggio
tutto il personale. Il tutto sintetizzato
Appuntamenti
Presidente del Soccor-
cende sono narrate nelle schede della
Sabato 22 settembre 2018 ore 21.00 Sala Confcommercio Piazza Garibaldi, 4 - Lecco
so Lombardo, è toccato
Casa Museo di Villa Gerosa.
Saluto del Sindaco di Lecco Virginio Brivio
il compito di ricompor-
Dopo i due interventi previsti, come
re il puzzle degli inter-
fuori programma, ha preso la parola il
venti, cosa che ha fatto
comandante Emilio Crippa, un altro dei
con grande chiarezza,
piloti del SAR di Linate che si è diffu-
evidenziando i punti più
so, fra l’altro, sulle ingegnose strategie
rilevanti trattati dai vari
messe a punto da Daniele e dai suoi
relatori
aggiungen-
compagni per ottimizzare i tempi in
do qualche bel ricordo
esercitazione. Un lavoro che ha dato
personale. La serata si è
frutti preziosi.
Saluto del Presidente di ConfCommercio Antonio Peccati Saluto del Presidente della Comunità Montana Lario Orientale, Valle San Martino Carlo Greppi Interventi di: Gen. Sergio Ainardi, comandante SAR Linate Dott. Mario Landriscina, primo responsabile del 118 di Como Dott. Luigi Piatti, responsabile medico CNSAS Bebo Fazzini, delegato XIX Delegazione lariana CNSAS Sandro Pellegata, volontario XIX Delegazione lariana CNSAS Giorgio Spreafico, giornalista Dott. Mario Milani, direttore generale medici del Soccorso Alpino Com. Sandro Pancani, pilota elisoccorso Como Dott. Maurizio Volontè, responsabile 118 Como Luca Vitali, delegato XIX Delegazione lariana CNSAS Guida alpina Tita Gianola, istruttore nazionale Soccorso Alpino Gianfranco Comi, presidente del Soccorso Alpino Lombardo Filmati di Robi Chiappa e Franco Lozza
e
conclusa con i ringrazia-
Brani tratti da All’ombra della luna di Daniele Chiappa letti da Giorgio Galimberti Conduce Alberto Benini
menti di Roberto Chiappa
Per chiudere riprendiamo la parole
a nome degli organizza-
riportate sull’invito alla giornata, in cui
tori.
si faceva riferimento al costante desi-
Domenica 23 settembre Ore 8.30 ritrovo sul piazzale Daniele Chiappa, salita alla Grignetta Ore 11.00 aperitivo in vetta organizzato dai Beck Ore 15.00 Rifugio S.E.L 10 anni senza Ciapìn: sul filo della memoria di Pietro Corti e Alberto Benini Ore 16.00 piazzale delle miniere, polenta taragna organizzata da ANA di Ballabio Ore 16.30 concerto del Coro Grigna Ore 18.00 Chiesetta del Sacro Cuore: Santa Messa accompagnata dal Coro Grigna
derio di Daniele di recuperare la storia La domenica, in un contesto
decisamente
più informale, all’interno Comune di Abbadia Lariana
La locandina della serata
(avviando il progetto MOdiSCA), cogliendo appieno la potenziale ricchezza dell’ambiente lecchese.
della “Giornata Ciapìn” il racconto su Daniele è ri-
Una grande capacità, la sua, di rac-
preso nella sala al primo
contare e raccontarsi, con un cam-
piano del Rifugio SEL ai Piani dei Resi-
mino di autoapprendimento e di ma-
Giovanbattista Tita Gianola, guida
nelli. Pietro Corti ha raccontato, utiliz-
turazione culturale che ha pochi altri
alpina di Premana, che ha raccolto il
zando immagini inedite, tratte dal suo
riscontri non solo nel lecchese. Ele-
testimone da Daniele all’interno del-
archivio o per gentile concessione di
menti che contribuivano a delineare
la Scuola Nazionale Tecnici del Soc-
Roberto Chiappa, la storia delle vie
il suo valore di alpinista e di uomo,
corso Alpino, l’istituzione che forma a
di arrampicata, talvolta decisamente
attento alla vita delle tante associa-
livello più alto i componenti del soc-
all’avanguardia, realizzate da Daniele
zioni piccole e “nuove” del territorio
corso, ha ricordato di aver conosciuto
sulle pareti che guardano Lecco. Re-
(Ravanatt, UGE, CAI Belledo) come
Daniele quand’era ancora alle prime
stituendo quel desiderio di apertura
di quelle più prestigiose (CAI Lecco,
armi, e di averne avvertito il carisma
al nuovo che caratterizzava Daniele,
Gruppo Ragni e poi Gruppo Gamma,
che derivava anche dal suo essere
anche nel modo nuovo di guarda-
Club Alpino Accademico Italiano, Cor-
costantemente alla ricerca del nuo-
re le rocce di casa e di scoprire su di
po Nazionale del Soccorso Alpino e
vo. Un atteggiamento che non ha mai
esse delle linee nuove, raccogliendo le
Speleologico) che hanno conosciuto
smesso di colpirlo: l’avere idee chiare
suggestioni provenienti da ambienti e
la sua fattiva presenza.
sul Soccorso Alpino unite alla capacità
mentalità meno gravate di tradizione.
nella frase “Quando si era in turno con Daniele non si stava mai fermi”.
di guardare (e vedere!) molto avanti.
Alberto Benini ha invece ripreso la
Tanto che oggi il Soccorso Alpino fa
vicenda del Cerro Torre, un’esperien-
molto fatica ad andare oltre le idee di
za che ha segnato la vita di Danie-
Daniele. E a volte è in difficoltà anche a
le facendo di lui, il più giovane della
continuare sulla sua strada. Non è fa-
spedizione, uno degli “hombres de la
cile, insomma trovare un altro Daniele;
cumbre” che sono entrati nella storia
qualcuno capace come lui di rimettere
e forse nel mito, dell’alpinismo. E il-
in moto quel movimento evolutivo.
lustrando anche i molteplici collega-
A Gianfranco Comi, nella sua qualità
menti con altri personaggi le cui vi-
Appuntamenti
VERSO LA MONTAGNA DI LUCE
I
di Adriana Baruffini
l 6 agosto del 1958, Carlo Mau-
ri e Walter Bonatti concludevano la scalata del Gasherbrum IV,
la Montagna di Luce del Karakorum, che con i suoi 7925 metri è una delle più maestose e impervie cime del pianeta. Fu un’impresa piena di rischi e incertezze. Un’indimenticabile pagina di alpinismo e di umanità. Tra i componenti della spedizione, guidata
da Riccardo Cassin, c’era anche Fosco Maraini, orientalista, scrittore, regista, fotografo, colto osservatore. A sessant’anni di distanza quell’impresa è stata ricordata a Lecco nell’ambito della rassegna Monti Sorgenti con una mostra che ha portato alla luce preziosi materiali dagli archivi della Cineteca Centrale del CAI: le fotografie anche inedite di Fosco Maraini, in bianco e nero e a colori Kodachrome, e le appassionanti scene da lui girate per il film ufficiale della missione. La mostra è stata inaugurata a Lecco, Palazzo delle Paure, il 12 maggio ed è rimasta aperta fino al 3 giugno. Curatore di questa e di un’altra mostra sullo stesso tema, che si è svolta contemporaneamente al Castello Masegra di Sondrio, è stato Marco Albino Ferrari, autore del testo di presentazione che riportiamo di seguito. “Dai 2300 metri di Skardu, otto alpinisti italiani e 450 portatori baltì partono per un viaggio a piedi di 230 chilometri. Con undici tonnellate di bagaglio sulle spalle, sfilano
Appuntamenti
accanto a villaggi sperduti e a sguar-
riuscito a trovare un perfetto equili-
di increduli. Guadano fiumi, superano
brio tra la componente documentaria
deserti, groppe moreniche, letti di tor-
delle immagini e dei testi esplicativi e
renti in secca. Procedono sotto cime
l’inserimento a forte impatto emotivo
spettacolari, il Monte Payù, e Torri
di alcuni oggetti materiali appartenenti
di Trango, la Torre Muztagh, il Mitre.
alla collezione museale del CAI Lecco.
Compiono digressioni esplorative in
Fra questi, particolarmente evo-
vallate secondarie. Per giungere alla
cativa la tenda gialla, quella che Fo-
grande piazza glaciale chiamata Circo
sco Maraini cita nel racconto Verso
Concordia. Dove si innalza, piramide
la splendida cima, a conclusione del
perfetta, la Montagna di Luce.
capitolo introduttivo Noterelle di ore
Sarà una lotta protratta per settima-
qualsiasi:
ne. Posa di campi e corde fisse; risalita
“Poi viene la notte vera; tutto sem-
di seraccate per aggirare la montagna
bra pronto a rompersi ed a cadere
e portarsi sulla cresta nordest. Cordate
in mille pezzi tintinnando nel freddo
di punta, cordate di appoggio, porta-
trasparente e puro. Chi esce sente la
tori d’alta quota: ogni mossa coordi-
neve crepitare sotto i piedi nel silen-
nata per preparare le attrezzature e i
zio smisurato. Sopra la tenda calda
viveri necessari al passo finale. Come
di luce, sopra quest’unica cosa uma-
una partita a scacchi contro i giorni
na a giro d’orizzonte, ecco altissimo
che passano, le bufere di neve e il sole
il Gasherbrum, un fantasma nel vuoto
cocente. Fino all’ultimo giorno, il più
nero”.
atteso, il decisivo: il 6 agosto 1958. Alle 5 del 6 agosto, il sessantotte-
Marta Cassin ha curato l’impaginazione grafica dei pannelli
simo giorno dalla partenza della ca-
Si ringraziano per la collaborazione:
rovana, tutto è sulle spalle di Walter
Giuseppe Cima e Cartiere dell’Adda
Bonatti e Carlo Mauri. I due 28enni
per la fornitura di cartone; Samuele Villa
Ragni di Lecco partono nelle solitudini
di Valmadrera e Gianfranco Perucchini
cristalline. Sotto di loro il Baltoro e una
di Galbiate per le opere di falegnameria
moltitudine di cime inondata dall’au-
e il trasporto dei materiali.
rora. Ma lo spettacolo dura poche ore. Alle 10, già banchi di nuvole
minacciose
avanzano veloci verso di loro…” L’allestimento lecchese, affidato alla professionalità
di
Giovanna Colombo e Alessandro Dubini, è
ne. Foto di Marco Giudici
A PASSO DI BIMBO
La visita agli scavi di Monte Castelletto, guidata dal Presidente del Parco
Degno di nota è poi il fatto che circa
che e formative. La montagna richiede
omenica 23 settembre, prima
la metà dei presenti non fosse iscritta
infatti fatica, e la fatica educa e fa cre-
giornata d’autunno, il Parco del
al Club alpino italiano ed, inoltre, che
scere. Inoltre le terre alte permettono
Monte Barro ha ospitato il se-
una parte di loro provenisse da fuori
di avvicinarsi alla natura e alla fauna
condo raduno FamilyCAI, organizzato
regione. Entrambi segnali evidenti del
che le popola”.
anche con la collaborazione dei vo-
fatto che le iniziative destinate alle
lontari della nostra sezione e di quelli
famiglie con figli in tenera età sono
Nel primo pomeriggio, dalla vasta
delle sezioni di Milano, Macherio, Ve-
destinate a riscuotere sempre più in-
distesa di coperte approntate dalle
dano al Lambro e Mariano Comense.
teresse.
famiglie per il pranzo al sacco, tutti i
di Andrea Spreafico
D
bambini sono corsi verso il punto di Tre i percorsi, differenti per luoghi
In tal senso, anche la presenza al
accoglienza predisposto dalla Coo-
di partenza e per lunghezza, proposti
raduno del presidente regionale del
perativa Eliante – che, unitamente al
dagli organizzatori per raggiungere i
CAI Renato Aggio e del presidente
Parco Regionale del Monte Barro, ha
Piani di Barra. Lungo i percorsi sono
generale Vincenzo Torti appaiono si-
collaborato all’organizzazione del ra-
state inoltre organizzate visite guidate
gnificative dell’interesse che il Club al-
duno – dove si sono divisi in squadre
al MEAB – Museo Etnografico dell’Al-
pino sta manifestando in quest’ambito.
e si sono poi divertiti nel partecipare
ta Brianza ed agli scavi archeologici di
Il presidente generale, accompagnato
ad una gigantesca caccia al tesoro in
Monte Castelletto, grazie alla collabo-
per l’occasione dalla figlia e dalla ni-
chiave “archeologica”.
razione del presidente e dei volontari
potina di tre anni, ha voluto porgere un
del Parco Regionale del Monte Barro,
saluto a grandi e piccini, sottolineando
Alle 15.30 la giornata si è conclu-
che hanno partecipato attivamente
che: “le iniziative pensate per le fami-
sa con il saluto degli organizzatori ai
all’organizzazione del raduno.
glie all’interno delle sezioni CAI sono
partecipanti e la variopinta carovana
nate in quanto la montagna è aperta
ha intrapreso il ritorno verso le auto.
A mezzogiorno si sono contate ai
anche ai bambini più piccoli e ai loro
A passi di bimbo…
Piani di Barra più di 500 persone; per
genitori, senza alcun tipo di esclusio-
metà bambini, che hanno festosamen-
ne. Sono iniziative in forte crescita,
te animato i prati del Barro per tutta la
un’importante opportunità, anche per
giornata.
chi non è iscritto al Club alpino, per vivere con i propri figli esperienze ludi-
Appuntamenti
UNA MONTAGNA DI EMOZIONI 2018 di Sara Pozzetti
N
cercare scuse o rimandare decisioni.
“Una Montagna di Emozioni”, rassegna
ato e cresciuto ai piedi del
Attraverso immagini spettacolari e
che tradizionalmente si inserisce nel
Cervino in una famiglia in cui
aneddoti suggestivi, Hervé Barmasse
programma della Scuola di Sci alpini-
il mestiere di guida alpina si
racconta un alpinismo dove la natu-
smo del Cai di Lecco.
tramandava da diverse generazioni,
ra, se ascoltata e rispettata, diventa
Sarà una serata ricca di foto, filma-
Hervé non impiega molto a capire che
accessibile a tutti e amica dell’uomo,
ti, racconti che proietteranno gli ospiti
la montagna avrebbe riempito molti
tra incertezza del risultato e ricerca
in ambiente, trasmettendo emozioni e
dei momenti più importanti della sua
dell’impossibile, performance sportive
sensazioni uniche.
vita.
e cultura della montagna. «Il miglior alpinista è chi difende e
L’alpinismo è avventura, rischio,
preserva la montagna, chi la scala in
fatica, passione e amore; è la forza
modo pulito rispettando la natura e
dell’uomo che supera se stesso con-
non chi la sale ad ogni costo e ad ogni
frontandosi con i propri limiti, fisici e
mezzo».
mentali. Nell’alpinismo dare il meglio di sé è d’obbligo, si mette in gioco la
Le parole di Hervé sintetizzano
propria vita. Per questo in montagna
i contenuti di “La mia vita fra 0 e
non si può mentire, non si possono
8000”, l’evento che lo vedrà ospite a
Hervé sulla cresta finale del monte Rosa. Foto D. Levati-The North Face
Uno
spettacolo
imperdibile
ed
esclusivo, non potete mancare.
Giovedì 29 novembre ore 21, a Lecco presso il Cenacolo francescano
DA CIMA A FONDO Per il mese di gennaio 2019 Spazio Teatro Invito propone tre serate dedicate alla montagna. Ecco il programma:
Venerdì 18 gennaio
Sabato 19 gennaio
Sabato 26 gennaio
I tesori della DOL
Nell’ombra della luna
Lo sguardo dall’alto
Film – documentario sulla DOL (Dorsale Orobica Lecchese), uno straordinario itinerario escursionistico che partendo da Linzone nella bergamasca e raccordandosi al Resegone, prosegue sulle montagne della Valsassina per poi scendere in Valtellina dopo aver lambito il Pizzo dei Tre Signori. Tocca luoghi di interesse storico e artistico; offre incomparabili panorami sulla pianura e l’arco alpino.
Letture dal libro Nell’ombra della luna di Daniele “Ciapin” Chiappa che racconta storie accadute sulle montagne del lecchese ad alpinisti di Lecco. Storie di soccorsi in situazioni complicate, pericolose, di grande impegno fisico e psicologico. Con musiche eseguite dal vivo ai tamburi TAIKO, le percussioni giapponesi che con la loro profondità timbrica accentuano il contenuto emozionale della narrazione.
Conferenza-spettacolo che, ispirandosi alla storia, parla del rapporto fra città, uomo e montagna, intesa come luogo sacro, passaggio verso il cielo, tramite con gli dei, ma anche luogo di libertà, di fuga e di riscatto e luogo ameno dove trovare ispirazione poetica, salute, svago. La conferenza sarà intervallata da letture teatrali di testi sul tema, con accompagnamento musicale.
Presenta il film il regista Carlo Limonta. Introduce Ruggero Meles, scrittore ed esperto di montagna. Intervento musicale di Martin Meyes al corno delle Alpi
A cura dell’Associazione TAIKO
Con Ruggero Meles, scrittore ed esperto di montagna, e Luca Radaelli, attore
Ingresso 9 euro
Ingresso 9 euro
Ingresso libero
Tutte le rappresentazioni si svolgeranno presso Spazio Teatro Invito, via Ugo Foscolo 42 alle ore 20.45. Info al sito: http://teatroinvito.it/spazio-teatro-invito/calendario-stagione/
MONTI SORGENTI OFF Appuntamenti del martedì sera al CAI Lecco
“Monti Sorgenti”, la rassegna culturale che il CAI Lecco propone tradizionalmente nel periodo maggio-giugno, si arricchisce per il secondo anno consecutivo con “Monti Sorgenti off”, una serie di serate distribuite nei mesi da ottobre ad aprile. Incontri con persone di varia formazione ed esperienza che propongono film, conferenze, proiezioni di immagini e video su temi inerenti alla montagna: storia, ambiente, scienza, salute, aggiornamento tecnico su specifiche discipline. Ecco il programma per il periodo ottobre - gennaio: 16 ottobre Rassegna cinematografica “Walter Bonatti”: Italia K2, 1955, regia di Marcello Baldi Lungometraggio della spedizione al Karakorum organizzata nel 1954 dal Club Alpino Italiano e conclusasi con la conquista del K2 (8611 m), la seconda cima del mondo. Il film è la storia dalla preparazione alla conquista della vetta, di una delle grandi imprese dell’alpinismo mondiale. Restaurato a cura della Cineteca centrale del CAI. Presentazione e commento di Nicoletta Favaron, regista, e Anna Masciadri, giornalista. 23 ottobre “Geologia e orogenesi delle montagne del lecchese” Annibale Rota, profondo conoscitore dell’ambiente naturale del territorio lecchese e abile fotografo, proietta e commenta le immagini raccolte in anni di escursioni.
Appuntamenti
30 ottobre “Storie alpine degli anni Sessanta e Settanta” Franco Riva, alpinista, sciatore e appassionato di fotografia, presenta in due video autoprodotti e commentati le foto scattate arrampicando su tutte le Alpi negli anni ’60 e ’70: una storia per immagini dell’alpinismo lecchese di quegli anni. 6 novembre “Viaggio nei santuari della biodiversità di tutto il mondo” Daniele Vivarelli, biologo, guida e viaggiatore, fa parte del team “Biosfera Itinerari” che da anni si occupa di ecoturismo professionale, organizzando in tutto il mondo spedizioni in luoghi con forti caratteristiche di biodiversità, dagli ambienti artici e antartici ai maggiori biomi africani, dalle foreste asiatiche e sudamericane fino agli ecosistemi nordamericani ed europei. Con Davide Palumbo, ci offrirà una sintesi di immagini dei suoi viaggi, avvicinandoci a tematiche insolite ed esotiche. 13 novembre Rassegna cinematografica “Walter Bonatti”: G IV Montagna di luce, 1961,
regia di Renato Cepparo, fotografia Carlo Mauri e Fosco Maraini Il film racconta la spedizione organizzata nel 1958 dal Club Alpino Italiano al Gasherbrum IV, un quasi 8000 del Karakorum, e documenta i disagi e le difficoltà affrontate dagli alpinisti per conquistare una delle più affascinanti e tecnicamente più impegnative montagne del Baltoro. Presentazione e commento a cura di Nicoletta Favaron, regista, e Anna Masciadri, giornalista. 20 novembre “La grande guerra e la Linea Cadorna” Immagini della Prima guerra mondiale a cent’anni dalla conclusione, proiettate e commentate da Ivan Piazza della Commissione Cultura Alpini Lecco. Il relatore parlerà fra l’altro della Linea Cadorna, il complesso di opere difensive permanenti costruite lungo il confine con la Svizzera, a protezione della Pianura Padana e dei suoi principali poli economici e produttivi.
27 novembre Le spedizioni scientifiche in Antartide Fabio Baio, geologo e ricercatore, ha partecipato a varie spedizioni in Antartide nell’ambito del Programma nazionale di ricerche in quella parte del pianeta dove le condizioni climatiche sono proibitive per l’uomo. Racconterà i suoi viaggi, svelando prospettive scientifiche interessanti non solo per le “scienze della terra” ma anche per l’astrobiologia, a supporto degli studi in corso sui pianeti fino ad ora ritenuti privi di forme di vita. 4 dicembre Le origini del lago di Como Conferenza di Filippo Camerlenghi, responsabile Progetti e Turismo sostenibile dell’Associazione Proteus. Saranno messe a fuoco le più recenti acquisizioni sulle origini del nostro lago e la glaciazione. 11 dicembre Storie di viaggi negli abissi Luigi Casati, speleosub di fama internazionale recentemente premiato con il Triden-
te d’Oro, la maggiore onorificenza della subacquea, prende spunto dalle sue esperienze in grotta per illustrare le nuove frontiere della speleologia. 15 gennaio Come preparare fisico e mente alla pratica degli sport invernali per prevenire infortuni e migliorare la performance Jacopo Pisati e Sebastiano Morassi, fisioterapisti e orthopedic manipulative therapist, e Veronica Bertarini, psicologa dello sport e mental coach, spiegano l’importanza ai fini del raggiungimento dei propri obiettivi di praticare esercizi mirati per migliorare postura e movimento sport specifico, allenando contemporaneamente la componente mentale. 22 gennaio Prevenzione e organizzazione della gita in ambiente invernale Ripasso delle tecniche, dell’equipaggiamento e di tutto ciò che è utile sapere per affrontare la montagna innevata. Stefano Bolis, istruttore della Scuola di scialpinismo del Cai Lecco
29 gennaio Piccozze rosse e cavalieri neri Sulle tracce di Erminio Dones, canottiere e alpinista, viene ricostruita la storia del violento contrasto, che ebbe come teatro le Grigne e le montagne del Triangolo lariano, fra gli aderenti all’Associazione proletari escursionisti (APE) e gruppi del nascente squadrismo fascista negli anni tra la fine della Prima guerra mondiale e l’affermarsi del Fascismo. Alberto Benini, storico dell’alpinismo e autore di vari libri sulle montagne e gli alpinisti
Gli incontri si svolgeranno nella sede del CAI Lecco, via Papa Giovanni XXIII, alle ore 20.45
Appuntamenti
RECENSIONI ALIMENTAZIONE IN AMBIENTE ESTREMO Donatella Polvara, biologa e nutrizionista, appassionata di montagna e di viaggi, si dedica da diversi anni con particolare interesse all’alimentazione in ambiente estremo. In questo volume affronta l’alta quota e l’ambiente polare, riservando a una successiva pubblicazione il deserto e la profondità degli abissi. “ […] scrivere per me è stato come fare un lungo viaggio nelle abitudini alimentari dei popoli che abitano negli ambienti più estremi del pianeta – annota nell’introduzione -. E’ da loro che ho tratto le principali teorie e convinzioni sui principi nutrizionali da utilizzare per sopravvivere, compiere imprese o semplici escursioni anche nei luoghi più inospitali del pianeta”. Partendo da questa convinzione e mettendo a frutto le sue esperienze di viaggio, senza peraltro rinunciare al rigore scientifico che le deriva da una solida preparazione nel campo dell’alimentazione di base e della corretta idratazione, l’autrice formula suggerimenti sulla qualità e la quantità dei cibi da assumere nelle varie situazioni attraverso una sorta di narrazione corale che rende il libro di piacevole lettura e soddisfa in pieno l’intenzione di farne un saggio divulgativo piuttosto che un arido trattato scientifico. Ci sono pagine dedicate alla storia e alle abitudini alimentari di popolazioni che vivono in ambienti estremi come l’alta quota himalayana degli Sherpa o la Lapponia degli Inuit. Ci sono interviste a ben undici fra alpinisti, esploratori, recordman, tutti concordi nel sostenere l’importanza di una preparazione meticolosa dei cibi da portare con sé: basso peso con alto potere calorico, ma anche gradevolezza e rispetto delle preferenze individuali. Ci sono descrizioni accurate di una serie di alimenti particolarmente indicati per quegli ambienti estremi, che sgombrano il campo da pregiudizi comuni e spiegano perché ad esempio cibi come il lardo e il burro normalmente guardati con sospetto, possono, anzi devono far parte della dieta di chi si espone a temperature molto basse. Ampio spazio viene poi dedicato ai cibi liofilizzati e precotti, agli integratori salini e a quelli calorici come barrette, carbogel, pemmican che consentono di ridurre il peso dello zaino senza compromettere l’apporto energetico. Immergetevi in questa lettura e capirete che anche l’alimentazione ha il suo fascino, come i colori, i profumi e le emozioni che si apprezzano durante un lungo viaggio. (Adriana Baruffini) Donatella Polvara Alimentazione in ambiente estremo - L’alta quota e l’ambiente polare Giacomo Catalani editore, 2018
LE FALESIE DI FINALE Si amplia ogni anno di più la schiera dei climber che corrono sulle strade della Liguria per raggiungere le ammiccanti falesie che si nascondono sulle alture di Finale. Si potrebbe dire che qui è stata trovata una preziosa miniera che ora va a ruba tra gli appassionati dell’arrampicata, con un richiamo che va ben oltre i confini nazionali. Eppure questo era un tesoro ignorato a lungo, quando invece questa nuova disciplina aveva un seguito ormai smisurato su tante altre falesie. Le falesie finalesi sono in effetti una scoperta relativamente recente, e la loro storia strana e inconsueta, che inizia nel lontano 1968, viene ora svelata sotto ogni aspetto, come risulta raccontata da Alessandro Grillo, che fu tra i primi scopritori, subendone il fascino e incominciando a frequentarle e a valorizzarle. Nel suo libro, Un sogno lungo 50 anni, l’autore che è stato un alpinista autenticamente innamorato della montagna e un arrampicatore che non intende sopravvalutare le sue eccellenti qualità, ha molte cose sorprendenti da farci conoscere, tutte legate alla storia che per cinquant’anni lo ha trovato ammaliato da queste falesie, dove si sono avvicendati climber di ogni genere e alpinisti di fama internazionale. Scritto con stile brioso e coinvolgente, il suo volume, corredato da numerose e interessanti illustrazioni, presenta le sue vicende personali, che scorrono nell’incrocio con altri appassionati dell’arrampicata, di cui alcuni semplicemente legati a lui da stretta amicizia e altri dal nome noto a livello mondiale. Bella e apprezzabile la parte conclusiva, che si arricchisce di 9 brevi articoli che presentano le esperienze vissute da altrettanti suoi amici su quelle falesie che hanno lasciato in loro un ricordo indelebile. (Renato Frigerio)
Recensioni
Alessandro Grillo Un sogno lungo 50 anni – Storie dell’arrampicata finalese 1968-2018 Collana “I Rampicanti”, Edizioni Versante Sud, 2018
LA LUNGA STORIA DEL CERRO TORRE “Questo libro è lo sguardo più ravvicinato che sia mai stato dato alla lunga storia alpinistica del Cerro Torre. L’approccio di Kelly Cordes, accuratamente documentato e privo di pregiudizi, è coinvolgente”. Da queste righe con cui Rolando Garibotti apre la sua introduzione a Cerro Torre – 60 anni di arrampicate e controversie sul Grido di Pietra, si può prendere obiettivamente atto del valore storico e alpinistico di un volume che si aggiunge, per nulla superfluamente, alla già ampia bibliografia e storiografia che ha avuto origine dalla più mitica montagna patagonica. Vale la pena citare anche la frase conclusiva della prefazione di colui che viene ritenuto il miglior alpinista ed esperto del massiccio di El Chaltèn: “Questo è un libro che va letto, sia che siate interessati nei dettagli alla storia alpinistica del Cerro Torre che negli sfolgoranti, evidenti angoli ciechi che tutti noi abbiamo”. Che poi il volume venga garantito soprattutto da un autore competente e autorevole, basterà sapere che Kelly Cordes, alpinista americano che nel 2007 ha realizzato, assieme a Colin Haley, una prima salita “by fair means” fino alla vetta del Cerro Torre, è stato considerato da Tommy Caldwell “una persona che incarna lo spirito dell’alpinismo più di qualsiasi altro di sua conoscenza e che viene da lui ammirato come uno dei suoi narratori preferiti, per come si dedica completamente alla scrittura e alla montagna”. Si potrà, si dovrà anzi, continuare a parlare e a scrivere attorno al Cerro Torre, perché questa montagna, insieme alla storia emozionante e controversa degli audaci che si sono dedicati alla sua conquista, merita di tener sempre desta l’attenzione di chi ama l’alpinismo sotto tutti gli aspetti. Bisognerà comunque aver sempre presente che nel fare ciò, d’ora in poi, non si potrà mai più prescindere dall’impostazione e dalle conclusioni del volume di Kelly Cordes. (Renato Frigerio)
Kelly Cordes Cerro Torre – 60 anni di arrampicate e controversie sul grido di pietra Collana “I Rampicanti”, Edizioni Versante Sud, 2018
SCIARE OLTRE LE PISTE Si sta assistendo da tempo ad un rilevante incremento di appassionati dello sci che abbandonano l’ebbrezza e la velocità offerte dalla discesa su piste battute per dirigersi verso la più naturale inclinazione di sciare su percorsi non ripetitivi, con la libertà di scegliersi a proprio gusto ambienti certamente più esclusivi e gratificanti. Le più recenti aspirazioni di tanti sciatori non hanno mancato di essere percepite da altri innamorati dello sci fuori pista che li avevano preceduti, acquisendo specifiche esperienze in diversi settori, con una competenza che consentiva loro di poter realizzare le guide, cui ora si ricorre quasi indispensabilmente. A quanto pare però anche queste possono essere insufficienti per trasformare uno sciatore abituato alle comode piste battute in un adeguato frequentatore del fuori pista, dove è andato alla ricerca di più forti emozioni. Ne è assolutamente convinto Paolo Caruso, l’autore di “L’arte di sciare oltre le piste”, che con questa sua nuova iniziativa non si presenta certo con una pretesa presuntuosa. Su argomenti del genere Paolo Caruso non è la prima volta che interviene, e la sua autorevole competenza è stata riconosciuta ad ogni livello. A proposito di questo argomento c’è evidentemente ancora molto e di importante da imparare e questo lo si può immediatamente rilevare all’impostazione del volume, che lo indica come “il metodo Caruso per lo sci completo”, un metodo che analogamente per altri sport di montagna è stato collaudato positivamente e riconosciuto entusiasticamente valido da chi lo ha sperimentato. Il volume viene presentato nella forma di un abbordabile manuale, che consente di comprendere con facilità le istruzioni descritte anche grazie all’abbondanza delle immagini che le illustrano dettagliatamente. (Renato Frigerio)
Paolo Caruso L’arte di sciare oltre le piste Collana “Performa”, Edizioni Versante Sud, 2017
Recensioni
LUTTI Negli ultimi mesi ci hanno lasciato: Gianfranco Anghileri, socio Cai, fra i primi ad aderire al Gruppo Ragni, figura di spicco nel mondo della montagna, che come alpinista e scialpinista ha amato e frequentato fino a tarda età, anche mettendo la sua esperienza a disposizione di persone meno fortunate. Non gli è mai piaciuto mettersi in mostra e ha parlato poco di sé, pur essendo un buon narratore. Ci piace ricordare in proposito alcune sue collaborazioni al notiziario del Cai Lecco, come le pagine indimenticabili pubblicate sul numero 3/2008 dopo la scomparsa di Vasco Cocchi, nelle quali, ricordando l’amico di una vita, offre anche qualche spunto autobiografico. E lo fa nel suo stile inconfondibile che lascia spazio a note di umorismo e autoironia, trasferendo nella pagina scritta la leggerezza che è stata la cifra distintiva anche del suo modo di affrontare la montagna. Giancarlo Colleoni, socio Cai dal 1979. Pietro Orlandi, iscritto al Cai Lecco dal 1959. Ricordiamo inoltre: Maurizio Valsecchi, guida alpina, membro della XIX Delegazione lariana del Cnsas, socio dell’Uoei di Lecco e del Gruppo Gamma, consigliere della SEL. Ha gestito dal 2000 al 2016 il rifugio Azzoni in vetta al Resegone Maria Luigia Castelnuovo, moglie di Giuseppe Orlandi (Calumer), presidente della sottosezione di Ballabio. Ai famigliari delle persone scomparse l’abbraccio affettuoso di tutta la sezione
Concerto di Natale 2018 venerdì 21 dicembre alle ore 20.30
CONVENZIONI CLINICA SAN MARTINO - MALGRATE Malgrate, Lecco. Via Selvetta angolo via Paradiso - tel. 0341 1695111 - Internet: clinicasmartino.com Prezzi convenzionati sulle prestazioni concordate (vedi www.cai.lecco.it). Garanzia delle prestazioni di diagnostica per immagini in 12/24 h dalla richiesta. MEDINMOVE Lecco via Balicco, 109 - Internet: www.medinmove.it Centro di Medicina Preventiva, Riabilitativa, Genetica. Prezzi convenzionati sulle prestazioni concordate (vedi www.cai.lecco.it). PALESTRA DI ARRAMPICATA - RAGNI di LECCO Via C. Mauri 1 Lecco. Per informazioni, Ragni di Lecco ASD tel. 339 867 92 82. Internet: www.ragnilecco.com Sconto del 5% sugli abbonamenti stagionali. Sconto del 10% sui corsi di arrampicata sportiva
df SPORT SPECIALIST via Figliodoni 14 Barzanò (LC) - Internet: www.df-sportspecialist.it Presso tutti i punti vendita sconto del 15% ai soci CAI, con esclusione degli articoli in promozione o già scontati STUDIO OSTEOPATICO COPPI via Lucia 10 Lecco (LC) - tel. 393.1646699 Sconto del 20% per trattamenti osteopatici. STUDIO DI PSICOLOGIA E RISORSE UMANE - SVILUPPO E FORMAZIONE STUDIO DI PSICOLOGIA E SESSUOLOGIA - DR SILVANO SALA Lecco, Lungo Lario Cadorna 10 - tel. 0341 1761009 - 3478773720 Incontro di consulenza gratuita e sconto del 20% sugli appuntamenti successivi STUDIO PROFESSIONALE DI FISIOTERAPIA/OSTEOPATIA BARUTTA Corso Matteotti 9/B 23900 Lecco. Tel. 338-7337496; 349-3702913; 3381131813; Internet: www.studiobarutta.com Sconto del 20% per servizi di fisioterapia, consulenza fisioterapica, valutazioni fisioterapiche e trattamenti osteopatici. SPAZIOTEATRO INVITO Lecco, via Ugo Foscolo 42 tel. 0341 158 2439 Ai soci CAI riduzione del 20% sul costo del biglietto per tutti gli spettacoli e concerti della propria stagione, quindi da € 15 a € 12. Info al sito: http://teatroinvito.it/spazioteatro-invito/calendario-stagione/
Per ottenere gli sconti indicati è necessario esibire la tessera del CAI Lecco regolarmente rinnovata. Possono usufruire delle convenzioni anche i soci delle sottosezioni del CAI Lecco: CAI Barzio, CAI Ballabio, Strada Storta.
Vita di Sezione
NB: Per le società commerciali o aziende che volessero attivare iniziative di promozione o sponsorizzazione con il CAI Lecco telefonare allo 0341-363588 (orari apertura sede) o al 3393216291 oppure scrivere un’email a sezione@cai.lecco.it.
INFORMAZIONI DALLA SEGRETERIA - TESSERAMENTO QUOTE SOCIALI 2019
AGEVOLAZIONI E BENEFICI PER I SOCI
Le quote sociali per il 2018 sono le seguenti: Socio Ordinario Socio Ordinario* (nati dal 1994 al 2001)
Socio Familiare** Socio Giovane***
(nati nel 2002 e anni seguenti)
Socio Vitalizio Tessera per i nuovi Soci Duplicato Tessera
€46,00 €24,00 €24,00 €16,00 €20,00 € 5,00 € 2,00
*Al Socio ordinario di età compresa tra i 18 e i 25 anni viene applicata automaticamente la quota dei soci familiari. Tale Socio godrà di tutti i diritti del socio ordinario. ** Possono essere soci familiari solo i residenti al medesimo indirizzo del socio ordinario di riferimento. ***Socio giovane: a partire dal secondo figlio giovane in poi, il socio giovane verserà la quota di € 9,00. Si precisa che per poter usufruire dell’agevolazione prevista, il socio giovane dovrà avere un socio ordinario di riferimento (capo nucleo) in regola con il tesseramento dell’anno in corso ed appartenere ad un nucleo familiare con due o più figli giovani iscritti alla Sezione.
Agli associati è garantita la copertura assicurativa per infortuni che si verifichino nell’ambito di iniziative organizzate dal Sodalizio, ivi compresi i corsi e le scuole, oltre alla copertura assicurativa del Soccorso Alpino per attività sia sociali che personali. - I soci possono essere assicurati per gli infortuni in attività personale richiedendo la copertura assicurativa presso la sezione di appartenenza. - Il socio ordinario riceverà al proprio domicilio la rivista mensile del Cai “Montagne 360” e la rivista quadrimestrale sezionale ”CAI Lecco 1874”. - Tutti gli associati, con la presentazione della tessera riportante il bollino relativo all’anno in corso potranno usufruire degli sconti previsti dalle convenzioni indicate nell’apposito riquadro. - Tutti gli associati potranno usufruire gratuitamente dei servizi offerti dalla sezione: accesso alla documentazione presente nella biblioteca sezionale, utilizzo di internet, lettura dei periodici e delle riviste presenti in sede. - Tutti gli associati otterranno sconti sull’acquisto di libri o pubblicazioni del CAI.
Ricordiamo che per non perdere i benefici dell’iscrizione al CAI il rinnovo deve essere effettuato entro il 31 marzo 2019. Per farlo è possibile recarsi in segreteria negli orari di apertura oppure con bonifico bancario (come da istruzioni riportate sul sito www.cai. lecco.it)
IL RINNOVO DELLA TESSERA PUÒ ESSERE EFFETTUATO:
In sede: Tutti i martedì non festivi dalle ore 20:30 alle 22:00. Tutti i venerdì non festivi dalle ore 18:00 alle 20:00 In alternativa, il pagamento potrà essere effettuato a mezzo: a) Bollettino c/c Postale n. 12049227 intestato a C.A.I. Sezione di Lecco. b) BANCA POPOLARE DI SONDRIO, Agenzia di Piazza XX Settembre a Lecco, sul conto corrente intestato a C.A.I. Sezione di Lecco IBAN IT07 J056 9622 9020 0000 2154 X06. Il pagamento tramite Bonifico Bancario o Bollettino di c/c Postale prevede un contributo, per socio o per nucleo familiar, di € 2,00 per spese postali (Esempi - Singolo socio: quota + 2,00€ - Nucleo Familiare: somma delle quote + 2,00€). Il bollino verrà spedito per posta al domicilio del socio.
DIMISSIONI E MOROSITA’ Il socio può dimettersi dal Club Alpino Italiano in qualsiasi momento; le dimissioni devono essere presentate per iscritto al Consiglio Direttivo della Sezione, sono irrevocabili ed hanno effetto immediato, senza restituzione dei ratei della quota sociale versata. Il socio è considerato moroso se non rinnova la propria adesione versando la quota associativa annuale entro il 31 marzo di ciascun anno sociale; l’accertamento della morosità è di competenza del Consiglio Direttivo della Sezione; non si può riacquistare la qualifica di socio, mantenendo l’anzianità di adesione, se non previo pagamento alla Sezione alla quale si era iscritti delle quote associative annuali arretrate. Il socio di cui sia stata accertata la morosità perde tutti i diritti spettanti ai soci.
CALENDARIO CHIUSURA SEDE Venerdì 21 dicembre la segreteria e la sede chiuderanno alle ore 19.30 al fine di permettere a tutti di recarsi c/o l’Auditorium della Camera di Commercio di Lecco dove si svolgerà il consueto Concerto di Natale. La sede resterà chiusa dal 22 dicembre 2018 al 6 gennaio 2019.
Vita di Sezione
SPEDIZIONI
INTERNAZIONALI
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Li m as sol
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Tu ni si