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NELLA PANCIA DELLE FILIPPINE
6
IMMAGINI DALLA GUERRA BIANCA
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BAGNI D’ALTA QUOTA
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LA SCELTA DI STEFANO
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BIANCHI TRONCHI DI BETULLA
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RITIRATA SUL GANGE
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L’ARTE DELLA MONTAGNA
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IN BICI NEL CAUCASO
6
UN GIORNO AL SAN MARTINO
IN QUESTO NUMERO
4 6
EDITORIALE LO SPIRITO DEL CAI Offrire il proprio contributo è il sale di una autentica passione collettiva di Emilio Aldeghi, presidente CAI Lecco
SENTIERI E PAROLE IMMAGINI DALLA GUERRA BIANCA Foto storiche della prima guerra mondiale tra suggestioni letterarie ed escursionistiche di Raimondo Brivio IMPRESE SUL CERVINO Dall’invernale sulla Nord di Bonatti alla corsa di Burgada di Renato Frigerio L’ULTIMO K2 Quel giorno del ’96, al campo base per abbracciare Lorenzo di Dino Piazza LA SCELTA DI STEFANO Tra sentimento e ragione, l’arrampicata sportiva invece dell’alpinismo di Gigi Alippi BIANCHI TRONCHI DI BETULLA Con le sue virtù, l’albero è una vera farmacia vegetale di Annibale Rota
16 20 23 26 28 34 38 42 49 50 56 58 64 70 72 74
ALPINISMO e ARRAMPICATA RITIRATA SUL GANGE Il desiderio di sfida e il tentativo alla parete Ovest del Bhagirathi 4 di Matteo Della Bordella BIG WALL FREE L’accanita scelta di una vita di salire in libera le grandi pareti di Simone Pedeferri
ALPINISMO GIOVANILE BAGNI D’ALTA QUOTA In Val Sarentino, con sole e aria frizzante, il 13° trekking di Alpinismo giovanile di Sofia, Elisa, Francesca, Serena
L’INTERVISTA L’ARTE DELLA MONTAGNA Scalatore, guida alpina, istruttore, manutentore di sentieri: il “Pepetto” si racconta di Matteo Manente
GEO
Notiziario quadrimestrale della sezione di Lecco “Riccardo Cassin”del Club Alpino Italiano N° 3/2015 Redazione: Adriana Baruffini, Angelo Faccinetto Direttore responsabile: Angelo Faccinetto Impaginazione e Grafica: BitVark - Pavia Tipografia: Grafiche Riga Annone Brianza Testata di proprietà del Club Alpino Italiano sezione di Lecco “Riccardo Cassin” Sede: via Papa Giovanni XXIII, 11 23900 Lecco Tel: 0341363588 Fax: 0341284717 www.cai.lecco.it sezione@cai.lecco.it Autorizzazione Tribunale di Lecco N. 5/78 del 20/06/1978 Spedizione in A.P. -45%- Art. 2 Comma 20/b legge 662/96 Tiratura 2300 copie Chiuso in redazione 14/12/2015
GAGLIARDETTO A SANTIAGO Al termine del cammino del Norte le insegne del GEO all’Oficina del peregrino di Claudio Santoro
ESCURSIONISMO IN BICI NEL CAUCASO Dalle rive del Danubio alle sponde del Mar Caspio, i 3500 km sui pedali degli “Oròbici” di Luca Pedeferri TROPPO CALDO AL PIZ ZUPÒ La gita alpinistica al Bernina rovinata dalle alte temperature di Andrea Spreafico
SPELEOLOGIA NELLA PANCIA DELLE FILIPPINE Spedizione esplorativa nelle grotte della foresta di Samar di Gigi Casati
MONTI SORGENTI SEGNI DI TERRA, ARIA, ACQUA E FUOCO Le montagne incise di Bruno Biffi
di Tiziana Rota
APPUNTAMENTI “MONTAGNE DENTRO, LO SPAZIO DELL’ANIMA” I monti di Lecco in mostra allo Spazio D
di Tiziana Rota
RECENSIONI INFORMAZIONI DALLA SEGRETERIA
Ruderi dell’acquartieramento austriaco Lempruchlager nei pressi della Cima Garibaldi; grandiose vedute su Ortles, vette e ghiacciai circostanti. Sulla cima dell’Ortles 3905 m e sull’anticima Vorgipfel 3845 m, l’esercito imperiale fece trascinare dai prigionieri di guerra russi numerosi pezzi di artiglieria coi quali “bombardava dal cielo” le postazioni italiane. Foto di Mauro Lanfranchi
LO SPIRITO DEL CAI Offrire il proprio contributo è il sale di una autentica passione collettiva di Emilio Aldeghi*
I
l 100° Congresso nazionale del CAI ha affrontato il tema “Quale volontariato per il CAI di domani”;
una riflessione che ha visto confrontarsi diverse sensibilità sul modo di interpretare il concetto del volontario nella nostra associazione. Il volontario è colui che offre gratu-
itamente le proprie capacità e disponibilità di energie a favore di un bene collettivo. I soci della nostra sezione, in forma assolutamente gratuita, hanno costruito una storia che non passa inosservata. I rifugi, costruiti, poi distrutti dalla guerra e infine ricostruiti, ne sono un emblema. L’acquisto della sede della sezione, con gli sforzi per metterla a disposizione di tutti i soci è sotto i nostri occhi. Le persone che hanno accompagnato i lecchesi, e non solo, sulle nostre montagne affinché ne percepissero in sicurezza la loro bellezza davvero non si contano. I soci che hanno risistemato o realizzato sentieri hanno lasciato il loro sudore disperdersi nei boschi.
se i nuovi tempi richiedono l’avvento della professionalità, se ci devono essere forme di entrata, ad esempio, attraverso l’editoria o il merchandising gestite professionalmente. Probabilmente la nostra associazione dovrà adeguarsi a questa visione di commistione fra attività dei soci e attività professionali, ma personalmente vorrei vedere il socio come un volontario che a volte può avere adeguata ricompensa se gli viene richiesto un compito nel suo ambito lavorativo. Davvero sarei in serio imbarazzo se un socio in ambito extralavorativo mi chiedesse un risarcimento economico. Una trasformazione del genere porterebbe allo sfaldamento del concetto di volontario attivo e consapevole, capace di offrire il proprio servizio per il bene della sua associazione. I cambiamenti, piccoli o grandi che siano, di una struttura organizzativa non devono minare i valori profondi e gli ideali che hanno permesso a uomini e donne di percorrere lunghi tratti di strada insieme, indifferenti alla diversità di ceto sociale, uniti nell’amore profondo per la montagna.
Codice etico La custodia delle emozioni che le terre alte offrono è stato il codice etico non scritto per intere generazioni e con questo credo si sono cementate amicizie che hanno tradotto un sentiero, un prato, un bosco in solidarietà. Adesso ci stiamo chiedendo se questo spirito deve essere cambiato,
Editoriale
sezioni, ridandogli il gusto del ritrovarsi per andare semplicemente in montagna, sburocratizzando le sezioni da rigidi doveri e obblighi attraverso un’organizzazione non più piramidale possa essere un’azione infinitamente più valida della difficile e forse incompatibile commistione fra volontariato e professionismo. Il tutto non rimanendo fermi al “così si faceva una
Il socio volontario Certamente occorre osservare che le persone disponibili per le più svariate attività, anche nella nostra sezione, sono sempre di meno. Gli interessi esterni si sono diversificati, le forme di comunicazione viaggiano attraverso nuovi canali, il tempo a disposizione delle persone sembra essersi ristretto,
4
1969. Allestimento bivacco Redaelli al Badile. Giulio Mila Giuseppe Spreafico
gli egoismi si sono accentuati. Io credo che riaffermare la centralità del socio volontario attivo nelle
volta e così si è sempre fatto”, ma adeguando il nostro modo di essere a linguaggi e ritmi al passo coi tempi, rispondendo in modo più agile e veloce a quelle necessità a carattere generale che di volta in volta ci si pongono innanzi. Il volontariato non è un’idea romantica ma il sale di un’autentica passione collettiva.
*Presidente del CAI Lecco
o Milani, Giovanni Ratti, Battista Corti, Giuseppe Spreafico, Dino Fiorelli. Foto archivio
1946. Soci della sezione di Lecco danno inizio alla ricostruzione della capanna Stoppani. Foto archivio Pino Comi-CAI Lecco
IMMAGINI DALLA GUERRA BIANCA Foto storiche della prima guerra mondiale tra suggestioni letterarie ed escursionistiche
di Raimondo Brivio ei luglio 2014, festa degli al-
S
Per curiosità vado a “sbignare”: sono
chiedo il permesso di riprodurle. Mi
pini di Livigno-Trepalle. A fine
foto della Guerra Bianca nel gruppo
frulla per il capo che possano venir
pranzo nella loro nuova bellis-
Ortles-Cevedale. Gobetti le regala agli
buone alla nostra rivista sezionale per
sima sede, Nicola Gobetti, imprendito-
alpini affinché siano conservate in un
arricchire qualche itinerario nella gio-
re brianzolo che vive a Livigno, dona
degno archivio.
gaia dello Stelvio. Permesso accorda-
alla sezione una ventina di fotografie.
Sono molto belle e interessanti e
to.
IL CENTENARIO Sono trascorsi due
strusse le vite di milioni di uomini e
anni di intensi bom-
donne, inutilmente sacrificati sull’altare
bardamenti, per fortu-
dei nazionalismi e di biechi interessi
na solo mediatici e ora
capitalistici. Chissà se sapremo trarre
attendiamo gli inevi-
insegnamento dalle “inutili stragi” e
tabili fuochi d’artificio
non ripercorrere nei nostri giorni vie
che suggelleranno nel
errate che lascerebbero ferite insana-
2018 il centenario della
bili.
vittoria. Personalmente
La Storia è maestra di vita, ci in-
spero almeno ci siano
segnavano; ma mi pare che l’aforisma
risparmiati trionfalistici
sia rimasto scritto sul ghiaccio e… con
toni celebrativi e/o la
l’aumento della temperatura…
saga degli enti turistici.
E a proposito di ghiacci, il caso ci ha
Peraltro, negli ultimi
messo fra le mani la serie di fotogra-
tempi non sono man-
fie vecchie di un secolo provenienti
cati
meditativi
dall’archivio familiare di Nicola Gobetti,
e di approfondimento
nipote del filosofo Piero Gobetti, gelo-
sull’immane
tragedia
samente custodite dall’altro zio, Enrico
che sconvolse e di-
Cola, classe ’99, nato a Bormio, arruo-
spazi
lato come sottotenente medico degli
cua., quasi tutte recano
alpini nella guerra 1915-18. Nella foto
sul retro un’accurata
qui a fianco lo vediamo in Grecia, a
descrizione
questo punto colonnello medico.
mastica e le situazioni
topono-
Epi Bormolini, eclettico Capogrup-
rappresentate. Una di-
po degli Alpini di Livigno-Trepalle,
dascalia recita in lin-
è guida alpina, maestro di alpinismo,
gua italiana “Il mortaio
maestro di sci di fondo, guida Parco
austriaco che bombar-
Nazionale Stelvio, istruttore di nordic
dò la IV Cantoniera”.
walking, e, soprattutto, simpatico ac-
Lo zio Cola raccontò
compagnatore di gite in montagna e
a Gobetti che l’assalto
gran “lavorone” (quando c’è da rim-
italiano per neutraliz-
boccarsi le maniche è sempre in prima
zare il piccolo mortaio
fila): aderisce al volo alla richiesta di
costò la vita a 18 alpini.
pubblicare le immagini sulla nostra ri-
Proponiamo ai let-
vista. Ringraziamo Epi, Nicola e gli al-
tori le immagini sen-
pini livignaschi.
za commenti, affinché
Sono foto austriache ambientate
ognuno possa trovare il
nel gruppo Ortles-Cevedale, certune
proprio universo inter-
numerate, il che fa supporre facessero
pretativo su quel che fu
parte di una collezione ben più cospi-
la vita di quegli uomi-
ni: alpini italiani, Kaiserjäger austriaci e fanti ungheresi, appollaiati a fronteggiarsi nei “nidi di aquile” fino ai 3900 metri dell’Ortles.
UNO SCRITTORE E UN POETA: BARBUSSE E REBORA Da IL FUOCO
Henri Barbusse (1873- 1935)
di Henri Barbusse Ci piace però lanciare alcune sug-
Antimilitarista, a 41 anni si arruolò
All’improvviso ci piomba addosso
gestioni. Una selezione di brani di uno
nel 1914 come soldato semplice per
un’esplosione terribile. Mi sento tre-
scrittore francese e una lirica di un po-
partecipare capire e raccontare cosa
mare fin dentro il cranio…La terra mi
eta italiano, che vissero entrambi sulla
fosse realmente una guerra moderna.
si è aperta davanti. Mi sento solle-
loro pelle gli orrori della guerra. E infine
Scrisse “Il fuoco” riordinando le note
vare e gettare di lato, piegato in due,
un itinerario scelto fra i molti Sentieri
appuntate giorno dopo giorno; una
mezzo soffocato e semicieco, da quel
della Pace, da percorrere in una bel-
prosa piana e realistica, senza eccessi
tuono e fulmine… Però mi ricordo con
la giornata estiva, fissando lo sguardo
descrittivi. Sono ritratti di rara effica-
chiarezza quell’istante: proprio men-
non solo sui grandiosi panorami, ma
cia in grado di scuotere le coscienze.
tre cercavo istintivamente, dispera-
anche ai pannelli illustrativi che rico-
Fanno pensare alle opere del pittore
tamente Poterloo, il mio compagno
struiscono quegli avvenimenti con
Otto Dix e in particolare al “Trittico
d’armi: ho visto il suo corpo saltar su,
ricchezza di immagini e di resoconti
della guerra”, pure lui volontario al
ritto e nero, con le braccia spalanca-
storici ben filtrati e mediati da diversi
fronte, ma nell’esercito tedesco.
te al massimo, e una fiamma al posto
studiosi dei paesi ex-belligeranti.
Ferito nel 1916,
della testa.
Barbusse pubblica
nello stesso anno “Il fuoco”, con cui vinse il Premio Goncourt.
… “Barbier è rimasto ucciso”. “Me l’hanno detto…” “E’ successo sabato notte alle undi-
ci… Mezza schiena portata via da una
senno… Certi gruppi sembrano dan-
Papà Ramure vorrebbe parlarmi a lun-
granata”, dice Marchal, “come tagliata
zare brandendo i coltelli. Sono felici,
go… “Ero un uomo onesto prima della
da un rasoio. Una scheggia ha tra-
immensamente sicuri di sé, feroci.
guerra” mi dice tra le lacrime. “Lavo-
passato a Besse pancia e stomaco… E
“Io ne ho trovati quattro in fondo a
ravo da mattina a sera per mantenere
del piccolo Godefroy – lo conoscevi,
un buco. Li ho chiamati per farli venire
i miei. E poi sono venuto qui ad am-
vero? – mezzo corpo spazzato via;
fuori: sono usciti uno a uno, e appena
mazzare i crucchi. E adesso mi hanno
in un istante si è svuotato di tutto il
fuori gli ho fatto la pelle…”
ucciso…Ascoltami, ascoltami, non te ne
sangue… Una esplosione ha tagliato di
Bertrand parla poco e mai di sé. Sta-
andare, ascoltami…”.
netto le gambe a Gougnard; lo hanno
volta invece racconta: “Me ne sono
raccolto che non era ancora morto del
arrivati a tiro tre. Ho picchiato come
Uno di noi, in tono triste come una
tutto…”
un matto. Ah, quando siamo arriva-
campana a morto, dice: “Hai voglia a
ti qui tutti eravamo come bestie!” e
raccontarlo, tanto non ci crederanno.
Il sottile strato di difensori si è rin-
prosegue… “Sarà opera dell’avvenire
Il giorno in cui, se saremo ancora vivi
tanato nelle buche, dove li catturiamo
cancellare questo presente e cancel-
per farlo, diremo: “Abbiamo fatto uno
come topi oppure li uccidiamo…
larlo ancor più a fondo di quanto si
scavo notturno, ci hanno bombarda-
Urto un uomo abbrancato all’entrata
pensi, cancellarlo come un vergogno-
to e per poco non siamo affogati nel
di un rifugio…Con la destra fa penzo-
so abominio... Onta al valor militare,
fango”, ci risponderanno: “Ah!”…
lare per qualche secondo una bom-
onta agli eserciti, onta al mestiere del
Tutto qui. Nessuno capirà, a parte noi”.
ba a mano… L’ordigno scoppia appena
soldato, che trasforma gli uomini ora
arriva a destinazione, e dalle viscere
in stupide vittime, ora in ignobili car-
“Siamo fatti per vivere non per cre-
della terra rimbomba una orribile eco
nefici…”
pare così!”.
umana. La frenesia li agita e li fa uscire di
”Gli uomini sono fatti per essere dei “So benissimo che sto per morire”.
mariti, dei padri: uomini, cazzo!, non
bestie feroci che si danno la caccia, si scannano e si avvelenano!”. “Due eserciti che si combattono, sono solo come un grande esercito che si
VIATICO
Clemente Rebora (1885-1957)
di Clemente Rebora Brillante intellettuale: interventista
suicida”.
ma non dannunziano, così si autode-
O ferito laggiù nel valloncello
“E comunque, come ci siamo concia-
finisce; richiamato alle armi, sergen-
tanto invocasti
ti da due anni a questa parte? Come
te poi promosso ufficiale, nel 1915 è
se tre compagni interi
dei selvaggi, dei bruti, dei banditi, degli
sul Carso, ove viene gravemente fe-
cadder per te che quasi più non eri.
zozzoni…”.
rito dall’esplosione di un proiettile da
Tra melma e sangue
305 mm. Passa tre anni fra ospedali e
tronco senza gambe
“Ti diranno”, grugnisce un uomo,
manicomi; riformato nel 1919. Si avvi-
e il tuo lamento ancora,
“amico mio, sei un vero eroe!”. Io non
cina al cattolicesimo e nel 1931 entra
pietà di noi rimasti
voglio sentirmelo dire!”.
come novizio nel Collegio Rosmini di
a rantolarci e non ha fine l’ora,
“Eroi, degli uomini straordinari, degli
Domodossola. Ordinato sacerdote nel
affretta l’agonia, tu puoi finire,
idoli?! Suvvia! Abbiamo fatto onesta-
1936, trascorrerà oltre venti anni negli
e conforto ti sia
mente il lavoro di assassini!... Sì, spie-
istituti rosminiani.
tati e infaticabili assassini, ecco cosa
nella demenza che non sa impazzire, mentre sosta il momento
siamo stati. Ma che non mi vengano
In “Viatico” l’autore si rivolge al soldato
il sonno sul cervello,
a parlare di virtù militari sol perché ho
orrendamente ferito con la dramma-
lasciaci in silenzio
ammazzato dei tedeschi…”.
tica preghiera di porre finalmente fine
Grazie fratello
alla sua agonia e risparmiare le vite dei compagni.
SUI SENTIERI DELLA PACE UN’ESCURSIONE NELLA GIOGAIA DELLO STELVIO Percorso: IV Cantoniera S.S. Stel-
densee, Sottostelvio/Franzenshöhe m
in italiano, tedesco e romancio perché
vio, Passo Umbrail m 2502, sentiero
2189, Cima del Segnale/Signalkuppe
carte e segnaletica sul percorso sono
svizzero alla Cima Garibaldi/Dreispra-
m 2771, Passo dello Stelvio m 2758.
nella lingua propria delle specifiche lo-
chenspitze/Piz da las trais Linguas
È possibile evitare la salita alla Punta
calità; una piccola, ma simpatica babe-
m 2843, Punta Rosa/Rötlspitz/Piz
Rosa traversando direttamente verso
le linguistica).
Cotschen m 3025, Lago d’Oro/Gol-
il Lago d’Oro. (Trascriviamo i toponimi
Tempo percorrenza: ore 6.30
A Passo Umbrail, scenografica introduzione ai Sentieri della Pace. Foto di Chiara Spinelli. Nella pagina a fianco: riproduzione su un pannello del Lempruchlager di Cima Garibaldi.
Difficoltà: E - escursionistica; pre-
tografie, schizzi, planimetrie e docu-
no alla Cima Garibaldi. Qui si incontra-
stare attenzione a eventuali inneva-
menti. “Gustate il Cammino, non fate
vano i tre confini. Tutti i vecchi cippi di
menti persistenti ancora a stagione
la Parigi-Dakar”, suggeriva ai pellegrini
frontiera sono stati riutilizzati scalpel-
inoltrata.
Luis José, hospitalero sul Camino de
lando le iniziali dell’Impero Austriaco e
Santiago.
incidendo la I di Italia.
Periodo consigliato: luglio - metà
Sull’ampio crinale fra Val Venosta
settembre. Appena varcato il confine elvetico al
e Svizzera attraversiamo i ruderi del
Passo Umbrail ci si imbatte nello sce-
Lempruchlager, acquartieramento mi-
Percorsi segnalati, ma è richiesta
nografico allestimento realizzato da-
litare austriaco che prese il nome dal
buona visibilità, non fosse altro che per
gli svizzeri nel 2014 in collaborazione
suo progettista mag. gen. Lempruch.
i panorami.
con enti italiani, situato alla partenza
Il villaggio d’alta quota venne astuta-
di due sentieri storici. Una mezzora di
mente edificato alle spalle dell’albergo
sosta e studio non è sprecata.
svizzero, poi demolito, al riparo dei tiri
Attrezzatura: scarponi e bastoncini telescopici.
L’escursione si sviluppa in gran parte nel Parco Nazionale dello Stelvio.
Il simbolico segnavia tricolore bian-
di artiglieria italiani. Fra le rovine ci si
L’itinerario è una grandiosa cam-
co-verde-rosso (colori presenti nelle
muove
con sentimenti di religiosa
minata o una sorta di pellegrinaggio.
bandiere di Italia, Svizzera, Austria e
attenzione; siamo accompagnati dal
Ogni viandante può scegliere la per-
Ungheria) ci accompagnerà per buona
delicato splendore di coloratissimi fiori
sonale chiave di lettura del proprio
parte della giornata.
andare, preferibilmente senza farsi prendere dalla frenesia della velocità,
Restando sempre in territorio sviz-
soffermandosi ai numerosi pannelli
zero, si traversa per ampi pascoli in
che, senza pedanteria, illustrano fo-
direzione delle giravolte che adduco-
Sentieri e Parole
13
Sentiero per Punta Rosa e traverso al Lago d’Oro. Foto di Mauro Lanfranchi
d’alta montagna. Ovunque si aprono spettacolari vedute sui massicci glaciali dell’intero gruppo. Si perviene a una selletta con bivio: a destra il sentiero pianeggiante taglia direttamente verso il Lago d’Oro; quello di sinistra sale alla terrazza panoramica della Punta Rosa, per ridiscendere su di un ampio crestone alla fine del traverso. Nel sottostante pendio venostano osserviamo rock glaciers (ghiacciai di roccia) associati a fenomeni di scivolamento del suolo superficiale per il disgelo del permafrost. Raggiunto il Lago d’Oro, proseguire in discesa fino a Franzenshöhe sulla strada dello Stelvio; infine risali-
14
Sentieri e Parole
Ruderi del Lempruchlager e panoramica delle vette che coronano il Ghiacciaio di Madraccio. Foto di Chiara Spinelli
re l’opposto versante per sentiero e tracce marcate fino al Passo ove si chiude la gita.
IMPRESE SUL CERVINO Dall’invernale sulla Nord di Bonatti alla corsa di Burgada di Renato Frigerio
R
icorre quest’anno il 150° anniversario della conquista di questa celebre montagna, si-
tuata sul confine italo-svizzero nel cuore delle Alpi Pennine. Il Cervino (o Matterhorn) si erge in una posizione isolata, separata dal passo del Teodulo, tra la conca del Breuil-Cervinia sul versante meridionale e da Zermatt su quello settentrionale. Famoso per la sua storia e per la sua forma, una piramide fortemente modellata dai fenomeni di erosione. Non esiste altra vetta così immediatamente riconoscibile, e il suo nome è spesso usato per indicare cime dalla morfologia simile in ogni parte del mondo. La montagna ha quattro creste distinte e quattro pareti, e la cima è una cresta concava lunga circa 80 metri alla cui estremità occidentale si trova la vera cima (4478 m) e a quella orientale la cima italiana
(4476 m).
problemi delle Alpi, insieme alle Nord
La via di salita più facile percorre la
dell’Eiger e delle Grandes Jorasses: è
cresta Nordest (Hornli). Questa via,
percorsa oggi da grandi vie di ghiac-
lunga e ingannevole, è in gran parte
cio e misto, ed è assai pericolosa. Le
su roccia non troppo ripida e su neve
altre pareti sono meno interessanti.
nel tratto finale ed è inoltre attrezzata
Invernale in solitaria
con corde fisse nei punti più difficili.
A 50 anni dall’ultima impresa di
Il rifugio Solvay (utilizzabile soltanto
Walter Bonatti, passiamo ora ad occu-
per emergenza) si trova sulla cresta
parci della sua solitaria sulla via diretta
a 4003 m di quota. La cresta Sudo-
alla parete Nord, portata a termine in
vest (cresta del Leone) è una scalata
5 giorni. Dopo tante scalate e vicen-
su roccia abbastanza difficile facilitata
de varie protrattesi esattamente per la
da corde fisse e da scale di corda. La
durata di un secolo, si arriva al febbra-
cresta Nordovest (Zmutt) è una bella
io del 1965, proprio nell’anno dei fe-
cresta innevata che termina con alcuni
steggiamenti per il Centenario quando
denti dai quali la scalata poi prosegue
un uomo, un grande dell’alpinismo, ha
verso destra su placche fino alla cima.
il coraggio di tentare la scalata del-
La cresta Sudest (Furggen), la più dif-
la parete Nord in solitaria e per di
ficile, sale in cima superando tre gran-
più d’inverno. Quest’uomo è Walter
di torri; la torre finale viene general-
Bonatti, da 17 anni sulla breccia con
mente evitata a sinistra.
scalate da capogiro senza considerare
La parete Nord era considerata, ne-
la partecipazione alla spedizione ita-
gli anni trenta, uno degli “ultimi” grandi
liana del K2, nel 1954, la conquista del Gasherbrum IV, nel 1958, e la completa traversata sci-alpinistica dell’intero arco alpino (da Stolvizza al Colle di Nava) dal 14 marzo al 18 maggio 1956. Per compiere la scalata sul difficile terreno misto della parete Nord del Cervino corda, chiodi, moschettoni, piccozza e ramponi possono essere sufficienti se viene affrontata da un alpinista di classe elevata. L’alpinista che si accinge ad una impresa del genere, soprattutto nel pieno dell’inverno, oltre ad essere preparatissimo e possedere un bagaglio tecnico adeguato
16
Sentieri e Parole
Cervino parete est e nord viste dal Gonergrat. Foto di Andrew Bossi, da Wikipedia
deve aver svolto un idoneo allenamento e possedere quelle doti interiori che sono: giusta carica psicologi-
ca, equilibrata esaltazione che sprona
salita, dovrà autoas-
all’azione, forza d’animo e raziocinio.
sicurarsi e ciò com-
Walter Bonatti che tutte queste doti
porta un dispendio
possiede e le ha palesate durante la
di energie non indif-
scalata solitaria al pilastro Sudovest
ferenti: dopo un tiro
del Dru nell’agosto del 1955, è riuscito
di corda (solitamen-
in quest’impresa a conclusione della
te 40 metri) deve
quale ha poi deciso di chiudere la sua
ancorarla alla roccia
brillante carriera alpinistica.
e scendere per re-
Ma vediamo come si sono svolti
cuperare il pesante
i fatti. Il 10 febbraio 1965, insieme a
sacco e quant’altro,
Gigi Panei e Alberto Tassotti attacca la
indi risalire. Eseguen-
parete e in tre giorni viene raggiun-
do queste manovre i
to un punto costituito da una barriera
tempi
di rocce strapiombanti. Qui bivaccano
cata raddoppiano e
e durante la notte si scatena una tale
ciò significa scalare
bufera che li obbliga all’inazione per
il Cervino due volte
altre 24 ore e a un secondo bivac-
in salita e una volta
co. Decidono allora di ritirarsi. Panei e
in discesa, senza poi
Tassotti tornano a Courmayeur, Bo-
considerare che l’a-
natti a Zermatt. Nell’accogliente cen-
ria si fa sempre più
tro svizzero sta circolando la voce
rarefatta e la tem-
che qualcuno sia in procinto di tentare
peratura, a volte, può
questa direttissima sulla Nord; allora
raggiungere i -30°.
Bonatti, a malincuore, si vede costretto
Comunque
a partire da solo: nessuno deve por-
grazie alla sua gran-
targli via questa “prima”.
de abilità, ha portato
dell’arrampi-
Bonatti,
Giovedì 18 febbraio lascia Zermatt
a termine dopo 4
in compagnia dell’amico svizzero
giorni di lotta duris-
Daniel Pannatier, del giornalista Gui-
sima, la sua scalata,
do Tonella e di Mario De Biasi che lo
alle ore 15.15 di lune-
aiutano a trasportare parte del mate-
dì 22 febbraio 1965.
riale e il sacco. Poco oltre i 2552 m
“Riesco
dello Schwarzsee, nel momento del
te ad abbracciare la
commiato, il solo De Biasi lo segui-
Croce
rà verso la capanna Hornli e l’attacco
perfettamente felice”
vero e proprio. Ivi giunti, un saluto… un
– ebbe a scrivere.
abbraccio e Bonatti resta solo. Ora è
finalmensentendomi
Da ricordare che
alla base della parete e si appresta a
nel
bivaccare. 1600 metri stanno sopra
guide
di lui e dovrà scavalcarli per tornare
seguendo la via ita-
tra gli uomini. La scalata, durissima lo
liana per la Cresta del
terrà impegnato per altri 4 giorni, poi…
Leone, arrivate sulla
la vetta.
cima per attenderSu e giù
In questo lasso di tempo, durante la
frattempo di
tre
Cervinia,
1937, rocciatori lecchesi in vetta al Cervino. Riconoscibili Ugo Tizzoni, primo a sinistra, e Ginetto Esposito, ultimo a destra. Foto archivio Comi-CAI Lecco Sotto: Campeggio GAFNI ai piedi del Cervino nel 1937. Foto archivio Comi-CAI Lecco
lo, constatato che la Croce era stata abbattuta da una furiosa bufera sca-
Sentieri e Parole
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1965. Giuseppe Lafranconi e Annibale Zucchi accampati ai piedi del Cervino. Sulla destra è tracciata la loro via di salita al Pic Muzio. Foto archivio G. Lafranconi
1965. Verso la vetta del Pic Muzio. Foto archivio G. Lafranconi
tenatasi l’anno precedente, provve-
deranno la discesa e nel pomeriggio
“Felicitazioni vivissime per lo splendi-
dono a fissarla nuovamente nel suo
arriveranno a Cervinia dove Bonatti
do successo che è il degno corona-
basamento. Poi, dopo averlo atteso
sarà festeggiato da valligiani e turisti.
mento delle ardue imprese compiute
ulteriormente, a causa del fortissimo
Per lui ci sarà anche un telegramma
nelle Alpi, nel Karakorum, nelle Ande”.
vento, Piero Maquignaz, Ferdinando
del Presidente della Repubblica, Giu-
Gaspard e Massimo Bich, hanno ini-
seppe Saragat, del seguente tenore:
ziato la discesa riparandosi dentro la capanna Luigi Amedeo posta a 3835
Il record di Jornet Burgada
m di quota, sotto la Gran Torre. Bonatti intanto, dopo aver sostato in vetta, ha preferito calarsi lungo il versante italiano se non altro per seguire le orme lasciate dalle guide valdostane. Alla capanna Luigi Amedeo arriverà verso le ore 19 e le tre guide saranno le prime persone a congratularsi per l’esaltante impresa. Consumeranno una frugale cenetta poi bivaccheranno. La mattina del 23 febbraio ripren-
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Sentieri e Parole
Il Cervino, l’attrattiva maggiore della Valtournanche, è stato più volte teatro di record ed acrobazie. Nel 1980 Jean-Marc Boivin discese la parete Est con gli sci, scalò in tempo record la parete Nord in solitaria (4 ore e 10 minuti) quindi discese dalla cima in deltaplano. Nel 1995 l’atleta Bruno Brunod stabilisce il record di velocità raggiungendo la vetta in 3 ore 14 minuti e 44 secondi da Cervinia. Il 21 agosto 2013 il catalano Kilian Jornet Burgada ăiiW kd dkele h[YehZ Z_ l[beY_jµ" iWb[dZe [ iY[dZ[dZe" bkd]e bW normale italiana, il Cervino in 2h 52’ e 02”, con partenza e arrivo dalla chiesa di Cervinia. È un tempo strabiliante. Un paio di valori fanno rabbrividire: in salita (1h 56’) Kilian ha tenuto una media di 1277 metri di dislivello all’ora, mentre in discesa (56’) la media è stata di 2645 metri all’ora. Incredibile, ma vero.
A
Annibale Zucchi in arrampicata al Pic Muzio. Foto archivio G. Lafranconi
Le prime ascensioni (1865 – 1965) 1865 (14 luglio) Parete Est - Cresta dell’Hornli, via normale svizzera (prima ascensione assoluta): Edward Whymper, Francis Douglas, Rev. Charles Hudson, D. Robert Hadow, con le guide Michel Croz, Pierre e Peter Taugwalder, padre e figlio. Questo successo è stato possibile dopo vari tentativi compiuti per lo più dal londinese Edward Whymper e dalla guida del Breuil Jean Antoine Carrel (soprannominato “il bersagliere”), due uomini eccezionali. 1865 (17 luglio) Parete Sud - Cresta del Leone, via normale italiana: Jean Antoine Carrel, Jean Baptiste Bich, Jean Augustin Meynet, Amè Gorret. 1868 (27 luglio) Prima traversata completa del Cervino dal Breuil a Zermatt: John Tyndall con le Guide Joseph e Pierre Maquignaz, fratelli. 1879 (3 settembre) Parete Sud - Cresta di Zmutt: Albert Fredrick Mummery con le Guide Alexander Burgener, Augustin Gentinetta, Johann Petrus, in 17 ore da Zermatt. 1879 (3 settembre) Parete Ovest: William Penhall con le Guide Ferdinand Imseng, Louis Zurbrucken. 1911 (4 settembre) Parete Est - Cresta di Furggen: Mario Piacenza con le Guide Jean-Joseph Carrel, Giuseppe Gaspard. 1931 (24 e 25 luglio) Parete Ovest, “Diagonale” alla Cresta del Leone: Amilcare Crètier e Leonardo Pession. 1931 (31 luglio, 1 agosto) Parete Nord: Franz e Tony Schmid (arrivati da Monaco addirittura in bicicletta). 1931 (15 ottobre) Parete Sud: Enzo Benedetti con le Guide Luigi Carrel, Maurizio Bich. 1932 (19 settembre) Parete Est, via diretta: Enzo Benedetti e Giuseppe Mazzotti con le Guide Luigi Carrel, Maurizio Bich, Antonio Gaspard, Luciano Carrel. 1941 (23 settembre) Parete Est - Cresta di Furggen – “via degli strapiombi”: Luigi Carrel, Giacomo Chiara, Alfredo Perino. 1948 (25 marzo) Parete Nord - Cresta di Zmutt – prima invernale: Henry M. Masson e Edmund Petrig. 1953 (20 e 21 marzo) Parete Est - Cresta di Furggen “via degli strapiombi” con variante diretta alla cima – Prima invernale: Walter Bonatti e Roberto Bignami. 1962 (12 agosto) Parete Ovest “via direttissima”: Giovanni Ottin e Renato Daguin. 1965 (18-22 febbraio) Parete Nord, via diretta – prima ascensione solitaria invernale: Walter Bonatti.
L’ULTIMO K2 Quel giorno del ’96, al campo base per abbracciare Lorenzo di Dino Piazza
U
n giorno della prima decade di maggio 1996 sono in comune a Lecco per una confe-
renza stampa: sta partendo una spedizione dei Ragni per la misurazione del K2 a quota 8611 (dicono che la sua altezza tenda ad aumentare per la spinta delle montagne che ha attorno). Li conosco tutti, faccio loro i miei auguri, poi mi avvicino a Lorenzo Mazzoleni e gli prometto che andrò al campo base del K2 per incontrarlo al ritorno dalla vetta e festeggiare il 50° del gruppo insieme. Loro sono partiti a metà maggio, io parto in luglio, il giorno 17: Linate – Roma – Karachi – Islamabad - Skardu. L’oasi di Skardu. la cittadina capoluogo del Baldistan, si trova a 2287 metri di quota. Con una giornata di viaggio, in parte in jeep e in parte a piedi si raggiunge poi Askole, l’ultimo villaggio balti. Da qui incomincia il lungo trekking che porta al campo base. Di notte mi metto nella mia tenda, sono solo, mi viene in mente il Lorenzo che ha gli stessi anni di mio figlio,
sento la gran voglia di abbracciarlo
luna con le sue ombre riesce a com-
dopo la salita.
pletare lo spettacolo; con dispiacere
Nella tenda ho un fornello a gas, tutte le sere mi preparo dai tre ai
chiudo la tenda e mi metto a dormire, domani ho ancora una tappa lunga.
quattro litri di acqua bollita, la verso
11° giorno: si scende sul ghiacciaio
nella borraccia, aggiungo tè, vitamine,
del Baltoro, camminiamo sul tracciato
sali di potassio perché si suda molto;
fatto dai portatori che è un continuo
in un’altra borraccia caffè e alla fine
saliscendi, ci sono torrenti e laghet-
una di brodo (qui devi essere medico
ti. Il mio passo è lento ma continuo,
di te stesso).
perché mi sono guardato in giro e mi
Nel mio sacco tengo le borracce, una giacca a vento, un paio di pantaloni, del cioccolato, caramelle, occhiali scurissimi, una berretta di scorta.
sono accorto che tutti sono più giovani di me. Due giorni prima mi ero accordato col capo dei portatori per farmi ac-
Prima di dormire mi prendo mezza
compagnare da un ragazzo di 16 anni
pastiglia di aspirina, tappi nelle orec-
di nome Saddam Hussein. Simpatico,
chie e chiudo gli occhi; con gli oc-
sempre sorridente, non riesco a dialo-
chi chiusi faccio una panoramica sui
gare con lui, ma coi gesti ci intendiamo
componenti la spedizione: i fratelli
e ci scambiamo anche qualche parola
Panzeri, Giuseppe Lafranconi, Negri,
in dialetto: quando gli dico “Andém”,
Taglialegna e altri Ragni, sono tutti
lui mi risponde “Andùma”.
amici. Aspetto il momento dell’incontro: per me sarà commovente. La lunga marcia
L’ultimo tratto per raggiungere il campo base l’ho percorso in compagnia di Tabi, un pakistano figlio di un
Al decimo giorno, campo di Urdu-
marajà, che aveva qualche difficoltà a
cas, la mia tenda ha l’apertura verso
superare i pendii del ghiacciaio: io lo
il Baltoro, prima di dormire godo di
aiutavo suggerendogli un’impostazio-
un panorama stupendo: il profilo delle
ne di base a lui sconosciuta. Per me è
montagne sullo sfondo è tutto rosso, la
una fortuna viaggiare con Tabi perché
Luglio 1996 - Lorenzo Mazzoleni al campo base del K2. Foto di Maria Assunta Lenotti
Il campo base Foto archivio Dino Piazza
Il luogo dove è iniziata la costruzione di un ospedale a ricordo di Lorenzo Mazzoleni. Foto archivio Dino Piazza
sa parlare inglese, italiano, pakistano e
dio tace, il capo
anche i dialetti dei portatori.
spedizione pensa
Abbiamo incontrato una spedizione
che siano scari-
coreana, il capo parla con Tabi raccon-
che le pile, ma la
tandogli la tragedia che è successa alla
verità è un’altra.
sua cordata: tre alpinisti coreani hanno
Al mattino il tem-
raggiunto la cima del Broad Peak, 8047
po è stupendo, il
metri di quota, sono stati visti sulla
capo
cima principale, hanno alzato le mani
ne guarda verso
in segno di vittoria, piantato le loro
l’alto alla ricerca
bandierine, scattato le foto. Iniziata la
dei tre alpinisti, i
discesa, uno di loro sembra un auto-
migliori della sua
ma, barcolla e cade sulla neve. I due
squadra.
compagni si avvicinano per aiutarlo,
un cumulo di neve
vedono che ha perso conoscenza, lo
al centro del ghiac-
aiutano trascinandolo sul nevaio verso
ciaio, nota dei colori
si va su e giù dal ghiacciaio: ad un
il basso, consumando le poche forze
che sporgono; prende il cannocchiale,
certo momento, dopo aver saltato un
che sono loro rimaste dopo aver rag-
lo mette a fuoco, si rende conto che
crepaccio, mentre si risale un pendio,
giunto la vetta. Il tempo passa, diventa
sono i suoi compagni: hanno voluto
si presenta il K2 illuminato dal sole:
buio, la temperatura si abbassa note-
portare soccorso al loro amico e sono
stupendo, faccio una foto. Mi sento
volmente con la complicità del vento. Il
morti tutti e tre.
emozionato, penso che la fatica venga
spedizio-
Vede
Vista sul K2 a un’ora di cammino dal campo base. In primo piano il maglione dei Ragni; dietro il portatore Saddam Hussein. Foto archivio Dino Piazza
loro amico non ha ripreso conoscen-
Questo racconto così tragico e così
ripagata da queste visioni. Arriviamo
za, non riescono a raggiungere la ten-
umano, fa capire come è tremenda la
al campo base che il sole è ancora
da dell’ultimo campo, si mettono vicini
legge della quota.
sulla cima del K2, ma lì alla base or-
per ripararsi dal freddo intenso delle
Alla base degli 8000
mai bisogna accendere la pila. Siamo a
ore notturne; incominciano a sentire
Sono 11 giorni che siamo in giro
dolore alle estremità, un dolore così
e piantiamo la tenda sul ghiaccio al
forte che demoralizza e fa venire la
campo di Gore: da qui sono visibili i
Sono le otto di sera quando en-
voglia di mollare, la stanchezza mette
Gasherbrum, il Broad Peak, il Chogolisa,
triamo nella grande tenda del campo
un sonno irresistibile. Anche il secon-
siamo alla base degli 8000.
do perde i sensi, il vento ha aumentato
12° giorno: da Gore sempre sul
la sua forza, il suo rumore nasconde
Baltoro, si arriva a Concordia, a quo-
i lamenti. Dopo la mezzanotte la ra-
ta 4680. Una panoramica stupenda,
quota 5100. È il 28 luglio 1996: sette ore di cammino.
Sentieri e Parole
21
Non ho volu-
Guardando la montagna così ma-
to insistere, ma
schia, così imponente, mi viene un’an-
penso che se i
goscia e una grande voglia di pian-
Ragni presen-
gere. A Lorenzo è successo qualche
ti al campo tre
cosa di grosso. Dopo un ennesimo
mi
avessero
contatto radio la notizia diventa più
sentito, li avrei
vera, entra nei cuori, fa male, un male
fatti
contenti
che lascia una tristezza angosciosa.
e sarebbe sta-
La notte non dormo, mi passa con-
to
senz’altro
tinuamente davanti agli occhi la figu-
un
incorag-
ra di Lorenzo, la sua simpatia, la sua
giamento: pa-
allegria, poi mi vengono in mente la
zienza. Si va a
sua mamma, il suo papà, il loro dolo-
dormire.
re, non mi do pace. Arriva il mattino,
Il
giorno
sono distrutto, bevo un caffè. Vado sul
dopo prendia-
bordo del ghiacciaio, dove c’è il cimi-
mo il binocolo
tero del K2: è lì, su una roccia come
e
guardiamo
una piramide. Sulla cima ci sono una
verso la cima
croce di legno con scritto Mario Pu-
del K2, notiamo
choz, morto con la spedizione italiana
gli alpinisti che
di Ardito Desio, 1954; un coperchio
stanno salendo:
con delle iniziali, un piatto di alluminio
sono le 16,30,
con una scritta in tedesco, altri oggetti
ora locale, del
con scritte in altre lingue, dove a ogni
29 luglio 1996.
perdita qualcuno ha lasciato un segno
Dalla
tenda
per ricordare l’amico caduto, un an-
sentiamo alla ra-
golo che fa venire la pelle d’oca: dico
base. Siamo tutti comodi attorno a un
dio il Tore che
una preghiera a questi giovani alpinisti,
tavolo rotondo, consegno una bu-
dice: “Siamo in cima!” In quel mo-
sta che ho portato per Agostino Da
mento, istintivamente, abbiamo battu-
Ero venuto fino qua per abbrac-
Polenza e la bandiera della regione
to le mani, ci siamo abbracciati, dentro
ciare Lorenzo dopo la sua conquista.
Lombardia; mentre si discute si sente
di noi è entrata la gioia e la voglia di
Conoscevo la forza del suo carattere
una voce alla radio, è la voce di Tore
fare festa.
e sapevo che non poteva tornare sen-
Giuseppe Lafranconi sullo sfondo del K2. Foto archivio Dino Piazza
Panzeri che annuncia: “Siamo al terzo campo, domani mattina tentiamo di
La prepotenza del dolore La mattina dopo mi reco alla tenda base, incontro Agostino con la faccia
andare in cima”. Avrei desiderato parlare un mo-
disperata, mi abbraccia e mi dice: “Lo-
mento con Tore e comunicare a Lo-
renzo non è rientrato al campo tre”. Io
renzo che la promessa l’avevo mante-
ho capito il problema, ma vedendo il
nuta, ma Agostino ha preferito evitare
tempo così bello, senza vento, di notte
perché era in collegamento europeo:
c’era la luna, mi son detto: “Lorenzo
mi è spiaciuto, ma è stato deciso così.
era in ritardo, avrà dormito fuori, rientrerà oggi”.
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Sentieri e Parole
Passano le ore e dentro di me si forma un dolore che continua a farsi sentire prepotente.
poi torno verso le tende.
za essere arrivato in cima, era troppo importante per lui. Il destino ha voluto che invece non lo rivedessi mai più.
LA SCELTA DI STEFANO Tra sentimento e ragione, l’arrampicata sportiva invece dell’alpinismo di Gigi Alippi
M
i ritenevo un uomo fortunato, con una bella famiglia: donna Aurora, mia mo-
glie, Moira la figlia maggiore, Stefano il maschio e, a completare, la nonna Antonietta, mia madre. Stefano stava crescendo e diventava sempre più forte, come si dice: un bel tracagnotto. Come non poteva appassionarsi d’alpinismo, dopo aver ascoltato i racconti dei moltissimi alpinisti che sono passati in casa nostra, e con la Grignetta proprio sopra la testa?
La famiglia Alippi al completo in una foto del 1979. Con Gigi la moglie Aurora, i figli Moira e Stefano e i genitori di Gigi Antonietta e Pietro
cresta del confine con la Francia, circa
frenetico passaggio di informazioni. Climber
“Stefano, sto per andare al Mon-
a metà tra il Colle del Gigante e il Mont
te Bianco con un cliente: vuoi veni-
Maudit. “Dai Stefano, sei il capo corda-
Ogni padre vede nei figli la conti-
re insieme?” La risposta è scontata:
ta, ti raccomando. Visto che la neve è
nuazione dei propri valori, del proprio
la meta è la Nord della Tour Ronde.
buona, gradini profondi solo con i pie-
lavoro, ma in modo particolare della
Prima dell’invito avevo già fatto le mie
di”. La cordata procede bene: ogni 40
sua più forte passione. Stefano invece,
valutazioni: arriviamo al rifugio Tori-
metri sosta piazzola, ripartenza. Siamo
con mia grande delusione, sceglie-
no (3370 m) in funivia e in un’ora e
già molto alti, quando Stefano batte la
rà la via di climber, dopo aver stretto
mezzo siamo all’attacco. La parete alta
piccozza su una roccia e salta la punta.
una solida amicizia con Marco Balle-
400 metri è di ghiaccio buono, in-
“Papà, va avanti tu”. Ho capito, sente il
rini, valido alpinista del gruppo Ragni,
clinazione media 55-60°, non ci sono
vuoto: è normale, specialmente le pri-
che ha portato a Lecco l’arrampicata
pericoli sopra le nostre teste: quindi
me volte, quando l’abisso sembra lì lì
sportiva. Essendo alquanto cicciottello,
non mi sembra un azzardo. L’unica
per inghiottirti. Sono in cima, e mentre
Stefano si sottopone a drastici sacri-
resistenza è rappresentata dalla non-
recupero mi sporgo sull’altro versante
fici e mangia pochissimo: sono molto
na: “Non hai niente nella testa se in-
e vedo un alpinista che sta arrivan-
preoccupato, come mamma Aurora.
tendi portare un ragazzino di 15 anni
do dalla normale. Lo riconosco, è un
“A chi assomiglia? Quando si prefigge
al Monte Bianco!” – “Ma nonna, allora
frequentatore della Grigna. Sapendo
un risultato, diventa un crapone come
non sai dov’è il Monte Bianco”. – “Ah
che si trovava spesso con una cer-
te: vediamo di aiutarlo, specialmente
no? Ho sentito più di una volta Wal-
ta Teresina Airoldi, chiamata Teresina
tu, mamma”.
ter Bonatti che raccontava di questa
di Madòn perché decorava le statue
Un giorno mi reco al Corno del Nib-
montagna: sei un incosciente!” Aurora
della Madonna, gli grido “Te, Crippa, la
bio perché voglio proprio vedere che
invece è entusiasta, piacerebbe anche
ghé a mò la Teresina di Madòn?” Dal
cosa è capace di fare. Rimango sba-
a lei essere della partita: solo a giudi-
basso mi giunge una voce femminile:
lordito, scioccato: sale sulle vie di se-
zio della nonna siamo tutti incoscienti.
“Sun chi, sun chi, sun chi!” Ci trovia-
sto come camminando. Dove noi sa-
Siamo giunti alla base della Tour
mo in cima in un’unica stretta di mano.
Ronde: la parete Nord (1) che arriva a
Proviamo una sensazione bellissima,
3798 m è un trapezio sopra il ghiac-
commovente, quale solo la montagna
ciaio del Gigante, che si eleva dalla
può offrire, mentre ci scambiamo un
Sentieri e Parole
23
livamo con corde e staffe, tira e molla,
vedi la fessura conca-
lui sale con una corda, non tira i chiodi,
va verso il basso? È lì
che usa solo per assicurazione. Sento
che si passa!”.
di essere rimasto indietro mezzo giro
La salita per noi non
del mondo, ma per consolarmi mi dico
ha più storia, ma intan-
convinto che questo non è alpinismo.
to mi sono reso conto
Stefano comunque cresce: entra nella
del tutto che se questi
squadra azzurra e girerà il mondo a
ragazzi sono pure for-
gareggiare. Si è anche costruito una
tissimi sulle falesie, con
piccola palestra, dove si allena tutti i
l’alpinismo si trovano
giorni, e continua a non mangiare,
di fronte a ben altra
perché i climbers devono per for-
cosa. Però sono sta-
za essere magri: per fortuna questa
to felicissimo di aver
moda passerà velocemente.
passato con Stefano
Ci sono delle situazioni che nascono e non sai perché, ma vengono fuori
una giornata in montagna.
come quella volta che dissi a Stefano:
L’ultima salita
“Se andassimo sulle Dolomiti a fare
Con lui mi ritroverò
un’arrampicatina nel gruppo del Sella?
presto a confrontarmi
Sul Piz Ciavazes c’è una via Micheluzzi
ancora una volta, e di
che, come dicono, è molto bella: un
nuovo avendo come punto di partenza
quinto secco in libera”. La particola-
il rifugio Torino, per affrontare una più
rità di questa via è il traverso che si
impegnativa salita: il couloir Gervasutti
trova in alto, la chiave della parete. Un
sul Mont Blanc du Tacul (2). La nostra
amico che è presente, Elio Galbusera,
meta è rappresentata da un pericolo-
si offre per facilitarci la trasferta: “Fac-
so imbuto di ghiaccio che porta fino
cio io l’autista, così partiamo di notte
alla quota di 4248 m. Si attacca a cir-
e, mentre io guido, voi potete dormire,
ca 3450 m, sul ghiacciaio del Gigan-
ed anche per il ritorno non esiste più
te, raggiungibile in due ore dal rifugio
nessun problema”. Giungiamo al Passo
Torino, e si prosegue per superare, con
Sella e scendiamo verso la bella pa-
una inclinazione media di 50°, un di-
rete Sud del Piz Ciavazes (2828 m),
slivello di 800 metri. È una via diretta,
rivolta verso la Val di Fassa. È Stefano
diventata ormai di moda, che raggira a
che conduce e che deve affrontare il
sinistra i seracchi che dividono in alto
famoso traverso: ma, coperto da uno
il canale e termina in prossimità della
spigolo, non riesco a vederlo. La corda
cima. È una salita da fare veloci, tanto
si muove pian piano e poi si arresta.
più che ogni volta le forze minacciano
“Che cavolo stai facendo?” – “Papà,
di venir meno, ma basta uno sguardo
qui è molto difficile, sono sulle un-
in alto verso i seracchi per sentirsi di
ghie”. Allento l’ancoraggio e mi sporgo
nuovo le ali ai piedi. Stefano non è di
per vederlo. Capisco subito qual è il
quelli che fanno onore alla cena, non
problema: “Stefano, sei fuori via: non
mangia. “Guarda che così domani non
Gigi Alippi con il figlio Stefano. Foto di Luca Lozza
avrai più forza, la via è lunga”. – “No,
24
Sentieri e Parole
no: devo dimagrire”. Non riesco proprio a capirli questi acrobati della roccia, ma che ancora più non mi va giù
è questa moda di non voler mangiare. Siamo all’attacco quando albeggia: il labbro superiore della crepaccia terminale è molto sporgente, presentando così una difficoltà tecnica per poterla superare. Proviamo il lato sinistro, ma di qui non si passa. Ridiscendiamo e attraversiamo tutta la crepaccia per provare a destra. Qui la crepaccia è meno sporgente e ci convince a forzare. Pianto un chiodo il più in alto possibile e, dopo averlo provato, vedo che tiene. Mi alzo allora il più che si può fare, pianto la punta della piccozza, mi tiro in su a forza di braccia, lasciando i piedi nel vuoto. Strisciando e usando anche le ginocchia, supero il lato strapiombante e sono fuori. Recuperato Stefano, supero lo strapiombo con facilità. Guardando in alto adesso il couloir appare molto ripido, e in effetti, osservandole dalla base, le pareti di ghiaccio sembrano più verticali. Dalle Grandes Jorasses arrivano i primi raggi che conferiscono al couloir un più intenso candore: viviamo un momento magico. “Dai, Stefano,
riprendiamo! Parti e, se trovi ghiaccio, gradina. Comunque, a metà tiro, pianta un chiodo: non si sa mai…” Stefano sale agile, confortato dai miei consigli: è la prima volta che si trova in queste difficoltà su ghiaccio. Fermata ogni 40 metri, piccola piazzola per i piedi, chiodo di sicurezza, ripartenza. Siamo ormai abbastanza alti e il sole ha superato le cime delle Jorasses: sulla destra si staglia contro il cielo il Dente del Gigante. Rivivo la cresta affilata di Rochefort con le impressionanti cornici, quando alle volte si ha la sensazione di avere un piede in Italia e l’altro in Francia. Guardando verso l’Italia il grande paretone scivola in direzione di Courmayeur e non incute paura, mentre il lato francese è davvero impressionante, tanto da invitare alla massima prudenza. Siamo abbastanza alti quando vediamo le cabine della funivia che si muovono sopra l’immenso Mer de Glace. Di tanto in tanto siamo sorpresi per qualche blocco di ghiaccio che, staccatosi dall’alto, rotola sibilando: al momento però siamo
fuori dal tiro. “Papà, non ce
l’Aiguille du Midi, la Verte, il Dru. È uno
la faccio più!” – “Che cosa
spettacolo che non si può descrivere,
ti avevo consigliato ieri sera,
ma che entra nel cuore per restarci
caro Stefano? Fermiamo-
per sempre.
ci e mangiamo qualcosa”.
Mi viene spontaneo provocare Ste-
Estraggo dallo zaino cibi
fano: “Perché non vieni in montagna
energetici: cioccolato, tor-
con me qualche volta di più?” – “Non
rone, caramelle, miele. “Cer-
posso, papà: se stacco, perdo l’alle-
ca di ingerire quanto più ti
namento. Lo vedi che mi alleno tutti i
è possibile, e quando non ce
giorni nella palestrina che ho costru-
la fai a deglutire, aiutati con
ito: se stacco, anche solo due o tre
un sorsetto d’acqua”. Come
giorni, perdo subito la concentrazione.
dessert arrivano miracolose
Sono orgoglioso, voglio dare sempre il
le pastiglie dell’amico Roberto
massimo nelle mie gare”.
Gallieni: lui, sul Pilone Centra-
Sono deluso e addolorato: sento di
le, le distribuiva a mo’ di ca-
aver perso mio figlio come alpinista.
ramelle. Un po’ di riposo e di
L’ultimo abbraccio è rimasto sul Tacul,
alimentazione hanno portato
e da allora tanti anni sono ormai pas-
il benessere sperato: la crisi
sati. Ne avevo parlato anche con Wal-
è passata e si può ripartire.
ter Bonatti, spiegandogli che in cima
Stefano sale sempre leggero, tutto a
al Tacul ero certo che pure Stefano
destra. La neve è buona e i rampo-
aveva provato quello che tutti gli al-
ni mordono bene: non ci disturbano
pinisti sentono quando raggiungono
né ci preoccupano i blocchi di ghiac-
une vetta sofferta. “Walter, non riesco
cio che, staccandosi favoriti dal sole,
a capire come lui abbia potuto rinun-
scendono fischiando nel canale cen-
ciare a questa intensità che, come sai,
trale. Gli eventuali pericoli sono ormai
rimane dentro di noi per tutta la vita”.
alle nostre spalle e possiamo così gu-
Ricordo perfettamente la sua rispo-
starci il profumo della vetta che sen-
sta, che ho fatto mia e vale per tutti
tiamo vicina. Siamo in cima: adesso
come una norma che non si può con-
un fortissimo abbraccio unisce i nostri
traddire: “Ti capisco e condivido il tuo
corpi frementi e mi fa sentire quanto
dispiacere. Però conosco Stefano, un
Stefano stia tremando.
ragazzo serissimo che, in squadra az-
Il diritto di scegliere
zurra, gira il mondo a gareggiare con
Il nuovo abbraccio nell’apoteosi mi
successo: cosa vuoi di più? I nostri
trasporta indietro nel tempo, quando
figli hanno il diritto di scegliere, come
coccolando Stefano accarezzavo i
del resto abbiamo fatto noi”.
suoi lunghi capelli biondicci e baciavo i suoi pomelli rossi di freddo. Da questa cima non si può perdere la visione maestosa offerta dal Monte Bianco: la
1) Prima salita: Francesco Gonella e Alexis Berthod, il 23 agosto 1886. 2) Prima salita: Renato Chabod e Giusto Gervasutti, il 13 agosto 1934.
Noire de Peutèrey, in fondo sulla destra, la Brenva, la Tour Ronde, il Colle del Gigante, il Dente del Gigante, la Cresta di Rochefort, le Grandes Jorasses, e in primo piano il Mont Maudit,
Sentieri e Parole
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BIANCHI TRONCHI DI BETULLA Con le sue virtù, l’albero è una vera farmacia vegetale golari color verde smeraldo con la
inattaccabile da insetti e parassiti un
Dopo il faggio, la betulla (Betula
base arrotondata e i margini a doppia
tempo era utilizzato come supporto
pendula, ROTH o Betula alba, L.)
dentatura.
per gli spilli nelle bacheche delle rac-
di Annibale Rota
I
è l’albero più diffuso alle quote
Il legno di betulla è abbastanza pe-
medio-alte delle montagne lecchesi,
sante ed è un ottimo combustibile
Restando ai funghi va detto che nei
dove si spinge fino ai 1.600-1.700
con un alto potere calorifico. Tene-
boschi di betulle sono presenti molti
metri di altezza. La si può trovare an-
ro, facilmente lavorabile e di colore
funghi mangerecci e tossici. In par-
che a quote molto basse, fino al livello
chiaro trova diverse applicazioni in-
ticolare sono tipici di questi boschi il
del lago, ma in questo caso si tratta
dustriali. E’ utilizzato per pavimenta-
Boletus scaber e il Boletus griseum,
quasi sempre di esemplari impiantati
zioni, per tranciati e compensati, per
per i botanici “porcinelli”, ma dalle
dall’uomo.
la fabbricazione di giocattoli e per la
nostre parti chiamati “betullini” pro-
preparazione di pasta per la carta.
prio perché associati alle betulle. Tra
Originaria dell’Europa e dei paesi
colte di farfalle e insetti.
del sud-est asiatico, la betulla, con
La betulla è però facilmente ag-
i tossici è facile imbattersi in gruppi,
diverse specie poco differenti tra
gredita da funghi e parassiti, per cui
spesso molto belli, di Amanita mu-
loro (Betula nigra, L.; Betula pube-
il suo legno non è in genere impie-
scaria con i loro cappelli rossi punti-
scens, EHRH.; Betula nana, L. e altre),
gato per applicazioni all’esterno. Nei
nati di bianco.
è diffusa in tutta Europa e nei paesi
boschi di betulle è poi facile vedere
La betulla è poi considerata una
nordici forma estesi boschi anche a
alberi malati e attaccati in particola-
pianta medicinale e sono molteplici le
livello del mare.
re da un fungo di grandi dimensioni,
sue applicazioni in erboristeria dove
Presenta una chioma stretta e co-
il Polyporus betulinus, che porta la
vengono utilizzate le foglie, le gemme
nica con lunghi rami ascendenti non
pianta a rapida morte. Si tratta di un
e la corteccia.
simmetrici, ha una corteccia bianca
fungo che aggredisce solo le betulle,
L’infuso di foglie di betulla è usato
che si sfalda in lamelle e foglie trian-
legnoso, non commestibile e poiché è
in maniera efficiente come diuretico,
Bosco di betulle in veste invernale
Tronchi di betulle affacciati sul lago
a cui abbina virtù antinfiammatorie.
di locomozione delle stre-
Gli estratti, gli infusi e le tinture di be-
ghe era una scopa fatta con
tulla sono indicati nella prevenzione
i rami di questa pianta per
della calcolosi renale e della renella e
molti aspetti straordinaria.
per ridurre gli edemi (stasi di liquidi
Concludo queste mie brevi
nei tessuti) da insufficienza cardiaca
note con un cenno ai con-
in presenza di ipertensione arterio-
trasti cromatici offerti, specie
sa e gli edemi degli arti inferiori da
d’inverno quando sono ca-
insufficienza venosa. E ancora gli in-
dute tutte le foglie, dai tron-
fusi permettono di diminuire il tasso
chi bianchi con l’azzurro del
di albumina nelle urine ed il tasso di
lago o con l’erba gialla dei
colesterolo nel sangue. Infine il car-
prati. In quest’ultimo caso un
bone vegetale di betulla è un potente
bosco di betulle può ricorda-
antitossico in caso di avvelenamento
re quasi un gruppo di fanta-
da funghi.
smi con le braccia rivolte in
Estratti di betulla sono utilizzati nella preparazione di cosmetici e di
alto. Ma forse è solo la mia fantasia.
un olio anticellulite. Possiamo quindi considerare la be-
Le foto sono di Annibale Rota
tulla come una vera e propria farmacia vegetale. Anticamente si credeva poi che la linfa fatta defluire da incisioni nel tronco conferisse poteri magici a chi la beveva. Del resto alla betulla sono sempre state attribuite misteriose virtù: basti ricordare che il mezzo
A fianco: sopra tronco attaccato da Polyporus betulinus; sotto Betullini (Boletus scaber)
RITIRATA SUL GANGE
di Matteo Della Bordella
Q
uesta del 2015 è stata sen-
dopo anni, insieme senza dubbio alle
che torno a casa riesco a guardare
za dubbio una grande estate
mitiche annate 2005, 2011 e 2012.
le nostre montagne e le nostre pareti
sulle Alpi, un’annata di quelle
Tante volte faccio migliaia di chilo-
con occhi diversi e a rendermi con-
da incorniciare, appendere al muro dei
metri, e vado in capo al mondo a cer-
to che le nostre Alpi dopo tutto non
ricordi e riguardare con piacere anche
care pareti e posti nuovi e ogni volta
sono niente male.
Prima della ritirata nel brutto tempo. Foto Matteo De Zaiacomo
Il desiderio di sfida e il tentativo alla parete Ovest del Bhagirathi 4
Bivacco in portaledge. Foto Matteo Della Bordella
Verso i Bhagirathi. Foto Arianna Colliard
Ci sono angoli ancora piuttosto sel-
limite e la mia ricerca si siano sposta-
Su liscio granito
vaggi e fantastici come la grande pa-
ti “un po’ più in là” e che forse que-
Il 19 Agosto arriviamo a Gangotri,
rete del Poncione d’Alnasca in Ticino,
ste fantastiche pareti, seppure ricche
luogo sacro per la religione Indù per-
ci sono le Dolomiti con le loro pareti
di sfide e di avventure, non riescono
ché da qui si parte per andare a vede-
mozzafiato e la loro arrampicata sem-
più a soddisfare il desiderio di sfida ed
re le sorgenti del Gange. Sono con me
pre fisica ed esigente, e c’è il Monte
avventura che in questo momento sto
Luca Schiera e Matteo De Zaiacomo
Bianco con i suoi panorami glaciali
cercando.
(Giga). Un paio di giorni più tardi an-
e il suo granito perfetto. Si possono
Penso alle immense pareti della Pa-
che noi passeremo di fianco alle sor-
fare grandi salite e si possono vivere
tagonia e al suo tempo imprevedibile
genti del Gange e stabiliremo il campo
grandi avventure, perché non neces-
e beffardo, penso alla Groenlandia, a
base più o meno al di sopra di esse;
sariamente le avventure più belle sono
tutte le pagaiate verso l’ignoto e alla
le montagne che vogliamo scalare, i
sempre le più difficili ed impegnative;
prima volta che vidi i 900 metri ver-
Bhagirathi, sono proprio quelle da cui
a volte lo possono essere anche salite
gini dello Shark Tooth, ripenso al Paki-
nasce il più grande e importante fiume
normali condivise con persone speciali
stan e alla fatica che si fa a scalare in
indiano.
e la salita di “Divine providence” con
libera a 6000 metri.
Dopo una decina di giorni di ac-
Arianna di quest’estate o della “Via
E’ questo il genere di esperienze
climatamento e trasporto di materiali
attraverso il pesce” con mio padre
che ti fanno vedere le nostre monta-
e viveri al campo avanzato e quindi
di 10 anni fa sono per me i principali
gne con un occhio diverso, te le fanno
alla base della parete, il 31 agosto, con
esempi di questa categoria
apprezzare di più e, anche se il rispet-
tempo perfetto, attacchiamo.
Più in là
to nei loro confronti rimane immutato,
Capiamo subito che questa parete
Tuttavia, dopo un’estate così bella e
capisci che c’è un mondo al di fuori,
è molto più difficile di quello che ci
così ricca di soddisfazioni sulle mon-
un mondo fatto di spazi più grandi, di
aspettavamo. Parte Giga, che sottova-
tagne di casa, ho la strana sensazione
montagne più grandi e più difficili, di
lutando la temperatura rigida decide
di avere fino a questo momento solo
sfide più complesse e quindi più sti-
di scalare senza giacca e senza calze
“giocato”, ho la sensazione che il mio
molanti e interessanti.
– pagherà questa sua scelta con dita
E anche questa volta l’obiettivo
30
Alpinismo e arrampicata
poco sensibili per diversi giorni.
scelto per la grande sfida dell’estate,
Dopo un primo tiro “di riscaldamen-
ovvero la parete Ovest del Bhagirathi
to” il diedro che vogliamo seguire si fa
4, non ha deluso le aspettative.
cieco e decidiamo quindi di attraver-
Matteo della Bordella in apertura a 5800 m sul Bhagirathi 4. Foto Luca Schiera
sare verso sinistra. Passa al comando
La Ovest del Bhagirathi 4 dal campo avanzato. Foto Arianna Colliard
salire su questo tipo di terreno.
gliarsi presto, scalare e stare al fred-
Luchino e procediamo per altre due
Il primo tentativo si conclude così,
do a più di 5500 metri alla lunga lo
lunghezze, con il sole che arriva a
con una ritirata e un primo assaggio
paghi. Solo tre giorni più tardi siamo
scaldare un pochino la parete.
della parete, consapevoli di avere an-
nuovamente all’attacco della nostra via
cora più di 3 settimane di tempo a di-
per quello che pensiamo sarà il nostro
sposizione per riprovarci.
tentativo decisivo.
Purtroppo insieme al sole iniziano anche a cadere i sassi dall’alto, roccia instabile tenuta insieme da neve
Tentativo decisivo
Il primo giorno un Luca Schiera in
e ghiaccio che con l’innalzarsi della
Chi mi conosce e ci conosce, sa
gran forma conduce la cordata, io sono
temperatura precipita verso le nostre
che non siamo i tipi che abbandonano
secondo con il compito di pulire il tiro
teste. Il tutto è amplificato dal fatto
facilmente. E così pochi giorni dopo
e consegnare il materiale a Luca il più
che i Bhagirathi formano una sorta
siamo di nuovo all’attacco del Bha-
velocemente possibile e Giga terzo,
di conca e quindi l’eco che si viene
girathi 4, questa volta con l’intenzio-
che si tira su il saccone più pesante.
a creare amplifica e ripete ogni botto,
ne di seguire una linea diversa e più
L’arrampicata, seppur resa difficile dal-
non facendoti bene capire da qua-
adatta all’arrampicata libera. Purtroppo
la temperatura al di sotto dello zero e
le parte arrivi. Tuttavia la parte sopra
in questa occasione la fortuna non è
da un po’ di neve rimasta dall’ultimo
della parete è talmente strapiombante
dalla nostra parte. La temperatura fin
brutto tempo, è fin da subito entusia-
che nel punto dove ci troviamo siamo
dal mattino è particolarmente rigida,
smante: la qualità della roccia è ottima,
quasi al riparo.
ma pensiamo che col tempo possa
un granito molto chiaro con una grana
E infatti non sono le scariche il mo-
migliorare; dopo il primo tiro però ini-
piuttosto fine e tante spaccature che
tivo della nostra imminente ritirata, ma
zia ad alzarsi un forte vento, dopo il
offrono buone possibilità per proteg-
è proprio il fatto che questi strapiombi
secondo tiro il cielo si copre e alla fine
gersi. La scalata è sempre sostenuta
non sono per noi salibili con il nostro
del terzo tiro inizia a nevicare.
e si fa via via più impegnativa. A un
stile di arrampicata e il nostro mate-
Un’altra ritirata e un’altra “sfacchina-
certo punto una fessura intasata dal
riale a disposizione. Cinquanta metri di
ta” per nulla. Poco male dal punto di
ghiaccio obbliga Luca a un esposto
granito pressoché liscio e strapiom-
vista del morale: abbiamo ancora più
bante con qualche rare lama ci sepa-
di due settimane e abbiamo indivi-
rano dal diedro e purtroppo non sap-
duato una linea salibile, ma dal pun-
piamo, non vogliamo e non abbiamo
to di vista fisico, lo sforzo di portare
nemmeno l’attrezzatura adeguata per
sempre zaini pesanti su e giù, sve-
Alpinismo e arrampicata
31
Lo Shivling 6543 m visto dal campo base. Foto Arianna Colliard
traverso su una placca verso destra
tirare un po’ il fiato dopo le fatiche
Proseguiamo con difficoltà con-
con un ristabilimento precario e an-
del giorno precedente. Fare il capo-
tinue sempre dell’ordine del 6c-7a
cora impegnativo fino in sosta…7b o
cordata per un intero giorno è ab-
(che a quella quota e con due serie
più a vista, a 5500 metri. Niente male
bastanza estenuante, soprattutto a
di friends all’imbrago sono sufficien-
direi.
queste quote, ma d’altronde il fatto
ti per farmi impegnare a fondo) in
Piazziamo la nostra portaledge alla
di alternarsi farebbe perdere tempo
questo grande sistema di diedri lun-
fine di un piccolo nevaio, sperando
prezioso in inutili manovre, quindi
go circa 300 metri.
di essere un po’ riparati da eventuali
una volta che uno ha preso il coman-
Solo verso la fine, il ghiaccio nelle
cadute sassi. Questa “tenda da pare-
do, finché ne ha, è meglio che conti-
fessure e la spossatezza della gior-
te”, con la sua struttura pesante 9 kg
nui ad andare da primo.
nata mi costringono ad arrendermi ad
e il suo telo che ne pesa altri 3, sarà
Tra diedri e fessure
un po’ di artificiale per salire.
la nostra casa per questa notte e la
Anche il tratto superiore di parete
La sera del secondo giorno piaz-
successiva, e dopo grandi sacrifici
offre un’arrampicata entusiasmante,
ziamo la nostra portaledge a circa
per issarla fin lassù è solo grazie a
assolutamente nel mio stile: diedri e
200 metri dalla cima della parete,
lei che riusciremo ad avere un po’ di
fessure da salire in incastro ed op-
prima della fascia nera di scisto finale,
riposo e a non battere i denti nelle
posizione. Il problema è ancora una
la grande incognita della via.
ore notturne.
volta la temperatura, sempre troppo
Alcune delle pareti della zona del
La mattina successiva riparto io
rigida per scalare in modo sereno, la
Garwhal infatti hanno questa sin-
al comando della cordata, Giga sale
quale trasforma dei gesti che potreb-
golare caratteristica di avere un bel
da secondo e Luchino terzo può
bero essere di piacere ed eleganza in
corpo di granito compatto, sul quale
una scalata faticosa e di sofferenza,
si poggia un “cappello” di scisto nero.
con mani e piedi insensibili ma che
Una roccia marcissima della peggiore
fanno male quando li si incastra nelle
qualità. Avevamo già sentito parlare di
fessure.
questo scisto nei racconti allucinanti
32
Alpinismo e arrampicata
di altre cordate che avevano scala-
La nostra principale speranza, che
roccia marcia ci impedisce di passa-
to il Bhagirathi 3 o il Thalay Sagar.
ci aveva condotto fin lì, ovvero quel-
re è come una beffa, non è facile da
Speravamo anche noi all’indomani di
la che la parete fosse più appoggiata
accettare. Ma il bello dell’alpinismo e
trovare una soluzione a questo pro-
e quindi si riuscisse a scalare un po’
del nostro modo di fare alpinismo è
blema che avevamo sempre riman-
stando sui piedi, svanisce nel nulla.
che c’è sempre la possibilità di fallire.
dato, ma che ora si faceva sempre più
Facciamo un po’ di timidi tentativi,
Non so ancora se questo per noi
ma nessuno se la sente di prendere in
sarà un addio o un arrivederci, si-
Il terzo giorno, a causa della mag-
mano la situazione e rischiare. E’ an-
curamente questa parete un po’ di
giore quota ed esposizione ai venti,
che questa una differenza importan-
amaro in bocca ce l’ha lasciato e la
la temperatura è ancora più rigida e
te con le Alpi: qui ci siamo solo noi,
voglia di riuscire per primi a salirla
ci è impossibile scalare prima dell’ar-
a quasi 6000 metri e su una parete
con una bella via in bello stile è molto
rivo del sole. Iniziamo tuttavia a ta-
inviolata, qualsiasi cosa succede non
alta.
stare il terreno e ci rendiamo conto
c’è il cellulare per chiamare il soc-
Ma d’altronde è anche vero che
che è tutto molto peggio di quanto
corso alpino e te la devi cavare da
adesso siamo tutti e tre qui, amici
ci aspettassimo. La roccia è estre-
solo. La logica conseguenza di ciò è
come e anzi più di prima a raccon-
mamente marcia e si sfoglia in mano
che è assolutamente vietato sbagliare
tarvi la nostra storia; che è la storia
– e questo lo sapevate, un lettore
ed ogni rischio deve essere calcolato
sì di un fallimento, ma anche la storia
potrebbe affermare – ma oltre a ciò
molto attentamente.
di una grande avventura vissuta in
attuale.
l’inclinazione della parete non diminuisce e ci troviamo di fronte ancora
Fallimento sul scisto
montagna, una storia che ci ha fatto
La decisione questa volta è dura
vivere emozioni forti e che ci ha la-
da prendere e da digerire. Arrivare
sciato qualcosa dentro, che portere-
Un muro che adesso non è più però
così vicini alla fine, dopo aver aperto
mo con noi per sempre.
di granito solido e fessurato, bensì di
700 metri di parete, in ottimo stile
roccia che si sfalda a guardarla.
e scalando bene e ritirarsi perché la
un muro verticale.
Alle sorgenti del Gange- Foto Arianna Colliard
BIG WALL FREE L’accanita scelta di una vita di salire in libera le grandi pareti
Qualido, Joy Division
di Simone Pedeferri
il contagocce) apparve una visione: i
nita nella tazza di thè. Pizza mi guar-
due americani in un articolo fulminan-
da un po’ perplesso (la cassetta era
1989. Timidamente facevo i miei
te raccontavano la loro salita in libera
sua); nel bivacco che abbiamo co-
primi passi sulla roccia con un grup-
della Salathe. L’articolo spiegava come
struito si sta molto bene ma fuori il
po di amici. Dall’altra parte del mondo
avevano lottato per quella libera, in un
tempo non sembra un gran che. Tut-
due americani, Paul Piana e Tod Skin-
modo irriverente e anticonformista,
to questo mi fa pensare ironicamente
ner liberano la Salathe Wall a Yosemiti,
con totale impegno per quel sogno di
che la giornata non sarebbe iniziata
una via che diventerà un simbolo per
mille metri di roccia.
molto bene. Per quel giorno il mio
le salite in libera. Nello stesso periodo
Cinque anni dopo. Questo è il tem-
obiettivo era liberare il Picco Darwin
la mia mente di giovane arrampica-
po che mi è servito per cominciare
per la via Il naufragio degli argonauti,
tore apprende da Marco Vago, socio
con la libera della prima big wall. In
via che avevo già salito per due vol-
di una vita verticale. Marco era molto
quel lasso di tempo avevo ripetuto
te le settimane precedenti per pulirla
più avanti di me, sia tecnicamente sia
una moltitudine di vie di tutti i tipi, ero
e provarla, ma il mio gioco non era
nelle idee, aveva subito capito che l’ar-
cresciuto esponenzialmente di grado
più ripetere, ma salire in libera. Avevo
rampicata libera aveva senso totale se
da un approccio “naia” avevo imparato
scelto questa via perché simbolo della
portata sulle grande pareti e mi spie-
ad allenarmi, a proteggermi, in poche
generazione che mi aveva preceduto,
gò il gioco. Poi sulla rivista ALP (non
parole avevo imparato ad essere uno
quella dei sassisti, e dopo aver visto
c’era internet con video, liste di sa-
scalatore completo, crescendo lenta-
la relazione capii che la salita sarebbe
lite, spiegazioni di movimenti, tempo,
mente su tutti i campi. Tutto per un
stata in fessura e Paul Piana nel suo
umidità, quanta magnesite serviva per
unico scopo: le big wall in libera.
articolo aveva detto una frase che mi
quel tiro, ecc., le notizie arrivavano con
34 Alpinismo e arrampicata
era sempre rimasta in mente: “Dove Il Picco Darwin e la cassetta dei Clash
loro mettevano i chiodi, noi mettere-
1996, Val Cameraccio, laterale della
mo le mani per salire in libera”. Così
Val di Mello. La cassetta dei Clash che
partii quella mattina salendo, immer-
tanto amo ascoltare al mattino mi è
so nella nebbia, sulla lunghezza chiave,
appena scivolata dalle mani ed è fi-
una fessura strapiombante a 200 m
da terra. Quello che ricordo di quel
Un’ alternanza tra momenti di tran-
sante su per la Val Qualido. Il lettore
momento è la certezza di aver por-
quillità vissuti alla base della parete
cd con gli AC/DC mi danno il ritmo
tato l’alta difficoltà in un luogo selvag-
(mangi dormi e riposi) e momenti di
per camminare. Sono giorni che provo
gio, e quell’attimo l’avevamo vissuto
dura lotta su di essa dove dai tutto te
sulle fisse questa via; dopo tante libe-
solo io e il mio compagno di cordata.
stesso per non cadere e risolvere una
re volevo un obiettivo più grande che
Quella battaglia sulla parete lontana da
via. Quello che mi affascina di questo
era tecnicamente un passo più avanti.
tutti mi appagava completamente, era
stile è che non è importante solo lo
Mi sono immaginato un link diagonale
quello che volevo fare.
scalare, ma anche tanti piccoli fattori
che taglia in due questa parete con tiri
che devono combaciare per avere la
che hanno caratteristiche diverse. Tre
fortuna di liberare una big wall, biso-
settimane ci sono volute tra piazzare
gna imparare anche la tecnica delle
le corde fisse, pulire e provare la via.
1999, Qualido. Alberto è appena
libere. La cosa che ho capito affron-
Per la prima volta, dopo aver messo
volato per una quindicina di metri,
tando queste salite è che al di là del
le corde fisse con gli amici, trascor-
era quasi riuscito ad arrivare in sosta
percorso personale, le emozioni e le
ro lunghe giornate da solo su di una
saltando l’ultima protezione: “Que-
avventure sono così forti che il rap-
parete provando i singoli tiri per poi
sta maledetta via su piccoli cristalli è
porto di amicizia che si instaura con
chiamare gli stessi nei giorni della li-
veramente un rebus!” Ogni tiro è una
il socio è molto profondo e la stessa
bera. Questo modo di affrontare le
lotta e per questo abbiamo dato un
scelta del compagno è fondamentale
pareti mi dà l’opportunità di far cre-
nome ad ogni tiro. Questa big wall
per la riuscita della salita. E in questa
scere in me un rapporto speciale con
è diversa da quelle affrontate finora
via ho avuto la prima conferma che il
la parete: quando sei solo immerso su
perché si svolge su placche, molto più
compagno ha avuto un ruolo fonda-
di un enorme muro di granito ti senti
aleatoria di altre vie. Una linea creata
mentale nella riuscita: due giorni dopo
piccolo ma nel frattempo ti senti parte
prendendo tiri di diverse vie per rea-
quel volo io e Alberto finiamo la libera
di essa, parli con lei, i tuoi sensi diven-
lizzare un link che fosse il più impe-
di Black Snake.
tano più attenti a tutto…al sole quando
(Picco Darwin, Il naufragio degli ar-
gonauti - 12 tiri diff 7c, 350 m) Ogni tiro un nome
(Qualido, Blake Snake - 16 tiri diff
gnativo e bello possibile, la “linea perfetta”. Calo Alberto alla sosta ma ormai
Vedi le rondini intorno a te, conosci i
8a, 600 m)
è buio, per oggi basta e scendiamo al bivacco Hotel Qualido. Precipizio degli Asteroidi, Non sei più nella mia banda
nasce e ti scalda o quando se ne va.
Col lettore cd 2004. Salgo lento con un sacco pe-
posti dove hanno i nidi, tutto quanto si amplifica e ti sembra di diventare più
do le soluzioni
Da un lato mi dispiace, dall’altro, mi dà
dei
tutto il tempo per realizzare i miei so-
passaggi,
riposo un po’ aspettando che la
parte
gni più lentamente. La musica finisce e riparto con la
alta
mia mini tracktion sulla fissa. Lo stra-
di Non sei più
piombo di Brivido blu è in ombra. A
nella mia banda
metà un piede mi scivola e cado per
vada in ombra.
qualche metro prima che la fissa vada
Ho
piazzato
in tiro, il tutto a 500 m da terra im-
450 m di corda
merso negli strapiombi. Mi spavento,
fissa con i soci
poi rido. Mi riattacco alla roccia e tro-
per risistemare
vo gli appigli per superare il passag-
e pulire questa
gio. Finisco la giornata dopo 15 ore
magnifica linea
di arrampicata. Forse è stato questo il
che vent’anni fa
momento più bello di quella libera, es-
avevano aperto
sere solo su per quell’enorme parete,
degli amici, una
scalare trovando tutti i sistemi fino al
via veramente
buio e scendere con la frontale men-
pazzesca
ri-
tre sorge la luna piena. Tornerò pochi
spetto ad altre
giorni dopo e in due giorni farò la ri-
che ho sali-
petizione dal basso.
to, la prima di
(Precipizio degli Asteroidi, Non sei
una lunga serie
più nella mia banda, 18 tiri diff 8a, 700
di salite stra-
m)
un
Le vie in libera sulle grandi pare-
cambio di sti-
ti sono sempre state il mio sogno, il
le. In vent’an-
mio carburante e stimolo per anni di
selvaggio. Alla fine questa è stata la
ni nessuno l’aveva mai ripetuta e per
allenamento. L’essenza di tutto que-
prima big wall il cui impegno è stato
ironia della sorte uno degli apritori era
sto sono le big wall in libera che sono
totale ed è durato giorni per culmi-
Pizza (vedi Picco Darwin 1996) ed era
diverse da vie sportive di più tiri o
nare negli ultimi: il quarto giorno della
stato proprio lui a dirmi che si sareb-
vie ibride, Le big wall si snodano su
libera è stato un riassunto di dieci anni
be potuta liberare. Penso al percorso
pareti più grandi, hanno una logistica
di libere, ho vissuto i momenti solitari
che mi sta dando questa via: cercavo
complicata, sono vie che necessitano
e i momenti in amicizia e tutti i tipi di
un’esperienza più solitaria rispetto ad
giorni per essere liberate, si snodano
arrampicata.
altre libere e lavorerò per sette giorni
su pareti dove possono esistere già
in completa solitudine. Poi rifletto sul
dei percorsi (di solito in artificiale) e
percorso che le libere hanno preso e
tu ti devi adattare alle loro chiodature
mi accorgo di una cosa: avrei pen-
senza cambiarne il carattere, bisogna
2010. Mi sdraio su questa comoda
sato che le grandi pareti sarebbero
trovare gli appigli per tutta la parete, è
cengia a metà parete ancora illuminata
state il futuro e invece per le nuove
un continuo girare in essa. Non come
dal sole. Il mio Ipod con i Pearl Jam mi
generazioni contano poco. Quando
quando fai una via sportiva, ma in un
tiene compagnia. Sono per l’ennesima
ho iniziato avevo fretta di realizzarle
modo più selvaggio! E’ una scalata
volta su una big wall da solo cercan-
nel timore che un altro scalatore mi
più selvaggia e primordiale, più lenta.
portasse via la prima libera, e invece
Le big wall sono quelle pareti che ri-
ora, seduto su una cengia da solo, mi
mangono nel confine fra avventura e
accorgo che questa fretta non esiste
libertà.
Meridiana, Adventure time
(Qualido, Joy Division - 21 tiri diff 8b, 700 m) Ipod e strapiombi
36 Alpinismo e arrampicata
piombanti,
più perché a fare questo gioco siamo rimasti in pochi per non dire nessuno.
Hotel Meridiana 2011, fine agosto. Salgo lento con
un grosso carico per una valle che ti
ed
toglie il fiato da quanto è ripida. Spi-
per me, un se-
ni non si lamenta, madre Natura l’ha
gno importante
dotato di una gamba possente. Sot-
di quello che
to il Camer (sasso adibito a bivacco
cerco e cerca-
chiamato Hotel Meridiana) facciamo il
vo sulle grandi
punto sul materiale prima di continua-
pareti.
re per il bivacco Manzi per poi andare
parete mi ha
al Picco Luigi Amedeo per una (mal-
impegnato 30
sana) idea. Di quella giornata mi ricor-
giorni in quat-
do il cielo limpido di un blu fantastico
tro anni, un bel
e un sole caldo, piacevole che scaldava
po’ di amici mi
e dava un’energia tale da far sembrare
hanno accom-
tutto possibile. Dietro di noi, silenziosa,
pagnato e ha
c’è una parete. Il sole la illumina e la
visto la riuscita
rende bellissima con le sue forme, è la
solo tra luglio
Meridiana, la parete più strapiombante
e agosto 2015.
del Masino, quella che da anni atten-
Sono
de un tentativo in libera. Quel giorno
a liberare i sin-
è iniziato tutto, quella parete è come
goli tiri ma non
se ci avesse chiamato, come le sirene
a fare la ripe-
per Ulisse (fregati in pieno!). Ci siamo
tizione di fila,
guardati e abbiamo detto: “Non si può
manca ancora
andare al Picco, non possiamo ritirarci
questo. Ma ora
da una sfida così, dobbiamo accettar-
questa via sulla
la”. Il giorno stesso abbiamo attaccato.
Meridiana esi-
Quello che cercavo era una sfida completa che racchiudesse in sé tutte le caratteristiche dell’arrampicata praticata finora, dal boulder alle placche,
è
questo
Questa
riuscito
Qualido, Joy Division
ste. (Meridiana, Adventure time, 16 tiri diff 8b/c, 550 m) Accanimento verticale
(sentieri, risalite, spostamento di materiale, pulizia, ecc.) mi sento svuotato e sembra che questo gioco non abbia
agli strapiombi, all’arrampicata psico-
A volte penso che mi incaponisco
un senso. Alla fine non so, non riesco
logica riportata sulle grandi big wall.
troppo, perché devo passare su tutto
a dare una risposta completa e vera a
Volevo una sfida del cui risultato non
in libera? Su quel tetto in Meridiana
me stesso, forse perché quel gioco di
ero sicuro, che forse non sarebbe stato
di 30 metri non ne potevo più, l’ho
provarci solo in arrampicata è quello
possibile liberare, ma che fosse un’idea
percorso almeno venti volte. Se il mio
che ho fatto per gran parte della mia
talmente particolare e bella che non
gioco fosse stato salire e basta quel
vita e una parete la concepisco solo in
importava il risultato finale della libera
punto l’avrei superato da anni, ma il
questa maniera libera.
o che fosse completamente realizzata.
mio gioco era percorrerlo in arram-
Perché questo? Ho sempre sostenu-
picata libera. Mi dicevo che se avessi
to che in arrampicata (come in altri
tirato tutto e fossi uscito da tempo
campi) sono più importanti le idee e
forse avrei fatto altre esperienze e
le visioni piuttosto dei numeri e dei
scalato molte altre pareti: perché voler
risultati.
dell’alpinismo
superare quei trenta metri di soffitto
è avvenuta grazie alle idee, gli stili e
con quelle dannate regole? Forse è
le etiche e non per le performance
un accanimento verticale a tutti co-
pure e sterili. Cercavo un’evoluzione
sti? - mi chiedevo. A volte quando
sia personale che generale delle big
sono sconfitto, così lontano da casa
wall della zona: la Meridiana è stata
e dopo aver fatto un sacco di sforzi
L’evoluzione
Foto di Ricky Felderer
Alpinismo e arrampicata
37
BAGNI D’ALTA QUOTA
Nevaio verso il passo Pennes
In Val Sarentino, con sole e aria frizzante, il 13° trekking di Alpinismo giovanile
Anno 2015. Dopo i festeggiamenti per il 50°di attività, si apre per il nostro gruppo un nuovo anno di iniziative , corsi , giornate didattiche ,aggiornamenti e non ultimo il tredicesimo “Trekking di A.G. CAI Lecco”.Quest’anno la zona ci viene proposta da Stefano, un amico e socio del CAI Fortezza (Bolzano) che, stufo di seguirci a spasso per le Alpi vorrebbe farci conoscere le sue valli. Entusiasti per il suggerimento, che ci consente di fare una nuova croce sulla nostra cartina, partiamo alla volta della Val Sarentino che da Bolzano consente attraverso il Passo Pennes di raggiungere Vipiteno. Raccolta la nostra guida partiamo verso il Corno del Renon primo dei quattro rifugi che nei giorni a seguire ci ospiteranno con alti e bassi, specie per la cucina non sempre all'altezza della fame degli escursionisti. Ma lasciamo ai ragazzi (o meglio alle ragazze) il racconto di questa avventura
Tiziano Riva Presidente gruppo AG
Discesa nella nebbia dal Corno del Renon
di Sofia, Elisa, Francesca, Serena Quest’anno il 13° trekking del gruppo di Alpinismo Giovanile del CAI di Lecco ha visto come scenario i suggestivi paesaggi della Val Sarentino, nel cuore dell’Alto Adige. Siamo partiti il 15 luglio dalla sede del CAI a Lecco per poi rientrare a casa il 19 luglio. In questi cinque giorni abbiamo alloggiato in quattro diversi rifugi incontrati lungo il percorso, che raggiungevamo a piedi di volta in volta assaporando l’aria frizzantina di montagna e gli innumerevoli panorami che Ragazzi al bagno al lago Scuro
Passerelle sulla palude
il posto ci offriva. La mattina la sveglia
fosse servita avevamo del tempo a di-
era piuttosto presto e dopo un’ab-
sposizione per farci la doccia, rilassarci
bondante colazione eravamo pronti
e divertirci in compagnia.
per raggiungere il rifugio successivo.
Il primo giorno, dopo un viaggio in
Durante la pausa pranzo è capitato di
macchina durato qualche ora, siamo
imbatterci in cristallini laghetti di mon-
arrivati al rifugio “Corno del Renon”,
tagna, nei quali molti di noi si sono di-
percorrendo un sentiero che si iner-
vertiti a sguazzare nonostante il freddo
picava tra rigogliosi prati sovrastati dal
pungente dell’acqua, ma ne è valsa la
passaggio di numerose funivie. Da qui,
pena perché non è cosa di tutti i giorni
il secondo giorno, siamo arrivati al ri-
fare il bagno a 2000 metri di altezza.
fugio “Croce di Lazfons”, percorrendo
Di solito raggiungevamo i rifugi solo
ben 18 km. Il giorno successivo sia-
nel tardo pomeriggio, tutti piuttosto
mo partiti alla volta del rifugio “Rodella”,
stanchi, ma il paesaggio mozzafiato e
che disponeva di un grande terrazzo
le abbondati cene ricambiavano le no-
dal quale era possibile ammirare la Val
stre fatiche. Inoltre prima che la cena
Gardena e le cime circostanti. L’ultimo
Rifugio Vallaga
Chiesa e rifugio Croce di Latzfons
Gruppo al Latzfons
rifugio che ci ha ospitato è stato il
macchine lungo il sentiero più breve.
soprattutto a base di cibi tradiziona-
rifugio “Vallaga”, sotto il quale si dispie-
Per mezzogiorno eravamo già sulla via
li (wurstel, patate, salsicce tedesche...)
gava un grazioso laghetto del quale
del ritorno.
non da tutti sono state apprezzate.
purtroppo non abbiamo potuto godere
Questi cinque giorni sono stati molto
Molto vari i paesaggi: gli sterminati
per un bagno rinfrescante, in quanto
piacevoli, sia per i bellissimi luoghi at-
prati dei primi giorni, scaldati dal sole,
era adibito solo all’utilizzo privato del
traversati con sentieri puliti e ben cu-
frequentati in prevalenza da mucche e
rifugio.
rati, sia per i rifugi confortevoli e per
capre e destinati d’inverno a mutarsi in
Nella serata conclusiva in rifugio
l’ottima compagnia. Fortunatamente il
affollate piste da sci, hanno poi lascia-
molti di noi si sono esibiti in canti di
tempo è stato dalla nostra parte per
to il posto a enormi vallate costellate
montagna sotto un limpido cielo stel-
tutta la durata della vacanza. Non era-
da pini mughi di svariate sfumature
lato.
no in programma cime o dislivelli ec-
di verde e da qualche baitella in sas-
cessivi, ma la fatica non è mancata e
so alternate a paesaggi aridi e ghiaiosi:
nemmeno i saliscendi.
uno spettacolo insolito che abbiamo
Nella giornata del rientro la maggior parte di noi ha raggiunto il passo di Pennes (Vipiteno), attraversando
Il servizio nei rifugi è stato molto
apprezzato dall’inizio alla fine. Perché il
anche un piccolo nevaio, mentre i più
efficiente, le camere erano pulite e le
bello non è arrivare, è il viaggio e l’at-
affaticati sono giunti direttamente alle
cene abbondanti, anche se, essendo
mosfera che si crea passo dopo passo.
Lago del Rifugio Rodella
Brindisi dell’ultima sera
L’ARTE DELLA MONTAGNA
Medale, dicembre 1989
Scalatore, guida alpina, istruttore, manutentore di sentieri: il “Pepetto” si racconta
di Matteo Manente
D
ice di non aver mai fatto
o montagne accessibili a chiunque,
nessuna ascensione o sali-
ma non abbiamo ancora specificato
ta trascendentale, niente di
che il protagonista di questa cavalca-
che vantarsi a livello alpinistico, ep-
ta a ruota libera sul filo dei ricordi è
pure, snocciolando i primi nomi che
Giuseppe Spreafico, per tutti “Pepet-
gli vengono in mente, saltano fuori il
to”, uno che ha vissuto la montagna
Monte Bianco, il Gran Paradiso, il Badi-
in quasi tutte le sue sfaccettature, un
le, il Disgrazia, la Biancograt al Bernina
uomo che alla soglia dei novant’anni
o le Tredici Cime in Valfurva, tanto per
ha ancora voglia di raccontarsi e di
citarne alcune: non esattamente vie
ricordare con piacere e lucidità le in-
1954. In vetta alla Brenta Alta Sotto: Inaugurazione del sentiero Costantino Fiocchi al San Martino, 14-11-1982
numerevoli esperienze
così chiamato perché non c’era né la
vissute durante il suo
strada né la luce: ogni anno c’era su
andar per monti.
anche il futuro Ragno “Stizza” e così,
Impegnato per tan-
per far compagnia al figlio, qualche
ti anni su più fronti
giorno portavano anche me. Quel-
– Ragno, istruttore di
la era tutta la mia vacanza: non sono
roccia e sci-alpinismo,
mai stato né al mare né altrove. A 11
guida alpina, accom-
anni purtroppo ho cominciato a lavo-
pagnatore di alpinismo
rare a San Giovanni, nell’azienda che
giovanile, responsabile
sarebbe poi diventata l’Oasa; lì fino ai
delle uscite promosse
14 anni ho fatto un po’ il fattorino, poi
dal CAI Lecco per la
mi han spostato in magazzino a met-
Cassa Edile e tra i prin-
tere i numeri sulle casse. A 14 anni ho
cipali manutentori dei
cominciato a fare il meccanico cam-
sentieri lecchesi – “Pe-
biando anche qualche padrone, ma
petto”, classe 1926, ha
diciamo che quella è poi stata la mia
aperto per noi la pro-
professione: ho lavorato mezza vita
pria personale scatola
dal Gerosa, arrivando alla pensione, ma
dei ricordi, inanellando
mi hanno fatto andare avanti altri cin-
una serie di aneddoti
que anni con la scusa del consulente
e racconti che hanno
tecnico, finché a 60 anni ho detto ba-
permesso di tracciare il
sta, meglio andare a prendere il sole!
profilo di un uomo che
A quel punto per non star fermo mi
ha sempre operato in
son dato un po’ alla manutenzione e
silenzio, facendo tut-
alla costruzione dei sentieri, anche se
to quello che ha fatto
non sapevo far niente in quel campo”.
lontano dai riflettori e dalle luci della ribalta o dei facili applausi.
Prima di arrivare alla manutenzione dei sentieri, però, ci son state un sacco di altre esperienze in ambito alpinisti-
Cominciamo
dal
co, a partire dall’arrampicata...
primo
“Ad arrampicare ho iniziato nel 1946,
contatto avuto con la
l’anno prima del primo campeggio dei
montagna...
Ragni a Lavaredo: ho cominciato ad
principio,
dal
“Ho iniziato a fre-
andare in Grignetta, conoscevo già
quentare la montagna
Giovanni Ratti perché andavo a gio-
quando ho comincia-
care a Brogno dove abitava lui e allora
to a lavorare: avevo il
la prima salita l’ho fatta con lui al Cam-
capo officina che aveva
paniletto; da lì poi son diventato un
una baita in Erna e al-
po’ più indipendente. Altre volte c’era
lora ci andavo; un’altra
anche il mio coscritto Andrea Castelli,
occasione di contatto
il quale aveva una passione enorme
coi monti risale a quan-
per la montagna, ma purtroppo aveva
do da ragazzo a Mor-
paura del vuoto: allora io facevo il ca-
terone facevo qualche
pocordata, però tante volte ho dovuto
giorno di “campagna”,
rinunciare perché lui non se la sentiva
di salire. Sempre con Castelli ho aper-
smo. Non ho mai fat-
to un paio di vie nuove, una sui Denti
to cose trascendentali,
della Vecchia nelle Prealpi Ticinesi, una
però ne ho fatte pa-
sulla parete est del Torrione Magna-
recchie: dico la verità,
ghi Centrale in Grigna e l’altra nel 1947
grazie alla passione per
sulla parete nord-ovest del Sasso Pa-
lo sci-alpinismo, sono
lazzo nelle Prealpi Comasche-Ticinesi:
stato su montagne che
conoscevamo gli svizzeri del Gruppo
altrimenti non avrei mai
Amici della Montagna di Lugano che
visto, montagne come
venivano spesso in Grigna ad arram-
il Tabor, il Gran Paradiso
picare; noi li portavamo e così, per
o il Monte Bianco fatto
ricambiare la cortesia, ci invitavano
insieme a Mario Bo-
in Svizzera. Noi però non avevamo il
nacina, visitando posti
passaporto, quindi andavamo a piedi o
che
coi mezzi pubblici: da Lecco a Menag-
non dicono molto, ma
gio in battello, poi fino a San Mamete
che d’inverno assu-
con la corriera, infine a piedi facevamo
mono tutto un altro
il valico per raggiungere il rifugio in
fascino. Anche alpini-
cui dormire: con un pestone di vino ci
sticamente devo dire
davano da mangiare e poi alla mattina
che ho fatto parecchie
andavamo a arrampicare, così abbia-
cose, ho visto tanti bei
mo fatto un po’ di vie in quella zona.
posti e ancora oggi ne
Tra l’altro, sono stato uno dei primi ad
parlo qualche volta con
avere la moto, perciò dopo un po’ ho
Giovanni Ratti: ricordo
potuto raggiungere anche il Badile, il
per esempio quando
Disgrazia e quelle zone in apparenza
abbiamo ripetuto la Via
così lontane: una volta con lo scooter
degli Inglesi sulla Nord
sono arrivato fino al Cervino!”.
del Disgrazia o la Via
magari
d’estate
Gervasutti alla Cima di A proposito di essere stato uno dei
Valbona... di avventure
primi, anche l’ingresso nei Ragni è av-
ne abbiamo fatte tante
venuto subito...
e per fortuna son fini-
“Sono diventato Ragno quando il
te quasi sempre bene.
gruppo è stato fondato, anche se non
Senz’altro sono stati
è che lo sono diventato per meriti al-
anni importanti, in cui
pinistici: ero semplicemente tra i primi,
la scelta dei compagni
come Giovanni Ratti e altri. E’ come
di cordata avveniva più
la storia dell’uovo e la gallina, ma va
per l’amicizia che c’era
precisato che non sono tra i fonda-
tra di noi che per meriti
tori del Gruppo: diciamo che sono
o capacità alpinistiche
stato fra i primi a entrare, chiamatemi
individuali”.
pioniere o come volete, ma non sono stato un fondatore. Poi ho iniziato ad
Poi è stato il mo-
andar fuori coi campeggi dei Ragni
mento del brevetto di
e altre attività, anche come istruttore
guida alpina…
della scuola di roccia e di sci-alpini-
“Sì, sono guida alpina
1952. Al Monte Bianco con gli sci. Sullo sfondo il Dente del GiganteSotto: 1964. Sulla Cima Canali, 2.900 m, nel gruppo delle Pale di San Martino
rio, quando il Soccorso non era ancora organizzato in veste ufficiale”. Da non dimenticare il più che ventennale impegno sezionale con il CAI Lecco, tra incarichi di manutenzione dei sentieri e di ispettore al rifugio Stoppani, fino al fondamentale incontro con la Cassa Edile...
“Sono stato nel consiglio del CAI per ventidue anni, ricoprendo diversi incarichi: manutenzione e controllo dei sentieri, rapporti con la sottosezione Strada Storta e infine ispettore al rifugio Stoppani, dove oltre che meccanico mi sono improvvisato anche idraulico, elettricista, muratore, manovale e tante altre cose. Sempre in Stoppani, ho contribuito alla costruzione delle fogne, dell’acquedotto e della teleferica, oltre a tanti altri piccoli interventi di manutenzione. In sezione, mi sono occupato per anni dell’organizzazione delle gite sociali, mentre nel 1982 ho preso parte anche alla Settimana Verde a Santa Fosca. Per quanto riguarda l’attività con i ragazzi, facevo parte anch’io del gruppo di Alpinismo Giovanile del CAI Lecco. Nel 1981, alla sezione è arrivata una richiesta di accompagnamento per la colonia dei ragazzi della Cassa 1987. Manutenzione bivacco Redaelli al Badile. Da sinistra Battista Corti, Giuseppe Spreafico e Antonio Castelnuovo.
Edile in Valsassina: a partire dal 1982 ho preso in mano la gestione com-
dal 1958, anche se va ricordato che ai
diventato guida non per fare la pro-
pleta di questa attività, che ho portato
nostri tempi per diventare guida alpina
fessione, perché a Lecco come guida
avanti fino al 2001 insieme ad altri tre
bastava presentare una buona attività
alpina non ha mai mangiato nessuno:
o quattro accompagnatori volonta-
alpinistica e avere la fedina pulita; poi
l’unico vantaggio ad avere il libretto di
ri. A questo proposito, voglio sotto-
andavamo a Como in Provincia dove
guida era di tipo economico, nel senso
lineare la grande differenza che c’era
c’era una commissione che giudicava,
che c’erano degli sconti sulle funivie
tra l’andare coi ragazzi dell’alpinismo
mentre adesso servono dei preparativi
oppure, quando andavi a sciare, eri
giovanile del CAI Lecco e quelli del-
molto più complicati. Comunque sono
considerato maestro di sci. Invece non
la Cassa Edile: questi ultimi, specie nei
ho mai preso parte ad azioni ufficiali
primi anni, erano tutti figli di muratori
con il Soccorso Alpino: mi è capitato
della Valtellina, della bergamasca o del
di partecipare a qualche intervento di
bresciano, quindi più o meno a cono-
recupero, ma soltanto a titolo volonta-
scenza dell’ambiente montano. Quan-
46
L’Intervista
Anni ‘50: in vetta al Badile con Giulio Bartesaghi e Tobia Fumagalli (al centro)
do nel pieno del boom sono arrivati
“Sì, per tanti anni mi sono dedicato
andare in montagna e così abbiamo
molti meridionali a fare i muratori, alla
alla cura dei sentieri e alla loro ma-
portato a termine il sentiero dei Tecett,
colonia sono arrivati anche i loro figli
nutenzione, specialmente in Val Verde
intitolato poi a Costantino Fiocchi.
e sono cambiate tante cose: ci vole-
perché il sentiero è dedicato a mio fi-
Un altro lavoro è stato quello di mo-
va sempre una gran pazienza, perché
glio. Oltre a quello della Val Verde, ri-
dificare il vecchio tracciato del sen-
avevano poca voglia di camminare,
cordo anche il grande lavoro fatto sul
tiero della Val Verde: per evitare un
non erano abituati; inoltre, quasi nes-
sentiero dei Tecett: l’idea originaria
canalone molto pericoloso per le con-
suno di loro aveva mai visto la neve e
della traccia è stata di Giuliano Mare-
tinue scariche di sassi, abbiamo devia-
tanti venivano da zone in cui anche di
si, che aveva un po’ il pallino per quel
to la traccia originale. Poi, su idea dei
acqua corrente ce n’era poca: non vi
posto. Una sera al CAI è arrivato Pa-
Ragni e in particolare di Dino Piazza, è
dico la loro sorpresa quando li por-
olo Boghi, il quale aveva ereditato un
stato deciso di intitolarlo a mio figlio,
tavamo dove c’era l’acqua o quando
quadro da suo zio Costantino Fiocchi.
che era morto proprio in montagna. Da
trovavano una fontana: non li tiravamo
Così, decidendo di impegnare il valo-
allora ho abbandonato un po’ gli altri
più via! C’era una differenza enorme,
re del quadro per ricordare lo zio, ha
sentieri, anche come incarico ricevu-
davvero, e anche economicamente la
chiesto se era possibile fare qualcosa;
to dal CAI, per seguire quasi esclu-
Cassa Edile ha dato un contributo no-
parlando con Maresi è saltata fuori l’i-
sivamente quello della Val Verde. La
tevole per sanare questo divario”.
dea di intitolargli il sentiero dei Tecett,
manutenzione dei sentieri è un lavoro
originariamente nato per permettere ai
duro, difficile: c’è da rompersi i pan-
Infine, l’altro grande incarico è stato
contadini e ai boscaioli di Valmadrera
taloni e le scarpe ogni volta, tornare
quello relativo alla manutenzione dei
che venivano qui con la barca di tra-
sentieri del lecchese, con particolare
sportare il fieno e la legna raccolti. Io
attenzione a quelli del gruppo del San
ero appena andato in pensione, quindi
Martino e della Val Verde...
avevo due o tre giorni a settimana per
L’intervista
47
Pepetto a casa sua con Annibale Rota, intento a sfogliare il proprio album fotografico. Foto di Matteo Manente, 29.09.15
a casa stanchi e non è molto glorifi-
della Val Verde: tra l’altro, non c’è solo
per i vari corsi di roccia e di alpini-
cante. A fare questi sentieri mi hanno
l’erba o i rami da sistemare, ma anche
smo giovanile, dal grande lavoro con
aiutato in tanti, perché all’inizio di ogni
le catene, i gradini da sostituire... in-
la Cassa Edile fino alla fondamentale
nuova esperienza c’è sempre molto
somma, è stato un gran lavoro di ma-
opera di manutenzione dei sentieri: un
entusiasmo; poi però la manutenzio-
nutenzione, oltre che di pulizia”.
plauso, dunque, e un ringraziamento
ne diventa più difficile, perché la quota
speciale per tutto quello che Giuseppe
delle montagne sopra Lecco è quella
La cavalcata sul filo dei ricordi di
Spreafico ha saputo portare a termi-
che è e il lavoro non è mai finito: non
“Pepetto” termina su queste parole,
ne negli anni, nella speranza che il suo
è come in Grigna che metti a posto
con i ricordi di una vita spesa per la
lavoro sia da esempio per i tanti vo-
qualche sasso e basta, qui quando hai
montagna che tornano a far capolino
lontari che già operano all’interno della
finito di tagliare l’erba, le spine o i rami
in maniera nitida e precisa, avventure
sezione lecchese del CAI e per tutti
devi ricominciare subito da capo. Con
ed emozioni che in realtà non se ne
coloro che avranno voglia di mettere
la scusa che era dedicato a mio figlio,
sono mai andate dalla mente, anche se
a disposizione parte del proprio tempo
fino a pochi anni fa mi son dedica-
gli anni sono passati e l’attività alpini-
per contribuire alla divulgazione e al
to soprattutto alla pulizia del sentiero
stica è inevitabilmente scemata con il
mantenimento di quell’arte della mon-
tempo. Tuttavia, a sentire dal trasporto
tagna di cui “Pepetto” è stato attore
con il quale le ha raccontate, traspare
protagonista per tanti anni.
48
L’Intervista
ancora tutto l’entusiasmo con cui ha sempre affrontato ogni situazione e incarico, dalle prime scalate passando
Dove non diversamente indicato le foto appartengono all’archivio Giuseppe Spreafico
GAGLIARDETTO A SANTIAGO Al termine del cammino del Norte le insegne del GEO all’Oficina del peregrino di Claudio Santoro
C
inquecentocinquanta
chilo-
metri in 22 tappe, un dislivello totale in salita di 8400 metri;
Cantabria, Principado de Asturias e Galizia le regioni attraversate con un passaggio ad Oviedo. Questo il bottino accumulato da Claudio Santoro e Mario Stoppini che hanno percorso a piedi il Cammino del Norte spagnolo, da Santander fino a Santiago de Compostela. I due, iscritti al GEO del CAI di Lecco, non sono nuovi a queste iniziative con lo zaino in spalla, avendo già percorso il Cammino Frances (da Saint Jean Pied de Port a Santiago) e il Cammino Aragones che parte dal Col de Somport, nei Pirenei franco-spagnoli. Il gagliardetto del GEO ha viaggiato con loro ed è stato consegnato alla Oficina del Peregrino di Santiago. Il Cammino del Norte si snoda nella Spagna settentrionale e, per diversi tratti, costeggia l’Oceano Atlantico, regalando scorci di intensa e rara bellezza. Meno frequentato rispetto al più gettonato Cammino Frances, si presenta più aspro e con tratti da percorrere in perfetta solitudine o in presenza di ben pochi pellegrini. Toccante e ricco di emozioni l’arrivo a Santiago de Compostela dove si può pregare sulla tomba di San Giacomo, uno degli apostoli di Gesù
Claudio Santoro, a sinistra, e Mario Stoppini davanti alla cattedreale con il gagliardetto del GEO
confermata punto di arrivo di pelle-
due, probabilmente, stanno già medi-
grini provenienti da tutte la parti del
tando sui nuovi itinerari che, seppure
mondo e che vogliono mantenere
con fatica e sudore, intendono per-
viva la tradizione plurisecolare di rag-
correre.
giungere la città che, insieme a Roma e a Gerusalemme, è la meta elettiva dei pellegrinaggi cristiani.
Cristo, nella splendida cattedrale che si affaccia su Praza Obradoiro. Anche in quest’occasione la città galiziana si è
Conservati gli zaini e gli scarponi i
GEO
49
IN BICI NEL CAUCASO Dalle rive del Danubio alle sponde del Mar Caspio, i 3500 km sui pedali degli “Oròbici”
di Luca Pedeferri
E
rano passati sette anni dall’ul-
Fatutti, bergamasco) di tornare in sel-
traversare il mar Nero in nave e infine
timo grande viaggio (Lecco-
la, nessuno ha avuto dubbi e a luglio
gironzolare nel Caucaso esplorando
Mumbai in bicicletta, 2008):
siamo partiti, sempre puntando verso
Georgia, Armenia e Azerbajan. Meta
molto tempo, forse troppo. Così quan-
l’Oriente ma con un progetto nuovo:
finale Baku, la capitale azera sul Mar
do ho proposto agli altri due Oròbici
seguire il corso del Danubio nei Bal-
Caspio, raggiunta dopo due mesi e
(Flavio Magni, lecchese, e Nazareno
cani fino a raggiungerne la foce, at-
3500 chilometri.
Armenia, verso Yerevan con l’Ararat sullo sfondo
Arrivo a Tbilisi, Georgia, sul ponte del fiume Kura
Elogio della bicicletta
Chiese rupestri di Vardzia, Georgia
una serie di regioni più o meno indi-
tre 5000 metri lo si può vedere da
Del viaggiare in bicicletta hanno
pendenti, i cui nomi abbiamo già let-
molto lontano in Armenia, avvolto da
scritto e parlato in tanti, meglio di
to nei giornali associati a vicende di
una nebbiolina che ne sfuma il profilo,
come potrei fare io. Basti quindi, per
guerra o terrorismo: Cecenia, Ossezia,
ed è a ridosso della capitale Yerevan.
chi non ha sperimentato il cicloturi-
Abkazia; un centinaio di chilometri più
Tradizione vuole che L’Arca di Noè sia
smo di persona, un breve elogio del
a sud c’è invece la catena del Caucaso
approdata proprio qui, contribuendo a
mezzo a pedali: perfetto per muover-
Minore.
farne un monte venerato dagli arme-
si con la giusta velocità (o la giusta
Arido Ararat
ni e un simbolo nazionale (in arme-
lentezza, che dir si voglia), favorisce il
Si trovano montagne d’ogni tipo:
no “ararat” significa “luogo creato da
contatto con le terre che si attraver-
alcune molto alte, con ghiacciai, bo-
Dio”). Eppure l’Ararat oggi si trova in
sano e la ricca casualità degli incontri,
schi e pascoli; altre più basse e aride,
territorio turco, e la salita dal versan-
rende liberi. Da ultimo, con la bicicletta
di terra rossa scavata dalle intemperie,
te armeno è rigorosamente proibita:
ogni montagna rappresenta una sfida
spazzate dal vento e coperte semmai
ombre del genocidio di un secolo fa
e un piacere.
da una vegetazione brulla da steppa.
si proiettano sull’odierna tensione fra
Lungo il percorso, le salite non sono
Le due tipologie di paesaggio si pre-
i due stati.
certo mancate: già il Danubio si è ri-
sentano spesso a pochissima distanza:
velato meno piano del previsto (la
ci è capitato in Azerbajan di percor-
sponda serba e bulgara è un conti-
rere una vallata il cui versante nord
nuo scollinare), ma è nel Caucaso
proponeva un idilliaco paesaggio al-
che sono arrivate le montagne vere.
pino mentre quello sud, distante meno
Due catene montuose occupano gran
di un chilometro, era semidesertico; la
parte di Georgia, Armenia e Azerbajan,
strada del fondovalle fra l’altro conti-
dispiegandosi parallele fra il Mar Nero
nuava a zigzagare verso l’uno o l’altro
e il Caspio: a nord il Grande Caucaso
versante, con un repentino cambio di
segna il confine con la Russia, e con
paesaggio davanti agli occhi e un effetto quasi psichedelico.
52
Escursionismo
Anche l’Ararat è arido, rossastro, con la forma di vulcano e un cappello bianco di neve. Grazie agli ol-
Monastero di Haghpat, Armenia
Panorama sul Borjomi-Karhagauli, Georgia
Chiese e moschee
Transumanze sull’altipiano
complesso però l’ateismo forzato im-
monimo lago, circondato da monta-
Le montagne, come da noi, sono
posto nel periodo sovietico, e la do-
gne arrotondate e brulle. La raggiun-
disseminate di chiese spesso molto
minazione ottomana prima, sembrano
giamo schivando per pochi minuti un
antiche, perchè in Georgia e Armenia
essere stati efficaci nel ridimensiona-
temporale (la prima acqua da quando
il cristianesimo si diffuse già nei primi
re molto le manifestazioni religiose di
siamo partiti); finita la pioggia il cielo
secoli dopo Cristo. Si tratta di chiese
questi popoli, che solo ultimamente
resta minaccioso e grosse nuvole nere
e monasteri ortodossi, di pietra grigia,
stanno vivendo un fenomeno di ri-
si inseguono sulle montagne aride che
illuminati all’interno solo dalla scarsa
presa. Ci è capitato ad Althaki di assi-
circondano il lago. Complice il tempo
luce che filtra da un’apertura posta al
stere alla messa della domenica in una
cattivo, la località emana un senso di
centro della cupola e dalla luce delle
splendida chiesa antica: presenti , oltre
abbandono e un po’ di tristezza: alcu-
candele votive, che generano un ef-
al celebrante, soltanto due giovani co-
ni vecchi pedalò arrugginiti, famiglie di
fetto estremamente suggestivo so-
riste e due vecchie fedeli.
bagnanti incuranti del freddo (le don-
prattutto quando sono associate al
In Azerbajan invece le chiese ce-
ne nuotano vestite), un po’ di cani e di
profumo dell’incenso. A volte si trova-
dono il passo alle moschee, e trovarle
spazzatura fra ristorantini e bancarelle,
no monaci e fedeli in questi luoghi; nel
in mezzo a un bosco o in un paesino
un seminario e le immancabili fabbri-
di montagna contrasta in modo sti-
che sovietiche sullo sfondo.
molante con le nostre abitudini. Anche
Vino di Georgia
la cittadina azera di Sekhi è in qualche
Le strade che abbiamo percorso
modo spiazzante: un antico caravan-
erano perlopiù asfaltate, in genere in
serraglio, il delizioso palazzo esti-
buone condizioni. Ci è capitata una
vo di un sultano e le numerose sale
sola tratta lunga su strada bianca, frut-
da tè del centro ci ricordano che da
to di un’errata previsione, ed è stata al
questi boschi simili ai nostri passava
tempo stesso la nostra Cima Coppi e
un tempo la Via della Seta, e ancora
la fatica più epica del viaggio: 25 chi-
oggi l’Oriente è vicino. L’Armenia non
lometri in salita, su uno sterrato pes-
ha sbocchi sul mare e quindi la meta di villeggiatura preferita dagli armeni è Sevan, la loro “Rimini”, che si trova a duemila metri sulle sponde dell’o-
Escursionismo
53
In senso orario: salendo verso il passo Zekari, Georgia; la Rimini armena; Althaki, Armenia, fine tappa; il kachapuri
simo, fino a raggiungere i 2226 metri
niche e bottiglie di plastica e, quando
con noi niente per la cena. All’improv-
del passo Zekari, e quasi altrettanti
non è offerto, costa comunque poco:
viso dopo una curva è apparsa una
nella successiva discesa. Ci abbiamo
è un vino schietto, senza fronzoli, che
piccola casetta nel bosco e si sono
messo forse otto ore, braccia, gambe
si beve molto volentieri. La produzione
sentite alcune voci: l’abbiamo rag-
e fondoschiena a pezzi, ma alla sera
raffinata di vini DOC (destinati in gran
giunta e il gruppetto di signori che la
abbiamo recuperato con un’abbuffata
parte all’esportazione) si concentra
popolava, divertito per la nostra visita,
di trote e vino bianco.
invece nella regione nord-orientale
ci ha ospitato e rifocillato nel migliore
Il vino, già. Per i georgiani è motivo
del Kakheti e, nonostante un evidente
dei modi; uno di loro suonava la fisar-
di grande orgoglio, e pare addirittura
impegno e sforzo commerciale, per
monica (come me) e nel dopo cena è
che si debba a loro la scoperta della
la nostra limitata esperienza non si è
partito un coro avvinazzato e gioioso,
viticoltura. Le nostre esperienze con il
dimostrata pienamente all’altezza della
brani tradizionali georgiani alternati ai
vino locale sono state di due tipi. Il
fama e del prezzo. Ma probabilmen-
grandi classici della canzone italiana, in
vino artigianale, di produzione fami-
te abbiamo sbagliato cantina...”Il vino
particolare Celentano e Toto Cotugno
gliare è ruspante, forte e in genere di
è buono e fa cantar”: è proprio vero.
che nel Caucaso sono celebrità indi-
un colore ambrato (ma esiste anche il
Una sera nei pressi di Sairme, in Ge-
scusse, e giunta l’ora del sonno sem-
rosso); di solito viene servito in ta-
orgia, il buio ci ha colto mentre ancora
bravamo amici da una vita con i no-
pedalavamo in una valle tanto bel-
stri ospiti. Ci hanno lasciato stendere i
la quanto spopolata; la prospettiva di
sacco a pelo in solaio, e ci siamo ad-
accamparci in un prato poteva essere
dormentati cullati da un torrente che
invitante ma purtroppo non avevamo
scrosciava forte a pochi metri.
54
Escursionismo
Torrenti e sorgenti non manca-
verso le stalle attraverso valli ed alto-
del solito formaggio) ha pensato bene
no: da molte sgorga un’acqua spessa,
piani. Il formaggio che viene prodotto
di sfoderare la chacha, distillato locale
quasi salata, che ricorda il gusto del
è quasi sempre di una sola qualità,
dalla gradazione iperbolica: per fortu-
bicarbonato, presenta proprietà cura-
un po’ aspra: è perfetto per il piatto
na la tappa era finita.
tive e risulta curiosa ma impegnativa
nazionale georgiano, il kachapuri, una
All’andare in montagna associo al-
per i nostri palati. Viene imbottigliata
focaccia al formaggio che si trova in
cuni piaceri che secondo me si pos-
da diverse aziende e costituisce una
mille varianti locali (sottile come quel-
sono ritrovare ovunque, non importa
delle esportazioni più importanti della
la di Recco, tonda o quadrata, prepa-
in quale parte del mondo ci si tro-
Georgia, in particolare verso la Russia:
rata in vari strati come delle lasagne
vi: sdraiarsi sfiniti su un prato di alta
i leader sovietici, da Lenin in avanti,
o in un involucro di pasta a forma di
montagna e assopirsi al sole mentre
hanno sempre bevuto acqua Borjomi
barchetta ripieno di formaggio e sor-
si guarda il panorama, oppure ripa-
e in occasione del recente conflitto
montato da burro fuso e uova). L’al-
rarsi dal freddo davanti a un camino
russo-georgiano, Putin decise per ri-
tro prodotto diffuso ovunque, pur con
o attorno a una stufa. Ci è capitato
picca di sospendere l’importazione di
nomi diversi, è l’ayram, uno yogurt li-
nel Caucaso, e sono momenti di una
queste acque.
quido e salato la cui paternità credo
dolcezza semplice per i quali, quando
sia contesa fra 5 o 6 stati, Bulgaria e
siamo immersi nel turbine del lavoro e
Le montagne del Caucaso sono po-
Turchia comprese. Come da noi, i pa-
della quotidianità, fatichiamo a trovare
polate da pastori, e l’allevamento sem-
stori sono spesso solitari ma in gene-
uno spazio. Forse anche per questo è
bra essere ancora l’attività economica
re amichevoli; uno ci ha invitato nella
bello viaggiare: non solo per scoprire
principale della zona. Abbiamo assisti-
piccola abitazione dove trascorre con
mondi lontani e diversi, ma per accor-
to verso l’ora del tramonto a scene di
le bestie i mesi estivi e dopo averci
gersi che in ogni terra certe aspetti in
transumanza bibliche con migliaia di
offerto tutti i suoi latticini (compresa
fondo non cambiano. Tante cose belle
animali (vacche e pecore), ricondotti
una variante affumicata e filamentosa
che purtroppo spesso dimentichiamo.
Semplicità e dolcezza
www.gliorobici.org Tenda nella steppa
TROPPO CALDO AL PIZ ZUPÒ
Le cordate verso il Passo di Sasso Rosso
La gita alpinistica al Bernina rovinata dalle alte temperature
di Andrea Spreafico Nel solco della tradizione - per la verità, per noi piuttosto recente - anche quest’anno Matteo Abate ed io abbiamo proposto ai soci una destinazione di stampo alpinistico, con l’in-
Con noi, oltre ad una decina di soci,
so raggiungiamo l’altipiano di Fellarìa:
anche i ragazzi e gli accompagnatori
vasto ed abbagliante pianoro ai piedi
del Corso di Perfezionamento dell’Al-
dei Palù, delle Bellavista e del “nostro”
pinismo Giovanile, a sancire una col-
Zupó.
laborazione che speriamo destinata a durare nel tempo. Svegli all’alba
tento di arricchire il calendario delle gite sociali. La scelta è caduta sulla via normale italiana al Piz Zupò, nel gruppo del Bernina. Itinerario forse un po’ desueto: ma, nel suo complesso, tra le più varie e complete “normali” del gruppo. Lungo avvicinamento su ghiacciaio, superamento della terminale e della successiva paretina nevosa sui 50°, lunga “cavalcata” su affilata cresta rocciosa con passaggi di arrampicata di II grado sino a pochi metri dalla vetta. Un impegno complessivo già importante, al quale si è aggiunta la variante in discesa dal Rifugio Bignami.
56
il punto della situazione, valutando le condizioni: la neve è già piuttosto
Partiamo tutti insieme da Lecco sa-
molle a causa della elevata tempera-
bato 4 luglio e, da subito, compren-
tura e, da qui, la via è tutta da battere.
diamo come le temperature siano
Partono baldanzosi i ragazzi dell’AG
molto al di sopra della media stagio-
e si portano, non senza fatica, ai piedi
nale. Tanto da non consentire il rigelo
della cresta. Matteo si approssima alla
notturno al di sotto dei 3.500 metri
terminale e saggia la consistenza della
di quota. La salita al rifugio Marinelli
paretina nevosa. Dopodiché si consul-
Bombardieri si svolge tranquillamente,
ta con Oscar: i ragazzi dell’AG torne-
con qualche sporadico, breve e rinfre-
ranno indietro ed inizieranno la lunga
scante piovasco. Giunti alla capanna, ci
discesa verso il rifugio Bignami.
sistemiamo e prepariamo l’attrezzatura per la salita di domenica.
Ritirata Il gruppetto della gita sociale si ri-
La sera a cena, festeggiamo i 40
organizza in un’unica cordata da 4 e,
anni dell’amico Giorgio Mandarano,
superata la terminale, attacca la pare-
che ha deciso di trascorrere questo
tina nevosa e raggiunge la parte roc-
particolare appuntamento nei luoghi
ciosa della cresta.
che più ama.
Escursionismo
Breve pausa per rifocillarci e fare
Di qui, si avanza in conserva protetta
Sveglia alle 4 e partenza con le pri-
per un centinaio di metri e poi ci si
me luci dell’alba. Iniziamo la lunga sa-
ferma per valutare le condizioni della
lita su ghiacciaio: prima la Vedretta di
parte superiore della via e le possibili
Fellarìa, poi per il Passo del Sasso Ros-
alternative per l’eventuale ritirata.
Elisa sull'altipiano di Fellarìa
Matteo ed io optiamo per il ritiro: le
Non ne siamo scontenti: la rinun-
la terminale ed iniziamo con loro l’in-
temperature troppo elevate, l’assenza
cia alla vetta poco toglie all’esperien-
finita discesa sino al rifugio Bignami
di neve e traccia nella parte sommi-
za che hanno già vissuto i soci che ci
dove ci riuniremo con i ragazzi e gli
tale della cresta ed i tempi necessari a
accompagnano ed alla magnificenza
accompagnatori dell’Alpinismo Giova-
percorrere il lungo tragitto di rientro ci
dei luoghi che ci circondano.
nile, prima di far ritorno alle auto.
impongono la scelta. Verso la cresta dello Zupò
Caliamo Elisa e Giorgio poco sopra
Le foto sono di Giorgio Mandarano
NELLA PANCIA DELLE FILIPPINE Spedizione esplorativa nelle grotte della foresta di Samar
di Gigi Casati
G
ià nel 2011 l’amico Matteo Ri-
orologico ci era stato nemico, perché
vadossi detto Pota, bresciano,
la pioggia violenta e in grandi quantità,
grande speleologo, scalatore,
che continuava a imperversare, aveva
vero personaggio fuori dalle righe, mi
alzato il livello dei fiumi e delle sor-
aveva invitato a partecipare a un pro-
genti di oltre cinque, sette metri ri-
getto esplorativo di grotte con pro-
spetto ai livelli stagionali e provocato
gressione in aria e subacquea nelle
correnti impetuose, con acqua marro-
foreste delle Filippine.
ne tipo cioccolata fusa. Le esplorazio-
Prospettive illimitate di varcare con-
ni di conseguenza, per rispettare un
fini insospettabili. Avevo aderito con
minimo di sicurezza e limitare rischi
entusiasmo e mi ero trovato in men
troppo grandi, erano state obbliga-
che non si dica, nell’isola di Samar e
toriamente ridotte. Ciononostante si
da lì, a Calbiga, campo base della spe-
erano raggiunti risultati soddisfacenti
dizione.
come 14 km di gallerie asciutte e solo
Allora, come ben conosce chi ha a che fare con la natura, il tempo mete-
500 m di gallerie allagate in sifoni con visibilità ridotta ai minimi.
Galleria a valle di Langun . Foto di Daryl
Progressione a Camparina. Foto di Matteo Rivadossi
La passata esperienza in Filippine ci
co.
de sotto i 30°. I portatori locali che
aveva lasciato tutti con la bocca un po’
A Tacloban troviamo Guido e Joni
ci aiuteranno a trasportare le pesanti
asciutta e con il desiderio di gusta-
che hanno organizzato i furgoncini
attrezzature fino alla grotta e, in al-
re appieno del patrimonio esplorativo
per raggiungere Calbiga, nostro quar-
cuni casi, all’interno della grotta fino ai
intravisto, cosi, al rinnovarsi dell’invito,
tier generale come la volta scorsa, per
sifoni, hanno un aspetto minuto, sono
con entusiasmo ho subito detto di sì.
la prima fase della spedizione.
magrolini, ma coriacei e instancabili
Partiamo in tredici il 7 aprile 2015
Prima della lista è la grotta Gobin-
nel lavoro che devono svolgere. Li os-
con una quantità di materiali ridotta
go - Langun che si trova a un’ora di
serviamo camminare a piedi nudi sulle
all’osso sia per facilitarne il trasporto,
cammino nella giungla dalla barangay
taglientissime lame di calcare, capa-
sia per la limitazione dei fondi. Ecco-
(villaggio) di Panayoran. Le esplora-
ci di distruggere i nostri supertecnici
mi dunque di nuovo sull’isola di Sa-
zioni compiute in precedenza, esami-
scarponcini. Il loro cibo è una mancia-
mar. Sono preparato ai panorami già
nate sui rilievi eseguiti, mostrano uno
ta di riso che basta per tutto il giorno.
visti, tuttavia non manca lo stupore
sviluppo di gallerie che spesso sono
Noi grondiamo di sudore al minimo
nel rivedere i villaggi caotici, brulicanti
interrotte da sifoni. L’obiettivo, quindi,
movimento, loro ci osservano diver-
di vita dove la gente si arrangia nel-
è non solo prolungare i percorsi aerei
titi perché per loro ci vuole ben altro.
la normalità della sopravvivenza e i
ma percorrere i sifoni cercando i col-
Camminando nella giungla si tendono
bimbetti giocano nelle strade fangose
legamenti fra una parte aerea e l’altra
le orecchie, allertati e affascinati dai
trovando con fantasia ogni oggetto
trasformando un complesso fram-
rumori così diversi da quelli dei nostri
buono per essere trasformato in gio-
mentato in un’unica ragnatela.
boschi. Fruscii, grida di uccelli, calpestii
Il cobra nero
60
Speleologia
sconosciuti: la scarsa familiarità man-
Partiamo alle sei del mattino per
tiene tutti i sensi all’erta e trasforma
evitare la calura del sole; l’umidità è
la novità in un evento. Imbattersi in
altissima e la temperatura non scen-
qualche ibingan (cobra nero delle Fi-
lippine) che attraversa il sentiero di-
attenzione sia i massi sui quali cam-
200 m sopra la nostra testa; un centi-
venta poco a poco quasi normale.
miniamo, sia le pareti e le concrezioni
naio di metri dopo, c’è il vero accesso,
L’ingresso di Gobingo è maestoso,
ai nostri lati dove potrebbero sostare
una voragine che misura oltre 200 m
ottimo per riposare qualche istante
tranquilli: un contatto involontario im-
in altezza per una larghezza legger-
ammirando lo spettacolo naturale e
provviso potrebbe diventare fatale per
mente maggiore.
reidratarsi sorseggiando dalle nostre
noi o per loro, dipende da chi avrà la
bottiglie l’acqua depurata da miraco-
reazione più rapida.
lose, ma disgustose gocce di disinfettante.
Voragini gigantesche
Il fango qui si mescola con il guano emanando uno spiacevole odore acre che non incentiva la permanen-
Superati i passaggi iniziali, ci trovia-
za: questa massa scura sotto i nostri
Generalmente agli ingressi di queste
mo in un ambiente gigantesco: la gal-
piedi è in continuo movimento perché
cavità, dopo avere tenuto la testa in
leria è diventata larga circa 200 m e,
abitata da miriadi di animaletti.
aria per osservare l’insieme, bisogna
in alcuni punti, altrettanto alta. Risalia-
Siamo alla giunzione della grotta
abbassare gli occhi e prestare atten-
mo un ripido cono detritico e arrivia-
di Gobingo con quella di Langun. A
zione a dove si mettono i piedi, per-
mo su una parete concrezionata alta
saper aspettare, questo luogo diven-
ché proprio questo è il luogo preferito
una cinquantina di metri che scendia-
ta ancora più magico perché tutte le
dagli ibingan che qui si nascondono
mo in libera attaccandoci alle concre-
sere, verso le sei, è possibile osservare
in agguato, aspettando il passaggio di
zioni. Non sono presenti solo queste
un fenomeno incredibile cioè il rientro
pipistrelli o rondoni di cui, appena ar-
superbe colonne naturali, ma anche un
nella grotta dei rondoni e l’uscita dei
riva l’occasione, si riempiono la pancia.
viscido fango che abbonda sulle su-
pipistrelli. Dalla grotta si sente proveni-
Noi siamo un po’ più grandicelli ma,
perfici orizzontali, cosicché oltre a fare
re il rumore di un battito d’ali che au-
per evitare collisioni indesiderate, en-
giochi di equilibrio per stare in piedi,
menta progressivamente finché appa-
triamo sbattendo le racchette contro i
in alcuni punti sprofondiamo fino alle
re una macchia nera che s’ingrandisce
muri per far rumore in modo che, vi-
ginocchia con i piedi risucchiati dalla
sempre più stagliandosi contro il cielo
sto che sono dei timidoni, fuggano a
melma. In lontananza vediamo la luce
fino a oscurarlo. Miliardi di pipistrelli si
nascondersi altrove. Osserviamo con
di un ingresso che si trova in alto, oltre
radunano sopra l’ingresso della grotta,
Progressione a Ludi Bito. Foto di Matteo Rivadossi
Arrivo a Tacloban. Foto di Matteo Rivadossi
Dall’ingresso di Langun. Foto di Matteo Rivadossi
formando una specie di serpentone
rente. Nel raggiungere il punto ter-
le mappe, non dista molto dal luogo
nero che si dimena e che, volteggian-
minale della grotta ci accorgiamo di
dove mi sono immerso. Calcolando i
do, forma figure strane. Poi si disperde
una diversità rispetto alla scorsa volta:
metri percorsi e la direzione seguita,
nella giungla.
abbiamo percorso infatti circa mez-
non essendo uscito dove avrei voluto,
Questo fenomeno che accade a
zo chilometro in più perché il livello
torno indietro seguendo il mio filo. Da
Langun la scorsa volta lo abbiamo vi-
dell’acqua più basso, ha lasciato libero
questa parte non ha più senso conti-
sto alla sera, ma ora è ancora mattino
un passaggio allora sifonante.
nuare e perciò - tutti d’accordo - per
e i nostri pensieri sono rivolti ai sifoni
Preparo l’attrezzatura e guardo
tentare l’unione dei due sistemi, spo-
da percorrere: Simon andrà nel sifo-
pensoso l’acqua torbida nella quale
steremo le nostre ricerche partendo
ne a valle mentre io andrò in quello
m’immergerò. E’ vero che la visibilità
dal sifone a valle di Camparina.
a monte. Ci dividiamo in due squa-
dell’acqua è scarsa, ma in queste zone
dre, ma prima dobbiamo superare tutti
anche nei periodi meno piovosi come
Ogni volta che ritorniamo al cam-
la strettoia più pericolosa dell’intera
quello da noi scelto, la pioggia non
po base ci consultiamo per decide-
grotta perché è un punto di perma-
manca mai ed è già una bella fortuna
re in quale punto della ragnatela di
nenza fissa degli ibingan. Ci infiliamo
che il livello dell’acqua sia basso. Una
grotte dobbiamo andare e provare.
cautamente, ma siamo fortunati per-
prima mezzora la impiego vagando
Simon (l’altro speleo sub) ed io sia-
ché oggi il passaggio è deserto. Dopo
all’interno del lago per cercare una
mo determinati a trovare un po’ di
la galleria ritorna di dimensioni molto
prosecuzione a tastoni, infilandomi
congiunzioni, perciò uniamo le forze
ampie con 50 m di diametro. Cam-
sotto tronchi non molto stabili e ri-
per portare a casa il massimo risultato
miniamo nel fango fino a raggiunge-
emergendo sempre nello stesso po-
possibile a valle di Langun e riusciamo
re il fiume collettore che attraversa la
sto. Tutto ciò fino al momento in cui
a esplorare 600 m di nuove gallerie,
grotta. Un paio di metri cubi al se-
percepisco un minimo di corrente e
arrampicando anche in libera su pozzi
condo scorrono, a tratti placidamen-
finalmente trovo il passaggio giusto.
verticali, per poi fermarci nel labirintico
te a tratti con impeto, formando delle
Impiego due immersioni per percor-
quinto sifone.
rapide. Risaliamo a monte del fiume
rere un totale di 320 m di gallerie tra
Simon si propone di eseguire una
nuotando nell’acqua con scarsa cor-
passaggi completamente sommersi
congiunzione immergendosi a Pala-
e sale aeree. L’utilizzo della bussola
spas in direzione Borabot, mentre io
diventa fondamentale per scegliere il
vorrei unire Camparina con Langun.
passaggio giusto e riuscire a mante-
Finalmente arrivano le congiunzio-
nere la direzione necessaria che volge
ni desiderate. M’immergo nel sifone
verso la grotta Camparina che, dal-
terminale della grotta Camparina una
62
Speleologia
La grande ragnatela
Carabao al pascolo. Foto di Matteo Rivadossi
prima volta e non trovo niente, ma la seconda, finalmente, rintraccio il filo
Sifone a valle di Langun. Foto di Daryl
Calbiga, largo oltre cinquanta metri. Tensioni politiche
mentre una sentinella dall’alto della cascata, controlla i nostri movimenti.
da me fissato quando sono partito
Calbiga è anche il nome della citta-
Per qualcuno, compreso Simon, è
dal sifone a Langun durante la prima
dina nelle vicinanze polverosa e ru-
giunto il momento di tornare a casa
immersione. Quando esco fuori dopo
morosa. Qui ci rendiamo conto che,
e noi nove che rimaniamo, lasciamo
la congiunzione e guardo le facce in-
con l’avvicinarsi delle elezioni del
Calbiga, inoltrandoci nella giungla fino
terrogative degli amici, li lascio un po’
2016, la situazione politica è molto
a Barruz. Fra quattro ore di fuori stra-
sospesi e poi con un segno, faccio
tesa. I guerriglieri del NPI, finanziati
da con i camion oppure otto ore di
intendere di esserci riuscito e scop-
dalle barangay della giungla, sono in
barca sul fiume optiamo per il camion.
piano urla di felicità: altri 270 m di
lotta da oltre quarant’anni con l’eser-
Sul posto, siamo ospiti nella baracca
esplorazione. Anche a Simon riesce il
cito. Anche una banda di assassini,
del Capitain Barangay come la vol-
colpaccio di congiungere i suoi sifoni.
probabilmente finanziata dalla polizia
ta scorsa. La famiglia che ci ospita è
Adesso ingressi di grotte diverse di-
per colpire i guerriglieri, sta girando
numerosa, nove persone fra adulti e
ventano, tramite i passaggi nei sifoni,
per la giungla da diversi mesi, cre-
bambini; così, imparando a condivi-
un unico sistema lungo 17 km, il se-
ando non pochi problemi. L’esercito
dere le ristrettezze, nella capanna ci
condo complesso più esteso di tutte
che deve fronteggiare la guerriglia,
arrangiamo a dormire in ogni posto
le Filippine: Palaspas, Borabot, Ludi Bito,
si ritrova anche questa nuova gatta
dove fisicamente è possibile sdraiarsi.
Camparina, Langun e Gobingo.
da pelare. Ci sono posti nella giun-
Ci sentiamo persi e le feste danzanti
Nella lista delle cose da fare è se-
gla considerati strategici dai ribelli e
serali nella piazza sono l’unico diversi-
gnata la sorgente del sistema Balogo
quindi, il solo permesso dell’esercito e
vo esistente. Dobbiamo assolutamente
che dista un chilometro lineare dal
dei Capitain Barangay non è sufficien-
decidere come e dove muoverci per
fondo di Langun, ma dopo aver per-
te per avere accesso a queste aree.
la seconda fase esplorativa che avrà
corso quasi 200 m orizzontali tra i
Kalidungan si trova in una di queste
inizio da Barruz.
-60 e i -67 m di profondità, con at-
aree e noi sappiamo per vie traverse
trezzature ridotte al minimo, consa-
che i guerriglieri non vogliono che ci
pevoli di sfiorare i limiti, decidiamo di
andiamo. Ufficialmente nessuno ci ha
lasciare perdere e di concentrarci su
detto nulla e ci proviamo, ma giunti
un altro obiettivo importantissimo per
alla Barangay Literon, ci impediscono
la spedizione: la sorgente di Kalidun-
di continuare. Nonostante tentativi di
gan, una delle più grosse sorgenti del
conciliazione, possiamo solo fare un
mondo, dalla quale esce un fiume, il
bagno nelle calde acque del fiume,
Speleologia
63
SEGNI DI TERRA, ARIA, ACQUA E FUOCO Le montagne incise di Bruno Biffi
Terra (Grignetta), 2015, puntasecca e ossidazione su ferro mm 750x1000
di Tiziana Rota La mostra Dal 7 giugno al 26 luglio la Torre Viscontea ha ospitato le Ossidazioni di Bruno Biffi, grandi fogli in bianco e nero che hanno illuminato lo storico spazio espositivo di Lecco per la quinta edizione di Monti Sorgenti, la rassegna culturale pensata e fortemente voluta dalla sezione di Lecco del Club alpino italiano. Il tema non poteva che essere quello della montagna con cui l’artista lecchese si è misurato fin dalla prima edizione nel 2011 con la realizzazione di un’incisione, Mount Mckinley, che si è riproposta negli anni successivi, ogni volta con montagne la cui immagine
evoca avvincenti storie di alpinisti, di
è scomposta e analizzata, potremmo
spedizioni, di scalate al limite del pos-
dire ridotta ai minimi termini, nella loro
sibile: Dhaulagiri, Petit Dru, Cerro Torre,
bellezza essenziale. Terra, aria, acqua e
Nevado Rajuntay.
fuoco si confrontano sulle pareti con
Nel 2011 le opere di Bruno Biffi fu-
un linguaggio di segni specifici e ca-
rono presentate in una mostra accan-
ratterizzanti, grazie all’effetto dell’ossi-
to a quelle di altri due artisti, Giansisto
dazione: vera protagonista della mostra.
Gasparini e Giancarlo Vitali, e la stam-
Un’installazione di lastre ossidate rac-
pa del catalogo, La roccia incisa, favorì
conta l’origine delle carte inchiostrate e
un suggestivo confronto di tecniche e
suggerisce il processo alchemico che le
sensibilità artistiche.
ha generate.
La mostra Le montagne incise di
Se nella terza sala si cerca di mo-
Bruno Biffi - Segni di terra, aria, acqua
strare le fasi tecniche attraverso i vari
e fuoco inizia proprio con la storiciz-
stati di ossidazione, nella quarta sala gli
zazione di questo rapporto tra l’arte
elementi si ricompongono nei ritratti di
incisoria di Biffi intorno al tema della
montagne realizzate con ossidazione
montagna e il CAI, e introduce, fin dalla
ed incisione, messi a confronto nella
prima sala, il vero soggetto delle nuove
resa del segno.
sperimentazioni inedite dell’artista, con una splendida ossidazione Terra III e
64
relativa matrice, la lastra ossidata.
L’artista Bruno Biffi nasce a Lecco il 21 dicembre 1952 e vive a Galbiate. Inizia a
La sala centrale sviluppa il tema de-
dipingere nel 1980 e, dal 1987, si de-
gli elementi primari in cui la montagna
dica anche all’incisione. Affascinato da
questo nuovo mezzo espressivo, frequenta nel biennio 1988-89 i “Corsi Internazionali di Tecnica dell’Incisione” presso l’Accademia “Raffaello” di Urbino. Esordisce nel 1992 con due acqueforti per il CAI di Inverigo e comincia la sua intensa attività espositiva in mostre personali e collettive che si susseguono nel corso degli ultimi vent’anni, in cui illustra libri di poesie e realizza cartelle d’incisioni con altri artisti. Tra il 1997 e il 2008 si dedica principalmente all’attività di stampatore per importanti autori, tra cui Giancarlo Vitali, Velasco e Giansisto Gasparini. Nel suo
Bruno Biffi durante l’allestimento della mostra. Alle sue spalle lastra e stampa di Terra III. Foto di Massimo Di Stefano.
laboratorio di Lecco, in via Bezzecca,
espositivi temporanei del Comune di
all’applicazione competente e creativa
e presso istituzioni pubbliche e priva-
Lecco, per una donazione alla Collezio-
delle tecniche calcografiche ma ha cer-
te è attivo nell’organizzazione di corsi
ne di Grafica del Sistema Museale Ur-
cato nuovi percorsi e strumenti per tro-
di tecniche dell’incisione e di stampa.
bano Lecchese (Si.M.U.L). La procedura
vare un segno assolutamente originale
Collabora, dal 2010, con la Fondazione
di acquisizione è in corso.
e inedito: con le ossidazioni l’ha trovato.
Federica Galli di Milano, di cui cura la
Nel luglio 2015, in collaborazione con
Proprio sulla struttura della roccia ha
API Lecco e CONFAPI, Biffi presenta a
sperimentato per la prima volta le sue
Nel 2011 inizia la sua collaborazione
Roma la sua mostra Il cielo in una stan-
ossidazioni. Per questa materia roccio-
con il CAI di Lecco realizzando la prima
za, a cura di Paola Cassinelli. In questo
sa, le cave, ha cominciato a dipingere
delle cinque acqueforti per la rassegna
contesto la dott.ssa Alida Moltedo, re-
le lastre di alluminio e di ferro, anzichè
Monti Sorgenti e partecipando a Lecco
sponsabile delle Collezioni di stampe e
inciderle, sperimentando e provocando
alla mostra La roccia incisa, Gasparini,
disegni della Calcografia presso l’Istitu-
intenzionalmente il processo di ossi-
Vitali, Biffi, Montagne su carta a cura di
to centrale per la grafica a Roma (Mi-
dazione delle matrici e non limitandosi,
Tiziana Rota.
BACT), invitata alla mostra dall’autore, ha
come già fatto da altri in precedenza, ad
Nel giugno 2015, nell’ambito di Monti
scelto sette stampe da acquisire a quel-
utilizzare “ruggine spontanea” ossia la
Sorgenti, il CAI di Lecco gli organiz-
le collezioni. E’ in corso la procedura
corrosione cresciuta lentamente e ca-
za la personale alla Torre Viscontea “Le
per l’acquisizione delle opere: Cielo XI,
sualmente come fenomeno di degrado
montagne incise di Bruno Biffi. Segni di
Cielo XII, Cielo XXIII, Cielo XXIV, Cielo
dei metalli.
terra, aria, acqua e fuoco”, a cura di Ti-
XXVII, Cielo XXX, Cielo XXXII, di diffe-
Biffi stende il liquido ossidante, sua
ziana Rota, e pubblica un catalogo che
renti dimensioni, ma realizzate tutte con
segreta pozione di acidi e sali, con un
vuol essere anche un ringraziamento
la tecnica dell’ossidazione su ferro.
pennello sulla lastra che ha preparato.
parte tecnico-didattica.
a Bruno per la passione, l’impegno e
Di lui hanno scritto Emilio Aldeghi,
Provoca e guida il processo di ossida-
la costanza che hanno da sempre ca-
Simona Bartolena, Paola Cassinelli, Luigi
zione, sull’onda dell’emozione e dell’idea
ratterizzato la sua collaborazione con
Erba, Marco Rota, Tiziana Rota, Lorenza
“porta in giro la macchia” sulla lastra
Monti Sorgenti.
Salamon, Michele Tavola,
con gesti rapidi e immediati, tuttavia
Quattro ossidazioni di grande for-
Ossidazioni
mato – Cielo XI (Aria II) del 2013, Ter-
Bruno Biffi, maestro incisore di tecni-
ra III, Terra Grignetta, Terra Due Mani
che classiche derivanti da una forma-
del 2015- sono state scelte dalla dott.
zione accademica ad Urbino e stam-
ssa Barbara Cattaneo, Conservatore del
patore per molti artisti incisori nel suo
Polo museale di Villa Manzoni e spazi
laboratorio di Lecco, non si è fermato
sapientemente calibrati per ottenere effetti che è in grado di prevedere.
65
di
prove, in una sequenza che alterna
interventi sulla lastra e nella stampa in successione rapida e con tiratura molto limitata, prima che la traccia scompaia e resti sulla lastra una pallida ombra. Naturalmente l’artista non perde l’occasione di cogliere, in corso d’opera, gli imprevisti chimici e di beneficiarne come argutamente sottolinea Lorenza Salomon quando racconta il mestiere di Biffi, l’abilità del professionista e l’umiltà dell’uomo. La grande esperienza tecnica coniugata alla sua professioTerra II, 2015, ossidazione su alluminio mm 400x605
nalità di stampatore gli permette, senza intermediari e in tempi rapidi, di do-
Dapprima, in fase sperimentale, il piacere degli effetti a sorpresa e la scoperta delle potenzialità
all’origine del mondo: terra, aria, acqua e fuoco.
segniche del
In pochi giorni la pozione fa il suo
processo, ora una grande esperienza
corso e l’ossidazione fiorisce sulla lastra.
gli permette di modulare effetti voluti e
Poi una serie di interventi per ottene-
definire un segno primario individualiz-
re una scala di grigi abbassando il nero
zato per ciascuno dei quattro elemen-
con il brunitoio o raschiando “l’infiore-
ti che i filosofi presocratici ponevano
scenza” dove occorre. Subito una serie
Fuoco II, 2015, secondo stato di ossidazione su ferro mm 355x340
minare un processo tecnico e creativo assolutamente inedito di “scrittura” e di esplorarne tutte le potenzialità. Ancora qualche intervento con la punta secca per creare una velatura o definire un profilo o per restare ancora in un rassicurante orizzonte figurativo ma alla fine Biffi si libera dal disegno e affida l’immagine al segno di ossidazione per restituirci con grande pittoricità la porosità scabra della materia rocciosa, la leggerezza gassosa e sognante dell’aria che la incornicia e la modella, la trasparenza dell’acqua che la rispecchia e la scava e infine il fuoco che la fonde dentro le viscere. Nel corso della mostra due visite guidate si sono concluse con una dimostrazione in diretta della nascita di un’opera attraverso il processo dell’ossidazione della matrice e la sua stampa con il torchio. Gli elementi primari La riduzione ai segni primari degli elementi ha condotto quasi inconsapevolmente Biffi vicino alla speculazione dei primi filosofi che hanno voluto andar oltre le spiegazioni mitologiche del mondo e hanno cercato, magari con una certa ingenuità, l’unità di tutte le cose e che
razionale
risultano ancor
oggi insostituibili, non solo per la com-
non poteva che essere il
prensione delle radici della cultura occi-
cielo sopra le montagne
dentale, ma anche per un’interrogazione
il punto di partenza nel
consapevole della realtà contempora-
processo di sperimenta-
nea. Certo Bruno Biffi procede non da
zione con l’ossidazione
speculazioni filosofiche, ma da visioni
che lo ha portato gra-
di paesaggio interiorizzato e, attraver-
dualmente verso l’astra-
so manipolazioni di materiali, tecniche
zione dell’elemento aria,
sperimentali, giunge all’archè, al princi-
soffio che circonda il
pio delle cose e ce lo mostra sulla carta
mondo intero. Ha guar-
interrogandosi e interrogandoci.
dato in alto, pur man-
Le sue tavole, sempre più grandi, al
tenendo un ancoraggio
limite delle potenzialità del suo tor-
al profilo della terra ed
chio, sembrano voler isolare un pezzo
ha raccontato il ribollire
di immensità per mostrarci la bellezza
gassoso
e il valore inestimabile dell’infinitamente
nel grande dittico rino-
essenziale: terra, aria, acqua e fuoco.
minato Aria I , 2013, o il
dell’elemento
La TERRA per Bruno Biffi, nato e cre-
turbinio dei venti e della
sciuto su questo ramo del lago di Como,
luce filtrata dalle nubi in
non può che essere la roccia delle mon-
Aria II, 2013. Finalmente
tagne, “all’ultimo grado le pietre”, per
pacificata l’aria si sten-
Anassimene di Mileto (Mileto, 586 a.C.
de in nubi sfilacciate e
circa – 528 a.C.) Le guglie di Terra IV,
orizzontali
2015, rendono con pennellate verticali,
nella vertiginosa verti-
più che ogni linea incisa, la materia cal-
calità della tavola Aria
carea prodotta da lunga stratificazione
III, 2014, dove la stri-
geologica e ridisegnata ad opera di aria
scia di terra residuale
e acqua. La materia sfrangiata e sca-
accentua la profondità
bra nell’ossidazione assume morbidezza
del cielo.
quasi vellutata nelle cromie dei bianchi e
L’unità
stratificate
dell’elemento
dei neri e della ruggine strappata alla la-
ACQUA è anche l’unità
stra. Le pareti calcaree delle cave, Ter-
del mondo per Talete
ra II, 2015, messe a nudo dal lavoro di
(Mileto, 640 a.C./625
taglio e scavo che ha lavorato e anche
a.C. – 547 a.C. circa) e
distrutto i fianchi delle montagne, non
l’acqua del nostro lago
più definite dagli spigoli netti dell’inci-
nel rispecchiare i cieli di
sione, germogliano negli interstizi con
passaggio, le pareti ver-
ciuffi di erbe e arbusti riparatori, oppu-
ticali che incombono, i
re mostrano la terra informe e arresa
fondali scuri e misteriosi,
di una voragine scavata, Terra I, 2014.
le luci della città è me-
“Come l’anima nostra, che è aria, ci so-
tafora dell’unità di que-
stiene, così il soffio e l’ ARIA circondano
sto mondo affacciato sul
il mondo intero” sostiene Anassimene.
lago. L’acqua di lago che
Bruno Biffi ha chiamato cieli le sue os-
guarda Bruno Biffi è già
sidazioni realizzate tra il 2013 e il 2014
scesa dalle montagne
ed esposte nella mostra Cieli di carta. E
con l’andamento impe-
Acqua VI, 2014, ossidazione su alluminio, mm 605x400 Sotto: Aria II, 2013, ossidazione e acido diretto su ferro, mm 1000x700
vedere a confronto lo stesso soggetto realizzato con tecniche classiche e con l’ossidazione e di coglierne le differenze e le specificità.
La Grignetta 2011, ci appare nella luce lunare come una forma intatta: rigorose geometrie semplificano i contorni che sappiamo sfrangiati, definiscono i volumi attorno a cui si crea un vuoto quasi sacrale. La bella guerriera altéra e ferrigna che la leggenda ci racconta è lì in tutta la sua distanza e bellezza inviolata a sfidare ogni pretesa di conquista. Un momento dell’inaugurazione. Foto di Massimo Di Stefano.
Questa visione unitaria e mitica della montagna non è però il punto d’avvio
tuoso dei torrenti e, raccolta nel baci-
dine universale è il segno del divenire.
no lacustre, iniza il suo scorrerre lento
Un segno molto difficile da afferrare,
verso il fiume nella pianura. L’anda-
rispetto al calmo scorrere dell’acqua o
mento leggermente obliquo del segno
al passeggio delle nuvole. Segno ascen-
steso con pennellate parallele racconta
sionale di grande movimento si espan-
questo andare appena percepibile quasi
de e divora, ma è luce e calore. E’ l’ul-
vicino all’immobilità in Acqua I, 2014,
timo segno che Biffi ha cominciato ad
e Acqua V, 2015, mentre macchie più
esplorare con le sue ossidazioni e, come
scomposte e convergenti nel nero in-
sempre, è giunto all’astrazione per via
tenso portano in profondità in Acqua VI,
di immagini consuete o domestiche. In
2014. I giochi di luce quando il vento
Fuoco I, Fuoco IV, 2015, procede con
increspa appena la superficie e le cre-
pennellate quasi parallele, spettrali o fu-
stine dell’onda si confondono con l’im-
mose che rimandano agli incendi bo-
magine delle nuvole in Acqua II, 2014, e
schivi: quel fuoco che nelle giornate di
la schiumetta di un’acqua forse un po’
vento ha tracciato percorsi di distruzio-
malata confonde il profilo di terra che
ne sulle montagne qui intorno. Fuoco II,
si specchia in Acqua II, 2014, dove si
2015, nei due stati è invece una visione
coglie perfettamente l’azione creatrice
più ravvicinata del focolare che fa da
dell’ossidazione guidata dall’artista.
centro e circoscrive l’espandersi delle
“Quest’ordine universale, che è lo
fiamme di cui si sente il crepitio. Non
stesso per tutti, non lo fece alcuno tra
c’è rosso, non c’è giallo, ma c’è luce e
gli dei o tra gli uomini, ma sempre era
calore e il suo movimento ci rapisce.
è e sarà FUOCO sempre vivente, che
La montagna ancora
si accende e si spegne secondo giu-
Anche la montagna all’origine di que-
sta misura”. Tutto ha origine e fine nel
sto processo di astrazione che non per-
fuoco secondo Eraclito (Efeso, 535 a.C.–
de mai il suo riferimento al dato fisico
475 a.C.) Il fuoco vivente domina l’or-
degli elementi naturali, ritorna in forme riconoscibili ma, grazie all’ossidazione, ha uno spessore materico, una morbi-
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dezza pittorica, una profondità spaziale che la rende reale e solenne ad un tempo. Questa mostra ci permette di
dell’ esplorazione visiva di Biffi, piuttosto una sintesi unitaria di un avvicinamento progressivo alle forme, alla materia delle rocce ,alle ombre degli anfratti, alla luce delle creste.
Terra
Grignetta,
2015
modellata
dall’acqua e dal vento si immerge in un cielo grande e i suoi fianchi scendono più dolcemente verso la terra, sfatando il mito di inaccessibilità della bella guerriera. Le creste del Resegone in Terra Re-
segone, 2015, definite dall’andamento controllato dell’ossidazione, riflettono bagliori da quel cielo nero a cui fanno cornice. In quel nero sono racchiuse tutte le sfumature di luce delle rocce e del cielo nei vari momenti di luce e tenebra che ben conosciamo. La montagna indagata nei suoi elementi primari diventa montagna simbolica, sintesi monumentale della terra lì a ricordarci le sue origini lontane e questi preziosi e semplici elementi primari che sono da sempre e ancora la base della vita sul nostro pianeta.” Catalogo della mostra a cura di Tiziana Rota, LE MONTAGNE INCISE DI BRUNO BIFFI - Segni di terra, aria, acqua e fuoco, Monti Sorgenti 2015.
“MONTAGNE DENTRO, LO SPAZIO DELL’ANIMA” I monti di Lecco in mostra allo Spazio D di Tiziana Rota
C
inque montagne, le nostre: il Resegone, le Grigne, il Moregallo, Il Monte Barro e il
San Martino percorse,
guardate
e interiorizzate da una sensibilità femminile che, senza ignorare l’approccio cognitivo-razionale e fisico-sensoriale, le trasfigura in uno spazio onirico-interiore che prende
i particolari della natura, le cono-
lo e diventa metafora di memoria
scenze della storia ma soprattutto
soggettiva e storica. La sfrangiata
ricordi e emozioni.
e luminosa linea di costa dell’abi-
I suoi olii, ritratti di montagne,
tato si pone quale asse di simme-
sono poi la sintesi della visio-
tria a promettere il mantenimento
ne attuale e la sua trasfigurazione
di un equilibrio sempre minacciato.
attraverso il ricordo emozionale
Dall’altro lato il San Martino, guar-
del passato, diventano uno spazio
dato da distanze dilatate, emerge
dell’anima. Questo spazio è ridefi-
quale isolotto a cui si àncora fidu-
nito geometricamente da poliedri
ciosa la città. Il Resegone sembra
Daniela Padelli, Monte Barro, olio su tavola, 2012, 60x60 cm
forma, colore, materia nelle opere di tre artiste: Daniela Padelli, Marialuisa Sponga e Monica Bonacina. Daniela Padelli esplora le montagne conosciute e nei suoi acquerelli appunta gli scorci paesaggistici,
70
Appuntamenti
Marialuisa Sponga, Infinito Bianco, assemblage di materiali su tre strati, tessuto di cotone e poliestere, cellophane, tulle, fiocco di lana tinto naturale, polietile
di roccia “cinque poliedri di pietra
piangere una città sommersa e il
sollecitano in me platonica bellezza,
Moregallo porta i segni di incendi
disegnano la geometria della mia
e cave che sollecitano la memoria
anima” rivela Daniela nella prima
di tragici eventi e ferite indelebili.
pagina del raffinato volumetto che si è regalata.
Marialuisa Sponga opera nella
Ha il colore azzurro, quello della
tridimensionalità degli “arazzi” dove
spiritualità, il Monte Barro: nella sua
assembla fibre, polietilene, stoffe,
lontananza remota ha perso la sua
rame con cui cuce e tesse inedite
fisicità incombente in un gioco di
trame. Le solide architetture natu-
rispecchiamenti tra acqua e cie-
rali delle montagne diventano nelle
sue manipolazioni spessori, super-
cie per ridisegnarla in nuove forme
e le sue rappresentazioni. Anche la
fici tattili e visioni in cui la varia-
che conducono in un’altra dimen-
dichiarazione d’amore di Stoppani
bile cromatica è data dalla scelta
sione.
per le nostre montagne citata con
di materiali diversi. Le montagne,
una scrittura traforata e le pietre ci
scelte come compagne quotidiane,
Tre donne accarezzano la mon-
parlano della bellezza della “crosta”,
diventano nei suoi lavori morbidi
tagna senza pretesa di conquista
ma ci conducono dentro le strati-
rilievi fluttuanti in un palpabile letto
ma certo con la volontà di svelarne
ficazioni geologiche e le tracce di
di nuvole, Infinito Bianco.
il fascino e le potenzialità più inti-
vita alla cui scoperta si è dedica-
me e nascoste. Ad introdurle ad una
to. Un’intuizione geniale per rap-
Nel silenzio incantato dei se-
visione affettuosa e di conoscenza
presentare, attraverso l’iconografia
gni d’ombra evidenziati dalla luce,
non sembri strano esserci la figu-
consueta dei monumenti a lui de-
Neve nera, lascio la parola alla fo-
ra di un uomo dell’Ottocento che
dicati, il ruolo di questo pensatore
tografa Monica Bonacina. “Ho visto
le montagne ha esplorato e tanto
nell’ indicarci le bellezze della nostra
il nero della neve, quella sfumatura
amato, Antonio Stoppani, scienzia-
terra, anche dentro.
scura che la nostra mente non re-
to, escursionista, letterato e altro
Monica Bonacina, Nero come Neve, fotografia in bianco e nero, 2013 40x60 cm
gistra, che il nostro sapere cancella
ancora che ci ha indicato le vie per
dai neuroni. La neve è nera, anche
incontrare la montagna.
nera, a volte molto nera. Per nien-
Ed è la sensibilità di un arti-
te intimidita, si è svelata e lasciata
sta, Raouf Gharbia, ad introdurre la
fotografare, come un’artista con le
mostra con un’opera in vetrina. La
sue opere. Ed io, improvvisamente,
sagoma di Stoppani, del suo monu-
ho viaggiato. Tra dune di deserto,
mento, quello ad opera di Michele
in onde di mare, persino sulla luna.
Vedani, appena restaurato sul lun-
In silenzio, come senza rumore e
golago di Lecco, ritagliata e ribal-
parole sono, queste mie fotografie.”
tata dentro-terra, apre una finestra
Dentro le impronte, oltre la superfi-
reale e metaforica sulla montagna
Raouf Gharbia, Omaggio a Stoppani, incisione a caldo su polionda alveolare grigio, 2015, 200x100 cm
Appuntamenti
71
RECENSIONI GUIDA ALL’ARRAMPICATA SUI CORNI DI CANZO E MOREGALLO Z_ 7Zh_WdW 8Whk\ăd_ Il libro, curato da Gianbattista Magistris, Gian Maria Mandelli e Luciano Riva, viene pubblicato dai CAI di Valmadrera e Oggiono nel cinquantenario di fondazione della Scuola intersezionale di Alpinismo Attilio e Piero Piacco, riprendendo e ampliando i contenuti di due precedenti pubblicazioni non più reperibili sul mercato, il libro-guida L’isola senza nome del 2005 e la guida Valmadrera – escursioni ed itinerari alpinistici, del 1979, ristampata nel 1996. Il volume, dando spazio sia all’alpinismo classico che all’arrampicata sportiva, ripropone in modo completo ed esauriente la storia, l’attualità e il significato dell’arrampicare nel gruppo dei Corni di Canzo e Moregallo, che non sono certo grandi montagne, “possono apparire insignificanti al confronto con le imponenti Grigne”, ma con i loro “fianchi ripidi ed eterogenei” offrono a chi le avvicina la sorpresa di esperienze soddisfacenti. Nei capitoli introduttivi, accanto alle informazioni su accessi stradali, rifugi, ristori e sentieri, trovano spazio notizie sintetiche su flora, fauna, geologia, storia alpinistica del gruppo. Segue la descrizione degli itinerari, che sono tutti quelli esistenti, identificati in base al settore di montagna, all’orientamento, al numero progressivo e nome delle vie. Di ogni via è indicato il tipo (alpinistica, sportiva, alpinistica/ sportiva), il nome dei primi salitori, la difficoltà, lo sviluppo. E poi ci sono informazioni dettagliate sui materiali, commenti, relazioni, tracciati su foto o disegni, schizzi schematici. Qua e là, inframmezzate alla descrizione tecnica dei percorsi, alcune pagine scritte in corsivo dedicate a racconti: sono pensieri, impressioni, ricordi, esperienze, per lo più narrati sul registro del sentimento e dell’emozione.
CAI Valmadrera Oggiono – Scuola di Alpinismo Attilio e Piero Piacco A cura di Gianbattista Magistris, Gian Maria Mandelli, Luciano Riva Arrampicate sui Corni di Canzo e Moregallo. Salite classiche e sportive nel Triangolo Lariano Idea montagna. Editoria e alpinismo, Piazzola sul Brenta PD, settembre 2015
AVVENTURE, NATURA E NON SOLO di Emilio Aldeghi Piani d’Erna, primo pomeriggio. Sono seduto al tavolo di un bar con Fiore e ci scambiamo qualche pensiero a ruota libera con il Resegone che fa da sfondo al nostro divagare. Parliamo di uomini di montagna, degli alpinisti lecchesi che avrebbero un mondo da raccontare. Mi dice che sarebbe bello che chi ha vissuto emozioni, chi ha realmente qualche cosa da condividere lasciasse dei ricordi scritti. Mi confida che a sua volta gli piacerebbe ampliare la sua piccola pubblicazione proposta qualche anno fa. Passano circa due mesi e mentre mi godo una breve vacanza in Val Pusteria ricevo una sua telefonata: “Ciao sono il Fiore ho pubblicato il libro di cui avevamo parlato”. Appena tornato a casa sono andato naturalmente a procurarmelo pieno di curiosità. Pagina dopo pagina Fiore mostra i passi del suo viaggiare, un recupero dei ricordi snocciolando nomi e situazioni che danno concretezza ad una storia realmente vissuta. Sotto ogni dinamica della vita si intravedono in chiara trasparenza i suoi pensieri e i suoi sentimenti. Nei passaggi del libro ci sono avventure fortemente volute, non certo di secondo piano, ma non c’è la ricerca ossessiva di un limite da raggiungere: se nel suo scritto dovessi trovare il nucleo direi che è la volontà di fare lasciando che l’ampliamento della conoscenza di se stesso si rigeneri nel rapporto con gli altri. Poi ci sono le lupe a zampettare fra le pagine del libro; un collante non banale a dimostrare che gli orizzonti di Fiore contemplano oltre agli uomini la natura ed il senso di libertà che da essa si sprigiona. “Fiore e lupe – diari di viaggio e altre storie “ colpisce nel segno il lettore che nel proprio futuro immagina una nuova scoperta, ma non di meno aiuta a sognare ad occhi aperti chi più pigramente approfitta di una sana lettura in relax sulla propria poltrona.
Fiorenzo Bulfer Fiore e lupe 2015
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Recensioni
NEL GRUPPO DELLO ZUCCONE CAMPELLI Z_ 7Zh_WdW 8Whk\ăd_ A distanza di quasi 30 anni dalla pubblicazione della prima guida di arrampicata del gruppo dello Zuccone Campelli, la sottosezione di Barzio ha recentemente dato alle stampe un’edizione aggiornata, un libretto agile, formato “zaino”, che raccoglie la totalità degli itinerari esistenti: le vie storiche, gli itinerari via aggiunti da semplici alpinisti o da arrampicatori di fama, fino alle più recenti realizzazioni dell’arrampicata sportiva su questa “montagna dalle poliedriche facce” le cui forme richiamano pareti dolomitiche e “nella cui estensione sono disponibili ancora parecchie opportunità su cui cimentarsi con terreni diversi ed inediti”. Di ogni componente del gruppo, Zucco di Pesciola, Pilastri dei Campelli e Zucco del Barbisino, la guida presenta in modo sintetico i settori e, di ogni settore, le vie, con una descrizione schematica delle caratteristiche tecniche. Uno spazio è riservato alle due ferrate (Mario Minonzio e Pesciola), mentre i capitoli finali sono dedicati alla nuova falesia d’arrampicata sportiva denominata L’era glaciale e al settore della Falesia delle marmotte che offre semplici itinerari ideali per scuole di alpinismo e ragazzi alle prime armi. La trattazione è completata da un ricco apparato di fotografie sulle quali sono disegnati i tracciati delle vie.
CAI Barzio, sezione di Lecco SUPER CAMPELLI – Vie di arrampicata e ferrate Stampa Memigraph, Introbio (LC) agosto 2015
UN’ALPINISTA MEDICO IN NEPAL DURANTE IL TERREMOTO di Renato Frigerio Una giovane donna, medico e appassionata alpinista, ha la sventura di trovarsi al campo base dell’Everest in attesa di salire la vetta del Lhotse, proprio quel tragico giorno di aprile quando lo spaventoso terremoto sconvolse catastroficamente il Nepal. Un’enorme valanga di neve e ghiaccio staccatasi dal Pumori scaricò la sua furia anche su quel campo base, e lei non ci pensò un istante a rinunciare alla conquista della montagna per dedicarsi strenuamente al soccorso di chi nel campo base era rimasto mortalmente ferito e per continuare il suo servizio umanitario una volta scesa nei villaggi e nella città di Kathmandu dilaniata dal cataclisma. Ritorna dal Nepal arricchita da un’esperienza che le ha stravolto l’esistenza e l’ha caricata di tanti suggestivi ricordi e profonde riflessioni che racconta, illustrandoli con stupende immagini fotografiche, in questo libro che commuove e costringe a pensare. Leggendo e contemplando, incontreremo il Nepal in un modo più nitido e convincente, come forse non ci è stato possibile conoscerlo dai numerosi documentari apparsi nei giorni che seguirono quell’infausto evento. Il ricavo della vendita del volume andrà a finanziare progetti di ricostruzione in Nepal con l’ONG “Friends of Nepal”.
Annalisa Fioretti OLTRE Nepal. Viaggio al contrario tra polvere e sorrisi Bellavite editore in Missaglia, 2015
BOULDERING IN VALMASINO di Renato Frigerio Se tutto il territorio valtellinese si presta ad offrire opportunità eccezionali di soddisfazione a chi predilige l’arrampicata su boulder, la Val Masino in particolare si presenta agli stessi appassionati come un vero paradiso in terra. Come scrive l’autore nella premessa del volume, ponderoso nel senso letterale del termine per le sue ben 448 pagine che lo compongono, la quantità dei nuovi massi scoperti e puliti tra Val di Mello, Valle dei Bagni e Piana del Remenno, insieme agli innumerevoli passaggi già aperti ultimamente, evidenziano la necessità di provvedere ad una pubblicazione, resa ormai indispensabile per gli appassionati che frequentano queste località. Vede così la luce una terza edizione come frutto di un impegnativo lavoro di ricerca per recensire tutti i blocchi presenti in Val Masino, nei quali quasi 400 sono stati i nuovi passaggi aperti negli ultimi tre anni. La guida si arricchisce inoltre di una novità che le permette di stare al passo con la tecnologia mediatica del nostro tempo e che sarà certamente apprezzata dai suoi lettori. Viene infatti offerta l’interattività con i video dei blocchi, tramite un QR Code e una semplice applicazione scaricabile gratuitamente da tutti gli smartphone. In tal modo sarà possibile vedere, ovunque ci sia una connessione, quasi 200 passaggi: dai più semplici agli estremi o mitici, sparsi per tutta la valle.
Andrea Pavan MELLO BOULDER – Blocchi in Val Masino Collana “LUOGHI VERTICALI” – Edizioni Versante Sud, 2015
Appuntamenti
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INFORMAZIONI DALLA SEGRETERIA - TESSERAMENTO AGEVOLAZIONI E BENEFICI PER I SOCI Agli associati è garantita la copertura assicurativa per infortuni che si verifichino nell’ambito di iniziative organizzate dal Sodalizio, ivi compresi i corsi e le scuole, oltre alla copertura assicurativa del Soccorso Alpino per attività sia sociali che personali. I soci possono essere assicurati per gli infortuni in attività personale richiedendo la copertura assicurativa presso la sezione di appartenenza. Il socio ordinario riceverà al proprio domicilio la rivista mensile del Cai “Montagne 360” e la rivista quadrimestrale sezionale ”CAI Lecco 1974”. Tutti gli associati, con la presentazione della tessera riportante il bollino relativo al 2015, potranno usufruire degli sconti previsti dalle convenzioni indicate nell’apposito riquadro. Tutti gli associati potranno usufruire gratuitamente dei servizi offerti dalla sezione: accesso alla documentazione presente nella biblioteca sezionale, utilizzo di internet, lettura dei periodici e delle riviste presenti in sede. Tutti gli associati otterranno sconti sull’acquisto di libri o pubblicazioni del CAI. IL RINNOVO DELLA TESSERA PUÒ ESSERE EFFETTUATO: In sede: Tutti i martedì non festivi dalle ore 20:30 alle 22:00. Tutti i venerdì non festivi dalle ore 18:00 alle 20:00 (escluso venerdì 25 marzo 2016) con pagamento in contanti, con assegno o con Bancomat In alternativa, il pagamento potrà essere effettuato a mezzo: a) Bollettino c/c Postale n. 12049227 intestato a C.A.I. Sezione di Lecco. b) BANCA POPOLARE DI SONDRIO, Agenzia di Piazza XX Settembre a Lecco, sul conto corrente intestato a C.A.I. Sezione di Lecco, Codice IBAN IT07J0569622902000002154X06. c) DEUTSCHE BANK, sul conto corrente intestato a C.A.I. Sezione di Lecco, IBAN IT74I0310422901000000024150.
RICORDIAMO DUE FACILITAZIONI PER IL RINNOVO La segreteria, nei mesi di gennaio, febbraio e marzo, sarà aperta anche sabato dalle ore 15:00 alle 17:00 a partire da sabato 9 gennaio 2016 (escluso sabato 26 marzo – vigilia di Pasqua). L’affollamento in genere è inferiore rispetto al martedì e al venerdì sera. Il bollino può essere spedito per posta a domicilio, con un contributo, per socio o per nucleo familiare, di € 2,00 per spese postali e di segreteria. Con il bollino verrà inviato il bollettino di c/c postale pre-compilato per il pagamento. I soci interessati dovranno contattare la Segreteria telefonicamente o per lettera. CALENDARIO CHIUSURA SEDE Venerdì 25 marzo 2016 (Venerdì Santo)
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Informazioni
QUOTE SOCIALI 2016 Riportiamo qui di seguito le quote sociali per il 2016. Socio Ordinario Socio Ordinario*
€ €
46,00 24,00
€ €
24,00 16,00
€ € €
20,00 5,00 2,00
(nati dal 1990 al 1998)
Socio Familiare Socio Giovane** (nati nel 1999 e anni seguenti)
Socio Vitalizio Tessera per i nuovi Soci Duplicato Tessera
*Al Socio ordinario di età compresa tra i 18 e i 25 anni viene applicata automaticamente la quota dei soci familiari. Tale Socio godrà di tutti i diritti del socio ordinario. **Socio giovane: a partire dal secondo figlio giovane in poi, il socio giovane verserà la quota di € 9,00. Si precisa che per poter usufruire dell’agevolazione prevista, il socio giovane dovrà avere un socio ordinario di riferimento (capo nucleo) in regola con il tesseramento dell’anno in corso ed appartenere ad un nucleo familiare con due o più figli giovani iscritti alla Sezione.
DIMISSIONI E MOROSITA’ Il socio può dimettersi dal Club Alpino Italiano in qualsiasi momento; le dimissioni devono essere presentate per iscritto al Consiglio Direttivo della Sezione, sono irrevocabili ed hanno effetto immediato, senza restituzione dei ratei della quota sociale versata. Il socio è considerato moroso se non rinnova la propria adesione versando la quota associativa annuale entro il 31 marzo di ciascun anno sociale; l’accertamento della morosità è di competenza del Consiglio Direttivo della Sezione; non si può riacquistare la qualifica di socio, mantenendo l’anzianità di adesione, se non previo pagamento alla Sezione alla quale si era iscritti delle quote associative annuali arretrate. Il socio di cui sia stata accertata la morosità perde tutti i diritti spettanti ai soci.
LUTTI Nel corso del 2015 ci hanno lasciato: Giampiero Gandola, socio CAI dal 2006 Alberto Dalla Rosa, iscritto al CAI Lecco dal 1948 e dal 1947 membro del gruppo Ragni, sempre vicino all’ambiente alpinistico lecchese, a favore del quale ha messo a frutto in più occasioni la sua esperienza alpinistica e le sue grandi capacità tecniche e organizzative. Roberto Traverso, dal 1953 affezionato socio della sezione di Lecco del CAI che lo ha festeggiato due anni fa per i sessant’anni di iscrizione al sodalizio. Gianfranco Polvara, appassionato frequentatore del gruppo Sci di Fondo. Ai famigliari degli scomparsi la partecipazione affettuosa di tutta la sezione
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Per ottenere gli sconti indicati è necessario esibire la tessera del CAI Lecco regolarmente rinnovata. Possono usufruire delle convenzioni anche i soci delle sottosezioni del CAI Lecco: CAI Barzio, CAI Ballabio, Strada Storta. NB: Per le società commerciali o aziende che volessero attivare iniziative di promozione o sponsorizzazione con il CAI Lecco telefonare allo 0341-363588 (orari apertura sede) o al 3393216291.
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