Notiziario 02/2018

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n° 2/2018

Poste Italiane S.p.A. – spedizione in a.p. – DL 353/03 (conv. in L. 27/02/04 n 46) Art1 comma 1 DCB COMO


58

44

UN MIRACOLO AL GIORNO

FULL IMMERSION TRA LE VETTE

6

I RAGNI, IL MINISTRO E IL CAVALIERE

28

LA TERRA DEI SASSI

68

LE ESCURSIONI DI GIUGNO E SETTEMBRE


IN QUESTO NUMERO

4 6 13 17 22 24 26 28 34 37 40 44 48 58 68 72 76 77 78 79 80 82 84

EDITORIALE

IL FILO DELLA STORIA

Riflessioni a margine dell’Assemblea nazionale di Trieste di Alberto Pirovano, presidente CAI Lecco

SENTIERI E PAROLE

I RAGNI, IL MINISTRO E IL CAVALIERE

Storia del trasporto in Grignetta dell’igloo dedicato a Bruno Ferrario di Alberto Pirovano

IL LIBRO FANTASMA

Storia di una spedizione del 1985 (mai raccontata) alle isole Svalbard di Angelo Faccinetto

Notiziario quadrimestrale della sezione di Lecco “Riccardo Cassin”del Club Alpino Italiano N° 2/2018

Alla riscoperta di Bruno Galli Valerio, lecchese, alpinista e scienziato di Adriana Baruffini

Redazione: Adriana Baruffini, Angelo Faccinetto

Una busta di posta aerea ricorda la spedizione del 1956 al Monte Sarmiento di Annibale Rota

Direttore responsabile: Angelo Faccinetto

Chi va in montagna ha molto da imparare da questi animali

Impaginazione e Grafica: BitVark - Pavia

PUNTE E PASSI

PADRE DE AGOSTINI ALPINISTA ESPLORATORE LA SAPIENZA DEL CAMOSCIO ... E I BOLLINI CRESCONO

“I miei nipoti, soci giovani educati alla montagna”

di Dino Piazza

di Sara Pozzetti

ALPINISMO e ARRAMPICATA LA TERRA DEI SASSI

Un’estate in Sudafrica sulle orme dei climbers più forti

UN BALCONE SUI MONTI DI CASA

di Simone Tentori

La gita sociale al Bernina e la realizzazione di un sogno

PERCORSI DI CRESCITA

di Stefano Morcelli

Il 66° Corso di roccia: per vivere la montagna intensamente di Nadia Ferrari

DAL BIANCO ALLE DOLOMITI

Academy 2018, quattro giovani alpinisti in cordata con i Ragni Report a cura del Gruppo Ragni

ALPINISMO GIOVANILE

FULL IMMERSION TRA LE VETTE

Tipografia: A.G.Bellavite Missaglia - Lecco Testata di proprietà del Club Alpino Italiano sezione di Lecco “Riccardo Cassin” Sede: via Papa Giovanni XXIII, 11 23900 Lecco Tel: 0341363588 Fax: 0341284717 www.cai.lecco.it sezione@cai.lecco.it Autorizzazione Tribunale di Lecco N. 5/78 del 20/06/1978 Spedizione in A.P. -45%- Art. 2 Comma 20/b legge 662/96 Tiratura 2500 copie Chiuso in redazione 07/11/2018

Al Civetta il 16° trekking di Alpinismo giovanile di Elisa, Noemi, Serena, Chiara P., Chiara M., Aurora, Martino, Dario, Pietro, Giacomo

IL DOCUMENTO

UN LECCHESE SUL GRAPPA

L’orrore e la follia della guerra, lettera dal fronte di Luigi Mira di Adriana Baruffini

ESCURSIONISMO

UN MIRACOLO AL GIORNO

Germania, Scandinavia: l’altra metà della gita in bici Catania - Capo Nord di Stefania Valsecchi (Steppo)

GEO

LE ESCURSIONI DI GIUGNO E SETTEMBRE Pasubio, Urbino e Cilento

di Claudio Santoro

APPUNTAMENTI

DANIELE CHIAPPA 10 ANNI DOPO

Le due giornate di settembre dedicate al ricordo del Ciapìn di Alberto Benini e Pietro Corti

VERSO LA MONTAGNA DI LUCE

Discesa dall’Ortles durante le manovre delle truppe alpine del 1937. Foto archivio famiglia Mira.

La mostra sulla spedizione del 1958 al G4 con le fotografie di Fosco Maraini di Adriana Baruffini

A PASSO DI BIMBO

Il raduno del Family CAI al Monte Barro

UNA MONTAGNA DI EMOZIONI 2018

di Andrea Spreafico

Appuntamento della scuola di sci alpinismo con Hervé Barmasse di Sara Pozzetti

DA CIMA A FONDO La montagna a teatro

Stampato secondo la filosofia GreenPrinting® volta alla salvaguardia dell’ambiente attraverso l’uso di materiali (lastre, carta, inchiostri e imballi) a basso impatto ambientale, oltre all’utilizzo di energia rinnovabile e automezzi a metano.

MONTI SORGENTI OFF

Appuntamenti del martedì sera al CAI Lecco

RECENSIONI VITA DI SEZIONE

ZeroEmissionProduct®. A.G. Bellavite ha azzerato totalmente le emissioni di Gas a effetto Serra prodotte direttamente o indirettamente per la realizzazione di questo prodotto.


IL FILO DELLA STORIA di Alberto Pirovano*

C

are socie e cari soci, l’editoriale che vi apprestate a leggere potrà sembrare un po’

autoreferenziale. Vi invito però a non fermarvi alla prima impressione, bensì a comprenderne il significato generale, volto a spiegare come, nella gestione di un’associazione, di un gruppo ed in generale nella vita, sia più importante guardare lontano che non preoccuparsi del successo nell’immediato. Il 26 maggio di quest’anno ero a Trieste per l’Assemblea dei delegati del CAI, momento in cui viene consegnato anche il premio Paolo Con-

siglio alle migliori imprese alpinistiche extra europee dell’anno. Sullo schermo scorrono immagini coinvolgenti del Cerro Riso Patron e della Sud del McKinley, o Denali come andrebbe chiamata oggi. Sul palco, in attesa di ritirare l’attestato, ci sono Matteo Della Bordella e David Bacci, in rappresentanza delle due spedizioni ex aequo, di cui facevano parte anche Schüpbach, per il Riso Patron, e Moroni, per il Denali. A colpirmi non è l’ennesimo riconoscimento Consiglio, tra CAI Lecco e Ragni siamo a quota sette in diciannove edizioni, bensì le due montagne protagoniste ed i loro salitori. In un attimo un puzzle mi si ricompone nella mente, mentre questa corre veloce a quasi vent’anni fa, mi rendo conto di essere dentro un fotogramma di una storia fortemente voluta, ma

Editoriale

che mai avrei pensato di vivere in pri-

io” dalla forte connotazione collettiva.

ma persona.

Quando qualcosa andava storto, come

Facciamo un passo indietro al 2001.

la spedizione del 2003 in Patagonia,

Il gruppo Ragni sta soffrendo una

bloccata da due mesi di pioggia in-

profonda crisi dal punto di vista alpi-

cessante, il titolo più tenero era “Quei

nistico. Le defezioni del 1996 hanno

maglioni rossi un po’ sbiaditi”! Noi

lasciato il segno, manca la generazio-

eravamo certi di essere sulla strada

ne di mezzo, quella che avrebbe do-

giusta, con Mariolino Conti, Giuliano

vuto garantire continuità, e mancano i

Maresi, Dario Cecchini e Carlo Aldé,

giovani. D’altra parte, però, il gruppo è

e l’appoggio dell’intero gruppo, pren-

compatto e lo ha dimostrato con l’or-

demmo decisioni importanti, tra cui la

ganizzazione della Coppa del Mondo

gestione della palestra di arrampicata,

di Arrampicata Sportiva in cui ha ri-

sebbene la situazione finanziaria fos-

voluzionato queste gare trasforman-

se sempre al limite, con la certezza di

dole, da gare per un pubblico ristretto

non poterne vedere immediatamente

in palestra, in evento di massa per il

gli effetti. Stavamo facendo una vera

grande pubblico. In quel momento nei

rifondazione del Gruppo Ragni per

Ragni ci sono personaggi che si chia-

proiettarlo nel nuovo millennio. Non ci

mano Cassin, Ferrari, Negri, persone

interessava il ritorno a breve, bensì la

non facili, ma anche fortemente attac-

costruzione di basi solide e la crea-

cate al gruppo. Si prende una decisio-

zione di un luogo, la palestra, in cui

ne storica lasciando al nuovo consiglio

coltivare un vivaio.

direttivo dei Ragni carta bianca per ri-

Nel 2001 ospitammo Simone Pe-

costruirne l’anima alpinistica, partendo

deferri, leader della Tribù. Non senza

ovviamente dalle persone. La strategia

discussioni pagammo la sua quota,

viene presentata in modo chiaro: bi-

anche se non Ragno, per partecipare

sogna cercare le nuove leve dove ci

ad una spedizione in Pakistan guida-

sono.

ta dall’esperto Giuseppe Lafranconi. Al ritorno Simone mi chiamò: ho capito La “lecchesità” dei Ragni

cosa sono i Ragni, io ci sono. Entrò nel

Già da un anno si era guardato ai

gruppo con Silvano Arrigoni, futuro

ragazzi della Tribù, che in modo in-

pilastro della scuola. Poi sono arrivati i

formale si muoveva in Valmasino,

Matteo Della Bordella e la nuova gene-

coinvolgendo Marco Vago e Alberto

razione di fortissimi. Proprio nel 2001,

Marazzi. Ora è il momento di anda-

sul letto di ospedale in cui si sarebbe

re in fondo. Ricordo le accuse di tra-

spento di lì a pochi giorni, Casimiro

dimento della lecchesità del gruppo

Ferrari commentava le immagini della

che arrivavano dai giornali lecche-

TV locale che trasmetteva la cronaca

si. Lecchesità intesa come residenza

del rientro dei ragazzi dal Pakistan.

degli alpinisti, a cui noi opponevamo

Mi chiese: “Come sono? Forti? Mi

la lecchesità alpinistica, intesa come

dispiace non conoscerli, ma voi anda-

riconoscibilità di un alpinismo “opera-

te avanti così. Se ci saranno problemi


con i vecchi, scegli di stare con i giovani. Loro hanno sempre ragione”. Questi ricordi affiorano in me in quella sala di Trieste. E vedo un filo, ovviamente rosso, tra questi ragazzi ed i loro predecessori di cui ammirano la storia e le imprese. Tra l’ultima impresa di Casimiro Ferrari, il Riso Patron, e la salita del fuoriclasse Matteo Della Bordella; tra la caparbietà di Cassin e compagni sulla Sud del McKinley, e la testardaggine consapevole di Bacci e Moroni sulla via dei Cechi sulla medesima parete. È un cerchio che si chiude. E mi rendo conto come quello che sembrava un azzardo è oggi realtà, ed il Gruppo Ragni ha davanti a sé, se manterrà la sua unione granitica, un grande futuro.

Matteo Della Bordella e David Bacci con l’attestato del Premio Paolo Consiglio 2018 attribuito alle spedizioni al Riso Patron e alla Sud del Mc Kinley

* Presidente CAI Lecco

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di Alberto Pirovano

N

on è solo storia di un’idea, di un progetto, di una realizzazione, quella dell’igloo

posizionato sulla vetta della Grignetta cinquant’anni fa. Di quella ci siamo già occupati diffusamente nell’ultimo numero della nostra rivista. E’ anche storia di un trasporto. E che storia, considerata la struttura del manufatto, non propriamente maneggevole. Definita l’idea progettuale si comincia subito a pensare a come trasportare l’igloo in vetta alla Grignetta. L’idea di un monoblocco, di una sorta


La cima della Grignetta in veste invernale. Foto di Marco Milani

I RAGNI, IL MINISTRO E IL CAVALIERE


di cristallo indiviso, comporta la necessità di effettuare il trasporto della parte principale in un’unica soluzione. Appare da subito evidente l’impossibilità di utilizzare la teleferica del Giovanni della Grigna (come lo chiama in ogni scritto Riccardo Cassin, quasi ne ignorasse il cognome) così come impensabile è qualsiasi altra soluzione via terra. A partire dall’aprile 1966, con il progetto ancora in fase di sviluppo esecutivo, il Gruppo Ragni, probabilmente su indicazione della ditta Badoni, prende contatto con l’Aeroclub Volovelistico Milanese con sede presso l’aeroporto di Bresso. L’Aeroclub analizza il problema e lo ritiene di “dimensioni sconcertanti”. La soluzione individuata è quella di ricorrere all’aiuto del costruttore di elicotteri “Giovanni Agusta S.p.A.”, con cui l’aeroclub ha già avuto modo di collaborare, chiedendo l’intercessione del cav. Domenico Agusta, presidente dell’azienda. Nella lettera inviata al cavaliere il 23 aprile 1966 si esplicita la richiesta con queste parole: “Le chiediamo caldamente di esaminare con benevola attenzione la richiesta dei nostri amici giacché non vediamo, al di fuori degli “Agusta-Bell” tipo 204-B e tipo 205, altre macchine capaci di effettuare l’ardita impresa”. Dopo svariati solleciti il cav. Agusta acconsente incaricando il proprio comandante Lancia, pilota capo collaudatore, a coordinare e quindi ad eseguire l’impresa. Si richiede una richiesta formale ed è curioso, secondo Dall’alto: l’elicottero in volo con il primo igloo; lavori di assemblaggio del secondo manufatto.

Sentieri e Parole


quanto già evidenziato nel precedente articolo, come la medesima lettera di richiesta sia inoltrata il 30 settembre a firma del presidente del CAI Lecco, Dino Maroni, e il 5 ottobre su carta intestata dei Ragni a firma Riccardo Cassin. Il tempo però è trascorso e l’inverno è alle porte, il brutto tempo impedisce il trasporto; se ne dovrà riparlare l’anno successivo. Il piano B In realtà qualcosa è già stato portato in Grignetta ed è stato montato: si tratta del basamento in putrelle di acciaio. Il basamento avrebbe richiesto tempi di realizzazione non compatibili con la necessità di trattenere a Lecco il meno possibile l’elicottero. I pezzi hanno raggiunto la cresta Cermenati, alla base del canale finale, grazie alla teleferica del Giovanni della Grigna, al secolo Giovanni Lafranconi che nel precedente articolo era stato erroneamente indicato come Giovanni Zucchi (nota dell’autore). Questo personaggio vende bibite e panini in cima alla Grignetta e per i rifornimenti utilizza una teleferica artigianale, mossa dal motore di un Moto Guzzi Galletto, mandellese come il suo padrone. La teleferica sorvola obliquamente il canale Caimi in un’unica campata. I pezzi percorrono quindi l’ultimo tratto di cresta fino alla cima sulle spalle di Ragni e amici. L’estate successiva si è pronti per Dall’alto: Battista Corti e, alla teleferica, Giovanni Lafranconi; il trasporto in vetta della cupola del secondo igloo; il bivacco appena completato. Foto archivio Cai Lecco.

Sentieri e Parole


terminare il lavoro. Mancano due lotti: l’involucro in alluminio, del peso finale di circa 460 kg, ed i rivestimenti lignei interni con l’altarino e le cassepanche. Agusta latita e, da una visita diretta presso l’azienda per incontrare il comandante Lancia, si apprende come questi sia oberato dal lavoro e non possa garantire il supporto offerto l’anno precedente. Il comandante invita a fare nuovamente richiesta al cav. Agusta, ma intuendo il rischio di un diniego si studia un piano B. L’alternativa è coinvolgere l’aeronautica militare attraverso l’on. Bertinelli di Como, in quel momento ministro per la riforma della pubblica amministrazione, ma che nel proprio curriculum vanta un sottosegretariato all’aeronautica militare ed inoltre è stato presidente generale del Club Alpino Italiano. Come previsto si dovrà procedere su questa strada ed il coordinamento con l’aeronautica è affidato a Gianni Lenti, in permanente contatto con il Comandante della 1a Regione Aerea di Milano e, per gli aspetti pratici, ad un certo geometra Guido Sala di Seveso. Il comandante suggerisce come scrivere la lettera di richiesta, su carta semplice del CAI Lecco, ed in particolare invita a far sottoscrivere la lettera anche al Gruppo Ragni, alla SEL ed al CAI Centrale, affinché il ministero comprenda l’unità d’intenti della città. Non si ferma a queste indicazioni, ma va ben oltre: “Nella lettera bisogna anche dire qualche piccola bugia, Dall’alto: raduno di alpinismo giovanile in Grignetta nel 1971. Foto archivio G. Comi, CAI Lecco; Gagliardetto dei Ragni e dedica a Bruno Ferrario sulla porta dell’igloo. Foto archivio Cai Lecco

Sentieri e Parole


come ad esempio che l’elicottero può atterrare sulla vetta della Grigna, che si tratta di un ricovero e non di una cappelletta, che il ricovero è divisibile in quattro parti e non in due sole, ecc. Di tutto ciò, però, non dovete preoccuparvi perché i piloti dell’elicottero conoscono già la situazione e sanno di poterla affrontare facilmente”. Il trasporto, inizialmente programmato entro il 27 agosto, viene spostato a dopo il 12 settembre. Il giorno definitivo sarà in realtà il 18 ottobre 1967. I piloti giungono a Lecco e soggiornano all’hotel Griso, mentre la base di partenza è presso il centro sportivo del Bione. Per il 18 ottobre sarebbero previsti tre voli, ma il primo, causa il forte vento, si riduce ad un volo di ricognizione. Il pomeriggio stesso, calato il vento, l’elicottero pilotato dal comandante Villani assistito dal motorista Rossi, atterra in vetta e scarica dalla carlinga i rivestimenti lignei interni. Ci si appresta al trasporto più spettacolare, quello dell’involucro, ma un’avaria al motore costringe il pilota a rientrare a Linate. Si riprova il 23 ottobre. Il bivacco è agganciato ai cavi e, fallito il tentativo di Rinaldo Perossi di farsi trasportare all’interno dell’involucro a mo’ di astronauta, può decollare verso la vetta dove, ad attendere per lo sgancio ed il fissaggio sono presenti: Riccardo Cassin, Massimo Achille, Alfredo Conti “Zeno”, Battista Corti “Crapun”, Annibale Zucchi, Sandro Maggi, Giuseppe Ferranti, Nino Locatelli, Emilio Dall’alto: una delle prime messe celebrate nell’igloo; il trasporto in prossimità della vetta emerge dal mare di nebbia.

Sentieri e Parole


L’ ultima luce in Grignetta. Foto di Francesco Rinaldi

Valsecchi “Lupetto” e Mario Colom-

bile ottenere un nuovo elicottero e

Ragno, mentre l’elicottero si allonta-

bo “Snapitus”. L’esito di questo volo è

la volontà di realizzare comunque la

na senza danni apparenti. Passato lo

noto, e si risolve con la distruzione del

cappelletta prevale.

spavento ci si preoccupa delle conse-

manufatto.

Le sezioni vengono trasportate con

guenze legali; quella teleferica, al pari

la teleferica del Lafranconi, quindi, a

di molte altre sulle montagne lecche-

spalla, fino alla vetta dove sono as-

si, pare non abbia alcun permesso. In

Non ci si perde d’animo e Giacomo

semblate. Lunedì 4 novembre 1968 si

realtà nulla succede. Pare infatti che

Cereghini, figlio dello scomparso pro-

può finalmente inaugurare la struttu-

anche l’elicottero stesse effettuando

gettista Mario, ripensa alla struttura.

ra. Come si vede è una storia ricca di

un volo “turistico” non autorizzato

L’obiettivo è sezionare il manufatto in

aneddoti e curiosità che non termi-

accompagnando qualche caporione a

settori da giuntare sul posto. Certa-

nano con l’installazione. Una vicenda

visitare dall’alto le guglie della Grigna.

mente si perde un po’ di quell’aspetto

curiosa coinvolge anche la teleferica.

Giustificare quel volo fuori ordinanza

La fine della teleferica

monolitico concepito dal padre e si

È una bella giornata e Zeno Conti

sarebbe stato particolarmente compli-

introducono rischi di tenuta all’acqua

con un cliente sta percorrendo il ca-

cato e così si mette un coperchio su

assenti in una struttura completa-

nalone Caimi. Un elicottero della fi-

ogni cosa. Il motore e l’argano resta-

mente saldata, ma ormai è impensa-

nanza sorvola più volte la Grignetta.

no in loco per alcuni anni poi anche

Ad un certo punto una frustata taglia

questi sono rimossi. A testimonianza

l’aria ed il cavo della teleferica, tran-

dell’esistenza di questa installazione

ciato dal pattino dell’elicottero, pre-

restano ben visibili i plinti di fonda-

cipita nel canalone a pochi passi dal

zione.

Sentieri e Parole


IL LIBRO FANTASMA di Angelo Faccinetto

C

ominciamo dal libro, che poi è l’inizio della nostra storia. Un

giorno d’inverno, poco più di

due anni fa, Gigi Alippi suona a casa di Adriana Baruffini. Non porta il consueto articolo, sotto il braccio ha un

piccolo malloppo. E’ legato con un nastro sbiadito in una cartelletta stinta. Poche parole. “Ho trovato questo in un baule, fatene quello che volete”. E il piccolo malloppo è rimasto lì, sul piano del comò, in attesa di essere preso in mano. Succede quasi sempre, in questi casi. Poche settimane dopo Gigi se ne è andato. E quei fogli, chiusi dentro la cartelletta, sono rimasti in attesa di un lettore. E soprattutto di una spiegazione. Quei fogli sono un libro di più di 250 pagine. Un libro dattiloscritto, con tanto di bozza di copertina, di presentazione firmata Gruppo Ragni (e questo spiega forse perché si trovasse proprio nel baule di Gigi), di schizzi, di indicazioni tipografiche, quote per le fotografie, correzioni, margini. Un libro pronto per andare in stampa. Che però non è mai stato stampato. E che ha dovuto attendere più di trent’anni per avere il suo primo lettore. 13 u omini, 3 cime Non è il classico libro di montagna, “Tredici uomini sotto il Polo”. Troppo spiritoso, forse anche un po’ naif. Troppo attento agli aspetti umoristici, agli aneddoti, alle mangiate, alle cantate un po’ stonate, ai sogni. Ai dettagli non alpinistici, insomma. Parla però di una spedizione alpinistica della tar-

Il Canèla da una delle tre vette salite mostra il gagliardetto dei Ragni e del Comune di Mandello. Foto archivio Pierlorenzo Acquistapace

da primavera del 1985, meta le Isole

stato. Né quella primavera né mai. Non

Svalbard. A raccontarla è Eugenio Al-

per caso in copertina una scritta (corpo

borghetti, giornalista, bergamasco, “un

22 tondo, è l’indicazione per il tipografo)

tipo estroso”, come lo ricordano oggi gli ultimi protagonisti di allora. Uno che alle Svalbard, tra l’altro, per raccontare quell’impresa non c’è proprio

Sentieri e Parole


sulle Orobie, una quindicina solo sulla Presolana) – ma quella, una spedizione indipendente senza il supporto ufficiale del CAI, se la ricorda bene. “Per i vecchi e per i Ragni, era una specie scampagnata, ma per me …”. Ricorda le spese sostenute (“duecentomila lire, gli altri soldi li aveva raccolti Milesi tra le aziende della zona”), ricorda il viaggio, ricorda i compagni. Il Rota, titolare di una ditta di ristorazione che aveva fornito il cibo e faceva il cuoco; il Regazzoni, l’ingegnere-pittore che aveva immortalato la spedizione nelle sue tele (quando il colore non congelava nei tubetti), oggetto poi di un’esposizione al CAI di Bergamo; il Berlinghieri, maestro di sci a Colere, “il più prestante del gruppo”; il Morandi, l’allenatore di Lara Magoni nell’anno dell’oro olimpico di Sarajevo, poi scomparso in un incidente di jeep; i Ragni, incontrati in seguito più volte ai raduni degli accademici. E ricorda le tre cime raggiunte. Cime fino ad allora inviolate, una delle Eugenio Spiranelli e Gigi Alippi verso la vetta. Foto archivio Ennio Spiranelli.

quali è stata intitolata a Radici, quello dell’azienda di Leffe.

spiega: Eugenio Alborghetti racconta

Sandro Rota, Pierdomenico Regazzo-

“Dal punto di vista alpinistico non

una spedizione di Beppe Milesi. Forse

ni, Danilo Conte, Ennio Spiranelli e tre

erano niente di particolare – racconta

anche per questo non ha mai visto gli

Ragni di Lecco: Gigi Alippi, Pierloren-

- Tre montagne sui 1500 m, con dif-

scaffali di una libreria, in un’epoca in

zo Acquistapace e Annibale Zucchi.

ficoltà di 3° grado al massimo. Qual-

cui la letteratura di montagna era tutta

Oltre a un tredicesimo componente,

che cresta, un po’ di misto, roccia vul-

concentrata sulla riflessione sui limiti e

misteriosamente indicato come “otti-

canica, friabile. Ma erano appena sotto

sul loro superamento by fear means,

mo conducente di Tir”, in realtà con un

il Polo Nord, ben oltre il 70° parallelo,

con mezzi leali, come si diceva.

cognome: Rossi, alpinista e camionista.

e per arrivarci avevamo dovuto fare

A riannodare il filo dei ricordi, qua-

50 km con gli sci e con tutto il baga-

Capo spedizione è Beppe Milesi da

si 33 anni dopo, è Ennio Spiranelli da

glio. Una di queste montagne l’abbia-

Ranica (Bergamo), guida alpina e ma-

Nembro, con i suoi 23 anni allora il più

mo salita insieme, tutti quanti, facendo

estro di sci. Con lui, l’aostano Agosti-

giovane del gruppo. Oggi accademico

poi a turno per stare in vetta almeno

no Tamagno, i bergamaschi Luigi Rota,

del CAI e presidente del Gruppo alpi-

qualche momento: troppo piccola per

Tony Morandi, Ubaldo Berlinghieri,

nistico nembrese, Spiranelli era alla sua

contenerci tutti. Gigi Alippi voleva gi-

prima spedizione. Altre, più importanti,

rare un film sulla spedizione”. A pro-

ne sarebbero seguite – al Broad Peak,

posito, nel bagaglio erano compresi

poi in Pakistan, in Alaska, in Groenlan-

anche i fucili. “Dovevamo portarli per

dia (insieme a tante nuove via aperte

difenderci dagli orsi, ma alla fine degli

Sentieri e Parole


La banchisa e sullo sfondo il Righen Tuppen . Foto archivio Pierlorenzo Acquistapace

orsi abbiamo visto solo le impronte.

ramponi, sci, fornelli da cucina, mac-

tal ora. Poi ancora un balzo di due-

Sono serviti a qualcuno per andare

chine fotografiche. E a due furgoni.

mila chilometri ed ecco le Svalbard,

a caccia di pernici bianche e di oche

E’ ol Bèpe Milés che parte per il Polo

anzi, Longyearbyen con le sue renne

selvatiche”. L’ideale per dare un senso

Nord e guadagna punti agli occhi dei

nane e le sue miniere di carbone che

all’abbondante, e pesante, provvista di

compaesani. Perché le voci si spargo-

striano di nero il bianco della neve.

farina gialla, portata a spalla con non

no in fretta. “Ce n’è uno che è sta-

Poi un altro volo, in elicottero questa

poca fatica.

to all’Everest” (Tamagno, nel ’73, con

volta, e infine la solitudine dei ghiacci

Monzino). “Ce ne sono due che hanno

e il Righen Tuppen sullo sfondo oltre

fatto il McKinley col Cassin” (Alippi e

la banchisa. La meta e l’inizio dell’av-

Zucchi). “Ce n’è un altro che ha fatto

ventura.

Per conoscere il resto non c’è che sfogliare il libro. Ranica, ore 8 La storia comincia a Ranica, due

il Cerro Torre” (Acquistapace). Mica gente così.

Un’avventura che comincia con la sfida al divieto di portare alcoolici im-

passi da Bergamo, piazza del muni-

Poi c’è il viaggio. Sessanta ore tirate,

posto dal governatore locale – un paio

cipio. Sono le 8 del 16 maggio 1985.

da Ranica a Tromso, nord della Nor-

di bottiglie di whisky ben nascoste nel

Attorniato da curiosi, un gruppo di

vegia. Con tutti i membri della spedi-

bagaglio, per brindare alle conquiste

uomini vestiti da montagna (allora

zione che si alternano alla guida, sen-

imminenti – e continua, nella luce pe-

si distinguevano bene, per via del-

za pause, ingollando panini e cantando

renne dell’estate boreale, combatten-

le camicie a quadri, dei pantaloni alla

a squarciagola nell’abitacolo pieno di

do una micidiale escursione termica:

zuava e degli scarponi pesanti - da

fumo. E la Svizzera, la Germania, la

poco erano stati abbandonati quelli di

Danimarca, la Svezia, la Norvegia che

cuoio grasso) si dà da fare attorno a

passano sotto le gomme. Imperati-

un mucchio di borse, zaini, piccozze,

vo, arrivare all’aereo prenotato per la

Sentieri e Parole


dai meno trenta ai più venticinque.

levarsi timidamente l’aria di Montagne

Si fa qualche tappa, si montano e si

Ovviamente nelle giornate di sole. O

valdotaine. Più seriamente, si intrec-

smontano tende, si prende d’assal-

raccogliendo carbone dalle vene af-

ciano racconti di spedizioni passate

to qualche bungalow libero, si cucina,

fioranti, per avere il fuoco per il mi-

e di progetti futuri. Il Gigi, il Canèla,

si ingollano panini, si beve, si fuma, si

nestrone e la polenta senza dover re-

l’Annibale, Tamagno, ol Milès … tutti ne

canta. Si russa. Il 14 giugno si smonta

cuperare lontano le pesantissime (da

hanno da raccontare.

l’ultimo “campo”, poi è un volo attra-

portare) bombole di gas.

Poi il 9 giugno il convoglio del-

verso la Svizzera fino alla dogana di

Poi l’aspetto alpinistico, con le sue

la spedizione polare inverte la rotta e

insidie. Le rocce vulcaniche, friabi-

punta verso Sud. L’asfalto torna a cor-

A Bergamo e sotto la Grigna aspetta

li, che offrono una scarsa tenuta ai

rere veloce sotto le gomme dei due

la vita di sempre. Le Svalbard sono un

chiodi; le creste di misto, da affron-

pulmini. Non sono però 40 ore filate

ricordo consegnato al filmino del Gigi

tare sempre con la dovuta attenzione.

di guida, come all’andata. I tredici uo-

e a un libro. Che adesso, forse, non è

L’ambiente ostile, le creste infinite che

mini se la possono prendere comoda.

più soltanto un libro fantasma.

danno l’illusione della vetta e la vetta che non arriva mai. Perché se le montagne sono basse, si parte dal livello del mare e un chilometro e mezzo in verticale è sempre un chilometro e mezzo. Ma alla fine gli spuntoni che danno l’illusione della cima finiscono e si arriva alla vetta. Dove qualcuno trova il modo di posare una madonnina, ancorandola con qualche chiodo alla roccia, per esaudire il desiderio di un amico sacerdote e lasciare un segno dell’avvenuta conquista. Poi alla prima vetta se ne aggiungono altre due. L’ultima viene raggiunta in coppia proprio da Gigi Alippi e Ennio Spiranelli, i protagonisti, trent’anni dopo, di questa storia. Così si fa tre, numero perfetto. Tra una salita e l’altra, dalle tende, nelle ore di riposo o di attesa, per celebrare una conquista o propiziare la successiva, si alzano canti che hanno il potere di appianare divergenze e dissapori e di far svanire dubbi e stanchezza, ma che esaltano anche le rivalità di campanile. Così la Leg-

genda della Grigna viene sovrastata da Noter de Berghem, mentre nelle pause dell’acre duello canoro cerca di

Sentieri e Parole

La bozza di copertina del libro mai pubblicato

Chiasso.


PUNTE E PASSI di Adriana Baruffini

C

’è un vecchio libro, Punte e

mente anni fa a casa di amici e non

sulle montagne di casa, cogliere l’essenza

passi. Ascensioni e traversate

l’ho più abbandonato, facendone la

dell’andare per monti a cavallo fra ’800 e

nelle Alpi della Valtellina, dei

mia “guida del cuore” per affrontare

’900, negli anni che videro il passaggio

Grigioni e del Tirolo, che da qualche

da escursionista (più passi che pun-

graduale e non sempre lineare dalla fase

anno mi accompagna nelle mie estati

te) itinerari mai percorsi, rivedere con

pionieristica ed esplorativa dell’alpinismo a

valtellinesi; l’avevo incontrato casual-

sguardo diverso luoghi già conosciuti

nuove idee e tecniche.

Dall’alto: immagine recente della chiesetta di Ambria, villaggio caro a Galli Valerio; le baite ristrutturate nulla tolgono al suo splendido isolamento. Foto di A. Baruffini 2018; una pagina del libro con foto di Alfredo Corti che riprende il villaggio di Agneda.

Grazie a questo libro, ed è la cosa più importante, ho avuto l’opportunità di penetrare nel mondo dell’autore, Bruno Galli Valerio (1867-1943), figura affascinante di scienziato e alpinista, uomo di grande cultura, libero pensatore, capace di fare della montagna il luogo di sintesi dei propri interessi naturalistici e antropologici, svelando fra l’altro intrecci poco noti con il mondo alpinistico lecchese. Il libro

Punte e passi. Ascensioni e traversate nelle Alpi della Valtellina, dei Grigioni e del Tirolo è una vecchia guida pubblicata in francese nel 1912, tradotta in italiano e ristampata nel 1998 per iniziativa del CAI di Sondrio. Il titolo riprende quello di una rubrica del giornale “La Valtellina”, che fra il 1888 e il 1910 aveva ospitato numerosi scritti di Bruno Galli-Valerio sulle montagne valtellinesi. L’autore aveva poi rielaborato questo materiale, l’aveva tradotto in francese con il titolo Cols et sommets, Ascensions

et traversées dans les Alpes de la Valteline, des Grisons et du Tyrol e pubblicato presso l’editore Edwin Frankfurter di Losanna. I curatori dell’edizione più recente, Lui-

Sentieri e Parole


sa Angelici e Antonio Boscacci, hanno

inglese e autore di Italian Alps (1875),

effettuato la traduzione dal francese

che il 25 luglio 1894 Bruno Galli Vale-

avvicinandosi il più possibile agli scritti

rio accompagnò sul Redorta.

originali in italiano e inserendo delle

Prima della prefazione una dedica:

note che agevolano la comprensione

“Alla memoria di mio padre che tanto

del testo. Le immagini utilizzate non

ha amato le Alpi”

sono quelle dell’edizione francese, a bassa qualità di stampa, ma sono foto scattate negli stessi anni da Alfredo Corti, altro profondo conoscitore delle

La vita e le idee Bruno Galli Valerio nasce a Lecco il 4 aprile 1867.

montagne valtellinesi. L’unica foto ori-

Il padre, Ambrogio Galli, Intenden-

ginale è quella della copertina, impre-

te di Finanza, è un uomo di notevole

ziosita, come tutte le pagine illustrate,

rigore morale, ha un forte senso del

da motivi decorativi di gusto liberty.

dovere, non tollera ingiustizie e so-

Gli itinerari descritti, settanta in to-

prusi, valori questi che trasmette al

tale, partono dalle Alpi Orobie per ar-

figlio, insieme con la passione per la

rivare ai gruppi di Val Grosina, Val di

montagna. La madre, Emilia Valerio,

Campo, Val di Livigno, Val di Fraele e

gli comunica un profondo sentimento

Ortles-Cevedale, spaziando attraver-

della natura e l’amore per gli animali.

ordinaria di Batteriologia e igiene che

so i gruppi del Disgrazia, di Valmasino,

L’ambiente famigliare offre inoltre al

occupa fino al 1938, anno in cui è co-

dell’Albigna e del Forno, del Bernina,

giovane Bruno, di intelligenza vivace

stretto a concludere la sua carriera per

dello Scalino-Painale.

e molto ricettivo, gli stimoli per ap-

raggiunti limiti di età.

Bruno Galli Valerio in una foto tratta da Punte e passi

Ogni racconto contiene informazioni

profondire altri campi del sapere, dalla

Scienziato di valore internazionale,

dettagliate sul percorso, sulle difficoltà

musica, alla letteratura, all’arte, alla co-

a testimonianza della sua vasta at-

incontrate e le strategie adottate per

noscenza delle lingue, alla politica e

tività di ricerca ha lasciato oltre 450

superarle, sui punti di appoggio che,

alla storia.

scritti che spaziano dall’infettivologia,

salvo eccezioni, sono baite di pastori,

Nel 1872, il padre è trasferito a Ber-

all’igiene e profilassi, alla clinica uma-

stalle o fienili. E poi rilievi sulle con-

gamo e successivamente nell’Italia

na, alla veterinaria, alla zoologia e alla

dizioni meteorologiche, descrizioni di

centro-meridionale; la famiglia lo se-

botanica.

panorami con l’identificazione di tutte

gue per poi fare ritorno in Lombar-

Sia negli anni milanesi che in quel-

le cime visibili, osservazioni personali,

dia nel 1879, questa volta a Sondrio,

li di Losanna trascorre regolarmente

annotazioni scientifiche sulla flora, la

“al centro delle Alpi”, dove Galli Valerio

nella “sua” Valtellina i periodi di vacan-

fauna, le rocce.

svolgerà la maggior parte della sua at-

za fino al 1915, anno in cui interrompe

tività di escursionista e di alpinista.

definitivamente questa consuetudine

A rendere gradevole la lettura contribuiscono aneddoti, citazioni lettera-

Nel 1890 si laurea in Medicina ve-

a seguito di un episodio di contesta-

rie, insegnamenti, ritratti di persone, si-

terinaria all’università di Milano. Com-

zione subito a Sondrio da parte di un

ano esse compagni di salita, montanari

pleta gli studi presso l’Università di

gruppo di studenti interventisti che,

incontrati sugli alpeggi o guide, primo

Losanna, dove in soli due anni riesce a

mal tollerando la sua dichiarata av-

fra tutti Giovanni Bonomi di Agne-

laurearsi in Medicina umana.

versione all’entrata in guerra dell’Italia,

da, compagno di molte ascensioni. E

Dal 1892 al 1897 insegna Patolo-

lo aveva accolto con fischi e invettive.

poi alpinisti anche famosi, come D.W.

gia generale alla Scuola superiore di

L’antimilitarismo fu di fatto uno dei

Freshfield, presidente del Club alpino

medicina veterinaria di Milano. Viene

principi portanti del pensiero politico

quindi chiamato dall’Università di Lo-

di Bruno Galli Valerio. In nome del-

sanna, prima sulla cattedra straordina-

la giustizia sociale, della libertà e della

ria di Parassitologia e medicina spe-

pace, aderì al socialismo e portò avanti

rimentale, poi, dal 1904, sulla cattedra

con gli scritti e con le opere numerose

Sentieri e Parole


A partire dal 1915, e finché le condi-

ne in più. Quanto non ha a che fare

zioni di salute glielo consentono, meta

intimamente colla punta da scalare

delle sue ascensioni sono le monta-

non li riguarda. Non sono questi gli

gne del Vallese, il Giura, il massiccio di

alpinisti che voglio con me. Vengano

Naye alle spalle di Losanna.

quelli che amano tutte le bellezze della

Galli Valerio muore il 12 aprile 1943

natura, quelli che sentono veramente

e le sue ceneri, come da suo espresso

la poesia della montagna. Vengano, e

desiderio, vengono sparse nella Turt-

pur avendo per meta le cime più diru-

manntal, la valle nei pressi di Losanna

pate e più difficili, porteremo assieme

da lui tanto amata.

lo sguardo nelle valli che vi mettono capo”. E in un altro passaggio, con-

L’alpinista

La copertina del libro, con una foto di Bruno Galli Valerio che mostra la chiesetta di S. Giacomo di Fraele

dannando “l’alpinismo di parata”, con-

In famiglia Bruno Galli Valerio re-

stata con rammarico che “l’alpinismo

spira il clima pedagogico divulgato

è nei più una moda, non una nobile

da Antonio Stoppani, imparando pre-

passione”. Profondamente empatico

cocemente ad amare la montagna e

nei confronti della gente umile che

l’ambiente naturale.

vive nelle baite di montagna, si trova a

“Ringrazio mia madre e mio padre

disagio “tra i preti, i moscardini (gio-

battaglie a favore delle classi più umili

per essere divenuto un alpinista. Sono

vanotti alla moda, ndc) e le guide di

e sfruttate per migliorarne le condi-

loro che, dai miei primi anni, hanno

Santa Caterina”.

zioni di vita. Emblematico di questo

fatto tutti gli sforzi per sviluppare in

Scrive Antonio Boscacci nella nota

impegno è il manuale Igiene operaia,

me il gusto per le bellezze della na-

biografica introduttiva a Punte e passi:

pubblicato a Losanna nel 1906, pic-

tura. Fu dapprima sulle rive del lago di

“Pur essendo il più profondo conosci-

colo trattato di Medicina del lavoro

Como e tra le belle montagne che lo

tore delle montagne valtellinesi negli

nel quale l’autore illustra le norme per

circondano che ho debuttato nell’al-

anni a cavallo fra Ottocento e No-

prevenire le malattie professionali e

pinismo”.

vecento, Bruno Galli Valerio ha avuto

sostiene l’importanza delle lotte ope-

Così scrive nella prefazione a Pun-

scarsa considerazione, purtroppo, da

raie per il miglioramento delle con-

te e passi, specificando che il padre,

parte di coloro che si sono occupati

dizioni di lavoro e della sicurezza in

uno dei primi salitori della Grigna, lo

della storia dell’alpinismo in provincia

fabbrica.

portò con sé ancora molto piccolo in

di Sondrio […] E’ stato certamente il

molte escursioni e per abituarlo a non

primo e il più sistematico ricercato-

soffrire di vertigini lo fece passare più

re di vie nuove, passaggi e traversate

volte su una trave buttata in mezzo a

sulle montagne che vanno dal lago di

un torrente. Ricorda anche che con il

Como fino allo Stelvio. Salito su una

padre compì la sua prima ascensione,

montagna individuava nuove pos-

meta il Monte Barro: “Vedo ancora il

sibilità di percorso nelle montagne e

sentierino a zig-zag, le piante secolari,

nelle valli vicine e la settimana dopo,

il convento abbandonato, lo splendido

il mese o l’anno dopo, era là a pro-

panorama sui laghi e le montagne”.

vare la via nuova, il nuovo passaggio,

La capanna Marinelli in un’immagine recente

Poche righe nella stessa prefazione,

la nuova traversata. Per molti giorni la

perfettamente in linea con il pensie-

sua sveglia coincideva con il canto del

ro di Stoppani, riassumono l’idea che

gallo (o anche prima) e la sua giornata

Bruno Galli Valerio ha dell’alpinismo e di chi lo pratica: “Vi sono molti alpinisti il cui unico scopo è di scrivere nelle loro note di viaggio un’ascensio-

Sentieri e Parole


terminava con il buio della sera: 16-18 ore di cammino erano per lui cose del tutto normali […]. Poi, ogni estate nel mese di agosto, compiva una traversata di più giorni “partendo sempre a piedi da Sondrio”. Un ulteriore parere tecnico da un altro alpinista valtellinese, Beno (Le Montagne divertenti, 2011, 16, pagina 28): “Il luogo comune più sbagliato è pensare che coi mezzi di oggi quelle salite siano banali: certe vie corrono dove è impossibile assicurarsi e su scisti dove l’alpinista moderno non saprebbe dove piazzare i suoi ancoraggi. Gli avvicinamenti farebbero rabbrividi-

La valle di Cigola che sale da Ambria verso il passo omonimo, nel cuore delle Alpi Orobie luoghi particolarmente cari a Galli Valerio. Foto di A. Baruffini 2018

re anche lo skyrunner più allenato […] Le vie su neve o ghiaccio venivano percorse senza ramponi […]. I pionieri inoltre non sapevano se una data parete o cresta fosse effettivamente percorribile, per cui un errore di valutazione poteva costare davvero caro”. Galli Valerio ha al suo attivo l’apertura di diverse nuove vie che descrive accuratamente nel libro citato. Nelle

A chi volesse approfondire la conoscenza di Bruno Galli Valerio consiglio la lettura di due begli articoli di Raffaele Occhi:

Bruno Galli Valerio alpinista, scienziato, libero pensatore, pubblicato su IL NATURALISTA VALTELLINESE. Atti Museo civico Storia naturale di Morbegno”, 20, 2009, 67-95, corredato da una ricca bibliografia Sulle orme di Bruno Galli-Valerio, l’ultimo filosofo della montagna in “Le montagne divertenti”, 16, primavera 2011, 13-27

sue ascensioni spesso si fa accom-

occhi dei valligiani, siano essi pastori,

scientifico con cui osservano, de-

pagnare da Giovanni Andrea Bonomi

cacciatori o contrabbandieri, è ancora

scrivono e cercano di interpretare i

(1860-1939), validissima guida alpina

avvolta in un alone di mistero.

fenomeni naturali, la poliedricità degli

di Agneda alla quale fu legato per tut-

interessi, lo spirito divulgativo.

ta la vita da profonda amicizia. Aveva

I rapporti con il mondo lecchese

conosciuto anche suo padre, guida

Ho già accennato al clima culturale

esperta per ascensioni alle cime di

nel quale si forma Bruno Galli Vale-

Cermenati (1868-1924), futuro presi-

casa, nel gruppo centrale delle Orobie.

rio, all’ombra di Antonio Stoppani. Gli

dente del CAI Lecco, che in quella città,

Al “vecchio Bonomi” è dedicato il ca-

insegnamenti di quel grande maestro

ospite dei nonni materni, frequentava

pitolo introduttivo di Punte e passi dal

affiorano ovunque nei suoi scritti. Si

l’istituto tecnico. Con lui collabora alla

titolo “Intorno a Sondrio”: racconto

possono trovare nelle descrizioni pa-

fondazione della rivista “Il naturalista

struggente del suo funerale, ricordo di

esaggistiche, ad esempio quelle dei

valtellinese, giornale di scienze natu-

avventure vissute insieme, narrazio-

laghi alpini, particolarmente cari a en-

rali”. Su quella pubblicazione mensile,

ne tra il reale e il fantastico, non priva

trambi gli autori. Stoppani raggiunge

della quale uscì solo un’annata, Bruno

di spunti umoristici, di una montagna

a tratti livelli elevati di lirismo, quando

Galli Valerio pubblica articoli riguar-

dove vivono orsi e basilischi e che agli

parla delle bellezze della montagna; lo

danti l’entomologia, la mammalogia,

stile di Galli Valerio è generalmente

l’ornitologia, comunicando i risultati

più asciutto, ma ugualmente capace

delle osservazioni messe a punto du-

di comunicare emozioni. In comune

rante le sue escursioni in montagna.

Sentieri e Parole

i due autori hanno l’atteggiamento

Nei primi anni trascorsi a Sondrio Bruno Galli Valerio conosce Mario

Gli echi di quegli anni caratterizzati


l’altro compagno di quell’ascensione, è un alpinista di Lecco, socio fondatore della Società escursionisti lecchesi. Con Ongania, il 18 agosto 1901, Galli-Valerio, compie la seconda salita alla Cassa del Ferro, partendo da San Giacomo di Fraele e scendendo poi a Livigno. “La Cassa del Ferro è circondata come da una leggenda: passa per essere una delle cime più difficili da ascendere” - commenta nel libro. Con i due alpinisti ci sono anche il dottor Cattaneo e Alfredo Corti, che ho già citato come una delle figure più rapLa Vetta di Ron e la Cima Brutana, nel gruppo dello Scalino Painale di cui Galli Valerio ha salito ogni punta. Foto di A. Baruffini 2018

presentative dell’alpinismo valtellinese delle origini, anche lui scienziato e fotografo di valore. Per Galli-Valerio e

da una particolare vivacità del dibat-

di Bobbio. Sindaco di Lecco dal 1897

Corti la salita alla vetta è preceduta da

tito scientifico riaffiorano ovunque in

al 1909, si distinse per le sue idee

Punte e passi, come a pagina 27 della

nove giorni di cammino a piedi, con

progressiste che lo indussero a pre-

partenza da Sondrio, tra valli, passi e

prefazione, quando l’autore, elencando

se di posizione contrastanti con la li-

cime di tutto rispetto, nello stile del

la bellezza e l’interesse delle valli preal-

nea reazionaria dei governi dell’epoca,

nostro uomo e di molti alpinisti del

pine poste intorno ai villaggi di Ambria

sempre schierato contro le ingiustizie

tempo.

e di Agneda, cita due specie vegetali,

sociali e lo sfruttamento dei lavoratori.

la Sanguisorba dodecandra e la Viola

“Da dove prendesse tutta quell’e-

Alla memoria di Giuseppe Ongania

comollia, caratteristiche di quei luo-

nergia è un fatto difficile da capire

Galli Valerio dedica la cronaca delle

- scrive Antonio Boscacci – anche

ghi. E a questo proposito, ispirato dal

ascensioni al Badile e al Cengalo ef-

perché era un uomo molto sobrio che

suo senso di giustizia, non può fare a

fettuate il 15 e 16 agosto 1898 dalla

consigliava di mangiare poco e che

meno di ricordare che a scoprirle non

capanna Badile, costruita nel 1887 là

trovava molto utili le sardine all’o-

furono scienziati accreditati dal mon-

dove alcuni anni dopo sorgerà la Gia-

lio (dopo aver consumato le sardine,

do accademico bensì un umile medico

netti.

l’olio, diceva, poteva essere ben im-

valtellinese appassionato di montagna

La salita al Badile per lo sperone sud

piegato per ungere gli scarponi)”. Ma

e di botanica, il dottor Giuseppe Filippo

fu compiuta da un gruppo di 13 per-

per suggerimenti spiccioli su come

Massara rimasto nell’ombra.

sone che si erano casualmente incon-

attrezzarsi per affrontare un’escursio-

Passando a un discorso più stret-

trate al rifugio. Fra di loro Bruno Galli

ne, un’ascensione o un cammino di più

tamente alpinistico, il personaggio

Valerio, Giuseppe Ongania, Alfredo

giorni in montagna conviene attinge-

lecchese di maggior spicco che tro-

Redaelli e la guida Giovanni Bonomi.

viamo accanto a Bruno Galli Valerio è

Furono questi quattro che insieme, il

re direttamente alla Guida Medica per

Giuseppe Ongania (1869-1911). Oltre

16 agosto, aprirono una nuova via sul-

che protagonista di varie importan-

la parete sud-ovest del Cengalo. Una

ti ascensioni nelle Alpi occidentali e

salita epica che Galli-Valerio racconta

centrali, Ongania fu vice-presidente

in tutti i dettagli nel suo libro. La “Ri-

del CAI Lecco durante la presidenza

vista mensile” del CAI la ricorderà, in-

Cermenati e, come ingegnere, proget-

sieme alle altre ascensioni di Giuseppe

tò e seguì la costruzione della Stazio-

Ongania, nella rubrica Personalia del n°

ne alpina Antonio Stoppani al Rese-

8/1911.

gone e della Capanna Lecco ai Piani

Anche Alfredo Redaelli (1867-1963),

l’Alpinista, pubblicata nel 1893.

Sentieri e Parole


PADRE DE AGOSTINI ALPINISTA ESPLORATORE

P

di Annibale Rota

oco dopo l’uscita del notiziario

le, nel 1955 organizzò una spedizione

grafiche, edita nel 1949 a Milano dal-

con il mio articolo sulle carto-

alpinistico-scientifica al Monte Sar-

la Società Geografica G. De Agostini

line delle spedizioni alpinistiche

miento nella Terra del Fuoco. Notevole

(fondata e diretta dal fratello maggio-

sono venuto in possesso di un do-

la raccolta di dati scientifici e pieno

re), è fondamentale ancora oggi per

cumento decisamente raro: una del-

il successo degli alpinisti: il 7 marzo

chi voglia andare in quelle regioni.

le buste fatte approntare da padre De

1956 Carlo Mauri, del Gruppo Ragni

Realizzò inoltre un’accurata car-

Agostini per la spedizione scientifico-

di Lecco, e Clemente Maffei (Gueret),

tografia della Patagonia meridiona-

alpinistica al Monte Sarmiento del

guida alpina di Pinzolo, erano in vetta

le e della Terra del Fuoco, colmando

1956. Una busta di posta aerea, come

al Sarmiento, una montagna che aveva

così varie lacune presenti nelle carte

si usava una volta, con riportata an-

in precedenza respinto numerosi ten-

del tempo. E “battezzò” con il nome

che una cartina geografica del Cile e

tativi di salita, tra cui uno dello stesso

di illustri italiani alcuni ghiacciai da lui

dell’Argentina meridionali. Ho pensato

padre De Agostini.

rilevati: ricordo i ghiacciai Marconi, Pio

così di presentarla nel contesto di un

Tornato in Italia padre Alberto morì

articolo dedicato a questo particola-

il giorno di Natale del 1960 presso la

rissimo missionario.

Casa Madre dei Salesiani.

Nato a Pollone (oggi provincia di Biella) nel 1883, entrò in seminario

XI, Stoppani, Marinelli e Bertacchi. Durante le sue esplorazioni effettuò anche salite alpinistiche: nel 1913, dopo il tentativo non riu-

L’attività esplorativa e alpinistica

scito al Monte Sarmiento, salì il Monte

giovanissimo e nel 1909 venne or-

Percorse praticamente tutta la Pata-

dinato sacerdote salesiano. Scelse di

gonia Meridionale e tutta la Terra del

nel 1930, con alcune guide alpi-

diventare missionario nelle zone me-

Fuoco e raccontò dettagliatamente i

ne fatte venire dall’Italia, salì il Monte

ridionali dell’Argentina e del Cile, dove

suoi viaggi in diversi trattati divulga-

Mayo e il Cerro Elettrico ed effettuò

i Salesiani da tempo operavano a fa-

tivi. In particolare l’opera Ande Pata-

la prima traversata assoluta della Cor-

vore delle popolazioni indigene, sem-

goniche – viaggi di esplorazione nella

digliera Patagonica centrale e dei suoi

pre più decimate dalle malattie e dalle

Cordigliera Patagonica australe, cor-

ghiacciai (Hielos Continentales), sa-

violenze legate allo sfruttamento della

redata da numerose fotografie, anche

lendo anche due cime minori, i Monti

zona da parte dei grandi allevatori di

panoramiche, e da diverse carte geo-

Torino e Milanesio.

ovini e bovini. Arrivato in Sud America nel 1910, padre De Agostini tra il 1912 e il 1945 affiancò alla propria attività pastorale numerosi viaggi esplorativi nella Patagonia meridionale e nella Terra del Fuoco, avendo come base operativa Punta Arenas sullo Stretto di Magellano. Dopo una lunga parentesi dedicata all’elaborazione dei materiali raccolti ed all’attività strettamente pastora-

Sentieri e Parole

Un’immagine di Padre De Agostini

Oliva;


Una foto del Monte Sarmiento

Nel 1943 con due guide alpine svizzere conquistò la vetta del Monte San

dizioni degli ultimi indigeni della Patagonia e della Terra del Fuoco.

Lorenzo, la seconda montagna delle

L’Italia non lo ha ricordato neanche con un francobollo, cosa peraltro in comune con altri insigni italiani, sicu-

Ande patagoniche.

Onorificenze

ramente più meritevoli di molti “illustri”

Da ricordare infine il suo contributo

Il Cile gli ha dedicato un grande

alle scienze naturali e all’antropologia:

parco nazionale nella Terra del Fuoco

raccolse minerali e fossili, contribuì

e ha dato il suo nome ad un fiordo

Per quanto a mia conoscenza l’unico

alla classificazione di numerose spe-

lungo 35 chilometri. Inoltre lo ha in-

documento filatelico che lo riguarda è

cie vegetali, approfondì la conoscen-

signito dell’onorificenza “General Ber-

la sopracitata lettera di posta aerea,

za sulla morfologia glaciale delle zone

nardo O’Higgins”, la più prestigiosa del

approntata per la Spedizione del 1956

esplorate e descrisse la vita e le tra-

Cile.

al Monte Sarmiento e spedita con un

sconosciuti raffigurati sui nostri francobolli.

annullo speciale preparato dalle Poste La lettera della spedizione al Monte Sarmiento

Cilene. E’un documento molto raro: ne sono venuto in possesso dopo una lunga ricerca e la lettera raffigurata, priva del testo contenuto, è stata realmente viaggiata, in quanto reca al retro l’annullo di arrivo: “TOLMEZZO – UDINE 22-3-1956”. E’ anche l’unico documento che ricorda l’impresa di Carlo Mauri, il primo alpinista lecchese a partecipare ad una spedizione extra-europea.

Sentieri e Parole


LA SAPIENZA DEL CAMOSCIO di Dino Piazza

a distanza di cinque metri mi trovo

i piccoli si comportano come sugge-

gni giorno cerco di cam-

davanti un camoscio e subito dietro

rito dai grandi, diciamo che dal punto

minare per tenermi allenato

il suo piccolo saltati giù sul sentiero.

di vista del comportamento sono più

con le gambe e con il respiro

Spariscono all’istante e non riesco ad

avanti di noi.

e, data l’età, faccio di solito la scor-

avvicinarli, però dentro di me è rima-

Quella volta era poi arrivato il brutto

ciatoia che dopo due chilometri da

sto un senso di gioia. Mi sono ricor-

tempo ed era finito tutto rapidamente.

Ballabio entra nel bosco verso Mor-

dato di quando andavo in montagna

La settimana successiva siamo ri-

terone. Il sentiero è distrutto dai cin-

con i miei due figli piccoli, momenti di

tornati in Svizzera, sopra Casaccia in

ghiali che cercano cibo sotto i sassi e

serenità e di allegria.

val Bregaglia, su una montagna che si

O

chiama Pè sgunfi. Abbiamo visto una

li fanno rotolare sul percorso: bisogna stare attenti, c’è il rischio di slogare una caviglia. Dopo la curva c’è un tratto diritto

Una volta eravamo andati su una

camoscia con due piccoli; era su una

montagna della Svizzera per vedere

cresta pericolosa e in volo c’era l’a-

gli animali.

quila. La posizione in cui si trovavano

e là in fondo vedo il sentiero illumi-

Per avvistarli devi avere un cannoc-

era a rischio perché l’aquila avrebbe

nato dal sole; sto salendo in ombra, fa

chiale, stare sdraiato in silenzio, avere

potuto facilmente prendere al volo

freddo, penso che mi scalderò appena

dei vestiti grigio-verde; se sei con il

uno dei piccoli; bisognava spostarsi sul

raggiunto il sole.

vento a favore, gli animali si avvicina-

versante protetto dove però c’era un

Con questi pensieri nel silenzio as-

no e puoi osservare le famiglie unite,

nevaio abbastanza ripido e i piccoli

soluto sento un rumore improvviso e

i cui membri si aiutano e si rispettano,

avevano paura a scendere. La mamma


con un colpo di muso li ha spinti giù, è scesa subito anche lei e li ha messi al riparo dietro una roccia. L’aquila ha girato ancora per un po’, poi visto che non poteva realizzare il suo progetto, se n’è andata. Il camoscio è un animale che non ha bisogno di molto: conosce la qualità di erba che deve mangiare quando sta male, sa come muoversi per attraversare i canali quando arriva la neve: se sei in montagna con la nebbia e ti trovi in difficoltà, se vedi la traccia del camoscio seguila, ti porterà sulla via giusta. Lui scende dalla montagna in cerca di acqua e di erba, la nebbia non lo disturba, della montagna sa tutto, è il suo habitat, è molto difficile che rimanga sotto una slavina. Il camoscio è un animale nobile, rispetta la natura e l’ambiente, non fa male a nessuno; è pulito e attorno a lui non c’è puzza. E’ un arrampicatore formidabile, lo vedi salire la montagna a una velocità impressionante; i suoi piedi sono dotati di una specie di suola che attacca anche sul bagnato. Quando arriva il freddo il suo pelo si allunga e cambia colore. Penso che noi amanti della mon-

sarebbe successo perché loro si muo-

verso di te e deve per forza passare

tagna abbiamo molto da imparare da

vono uno per volta; quelli che stanno

di lì, portati sul bordo a valle perché il

questi animali.

sul bordo guardano le cornici di neve,

camoscio passa sempre a monte e se

Quando facciamo un bivacco e non

se si accorgono che si stanno rom-

non fai così ti butta giù. Questa storia

riusciamo a prendere sonno perché

pendo e che arriva la slavina, emetto-

me l’ha raccontata mio fratello Pino

sentiamo i sassi che ci fanno male

no un grido stonato che significa pe-

che ha fatto questa esperienza men-

sotto la schiena, dovremmo consolarci

ricolo e il camoscio in mezzo al canale

tre arrampicava con Lino Lacedelli a

pensando che loro bivaccano tutta la

corre e si salva.

Cortina sulla parete del Pogamagnon.

vita senza sacco a pelo, senza coperte e senza cuscino. Leggo un giornale che parla di un incidente in montagna: sei scialpini-

Questo comportamento lo insegna anche la Scuola di scialpinismo, men-

Le foto sono di Dario Cecchini

tre i camosci lo praticano da sempre per istinto.

sti portati via da una slavina mentre

Per finire un consiglio utile: se stai

attraversavano un canale e si sono

percorrendo una parete con delle cen-

trovati tutti in mezzo. Ai camosci non

ge e incontri un camoscio che viene

Sentieri e Parole


... E I BOLLINI CRESCONO di Sara Pozzetti

A

d aprile del 2004 nasce Mat-

tario per emettere la tessera del CAI,

già grandino che si dedica a Ettore,

tia.

secondo socio giovane di Monteo-

giornate in parte su gli sci e in parte sul

limpino. Stesso pensiero, foto di pochi

bob. Investita più volte e trascinata per

giorni dalla nascita timbrata, e l’idea di

qualche metro, non demordo, perché

Quando arriva la notizia esplodia-

riempirla di bollini mi rallegra. La casa a

loro impazziscono per il divertimento.

mo di felicità, siamo zii, primo nipote.

San Giuseppe ci permette di trascorre-

Solo un po’ di lividi che spariscono ve-

Non passa molto tempo e lo dotiamo

re i giorni durante le vacanze di Natale

locemente.

di tessera del CAI. Immagino quando

per diversi anni con entrambi, Mattia

È venerdì notte e siamo al

Corvatsch a sciare.

sarà grande che mostrerà ai suoi figli la foto timbrata di un bimbo dal musino simpatico e noi orgogliosi perché primo socio giovane al CAI di Monteolimpino. Bene, non ci resta che pazientare quel poco tempo sufficiente per cominciare a portarlo in montagna. Non compie ancora cinque anni e siamo al Rifugio Porro, in Valmalenco. Quando arriviamo il simpatico gestore Lenatti capisce senza dover spiegare la situazione e con educazione chiede a Mattia la tessera, così che possa mostrargli le camere e registrare il nostro pernottamento. È tra l’agitato, l’eccitato, l’imbarazzato, ma la domenica lasciamo il rifugio con timbri sulle braccia, magliette in regalo, sorrisi ed allegria. Per lui sarà solo l’inizio. Da lì a poco inizierà a sciare, sempre in compagnia del papà Tullio, che approfitta delle giornate a lui dedicate per godersi la disciplina. La mamma Roby si rallegra sulla sdraio del rifugio Campanacci in attesa degli atleti. Ad aprile del 2008, nasce Ettore. Secondo nipote. È una grande festa. Attendo il codice fiscale per poterlo dare al segre-

Sentieri e Parole Dall’alto: tessere e fotografie recenti..


Gli anni passano

malenco, sempre al Rifugio Porro, ma

profittare di queste bellissime iniziative

Passa qualche anno e anche Etto-

questa volta solo per i genitori. Mattia,

e possibilità, oltre, individualmente, a la-

re inizia a sciare, a Bobbio, insieme al

Ettore ed io staremo in tenda sul piano

vorare bene sul presente per preparare

gruppo dei suoi stretti amici. Inizial-

che porta al ghiacciaio del Ventina. Il

i giovani che domani scriveranno il loro

mente timido, la maestra Alessandra

sabato lo occupiamo a fare due passi in

di avvenire.

riesce a scioglierlo anche se più di

zona e un po’ di topografia ed orienta-

Non c’è cosa più bella di vedere un

una volta mi ripete “zia, io preferisco

mento, la sera Mattia ed io cerchiamo

bimbo contento per aver trascorso la

quando facciamo sci libero tu ed io”.

di distrarre Ettore un po’ preoccupato

giornata all’aria aperta, lanciando i sassi

Nonostante mio fratello Fabio sia piut-

per i lampi ancora in lontananza che il-

nei fiumi e nelle cacche delle mucche,

tosto pigro, fortunatamente non perde

luminano la nostra comoda dimora. Per

o bere il latte appena munto, o ancora

occasione per stimolare Ettore a prati-

fortuna il temporale si placa. La dome-

dormire nello stanzone di un rifugio o

care sport.

nica si rientra con l’idea di riorganizza-

addirittura in tenda.

Cominciamo anche ad arrampicare

re la scampagnata.

È solo la volontà di noi, genitori, zii,

un po’, indoor. Nelle giornate di brutto

A novembre si replica, tutti, e que-

amici che può farci tornare a un passa-

tempo, capita di organizzare in palestra.

sta volta anche i più piccoli, Francesco

to, che non è poi così distante, ma che

Primi tiri per Mattia, primi movimenti

compreso, a Montestrutto. Giornata

pare lontanissimo e sparito.

sui facili boulder per Ettore, che non fa

dedicata ad arrampicare finalmente su

passare molto tempo per arrivare an-

roccia vera.

che lui a toccare la catena e dire “arri-

Torniamo a fare lavatrici perché i vestiti sono sporchi di terra e di erba,

Giornata di festa e di divertimento.

che, è vero, non vengono più puliti, ma

C’è solo il pensiero di quando si po-

non importa, i bermuda andranno bene

Nel frattempo, traslochiamo al CAI

trebbe riorganizzare, ma l’inverno è alle

ancora anche se sono alonati di verde;

di Lecco, e per comodità trasferisco

porte, perciò la roccia dovrà attendere,

pazienza, nessuno ci farà caso. Tornia-

anche le tessere dei giovani soci, che

e si pensa allo sci.

mo a una realtà rustica, semplice, ge-

vato, cala zia”.

vengono accolti con grande entusia-

A Natale del 2017, Erica mi prepara il

nuina che è solo stata di grande aiuto

solito riepilogo ben curato, e nell’occa-

per chi è riuscito a viverla, smettiamola

A giugno del 2014 nasce Emma. Fe-

sione la avviso che a febbraio del 2018

di essere infastiditi perché il monitor

licità alle stelle, un altro socio giovane

nascerà Andrea, fratello di Ettore e Ric-

dello smartphone è zeppo di ditate o

per il CAI.

cardo. Sarà l’ultimo? Lucia ormai ha il

sfrisato perché è caduto sui sassi, te-

suo squadrone di uomini a casa.

niamolo nello zaino per usarlo solo in

smo da Erica.

Avviso la segreteria del nuovo tesseramento. Mia sorella Barbara e Davi-

Settimo nipote, e settimo socio gio-

caso di necessità vera. Meglio usare le

de accolgono l’iniziativa di buon grado.

vane per me, sono orgogliosissima e

mani per fare capriole sui prati, assa-

super contenta.

porare quello che la roccia può darci, o

Erica, con la sua precisione, inizia a riepilogarmi la mia situazione prima

(Un particolare ringraziamento ad

ancora impugnare un paio di bastoncini

della fine dell’anno, così da rinnovare

Erica, che apprendo non seguirà più la

per disegnare linee sulla neve e, non in

per tempo i tesseramenti.

segreteria. Un vero peccato).

ultimo, addentare un buon panino con

Ad aprile 2016 nasce Carlotta, sorella di Emma, e a luglio dello stesso anno nasce Riccardo, fratello di Ettore.

il salame nostrano. Macchie d’erba sui calzoni Gli impegni per tutti sono sempre

Erica sorride all’ennesima richiesta

tanti, e riuscire a farli collimare insie-

di tesseramento e mi prende in giro

me anche al meteo è un’impresa, però

quando le dico che oltre ai nipoti devo

cerco di dedicare del tempo ai piccoli

aggiungerne uno acquisito.

e non, così da cercare di trasmettere

Il piccolo Francesco, figlio dei miei cari amici Chiara e Umberto, che deve assolutamente avere la tessera.

Non mancherà Natale senza il rinnovo per tutti. Gli anni passano, e i bollini crescono. (Zia) Sara

questa bella passione e sperare che loro nel futuro facciano lo stesso. Il CAI Lecco è molto attivo con l’Al-

A luglio del 2017 organizzo un

pinismo Giovanile, c’è anche ben av-

weekend con tutti, sempre in Val-

viato il Family CAI. Invito tutti ad ap-

Sentieri e Parole


LA TERRA DEI SASSI

Un’estate in Sudafrica sulle orme dei climbers più forti


di Simone Tentori della difficoltà di questo sport.

effettuando spesso dei lanci e dei di-

guardato il film Progression del

Ero rimasto particolarmente im-

namici per raggiungerle, e compiendo

2009 che mostrava i più forti

pressionato dall’episodio in cui Daniel

dei movimenti al limite dell’impossibile.

climbers del pianeta come Chris Shar-

Woods e Paul Robinson, due fortissi-

Tutto questo in un ambiente sem-

ma, Adam Ondra e molti altri, com-

mi boulderisti americani, si trovava-

plicemente spettacolare: sassi dalle

pletare le prime ascensioni delle vie e

no in Sud Africa per fare quello che

forme più incredibili, su una perfetta

dei passaggi più impegnativi di sem-

gli riesce meglio: tirare le tacche più

arenaria compattissima di colore am-

pre, stabilendo così una nuova barriera

piccole che si possano immaginare,

brato con sfumature che vanno dal

The Rhino 7B+

T

utto è cominciato dopo aver


rosso intenso al giallo accecante, con striature di nero, atterraggi sicuri su terreno sabbioso e all’orizzonte solo un’infinita distesa di sassi e deserto, interrotto qua e là da campi verdi. Il Sud Africa è una meta perfetta per scappare dal caldo torrido della ‘nostra estate’ poiché giù, nell’emisfero australe, le stagioni sono invertite e quindi si può godere dell’inverno africano, caratterizzato da meteo stabile per lunghi periodi di tempo e temperature ideali per arrampicare. Rocklands Sembrava un paradiso, sembrava troppo finto, ed è stata la prima volta che ho sentito parlare di Rocklands, la terra dei sassi. E dalla mia testa non è più uscito, ogni tanto ci ripensavo, andavo a cercare altri video, cercando di vivere attraverso lo schermo i passaggi più estetici di quel posto. È rimasto un sogno fino a quando, qualche anno più tardi, non ho incominciato a parlarne con i miei compagni di scalata e amici da una vita, dicendo: “Sarebbe figo se un giorno…” Poi le idee si sono piano piano concretizzate e finalmente il primo agosto di questa estate ci troviamo all’aeroporto di Malpensa, pronti per trascorrere le successive quattro settimane in Sud Africa. Siamo in quattro: Lorenzo Malatesta, Lore, di Genova, classe ’97, il più saggio del gruppo e noto in tutto il circuito di Coppa Italia per la sua esplosività nei lanci e per le ‘mani a paletta’ (non arcua mai nemmeno sulle prese più piccole). Antonio Prampolini, Anto, di Modena, classe ’98, il ‘com-

30

Alpinismo e arrampicata

Mooiste Meisie 8B

pressore italiano’, è il ragazzo più mu-

razione delle competizioni.

scoloso e forte sugli esercizi a secco

Come accennato prima, siamo amici

che abbia mai conosciuto e portatore

da una vita, abbiamo condiviso mol-

di un po’ di sana “ignoranza” nel grup-

te gare, giornate su roccia e serate a

po, Giacomo Raimondi, Jack, ancora di

far festa, abbiamo lo stesso livello, gli

Genova, classe ’99, è il più giovane di

stessi interessi e siamo diretti nel po-

noi e quello più sbadato, ma quando

sto che abbiamo sognato per anni. Ci

si parla di tacche non c’è storia, dita

sarà da divertirsi!

fortissime. E infine ci sono io, Simone

Dopo aver passato più di 30 ore con

Tentori, Simo, di Lecco, classe ’98 cer-

il sedere su un sedile arriviamo final-

tamente non un ninja da rincorse sui

mente a destinazione. È sera e anche

volumi, ma quello con più esperienza

se siamo super eccitati di andare a

sulla roccia vera, visto che passo gran

toccare i primi sassi, la stanchezza ha

parte dell’anno a scalare fuori mentre

la meglio su di noi e ci addormen-

loro si dedicano per lo più alla prepa-

tiamo mentre sfogliamo con avidità la


trascorrere gran parte dei mesi buoni ad aprire nuovi passaggi e a sviluppare nuove aree e ogni anno riescono a trovare nuovi problemi su cui mettersi alla prova. È per questo motivo che questo posto viene considerato come una delle aree più vaste al mondo per fare bouldering dove le possibilità sono davvero infinite considerando le distese sconfinate di sassi che caratterizzano il paesaggio. Dopo esserci adattati allo stile di questi blocchi che richiedono gran solidità nelle dita, body tension e movimenti dinamici, riusciamo a salire alcuni classici come The Rhino (7B+) un’impressionante prua orizzontale la cui forma ricorda un rinoceronte, The Hatchling (7C+) un sasso a forma di un guscio d’uovo rotto a metà, in bilico su un’altra pietra sottostante e la salita flash di alcuni 8A storici come Nutsa e Pendragon. Siccome è il nostro primo grande viaggio in un posto così lontano e in cui abbiamo la possibilità di scalare per così tanti giorni, abbiamo deciso di esplorare la zona cercando di vistare più aree possibili, nel tentativo di godere appieno della bellezza di que-

Eye of Sauron 7C+

guida appena comprata.

possibilità per arrampicare sono in-

Il giorno dopo il tempo è splendido,

finite: ci sono moltissimi settori che

ci incontriamo con altri amici italiani

a loro volta contengono centinaia di

e ci dirigiamo verso il primo settore.

passaggi, uno più estetico dell’altro

Siamo ancora un po’ increduli di es-

e quindi ogni mattina è un dilemma

sere davvero lì, a Rocklands, il posto

scegliere dove andare.

che avevamo tanto sognato e ammirato, ma poi posizioniamo i crash pad

Possibilità infinite

(materassi per attutire le cadute), in-

Rocklands è stato visitato per la

filiamo le scarpette, ci “smagnesiamo”

prima volta alla fine degli anni ’90 da

le mani e ci godiamo i primi passaggi

Fred Nicole (mitico boulderista sviz-

in questo posto magnifico. Inutile dire

zero che ha stabilito il primo 8C di

che è ancora più figo di quanto ci im-

blocco al mondo), successivamente

maginassimo.

altri scalatori come Graham, Woods

I primi giorni passano veloci e le

e Hukkataival hanno incominciato a

sto luogo. Tuttavia non abbiamo resistito a mettere le mani sui passaggi più impegnativi ed estetici di cui eravamo rimasti incantati nel video di Pro-

gression. Scegliamo quindi di andare a provare The Vice (8B) un incredibile spigolo strapiombante con appigli piatti e svasi da comprimere dalla prima all’ultima presa e con una difficile sequenza di tallonaggi e agganci, mi sento molto bene e soprattutto sono

Alpinismo e arrampicata

31


super motivato per questo blocco che

fallimento.

ricresca e che i tagli sui polpastrelli si

intuisco possa essere adatto al mio

Dopo un paio d’ore di tentativi e

rimarginino.

stile di arrampicata. C’è un vento tal-

adeguati riposi mi trovo in cima, ur-

Un’altra salita significativa è senz’al-

mente forte da sollevare i crash pad, le

lando per la soddisfazione di esse-

tro The Eye of Sauron (7C+) un

condizioni sono ottime. Provo i singoli

re riuscito a regalarmi una salita così

blocco aperto da Nalle Hukkataival

movimenti cercando di non sprecare

significativa anche dall’altra parte del

nel 2017, un muro leggermente stra-

troppe energie, ma allo stesso tempo

mondo, in Sud Africa, a Rocklands.

piombante con una sorta di occhio

di individuare e memorizzare alla per-

A fine giornata festeggiamo come

nero in mezzo che forma una brutta

fezione la sequenza di mani e piedi,

si deve e penso a quanto sia fortunato

pinza svasa da cui bisogna lanciare al

cerco di cogliere tutti i particolari delle

in quel momento a condividere questi

bordo, un vero capolavoro!

prese, modificando in modo minima-

momenti così speciali con i miei amici

Nei giorni successivi riesco a salire

le la posizione delle dita sulla roccia.

e ad essere in questo posto magnifico

flash Green Mamba (8A) e A Splash

Ad ogni tentativo mi curo di spaz-

con l’unica preoccupazione di decide-

of red (7C+), quest’ultimo è consi-

zolare meticolosamente gli appigli per

re dove andare a scalare. Non potrei

derato uno degli highball (sassi par-

far sì che il grip tra i miei polpastrelli

essere più felice.

ticolarmente alti, fino a 8-12 metri) più belli della zona. Sono contento di

e la roccia sia sempre ottimale, oltre che per rispetto e per salvaguardare

Polpastrelli abrasi

essere riuscito a salire molti blocchi di

i passaggi. Sono piccoli dettagli che

A metà vacanza la stanchezza in-

difficoltà media in stile flash in questa

sembrano essere inutili ma su una se-

comincia a farsi sentire e decidiamo

vacanza. Penso che le competizioni

quenza al limite delle proprie capacità

di pianificare al meglio i giorni di ri-

mi abbiano aiutato molto a miglio-

fanno la differenza tra il successo e il

poso per lasciare che la pelle delle dita

rare questo aspetto perché in gara si

Shoosholoza 8A


The team, da sinistra: Antonio Prampolini, Simone Tentori, Lorenzo Malatesta e Giacomo Raimondi.

hanno pochi minuti per arrivare al Top

sogna afferrare l’ultimo appiglio svaso

perfezione, sono arrivato ad impostare

e una salita flash (al primo tentativo)

che si riesce a controllare solo grazie

il lancio finale e… un altro grido libera-

ovviamente vale di più, quindi è fon-

ad un aggancio di punta. Ero riuscito

torio. Anche Mooiste Meisie era fatto!

damentale affrontare il blocco dando

a fare un buon giro flash cadendo in

È difficile descrivere a parole e tra-

il 100%. Non è solo una questione

cima in una giornata fredda e ventosa,

smettere le emozioni che ho provato

di performance, ma credo che sia un

sicuro di riuscire a risolverlo in fretta,

durante la mia permanenza a Rocklan-

aspetto che permette di migliorare

ma poi nei tentativi successivi conti-

ds, ma sicuramente i migliori ricordi

come arrampicatore. Infatti perfeziona

nuavo a sbagliare la sequenza e ave-

rimarranno sempre con me, sperando

la capacità di lettura, di visualizzazio-

vo deciso di rinunciare. Quando sono

che si possano ripetere ancora in un

ne, di correzione degli errori e per-

tornato a riprovarlo c’erano le condi-

altro posto da sogno!

mette di essere più efficiente ad ogni

zioni peggiori di sempre: zero vento,

Ringrazio la mia famiglia ed il Grup-

movimento.

sole caldo e tre dita che mi sangui-

po Ragni di Lecco per aver creduto in

Durante gli ultimi giorni riesco a

navano. Non riuscivo nemmeno più a

me e per aver reso possibile questo

chiudere i conti con Mooiste Meisie

fare i singoli passaggi, ero abbattuto e

viaggio.

(8B) uno spigolo che sulla faccia sini-

arrabbiato. Mentre riposavo continua-

stra offre degli appigli svasi per le mani,

vo a guardare il blocco e dentro di me

mentre sulla faccia destra degli ag-

dicevo: “È una linea troppo bella! Ora

ganci per i piedi. Si scala praticamen-

sono qua a provarlo e voglio salirlo!!”.

te in orizzontale, con continui rilanci

Quindi mi sono “nastrato” le dita, ho

e movimenti unici e super complicati

recuperato tutte le energie che avevo

fino all’ultimo movimento, il crux (pas-

a disposizione e sono partito. Sono ri-

so duro) in cui con un dinamico bi-

uscito a eseguire ogni movimento alla

Foto di Antonio Prampolini

Alpinismo e arrampicata

33


UN BALCONE SUI MONTI DI CASA

La gita sociale al Bernina e la realizzazione di un sogno

Bellavista e Piz Palù dal Piz Bernina

I

di Stefano Morcelli

sionante ed emozionante da ammira-

primo quattromila.

l CAI può essere ancora un mez-

re, ma è ancora più attraente quando

Finalmente il 30 giugno è arrivato, il

zo per realizzare i propri sogni nel

si passa per Pontresina e tutto il suo

punto di ritrovo è stato scelto nel ri-

2018?

ghiacciaio risplende sotto i raggi del

fugio Marinelli - Bombardieri per l’im-

sole.

possibilità di Luca di finire in anticipo

Ho 26 anni e anche grazie alla

splendida esperienza che ho vissuto

Quando a fine maggio, grazie ai

il turno di lavoro di notte, così appe-

sul Bernina con il CAI di Lecco credo

nuovi strumenti di comunicazione, ho

na arrivati al parcheggio della diga di

che la risposta a questa domanda sia

scoperto su Facebook la proposta della

Campomoro io e lui abbiamo iniziato

“sì”.

gita sociale del CAI di Lecco sul “4000

il nostro cammino a buon passo sotto

Mi piace conoscere nuove persone

più orientale delle Alpi” mi sono subito

un meraviglioso cielo limpido. L’acqua

e mi piace sognare di scalare le mon-

messo in contatto con l’organizzatore,

color smeraldo, leggermente mossa

tagne che ho la possibilità di vedere.

Andrea, per poter partecipare, perché

dal vento, del lago artificiale posto ai

Vivendo a Bormio quando salgo sulle

non potevo assolutamente perdere la

piedi del Pizzo Scalino, è stata il primo

alte vette dei “miei” monti, il profilo del

possibilità di vedere il paesaggio che

assaggio dello splendore che avrem-

Gruppo del Bernina è sempre impres-

ammiro sempre dal punto di osser-

mo gustato per i due giorni succes-

vazione opposto. Qualche settimana

sivi. Il sentiero ci ha fatto attraversare

prima del grande giorno ho parlato di

dapprima il bosco, che diradandosi

questa avventura anche al mio amico

ha poi lasciato spazio alla vista delle

Luca, il quale non ha potuto resistere

rocce che fanno da cornice al rifugio

al richiamo del desiderio di salire il suo

Carate. Subito dopo la Bocchetta delle

34 Alpinismo e arrampicata


Forbici, dove Luca mi ha anticipato le

l’abbondante cena abbiamo avuto la

attraversato un profondo senso di ap-

sorprese che avrei potuto ammirare

fortuna di poter osservare il meravi-

pagamento, di felicità e di meraviglia,

più avanti: le imponenti vedrette di

glioso tramonto sulle cime del Pizzo

perché così apparentemente lontane,

Scerscen inferiore e superiore, il Piz

Scalino e del Monte Disgrazia, su cui

ma verosimilmente vicine, le “mie”

Gluschaint, il Piz Roseg, il Piz Palù e la

cumuli di nebbia si infrangevano ripe-

montagne stavano apparendo in tutto

nostra meta, il Piz Bernina. Mentre ci

tutamente e si diradavano, mentre noi

il loro splendore.

stavamo avvicinando al rifugio Mari-

ci scambiavamo pensieri e ricordi sulle

nelli ho cercato invano di avvistare i

nostre esperienze passate, organiz-

relitti del tristemente famoso elicot-

zando infine le cordate per l’indomani

Con accortezza e con stili differenti

tero che in quelle zone si schiantò

ed accordandoci per l’orario della co-

abbiamo salito la parte più ripida che ci

con Luigi Bombardieri a bordo, mentre

lazione.

ha portato alla cresta della Punta Per-

Emozioni

cercava di dimostrare le potenzialità

Un po’ di emozione e di agitazio-

rucchetti, mentre dietro di noi si mo-

dell’utilizzo di questo mezzo anche

ne, sostenuti dallo sferzante suono del

stravano le sinuose linee delle som-

nel difficile territorio montano.

vento a 3500 metri, mi hanno fatto

mità della Bellavista e ai nostri piedi

passare la notte dormendo poco, ma

si estendeva l’imponente vedretta di

al momento della sveglia sono saltato

Morteratsch. Purtroppo alcuni pro-

Un passo svelto dopo l’altro siamo

fuori dal letto velocemente per con-

blemi di salute hanno fatto rallentare

riusciti a giungere in anticipo al rifu-

templare il meraviglioso cielo stellato

la salita del mio compagno Stefano,

gio dove Andrea ci ha presentato gli

della prima notte di luglio.

che però con grande forza di volontà

In cammino

altri compagni di avventura: Giorgio,

Siamo partiti dal rifugio già separati

e spirito di altruismo si è impegnato

Silvano, Matteo e Stefano. In poco

nelle nostre cordate, facendo battere

affinché potessimo arrivare entram-

tempo abbiamo pranzato e ci siamo

traccia all’esperto Silvano accom-

bi in vetta. Una roccia intagliata con

messi di nuovo in cammino tutti in-

pagnato da Giorgio, seguiti da me e

una croce colorata di rosso è stata il

sieme, abbiamo raggiunto veloce-

Stefano ed infine Luca, Matteo ed An-

simbolo della nostra meta raggiunta,

mente la vedretta di Scerscen Supe-

drea. Le prime luci dell’alba ci hanno

dove ci siamo seduti per ammirare

riore, affrontata prudentemente con

permesso di veder cambiare ancora

il panorama e scambiarci gli auguri.

ramponi ai piedi e piccozza in mano,

una volta i colori delle montagne alle

Davanti a noi ho potuto riconoscere

ammirando da distanza ravvicinata le

nostre spalle, prima leggermente vio-

altre montagne di “casa” riprovando le

alte pareti del Piz Argient e della Cre-

lacee, poi rossastre ed infine dorate,

profonde emozioni di felicità sentite

sta Aguzza, con i meravigliosi e ripidi

mentre la luna splendeva, ancora vi-

quando sono apparse in lontananza.

canali glaciali che ne discendono dai

sibile in gran parte, sopra l’orizzonte

In quel momento di calma e riposo,

lati. Abbiamo scelto di raggiungere il

delle vette orobiche. Abbiamo salito

in cui avevo culminato la realizzazione

rifugio Marco e Rosa per la via fer-

il primo tratto del ghiacciaio senza

di un sogno, ne sono nati subito altri,

rata realizzata tra le rocce, purtroppo

difficoltà con uno splendido manto di

come sempre.

in condizioni meno che ottimali, ed

neve rigelata che infilzata dalle pun-

Ma perché?

in poco tempo abbiamo raggiunto la

te dei ramponi produceva il fragoroso

Le emozioni che regala la montagna

nostra destinazione intermedia, dando

ed adorabile suono tipico delle salite

sono cosi incredibilmente profonde da

velocemente un’occhiata alla vecchia

glaciali mattutine. Passo dopo passo

creare un vortice di vera dipenden-

struttura, ora adibita a bivacco. Il ri-

siamo usciti dalla zona d’ombra cre-

za: l’ammirazione per quegli ammassi

fugio era stato preso d’assalto da un

ata dal Bellavista ed ecco che in lon-

svettanti di roccia e ghiaccio, l’impe-

gruppo numeroso di soci di un CAI

tananza finalmente ho visto spuntare

tuoso e insieme delicato suono del

della zona romagnola che aveva ten-

l’immagine a lungo sognata: gli in-

vento e della neve calpestata, l’infinito

tato senza successo la salita al Piz

confondibili contorni del Monte Zebrù,

Bernina, creando in me non poca pre-

del Monte Ortles e del Gran Zebrù il-

occupazione per un analogo deluden-

luminati dal sole che stava sorgendo

te risultato il giorno seguente. Dopo

alle loro spalle. In quegli istanti mi ha

Alpinismo e arrampicata

35


stupore di un cielo stellato, la fragili-

ha smesso di sognare montagne già

e gite del passato.

tà di una farfalla posata su un fiore o

scalate da migliaia di persone, di cui

Abbiamo ripreso il nostro cammino

un ovattato mare di nuvole illuminato

abbiamo sentito parlare centinaia di

fino al raggiungimento del parcheg-

dai primi, o ultimi, raggi di sole. Tutto

volte, di cui abbiamo visto decine di

gio, dove ci siamo concessi un ultimo

questo crea un desiderio che continua

fotografie.

saluto davanti a un gelato, accompa-

ad autoalimentarsi mentre saliamo,

Con il cuore pieno di gioia per le

gnato dai racconti dei nostri pensieri

mentre siamo in cima e pure mentre

fortunate emozioni che ho potuto

siamo nei fondovalle. Tutto si conti-

vivere durante la salita, io e Stefano

E’ stata una esperienza davvero

nua a rigenerare grazie alla capacità

abbiamo potuto iniziare il percorso per

ricca di soddisfazioni ed emozioni

del nostro animo di trovare in que-

ritornare a casa senza troppa fatica,

e ringrazio profondamente il CAI di

ste piccole cose una immensa fonte di

raggiungendo gli altri compagni al ri-

Lecco per aver proposto questa gita

felicità ed altre emozioni, basate tutte

fugio Marco e Rosa e affrontando tutti

sociale che ha permesso a me ed altri

sui nostri desideri.

insieme la ripida discesa del canale

alpinisti di vivere ancora una volta la

Ecco, per questo credo che il CAI

ghiacciato della Cresta Aguzza. Ab-

realizzazione di un desiderio, che, in

possa essere ancora oggi un mezzo

biamo proseguito fino al Rifugio Ca-

fondo, credo sia la più bella cosa che

per realizzare i nostri sogni, perché tra

rate dove era in corso l’annuale festa

le montagne possano offrire a chi le

le tante sezioni e sottosezioni, esiste

dell’omonimo CAI, qui ci siamo fer-

ama: farli sognare.

ancora, in mezzo alle più varie pro-

mati per mangiare del buon affettato

poste di escursioni, la capacità di or-

parlando con un simpatico istruttore

ganizzare gite sociali in sintonia con

amico di Silvano che ci ha intrattenuto

il desiderio di qualche socio che non

con affascinanti racconti di spedizioni

su quei giorni appena passati.

Foto di Giorgio Mandarano


PERCORSI DI CRESCITA Il 66° Corso di roccia: per vivere la montagna intensamente di Nadia Ferrari

D

a pochi giorni si è concluso il 66° Corso roccia, patrocinato dal Cai sezione di Lecco, te-

nuto dai Ragni della Grignetta. Sono

stati giorni densi di emozioni sia per me, sia per mio marito che mi ha affiancato in questa avventura e sicuramente per il gruppo di ragazzi di varia età che hanno partecipato al corso. Ci siamo trovati, così per caso, ma siamo diventati subito un gruppo unito, spinti dallo stesso desiderio: la voglia di arrampicare sulle vie a più tiri. Ognuno di noi, umilmente, ha portato il proprio bagaglio di esperienza pronto a mettersi in gioco, pronto a misurare i propri limiti nell’eterna sfida contro la forza di gravità, ma soprattutto con la voglia di imparare a scalare senza incorrere in inutili rischi. Ci siamo messi nelle mani di coloro che amano la montagna e ne conoscono le mille sfaccettature, anche le più insidiose, perché amarla significa accettarla così com’è. La montagna infatti non va mai sottovalutata, non puoi improvvisare, lei non ti perdona, è quindi necessario avere una preparazione adeguata per capire fino a che punto poterla sfidare. Doppia sulle placche della val di Mello

Il corso roccia è stato strutturato in due parti: sei lezioni teoriche (materiali - topografia - orientamento - pronto soccorso - allenamento storia dell’alpinismo - alimentazione) e sette pratiche su vie alpinistiche a più tiri con un weekend ad Arco di Trento. Nella prima serata di incontri teorici, appuntamento del giovedì sera,


il presidente del Cai Lecco Alberto Pi-

un piccolo viaggio, la cordata deve

mitici Ragni della Grignetta capitanati

rovano e Silvano Arrigoni, istrutto-

essere autonoma per adattarsi a situa-

da Silvano Arrigoni, leader carismati-

re nazionale di alpinismo e direttore

zioni diverse, a seconda del materiale,

co, puntuale in ogni suo intervento

della scuola, hanno subito chiarito che

della configurazione della via e delle

e agli istruttori Dante, Carlo, Pier, Pino,

l’obiettivo principale del corso è inse-

opzioni di uscita. Abbiamo vissuto la

Luca, Dimitri, Massimo, Matteo, Marco,

gnare ad arrampicare in sicurezza con

montagna in prima persona scopren-

Mario, Chiara, Simone e Daniele. Tutti

un buon grado di autonomia. Durante

do posti suggestivi di rara bellezza,

si sono dimostrati persone davve-

le uscite pratiche, Silvano A. e gli al-

dalle vie all’Angelone agli spettacolari

ro speciali, preparate tecnicamente e

tri istruttori hanno spiegato i principi

Torrioni Magnaghi, dal superbo gra-

con tanta esperienza sul campo, ma

fondamentali della catena di sicurez-

nito della Val Masino alle imponenti

soprattutto in grado di sostenere gli

za: come usare l’attrezzatura, le pro-

Placche Zebrate di Dro. La montagna

allievi nei momenti difficili. Con enor-

tezioni, come montare una sosta, fare

ci ha coinvolto sempre di più, durante

me dedizione ci hanno preso per

i nodi e come eseguire le manovre

la scalata provi ogni tipo di emozione:

mano, cercando di capirci quando

di discesa in corda doppia. Insomma

ansia e paura arrivano all’improvviso,

sono emerse nel momento critico le

tutto quello che serve per raggiungere

ma quando riesci a sconfiggere gli

debolezze, quando la testa dice di ri-

un certo livello di autonomia e sicu-

ostacoli e gioisci, grande è la soddi-

nunciare e non vedi la soluzione per

rezza, per poter apprezzare la salita,

sfazione per averla addomesticata e

andare avanti.

ma anche la discesa.

fatta diventare tua amica.

Ci siamo resi conto che affrontare le vie lunghe non è come salire e scendere in un monotiro, ma è come fare Dante con Nadia e Luciano in val di Mello

Quello dell’arrampicata su vie è un percorso di crescita, non solo fisica,

Grazie, Ragni Ma a chi dobbiamo tutto questo? Ai

ma soprattutto interiore, che allena la mente a mantenere il controllo nelle


situazioni difficili, a superare gli ostacoli così come nella vita e a renderti più forte. E’ stata un’esperienza unica, travolgente che è servita a farci crescere e apprezzare ancor di più l’arrampicata, ma soprattutto abbiamo conosciuto tante persone speciali che come noi amano vivere la montagna intensamente. I miei personali ringraziamenti vanno a Silvano A. per il suo occhio vigile che mi ha fatto sentire sicura nei momenti difficili, ma anche per le sue colorite sgridate che mi hanno spronata a superare i miei limiti e a dare di più. Grazie a Pino per avermi aiutata, a volte anche tirandomi di peso nei passi più impegnativi, infine ringrazio Dante e Carlo per l’infinita pazienza e le emozioni vissute insieme. Foto di Nadia Ferrari


DAL BIANCO ALLE DOLOMITI

Academy 2018, quattro giovani alpinisti in cordata con i Ragni

L

Report a cura del Gruppo Ragni

a Ragni di Lecco Academy, inaugurata nel 2013, è un’iniziativa nata con lo scopo di

formare giovani ragazzi all’alpinismo e metterli in condizione di effettuare salite impegnative in montagna, su ogni terreno, in autonomia e sicurezza. L’idea è quella di trasmettere a ragazzi appassionati e talentuosi il know how tecnico e sportivo e il patrimo-

nio di cultura alpinistica di cui i Ragni sono depositari e interpreti, creando per loro un programma di formazione ad alto livello e consentendogli di condividere scalate di buon impegno con alcuni fra i più forti alpinisti del nostro Gruppo. Quest’anno si è deciso di elevare il corso a una sorta di “secondo livello”, coinvolgendo quattro ragazzi che hanno partecipato all’edizione 2017 e lavorando con loro a stretto contatto, per effettuare insieme salite di maggiore impegno e permettere un rapporto più profondo tra istruttori ed allievi. Paolo Belloni, Giacomo Regallo, Raffaele Tangari e Davide Visconti sono i quatto allievi che hanno preso parte al progetto. Modulo alta montagna Dopo due giornate dedicate all’approfondimento delle principali tecni-

40 Alpinismo e arrampicata

IL CORSO Il corso si svolge sotto l’egida della Scuola Nazionale di Alpinismo dei Ragni della Grignetta - Cai Lecco ed è diretto dal Ragno e Guida Alpina Matteo Piccardi. Alle uscite hanno partecipato i Ragni Matteo Piccardi, Maurizio Tasca, Luca Moroni, Luca Schiera, Paolo Marazzi, Giovanni Ongaro, Matteo Della Bordella e Dimitri Anghileri. che di sosta, progressione e autosoc-

Walter Bonatti, un simbolo e un’ispi-

corso, a metà luglio si è svolto il primo

razione per tante generazioni di sca-

modulo dedicato all’alta montagna.

latori.

Durante i quattro giorni di scala-

Il Diedro Machetto alla Tour de Jo-

ta nel maestoso scenario del Monte

rasses, salito per la prima volta nel

Bianco i ragazzi, ognuno in cordata

1970, è stato, infine, un assaggio dello

con un Ragno, hanno portato a ter-

stile di Guido Machetto, uno degli al-

mine principalmente da capocordata

pinisti che furono protagonisti in Italia

o a comando alternato quattro clas-

della transizione dall’alpinismo classico

siche di alta difficoltà, vie che hanno

a quello contemporaneo.

fatto la storia dell’alpinismo nelle Alpi occidentali e che, a distanza di tanti

Modulo roccia

decenni dall’apertura, possono essere

Il secondo modulo si è svolto in

ancora considerate un banco di prova

Dolomiti alla fine del mese di ago-

e un fiore all’occhiello per ogni alpi-

sto, purtroppo in una settimana un

nista.

po’ sfortunata dal punto di vista me-

Una di queste è la via Ratti-Vitali

teorologico, ma che non ha impedito

all’Aiguille Noire de Peuterey, aperta

ai nostri Ragni ed allievi di portarsi a

nel 1939 dalla straordinaria cordata

casa delle belle salite. Vi raccontiamo

composta dai lecchesi Vittorio Ratti e

questa esperienza direttamente tra-

Gigi Vitali.

mite le parole di uno dei giovani allievi,

Altra splendida via salita è la Ger-

ovvero Raffaele Tangari:

vasutti-Boccalatte al Pic Gugliermina,

“Modulo roccia.

tracciata nel 1938 da Giusto Gerva-

L’obiettivo è semplice: ricercare e

sutti (Il Fortissimo) e Gabriele Boc-

portare a termine le più belle e “in-

calatte, rappresentanti della “meglio

gaggiose” vie di stampo esclusiva-

gioventù” dell’alpinismo torinese degli

mente alpinistico in una delle location

anni ‘30.

d’arrampicata più belle al mondo, le

Con la Bonatti-Mazeaud alle Petites

Dolomiti.

Jorasses gli allievi dell’Academy han-

Dopo le quattro giornate di luglio,

no potuto sperimentare quello che

trascorse sul massiccio del monte

era alpinismo nell’idea e nell’azione di

Bianco, è il momento di mettere da


parte l’alta montagna per cimentarsi nell’ascensione di vie di roccia. Le Dolomiti sono sicuramente il campo di gioco ideale per imparare a muoversi su vie dall’itinerario non sempre logico e su roccia non sempre sana... 27 Agosto: Giacomo Regallo, Paolo Belloni, Davide Visconti ed io, (Raffaele Tangari), ci ritroviamo ad Arco per incontrarci con gli istuttori che ci seguiranno in queste giornate: Giovanni Ongaro, Paolo Marazzi, Maurizio Tasca e Dimitri Anghileri, tutti componenti del gruppo Ragni di Lecco. Purtroppo, il bizzarro meteo di questo agosto, (neve in tutte le Dolomiti), non ci permette di raggiungere subito l’ambita meta e quindi decidiamo di scaldare i motori sulla parete del Colodri. Alla sera ci trasferiamo sotto la parete del Sas Ciampac sperando in un clima favorevole. 28 Agosto: dopo un’accurata ricerca riusciamo a trovare una parete e delle vie che soddisfino le caratteristiche richieste: esposizione Sud, via alpinistica con itinerario da ricercare e che abbia un dislivello che si aggiri sui 400 m. Il clima, alla sera, prima di ogni salita, è sempre amichevole e rilassato... ci sistemiamo con i furgoni sotto la parete e insieme mangiamo le nostre vivande al lume di fornello e frontale. È bello rilassarsi alla sera e campeggiare dove fa più comodo mentre si ride e si scherza con i compagni di cordata; (anche se il mio riso liofilizzato non ci In alto: bivacco sulla parete del Castello in Val Chiavenna Sotto: Monte Bianco, Luca Moroni e Luca Schiera scrutano la parete Ovest del’Aiguille Noire de Peuterey


pensa neanche per sogno a cuocere e sarò l’ultimo a mangiare). Io e Regallo, accompagnati da Dimitri e Marazzi, alla mattina attacchiamo la via “Solarium” al Ciampac, (difficoltà VI, sviluppo 450 m). Dopo un breve avvicinamento su “giardini verticali”, (meglio non scivolare sull’erba bagnata...), attacchiamo la via e subito superiamo una cordata di romani un po’ più lenti di noi... La via è logica e la scalata non è troppo impegnativa, la difficoltà sta nel proteggersi e nello stare attenti a quello che si va a tirare; meglio strizzare qualche piccola tacca piuttosto che dei grandi blocchi instabili. Dopo 13 lunghezze ci rincontriamo, ormai prossimi alla cima, con Belloni e Visconti che hanno fatto la “Via della Rampa” insieme ad Ongaro e Tasca. Arrivati al rifugio, davanti a una birra ghiacciata, i nostri istruttori, nonché compagni di cordata, ci dicono cosa abbiamo sbagliato nella gestione della salita e cosa possiamo migliorare. Mi rimarrà sempre impressa la frase che mi disse Dimitri quella sera: “Bravo Raffo... però su 14 tiri che abbiamo fatto ci saranno stati sì e no 2 friends

Monte Bianco, in marcia verso il Pic Gugliermina; in rosso la linea della via Gervasutti Boccalatte Sotto: Paolo Marazzi ad Arco di Trento

buoni...” non so se lo diceva per ridere o per davvero, comunque davanti ad

ma dopotutto anche questo fa par-

7+/A2) con Maurizio Tasca. Il primo

una birra con gli amici le risate non

te del gioco. Se devo essere sincero,

spigolo viene attaccato da Belloni e

mancano mai e si cerca sempre di

penso che non sapere ancora alla sera

Visconti soprannominati anche “Va-

sdrammatizzare gli errori commessi.

quale via dovessimo fare la mattina

rese team”.

mettesse noi ragazzi dell’Academy in 29 Agosto: l’indecisione e l’incer-

leggera tensione.

Questa volta penso di aver gestito meglio l’ascensione anche se Ongaro

tezza sul clima e sul meteo della lo-

Dopo aver spostato il nostro “campo

avrebbe preferito che portassi meno

cation fa sì che le vie vengano decise

base” sotto la parete delle Tofane de-

materiale... sarà per la quantità di pro-

all’ultimo e questo certo non ci aiuta

cidiamo di cambiare le cordate; que-

tezioni che usavo durante i tiri ma ar-

nel ricercare le relazioni sugli itinerari,

sta volta io scalerò il Secondo Spigolo,

rivavo spesso in sosta senza più nulla

(700 m di sviluppo, VI-/V+ e AO),

attaccato all’imbrago.

42 Alpinismo e arrampicata

con Giovanni Ongaro, mentre Regallo decide di lanciarsi sulla difficile Co-

30 Agosto: una perturbazione me-

stantini Apollonio, (700 m di sviluppo,

teo non ci permette di prolungare la


terzo modulo dedicato alla tecnica di Big wall. Il modulo in questione si è svolto alla fine del mese di settembre, presso la parete del Castello in Val Chiavenna. Sotto la guida di Marazzi, Ongaro e Schiera, gli allievi hanno sperimentato alcune tecniche di arrampicata artificiale moderna e di gestione del materiale quando si prevede di stare in parete diversi giorni. Ciliegina sulla torta è stato il bivacco con portaledge in parete, prima di tornare a valle e terminare così questo bel percorso con i ragazzi, lasciando che ora volino da soli verso tante altre salite. “Con questo corso e queste uscite – commenta Matteo Della Bordella, presidente dei Maglioni Rossi - speriamo di trasmettere un po’ della passione e del modo di andare in montagna di noi Ragni di Lecco a questi ragazzi e ci auguriamo che queste belle salite siano per loro un punto di partenza verso un percorso che, indipendentemente dai risultati tecnici, possa riservare grandi emozioni e soddisfazioni”. Foto archivio Gruppo Ragni Giacomo Regallo sulla via Gervasutti Boccalatte al Pic Gugliermina Sotto: sul Sass Ciampac in Dolomiti

nostra permanenza in Dolomiti, così

sugli ultimi tiri, un imprevisto malo-

decidiamo di ripiegare su Arco di

re di Belloni non permette a “Varese

Trento. Il calcare compatto del Colo-

Team” di completare la via “Fiore di

dri ci permette di far pompare un po’

Corallo”(VI+/VII e A1).

di sangue agli avambracci e cosi io

Arriva la sera e seduti al bar della

e Regallo, seguiti rispettivamente da

piazza di Arco beviamo qualche birra

Tasca ed Ongaro, scaliamo in libera la

e ci godiamo il meritato riposo.”

“L’incompiuta”, (VII, 2 passaggi in A0, 6c/6c+ in libera). “Evvai finalmente

Terzo tempo

posso stringere quanto voglio questi

Il corso avrebbe dovuto terminare

appigli senza la paura che mi riman-

con questo modulo, se non che Paolo

gano in mano”...

Marazzi ha lanciato una proposta che

La stanchezza ormai si fa sentire e,

tutti noi abbiamo subito raccolto con

mentre noi arranchiamo con il fiatone

entusiasmo: quella di aggiungere un

Alpinismo e arrampicata

43


FULL IMMERSION TRA LE VETTE

Al Civetta il 16° trekking di Alpinismo giovanile

di Elisa, Noemi, Serena, Chiara P., Chiara M., Aurora, Martino, Dario, Pietro, Giacomo

F

inalmente è arrivato il sedicesimo trekking. Anche quest’anno, durante il mese di luglio, gli ac-

compagnatori dell’alpinismo giovanile del CAI di Lecco hanno organizza-

Ferrata Alleghesi-il camino...

to questa tanto attesa gita di cinque giorni: una vera e propria full immersion tra le vette. Analogamente all’anno precedente ci siamo recati sulle Dolomiti, ma questa volta abbiamo puntato sulla provincia di Belluno. Il trekking si è svolto


dal 18 al 22 luglio tra gli stupefacenti

NOTA TECNICA

panorami delle Dolomiti bellunesi, più precisamente, sul rinomato Monte Civetta. Ventidue al via In 22, tra accompagnatori e ragazzi, ci siamo trovati presso la sede del CAI, a Lecco, pronti per un lungo viaggio in auto che ci avrebbe condotto al passo da cui sarebbe iniziato il nostro giro. Abbiamo passato ore insieme ascoltando musica e raccontandoci pettegolezzi, o almeno così è successo nella nostra auto. Dopo aver parcheggiato, ci siamo incamminati lungo un sentiero piuttosto largo e in soli 45 minuti abbiamo raggiunto il rifugio Carestiato alla rispettabile quota di 1834 m. Dal rifugio si poteva godere di una vista mozzafiato sul singolare panorama offertoci dalle Dolomiti venete. Arrivati al rifugio abbiamo fatto a gara per i letti e abbiamo implorato gli accompagnatori di darci un po’ di salame poiché, pur non avendo faticato, eravamo a dir poco affamati. La notte è stata più divertente della mattina: dopo cena siamo usciti a vedere lo spettacolare tramonto. Le montagne frastagliate situate ad ovest erano divenute solamente delle ombre nere su uno sfondo giallastro tendente al rossiccio del sole che tramontava. Ad est, invece, il cielo sfumava dal blu notte all’azzurrino tenue, mentre se si abbassava lo sguardo era possibile scorgere Agordo (il paese sottostante) totalmente illuminato dalle luci. “Quel panorama ti faceva sentire tutt’uno con la natura e in pace col mondo.” Quella pace però non è durata a lungo dato che siamo saliti in stanza a divertirci giocando ad “obbligo o verità” fino a tarda sera, ignorando la

Come da tradizione ormai consolidata, anche quest’anno il Gruppo di Alpinismo Giovanile della sezione di Lecco ha organizzato il trekking estivo, la “Cinque giorni di trekking” secondo la denominazione che recentemente gli accompagnatori hanno dato all’iniziativa. La scelta è ricaduta sulle Dolomiti bellunesi, cinque giorni a “zonzo” tra il Civetta e il Pelmo, anche se quest’ultimo l’abbiamo solo toccato di sfuggita l’ultimo giorno. Come negli anni precedenti eravamo un nutrito gruppo, 11 accompagnatori e 11 ragazzi/e dai 12 ai 17 anni, con una leggera prevalenza di ragazze (7 su 11). Come di consueto il trekking si è svolto nella terza settimana di luglio, dal 18 al 22, con la formula classica: partenza il mercoledì e rientro alla domenica. Primo giorno: da Lecco al Passo Duran, Belluno, e trasferimento al rifugio Carestiato, nel gruppo della Moiazza. Secondo giorno: dal rifugio Carestiato al rifugio Coldai al Civetta. Non ci ricordavamo fosse così lunga, ma è una bellissima traversata. Terzo giorno: dal rifugio Coldai alla Vetta del Civetta (3200 m), mancata per un improvviso cambiamento di tempo. Abbiamo preso di tutto: pioggia, grandine, neve e perfino fulmini a meno di 200 metri dalla cima; uscita di fortuna su una cengia in piena nebbia per ripararci al rifugio Torrani dove abbiamo sostato un’oretta sperando in un miglioramento del tempo, ma invano. Allora giù sotto la tempesta, dalla via normale, per raggiungere il rifugio Coldai, su un percorso che si è trasformato praticamente in una cascata di acqua freddissima e sassi (meno male che avevamo i caschetti…). Nonostante tutto siamo rientrati tutti al rifugio, stanchi, bagnati, infreddoliti, affamati e anche un po’ spaventati per quello che avevamo passato: un’esperienza che rimarrà nel ricordo di tutti. Ci complimentiamo con i ragazzi per l’ottimo impegno dimostrato e la fiducia che hanno riposto in noi durante questa giornata, ascoltando i nostri consigli e soprattutto continuando a chiacchierare e “scherzare” sia con noi sia tra di loro durante la salita (la Via Ferrata degli Alleghesi è tecnicamente non difficile ma lunga), durante la precipitosa fuga verso il rifugio Torrani immersi nella nebbia (non si vedeva a un palmo dal naso) e durante la discesa per il Coldai sotto il nubifragio e immersi nelle cascate. Quarto giorno: sosta obbligata al rifugio Coldai, in primis per asciugare i vestiti e gli scarponi, e poi perché dalle ore 13 del giorno prima sta piovendo ininterrottamente e smetterà solo in tarda serata, dopo le 23. Quindi niente trasferimento al rifugio Venezia al Pelmo come previsto dal programma. Quinto giorno: dal Coldai al Passo Staulanza per il rientro a casa. fatica che ci avrebbe aspettati il giorno

alludere ad un minimo dislivello le sa-

successivo.

lite non sono certo mancate. Traversata

Verso l’ora di pranzo abbiamo rag-

Dopo una sostanziosa colazione

giunto il rifugio Vazzoler dove abbia-

all’insegna di pane e nutella, o di pane

mo potuto saziarci con i nostri panini

burro e marmellata, abbiamo imboc-

e ammirare il panorama: le montagne

cato il sentiero che ci avrebbe con-

altissime tutte intorno a noi e il cie-

dotto al rifugio Coldai (2132 m) passando per il rifugio Vazzoler (1714 m). Tale itinerario era una sorta di traversata delle pendici del monte Civetta e benché il termine traversata possa

Alpinismo Giovanile

45


lo completamente azzurro, sgombro di nuvole. Siamo poi ripartiti alla volta della meta finale: il rifugio Coldai. Camminavamo immersi nel suggestivo paesaggio offertoci dal Civetta composto da pendii ripidi e scoscesi e verdeggianti radure, mentre la cima si ergeva maestosa sopra di noi. Nonostante il pittoresco paesaggio entro cui camminavamo la fatica non ha certo stentato a farsi sentire poiché le ore di camino erano proprio tante! “Posso affermare che quella giornata fu veramente sfiancante benché il paesaggio fosse meraviglioso. Certamente il lungo tragitto ha aiutato ma, il colpo di grazia lo ha dato sicuramente il caldo (che avremmo rimpianto la giornata seguente).” Immersi in un mare di umidità e di calura siamo arrivati al rifugio stanchi morti per poi rilassarci con una bella doccia, prima di cenare. Quella sera, però, per la gioia degli altri ospiti, non abbiamo fatto molto casino. Nella tempesta Eccoci al giorno fatidico. La sveglia è puntata alle 6.30; la colazione è alle 7. Poi zaini in spalla perché il monte Civetta ci aspetta. Il sentiero che ci ha condotto alla Ferrata degli Alleghesi (una delle più lunghe d’Italia) è composto da stretti traversi tramite i quali abbiamo attraversato diversi ghiaioni. Il tempo non era proprio il massimo, ma dato il caldo rovente del giorno precedente eravamo ben felici di destreggiarci in felpa e pantaloni lunghi sulle catene della ferrata. Accompagnati dalle nostre chiacchiere, ove la

46

Alpinismo Giovanile

Foto ricordo al rifugio Carestiato Sotto: le quote rosa

difficoltà del percorso lo permetteva, e

piuttosto piccola, ma d’altra parte, a

dal risuonare metallico dei moschet-

2984 m di quota non si può preten-

toni, ci ergevamo sempre più in alto

dere un hotel a 5 stelle. Ciò nonostan-

immersi in suggestivi panorami inte-

te il piccolo rifugio ha fatto proprio al

ramente rocciosi.

caso nostro, ci siamo trattenuti per

Purtroppo il tempo non è stato dalla nostra parte, infatti, quando man-

un’oretta e abbiamo potuto pranzare e asciugarci un po’.

cavano solo 200 metri di dislivello

Siamo poi ripartiti, imbacuccati nei

alla cima siamo stati raggiunti da un

nostri giubbetti e K-way, attraverso il

temporale. La pioggia non faceva al-

sentiero attrezzato che avremmo do-

tro che intensificarsi perciò abbiamo

vuto seguire per la discesa.

dovuto rinunciare all’ambita vetta ed

Gli accompagnatori ci hanno aiutato

imboccare un sentiero laterale che ci

a mantenere la concentrazione fa-

ha condotto al rifugio Torrani.

cendo in modo che, con calma, molta

Questo rifugio è una costruzione

attenzione e spirito di squadra, giun-


trentina, brindavano tranquillamente tra di loro come se fossero le uniche persone presenti nel rifugio. Dato che noi siamo socievoli, quando facevano un brindisi esultavamo anche noi. Alla fine abbiamo fatto amicizia con loro. Dopo cena, in compagnia del nostro accompagnatore Stefano, conosciuto come “sottiletta”, ci siamo trattenuti presso i tavolini del rifugio e le risate non sono mancate. Il sole al ritorno Come ogni vacanza, arriva l’ultimo giorno, quel giorno in cui ti accorgi che tutto è finito e il tempo sembra essere passato troppo in fretta. Abbiamo dovuto lasciare il rifugio per tornare a casa, eravamo riluttanti all’idea di andarcene, ma dato che non potevamo rimanere lì clandestinamente siamo scesi. Addirittura il sole, che per i precedenti due giorni pareva essere andato in ferie, è tornato ad illuminare le montagne. Si sale sulle macchine, mentre ci basta sollevare gli occhi al cielo azzurro e limpido per ammirare il monte Civetta che si erge maestoso d’innanzi a noi, noi che lì ci siamo stati e che non

Sulla traversata dal rifugio Carestiato al rifugio Coldai Sotto: In sosta sulla traversata Carestiato-Coldai

vediamo l’ora di ritornarci.

gessimo, passo dopo passo, al rifugio

minata verso il rifugio Venezia, ma

Coldai.

stavamo ancora smaltendo i postumi

Abbiamo messo ad asciugare gli

della lavata del giorno precedente: le

indumenti bagnati e siamo corsi a

scarpe e la quasi totalità dei nostri

cambiarci con i vestiti che avevamo

vestiti erano ancora bagnati perciò

lasciato al rifugio e ci siamo precipi-

siamo rimasti al rifugio Coldai anco-

tati a cena a dir poco affamati. È stata

ra per un giorno a rilassarci. Abbiamo

un’esperienza particolare, un po’ di-

passato una giornata intera a giocare

versa dalle solite, ma l’importante è

a carte, suonare la chitarra e giocare

che siamo riusciti a divertirci senza

a scacchi.

risparmiare le nostre battute squallide.

mino consecutive un giorno di riposo

“Il rifugio: finalmente una gioia!”

ci vuole proprio!”

Il programma prevedeva una cam-

molto divertente e non vedo l’ora di farne un altro passando altri giorni con i miei amici tra le montagne.” Non abbiamo certo smesso di fare casino e forse, anzi sicuramente, non smetteremo mai, la montagna ci piace e siamo qui per questo. Ci vediamo al prossimo trekking, sempre più carichi! Foto archivio gruppo Alpinismo Giovanile

“Devo dire che dopo 15 ore di cam-

“Ho due jacuzzi nelle scarpe.” Riposo forzato

“Come mio primo trekking è stato

Quella sera era arrivato anche un gruppo di signore, saranno state una

Alpinismo Giovanile

47


UN LECCHESE SUL GRAPPA

Panorama dai Solaroli

L’orrore e la follia della guerra, lettera dal fronte di Luigi Mira


di Adriana Baruffini

I

n questo 2018 si celebra il cente-

proseguita l’esplorazione delle testi-

nario della fine della Prima Guerra

monianze affidate ai diari e alla corri-

Mondiale e si conclude un triennio

spondenza dai vari fronti, con migliaia

nel corso del quale si sono moltipli-

di lettere e cartoline spedite o ricevu-

cate le iniziative volte ad approfondi-

te dai soldati, spesso recanti le tracce

re la conoscenza dei vari aspetti del

della censura, documento storico di

conflitto e a consolidare il ricordo di

grande valore che coinvolge in modo

milioni di vittime militari e civili.

trasversale classi sociali e provenienze

Nel campo dell’editoria, accanto a

geografiche differenti. Pagine cariche

saggi che hanno cercato di far luce

di pathos, scritte spesso in condizioni

su temi meno noti o controversi, è

disperate quando più forte è il bisogno

Tutte le foto di questo articolo appartengono all’archivio della famiglia Mira


di affetti famigliari e di amicizia; bre-

blichiamo di seguito.

edizioni “Musei all’aperto”, novembre

vi racconti che esprimono l’angoscia

E’ stata scritta da un soldato lec-

della battaglia imminente, l’orrore di

chese, il sottotenente Luigi Mira, ed

Gli autori del libro, colonnelli dell’e-

un attacco nemico improvviso, la fa-

è stata portata alla nostra attenzione

sercito, ricostruiscono nei dettagli i

tica delle lunghe marce, i disagi della

dal socio CAI Renzo Battiston. Il figlio

combattimenti svoltisi in quei cinque

trincea, la preoccupazione per la fami-

dell’autore, prof. Eugenio Mira, anche

giorni sulle alture dei Solaroli e Val-

glia lontana; scorci di quotidianità e di

lui socio del CAI Lecco, ne ha poi au-

deroa, contrafforti del Monte Grappa,

condivisione anche con i nemici, che

torizzato la pubblicazione su questa

seguendo come traccia il diario del

riportano a certe pagine ispirate di

rivista, fornendo alcuni elementi bio-

tenente degli alpini Francesco Arrigo-

Mario Rigoni Stern; riflessioni oscillanti

grafici e delle fotografie.

ni, comandante la 265a Compagnia del

fra sentimento patriottico, che impor-

2007.

battaglione Val Cismon.

rebbe obbedienza incondizionata, e ri-

Non si tratta di una lettera inedi-

bellione a scelte degli alti comandi non

ta: è stata pubblicata sul n. 3/1985 di

La sua testimonianza trova so-

comprese, sospettate come assurde e

“Penna nera delle Grigne”, mensile del-

stanziale conferma nella lunga lettera

inutili, per non dire criminali quando

la sezione di Lecco dell’Associazione

scritta alla famiglia dal sottotenente

hanno a che fare con decimazioni e

nazionale alpini, con un’introduzione

Luigi Mira, che faceva parte del Bat-

assalti suicidi.

di Luca Ripamonti, e inoltre figura in

taglione Monte Antelao, 151a Compa-

allegato nel libro Monte Grappa ulti-

gnia, comandata dal capitano Alliaud

In questo filone memorialistico si

mo sacrificio. Solaroli 24-28 ottobre

morto alla fine del secondo giorno

colloca la lettera dal fronte che pub-

1918, di Fulvio Capone e Gianni Bellò,

di battaglia. Il comandante del Batta-

Luigi Mira nasce a Lecco il 22 aprile

telao” impegnata nei combattimenti

gno, V Reggimento Alpini, Divisione

sui Solaroli.

Tridentina; nel “Morbegno”, che rac-

1897. Ultimate le scuole superiori, il 12 ot-

Promosso tenente, presta servizio

coglie lecchesi, valsassinesi e militari

tobre 1916 viene chiamato alle armi

fino alla smobilitazione nei Battaglio-

della bassa Valtellina, il capitano Mira

e arruolato nel 26° Reggimento Ar-

ni “Monte Baldo” e “Verona” della 52a

ha come tenenti Domenico Riva, far-

tiglieria da Campagna. Frequenta il

Divisione alpina.

macista di Castello, Corrado Invernizzi,

corso Allievi Ufficiali di complemento

Tornato alla vita civile, svolge la pro-

presso l’Accademia militare di Torino

pria attività commerciale nell’azienda

e la Scuola Militare di Modena dal 5

di famiglia a Lecco. Ama la montagna,

Allo scoppio della seconda guerra

maggio al 25 luglio 1917. Il 26 ago-

non è un alpinista, ma un escursioni-

mondiale è mobilitato con il grado di

sto dello stesso anno è assegnato al

sta di buon livello, amico di Ferruccio

maggiore nella II Base Tradotte Mili-

Battaglione Sciatori “Monte Pasubio”

Grassi (presidente del CAI Lecco dal

tari per l’Est, dirette al fronte russo. Di

operante sulla Bainsizza; il 12 ottobre

1958 al 1966), Nino Castelli (ex ufficia-

fatto rimane di stanza a Vicenza e a

è trasferito al 7° Reggimento Alpino

le degli alpini, campione di sci e di ca-

Castelfranco Veneto, dirigendo il traf-

Battaglione “Monte Antelao” e par-

nottaggio, a cui è cointitolato il rifugio

fico delle tradotte da e per il fronte.

tecipa a operazioni militari a Fontana

Sassi-Castelli in Artavaggio) e don

Forse giunge con un convoglio nelle

Negra, Sasso di Stria, Passo Buole.

Giovanni Ticozzi (combattente della

retrovie del fronte russo.

Promosso sottotenente il 21 giugno

prima guerra mondiale incarcerato dai

1918, nel mese di ottobre è effettivo

fascisti nel 1944, insegnante e uomo di

nella 151a Compagnia del “Monte An-

grande cultura). Nel 1935 viene promosso capitano

50

Il documento

e richiamato in servizio. Negli anni 1937-1940 è comandante della 47a Compagnia del Battaglione Morbe-

Giannino Vitali e altri lecchesi che gli sono molto legati.

Promosso tenente colonnello, viene posto in congedo assoluto nel 1957. E’decorato della Croce di Guerra al Valor Militare. Muore nel 1962.


glione era invece il capitano Reverberi, citato nella lettera, diventato poi generale al comando della Divisione Tridentina nella Campagna di Russia della Seconda guerra mondiale, quello che il 26 gennaio 1943, a Nikolaiewka, diede l’ordine “Tridentina avanti!” Come dichiarato dagli autori del libro in prima di copertina, entrambi i documenti aiutano a far luce sugli avvenimenti di quei giorni, nei quali “con ordini,

contrordini,

incomprensioni,

contrasti fra comandanti, venne scritta una pagina oscura nella gloriosa epopea del Grappa”. Per il suo alto valore di testimonianza storica ci sembra interessante portare questa lettera a conoscenza dei nostri lettori. La facciamo precedere da poche righe tratte dal diario del tenente Arrigoni, perfettamente in sintonia con il tragico racconto della salita ai Solaroli che troviamo nelle lettera: “Su per la china del monte Solarolo, dinanzi a me, della truppa avanza in ordine sparso: marcia allo scoperto, in piena luce, su per una liscia e ripida pendenza pratosa a pochi metri dal nemico. Fumate di granate la nascondono di tanto in tanto al mio sguardo, di tanto in tanto qualche Alpino colpito rotola verso il basso con movenze e salti buffi di corpo inanimato. Gli altri proseguono e spariscono nelle trincee di un cocuzzolo che precede la cima: sono alpini del Battaglione “Antelao”. Bisogna che andiamo avanti anche noi, lo sento, lo vedo.”

In alto: manovre delle truppe alpine fra il 1937 e il 1940 a cui il capitano Mira partecipò come comandante della 47a compagnia del battaglione Morbegno Sotto: Luigi Mira all’epoca dei fatti narrati nella lettera


La copertina del libro di Fulvio Capone e Gianni Bellò

Manovre delle truppe alpine fra il 1937 e il 1940 a cui il capitano Mira partecipò

Fiera di Primiero, 6.11.1918 Carissimi, sono vivo, vivissimo e senza una graffiatura. Sono stato fortunato, ma purtroppo molti miei colleghi e tanti miei soldati sono morti. Anche il mio capitano è morto, proprio alla fine del combattimento, quando ormai si aveva ragione di sperare che tutto fosse finito: una granata gli è scoppiata proprio sotto i piedi. Tentare di raccontarvi tutto quello che mi è successo da quando sono partito da casa alla fine della licenza non è una cosa da poco, ma proverò. Sapete già che a Verona ho trovato Ettore; poi io ho preso il treno e sono andato a Vicenza da dove avrei dovuto proseguire per Schio e di lì, con qualche mezzo, raggiungere il Battaglione, che io avevo lasciato in Vallarsa. Ma alla Stazione di Vicenza trovo alcuni soldati del Battaglione che, usciti dall’Ospedale e presentatisi al Comando di Tappa, erano stati indirizzati a Fontaniva, vicino a Cittadella. Io però che da Lecco avevo spedito la mia cassetta per bagaglio a Schio, ho dovuto andare a Schio per ritirarla. Anch’io, dal Comando di Tappa di Schio, sono stato avviato a Fontaniva e ci sono andato. Ma là nessuno aveva visto il mio battaglione. Allora sono tornato a Schio e siccome il Comando di Tappa, al quale mi sono ripresentato, continuava ad indirizzare a Fontaniva, sono andato al Comando di Corpo d’Armata. Finalmente qui ho saputo che il mio battaglione era a Sandrigo. Ma, per andare a Sandrigo, dall’ultima stazione alla quale si poteva arrivare col treno, che era poi la Stazione di Villa Verla, c’erano ancora 12 Km. E non vi dico che fatica ho fatto ad arrivarci con la mia cassetta. Tanto più che a furia di girare di qua e di là, ero rimasto con 10 lire sole in tasca, avendo comperato a Milano un bocchino per il mio povero capitano, che costava 28 lire, ed un bastone per un tenente, che costava 18 lire. E poi, come vi ho detto, girando da Milano a Verona, da Verona a Vicenza, da Vicenza a Schio, da Schio a Fontaniva, da Fontaniva di nuovo a Schio… Ho perfino dovuto noleggiare, non trovando altri mezzi, da Villa Verla a Sandrigo, una carrettina con un asinello, grandi come un giocattolo, almeno per poter portare la mia cassetta. E finalmente a Sandrigo ho trovato la mia compagnia. Potete immaginare come ero stanco e come ero stufo di girare. Invece alla sera, verso le 7 dello stesso giorno, c’è l’ordi-


come comandante della 47a compagnia del battaglione Morbegno

ne di partire. Ci si mette in marcia, si fanno 5 o 6 Km poi viene un altro ordine: dietro front e si ritorna a Sandrigo. Come si può ci si accomoda per dormire: i soldati sotto i portici delle case e gli Ufficiali dove possono, perché ormai è la una dopo mezzanotte. Io riesco a trovare una branda in una casa, ma non sono ancora addormentato quando, verso le 4 del mattino, mi vengono a chiamare un’altra volta. C’è di nuovo adunata del Battaglione che verso le 6 del mattino parte in camion. Io trovo un posto vicino allo chauffeur, mi metto la mantellina sulla testa e, come posso, cerco di dormire. I camion ci sbarcano a Paderno, un paese alle falde del massiccio del Grappa, paese ancora abitato. Ma non ci si ferma che un paio di ore. Si riprende la marcia a piedi, i soldati carichi, oltre che dello zaino, di tutto il materiale di cucina e di magazzino e si arriva in un paesetto disabitato che non so più come si chiami. Anche qui ci si accomoda come si può, di mangiare non si parla, essendo arrivati di notte. Immaginatevi come si era stanchi: avendo, per di più, perso la strada si era dovuto camminare attraverso i boschi, su e giù per i valloni, attraversando letti di torrenti fortunatamente con poca acqua. Ed i soldati, come vi ho detto, erano carichi delle casse di cottura, delle marmitte, di sacchi coi viveri, ecc. ecc. Alle 4 di mattina, sveglia! C’è un traino di cannoni da 149 da fare. Il traino, per la mia Compagnia, dura fin verso le due dopo mezzogiorno. Al ritorno, per fortuna, troviamo il rancio e non importa se io sono rauco a furia di gridare: “Pronti? Forza! forza!..” agli uomini che sono alle funi. Il giorno dopo, alla mattina alle 6, altro traino che dura, anche questo fin le 2 del dopo pranzo. Alla sera, partenza per il Grappa. Partiti alle 7 della sera, non si arriva che alle 3 di notte, dopo una marcia faticosissima non tanto per le difficoltà del cammino, ma perché le strade erano tutte ingombre di camion, di colonne di muli, di carri. Si dorme, naturalmente sul lato della strada. Alle 4 del mattino, cioè neanche dopo un’ora di sonno, del 24 ottobre, incomincia il bombardamento nostro, intensissimo. Di dormire, dunque, non se ne parla più. Sulla strada si rimane fin verso le 3 del pomeriggio. Quando viene l’ordine di partire, incomincia a piovere. Ci incamminiamo, per uno, sotto la pioggia, sulla montagna, verso il combattimento. Incominciano le prime granate e i primi morti. Un tenente, colpito tra i primi, il tenente Beghini della 96a Compagnia, colpito da una grossa scheggia, muore gridando “Viva l’Italia!”. Un sottotenente ha una gamba spezzata. Io fumo una sigaretta


dopo l’ altra. Passiamo la notte dietro un costone, Col dell’Orso, sotto l’acqua e sotto un tiro intenso di proiettili a doppio effetto che però riescono a ferire solamente pochi uomini, dato il riparo abbastanza buono offerto dal costone del monte. Verso l’alba del giorno 25 abbandoniamo il costone, scendiamo nella valle e ci ripariamo in una specie di fossato. Appena poco al di sopra di noi, due pezzi da montagna tirano un colpo dopo l’altro e sembrano due cani rabbiosi che abbaiano. Si raccomanda ai soldati l’immobilità assoluta. Ma uno comincia ad andare al cesso, un altro va per prendere l’acqua: fatto sta che siamo scoperti. L’artiglieria austriaca comincia a tirare con grossi calibri sul valloncello dove tutto il battaglione era ammassato. Un colpo un po’ lungo, un colpo un po’ corto, il tiro si fa sempre più preciso finché le granate scoppiano in pieno in mezzo a noi. E’la visione più brutta che io ho avuto di tutto il combattimento. Fitti come eravamo in quella piega della montagna, quei due o tre colpi in pieno hanno fatto strage. Mamma, Il capitano Mira con la 47a Compagnia del Battaglione Morbegno in discesa dall’Ortles nel 1937 mamma mia, se tu avessi visto! C’erano alcuni soldati della mia compagnia con le gambe stroncate al di sopra del ginocchio. Ho ancora nelle orecchie il grido di un povero ragazzone biondo che chiamava la mamma sua, guardando con gli occhi già morenti le sue povere gambe o meglio, i suoi mozziconi sanguinolenti. Un altro, cinque passi davanti a me e’ buttato pr aria da una cannonata. La sezione “pistola mitragliatrice” è quella più colpita e il Sergente Maggiore Marinello che la comanda, corre in su e in giù, come un matto, con le mani sulla faccia, gridando: “Oh! la mia Sezione, oh! la mia Sezione”. Sono rimasto calmo; ve lo dico contento di poterlo dire. E a conservare la calma mi ha aiutato il puntiglio che avevo di far vedere al Ssrgente Bianchi che non avevo paura, perché lui, arrivato da poco alla compagnia, aveva cercato di sfottermi e si era fatto sentir dire, dietro alle mie spalle: “Li vedaremo, ciò, sti ofizialeti, quando che ‘l sarà el momento!”. Per adesso sono io che guarda cosa fa lui. Mentre il cappellano, subito accorso, gira in mezzo a noi, impartendo l’assoluzione ai morti e ai moribondi, ho ordinato i soldati, cercando di non far fare confusione. Intanto ci si muove da quel tremendo fossato, ed era ora, e ci arrampichiamo sul monte, sempre sotto il tiro dei cannoni, il capitano in testa e io subito dietro lui gridando: “Avanti la 151”. A un certo punto incomincia anche una mitragliatrice che ci prende di fianco; tutt’intorno ci sono già dei morti. Il capitano evita quel passaggio obbligato correndo a zigzag su per la montagna ed io dietro di lui, non lo mollo di un passo; penso che è più pratico di me e che mi conviene stargli vicino. E’ il momento in cui butto via la mantellina; ero senza fiato e si capisce: correre sui monti non è una cosa piacevole, ma, d’altra parte, o farsi bucare dalla mitraglia o correre. Poi lui si volta e mi dice: “Mira, dov’è la Compagnia?” Mi volto anch’io e vedo che solo pochi uomini sono riusciti a seguirci, gli altri sono rimasti indietro. Mi dice:


“Va a prenderli e mandali in su”. Così devo ripassare per quel punto obbligato che ero così contento di aver superato poco prima senza essere ferito. Mentre ridiscendo, indico ai nostri soldati che incontro la direzione che devono seguire per raggiungere il Capitano. Incontro anche il Tenente Terracini, comandante della Compagnia Mitragliatrici pesanti. Cammina in testa ai suoi soldati con passo cadenzato. Lo avviso che più su incontrerà il punto pericoloso e che deve correre se vuole salvare la ghirba. Mi dice: “I tuoi soldati possono correre, ma i miei hanno le armi e le cassette munizioni sulle spalle”. In coda c’è Vigliani e dico anche a lui di stare attento. Mi risponde qualche cosa in piemontese ma io sono già lontano e non capisco. Non incontro più nessuno della 151. Tiro il fiato e risalgo per raggiungere gli altri. Si arriva in un punto abbastanza riparato e ci si raduna come si può. Qui comincia il vero combattimento, perché finora non è stata che una marcia di avvicinamento. Io sono ancora calmo. Le compagnie si dispongono per il combattimento, cioè con gli uomini La stessa Compagnia durante la salita al Palla Bianca nel 1937 distesi. Le cannonate, che non riesco a capire se sono nostre o austriache, non arrivano più su di noi. Battono poco più in alto e fanno precipitare valanghe di sassi che storpiano, feriscono, uccidono. Avanti: sono in testa al mio plotone che è disteso in linea di fronte dietro di me. Davanti a noi ci sono però i soldati di un’altra compagnia. Il monte sul quale avanziamo è il Solarolo. Alla sinistra degli Alpini c’è la Brigata Lombardia, la Brigata di Urio. Al Col dell’Orso, la notte prima, alcuni soldati della Brigata, che avevo riconosciuto dalle mostrine e ai quali avevo domandato di lui, mi avevano detto che era stato ferito. Ma ora so che è morto dalla cartolina vostra del 1° novembre che ho ricevuto stamane. Per un po’ avanziamo senza che nessuno ci disturbi, ma dopo un centinaio di metri, comincia una mitragliatrice da sinistra. Il monte è liscio senza alcun riparo, non ci sono che i buchi delle granate. Ci si sposta verso destra, cercando di schivare il fuoco della mitragliatrice di sinistra. Ma dal Valderoa, che si credeva nostro e che invece è stato ripreso dagli austriaci, altre mitragliatrici ci battono. Si avanza lo stesso, sempre in ordine. Quelli che dal basso ci seguivano coi cannocchiali, ci hanno poi detto che la nostra avanzata sotto la mitraglia, sembrava una manovra di piazza d’armi ed il battaglione è stato elogiato per questo. Ma le vittime non mancano. Io salto da una buca di granata ad un’altra e con le mani scavo nella terra per approfondire il riparo. In questi momenti ognuno non si preoccupa che della testa: è quella che si cerca di mettere al riparo; alle gambe e al resto non si pensa. Ma il mio Capitano e il Capitano Reverberi, comandante de Battaglione, invece stanno in piedi. Io continuo a gridare: “Avanti 2° Plotone”. Tanto, avanti o indietro, è la stessa cosa e ho premura che questa baraonda sia finita. Saltiamo in una prima trincea e ci si ripara in quella. Ma l’artiglieria austriaca ha il tiro precisato su questa trincea che è piena di


soldati. I feriti non possono passare; i morti, perché non ingombrino, si buttano fuori. Ci penseremo dopo. Fortuntamente verso sera si alza una nebbia densa e il tiro dell’artiglieria a poco a poco rallenta poi cessa. Per poter sgomberare i feriti il battaglione ha l’ordine di portarsi nel punto dove ci siamo schierati e siamo partiti per l’assalto. Si scende al punto di partenza e ci ripariamo dietro delle rocce dove passiamo la notte indisturbati, non essendo visti. Ma alla mattina, che deve essere quella del 26, appena spunta l’alba, gli austriaci ci vedono e cominciano il tiro. Sgombriamo in fretta, non senza perdite e ci portiamo un po’ più sotto vicino a un posto di medicazione. Ci sono, lì intorno, dei mucchi di morti, buttati nel fango o accatastati, come la legna: uno strato per il lungo e uno per il traverso. Ogni tanto, dal posto di medicazione, i portaferiti ne portano fuori qualche altro che aggiungono al mucchio. Dico ad un portaferiti se non hanno qualche coperta da metterci sopra e mi risponde che ce ne vorrebbe così, delle coperte. Un pezzo da trincea degli austriaci ci sfiora con le sue granate che scoppiano appena un po’ più in là. Ma sono proiettili molto piccoli e le schegge non ci raggiungono. Verso le 2 e mezzo del pomeriggio arriva la corvée coi viveri e contemporaneamente abbiamo l’ordine di ritornare all’ attacco. Si distribuisce in fretta la roba che hanno portato: un po’ di carne e un po’ di tabacco. Qualcuno degli uomini tenta di ritirare anche la razione di quelli che non rispondono alla chiamata. Dicono: “Gliela dò io”. Ma io so che quelli sono morti, mi arrabbio e li picchio sulle mani con un bastone che mi è capitato tra le mani. Il capitano mi sgrida e mi dice di non fare il fatalista. Ci schieriamo di nuovo ed avanziamo, come il giorno prima. Bisognava vedere gli austriaci! Ci aspettavano in piedi sull’orlo delle loro trincee, ma in piedi, diritti e ci buttavano le bombe a mano. Un po’ più a destra vedo degli alpini che saltano dentro le trincee austriache del Valderoa; di lì a un po’ tornano a saltar fuori. Sono quelli del Battaglione Aosta. La notte dal 26 al 27 è stata tremenda. L’artiglieria austriaca aveva un tiro precisissimo. Io non so come non sia stato colpito; sono solamente stato mezzo sepolto sotto un mucchio di terra fatto cadere da un colpo scoppiato lì vicino ed ho avuto una discreta ammaccatura ad una gamba e ho sperato di essere stato ferito. Nella trincea non c’erano ormai più ripari, era tutta franata e bisognava star lì a prendere tutti i colpi. Il mio attendente è stato anche lui ferito leggermente ad una mano. I feriti non potevano nemmeno essere portati fino al posto di medicazione. Per spostarmi dovevo strisciare sulle ginocchia dei soldati accoccolati da una parte e dall’altra della trincea. Ogni tanto qualche colpo capitava proprio in pieno: roba dell’altro mondo. Verso la mattina però il tiro è rallentato ed allora si è cercato di sgomberare un po’ la trincea nella quale abbiamo poi passato tutta la giornata del 27, la notte dal 27 al 28 e parte della mattina del 28. Di giorno gli austriaci tiravano poco; ma di notte, siccome temevano sempre che noi si attaccasse nuovamente, era un continuo sparare di mitragliatrici e cannonate che piovevano. Forse appunto perché tiravano di notte e non vedevo tanto bene l’effetto dei colpi che capitavano in pieno, a me è rimasta vivissima l’impressione dei morti di due giorni prima, in quel fossato, come quella più brutta. Di giorno vedevo che la trincea era piena di morti, ma non mi facevano l’impressione di quelli visti laggiù, che avevo viso morire e che conoscevo uno per uno. Il 28 mattina il mio battaglione ha lasciato il posto al Battaglione Cadore, che fino allora era rimasto di riserva. Il cambio avrebbe dovuto avvenire di notte, ma quando ci muoviamo è ormai giorno e ci si vede benissimo. Però ci vedono anche gli austriaci. Il capitano parte in testa e mi dice che l’adunata è alle cucine, giù, sulla strada. Io devo rimanere finché non ho mandato in giù tutti gli uomini della Compagnia, sparsi lì intorno, un po’ dappertutto. Quando mi pare che ormai non ci sia più nessuno, mi avvio anch’io. Si scende a gruppi, di corsa, inseguiti dalle cannonate degli austriaci. Ed è stato proprio mentre si scendeva, quando si era ormai quasi al sicuro, che è morto il mio xapitano. Una granata gli è scoppiata proprio sotto le gambe ed una scheggia gli ha reciso l’arteria femorale; è morto dissanguato. Aveva 27 anni e mi voleva bene come a un fratello minore. Siamo tornati su quella strada dove avevamo passato la notte dal 23 al 24; poi, quando tutti furono arrivati, ci siamo messi su un monte lì vicino: Cima Pallone, mi pare, lontani dal fuoco o meglio, dove non tiravano. Lì siamo rimasti la notte del 28, il 29 e il 30 fino a mezzogiorno del 31. Poi, di nuovo, ci danno l’ordine di avanzare. Ma questa volta per l’inseguimento: non c’è più nessuno davanti a noi. Passiamo la notte sulla Cima Fontanasecca. Ma fa molto freddo e riesco a dormire ben poco, sul fondo di una buca di granata, cercando di farmi riscaldare da tre o quattro miei soldati che mi faccio sdraiare ai fianchi e anche un po’ addosso a me. E’ ancora buio quando al mattino ci buttiamo giù per il monte ed è stata una corsa continua fino a Feltre dove passiamo la notte. Poi di nuovo avanti, continuamente. Tedeschi prigionieri, armi, fucili, cannoni, una confusione tremenda. E noi avanti, senza mangiare, senza dormire, avanti, sempre avanti. E la gioia dei borghesi dei primi paesi liberati! Piangevano tutti


dalla consolazione; e le donne che ci raccomandavano di ammazzare tutti i tedeschi, anche i prigionieri. E qualcuno lo hanno accoppato loro, quelle donne. Ci raccontavano, piangendo, tutti i patimenti che avevano sofferto. Che vivevano ormai delle erbe dei prati. Che parecchi erano morti di fame e che, se non si fosse arrivati noi, sarebbero morti tutti, quell’inverno. I bambini ci seguivano, strascinandosi dietro, per la canna, i fucili austriaci. Abbiamo passato il vecchio confine trovando sempre austriaci che si arrendevano. Sul Monte Pavione, guardando in giù vediamo una malga dalla quale escono degli Austriaci che portano delle mitragliatrici. Crediamo che vogliano fare resistenza. Reverberi manda avanti il nostro plotone arditi e a me ordina di salire coi miei uomini più in alto sulla montagna per fiancheggiare sulla destra il resto del Battaglione. Ma non c’è resistenza: gli austriaci volevano solo rendere inutilizzabili le loro mitragliatrici buttandole nel laghetto davanti alla malga. Fa molto freddo perché ormai è sera ed io ed il mio plotone siamo quasi sulla cima del monte, a 2500 metri circa. Mentre scendo, incontriamo i prigionieri della malga che risalgono, diretti alle retrovie. Vorrei prendere il giubbotto di cuoio di un ufficiale perché ho freddo, ma poi non ne ho il coraggio. Passiamo la notte in questa malga Viderne. I soldati sono dentro, ma io e un altro Ufficiale, Sirombo, dormiamo appoggiati ad un mucchio di fieno, lì di fuori. Finalmente, l’altro giorno siamo entrati in Fiera di Primiero dove ci siamo fermati, essendo stato firmato l’armistizio. La strada da Imer a Fiera di Primiero era piena di carreggio austriaco, coi cavalli ancora attaccati. Io ho tre rivoltelle austriache, ma non sono riuscito a trovare un binocolo. A Fiera di Primiero io e parecchi altri siamo entrati a cavallo, che avevamo staccato dalle carrette austriache. Ho trovato una valigia di un ufficiale con un po’ di biancheria con la quale mi sono cambiato. Ed ora non vi scrivo più. Vi scriverò ancora presto, se potrò. Ho tutte le scarpe rotte. E chissà quando arriverà il nostro bagaglio. Ma non importa. Sono vivo e tanto basta. Sono contento che mamma e Maria siano guarite. Anche Lydia è guarita e mi ha scritto. Bacioni cari a tutti. Allegri, che è finita. Bacioni, bacioni cari. Avete spedito la camicia ed i polsini? Se non l’avete ancora spedita, aspettate ancora fin che ve lo dico io.

Gino


UN MIRACOLO AL GIORNO

Germania, Scandinavia: l’altra metà della gita in bici Catania - Capo Nord

I

di Stefania Valsecchi (Steppo)

n direzione Monaco è un continuo sali scendi-salisali-scendiscendi e intanto che i nuvoloni minaccio-

si si avvicinano vedo a bordo strada

in un punto panoramico un’auto targata BG: toh! I cugini bergamaschi. Picchio giù la frenata, attraverso di slancio la corsia senza neanche guardare se arriva qualcuno, li raggiungo urlando:”Ciao amici, siete di Bergamo, che bello! io sono di Lecco”. Pausa di silenzio, poi lui fa: ”Bitte Fraulein?”. Osti, BG allora cos’è? Chiedo sorry ridendo e via a pigliar pioggia fra pascoli, mucche dormienti, odor di crauti e... pioggia, pascoli, mucche dormienti, odor di crauti. In “Krautilandia” trovo uno spicchio di godevole italianità in casa di una coppia di amici che vivono lassù e mi ospitano per cena e notte con entusiasmo straripante: non capita spesso che i vecchi amici li vadano a trovare; molto più facile che loro tornino in Italia per le vacanze. Ciclabili teutoniche A dire il vero, dopo aver fatto questo viaggio da molto giù, fino molto su, alla punta di terra europea più a nord, capisco perfettamente perché un numero così elevato di stranieri si riversa in Italia nelle vacanze non solo estive. Si certo, sapevo già che la nostra terra offre varietà e bellezze paesaggistiche,

58

Escursionismo

storiche, culturali, architettoniche, cu-

dopo che i Vigili del Fuoco rimuovono

linarie e un clima assai favorevole, ma

il cadavere. Non so spiegarvi il moti-

non ero cosciente che tanta parte del

vo di tutto questo dispiegamento di

resto d’Europa offrisse così poco.

forze per il cinghiale, ma so che verrà

Dopo i primi 2 giorni in Germania,

sezionato e analizzato diligentemente

scopro che le ciclabili teutoniche così

per trovare eventuali contaminazioni

celebri da noi perché uniscono tutta

radioattive, ostrega.

la nazione permettendo di pedalare

Procedendo nelle tappe in Baviera,

in totale sicurezza e libertà, sono una

mi chiedo: ma com’è che hanno un

grande bufala. Non è vero, non ci sono

solo tipo di formaggio qui? A vederlo

tutte queste strade percorribili in bici,

è esattamente come quello dei gio-

lontani dal traffico. Appena esci dalla

chi per bambini nella bancarella del

città sono tutte sterrate, in più, dopo

mercato: l’immancabile triangoletto di

pochi km, finiscono nel nulla o ti por-

plastica giallo coi buchi. Giuro! Qui il

tano altrove. Alla mia bici da corsa in

formaggio è proprio così, poi lo metti

carbonio, leggerissima e delicata, con

in bocca ed è proprio moplen. Plastica.

le ruotine anoressiche… le si rabbrivi-

Polipropilene. Tutto lo stesso sapore,

discono i raggi, stela lei!

tutto moplen anche se ha nomi diver-

Oltre Monaco, verso Kipfenberg

si. Lo mettono sugli Spaetzle (tipo di

(paesino di 55 anime tra i pini), pedalo

gnocchetti) e sanno di moplen pure

canterina su una bella strada in mezzo

loro.

ai boschi con morbidi sali scendi tipo

In periferia di Norimberga (famosa

bruco-mela; faccio la curva e appare

per i processi ai nazisti) ovviamente

una lunghissima coda di auto ferme a

mi perdo sulle ciclabili sterrate quan-

motore spento; supero cautamente,

do finalmente incontro una rubizza e

arrivo in cima alla coda e scorgo pa-

attempata coppia in bici: la placco e in

recchi uomini con giubbetto arancio-

inglese chiedo informazioni. Lui par-

ne simil-Anas disposti lungo la strada

te in 5a in tedesco - Haine Ghebirche

ogni 50 m. Ognuno imbraccia fiero un

zvassighr birkestok Grosse Kreuz - e

gran fucilone: oddio, se sucet? Non

coi due indici fa il segno di una croce.

mi fanno passare neanche con la bici

Un incrocio! Si ho capito. Peró adesso

quindi attendo 15-20 minuti poi uno

un attimo che giro la ruota e com-

di loro mi dice di andare lentamente

pro due vocali, se no ragazzi è dura

tenendo la corsia di sinistra. Procedo

intendersi. Lui appoggia la bici sul ca-

guardinga e l’occhio allungato scorge

valletto e inizia a disegnare per terra

una sagoma esangue per terra. Oddio

strisciando il tacco destro e intanto:

un’altra volta!

unziker

svanziker

rataplanninghen

Mi avvicino ed è un cinghialone fu-

straikken. Osti, capisco un tubo. Final-

cilato stecchito sull’asfalto. Cacchio se

mente entra la moglie che in inglese

mi pigliava da vivo? Che purissima. Il

mi chiede di dove sono e io: “Italy”.

traffico congestionato riprende solo

E il tizio: “Ma’tte ppossino mazzat-


te...bip, bip,bip... a’ttia, a’ssorrata e a’m-

posso fermarmi da lui.

Gert è un vero gentleman, docente di

mammata”, mi prende una mano, la

Uh, e adess se foo? Alla fine accetto.

lingua Inglese, che appena crede a ciò

mette nella sua in bocca, me la sgagna

Entro in casa sua, perfettamente lustra,

che sto facendo - ci mette quei 20-

e urla: “Io so’dde Napulé!”

tutto precisamente in ordine, pareti

25 minuti prima di capire che non lo

Ahahah troppo euforici tutti e tre.

bianchissime. Ecco, kaiser, ho becca-

sto prendendo in giro – si mette al pc

Lui continua urlando:”E’llevate stu el-

to il maniaco che mi fa a tocchi, mi

e mi aiuta a trovare le strade migliori

mett’”. Io mi tolgo il casco, lui mi piglia

mette in freezer e non lascia traccia

da percorrere lungo la Germania fino

la faccia fra le mani e mi bacia guance

alcuna. Invece niente di tutto ciò, anzi.

all’imbarco a Rostock. Lui è un moto-

e fronte ripetutamente: “eehhh iamme

iaaa”.

Capo Nord dopo 5300 Km

Ecco perché questo buon uomo mi dedicava così tanto tempo con tale gustosa energia: è italiano. Non tedesco. Benedetta Italia un’altra volta. La “Krautilandia” continua, piuttosto monotona nel suo paesaggio, ma ricca di incontri davvero da segnare sul taccuino, come quello a Bayreuth. Voi

tutti

sicuramente

conosce-

te bene questa bella cittadina poiché qui è vissuto Wagner. Bene, arrivo a Bayreuth la sera della Giornata mondiale wagneriana: bello no? Bellissimo, pieno di gente di ogni età che campeggia anche nelle aiuole, la musica del grande autore riecheggia ovunque per strada dagli altoparlanti, tutti felici, tanto entusiasmo. L’unico neo è che non trovo uno straccio di posto per dormire. Ho chiesto ovunque, anche attraverso internet: non un letto libero, nemmeno negli ostelli. Desolata mi riavvio in pedalata che sono le 19,30 per raggiungere il paese successivo a 25 km. Mi fermo a un semaforo rosso, passa un rubizzo tedescone con baffoni, collo taurino, panza sporgente, brachetta corta, sandalo e calzino sui grossi polpaccioni e in inglese gli chiedo se c’è un posto in cui dormire nelle vicinanze. Mi risponde in ottimo inglese che è assai difficile dato il festival wagneriano, ma indicandomi una casa bianca poco avanti, mi dice che quella è la sua casa e se voglio


domenica mattina presto senza colazione, mica mi preoccupo: la faccio al primo bar aperto, qual è il problema? Eh, il problema è che in Germania la domenica è tutto molto kaput, morto, chiuso. Non si muove davvero foglia, non funzionano neanche i semafori fino alle 8,30. Capito? Non esistono centri commerciali aperti, Mc Donald o Burger King che sfornano cibo, cinema che offrono spettacoli, bar che preparano caffè o aperitivi: nulla di nulla, zero, tutto completamente chiuso dalle 12.30 del sabato. Anche i cinesi qui non lavorano di sabato pomeriggio e domenica. Ma si può? A noi ci inculcano che nel mondo si lavora H24 e dobbiamo adeguarci, così le poverette dei centri commerciali e altri locali vengono massacrate anche nelle feste comandate e qui, in Germania, locomotiva d’Europa, non si sa cos’è il lavoro il sabato pomeriggio e la domenica... Off-off. Devo percorrere 97 km per trovare il primo locale aperto: una gelateria ad un incrocio a Schleiz. Hip hip hurrà! Entro, il gelataio sta servendo due coni anoressici a una coppia; termina e io dico subito: “for me a big big ice-

crem, not so little. (Per me un gelato grande grande, mica così piccino)”. Lui arriccia il naso, mi risponde in tedesco, e dai che di nuovo non ci capiamo. Ma memore del napoletano di 2 giorni

Circolo Polare Artico, a 66 gradi di latitudine nord

prima gli dico: “I’m italian”. “No, ma Dio

ciclista quindi sa quali strade è meglio

urla concitato. A dire il vero io avevo

bon, mandi mandi, so furlan”. E’ friula-

evitare e quali consigliarmi. Ma non è

una BMW, tuttavia 2 mesi dopo que-

no. Che spettacolo di domenica mi di-

un motociclista qualunque: Gert è un

sto incontro, a settembre, per il fine

venta. Ci picchiamo un 5, ci stringiamo

Guzzista e non appena gli dico che

settimana di festa della Moto Guzzi, il

la mano, pacche sulle spalle, “ma che

sono di Lecco, lo associa con Man-

mio nuovo amico Gert sarà ospite da

belo che s’è”, e mi tira fuori la cop-

dello e: ”Uaooo, tu Moto Guzzi!”, mi

me a godersi la ricorrenza: ma non è

pa più grossa, la riempie dei gusti che

bellissimo? Si che lo è.

chiedo la ricopre di noccioline tritate

60

Escursionismo

Oltrepasso la Baviera e mi trovo in

e me la regala. Nico ti ricorderò per

Turingia, ex Germania dell’Est: l’am-

sempre: foto con bandierina italiana

biente è un po’ spoglio. Partita una

per l’occasione. Mamma mia che gio-


ia: non volevo più andar via di lì e lui

cione, Salsomaggiore Terme, Lignano

dei passeggeri con saloni e ristoranti

non voleva più lasciarmi andare. Bello,

Sabbiadoro, Taormina… yeeehhh! E dai,

da mille e una notte, mi siedo felice

bello.

tutta un’altra storia, un altro respiro,

in relax. Vorrei dormire un po’, ma mi

no? Gioiosa Italia, io ti amo.

si avvicina un giovane decisamente

Nella Regione Turingia, non avete idea di come balza concretamente la differenza fra ex DDR e Germania

arabo: folta barbona nera dalle basette Obiettivo Svezia

in giù, carnagione olivastra, occhi scu-

ovest. Insalata matta alta fino al gi-

Procedo imperterrita verso nord,

rissimi, espressione guerriera, classico

nocchio sui marciapiedi, buconi per

Rostock è il mio obiettivo, dove mi

copricapo in testa. Mi chiede in inglese

le strade, poi negozi, merce esposta,

imbarcherò per l’ariosa Svezia. Non

se può sedersi vicino a me perché c’è

costruzioni... tutt’altro stile. A par-

vedo l’ora. Lungo le strade germani-

una presa per ricaricare il suo telefono.

te che deve essere rimasto in giro

che non ci sono molti cartelli, anzi, ma

Rispondo “si certamente” in italiano e

parecchio DNA delle nuotatrici DDR

so di essere sulla strada giusta perché

lui si apre in un sorriso e: ”Ciao pic-

anni ‘80 pompate di nandrolone: le

mi superano decine e decine di ro-

cola donna italiana. Di dove sei, viaggi

femmine, anche giovani, decisamente

boanti autoarticolati carichi carichi di

da sola, dove vivi, perché sei qui…?” e

“obesangole” e cilindriche (ma proprio

tronchi di abete e di larice come se

via fluidamente in un ottimo italia-

enormi!), sono molto mascoline anche

non ci fosse un domani: ciao ciao alti

no con gran simpatia. Abdul Hameed

nei tratti oltre che nel modo di fare.

e robusti alberi delle vigorose foreste,

Ahimany, algerino, si rivela un ottimo

Sigaretta pendula dal labbro, piercing e

correte verso il vostro destino! Ben-

interlocutore che rimbalza con non-

tatuaggi ovunque, palpebre semichiu-

venuti lettini, mobiletti, comodini della

chalance dall’italiano, all’inglese, dallo

se, capelli rasati a zero sulle tempie

giallo-azzurra Ikea che si montano

svedese al tedesco fino al francese:

con cresta impomatata che sale per-

col brugolino. Quindi son certa che sto

non un inciampo. Volevo riposare in-

pendicolare blu oltremare, fucsia Winx,

andando verso la Svezia.

vece mi tiene sveglia per 6 ore senza

viola melanzana. Da noi andavano 40

Il giorno prima dell’arrivo a Ro-

anni fa cose così. Io dal basso del mio

stock, prenoto il traghetto per Trelle-

Arriva il momento dello sbarco e

metro e 55 con cosciotti brevilinei e

borg (Svezia): con un po’ di peripezie

l’altoparlante annuncia di avviarsi con

tozziformi tipo Diego Armando Mara-

per sbagli vari di direzione riesco ad

calma al piano in cui ciascuno ha la-

dona, non dico che mi sento la Belen

arrivare al porto appena in tempo e

sciato il proprio automezzo. Eééh?

a passeggiare qui, ma son neanche da

via che sono finalmente sul traghetto.

Come? Perché, quanti piani ci sono?

buttar via.

Fuori piove – in Germania ho preso

Non sono come i traghetti del lago

L’abbigliamento? No quello no, è

parecchia acqua – ma il cielo è azzur-

di Lecco in cui c’è un unico piano?

uguale in tutta la Germania: ti coglie

rissimo dentro di me per la felicità di

Oddio: nello slancio dell’imbarco, non

l’angina pectoris quando vedi pantalo-

uscire finalmente dalla “krautilandia”:

mi ero affatto resa conto che i “piani

ne fiorato multicolor fino al polpaccio,

quasi mi sento arrivata. Anche tutti

autorimessa” sono addirittura 5… e io

maglia a righe orizzontali marroni e

quelli che mi seguono in internet lo

dove diamine ho lasciato la bici? Non

gialle, borsa a losanghe verde bandie-

pensano: non faccio altro che ricevere

ne ho la più pallida idea, perciò parte

ra-verde muschio, ciabattone sopra-

messaggi “brava, ormai sei al capoli-

una caccia al tesoro da cardiopalmo:

elevate in vera simil plastica, calzino di

nea” che confermano il mio pensie-

scendi di uno, guarda a destra, guarda

filanca color pelle fin sopra la caviglia

ro, ma mai sensazione fu più erronea.

a sinistra… solo enormi autoarticola-

con elastico stretto stile laccio emo-

In Scandinavia infatti mi aspetteran-

ti. Scendi un altro: destra-sinistra…

statico. Visualizzata la tipologia? Un

no ancora 13 giorni e mica neanche

solo camper. Scendi ancora: destra-

colpo al cuore no? Angina pectoris.

semplicissimi. Ma via, non mi importa

sinistra, solo auto e roulotte. Scendi di

E poi… cosa vi evocano questi nomi:

nulla: son sul traghetto. Che poi è una

Norimberga, Lipsia, Berlino o Dresda

signora nave da crociera: ci aspetta-

di cui vedo continuamente i cartelli?

no 6 ore e 160 km di attraversata del

Processi, guerre, muri alzati, morti... E

Mar Baltico. Lascio la mia bici in un

quest’altri nomi invece? Rimini, Ric-

certo punto della nave, salgo ai piani

interrompersi un istante.

Escursionismo

61


più: solo auto. Risali di uno e cambia

1250,00 si, ma corone svedesi. Ah,

meabile: altro che le costose borse in

porta: destra-sinistra… oddio, sono già

bene. E quanto fa in euro? Smartpho-

ricercato materiale idrorepellente che

usciti tutti e non vedo la mia bici. Or-

ne alla mano, trovo il “convertitore”

“idrobagna” tutto.

mai tutti gli addetti della nave si son

che mi rimanda 135,00 euro: sempre

L’indomani prendo la bici e pri-

passati per radio la notizia: c’è in giro

tanto, anzi tantissimo per solo dormi-

ma di partire sotto la usuale pioggia

una piccola donna italiana, stordita, in

re e “colazionare”, ma assai meglio di

noto che i pedali sono arancioni. Mi

brachette da ciclista, che parla a raf-

1250,00.

avvicino col ditino per pulirli e ciao:

fica e gira su se stessa, alla ricerca

L’indomani mi sveglio di soprassalto:

arrugginiti completi. Sembrano due

della propria bici. Fortunatamente non

un tuono come un’esplosione e acqua

mattoncini. Ho già preso acqua a ca-

c’è nessun’altra bici sulla nave quindi

a torrenti. No, cacchio, pensavo di aver

tinelle un sacco di altre volte in bici,

dopo una lunga serie di su-giù, de-

lasciato la pioggia in Germania. Vabbé,

ma mai mi è successo ciò. Ci penso su

stra-sinistra, porte primarie e porte

attendo che si acquieti un pochino

e concludo che è stata la salsedine del

secondarie, uno steward mi accom-

e poi intabarrata come per andare al

Baltico: si non c’è altra spiegazione.

pagna ridendo davanti alla mia bici e

Polo, parto a cavallo dell’inseparabile

Nel primo paesello mi fermo ad uno

con fare teatrale la indica con braccio

bici alla quale ormai parlo e chiedo

degli innumerevoli chioschi di salsic-

aperto come fosse l’ospite principale

consiglio come ad una fidata amica.

ce e fritture varie, chiedo una bustina

del giorno annunciandomi: “eccola qui

Tutto intorno nebbia, campi, laghi, di-

di olio da condimento e lo spargo sui

la tua bici, signora! Adesso stai calma,

stese di erba molle di pioggia, asfalto

pedali fregandoli con le unghie: poco

please”. E ride.

lucente che rimbalza acqua, nessuno

ortodosso, ma assai fruttuoso, la rug-

Io presa dall’ansia di rimanere sulla

in giro. Seguo il gps e che la fortu-

gine pian piano sgombera dai miei

nave e tornare in Germania, non l’avrei

na sia con me. Percorro 150 km e poi

pedali.

mai vista neanche se ci sbattevo con-

è talmente tanta l’acqua addosso che

La “Vichinghilandia” mi regala ogni

tro. Siano lodati i gentili steward delle

peso il doppio rispetto alla mattina,

giorno burrascosi acquazzoni o bat-

navi che solcano il Baltico.

perciò nel primo paesello mi fermo e

tente pioggerella con l’acqua che ar-

Alle 23,30 le ruote della mia bici

cerco da dormire. Sempre una salas-

riva da ogni versante: da sopra, da

toccano il suolo svedese: è buio, per

sata i prezzi, ma così è la Scandina-

sotto con la ruota della bici che me la

uscire dal porto accendo la lampada

via: facciamocene una ragione. Entro

ributta addosso sporca, da sinistra con

frontale in testa, faccio zig-zag tra

in stanza, apro la borsa costata una

quei mega-camion che quando mi

camion e caravan, cerco un luogo in

fortuna per le sue doti di comprovata

superano alzano vere e proprie onde

cui dormire e mi tuffo nell’unico alber-

impermeabilità, ci infilo la mano e là

oceaniche. Se avessi il surf sarei già a

go in zona porto. Chiedo se c’è posto

dentro è tutto bagnato quanto fuori.

Capo Nord.

per una notte con colazione e quan-

Diamine. Doccia calda a parte passo

Bavero della giacca in goretex su

to costa. Si c’è posto, costo 1250,00

due ore con phon puntato sui vestiti

fino al naso, casco giù sugli occhi che

Eéééhh? 1250,00 euro? Ma sei fuori

e dentro le scarpe per asciugare tutto:

guardo fuori dai buchetti del visieri-

di testa? Va bene che sei l’unico al-

mi fermo solo quando il phon, deva-

no, cappuccio sopra il casco se no mi

bergo, è quasi mezzanotte e ci ca-

stato da tanto lavoro, si fonde nelle

passa giù il Niagara dal collo, occhiali

diamo dentro tutti, ma approfittarsene

mie mani. Ops.

perennemente appannati. Scorgo bol-

così, mannaggia. Certa di aver capito

Esco e vado al supermercato a

licine uscire dalle scarpe. Ma cos’é? Le

male, mi faccio scrivere l’importo. Sul

comprare qualcosa da mangiare e alla

bollicine diventano schiumetta. Noooo,

foglietto appare 1250,00. Ostrega. E

cassa, diversamente che in Italia, mi

non è possibile! Ahahah, rido da sola,

mentre mi chiedevo che fare, mi si il-

danno delle colorate borse di plastica

che mi devo fermare se no cado e

lumina l’unico neurone ancora in vita:

rinforzata, gratuite: caspita queste si

capisco l’arcano. La sera quando lavo

che sono antipioggia! Ne chiedo 4 o

tutto, non è che sto lì a sciacquare

5, infilo tutto il mio vestiario in que-

tanto: L.S.S., lavo, strizzo, stendo. E

ste e per 13 giorni piovosi mi faranno

quello che sta uscendo dalle scarpe

da ottimo scudo realmente imper-

è il sapone rimasto abbondante nelle

62

Escursionismo


Il vento a 100 km l’ora mi butta a terra ma non mollo il gonfalone della nostra città, Lecco

calzette. Bello no: una vera S.P.A. Sudo

più in sicurezza; invece tra i mezzi che

con scolobrosi a placche stavolta… Ma

Profumando Anche! Che ridere.

mi superano sfreccianti ed il guardrail

finalmente la pioggia diminuisce e in-

Una cosa che non mi aspettavo è

dove mi potrei affettare se ci andassi a

tanto sento un camion fermarsi. Esco

che anche quassù non ci sono stra-

sbattere, ci sono giusto 60 centimetri

dal “cessetto” e un camionista che

de alternative alle 2 superstrade con

e vengo sventolata ad ogni passaggio,

stava per entrarci si stupisce nel ve-

3 corsie dove i mezzi viaggiano come

simil tromba d’aria, che davvero fatico

dermi. Mi stupirei anch’io. I camion,

fulmini ovviamente. Due grandi “arte-

a tenere in carreggiata il mio veloci-

sono due, due grossi autoarticolati

rie” che partono da sud e salgono al

pede. In un momento di intenso tem-

battenti bandiera russa. Vado da quel-

nord: una all’interno della nazione, l’al-

porale simil sciacquone del water che

lo che non è a far pipì e gli chiedo

tra sul litorale. Non appena abbando-

ti porta via nel gorgo, intravedo un’a-

dove sta andando: non capisce asso-

no la superstrada, nella quale peraltro

rea di stop e mi ci infilo praticamente

lutamente nulla, in nessuna lingua, ma

non potrei stare in bici, mi ritrovo nello

nuotando; c’è una minuscola casetta,

io capisco che, gesticolando e parlan-

sterrato: non c’è asfalto fuori di qui.

mi avvicino: è un gabinetto. Va benis-

do russo, lui mi chiede se ho freddo. Si

Credo sia perché col gelo del lunghis-

simo anche il gabinettino per ripararsi

usti, tanto! Lui apre l’abitacolo, mi dice

simo inverno tutto si spacca più facil-

un attimo. Ci entro, senza bici ovvia-

(sempre a gesti e parlando russo) di

mente e la manutenzione sarebbe co-

mente, che non ci sta. Grondo acqua

salire se voglio - io resto un po’ li, ma

stosa. Ma è solo quello che penso io.

come sotto la doccia, sento la poggia

lui biondino giovane ha proprio una

In superstrada ci sono le tre corsie di

mitragliare sulla lamiera e semplice-

marcia, ma non c’è ombra della cor-

mente spero che smetta al più presto.

sia di emergenza. Altro che civilissima

Mi vien la pelle di cappone dal freddo:

Svezia, ci fosse quella pedalerei un po’

se non prendo una bronco-polmonite

Escursionismo

63


faccina angelica - salgo; lui prende una valigetta nera da uno sgabuzzino dietro i sedili (ci sono anche i letti dietro ai sedili), ne tira fuori una piastra, ci mette sopra un bollitore bianco pieno d’acqua, accende la piastra che scopro essere un fornello a induzione e dopo pochi minuti ho in mano una tazzona di tè stra-bollente con dolci ciambelline russe. Mai perdere la speranza. Anche l’altro camionista arriva a bere il tè: lui è proprio cosacco-asiatico. Ben stazzato, capelli scuri, faccia grossa tonda e un po’ schiacciata, gote alte e larghe, occhi allungati quel tantino. Loro sono nei 45 minuti di pausa obbligatoria dopo quelle tante ora di guida: grazie a Dio li ho beccati proprio io, proprio qui e adesso. Il té bollentissimo è una manna. Ma intanto non smette di piovere. Tra gesti e parole guardiamo sulla cartina dove vanno loro e dove vado io e ci intendiamo: bici caricata, Steppina salvata. Gli ultimi 15-20 km li faccio a bordo di questo mastino della strada col biondo russo Alexandr. Ci sta, un passaggio sul camion russo dentro la pioggia, eccome se ci sta nell’attraversata d’Europa “Catania-Capo Nord”: aiutati che il ciel t’aiuta, questione di sopravvivenza-provvidenza e arrangiarsi come si puó. Da Babbo Natale All’indomani di questo incontro decido che di Svezia ne ho abbastanza: Finlandia arrivo. Passo il confine tra l’una e l’altra e mi ritrovo ipso facto in Lapponia: me la immaginavo più a nord. Sono già oltre Rovaniemi, paese

64

Escursionismo

Fioritura di eriofori tra i fiordi Sotto: renne in Finlandia

di Babbo Natale: pure lui me lo im-

E intanto appaiono dal bosco le

maginavo più a nord, mannaggia. Qui

renne, tante renne e si mettono sul-

mancano ancora 730 km a Capo Nord,

la strada: simpatiche, saltellanti, scu-

capperi, non può essere così al meri-

lettanti, cloppete-cloppete le renne

dione Babbo Natale. Intanto che pen-

mamme, clippete-clippete i rennini

so questo mi ritrovo cartelli gigante

bambini che le seguono. Ma che belle!

e alti archi sopra la strada che indi-

Che “serenitudine” comunicano: li as-

cano “Napapjiri”, Circolo Polare Artico.

soci immediatamente a Babbo Natale

No, ma come? Anche tu così a sud?

e tutto è subito tranquillo. Il cielo è bi-

Quasi non mi capacito, eppure sono

gio e grigio, la pioggerella non dà tre-

esattamente sul parallelo del Circolo

gua e si procede. Ogni 200 m cartelli

Polare: latitudine 66°. Devo arrivare a

triangolari di “attenzione alle renne” e

Capo Nord: latitudine 71°. Son partita

le renne stesse che trotterellano lungo

da Catania: latitudine 37°. Che faccio:

la strada. Arriva sera e più che laghi ed

li gioco al lotto?

alberi non vedo. Attorno ai laghi: pa-


direi di no: steppa significa “secca” e qui non c’è nulla di secco, c’è acqua ovunque e io non sono secca. A 100 km da Capo Nord vento e freddo imperversano e finalmente vedo un benzinaio con annesso ristobar. Entro, prendo qualcosa di caldo e vado in bagno. Esco dal bagno e sento parlare italiano: zac! Mi parte l’embolo: ”italiani, dove siete italiani? Anche io sono italiana! Chi siete, da dove venite, dove andate?”. E salta mica fuori che è un pullman di lombardi? E salta mica fuori che la metà di loro è dei dintorni di Lecco? E una è la nonna di un mio ex alunno, e l’altra è la zia di una mia amica, e quello il vicino di un cugino. Spettacolo di gioia, li bacio tutti e tutte, uno ad uno, li abbraccio, li accarezzo, parlo e canto come in preda a una visione diretta del Paradiso, stringo le mani e sorrido, anzi rido. Ma che gioia grande. Scattiamo foto tutti insieme e poi altri baci che devo ripartire per Capo Nord: oggi ci arrivo. Anche la Norvegia ad un certo punto del viaggio infatti termina; o meglio termina la terraferma e lascia il posto al Mare Artico che sta lì in tutta la sua freddezza ondosa. Sbucano doppi ar-

Tramonto a Capo Nord Sotto: Nord Norvegia, fiordi e case tipiche

cobaleni che lo rendono meno cupo,

ludi. Finalmente verso le 19.00 mentre

rante la notte io abbia bisogno. E dai,

si sta rimettendo a piovere vedo un

a me va bene e quella notte là da sola,

chiosco: mi fermo, entro, ci sono tre

nel nulla, a bordo lago, nel chioschet-

siriani che vendono generi alimentari

to dei siriani dormo come una regina.

e gelati. Bene è già qualcosa. Chiedo

Sveglia alle 5: splende il sole, è meravi-

se c’è da dormire in zona e mi rispon-

glioso. Limpido e frizzante tutt’intorno,

dono: “no, niente per 30 km”. Accavoli,

mi corrobora; salto in bici e via a gira-

altri 30 km? Ma non posso dormire

re le ruote: oggi si entra in Norvegia e

qui, non mi ospiteranno questi siria-

Capo Nord si avvicina. La natura si fa

ni? Chiedo sorridente e… mi dicono di

rada, gli alti e voluminosi abeti si ab-

si. Ma dai che bene. Aggiungono che

bassano via via a diventar cespugli, poi

loro non dormono li, quello è solo il

più neanche quelli: abbandono la Tun-

chiosco accanto al lago, però io posso

dra ed entro nella Taiga che quando

fermarmi, si fidano e mi danno pure

le studiavo a scuola erano associate

il loro recapito telefonico in caso du-

alla Steppa. Steppo nella Steppa? No,

ma quando il cielo si copre fa davvero un po’ paura. Procedo raminga, nessuno all’orizzonte nè alle spalle. Tra una casa con barchetta e l’altra ci stanno 30 km: ma cosa fanno quassù i viventi? E mentre mi pongo ’ste domande un po’ stupita, mi appare un buco nella montagna che ho di fronte. Non c’è alternativa: o buco nella montagna o mare. Osti. Fuori dal buco c’è

Escursionismo

65


il cartello della sua lunghezza: 7.000 metri. Ri-osti. Mi fermo, metto i piedi a terra, mi guardo indietro: ho saltato qualcosa ? Non ho visto un bivio? Studio attentamente il gps: no, tutto giusto e non ho alternative: tunnel di 7 km sotto il mare e sbuchi sull’isoletta dove si trova Capo Nord. Mizzega, non mi piace. Mizzega: mica ho fatto 5250 km per fermarmi a 50 km dall’arrivo. Via si va sotto il mare in bici: prima volta! Il tunnel parte con una discesona di un km: e già, se dobbiamo inabissarci mica può salire. L’asfalto

Fiordo norvegese

è sporco, unto e scivoloso, le eliche dell’aerazione fanno un frastuono assordante; diventa buio, tolgo gli occhiali: dove li metto, non mi posso fermare, che paura; li metto in tasca e intanto che penso, speriamo di non perderli… tac-tic-crack eccoli già caduti, ma io sono in velocità in discesa mica mi fermo: ciao ciao occhialetti che mi accompagnate da Catania. Che peccato. Vabbè, tieni il manubrio e pensa a non cadere tu che è meglio. Poi d’improvviso parte la salita secca come una fucilata: 6 km all’11 per cento, dentro la galleria, sotto il mare e ti superano camper, auto in velocità, camion. E respiri nero. Capo Nord Quando finalmente sbuco dall’altra parte all’aria aperta tiro il fiato, ma, svuuummm, una legnata di vento mi sbatte a terra: fortuna stavo già staccando i piedi dai pedali per fermarmi se no vedi che patatrac. Resto lì a terra sferzata dal vento, un zic attonita a chiedermi che diamine è successo, ma le folate son così potenti che senza

66

Escursionismo

i famosi occhiali persi all’imbocco del

di procedere tra una sbandata e l’altra,

tunnel devo ripararmi gli occhi con le

una delle quali mi fa girare di 90 gradi

mani, tirarmi da parte e prendere gli

mettendomi in vista di un arcobaleno:

occhiali di riserva: fortuna che li ho

oh toh va che bel. Se c’è l’arcobaleno

perché proprio adesso sarebbe sta-

è perché piove; si ok c’è pure il sole,

to un guaio rimanere senza. E’ della

ma piove. Io sto procedendo inclinata

donna previdente non mancare mai di

di lato, cioè non sono più perpendi-

niente. Mancano solo 30 km circa alla

colare all’asfalto, no no, impossibile. Il

meta: mica può succedere qualcosa

vento soffia da sinistra talmente forte

adesso, no? Ma siccome sono abituata

che mi ci devo appoggiare e appunto

a prendere batoste proprio allo scade-

procedo con simpatica inclinazione.

re del 90°, vediamo di non far capitare

Decido di scendere definitivamente

nulla. Riparto in bici e qualche km più

dalla bici: troppo pericoloso con an-

avanti la strada s’impenna e inizia la

che auto, caravan, moto che passano.

salita con continui enormi tornanti; mi

Quando le raffiche son troppo forti mi

inerpico a sbalzo su un lungo fiordo;

devo fermare e schiacciarmi per ter-

attorno a me vento e mare, raggi di

ra, bici compresa. Oh ma stai a vedere

sole e nubi, pioggia e arcobaleni: sem-

che dopo 5396 km non riesco a fare

bra di essere in quelle pubblicità delle

gli ultimi 4 e mi porta via l’ambulanza!

auto di lusso in paesaggi meravigliosi

Tiéh.

che pensi non ti accadrà mai di vedere. Invece ci sono immersa. Il vento è più ululante di prima; le nubi scaricano colonne d’acqua sul

Bici al fianco destro, mano sinistra serrata sul manubrio, mano destra stretta sul sellino: via guardinga che si arriva, a piedi ma si arriva.

Mare del Nord, fortuna non su di me.

Neanche il tempo di finire il pensie-

Ogni tanto scendo dalla bici che fac-

ro che arriva l’urto del vento, un col-

cio prima. Il mare si insinua in lunghi

po secchissimo: la bici si alza come

fiordi, tutt’intorno laghi e pascoli ver-

una bandiera, lo giuro, mi strappa le

dissimi.

braccia e mi vola via dalle mani: lei

Mancano 5 km alla fine e io cerco

cade un metro davanti a me, io cado


e liberatosene me lo ridà sorridente. Io lo stringo di nuovo, vado faticosamente al monumentale globo in ferro, simbolo di Capo Nord. Alzo di nuovo il gonfalone, mi faccio filmare dalla olandese di Catania mentre urlo: “Vi ringrazio tutti, senza la vostra compagnia quotidiana non sarei mai arrivata fin quassù!”. E nella gioia estrema del momento, mi luccicano gli occhi. Non lasciamoci tentare dall’idea di non farcela. Non lasciamoci convincere dalle difficoltà o dagli altri a lasciar perdere.

Tramonto a Capo Nord

Non permettiamo alle nostre paure a pancia sotto e braccia larghe come

continua a riprendermi e mi sorride.

una pelle di zebra davanti al camino:

Va beh, almeno non son sola.

patapum. Che botta. Sento rumore di

Passa una macchina con due ragaz-

metallo infranto: nooo la bici. Ah no,

ze, vedendomi in difficoltà una scende

è solo il cellulare che è caduto fuo-

e in inglese mi dice che mi aiuta; in

ri dalla custodia e si è aperto in tanti

inglese dico “si grazie”; in due tenia-

pezzi. Mi rialzo a fatica sempre perché

mo la bici urlandoci cose in inglese in

il vento è tuonante, ripiglio la posizio-

merito a questo tempo, poi mi chie-

ne con bici al mio fianco e procedo

de, in inglese, da dove sono partita e

con passo laterale, dando le spalle al

quando dico da Catania, lei fa: “Ma io

vento e standoci come seduta sopra:

vivo a Catania!” E’ olandese, sposata a

sembra che vada bene. Lenta len-

un catanese: partita da Catania arrivo

ta, passo laterale dopo passo laterale.

a Capo Nord accompagnata da una

Arriva un’auto, passandomi alle spalle

olandese abitante di Catania. Bellis-

mi toglie per un attimo il vento e io...

simo, roba da non crederci, invece è

sbadabam! Caduta all’indietro con bici

vera e bellissima.

addosso e pedale che mi pugnala lo

E dai e dai, fra una caduta e l’altra,

stinco. Nell’altra caduta ho sbucciato il

ci impiego un’ora solo per gli ultimi 5

ginocchio sinistro, adesso mi sanguina

km ma finalmente dopo 29 giorni e

puro lo stinco, ma sto bene, sto bene.

5300 km vedo l’artico davanti a me e

Continua Ste, non mollare.

il globo in ferro simbolo di Capo Nord.

Mi rialzo sempre a gran fatica e ri-

Immediatamente tolgo dallo zai-

comincio. Intanto c’è un biondo nor-

no, l’unica cosa che non ho mai tol-

vegese su una Volvo scura che con-

to in questi 29 giorni: il gonfalone di

tinua a fermarsi poco più avanti di me,

Lecco. Lo alzo e sventola irrequieto,

scende dalla macchina e mi riprende

vorticoso in questo frustante vento

con grossa telecamera, quando lo

che me lo ruba di mano e vola via:

passo mi ripassa e rifà uguale: oh bel

fortunatamente sbatte dritto addos-

vichingo ma dammi una mano che il

so ad un grosso signore tedesco che

cinema lo facciamo assieme no? No

ne rimane avvolto come una mummia

di prendere il posto dei nostri obiettivi. Cominciamo ora. Ogni giorno ha il suo miracolo per chi sa darsi da fare. Foto di Stefania Valsecchi

Escursionismo

67


MARI & MONTI

I

di Claudio Santoro

l Parco Nazionale del Cilento con i suoi 1810 km quadrati di superficie, dal 1998 è stato riconosciuto pa-

trimonio dell’UNESCO ed è uno splendido mix di mare, montagne e cultura. Il Parco è stato l’incantevole scenario per la “settimana azzurra” trascorsa dall’8 al 15 settembre dal GEO (Gruppo

Età d’Oro) del CAI di Lecco. Un gruppo di 50 persone ha partecipato alle intense giornate, sapientemente organizzate e coordinate dal GET (Gruppo Escursionistico Trekking) del Vallo di Diano. Il mare ha offerto il meglio di sé con le stupende spiagge della Molara, di Cala Bianca, di Pozzallo, di Marcellino e del Troncone, alcune raggiungibili solo dal mare; le uscite in barca hanno consentito ai partecipanti di scoprire la ricca costa e le numerose grotte che la caratterizzano. Non sono mancati i bagni di mare e i momenti per godere del sole ancora estivo. Il versante culturale è stata soddisfatto con visite guidate al sito archeologico di Paestum e alla Certosa di Padula, siti patrimonio dell’UNESCO, e all’Oasi WWF del fiume Bussento; la parte montana con escursioni sul Monte Bulgheria (1224 m) e sul Monte Cervati che con i suoi 1899 metri di altezza è il tetto della Campania. Dalla

Geo

cima delle montagne si è potuto go-

terra. Ci sono state anche due serate

dere di un panorama che comprendeva

trascorse in allegria con esibizioni di

ben tre regioni: Campania, Basilicata e

pizzica e tarantella guidate dall’appas-

Calabria.

sionato Giuseppe e di immortale musica partenopea a cura di Silvano e di

Nella giornata del 3 settembre non è mancato il momento del ricordo di

Sergio che hanno saputo coinvolgere tutti i presenti.

Marcello Sellari, il presidente del GEO scomparso un anno fa, celebrato con

Un ringraziamento va al presidente

sobrietà e raccoglimento nella chieset-

Agostino Riva che ha saputo condurre

ta di Scario.

la brigata, coadiuvato dalla infaticabile segretaria Ambrogina Farina. Non da

Una settimana fitta di impegni e in

ultimo un grazie a Giancarlo Priante,

alcuni casi anche di fatica, ma di soddi-

Maria Pia e Gianvito del GET Vallo di

sfazione per il gruppo che è stato ripa-

Diano che hanno organizzato la logi-

gato dalla buona cucina mediterranea

stica delle giornate, assistite da un me-

locale a base di prodotti di mare e di

teo clemente ed estivo.


Sopra: a Paestum. A sinistra dall’alto: da Ciolandrea in partenza per il sentiero delle capre; a Bulgheria. Foto di Claudio Santoro.


LE 52 GALLERIE

Il gruppo all’Ossario del Pasubio. Foto di Angelo Maggi

di Claudio Santoro

L

o scenario del Pasubio con l’impervia strada delle 52 gallerie, è stata la location di una “due

giorni” (26 e 27 giugno) per un gruppo di 26 iscritti al GEO (Gruppo Età d’Oro) del CAI di Lecco.

tre del Pasubio segnarono pagine di

e aperto la via del ritorno verso casa

valore e di eroismo.

al gruppo, in quest’occasione capitanato da Michele che ha organizzato

Armati di frontalini e di buona lena, sostenuti da condizioni climatiche favorevoli, i seniores hanno raggiunto il rifugio dedicato al generale Achille Papa, dove per i più volenterosi è stato

L’escursione ha avuto come prima meta il rifugio Papa, sito a 1928 metri sul livello del mare. L’itinerario per raggiungerlo, oltre che affrontare mille metri di dislivello, prevede l’attraversamento di 52 gallerie scavate nella roccia dai nostri soldati nel corso della Prima Guerra Mondiale, là dove le pie-

Geo

magistralmente l’escursione.

possibile, aggiungendo altri 300 metri di dislivello, raggiungere la Cima Palon con i suoi 2232 m. Dopo una buona cena e una nottata di riposo presso il rifugio, la via del ritorno ha previsto la discesa attraverso la Strada degli Eroi che ha regalato immagini di rara bellezza. Una visita all’Ossario del Pasubio, dove riposano i resti di oltre 5mila soldati italiani, ha concluso la “due giorni”

In uscita da una galleria


Escursioni e cultura di Claudio Santoro

prima fermata è stata a Gradara, con

guidato il gruppo alla scoperta delle

una visita allo splendido castello che

mura cittadine e ad angoli meno co-

a magnifica città marchigiana

fece da scenario alle vicende di Paolo

nosciuti, ma non di meno apprezzabili.

di Urbino e i suoi dintorni sono

e Francesca, immortalate dai versi di

stati la meta di un gruppo di

Dante Alighieri.

L

Ospitati con cura in un hotel del

35 partecipanti alla “settimana verde”

La parte escursionistica ha riservato

centro si è avuto modo anche di as-

estiva, organizzata dal GEO (Gruppo

delle uscite alla Riserva Naturale delle

saggiare le prelibatezze gastronomi-

Età d’Oro) del CAI di Lecco.

Gole del Furlo, una visita alle stupen-

che delle Marche.

de Grotte di Frasassi e ai Monti delle Dal 3 al 9 giugno, grazie a condizio-

Cesane.

Un ringraziamento particolare al CAI di Urbino e al suo Presidente Fa-

ni meteo tutto sommato clementi, le

La parte culturale ha compreso una

bio Duro, nonché a Daniele Sacchi che

giornate sono trascorse in un grade-

visita alla città di San Sepolcro, così

ha guidato e accompagnato il gruppo

vole mix di escursioni e di visite cul-

cara a Piero della Francesca, oltre a un

e ad Ambrogina del GEO che, con la

turali che hanno riempito le giornate

trekking urbano alla scoperta di Urbi-

sua rinomata capacità organizzativa,

del gruppo guidato dal suo presidente,

no e del suo Palazzo Ducale.

ha contribuito in modo determinante

Agostino Riva. Durante il viaggio di andata una Nei dintorni di Urbino. Foto di Agostino Riva

all’ottima riuscita della “settimana verGiuseppe e Maura hanno inoltre

de”.


DANIELE CHIAPPA 10 ANNI DOPO di Alberto Benini e Pietro Corti

generale Sergio Ainardi, pilota e poi

tivo di prima ascensione con Daniele

comandante del nucleo di elicotteri

Chiappa e Cesare Mauri. Proprio que-

idea di dedicare la serata di

SAR (Search And Rescue) di Linate. Il

sti ultimi, andarono poi nella sua classe

sabato 22 settembre 2018, e

suo racconto ha delineato con grande

per ragionare sull’episodio, che aveva

un’appendice pomeridiana la

efficacia la fase pionieristica di un’e-

creato grande impressione in città.

seguente domenica, a Daniele Chiappa

voluzione, stimolata reciprocamente

Parte da lì il suo percorso di avvicina-

a dieci anni dalla sua morte, ha volu-

da soccorritori e piloti militari. Ainardi

mento al Soccorso. Piatti ha rivendi-

to essere innanzi tutto un momento

ha concluso il suo intervento con l’im-

cato con giustificato orgoglio le molte

“utile”, non solo celebrativo. Utile ap-

magine degli occhi del Daniele: “occhi

cose fatte con Daniele in quella fase di

punto a misurare il cammino fatto e

speranzosi” in cui stavano insieme, nel

grande creatività e di costante spinta

–ci si augura- a continuare sulla via

chiedere qualcosa in più per il Soc-

verso il miglioramento. E ha ricordato

del nuovo e del meglio, com’era nello

corso Alpino, desiderio e rispetto.

la pronta applicazione di Daniele alla

L’

Gli ha fatto seguito il dottor Mario

realizzazione di attrezzi o di procedu-

Molto nutrito appariva a prima vi-

Landriscina, inventore dell’elisoccorso

re per migliorare il lavoro e l’efficacia

sta il parterre di sabato sera, nella sala

e del 118 comaschi e attuale sindaco

degli interventi.

della Confcommercio di Lecco, ma

di Como, che con un intervento pun-

Due storici volontari Bebo Fazzini e

lo svolgersi della serata ha mostrato

tuale ha collocato la figura di Daniele

Sandro Pellegata, profondamente legati

come tutti gli interventi si incastras-

nell’ambito della nascita dell’elisoccor-

entrambi a Daniele e suoi strettissimi

sero fra loro, restituendo l’immagine di

so medico comasco e poi dell’intero

collaboratori, hanno raccontato le loro

anni di grande crescita per il Soccorso

sistema 118, ma dal quale traspariva

vite di “vittime dell’uragano Daniele”,

Alpino italiano, certo non per esclusivo

la commozione che gli ha ispirato, in

delle sue capacità organizzative, del

merito di Daniele (basti fare i nomi di

conclusione, l’appello rivolto a quanti

suo saper andar contro a tradizioni

Pino Negri e Giancarlo Riva) ma anche

in sala, ed erano molti, hanno vissuto

consolidate per stravolgere un assetto

per il suo grande desiderio di costante

quegli anni:

“Non perdiamo questi

territoriale della XIX Delegazione del

miglioramento.

momenti. Ci appartengono e ci ar-

Soccorso Alpino che andava ripensato

Lo spazio ci impedisce di ripercor-

ricchiscono e, senza deliri, ci fanno

e progettato, non sulla base di cam-

rere la cronaca della serata e ci scuse-

sentire immortali nella amicizia e nella

panili, ma su quella delle reali esigenze

ranno i relatori se dedicheremo spazi

fratellanza delle scelte interiori. Delle

operative. Fazzini ha ricordato l’arrivo

non sempre proporzionati alla sintesi

nostre passioni, dei nostri ideali, delle

improvviso di Daniele a casa sua per

degli interventi.

cose per cui vale la pena vivere, im-

affidargli un incarico. E la sua sensa-

pegnarsi, soffrire, gioire. Esattamente

zione derivante dal trovarsi in casa

Dopo gli interventi delle autorità ed

come ognuno di noi, alla sua maniera

un uomo del Cerro Torre: “come se

una slide show (curata da Roberto

ha fatto con i migliori amici della vita”.

in casa di un tifoso juventino entrasse

Chiappa) dedicata al soccorso alpino

Il dottor Luigi Piatti, storico medi-

quando questo veniva svolto pratica-

co del soccorso lecchese, ha ripreso

Pellegata ha raccontato invece una

mente senza attrezzature specifiche,

il filo di vecchi interventi di soccorso,

telefonata di Daniele, reduce dalla Re-

salvo la barella, ha preso la parola il

richiamando alla memoria l’episodio

pubblica Dominicana, dove aveva pre-

della morte di Marco Crippa (nel 1975),

stato assistenza ad un campionato di

suo compagno di Liceo, sulla Parete

parapendio, constatando in un villag-

Rossa del San Martino sopra Lecco,

gio la mancanza di un’ambulanza: “Ho

mentre stava effettuando un tenta-

due cose da dirti. La prima è se riesci

stile di Daniele, Ciapìn.

Appuntamenti

inaspettato Cristiano Ronaldo”.


a trovarmi un’ambulanza da mandare là e l’altra che ho un tumore ai reni”, sottolineando come l’innata generosità del Daniele l’avesse portato ad anteporre la richiesta di aiuto per persone lontane, a un’informazione di non poco conto (come si rivelò pienamente in seguito) relativa alla sua salute. Giorgio Spreafico (giornalista di lunga carriera) ha invece narrato, con una efficace metafora di altri “salvataggi” operati da Daniele: la restituzione della memoria di Claudio Corti dopo gli ingiusti strascichi della vicenda della Nord dell’Eiger, il suo lucido spendersi per veder riconosciuta ai Ragni di Lecco la prima ascensione assoluta del Cerro Torre e il suo contributo alla creazione di MOdiSCA (MOntagne di SCAtti), il primo archivio delle memorie alpinistiche lecchesi. Nell’intervallo, il fascino dei tamburi giapponesi di Tobia Galimberti ha supportato la voce di Giorgio Galimberti nella suggestiva lettura “scenizzata” di un brano del libro di Daniele Nell’ombra

della luna. Storie di Soccorso Alpino (2008), che ha trasportato i presenti ad una sera nebbiosa del novembre 1989 per narrare un intervento di soccorso “sui generis”: l’arrivo a Lecco in elicottero di una equipe di medici padovani per un espianto di organi, con l’assistenza all’atterraggio “a vista” svolta dal Ciapìn ed il loro rocambolesco trasporto all’ospedale sulla ondeggiante R4 di Daniele. Come tutti i racconti (orali o scritti) del Ciapìn, anche questo non ha mancato di colpire per la sua grande efficacia, fatta di suspense e coinvolgimento, venati da un filo di umorismo. Dalla terrazza del rifugio Sciora Daniele studia il tracciato della Bramani alla Pioda di Sciora Sotto: Daniele in arrampicata sul granito della Bregaglia


Sulle cime del Torre Daniele con il gagliardetto dell’UGE (Unione Giovani Escursionisti)

La seconda parte è stata introdotta

a soccorrere le persone, dando loro il

si affannavano per mettere in salvo

da un filmato di Franco Lozza dedica-

meglio, avremo ben meritato dall’u-

uno scalatore gravemente ferito e

to all’oggi del Soccorso Alpino.

manità”.

che non sarebbe sopravvissuto a un

È toccato a Mario Milani, altro me-

Sandro Pancani, ha esordito rac-

trasporto via terra. Le nubi si stavano

dico di punta del Soccorso Alpino,

contando di essere stato contagiato,

richiudendo e l’unica cosa possibile da

riprendere il filo del discorso, eviden-

lui giovane pilota, dalla passione di

fare sarebbe stata calare il gancio del

ziando la capacità di collante esercitata

Daniele per il soccorso. Proseguen-

verricello “nel nulla”, sapendo che la

da Daniele, la sua abilità nel caricare di

do ha spiegato il merito di Daniele

squadra sottostante vi avrebbe pron-

entusiasmo e mettere in relazione fra

nell’avere intuito che qualcosa dell’e-

tamente assicurato barella e medico.

di loro le persone invitandole a con-

sperienza del lavoro aereo poteva

E così fu: una manovra fulminea e un

dividere le diverse esperienze, come

servire per l’elisoccorso, sottolinean-

veloce tuffo verso l’ultimo angolo di

avvenne (specie con Gianni Beltrami)

do che se oggi possediamo una delle

cielo ancora libero per portare in salvo

quando le tecniche di soccorso in

reti di elisoccorso fra le più avanzate

il ferito.

montagna cominciarono a beneficia-

al mondo, ciò deriva dall’aver lavorato

Maurizio Volontè, attuale respon-

re della contaminazione con quelle di

moltissimo sull’addestramento comu-

sabile del 118, ma all’epoca medico

derivazione speleologica. Costanza e

ne fino al conseguimento di una cieca

di elisoccorso, ha aggiunto al quadro

capacità, slancio verso il futuro, sem-

fiducia fra equipaggi di volo e squa-

delle mille attività di Daniele anche

pre orientate a fare di più, perché, ha

dre a terra. Fiducia esemplificata nel

quell’oscuro, ma prezioso lavoro di

concluso Milani citando uno dei padri

racconto di un intervento sulla Cresta

segreteria, svolto al computer fra un

del Soccorso Alpino, Vittorio Steni-

Segantini in Grigna Meridionale, al li-

intervento e l’altro. Lavoro rivolto a

co “se sapremo esser sempre pronti

mite dell’oscurità e con la nebbia che

far affiatare una compagine tecnica,

si stava “mangiando” velocemente la

assicurando una corretta comunica-

cresta. Un’insignificante schiarita gli

zione verso l’esterno, organizzando

aveva consentito di arrivare sopra le

percorsi formativi che coinvolgevano

squadre, che per tutto il pomeriggio

tutto il personale. Il tutto sintetizzato

Appuntamenti


Presidente del Soccor-

cende sono narrate nelle schede della

Sabato 22 settembre 2018 ore 21.00 Sala Confcommercio Piazza Garibaldi, 4 - Lecco

so Lombardo, è toccato

Casa Museo di Villa Gerosa.

Saluto del Sindaco di Lecco Virginio Brivio

il compito di ricompor-

Dopo i due interventi previsti, come

re il puzzle degli inter-

fuori programma, ha preso la parola il

venti, cosa che ha fatto

comandante Emilio Crippa, un altro dei

con grande chiarezza,

piloti del SAR di Linate che si è diffu-

evidenziando i punti più

so, fra l’altro, sulle ingegnose strategie

rilevanti trattati dai vari

messe a punto da Daniele e dai suoi

relatori

aggiungen-

compagni per ottimizzare i tempi in

do qualche bel ricordo

esercitazione. Un lavoro che ha dato

personale. La serata si è

frutti preziosi.

Saluto del Presidente di ConfCommercio Antonio Peccati Saluto del Presidente della Comunità Montana Lario Orientale, Valle San Martino Carlo Greppi Interventi di: Gen. Sergio Ainardi, comandante SAR Linate Dott. Mario Landriscina, primo responsabile del 118 di Como Dott. Luigi Piatti, responsabile medico CNSAS Bebo Fazzini, delegato XIX Delegazione lariana CNSAS Sandro Pellegata, volontario XIX Delegazione lariana CNSAS Giorgio Spreafico, giornalista Dott. Mario Milani, direttore generale medici del Soccorso Alpino Com. Sandro Pancani, pilota elisoccorso Como Dott. Maurizio Volontè, responsabile 118 Como Luca Vitali, delegato XIX Delegazione lariana CNSAS Guida alpina Tita Gianola, istruttore nazionale Soccorso Alpino Gianfranco Comi, presidente del Soccorso Alpino Lombardo Filmati di Robi Chiappa e Franco Lozza

e

conclusa con i ringrazia-

Brani tratti da All’ombra della luna di Daniele Chiappa letti da Giorgio Galimberti Conduce Alberto Benini

menti di Roberto Chiappa

Per chiudere riprendiamo la parole

a nome degli organizza-

riportate sull’invito alla giornata, in cui

tori.

si faceva riferimento al costante desi-

Domenica 23 settembre Ore 8.30 ritrovo sul piazzale Daniele Chiappa, salita alla Grignetta Ore 11.00 aperitivo in vetta organizzato dai Beck Ore 15.00 Rifugio S.E.L 10 anni senza Ciapìn: sul filo della memoria di Pietro Corti e Alberto Benini Ore 16.00 piazzale delle miniere, polenta taragna organizzata da ANA di Ballabio Ore 16.30 concerto del Coro Grigna Ore 18.00 Chiesetta del Sacro Cuore: Santa Messa accompagnata dal Coro Grigna

derio di Daniele di recuperare la storia La domenica, in un contesto

decisamente

più informale, all’interno Comune di Abbadia Lariana

La locandina della serata

(avviando il progetto MOdiSCA), cogliendo appieno la potenziale ricchezza dell’ambiente lecchese.

della “Giornata Ciapìn” il racconto su Daniele è ri-

Una grande capacità, la sua, di rac-

preso nella sala al primo

contare e raccontarsi, con un cam-

piano del Rifugio SEL ai Piani dei Resi-

mino di autoapprendimento e di ma-

Giovanbattista Tita Gianola, guida

nelli. Pietro Corti ha raccontato, utiliz-

turazione culturale che ha pochi altri

alpina di Premana, che ha raccolto il

zando immagini inedite, tratte dal suo

riscontri non solo nel lecchese. Ele-

testimone da Daniele all’interno del-

archivio o per gentile concessione di

menti che contribuivano a delineare

la Scuola Nazionale Tecnici del Soc-

Roberto Chiappa, la storia delle vie

il suo valore di alpinista e di uomo,

corso Alpino, l’istituzione che forma a

di arrampicata, talvolta decisamente

attento alla vita delle tante associa-

livello più alto i componenti del soc-

all’avanguardia, realizzate da Daniele

zioni piccole e “nuove” del territorio

corso, ha ricordato di aver conosciuto

sulle pareti che guardano Lecco. Re-

(Ravanatt, UGE, CAI Belledo) come

Daniele quand’era ancora alle prime

stituendo quel desiderio di apertura

di quelle più prestigiose (CAI Lecco,

armi, e di averne avvertito il carisma

al nuovo che caratterizzava Daniele,

Gruppo Ragni e poi Gruppo Gamma,

che derivava anche dal suo essere

anche nel modo nuovo di guarda-

Club Alpino Accademico Italiano, Cor-

costantemente alla ricerca del nuo-

re le rocce di casa e di scoprire su di

po Nazionale del Soccorso Alpino e

vo. Un atteggiamento che non ha mai

esse delle linee nuove, raccogliendo le

Speleologico) che hanno conosciuto

smesso di colpirlo: l’avere idee chiare

suggestioni provenienti da ambienti e

la sua fattiva presenza.

sul Soccorso Alpino unite alla capacità

mentalità meno gravate di tradizione.

nella frase “Quando si era in turno con Daniele non si stava mai fermi”.

di guardare (e vedere!) molto avanti.

Alberto Benini ha invece ripreso la

Tanto che oggi il Soccorso Alpino fa

vicenda del Cerro Torre, un’esperien-

molto fatica ad andare oltre le idee di

za che ha segnato la vita di Danie-

Daniele. E a volte è in difficoltà anche a

le facendo di lui, il più giovane della

continuare sulla sua strada. Non è fa-

spedizione, uno degli “hombres de la

cile, insomma trovare un altro Daniele;

cumbre” che sono entrati nella storia

qualcuno capace come lui di rimettere

e forse nel mito, dell’alpinismo. E il-

in moto quel movimento evolutivo.

lustrando anche i molteplici collega-

A Gianfranco Comi, nella sua qualità

menti con altri personaggi le cui vi-

Appuntamenti


VERSO LA MONTAGNA DI LUCE

I

di Adriana Baruffini

l 6 agosto del 1958, Carlo Mau-

ri e Walter Bonatti concludevano la scalata del Gasherbrum IV,

la Montagna di Luce del Karakorum, che con i suoi 7925 metri è una delle più maestose e impervie cime del pianeta. Fu un’impresa piena di rischi e incertezze. Un’indimenticabile pagina di alpinismo e di umanità. Tra i componenti della spedizione, guidata

da Riccardo Cassin, c’era anche Fosco Maraini, orientalista, scrittore, regista, fotografo, colto osservatore. A sessant’anni di distanza quell’impresa è stata ricordata a Lecco nell’ambito della rassegna Monti Sorgenti con una mostra che ha portato alla luce preziosi materiali dagli archivi della Cineteca Centrale del CAI: le fotografie anche inedite di Fosco Maraini, in bianco e nero e a colori Kodachrome, e le appassionanti scene da lui girate per il film ufficiale della missione. La mostra è stata inaugurata a Lecco, Palazzo delle Paure, il 12 maggio ed è rimasta aperta fino al 3 giugno. Curatore di questa e di un’altra mostra sullo stesso tema, che si è svolta contemporaneamente al Castello Masegra di Sondrio, è stato Marco Albino Ferrari, autore del testo di presentazione che riportiamo di seguito. “Dai 2300 metri di Skardu, otto alpinisti italiani e 450 portatori baltì partono per un viaggio a piedi di 230 chilometri. Con undici tonnellate di bagaglio sulle spalle, sfilano

Appuntamenti

accanto a villaggi sperduti e a sguar-

riuscito a trovare un perfetto equili-

di increduli. Guadano fiumi, superano

brio tra la componente documentaria

deserti, groppe moreniche, letti di tor-

delle immagini e dei testi esplicativi e

renti in secca. Procedono sotto cime

l’inserimento a forte impatto emotivo

spettacolari, il Monte Payù, e Torri

di alcuni oggetti materiali appartenenti

di Trango, la Torre Muztagh, il Mitre.

alla collezione museale del CAI Lecco.

Compiono digressioni esplorative in

Fra questi, particolarmente evo-

vallate secondarie. Per giungere alla

cativa la tenda gialla, quella che Fo-

grande piazza glaciale chiamata Circo

sco Maraini cita nel racconto Verso

Concordia. Dove si innalza, piramide

la splendida cima, a conclusione del

perfetta, la Montagna di Luce.

capitolo introduttivo Noterelle di ore

Sarà una lotta protratta per settima-

qualsiasi:

ne. Posa di campi e corde fisse; risalita

“Poi viene la notte vera; tutto sem-

di seraccate per aggirare la montagna

bra pronto a rompersi ed a cadere

e portarsi sulla cresta nordest. Cordate

in mille pezzi tintinnando nel freddo

di punta, cordate di appoggio, porta-

trasparente e puro. Chi esce sente la

tori d’alta quota: ogni mossa coordi-

neve crepitare sotto i piedi nel silen-

nata per preparare le attrezzature e i

zio smisurato. Sopra la tenda calda

viveri necessari al passo finale. Come

di luce, sopra quest’unica cosa uma-

una partita a scacchi contro i giorni

na a giro d’orizzonte, ecco altissimo

che passano, le bufere di neve e il sole

il Gasherbrum, un fantasma nel vuoto

cocente. Fino all’ultimo giorno, il più

nero”.

atteso, il decisivo: il 6 agosto 1958. Alle 5 del 6 agosto, il sessantotte-

Marta Cassin ha curato l’impaginazione grafica dei pannelli

simo giorno dalla partenza della ca-

Si ringraziano per la collaborazione:

rovana, tutto è sulle spalle di Walter

Giuseppe Cima e Cartiere dell’Adda

Bonatti e Carlo Mauri. I due 28enni

per la fornitura di cartone; Samuele Villa

Ragni di Lecco partono nelle solitudini

di Valmadrera e Gianfranco Perucchini

cristalline. Sotto di loro il Baltoro e una

di Galbiate per le opere di falegnameria

moltitudine di cime inondata dall’au-

e il trasporto dei materiali.

rora. Ma lo spettacolo dura poche ore. Alle 10, già banchi di nuvole

minacciose

avanzano veloci verso di loro…” L’allestimento lecchese, affidato alla professionalità

di

Giovanna Colombo e Alessandro Dubini, è

ne. Foto di Marco Giudici


A PASSO DI BIMBO

La visita agli scavi di Monte Castelletto, guidata dal Presidente del Parco

Degno di nota è poi il fatto che circa

che e formative. La montagna richiede

omenica 23 settembre, prima

la metà dei presenti non fosse iscritta

infatti fatica, e la fatica educa e fa cre-

giornata d’autunno, il Parco del

al Club alpino italiano ed, inoltre, che

scere. Inoltre le terre alte permettono

Monte Barro ha ospitato il se-

una parte di loro provenisse da fuori

di avvicinarsi alla natura e alla fauna

condo raduno FamilyCAI, organizzato

regione. Entrambi segnali evidenti del

che le popola”.

anche con la collaborazione dei vo-

fatto che le iniziative destinate alle

lontari della nostra sezione e di quelli

famiglie con figli in tenera età sono

Nel primo pomeriggio, dalla vasta

delle sezioni di Milano, Macherio, Ve-

destinate a riscuotere sempre più in-

distesa di coperte approntate dalle

dano al Lambro e Mariano Comense.

teresse.

famiglie per il pranzo al sacco, tutti i

di Andrea Spreafico

D

bambini sono corsi verso il punto di Tre i percorsi, differenti per luoghi

In tal senso, anche la presenza al

accoglienza predisposto dalla Coo-

di partenza e per lunghezza, proposti

raduno del presidente regionale del

perativa Eliante – che, unitamente al

dagli organizzatori per raggiungere i

CAI Renato Aggio e del presidente

Parco Regionale del Monte Barro, ha

Piani di Barra. Lungo i percorsi sono

generale Vincenzo Torti appaiono si-

collaborato all’organizzazione del ra-

state inoltre organizzate visite guidate

gnificative dell’interesse che il Club al-

duno – dove si sono divisi in squadre

al MEAB – Museo Etnografico dell’Al-

pino sta manifestando in quest’ambito.

e si sono poi divertiti nel partecipare

ta Brianza ed agli scavi archeologici di

Il presidente generale, accompagnato

ad una gigantesca caccia al tesoro in

Monte Castelletto, grazie alla collabo-

per l’occasione dalla figlia e dalla ni-

chiave “archeologica”.

razione del presidente e dei volontari

potina di tre anni, ha voluto porgere un

del Parco Regionale del Monte Barro,

saluto a grandi e piccini, sottolineando

Alle 15.30 la giornata si è conclu-

che hanno partecipato attivamente

che: “le iniziative pensate per le fami-

sa con il saluto degli organizzatori ai

all’organizzazione del raduno.

glie all’interno delle sezioni CAI sono

partecipanti e la variopinta carovana

nate in quanto la montagna è aperta

ha intrapreso il ritorno verso le auto.

A mezzogiorno si sono contate ai

anche ai bambini più piccoli e ai loro

A passi di bimbo…

Piani di Barra più di 500 persone; per

genitori, senza alcun tipo di esclusio-

metà bambini, che hanno festosamen-

ne. Sono iniziative in forte crescita,

te animato i prati del Barro per tutta la

un’importante opportunità, anche per

giornata.

chi non è iscritto al Club alpino, per vivere con i propri figli esperienze ludi-

Appuntamenti


UNA MONTAGNA DI EMOZIONI 2018 di Sara Pozzetti

N

cercare scuse o rimandare decisioni.

“Una Montagna di Emozioni”, rassegna

ato e cresciuto ai piedi del

Attraverso immagini spettacolari e

che tradizionalmente si inserisce nel

Cervino in una famiglia in cui

aneddoti suggestivi, Hervé Barmasse

programma della Scuola di Sci alpini-

il mestiere di guida alpina si

racconta un alpinismo dove la natu-

smo del Cai di Lecco.

tramandava da diverse generazioni,

ra, se ascoltata e rispettata, diventa

Sarà una serata ricca di foto, filma-

Hervé non impiega molto a capire che

accessibile a tutti e amica dell’uomo,

ti, racconti che proietteranno gli ospiti

la montagna avrebbe riempito molti

tra incertezza del risultato e ricerca

in ambiente, trasmettendo emozioni e

dei momenti più importanti della sua

dell’impossibile, performance sportive

sensazioni uniche.

vita.

e cultura della montagna. «Il miglior alpinista è chi difende e

L’alpinismo è avventura, rischio,

preserva la montagna, chi la scala in

fatica, passione e amore; è la forza

modo pulito rispettando la natura e

dell’uomo che supera se stesso con-

non chi la sale ad ogni costo e ad ogni

frontandosi con i propri limiti, fisici e

mezzo».

mentali. Nell’alpinismo dare il meglio di sé è d’obbligo, si mette in gioco la

Le parole di Hervé sintetizzano

propria vita. Per questo in montagna

i contenuti di “La mia vita fra 0 e

non si può mentire, non si possono

8000”, l’evento che lo vedrà ospite a

Hervé sulla cresta finale del monte Rosa. Foto D. Levati-The North Face

Uno

spettacolo

imperdibile

ed

esclusivo, non potete mancare.

Giovedì 29 novembre ore 21, a Lecco presso il Cenacolo francescano


DA CIMA A FONDO Per il mese di gennaio 2019 Spazio Teatro Invito propone tre serate dedicate alla montagna. Ecco il programma:

Venerdì 18 gennaio

Sabato 19 gennaio

Sabato 26 gennaio

I tesori della DOL

Nell’ombra della luna

Lo sguardo dall’alto

Film – documentario sulla DOL (Dorsale Orobica Lecchese), uno straordinario itinerario escursionistico che partendo da Linzone nella bergamasca e raccordandosi al Resegone, prosegue sulle montagne della Valsassina per poi scendere in Valtellina dopo aver lambito il Pizzo dei Tre Signori. Tocca luoghi di interesse storico e artistico; offre incomparabili panorami sulla pianura e l’arco alpino.

Letture dal libro Nell’ombra della luna di Daniele “Ciapin” Chiappa che racconta storie accadute sulle montagne del lecchese ad alpinisti di Lecco. Storie di soccorsi in situazioni complicate, pericolose, di grande impegno fisico e psicologico. Con musiche eseguite dal vivo ai tamburi TAIKO, le percussioni giapponesi che con la loro profondità timbrica accentuano il contenuto emozionale della narrazione.

Conferenza-spettacolo che, ispirandosi alla storia, parla del rapporto fra città, uomo e montagna, intesa come luogo sacro, passaggio verso il cielo, tramite con gli dei, ma anche luogo di libertà, di fuga e di riscatto e luogo ameno dove trovare ispirazione poetica, salute, svago. La conferenza sarà intervallata da letture teatrali di testi sul tema, con accompagnamento musicale.

Presenta il film il regista Carlo Limonta. Introduce Ruggero Meles, scrittore ed esperto di montagna. Intervento musicale di Martin Meyes al corno delle Alpi

A cura dell’Associazione TAIKO

Con Ruggero Meles, scrittore ed esperto di montagna, e Luca Radaelli, attore

Ingresso 9 euro

Ingresso 9 euro

Ingresso libero

Tutte le rappresentazioni si svolgeranno presso Spazio Teatro Invito, via Ugo Foscolo 42 alle ore 20.45. Info al sito: http://teatroinvito.it/spazio-teatro-invito/calendario-stagione/


MONTI SORGENTI OFF Appuntamenti del martedì sera al CAI Lecco

“Monti Sorgenti”, la rassegna culturale che il CAI Lecco propone tradizionalmente nel periodo maggio-giugno, si arricchisce per il secondo anno consecutivo con “Monti Sorgenti off”, una serie di serate distribuite nei mesi da ottobre ad aprile. Incontri con persone di varia formazione ed esperienza che propongono film, conferenze, proiezioni di immagini e video su temi inerenti alla montagna: storia, ambiente, scienza, salute, aggiornamento tecnico su specifiche discipline. Ecco il programma per il periodo ottobre - gennaio: 16 ottobre Rassegna cinematografica “Walter Bonatti”: Italia K2, 1955, regia di Marcello Baldi Lungometraggio della spedizione al Karakorum organizzata nel 1954 dal Club Alpino Italiano e conclusasi con la conquista del K2 (8611 m), la seconda cima del mondo. Il film è la storia dalla preparazione alla conquista della vetta, di una delle grandi imprese dell’alpinismo mondiale. Restaurato a cura della Cineteca centrale del CAI. Presentazione e commento di Nicoletta Favaron, regista, e Anna Masciadri, giornalista. 23 ottobre “Geologia e orogenesi delle montagne del lecchese” Annibale Rota, profondo conoscitore dell’ambiente naturale del territorio lecchese e abile fotografo, proietta e commenta le immagini raccolte in anni di escursioni.

Appuntamenti

30 ottobre “Storie alpine degli anni Sessanta e Settanta” Franco Riva, alpinista, sciatore e appassionato di fotografia, presenta in due video autoprodotti e commentati le foto scattate arrampicando su tutte le Alpi negli anni ’60 e ’70: una storia per immagini dell’alpinismo lecchese di quegli anni. 6 novembre “Viaggio nei santuari della biodiversità di tutto il mondo” Daniele Vivarelli, biologo, guida e viaggiatore, fa parte del team “Biosfera Itinerari” che da anni si occupa di ecoturismo professionale, organizzando in tutto il mondo spedizioni in luoghi con forti caratteristiche di biodiversità, dagli ambienti artici e antartici ai maggiori biomi africani, dalle foreste asiatiche e sudamericane fino agli ecosistemi nordamericani ed europei. Con Davide Palumbo, ci offrirà una sintesi di immagini dei suoi viaggi, avvicinandoci a tematiche insolite ed esotiche. 13 novembre Rassegna cinematografica “Walter Bonatti”: G IV Montagna di luce, 1961,

regia di Renato Cepparo, fotografia Carlo Mauri e Fosco Maraini Il film racconta la spedizione organizzata nel 1958 dal Club Alpino Italiano al Gasherbrum IV, un quasi 8000 del Karakorum, e documenta i disagi e le difficoltà affrontate dagli alpinisti per conquistare una delle più affascinanti e tecnicamente più impegnative montagne del Baltoro. Presentazione e commento a cura di Nicoletta Favaron, regista, e Anna Masciadri, giornalista. 20 novembre “La grande guerra e la Linea Cadorna” Immagini della Prima guerra mondiale a cent’anni dalla conclusione, proiettate e commentate da Ivan Piazza della Commissione Cultura Alpini Lecco. Il relatore parlerà fra l’altro della Linea Cadorna, il complesso di opere difensive permanenti costruite lungo il confine con la Svizzera, a protezione della Pianura Padana e dei suoi principali poli economici e produttivi.


27 novembre Le spedizioni scientifiche in Antartide Fabio Baio, geologo e ricercatore, ha partecipato a varie spedizioni in Antartide nell’ambito del Programma nazionale di ricerche in quella parte del pianeta dove le condizioni climatiche sono proibitive per l’uomo. Racconterà i suoi viaggi, svelando prospettive scientifiche interessanti non solo per le “scienze della terra” ma anche per l’astrobiologia, a supporto degli studi in corso sui pianeti fino ad ora ritenuti privi di forme di vita. 4 dicembre Le origini del lago di Como Conferenza di Filippo Camerlenghi, responsabile Progetti e Turismo sostenibile dell’Associazione Proteus. Saranno messe a fuoco le più recenti acquisizioni sulle origini del nostro lago e la glaciazione. 11 dicembre Storie di viaggi negli abissi Luigi Casati, speleosub di fama internazionale recentemente premiato con il Triden-

te d’Oro, la maggiore onorificenza della subacquea, prende spunto dalle sue esperienze in grotta per illustrare le nuove frontiere della speleologia. 15 gennaio Come preparare fisico e mente alla pratica degli sport invernali per prevenire infortuni e migliorare la performance Jacopo Pisati e Sebastiano Morassi, fisioterapisti e orthopedic manipulative therapist, e Veronica Bertarini, psicologa dello sport e mental coach, spiegano l’importanza ai fini del raggiungimento dei propri obiettivi di praticare esercizi mirati per migliorare postura e movimento sport specifico, allenando contemporaneamente la componente mentale. 22 gennaio Prevenzione e organizzazione della gita in ambiente invernale Ripasso delle tecniche, dell’equipaggiamento e di tutto ciò che è utile sapere per affrontare la montagna innevata. Stefano Bolis, istruttore della Scuola di scialpinismo del Cai Lecco

29 gennaio Piccozze rosse e cavalieri neri Sulle tracce di Erminio Dones, canottiere e alpinista, viene ricostruita la storia del violento contrasto, che ebbe come teatro le Grigne e le montagne del Triangolo lariano, fra gli aderenti all’Associazione proletari escursionisti (APE) e gruppi del nascente squadrismo fascista negli anni tra la fine della Prima guerra mondiale e l’affermarsi del Fascismo. Alberto Benini, storico dell’alpinismo e autore di vari libri sulle montagne e gli alpinisti

Gli incontri si svolgeranno nella sede del CAI Lecco, via Papa Giovanni XXIII, alle ore 20.45

Appuntamenti


RECENSIONI ALIMENTAZIONE IN AMBIENTE ESTREMO Donatella Polvara, biologa e nutrizionista, appassionata di montagna e di viaggi, si dedica da diversi anni con particolare interesse all’alimentazione in ambiente estremo. In questo volume affronta l’alta quota e l’ambiente polare, riservando a una successiva pubblicazione il deserto e la profondità degli abissi. “ […] scrivere per me è stato come fare un lungo viaggio nelle abitudini alimentari dei popoli che abitano negli ambienti più estremi del pianeta – annota nell’introduzione -. E’ da loro che ho tratto le principali teorie e convinzioni sui principi nutrizionali da utilizzare per sopravvivere, compiere imprese o semplici escursioni anche nei luoghi più inospitali del pianeta”. Partendo da questa convinzione e mettendo a frutto le sue esperienze di viaggio, senza peraltro rinunciare al rigore scientifico che le deriva da una solida preparazione nel campo dell’alimentazione di base e della corretta idratazione, l’autrice formula suggerimenti sulla qualità e la quantità dei cibi da assumere nelle varie situazioni attraverso una sorta di narrazione corale che rende il libro di piacevole lettura e soddisfa in pieno l’intenzione di farne un saggio divulgativo piuttosto che un arido trattato scientifico. Ci sono pagine dedicate alla storia e alle abitudini alimentari di popolazioni che vivono in ambienti estremi come l’alta quota himalayana degli Sherpa o la Lapponia degli Inuit. Ci sono interviste a ben undici fra alpinisti, esploratori, recordman, tutti concordi nel sostenere l’importanza di una preparazione meticolosa dei cibi da portare con sé: basso peso con alto potere calorico, ma anche gradevolezza e rispetto delle preferenze individuali. Ci sono descrizioni accurate di una serie di alimenti particolarmente indicati per quegli ambienti estremi, che sgombrano il campo da pregiudizi comuni e spiegano perché ad esempio cibi come il lardo e il burro normalmente guardati con sospetto, possono, anzi devono far parte della dieta di chi si espone a temperature molto basse. Ampio spazio viene poi dedicato ai cibi liofilizzati e precotti, agli integratori salini e a quelli calorici come barrette, carbogel, pemmican che consentono di ridurre il peso dello zaino senza compromettere l’apporto energetico. Immergetevi in questa lettura e capirete che anche l’alimentazione ha il suo fascino, come i colori, i profumi e le emozioni che si apprezzano durante un lungo viaggio. (Adriana Baruffini) Donatella Polvara Alimentazione in ambiente estremo - L’alta quota e l’ambiente polare Giacomo Catalani editore, 2018

LE FALESIE DI FINALE Si amplia ogni anno di più la schiera dei climber che corrono sulle strade della Liguria per raggiungere le ammiccanti falesie che si nascondono sulle alture di Finale. Si potrebbe dire che qui è stata trovata una preziosa miniera che ora va a ruba tra gli appassionati dell’arrampicata, con un richiamo che va ben oltre i confini nazionali. Eppure questo era un tesoro ignorato a lungo, quando invece questa nuova disciplina aveva un seguito ormai smisurato su tante altre falesie. Le falesie finalesi sono in effetti una scoperta relativamente recente, e la loro storia strana e inconsueta, che inizia nel lontano 1968, viene ora svelata sotto ogni aspetto, come risulta raccontata da Alessandro Grillo, che fu tra i primi scopritori, subendone il fascino e incominciando a frequentarle e a valorizzarle. Nel suo libro, Un sogno lungo 50 anni, l’autore che è stato un alpinista autenticamente innamorato della montagna e un arrampicatore che non intende sopravvalutare le sue eccellenti qualità, ha molte cose sorprendenti da farci conoscere, tutte legate alla storia che per cinquant’anni lo ha trovato ammaliato da queste falesie, dove si sono avvicendati climber di ogni genere e alpinisti di fama internazionale. Scritto con stile brioso e coinvolgente, il suo volume, corredato da numerose e interessanti illustrazioni, presenta le sue vicende personali, che scorrono nell’incrocio con altri appassionati dell’arrampicata, di cui alcuni semplicemente legati a lui da stretta amicizia e altri dal nome noto a livello mondiale. Bella e apprezzabile la parte conclusiva, che si arricchisce di 9 brevi articoli che presentano le esperienze vissute da altrettanti suoi amici su quelle falesie che hanno lasciato in loro un ricordo indelebile. (Renato Frigerio)

Recensioni

Alessandro Grillo Un sogno lungo 50 anni – Storie dell’arrampicata finalese 1968-2018 Collana “I Rampicanti”, Edizioni Versante Sud, 2018


LA LUNGA STORIA DEL CERRO TORRE “Questo libro è lo sguardo più ravvicinato che sia mai stato dato alla lunga storia alpinistica del Cerro Torre. L’approccio di Kelly Cordes, accuratamente documentato e privo di pregiudizi, è coinvolgente”. Da queste righe con cui Rolando Garibotti apre la sua introduzione a Cerro Torre – 60 anni di arrampicate e controversie sul Grido di Pietra, si può prendere obiettivamente atto del valore storico e alpinistico di un volume che si aggiunge, per nulla superfluamente, alla già ampia bibliografia e storiografia che ha avuto origine dalla più mitica montagna patagonica. Vale la pena citare anche la frase conclusiva della prefazione di colui che viene ritenuto il miglior alpinista ed esperto del massiccio di El Chaltèn: “Questo è un libro che va letto, sia che siate interessati nei dettagli alla storia alpinistica del Cerro Torre che negli sfolgoranti, evidenti angoli ciechi che tutti noi abbiamo”. Che poi il volume venga garantito soprattutto da un autore competente e autorevole, basterà sapere che Kelly Cordes, alpinista americano che nel 2007 ha realizzato, assieme a Colin Haley, una prima salita “by fair means” fino alla vetta del Cerro Torre, è stato considerato da Tommy Caldwell “una persona che incarna lo spirito dell’alpinismo più di qualsiasi altro di sua conoscenza e che viene da lui ammirato come uno dei suoi narratori preferiti, per come si dedica completamente alla scrittura e alla montagna”. Si potrà, si dovrà anzi, continuare a parlare e a scrivere attorno al Cerro Torre, perché questa montagna, insieme alla storia emozionante e controversa degli audaci che si sono dedicati alla sua conquista, merita di tener sempre desta l’attenzione di chi ama l’alpinismo sotto tutti gli aspetti. Bisognerà comunque aver sempre presente che nel fare ciò, d’ora in poi, non si potrà mai più prescindere dall’impostazione e dalle conclusioni del volume di Kelly Cordes. (Renato Frigerio)

Kelly Cordes Cerro Torre – 60 anni di arrampicate e controversie sul grido di pietra Collana “I Rampicanti”, Edizioni Versante Sud, 2018

SCIARE OLTRE LE PISTE Si sta assistendo da tempo ad un rilevante incremento di appassionati dello sci che abbandonano l’ebbrezza e la velocità offerte dalla discesa su piste battute per dirigersi verso la più naturale inclinazione di sciare su percorsi non ripetitivi, con la libertà di scegliersi a proprio gusto ambienti certamente più esclusivi e gratificanti. Le più recenti aspirazioni di tanti sciatori non hanno mancato di essere percepite da altri innamorati dello sci fuori pista che li avevano preceduti, acquisendo specifiche esperienze in diversi settori, con una competenza che consentiva loro di poter realizzare le guide, cui ora si ricorre quasi indispensabilmente. A quanto pare però anche queste possono essere insufficienti per trasformare uno sciatore abituato alle comode piste battute in un adeguato frequentatore del fuori pista, dove è andato alla ricerca di più forti emozioni. Ne è assolutamente convinto Paolo Caruso, l’autore di “L’arte di sciare oltre le piste”, che con questa sua nuova iniziativa non si presenta certo con una pretesa presuntuosa. Su argomenti del genere Paolo Caruso non è la prima volta che interviene, e la sua autorevole competenza è stata riconosciuta ad ogni livello. A proposito di questo argomento c’è evidentemente ancora molto e di importante da imparare e questo lo si può immediatamente rilevare all’impostazione del volume, che lo indica come “il metodo Caruso per lo sci completo”, un metodo che analogamente per altri sport di montagna è stato collaudato positivamente e riconosciuto entusiasticamente valido da chi lo ha sperimentato. Il volume viene presentato nella forma di un abbordabile manuale, che consente di comprendere con facilità le istruzioni descritte anche grazie all’abbondanza delle immagini che le illustrano dettagliatamente. (Renato Frigerio)

Paolo Caruso L’arte di sciare oltre le piste Collana “Performa”, Edizioni Versante Sud, 2017

Recensioni


LUTTI Negli ultimi mesi ci hanno lasciato: Gianfranco Anghileri, socio Cai, fra i primi ad aderire al Gruppo Ragni, figura di spicco nel mondo della montagna, che come alpinista e scialpinista ha amato e frequentato fino a tarda età, anche mettendo la sua esperienza a disposizione di persone meno fortunate. Non gli è mai piaciuto mettersi in mostra e ha parlato poco di sé, pur essendo un buon narratore. Ci piace ricordare in proposito alcune sue collaborazioni al notiziario del Cai Lecco, come le pagine indimenticabili pubblicate sul numero 3/2008 dopo la scomparsa di Vasco Cocchi, nelle quali, ricordando l’amico di una vita, offre anche qualche spunto autobiografico. E lo fa nel suo stile inconfondibile che lascia spazio a note di umorismo e autoironia, trasferendo nella pagina scritta la leggerezza che è stata la cifra distintiva anche del suo modo di affrontare la montagna. Giancarlo Colleoni, socio Cai dal 1979. Pietro Orlandi, iscritto al Cai Lecco dal 1959. Ricordiamo inoltre: Maurizio Valsecchi, guida alpina, membro della XIX Delegazione lariana del Cnsas, socio dell’Uoei di Lecco e del Gruppo Gamma, consigliere della SEL. Ha gestito dal 2000 al 2016 il rifugio Azzoni in vetta al Resegone Maria Luigia Castelnuovo, moglie di Giuseppe Orlandi (Calumer), presidente della sottosezione di Ballabio. Ai famigliari delle persone scomparse l’abbraccio affettuoso di tutta la sezione

Concerto di Natale 2018 venerdì 21 dicembre alle ore 20.30



CONVENZIONI CLINICA SAN MARTINO - MALGRATE Malgrate, Lecco. Via Selvetta angolo via Paradiso - tel. 0341 1695111 - Internet: clinicasmartino.com Prezzi convenzionati sulle prestazioni concordate (vedi www.cai.lecco.it). Garanzia delle prestazioni di diagnostica per immagini in 12/24 h dalla richiesta. MEDINMOVE Lecco via Balicco, 109 - Internet: www.medinmove.it Centro di Medicina Preventiva, Riabilitativa, Genetica. Prezzi convenzionati sulle prestazioni concordate (vedi www.cai.lecco.it). PALESTRA DI ARRAMPICATA - RAGNI di LECCO Via C. Mauri 1 Lecco. Per informazioni, Ragni di Lecco ASD tel. 339 867 92 82. Internet: www.ragnilecco.com Sconto del 5% sugli abbonamenti stagionali. Sconto del 10% sui corsi di arrampicata sportiva

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Per ottenere gli sconti indicati è necessario esibire la tessera del CAI Lecco regolarmente rinnovata. Possono usufruire delle convenzioni anche i soci delle sottosezioni del CAI Lecco: CAI Barzio, CAI Ballabio, Strada Storta.

Vita di Sezione

NB: Per le società commerciali o aziende che volessero attivare iniziative di promozione o sponsorizzazione con il CAI Lecco telefonare allo 0341-363588 (orari apertura sede) o al 3393216291 oppure scrivere un’email a sezione@cai.lecco.it.


INFORMAZIONI DALLA SEGRETERIA - TESSERAMENTO QUOTE SOCIALI 2019

AGEVOLAZIONI E BENEFICI PER I SOCI

Le quote sociali per il 2018 sono le seguenti: Socio Ordinario Socio Ordinario* (nati dal 1994 al 2001)

Socio Familiare** Socio Giovane***

(nati nel 2002 e anni seguenti)

Socio Vitalizio Tessera per i nuovi Soci Duplicato Tessera

€46,00 €24,00 €24,00 €16,00 €20,00 € 5,00 € 2,00

*Al Socio ordinario di età compresa tra i 18 e i 25 anni viene applicata automaticamente la quota dei soci familiari. Tale Socio godrà di tutti i diritti del socio ordinario. ** Possono essere soci familiari solo i residenti al medesimo indirizzo del socio ordinario di riferimento. ***Socio giovane: a partire dal secondo figlio giovane in poi, il socio giovane verserà la quota di € 9,00. Si precisa che per poter usufruire dell’agevolazione prevista, il socio giovane dovrà avere un socio ordinario di riferimento (capo nucleo) in regola con il tesseramento dell’anno in corso ed appartenere ad un nucleo familiare con due o più figli giovani iscritti alla Sezione.

Agli associati è garantita la copertura assicurativa per infortuni che si verifichino nell’ambito di iniziative organizzate dal Sodalizio, ivi compresi i corsi e le scuole, oltre alla copertura assicurativa del Soccorso Alpino per attività sia sociali che personali. - I soci possono essere assicurati per gli infortuni in attività personale richiedendo la copertura assicurativa presso la sezione di appartenenza. - Il socio ordinario riceverà al proprio domicilio la rivista mensile del Cai “Montagne 360” e la rivista quadrimestrale sezionale ”CAI Lecco 1874”. - Tutti gli associati, con la presentazione della tessera riportante il bollino relativo all’anno in corso potranno usufruire degli sconti previsti dalle convenzioni indicate nell’apposito riquadro. - Tutti gli associati potranno usufruire gratuitamente dei servizi offerti dalla sezione: accesso alla documentazione presente nella biblioteca sezionale, utilizzo di internet, lettura dei periodici e delle riviste presenti in sede. - Tutti gli associati otterranno sconti sull’acquisto di libri o pubblicazioni del CAI.

Ricordiamo che per non perdere i benefici dell’iscrizione al CAI il rinnovo deve essere effettuato entro il 31 marzo 2019. Per farlo è possibile recarsi in segreteria negli orari di apertura oppure con bonifico bancario (come da istruzioni riportate sul sito www.cai. lecco.it)

IL RINNOVO DELLA TESSERA PUÒ ESSERE EFFETTUATO:

In sede: Tutti i martedì non festivi dalle ore 20:30 alle 22:00. Tutti i venerdì non festivi dalle ore 18:00 alle 20:00 In alternativa, il pagamento potrà essere effettuato a mezzo: a) Bollettino c/c Postale n. 12049227 intestato a C.A.I. Sezione di Lecco. b) BANCA POPOLARE DI SONDRIO, Agenzia di Piazza XX Settembre a Lecco, sul conto corrente intestato a C.A.I. Sezione di Lecco IBAN IT07 J056 9622 9020 0000 2154 X06. Il pagamento tramite Bonifico Bancario o Bollettino di c/c Postale prevede un contributo, per socio o per nucleo familiar, di € 2,00 per spese postali (Esempi - Singolo socio: quota + 2,00€ - Nucleo Familiare: somma delle quote + 2,00€). Il bollino verrà spedito per posta al domicilio del socio.

DIMISSIONI E MOROSITA’ Il socio può dimettersi dal Club Alpino Italiano in qualsiasi momento; le dimissioni devono essere presentate per iscritto al Consiglio Direttivo della Sezione, sono irrevocabili ed hanno effetto immediato, senza restituzione dei ratei della quota sociale versata. Il socio è considerato moroso se non rinnova la propria adesione versando la quota associativa annuale entro il 31 marzo di ciascun anno sociale; l’accertamento della morosità è di competenza del Consiglio Direttivo della Sezione; non si può riacquistare la qualifica di socio, mantenendo l’anzianità di adesione, se non previo pagamento alla Sezione alla quale si era iscritti delle quote associative annuali arretrate. Il socio di cui sia stata accertata la morosità perde tutti i diritti spettanti ai soci.

CALENDARIO CHIUSURA SEDE Venerdì 21 dicembre la segreteria e la sede chiuderanno alle ore 19.30 al fine di permettere a tutti di recarsi c/o l’Auditorium della Camera di Commercio di Lecco dove si svolgerà il consueto Concerto di Natale. La sede resterà chiusa dal 22 dicembre 2018 al 6 gennaio 2019.

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