Notiziario 3/2015

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NELLA PANCIA DELLE FILIPPINE

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IMMAGINI DALLA GUERRA BIANCA

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BAGNI D’ALTA QUOTA

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LA SCELTA DI STEFANO

26

BIANCHI TRONCHI DI BETULLA

28

RITIRATA SUL GANGE

42

L’ARTE DELLA MONTAGNA

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IN BICI NEL CAUCASO

6

UN GIORNO AL SAN MARTINO


IN QUESTO NUMERO

4 6

EDITORIALE LO SPIRITO DEL CAI Offrire il proprio contributo è il sale di una autentica passione collettiva di Emilio Aldeghi, presidente CAI Lecco

SENTIERI E PAROLE IMMAGINI DALLA GUERRA BIANCA Foto storiche della prima guerra mondiale tra suggestioni letterarie ed escursionistiche di Raimondo Brivio IMPRESE SUL CERVINO Dall’invernale sulla Nord di Bonatti alla corsa di Burgada di Renato Frigerio L’ULTIMO K2 Quel giorno del ’96, al campo base per abbracciare Lorenzo di Dino Piazza LA SCELTA DI STEFANO Tra sentimento e ragione, l’arrampicata sportiva invece dell’alpinismo di Gigi Alippi BIANCHI TRONCHI DI BETULLA Con le sue virtù, l’albero è una vera farmacia vegetale di Annibale Rota

16 20 23 26 28 34 38 42 49 50 56 58 64 70 72 74

ALPINISMO e ARRAMPICATA RITIRATA SUL GANGE Il desiderio di sfida e il tentativo alla parete Ovest del Bhagirathi 4 di Matteo Della Bordella BIG WALL FREE L’accanita scelta di una vita di salire in libera le grandi pareti di Simone Pedeferri

ALPINISMO GIOVANILE BAGNI D’ALTA QUOTA In Val Sarentino, con sole e aria frizzante, il 13° trekking di Alpinismo giovanile di Sofia, Elisa, Francesca, Serena

L’INTERVISTA L’ARTE DELLA MONTAGNA Scalatore, guida alpina, istruttore, manutentore di sentieri: il “Pepetto” si racconta di Matteo Manente

GEO

Notiziario quadrimestrale della sezione di Lecco “Riccardo Cassin”del Club Alpino Italiano N° 3/2015 Redazione: Adriana Baruffini, Angelo Faccinetto Direttore responsabile: Angelo Faccinetto Impaginazione e Grafica: BitVark - Pavia Tipografia: Grafiche Riga Annone Brianza Testata di proprietà del Club Alpino Italiano sezione di Lecco “Riccardo Cassin” Sede: via Papa Giovanni XXIII, 11 23900 Lecco Tel: 0341363588 Fax: 0341284717 www.cai.lecco.it sezione@cai.lecco.it Autorizzazione Tribunale di Lecco N. 5/78 del 20/06/1978 Spedizione in A.P. -45%- Art. 2 Comma 20/b legge 662/96 Tiratura 2300 copie Chiuso in redazione 14/12/2015

GAGLIARDETTO A SANTIAGO Al termine del cammino del Norte le insegne del GEO all’Oficina del peregrino di Claudio Santoro

ESCURSIONISMO IN BICI NEL CAUCASO Dalle rive del Danubio alle sponde del Mar Caspio, i 3500 km sui pedali degli “Oròbici” di Luca Pedeferri TROPPO CALDO AL PIZ ZUPÒ La gita alpinistica al Bernina rovinata dalle alte temperature di Andrea Spreafico

SPELEOLOGIA NELLA PANCIA DELLE FILIPPINE Spedizione esplorativa nelle grotte della foresta di Samar di Gigi Casati

MONTI SORGENTI SEGNI DI TERRA, ARIA, ACQUA E FUOCO Le montagne incise di Bruno Biffi

di Tiziana Rota

APPUNTAMENTI “MONTAGNE DENTRO, LO SPAZIO DELL’ANIMA” I monti di Lecco in mostra allo Spazio D

di Tiziana Rota

RECENSIONI INFORMAZIONI DALLA SEGRETERIA

Ruderi dell’acquartieramento austriaco Lempruchlager nei pressi della Cima Garibaldi; grandiose vedute su Ortles, vette e ghiacciai circostanti. Sulla cima dell’Ortles 3905 m e sull’anticima Vorgipfel 3845 m, l’esercito imperiale fece trascinare dai prigionieri di guerra russi numerosi pezzi di artiglieria coi quali “bombardava dal cielo” le postazioni italiane. Foto di Mauro Lanfranchi


LO SPIRITO DEL CAI Offrire il proprio contributo è il sale di una autentica passione collettiva di Emilio Aldeghi*

I

l 100° Congresso nazionale del CAI ha affrontato il tema “Quale volontariato per il CAI di domani”;

una riflessione che ha visto confrontarsi diverse sensibilità sul modo di interpretare il concetto del volontario nella nostra associazione. Il volontario è colui che offre gratu-

itamente le proprie capacità e disponibilità di energie a favore di un bene collettivo. I soci della nostra sezione, in forma assolutamente gratuita, hanno costruito una storia che non passa inosservata. I rifugi, costruiti, poi distrutti dalla guerra e infine ricostruiti, ne sono un emblema. L’acquisto della sede della sezione, con gli sforzi per metterla a disposizione di tutti i soci è sotto i nostri occhi. Le persone che hanno accompagnato i lecchesi, e non solo, sulle nostre montagne affinché ne percepissero in sicurezza la loro bellezza davvero non si contano. I soci che hanno risistemato o realizzato sentieri hanno lasciato il loro sudore disperdersi nei boschi.

se i nuovi tempi richiedono l’avvento della professionalità, se ci devono essere forme di entrata, ad esempio, attraverso l’editoria o il merchandising gestite professionalmente. Probabilmente la nostra associazione dovrà adeguarsi a questa visione di commistione fra attività dei soci e attività professionali, ma personalmente vorrei vedere il socio come un volontario che a volte può avere adeguata ricompensa se gli viene richiesto un compito nel suo ambito lavorativo. Davvero sarei in serio imbarazzo se un socio in ambito extralavorativo mi chiedesse un risarcimento economico. Una trasformazione del genere porterebbe allo sfaldamento del concetto di volontario attivo e consapevole, capace di offrire il proprio servizio per il bene della sua associazione. I cambiamenti, piccoli o grandi che siano, di una struttura organizzativa non devono minare i valori profondi e gli ideali che hanno permesso a uomini e donne di percorrere lunghi tratti di strada insieme, indifferenti alla diversità di ceto sociale, uniti nell’amore profondo per la montagna.

Codice etico La custodia delle emozioni che le terre alte offrono è stato il codice etico non scritto per intere generazioni e con questo credo si sono cementate amicizie che hanno tradotto un sentiero, un prato, un bosco in solidarietà. Adesso ci stiamo chiedendo se questo spirito deve essere cambiato,

Editoriale

sezioni, ridandogli il gusto del ritrovarsi per andare semplicemente in montagna, sburocratizzando le sezioni da rigidi doveri e obblighi attraverso un’organizzazione non più piramidale possa essere un’azione infinitamente più valida della difficile e forse incompatibile commistione fra volontariato e professionismo. Il tutto non rimanendo fermi al “così si faceva una

Il socio volontario Certamente occorre osservare che le persone disponibili per le più svariate attività, anche nella nostra sezione, sono sempre di meno. Gli interessi esterni si sono diversificati, le forme di comunicazione viaggiano attraverso nuovi canali, il tempo a disposizione delle persone sembra essersi ristretto,

4

1969. Allestimento bivacco Redaelli al Badile. Giulio Mila Giuseppe Spreafico

gli egoismi si sono accentuati. Io credo che riaffermare la centralità del socio volontario attivo nelle

volta e così si è sempre fatto”, ma adeguando il nostro modo di essere a linguaggi e ritmi al passo coi tempi, rispondendo in modo più agile e veloce a quelle necessità a carattere generale che di volta in volta ci si pongono innanzi. Il volontariato non è un’idea romantica ma il sale di un’autentica passione collettiva.

*Presidente del CAI Lecco


o Milani, Giovanni Ratti, Battista Corti, Giuseppe Spreafico, Dino Fiorelli. Foto archivio

1946. Soci della sezione di Lecco danno inizio alla ricostruzione della capanna Stoppani. Foto archivio Pino Comi-CAI Lecco


IMMAGINI DALLA GUERRA BIANCA Foto storiche della prima guerra mondiale tra suggestioni letterarie ed escursionistiche


di Raimondo Brivio ei luglio 2014, festa degli al-

S

Per curiosità vado a “sbignare”: sono

chiedo il permesso di riprodurle. Mi

pini di Livigno-Trepalle. A fine

foto della Guerra Bianca nel gruppo

frulla per il capo che possano venir

pranzo nella loro nuova bellis-

Ortles-Cevedale. Gobetti le regala agli

buone alla nostra rivista sezionale per

sima sede, Nicola Gobetti, imprendito-

alpini affinché siano conservate in un

arricchire qualche itinerario nella gio-

re brianzolo che vive a Livigno, dona

degno archivio.

gaia dello Stelvio. Permesso accorda-

alla sezione una ventina di fotografie.

Sono molto belle e interessanti e

to.


IL CENTENARIO Sono trascorsi due

strusse le vite di milioni di uomini e

anni di intensi bom-

donne, inutilmente sacrificati sull’altare

bardamenti, per fortu-

dei nazionalismi e di biechi interessi

na solo mediatici e ora

capitalistici. Chissà se sapremo trarre

attendiamo gli inevi-

insegnamento dalle “inutili stragi” e

tabili fuochi d’artificio

non ripercorrere nei nostri giorni vie

che suggelleranno nel

errate che lascerebbero ferite insana-

2018 il centenario della

bili.

vittoria. Personalmente

La Storia è maestra di vita, ci in-

spero almeno ci siano

segnavano; ma mi pare che l’aforisma

risparmiati trionfalistici

sia rimasto scritto sul ghiaccio e… con

toni celebrativi e/o la

l’aumento della temperatura…

saga degli enti turistici.

E a proposito di ghiacci, il caso ci ha

Peraltro, negli ultimi

messo fra le mani la serie di fotogra-

tempi non sono man-

fie vecchie di un secolo provenienti

cati

meditativi

dall’archivio familiare di Nicola Gobetti,

e di approfondimento

nipote del filosofo Piero Gobetti, gelo-

sull’immane

tragedia

samente custodite dall’altro zio, Enrico

che sconvolse e di-

Cola, classe ’99, nato a Bormio, arruo-

spazi


lato come sottotenente medico degli

cua., quasi tutte recano

alpini nella guerra 1915-18. Nella foto

sul retro un’accurata

qui a fianco lo vediamo in Grecia, a

descrizione

questo punto colonnello medico.

mastica e le situazioni

topono-

Epi Bormolini, eclettico Capogrup-

rappresentate. Una di-

po degli Alpini di Livigno-Trepalle,

dascalia recita in lin-

è guida alpina, maestro di alpinismo,

gua italiana “Il mortaio

maestro di sci di fondo, guida Parco

austriaco che bombar-

Nazionale Stelvio, istruttore di nordic

dò la IV Cantoniera”.

walking, e, soprattutto, simpatico ac-

Lo zio Cola raccontò

compagnatore di gite in montagna e

a Gobetti che l’assalto

gran “lavorone” (quando c’è da rim-

italiano per neutraliz-

boccarsi le maniche è sempre in prima

zare il piccolo mortaio

fila): aderisce al volo alla richiesta di

costò la vita a 18 alpini.

pubblicare le immagini sulla nostra ri-

Proponiamo ai let-

vista. Ringraziamo Epi, Nicola e gli al-

tori le immagini sen-

pini livignaschi.

za commenti, affinché

Sono foto austriache ambientate

ognuno possa trovare il

nel gruppo Ortles-Cevedale, certune

proprio universo inter-

numerate, il che fa supporre facessero

pretativo su quel che fu

parte di una collezione ben più cospi-

la vita di quegli uomi-


ni: alpini italiani, Kaiserjäger austriaci e fanti ungheresi, appollaiati a fronteggiarsi nei “nidi di aquile” fino ai 3900 metri dell’Ortles.

UNO SCRITTORE E UN POETA: BARBUSSE E REBORA Da IL FUOCO

Henri Barbusse (1873- 1935)

di Henri Barbusse Ci piace però lanciare alcune sug-

Antimilitarista, a 41 anni si arruolò

All’improvviso ci piomba addosso

gestioni. Una selezione di brani di uno

nel 1914 come soldato semplice per

un’esplosione terribile. Mi sento tre-

scrittore francese e una lirica di un po-

partecipare capire e raccontare cosa

mare fin dentro il cranio…La terra mi

eta italiano, che vissero entrambi sulla

fosse realmente una guerra moderna.

si è aperta davanti. Mi sento solle-

loro pelle gli orrori della guerra. E infine

Scrisse “Il fuoco” riordinando le note

vare e gettare di lato, piegato in due,

un itinerario scelto fra i molti Sentieri

appuntate giorno dopo giorno; una

mezzo soffocato e semicieco, da quel

della Pace, da percorrere in una bel-

prosa piana e realistica, senza eccessi

tuono e fulmine… Però mi ricordo con

la giornata estiva, fissando lo sguardo

descrittivi. Sono ritratti di rara effica-

chiarezza quell’istante: proprio men-

non solo sui grandiosi panorami, ma

cia in grado di scuotere le coscienze.

tre cercavo istintivamente, dispera-

anche ai pannelli illustrativi che rico-

Fanno pensare alle opere del pittore

tamente Poterloo, il mio compagno

struiscono quegli avvenimenti con

Otto Dix e in particolare al “Trittico

d’armi: ho visto il suo corpo saltar su,

ricchezza di immagini e di resoconti

della guerra”, pure lui volontario al

ritto e nero, con le braccia spalanca-

storici ben filtrati e mediati da diversi

fronte, ma nell’esercito tedesco.

te al massimo, e una fiamma al posto

studiosi dei paesi ex-belligeranti.

Ferito nel 1916,

della testa.

Barbusse pubblica

nello stesso anno “Il fuoco”, con cui vinse il Premio Goncourt.

… “Barbier è rimasto ucciso”. “Me l’hanno detto…” “E’ successo sabato notte alle undi-


ci… Mezza schiena portata via da una

senno… Certi gruppi sembrano dan-

Papà Ramure vorrebbe parlarmi a lun-

granata”, dice Marchal, “come tagliata

zare brandendo i coltelli. Sono felici,

go… “Ero un uomo onesto prima della

da un rasoio. Una scheggia ha tra-

immensamente sicuri di sé, feroci.

guerra” mi dice tra le lacrime. “Lavo-

passato a Besse pancia e stomaco… E

“Io ne ho trovati quattro in fondo a

ravo da mattina a sera per mantenere

del piccolo Godefroy – lo conoscevi,

un buco. Li ho chiamati per farli venire

i miei. E poi sono venuto qui ad am-

vero? – mezzo corpo spazzato via;

fuori: sono usciti uno a uno, e appena

mazzare i crucchi. E adesso mi hanno

in un istante si è svuotato di tutto il

fuori gli ho fatto la pelle…”

ucciso…Ascoltami, ascoltami, non te ne

sangue… Una esplosione ha tagliato di

Bertrand parla poco e mai di sé. Sta-

andare, ascoltami…”.

netto le gambe a Gougnard; lo hanno

volta invece racconta: “Me ne sono

raccolto che non era ancora morto del

arrivati a tiro tre. Ho picchiato come

Uno di noi, in tono triste come una

tutto…”

un matto. Ah, quando siamo arriva-

campana a morto, dice: “Hai voglia a

ti qui tutti eravamo come bestie!” e

raccontarlo, tanto non ci crederanno.

Il sottile strato di difensori si è rin-

prosegue… “Sarà opera dell’avvenire

Il giorno in cui, se saremo ancora vivi

tanato nelle buche, dove li catturiamo

cancellare questo presente e cancel-

per farlo, diremo: “Abbiamo fatto uno

come topi oppure li uccidiamo…

larlo ancor più a fondo di quanto si

scavo notturno, ci hanno bombarda-

Urto un uomo abbrancato all’entrata

pensi, cancellarlo come un vergogno-

to e per poco non siamo affogati nel

di un rifugio…Con la destra fa penzo-

so abominio... Onta al valor militare,

fango”, ci risponderanno: “Ah!”…

lare per qualche secondo una bom-

onta agli eserciti, onta al mestiere del

Tutto qui. Nessuno capirà, a parte noi”.

ba a mano… L’ordigno scoppia appena

soldato, che trasforma gli uomini ora

arriva a destinazione, e dalle viscere

in stupide vittime, ora in ignobili car-

“Siamo fatti per vivere non per cre-

della terra rimbomba una orribile eco

nefici…”

pare così!”.

umana. La frenesia li agita e li fa uscire di

”Gli uomini sono fatti per essere dei “So benissimo che sto per morire”.

mariti, dei padri: uomini, cazzo!, non


bestie feroci che si danno la caccia, si scannano e si avvelenano!”. “Due eserciti che si combattono, sono solo come un grande esercito che si

VIATICO

Clemente Rebora (1885-1957)

di Clemente Rebora Brillante intellettuale: interventista

suicida”.

ma non dannunziano, così si autode-

O ferito laggiù nel valloncello

“E comunque, come ci siamo concia-

finisce; richiamato alle armi, sergen-

tanto invocasti

ti da due anni a questa parte? Come

te poi promosso ufficiale, nel 1915 è

se tre compagni interi

dei selvaggi, dei bruti, dei banditi, degli

sul Carso, ove viene gravemente fe-

cadder per te che quasi più non eri.

zozzoni…”.

rito dall’esplosione di un proiettile da

Tra melma e sangue

305 mm. Passa tre anni fra ospedali e

tronco senza gambe

“Ti diranno”, grugnisce un uomo,

manicomi; riformato nel 1919. Si avvi-

e il tuo lamento ancora,

“amico mio, sei un vero eroe!”. Io non

cina al cattolicesimo e nel 1931 entra

pietà di noi rimasti

voglio sentirmelo dire!”.

come novizio nel Collegio Rosmini di

a rantolarci e non ha fine l’ora,

“Eroi, degli uomini straordinari, degli

Domodossola. Ordinato sacerdote nel

affretta l’agonia, tu puoi finire,

idoli?! Suvvia! Abbiamo fatto onesta-

1936, trascorrerà oltre venti anni negli

e conforto ti sia

mente il lavoro di assassini!... Sì, spie-

istituti rosminiani.

tati e infaticabili assassini, ecco cosa

nella demenza che non sa impazzire, mentre sosta il momento

siamo stati. Ma che non mi vengano

In “Viatico” l’autore si rivolge al soldato

il sonno sul cervello,

a parlare di virtù militari sol perché ho

orrendamente ferito con la dramma-

lasciaci in silenzio

ammazzato dei tedeschi…”.

tica preghiera di porre finalmente fine

Grazie fratello

alla sua agonia e risparmiare le vite dei compagni.

SUI SENTIERI DELLA PACE UN’ESCURSIONE NELLA GIOGAIA DELLO STELVIO Percorso: IV Cantoniera S.S. Stel-

densee, Sottostelvio/Franzenshöhe m

in italiano, tedesco e romancio perché

vio, Passo Umbrail m 2502, sentiero

2189, Cima del Segnale/Signalkuppe

carte e segnaletica sul percorso sono

svizzero alla Cima Garibaldi/Dreispra-

m 2771, Passo dello Stelvio m 2758.

nella lingua propria delle specifiche lo-

chenspitze/Piz da las trais Linguas

È possibile evitare la salita alla Punta

calità; una piccola, ma simpatica babe-

m 2843, Punta Rosa/Rötlspitz/Piz

Rosa traversando direttamente verso

le linguistica).

Cotschen m 3025, Lago d’Oro/Gol-

il Lago d’Oro. (Trascriviamo i toponimi

Tempo percorrenza: ore 6.30


A Passo Umbrail, scenografica introduzione ai Sentieri della Pace. Foto di Chiara Spinelli. Nella pagina a fianco: riproduzione su un pannello del Lempruchlager di Cima Garibaldi.

Difficoltà: E - escursionistica; pre-

tografie, schizzi, planimetrie e docu-

no alla Cima Garibaldi. Qui si incontra-

stare attenzione a eventuali inneva-

menti. “Gustate il Cammino, non fate

vano i tre confini. Tutti i vecchi cippi di

menti persistenti ancora a stagione

la Parigi-Dakar”, suggeriva ai pellegrini

frontiera sono stati riutilizzati scalpel-

inoltrata.

Luis José, hospitalero sul Camino de

lando le iniziali dell’Impero Austriaco e

Santiago.

incidendo la I di Italia.

Periodo consigliato: luglio - metà

Sull’ampio crinale fra Val Venosta

settembre. Appena varcato il confine elvetico al

e Svizzera attraversiamo i ruderi del

Passo Umbrail ci si imbatte nello sce-

Lempruchlager, acquartieramento mi-

Percorsi segnalati, ma è richiesta

nografico allestimento realizzato da-

litare austriaco che prese il nome dal

buona visibilità, non fosse altro che per

gli svizzeri nel 2014 in collaborazione

suo progettista mag. gen. Lempruch.

i panorami.

con enti italiani, situato alla partenza

Il villaggio d’alta quota venne astuta-

di due sentieri storici. Una mezzora di

mente edificato alle spalle dell’albergo

sosta e studio non è sprecata.

svizzero, poi demolito, al riparo dei tiri

Attrezzatura: scarponi e bastoncini telescopici.

L’escursione si sviluppa in gran parte nel Parco Nazionale dello Stelvio.

Il simbolico segnavia tricolore bian-

di artiglieria italiani. Fra le rovine ci si

L’itinerario è una grandiosa cam-

co-verde-rosso (colori presenti nelle

muove

con sentimenti di religiosa

minata o una sorta di pellegrinaggio.

bandiere di Italia, Svizzera, Austria e

attenzione; siamo accompagnati dal

Ogni viandante può scegliere la per-

Ungheria) ci accompagnerà per buona

delicato splendore di coloratissimi fiori

sonale chiave di lettura del proprio

parte della giornata.

andare, preferibilmente senza farsi prendere dalla frenesia della velocità,

Restando sempre in territorio sviz-

soffermandosi ai numerosi pannelli

zero, si traversa per ampi pascoli in

che, senza pedanteria, illustrano fo-

direzione delle giravolte che adduco-

Sentieri e Parole

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Sentiero per Punta Rosa e traverso al Lago d’Oro. Foto di Mauro Lanfranchi

d’alta montagna. Ovunque si aprono spettacolari vedute sui massicci glaciali dell’intero gruppo. Si perviene a una selletta con bivio: a destra il sentiero pianeggiante taglia direttamente verso il Lago d’Oro; quello di sinistra sale alla terrazza panoramica della Punta Rosa, per ridiscendere su di un ampio crestone alla fine del traverso. Nel sottostante pendio venostano osserviamo rock glaciers (ghiacciai di roccia) associati a fenomeni di scivolamento del suolo superficiale per il disgelo del permafrost. Raggiunto il Lago d’Oro, proseguire in discesa fino a Franzenshöhe sulla strada dello Stelvio; infine risali-

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Sentieri e Parole

Ruderi del Lempruchlager e panoramica delle vette che coronano il Ghiacciaio di Madraccio. Foto di Chiara Spinelli

re l’opposto versante per sentiero e tracce marcate fino al Passo ove si chiude la gita.



IMPRESE SUL CERVINO Dall’invernale sulla Nord di Bonatti alla corsa di Burgada di Renato Frigerio

R

icorre quest’anno il 150° anniversario della conquista di questa celebre montagna, si-

tuata sul confine italo-svizzero nel cuore delle Alpi Pennine. Il Cervino (o Matterhorn) si erge in una posizione isolata, separata dal passo del Teodulo, tra la conca del Breuil-Cervinia sul versante meridionale e da Zermatt su quello settentrionale. Famoso per la sua storia e per la sua forma, una piramide fortemente modellata dai fenomeni di erosione. Non esiste altra vetta così immediatamente riconoscibile, e il suo nome è spesso usato per indicare cime dalla morfologia simile in ogni parte del mondo. La montagna ha quattro creste distinte e quattro pareti, e la cima è una cresta concava lunga circa 80 metri alla cui estremità occidentale si trova la vera cima (4478 m) e a quella orientale la cima italiana

(4476 m).

problemi delle Alpi, insieme alle Nord

La via di salita più facile percorre la

dell’Eiger e delle Grandes Jorasses: è

cresta Nordest (Hornli). Questa via,

percorsa oggi da grandi vie di ghiac-

lunga e ingannevole, è in gran parte

cio e misto, ed è assai pericolosa. Le

su roccia non troppo ripida e su neve

altre pareti sono meno interessanti.

nel tratto finale ed è inoltre attrezzata

Invernale in solitaria

con corde fisse nei punti più difficili.

A 50 anni dall’ultima impresa di

Il rifugio Solvay (utilizzabile soltanto

Walter Bonatti, passiamo ora ad occu-

per emergenza) si trova sulla cresta

parci della sua solitaria sulla via diretta

a 4003 m di quota. La cresta Sudo-

alla parete Nord, portata a termine in

vest (cresta del Leone) è una scalata

5 giorni. Dopo tante scalate e vicen-

su roccia abbastanza difficile facilitata

de varie protrattesi esattamente per la

da corde fisse e da scale di corda. La

durata di un secolo, si arriva al febbra-

cresta Nordovest (Zmutt) è una bella

io del 1965, proprio nell’anno dei fe-

cresta innevata che termina con alcuni

steggiamenti per il Centenario quando

denti dai quali la scalata poi prosegue

un uomo, un grande dell’alpinismo, ha

verso destra su placche fino alla cima.

il coraggio di tentare la scalata del-

La cresta Sudest (Furggen), la più dif-

la parete Nord in solitaria e per di

ficile, sale in cima superando tre gran-

più d’inverno. Quest’uomo è Walter

di torri; la torre finale viene general-

Bonatti, da 17 anni sulla breccia con

mente evitata a sinistra.

scalate da capogiro senza considerare

La parete Nord era considerata, ne-

la partecipazione alla spedizione ita-

gli anni trenta, uno degli “ultimi” grandi

liana del K2, nel 1954, la conquista del Gasherbrum IV, nel 1958, e la completa traversata sci-alpinistica dell’intero arco alpino (da Stolvizza al Colle di Nava) dal 14 marzo al 18 maggio 1956. Per compiere la scalata sul difficile terreno misto della parete Nord del Cervino corda, chiodi, moschettoni, piccozza e ramponi possono essere sufficienti se viene affrontata da un alpinista di classe elevata. L’alpinista che si accinge ad una impresa del genere, soprattutto nel pieno dell’inverno, oltre ad essere preparatissimo e possedere un bagaglio tecnico adeguato

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Sentieri e Parole

Cervino parete est e nord viste dal Gonergrat. Foto di Andrew Bossi, da Wikipedia

deve aver svolto un idoneo allenamento e possedere quelle doti interiori che sono: giusta carica psicologi-


ca, equilibrata esaltazione che sprona

salita, dovrà autoas-

all’azione, forza d’animo e raziocinio.

sicurarsi e ciò com-

Walter Bonatti che tutte queste doti

porta un dispendio

possiede e le ha palesate durante la

di energie non indif-

scalata solitaria al pilastro Sudovest

ferenti: dopo un tiro

del Dru nell’agosto del 1955, è riuscito

di corda (solitamen-

in quest’impresa a conclusione della

te 40 metri) deve

quale ha poi deciso di chiudere la sua

ancorarla alla roccia

brillante carriera alpinistica.

e scendere per re-

Ma vediamo come si sono svolti

cuperare il pesante

i fatti. Il 10 febbraio 1965, insieme a

sacco e quant’altro,

Gigi Panei e Alberto Tassotti attacca la

indi risalire. Eseguen-

parete e in tre giorni viene raggiun-

do queste manovre i

to un punto costituito da una barriera

tempi

di rocce strapiombanti. Qui bivaccano

cata raddoppiano e

e durante la notte si scatena una tale

ciò significa scalare

bufera che li obbliga all’inazione per

il Cervino due volte

altre 24 ore e a un secondo bivac-

in salita e una volta

co. Decidono allora di ritirarsi. Panei e

in discesa, senza poi

Tassotti tornano a Courmayeur, Bo-

considerare che l’a-

natti a Zermatt. Nell’accogliente cen-

ria si fa sempre più

tro svizzero sta circolando la voce

rarefatta e la tem-

che qualcuno sia in procinto di tentare

peratura, a volte, può

questa direttissima sulla Nord; allora

raggiungere i -30°.

Bonatti, a malincuore, si vede costretto

Comunque

a partire da solo: nessuno deve por-

grazie alla sua gran-

targli via questa “prima”.

de abilità, ha portato

dell’arrampi-

Bonatti,

Giovedì 18 febbraio lascia Zermatt

a termine dopo 4

in compagnia dell’amico svizzero

giorni di lotta duris-

Daniel Pannatier, del giornalista Gui-

sima, la sua scalata,

do Tonella e di Mario De Biasi che lo

alle ore 15.15 di lune-

aiutano a trasportare parte del mate-

dì 22 febbraio 1965.

riale e il sacco. Poco oltre i 2552 m

“Riesco

dello Schwarzsee, nel momento del

te ad abbracciare la

commiato, il solo De Biasi lo segui-

Croce

rà verso la capanna Hornli e l’attacco

perfettamente felice”

vero e proprio. Ivi giunti, un saluto… un

– ebbe a scrivere.

abbraccio e Bonatti resta solo. Ora è

finalmensentendomi

Da ricordare che

alla base della parete e si appresta a

nel

bivaccare. 1600 metri stanno sopra

guide

di lui e dovrà scavalcarli per tornare

seguendo la via ita-

tra gli uomini. La scalata, durissima lo

liana per la Cresta del

terrà impegnato per altri 4 giorni, poi…

Leone, arrivate sulla

la vetta.

cima per attenderSu e giù

In questo lasso di tempo, durante la

frattempo di

tre

Cervinia,

1937, rocciatori lecchesi in vetta al Cervino. Riconoscibili Ugo Tizzoni, primo a sinistra, e Ginetto Esposito, ultimo a destra. Foto archivio Comi-CAI Lecco Sotto: Campeggio GAFNI ai piedi del Cervino nel 1937. Foto archivio Comi-CAI Lecco

lo, constatato che la Croce era stata abbattuta da una furiosa bufera sca-

Sentieri e Parole

17


1965. Giuseppe Lafranconi e Annibale Zucchi accampati ai piedi del Cervino. Sulla destra è tracciata la loro via di salita al Pic Muzio. Foto archivio G. Lafranconi

1965. Verso la vetta del Pic Muzio. Foto archivio G. Lafranconi

tenatasi l’anno precedente, provve-

deranno la discesa e nel pomeriggio

“Felicitazioni vivissime per lo splendi-

dono a fissarla nuovamente nel suo

arriveranno a Cervinia dove Bonatti

do successo che è il degno corona-

basamento. Poi, dopo averlo atteso

sarà festeggiato da valligiani e turisti.

mento delle ardue imprese compiute

ulteriormente, a causa del fortissimo

Per lui ci sarà anche un telegramma

nelle Alpi, nel Karakorum, nelle Ande”.

vento, Piero Maquignaz, Ferdinando

del Presidente della Repubblica, Giu-

Gaspard e Massimo Bich, hanno ini-

seppe Saragat, del seguente tenore:

ziato la discesa riparandosi dentro la capanna Luigi Amedeo posta a 3835

Il record di Jornet Burgada

m di quota, sotto la Gran Torre. Bonatti intanto, dopo aver sostato in vetta, ha preferito calarsi lungo il versante italiano se non altro per seguire le orme lasciate dalle guide valdostane. Alla capanna Luigi Amedeo arriverà verso le ore 19 e le tre guide saranno le prime persone a congratularsi per l’esaltante impresa. Consumeranno una frugale cenetta poi bivaccheranno. La mattina del 23 febbraio ripren-

18

Sentieri e Parole

Il Cervino, l’attrattiva maggiore della Valtournanche, è stato più volte teatro di record ed acrobazie. Nel 1980 Jean-Marc Boivin discese la parete Est con gli sci, scalò in tempo record la parete Nord in solitaria (4 ore e 10 minuti) quindi discese dalla cima in deltaplano. Nel 1995 l’atleta Bruno Brunod stabilisce il record di velocità raggiungendo la vetta in 3 ore 14 minuti e 44 secondi da Cervinia. Il 21 agosto 2013 il catalano Kilian Jornet Burgada ăiiW kd dkele h[YehZ Z_ l[beY_jµ" iWb[dZe [ iY[dZ[dZe" bkd]e bW normale italiana, il Cervino in 2h 52’ e 02”, con partenza e arrivo dalla chiesa di Cervinia. È un tempo strabiliante. Un paio di valori fanno rabbrividire: in salita (1h 56’) Kilian ha tenuto una media di 1277 metri di dislivello all’ora, mentre in discesa (56’) la media è stata di 2645 metri all’ora. Incredibile, ma vero.

A


Annibale Zucchi in arrampicata al Pic Muzio. Foto archivio G. Lafranconi

Le prime ascensioni (1865 – 1965) 1865 (14 luglio) Parete Est - Cresta dell’Hornli, via normale svizzera (prima ascensione assoluta): Edward Whymper, Francis Douglas, Rev. Charles Hudson, D. Robert Hadow, con le guide Michel Croz, Pierre e Peter Taugwalder, padre e figlio. Questo successo è stato possibile dopo vari tentativi compiuti per lo più dal londinese Edward Whymper e dalla guida del Breuil Jean Antoine Carrel (soprannominato “il bersagliere”), due uomini eccezionali. 1865 (17 luglio) Parete Sud - Cresta del Leone, via normale italiana: Jean Antoine Carrel, Jean Baptiste Bich, Jean Augustin Meynet, Amè Gorret. 1868 (27 luglio) Prima traversata completa del Cervino dal Breuil a Zermatt: John Tyndall con le Guide Joseph e Pierre Maquignaz, fratelli. 1879 (3 settembre) Parete Sud - Cresta di Zmutt: Albert Fredrick Mummery con le Guide Alexander Burgener, Augustin Gentinetta, Johann Petrus, in 17 ore da Zermatt. 1879 (3 settembre) Parete Ovest: William Penhall con le Guide Ferdinand Imseng, Louis Zurbrucken. 1911 (4 settembre) Parete Est - Cresta di Furggen: Mario Piacenza con le Guide Jean-Joseph Carrel, Giuseppe Gaspard. 1931 (24 e 25 luglio) Parete Ovest, “Diagonale” alla Cresta del Leone: Amilcare Crètier e Leonardo Pession. 1931 (31 luglio, 1 agosto) Parete Nord: Franz e Tony Schmid (arrivati da Monaco addirittura in bicicletta). 1931 (15 ottobre) Parete Sud: Enzo Benedetti con le Guide Luigi Carrel, Maurizio Bich. 1932 (19 settembre) Parete Est, via diretta: Enzo Benedetti e Giuseppe Mazzotti con le Guide Luigi Carrel, Maurizio Bich, Antonio Gaspard, Luciano Carrel. 1941 (23 settembre) Parete Est - Cresta di Furggen – “via degli strapiombi”: Luigi Carrel, Giacomo Chiara, Alfredo Perino. 1948 (25 marzo) Parete Nord - Cresta di Zmutt – prima invernale: Henry M. Masson e Edmund Petrig. 1953 (20 e 21 marzo) Parete Est - Cresta di Furggen “via degli strapiombi” con variante diretta alla cima – Prima invernale: Walter Bonatti e Roberto Bignami. 1962 (12 agosto) Parete Ovest “via direttissima”: Giovanni Ottin e Renato Daguin. 1965 (18-22 febbraio) Parete Nord, via diretta – prima ascensione solitaria invernale: Walter Bonatti.


L’ULTIMO K2 Quel giorno del ’96, al campo base per abbracciare Lorenzo di Dino Piazza

U

n giorno della prima decade di maggio 1996 sono in comune a Lecco per una confe-

renza stampa: sta partendo una spedizione dei Ragni per la misurazione del K2 a quota 8611 (dicono che la sua altezza tenda ad aumentare per la spinta delle montagne che ha attorno). Li conosco tutti, faccio loro i miei auguri, poi mi avvicino a Lorenzo Mazzoleni e gli prometto che andrò al campo base del K2 per incontrarlo al ritorno dalla vetta e festeggiare il 50° del gruppo insieme. Loro sono partiti a metà maggio, io parto in luglio, il giorno 17: Linate – Roma – Karachi – Islamabad - Skardu. L’oasi di Skardu. la cittadina capoluogo del Baldistan, si trova a 2287 metri di quota. Con una giornata di viaggio, in parte in jeep e in parte a piedi si raggiunge poi Askole, l’ultimo villaggio balti. Da qui incomincia il lungo trekking che porta al campo base. Di notte mi metto nella mia tenda, sono solo, mi viene in mente il Lorenzo che ha gli stessi anni di mio figlio,

sento la gran voglia di abbracciarlo

luna con le sue ombre riesce a com-

dopo la salita.

pletare lo spettacolo; con dispiacere

Nella tenda ho un fornello a gas, tutte le sere mi preparo dai tre ai

chiudo la tenda e mi metto a dormire, domani ho ancora una tappa lunga.

quattro litri di acqua bollita, la verso

11° giorno: si scende sul ghiacciaio

nella borraccia, aggiungo tè, vitamine,

del Baltoro, camminiamo sul tracciato

sali di potassio perché si suda molto;

fatto dai portatori che è un continuo

in un’altra borraccia caffè e alla fine

saliscendi, ci sono torrenti e laghet-

una di brodo (qui devi essere medico

ti. Il mio passo è lento ma continuo,

di te stesso).

perché mi sono guardato in giro e mi

Nel mio sacco tengo le borracce, una giacca a vento, un paio di pantaloni, del cioccolato, caramelle, occhiali scurissimi, una berretta di scorta.

sono accorto che tutti sono più giovani di me. Due giorni prima mi ero accordato col capo dei portatori per farmi ac-

Prima di dormire mi prendo mezza

compagnare da un ragazzo di 16 anni

pastiglia di aspirina, tappi nelle orec-

di nome Saddam Hussein. Simpatico,

chie e chiudo gli occhi; con gli oc-

sempre sorridente, non riesco a dialo-

chi chiusi faccio una panoramica sui

gare con lui, ma coi gesti ci intendiamo

componenti la spedizione: i fratelli

e ci scambiamo anche qualche parola

Panzeri, Giuseppe Lafranconi, Negri,

in dialetto: quando gli dico “Andém”,

Taglialegna e altri Ragni, sono tutti

lui mi risponde “Andùma”.

amici. Aspetto il momento dell’incontro: per me sarà commovente. La lunga marcia

L’ultimo tratto per raggiungere il campo base l’ho percorso in compagnia di Tabi, un pakistano figlio di un

Al decimo giorno, campo di Urdu-

marajà, che aveva qualche difficoltà a

cas, la mia tenda ha l’apertura verso

superare i pendii del ghiacciaio: io lo

il Baltoro, prima di dormire godo di

aiutavo suggerendogli un’impostazio-

un panorama stupendo: il profilo delle

ne di base a lui sconosciuta. Per me è

montagne sullo sfondo è tutto rosso, la

una fortuna viaggiare con Tabi perché

Luglio 1996 - Lorenzo Mazzoleni al campo base del K2. Foto di Maria Assunta Lenotti

Il campo base Foto archivio Dino Piazza


Il luogo dove è iniziata la costruzione di un ospedale a ricordo di Lorenzo Mazzoleni. Foto archivio Dino Piazza

sa parlare inglese, italiano, pakistano e

dio tace, il capo

anche i dialetti dei portatori.

spedizione pensa

Abbiamo incontrato una spedizione

che siano scari-

coreana, il capo parla con Tabi raccon-

che le pile, ma la

tandogli la tragedia che è successa alla

verità è un’altra.

sua cordata: tre alpinisti coreani hanno

Al mattino il tem-

raggiunto la cima del Broad Peak, 8047

po è stupendo, il

metri di quota, sono stati visti sulla

capo

cima principale, hanno alzato le mani

ne guarda verso

in segno di vittoria, piantato le loro

l’alto alla ricerca

bandierine, scattato le foto. Iniziata la

dei tre alpinisti, i

discesa, uno di loro sembra un auto-

migliori della sua

ma, barcolla e cade sulla neve. I due

squadra.

compagni si avvicinano per aiutarlo,

un cumulo di neve

vedono che ha perso conoscenza, lo

al centro del ghiac-

aiutano trascinandolo sul nevaio verso

ciaio, nota dei colori

si va su e giù dal ghiacciaio: ad un

il basso, consumando le poche forze

che sporgono; prende il cannocchiale,

certo momento, dopo aver saltato un

che sono loro rimaste dopo aver rag-

lo mette a fuoco, si rende conto che

crepaccio, mentre si risale un pendio,

giunto la vetta. Il tempo passa, diventa

sono i suoi compagni: hanno voluto

si presenta il K2 illuminato dal sole:

buio, la temperatura si abbassa note-

portare soccorso al loro amico e sono

stupendo, faccio una foto. Mi sento

volmente con la complicità del vento. Il

morti tutti e tre.

emozionato, penso che la fatica venga

spedizio-

Vede

Vista sul K2 a un’ora di cammino dal campo base. In primo piano il maglione dei Ragni; dietro il portatore Saddam Hussein. Foto archivio Dino Piazza

loro amico non ha ripreso conoscen-

Questo racconto così tragico e così

ripagata da queste visioni. Arriviamo

za, non riescono a raggiungere la ten-

umano, fa capire come è tremenda la

al campo base che il sole è ancora

da dell’ultimo campo, si mettono vicini

legge della quota.

sulla cima del K2, ma lì alla base or-

per ripararsi dal freddo intenso delle

Alla base degli 8000

mai bisogna accendere la pila. Siamo a

ore notturne; incominciano a sentire

Sono 11 giorni che siamo in giro

dolore alle estremità, un dolore così

e piantiamo la tenda sul ghiaccio al

forte che demoralizza e fa venire la

campo di Gore: da qui sono visibili i

Sono le otto di sera quando en-

voglia di mollare, la stanchezza mette

Gasherbrum, il Broad Peak, il Chogolisa,

triamo nella grande tenda del campo

un sonno irresistibile. Anche il secon-

siamo alla base degli 8000.

do perde i sensi, il vento ha aumentato

12° giorno: da Gore sempre sul

la sua forza, il suo rumore nasconde

Baltoro, si arriva a Concordia, a quo-

i lamenti. Dopo la mezzanotte la ra-

ta 4680. Una panoramica stupenda,

quota 5100. È il 28 luglio 1996: sette ore di cammino.

Sentieri e Parole

21


Non ho volu-

Guardando la montagna così ma-

to insistere, ma

schia, così imponente, mi viene un’an-

penso che se i

goscia e una grande voglia di pian-

Ragni presen-

gere. A Lorenzo è successo qualche

ti al campo tre

cosa di grosso. Dopo un ennesimo

mi

avessero

contatto radio la notizia diventa più

sentito, li avrei

vera, entra nei cuori, fa male, un male

fatti

contenti

che lascia una tristezza angosciosa.

e sarebbe sta-

La notte non dormo, mi passa con-

to

senz’altro

tinuamente davanti agli occhi la figu-

un

incorag-

ra di Lorenzo, la sua simpatia, la sua

giamento: pa-

allegria, poi mi vengono in mente la

zienza. Si va a

sua mamma, il suo papà, il loro dolo-

dormire.

re, non mi do pace. Arriva il mattino,

Il

giorno

sono distrutto, bevo un caffè. Vado sul

dopo prendia-

bordo del ghiacciaio, dove c’è il cimi-

mo il binocolo

tero del K2: è lì, su una roccia come

e

guardiamo

una piramide. Sulla cima ci sono una

verso la cima

croce di legno con scritto Mario Pu-

del K2, notiamo

choz, morto con la spedizione italiana

gli alpinisti che

di Ardito Desio, 1954; un coperchio

stanno salendo:

con delle iniziali, un piatto di alluminio

sono le 16,30,

con una scritta in tedesco, altri oggetti

ora locale, del

con scritte in altre lingue, dove a ogni

29 luglio 1996.

perdita qualcuno ha lasciato un segno

Dalla

tenda

per ricordare l’amico caduto, un an-

sentiamo alla ra-

golo che fa venire la pelle d’oca: dico

base. Siamo tutti comodi attorno a un

dio il Tore che

una preghiera a questi giovani alpinisti,

tavolo rotondo, consegno una bu-

dice: “Siamo in cima!” In quel mo-

sta che ho portato per Agostino Da

mento, istintivamente, abbiamo battu-

Ero venuto fino qua per abbrac-

Polenza e la bandiera della regione

to le mani, ci siamo abbracciati, dentro

ciare Lorenzo dopo la sua conquista.

Lombardia; mentre si discute si sente

di noi è entrata la gioia e la voglia di

Conoscevo la forza del suo carattere

una voce alla radio, è la voce di Tore

fare festa.

e sapevo che non poteva tornare sen-

Giuseppe Lafranconi sullo sfondo del K2. Foto archivio Dino Piazza

Panzeri che annuncia: “Siamo al terzo campo, domani mattina tentiamo di

La prepotenza del dolore La mattina dopo mi reco alla tenda base, incontro Agostino con la faccia

andare in cima”. Avrei desiderato parlare un mo-

disperata, mi abbraccia e mi dice: “Lo-

mento con Tore e comunicare a Lo-

renzo non è rientrato al campo tre”. Io

renzo che la promessa l’avevo mante-

ho capito il problema, ma vedendo il

nuta, ma Agostino ha preferito evitare

tempo così bello, senza vento, di notte

perché era in collegamento europeo:

c’era la luna, mi son detto: “Lorenzo

mi è spiaciuto, ma è stato deciso così.

era in ritardo, avrà dormito fuori, rientrerà oggi”.

22

Sentieri e Parole

Passano le ore e dentro di me si forma un dolore che continua a farsi sentire prepotente.

poi torno verso le tende.

za essere arrivato in cima, era troppo importante per lui. Il destino ha voluto che invece non lo rivedessi mai più.


LA SCELTA DI STEFANO Tra sentimento e ragione, l’arrampicata sportiva invece dell’alpinismo di Gigi Alippi

M

i ritenevo un uomo fortunato, con una bella famiglia: donna Aurora, mia mo-

glie, Moira la figlia maggiore, Stefano il maschio e, a completare, la nonna Antonietta, mia madre. Stefano stava crescendo e diventava sempre più forte, come si dice: un bel tracagnotto. Come non poteva appassionarsi d’alpinismo, dopo aver ascoltato i racconti dei moltissimi alpinisti che sono passati in casa nostra, e con la Grignetta proprio sopra la testa?

La famiglia Alippi al completo in una foto del 1979. Con Gigi la moglie Aurora, i figli Moira e Stefano e i genitori di Gigi Antonietta e Pietro

cresta del confine con la Francia, circa

frenetico passaggio di informazioni. Climber

“Stefano, sto per andare al Mon-

a metà tra il Colle del Gigante e il Mont

te Bianco con un cliente: vuoi veni-

Maudit. “Dai Stefano, sei il capo corda-

Ogni padre vede nei figli la conti-

re insieme?” La risposta è scontata:

ta, ti raccomando. Visto che la neve è

nuazione dei propri valori, del proprio

la meta è la Nord della Tour Ronde.

buona, gradini profondi solo con i pie-

lavoro, ma in modo particolare della

Prima dell’invito avevo già fatto le mie

di”. La cordata procede bene: ogni 40

sua più forte passione. Stefano invece,

valutazioni: arriviamo al rifugio Tori-

metri sosta piazzola, ripartenza. Siamo

con mia grande delusione, sceglie-

no (3370 m) in funivia e in un’ora e

già molto alti, quando Stefano batte la

rà la via di climber, dopo aver stretto

mezzo siamo all’attacco. La parete alta

piccozza su una roccia e salta la punta.

una solida amicizia con Marco Balle-

400 metri è di ghiaccio buono, in-

“Papà, va avanti tu”. Ho capito, sente il

rini, valido alpinista del gruppo Ragni,

clinazione media 55-60°, non ci sono

vuoto: è normale, specialmente le pri-

che ha portato a Lecco l’arrampicata

pericoli sopra le nostre teste: quindi

me volte, quando l’abisso sembra lì lì

sportiva. Essendo alquanto cicciottello,

non mi sembra un azzardo. L’unica

per inghiottirti. Sono in cima, e mentre

Stefano si sottopone a drastici sacri-

resistenza è rappresentata dalla non-

recupero mi sporgo sull’altro versante

fici e mangia pochissimo: sono molto

na: “Non hai niente nella testa se in-

e vedo un alpinista che sta arrivan-

preoccupato, come mamma Aurora.

tendi portare un ragazzino di 15 anni

do dalla normale. Lo riconosco, è un

“A chi assomiglia? Quando si prefigge

al Monte Bianco!” – “Ma nonna, allora

frequentatore della Grigna. Sapendo

un risultato, diventa un crapone come

non sai dov’è il Monte Bianco”. – “Ah

che si trovava spesso con una cer-

te: vediamo di aiutarlo, specialmente

no? Ho sentito più di una volta Wal-

ta Teresina Airoldi, chiamata Teresina

tu, mamma”.

ter Bonatti che raccontava di questa

di Madòn perché decorava le statue

Un giorno mi reco al Corno del Nib-

montagna: sei un incosciente!” Aurora

della Madonna, gli grido “Te, Crippa, la

bio perché voglio proprio vedere che

invece è entusiasta, piacerebbe anche

ghé a mò la Teresina di Madòn?” Dal

cosa è capace di fare. Rimango sba-

a lei essere della partita: solo a giudi-

basso mi giunge una voce femminile:

lordito, scioccato: sale sulle vie di se-

zio della nonna siamo tutti incoscienti.

“Sun chi, sun chi, sun chi!” Ci trovia-

sto come camminando. Dove noi sa-

Siamo giunti alla base della Tour

mo in cima in un’unica stretta di mano.

Ronde: la parete Nord (1) che arriva a

Proviamo una sensazione bellissima,

3798 m è un trapezio sopra il ghiac-

commovente, quale solo la montagna

ciaio del Gigante, che si eleva dalla

può offrire, mentre ci scambiamo un

Sentieri e Parole

23


livamo con corde e staffe, tira e molla,

vedi la fessura conca-

lui sale con una corda, non tira i chiodi,

va verso il basso? È lì

che usa solo per assicurazione. Sento

che si passa!”.

di essere rimasto indietro mezzo giro

La salita per noi non

del mondo, ma per consolarmi mi dico

ha più storia, ma intan-

convinto che questo non è alpinismo.

to mi sono reso conto

Stefano comunque cresce: entra nella

del tutto che se questi

squadra azzurra e girerà il mondo a

ragazzi sono pure for-

gareggiare. Si è anche costruito una

tissimi sulle falesie, con

piccola palestra, dove si allena tutti i

l’alpinismo si trovano

giorni, e continua a non mangiare,

di fronte a ben altra

perché i climbers devono per for-

cosa. Però sono sta-

za essere magri: per fortuna questa

to felicissimo di aver

moda passerà velocemente.

passato con Stefano

Ci sono delle situazioni che nascono e non sai perché, ma vengono fuori

una giornata in montagna.

come quella volta che dissi a Stefano:

L’ultima salita

“Se andassimo sulle Dolomiti a fare

Con lui mi ritroverò

un’arrampicatina nel gruppo del Sella?

presto a confrontarmi

Sul Piz Ciavazes c’è una via Micheluzzi

ancora una volta, e di

che, come dicono, è molto bella: un

nuovo avendo come punto di partenza

quinto secco in libera”. La particola-

il rifugio Torino, per affrontare una più

rità di questa via è il traverso che si

impegnativa salita: il couloir Gervasutti

trova in alto, la chiave della parete. Un

sul Mont Blanc du Tacul (2). La nostra

amico che è presente, Elio Galbusera,

meta è rappresentata da un pericolo-

si offre per facilitarci la trasferta: “Fac-

so imbuto di ghiaccio che porta fino

cio io l’autista, così partiamo di notte

alla quota di 4248 m. Si attacca a cir-

e, mentre io guido, voi potete dormire,

ca 3450 m, sul ghiacciaio del Gigan-

ed anche per il ritorno non esiste più

te, raggiungibile in due ore dal rifugio

nessun problema”. Giungiamo al Passo

Torino, e si prosegue per superare, con

Sella e scendiamo verso la bella pa-

una inclinazione media di 50°, un di-

rete Sud del Piz Ciavazes (2828 m),

slivello di 800 metri. È una via diretta,

rivolta verso la Val di Fassa. È Stefano

diventata ormai di moda, che raggira a

che conduce e che deve affrontare il

sinistra i seracchi che dividono in alto

famoso traverso: ma, coperto da uno

il canale e termina in prossimità della

spigolo, non riesco a vederlo. La corda

cima. È una salita da fare veloci, tanto

si muove pian piano e poi si arresta.

più che ogni volta le forze minacciano

“Che cavolo stai facendo?” – “Papà,

di venir meno, ma basta uno sguardo

qui è molto difficile, sono sulle un-

in alto verso i seracchi per sentirsi di

ghie”. Allento l’ancoraggio e mi sporgo

nuovo le ali ai piedi. Stefano non è di

per vederlo. Capisco subito qual è il

quelli che fanno onore alla cena, non

problema: “Stefano, sei fuori via: non

mangia. “Guarda che così domani non

Gigi Alippi con il figlio Stefano. Foto di Luca Lozza

avrai più forza, la via è lunga”. – “No,

24

Sentieri e Parole

no: devo dimagrire”. Non riesco proprio a capirli questi acrobati della roccia, ma che ancora più non mi va giù

è questa moda di non voler mangiare. Siamo all’attacco quando albeggia: il labbro superiore della crepaccia terminale è molto sporgente, presentando così una difficoltà tecnica per poterla superare. Proviamo il lato sinistro, ma di qui non si passa. Ridiscendiamo e attraversiamo tutta la crepaccia per provare a destra. Qui la crepaccia è meno sporgente e ci convince a forzare. Pianto un chiodo il più in alto possibile e, dopo averlo provato, vedo che tiene. Mi alzo allora il più che si può fare, pianto la punta della piccozza, mi tiro in su a forza di braccia, lasciando i piedi nel vuoto. Strisciando e usando anche le ginocchia, supero il lato strapiombante e sono fuori. Recuperato Stefano, supero lo strapiombo con facilità. Guardando in alto adesso il couloir appare molto ripido, e in effetti, osservandole dalla base, le pareti di ghiaccio sembrano più verticali. Dalle Grandes Jorasses arrivano i primi raggi che conferiscono al couloir un più intenso candore: viviamo un momento magico. “Dai, Stefano,


riprendiamo! Parti e, se trovi ghiaccio, gradina. Comunque, a metà tiro, pianta un chiodo: non si sa mai…” Stefano sale agile, confortato dai miei consigli: è la prima volta che si trova in queste difficoltà su ghiaccio. Fermata ogni 40 metri, piccola piazzola per i piedi, chiodo di sicurezza, ripartenza. Siamo ormai abbastanza alti e il sole ha superato le cime delle Jorasses: sulla destra si staglia contro il cielo il Dente del Gigante. Rivivo la cresta affilata di Rochefort con le impressionanti cornici, quando alle volte si ha la sensazione di avere un piede in Italia e l’altro in Francia. Guardando verso l’Italia il grande paretone scivola in direzione di Courmayeur e non incute paura, mentre il lato francese è davvero impressionante, tanto da invitare alla massima prudenza. Siamo abbastanza alti quando vediamo le cabine della funivia che si muovono sopra l’immenso Mer de Glace. Di tanto in tanto siamo sorpresi per qualche blocco di ghiaccio che, staccatosi dall’alto, rotola sibilando: al momento però siamo

fuori dal tiro. “Papà, non ce

l’Aiguille du Midi, la Verte, il Dru. È uno

la faccio più!” – “Che cosa

spettacolo che non si può descrivere,

ti avevo consigliato ieri sera,

ma che entra nel cuore per restarci

caro Stefano? Fermiamo-

per sempre.

ci e mangiamo qualcosa”.

Mi viene spontaneo provocare Ste-

Estraggo dallo zaino cibi

fano: “Perché non vieni in montagna

energetici: cioccolato, tor-

con me qualche volta di più?” – “Non

rone, caramelle, miele. “Cer-

posso, papà: se stacco, perdo l’alle-

ca di ingerire quanto più ti

namento. Lo vedi che mi alleno tutti i

è possibile, e quando non ce

giorni nella palestrina che ho costru-

la fai a deglutire, aiutati con

ito: se stacco, anche solo due o tre

un sorsetto d’acqua”. Come

giorni, perdo subito la concentrazione.

dessert arrivano miracolose

Sono orgoglioso, voglio dare sempre il

le pastiglie dell’amico Roberto

massimo nelle mie gare”.

Gallieni: lui, sul Pilone Centra-

Sono deluso e addolorato: sento di

le, le distribuiva a mo’ di ca-

aver perso mio figlio come alpinista.

ramelle. Un po’ di riposo e di

L’ultimo abbraccio è rimasto sul Tacul,

alimentazione hanno portato

e da allora tanti anni sono ormai pas-

il benessere sperato: la crisi

sati. Ne avevo parlato anche con Wal-

è passata e si può ripartire.

ter Bonatti, spiegandogli che in cima

Stefano sale sempre leggero, tutto a

al Tacul ero certo che pure Stefano

destra. La neve è buona e i rampo-

aveva provato quello che tutti gli al-

ni mordono bene: non ci disturbano

pinisti sentono quando raggiungono

né ci preoccupano i blocchi di ghiac-

une vetta sofferta. “Walter, non riesco

cio che, staccandosi favoriti dal sole,

a capire come lui abbia potuto rinun-

scendono fischiando nel canale cen-

ciare a questa intensità che, come sai,

trale. Gli eventuali pericoli sono ormai

rimane dentro di noi per tutta la vita”.

alle nostre spalle e possiamo così gu-

Ricordo perfettamente la sua rispo-

starci il profumo della vetta che sen-

sta, che ho fatto mia e vale per tutti

tiamo vicina. Siamo in cima: adesso

come una norma che non si può con-

un fortissimo abbraccio unisce i nostri

traddire: “Ti capisco e condivido il tuo

corpi frementi e mi fa sentire quanto

dispiacere. Però conosco Stefano, un

Stefano stia tremando.

ragazzo serissimo che, in squadra az-

Il diritto di scegliere

zurra, gira il mondo a gareggiare con

Il nuovo abbraccio nell’apoteosi mi

successo: cosa vuoi di più? I nostri

trasporta indietro nel tempo, quando

figli hanno il diritto di scegliere, come

coccolando Stefano accarezzavo i

del resto abbiamo fatto noi”.

suoi lunghi capelli biondicci e baciavo i suoi pomelli rossi di freddo. Da questa cima non si può perdere la visione maestosa offerta dal Monte Bianco: la

1) Prima salita: Francesco Gonella e Alexis Berthod, il 23 agosto 1886. 2) Prima salita: Renato Chabod e Giusto Gervasutti, il 13 agosto 1934.

Noire de Peutèrey, in fondo sulla destra, la Brenva, la Tour Ronde, il Colle del Gigante, il Dente del Gigante, la Cresta di Rochefort, le Grandes Jorasses, e in primo piano il Mont Maudit,

Sentieri e Parole

25


BIANCHI TRONCHI DI BETULLA Con le sue virtù, l’albero è una vera farmacia vegetale golari color verde smeraldo con la

inattaccabile da insetti e parassiti un

Dopo il faggio, la betulla (Betula

base arrotondata e i margini a doppia

tempo era utilizzato come supporto

pendula, ROTH o Betula alba, L.)

dentatura.

per gli spilli nelle bacheche delle rac-

di Annibale Rota

I

è l’albero più diffuso alle quote

Il legno di betulla è abbastanza pe-

medio-alte delle montagne lecchesi,

sante ed è un ottimo combustibile

Restando ai funghi va detto che nei

dove si spinge fino ai 1.600-1.700

con un alto potere calorifico. Tene-

boschi di betulle sono presenti molti

metri di altezza. La si può trovare an-

ro, facilmente lavorabile e di colore

funghi mangerecci e tossici. In par-

che a quote molto basse, fino al livello

chiaro trova diverse applicazioni in-

ticolare sono tipici di questi boschi il

del lago, ma in questo caso si tratta

dustriali. E’ utilizzato per pavimenta-

Boletus scaber e il Boletus griseum,

quasi sempre di esemplari impiantati

zioni, per tranciati e compensati, per

per i botanici “porcinelli”, ma dalle

dall’uomo.

la fabbricazione di giocattoli e per la

nostre parti chiamati “betullini” pro-

preparazione di pasta per la carta.

prio perché associati alle betulle. Tra

Originaria dell’Europa e dei paesi

colte di farfalle e insetti.

del sud-est asiatico, la betulla, con

La betulla è però facilmente ag-

i tossici è facile imbattersi in gruppi,

diverse specie poco differenti tra

gredita da funghi e parassiti, per cui

spesso molto belli, di Amanita mu-

loro (Betula nigra, L.; Betula pube-

il suo legno non è in genere impie-

scaria con i loro cappelli rossi punti-

scens, EHRH.; Betula nana, L. e altre),

gato per applicazioni all’esterno. Nei

nati di bianco.

è diffusa in tutta Europa e nei paesi

boschi di betulle è poi facile vedere

La betulla è poi considerata una

nordici forma estesi boschi anche a

alberi malati e attaccati in particola-

pianta medicinale e sono molteplici le

livello del mare.

re da un fungo di grandi dimensioni,

sue applicazioni in erboristeria dove

Presenta una chioma stretta e co-

il Polyporus betulinus, che porta la

vengono utilizzate le foglie, le gemme

nica con lunghi rami ascendenti non

pianta a rapida morte. Si tratta di un

e la corteccia.

simmetrici, ha una corteccia bianca

fungo che aggredisce solo le betulle,

L’infuso di foglie di betulla è usato

che si sfalda in lamelle e foglie trian-

legnoso, non commestibile e poiché è

in maniera efficiente come diuretico,

Bosco di betulle in veste invernale


Tronchi di betulle affacciati sul lago

a cui abbina virtù antinfiammatorie.

di locomozione delle stre-

Gli estratti, gli infusi e le tinture di be-

ghe era una scopa fatta con

tulla sono indicati nella prevenzione

i rami di questa pianta per

della calcolosi renale e della renella e

molti aspetti straordinaria.

per ridurre gli edemi (stasi di liquidi

Concludo queste mie brevi

nei tessuti) da insufficienza cardiaca

note con un cenno ai con-

in presenza di ipertensione arterio-

trasti cromatici offerti, specie

sa e gli edemi degli arti inferiori da

d’inverno quando sono ca-

insufficienza venosa. E ancora gli in-

dute tutte le foglie, dai tron-

fusi permettono di diminuire il tasso

chi bianchi con l’azzurro del

di albumina nelle urine ed il tasso di

lago o con l’erba gialla dei

colesterolo nel sangue. Infine il car-

prati. In quest’ultimo caso un

bone vegetale di betulla è un potente

bosco di betulle può ricorda-

antitossico in caso di avvelenamento

re quasi un gruppo di fanta-

da funghi.

smi con le braccia rivolte in

Estratti di betulla sono utilizzati nella preparazione di cosmetici e di

alto. Ma forse è solo la mia fantasia.

un olio anticellulite. Possiamo quindi considerare la be-

Le foto sono di Annibale Rota

tulla come una vera e propria farmacia vegetale. Anticamente si credeva poi che la linfa fatta defluire da incisioni nel tronco conferisse poteri magici a chi la beveva. Del resto alla betulla sono sempre state attribuite misteriose virtù: basti ricordare che il mezzo

A fianco: sopra tronco attaccato da Polyporus betulinus; sotto Betullini (Boletus scaber)



RITIRATA SUL GANGE

di Matteo Della Bordella

Q

uesta del 2015 è stata sen-

dopo anni, insieme senza dubbio alle

che torno a casa riesco a guardare

za dubbio una grande estate

mitiche annate 2005, 2011 e 2012.

le nostre montagne e le nostre pareti

sulle Alpi, un’annata di quelle

Tante volte faccio migliaia di chilo-

con occhi diversi e a rendermi con-

da incorniciare, appendere al muro dei

metri, e vado in capo al mondo a cer-

to che le nostre Alpi dopo tutto non

ricordi e riguardare con piacere anche

care pareti e posti nuovi e ogni volta

sono niente male.

Prima della ritirata nel brutto tempo. Foto Matteo De Zaiacomo

Il desiderio di sfida e il tentativo alla parete Ovest del Bhagirathi 4


Bivacco in portaledge. Foto Matteo Della Bordella

Verso i Bhagirathi. Foto Arianna Colliard

Ci sono angoli ancora piuttosto sel-

limite e la mia ricerca si siano sposta-

Su liscio granito

vaggi e fantastici come la grande pa-

ti “un po’ più in là” e che forse que-

Il 19 Agosto arriviamo a Gangotri,

rete del Poncione d’Alnasca in Ticino,

ste fantastiche pareti, seppure ricche

luogo sacro per la religione Indù per-

ci sono le Dolomiti con le loro pareti

di sfide e di avventure, non riescono

ché da qui si parte per andare a vede-

mozzafiato e la loro arrampicata sem-

più a soddisfare il desiderio di sfida ed

re le sorgenti del Gange. Sono con me

pre fisica ed esigente, e c’è il Monte

avventura che in questo momento sto

Luca Schiera e Matteo De Zaiacomo

Bianco con i suoi panorami glaciali

cercando.

(Giga). Un paio di giorni più tardi an-

e il suo granito perfetto. Si possono

Penso alle immense pareti della Pa-

che noi passeremo di fianco alle sor-

fare grandi salite e si possono vivere

tagonia e al suo tempo imprevedibile

genti del Gange e stabiliremo il campo

grandi avventure, perché non neces-

e beffardo, penso alla Groenlandia, a

base più o meno al di sopra di esse;

sariamente le avventure più belle sono

tutte le pagaiate verso l’ignoto e alla

le montagne che vogliamo scalare, i

sempre le più difficili ed impegnative;

prima volta che vidi i 900 metri ver-

Bhagirathi, sono proprio quelle da cui

a volte lo possono essere anche salite

gini dello Shark Tooth, ripenso al Paki-

nasce il più grande e importante fiume

normali condivise con persone speciali

stan e alla fatica che si fa a scalare in

indiano.

e la salita di “Divine providence” con

libera a 6000 metri.

Dopo una decina di giorni di ac-

Arianna di quest’estate o della “Via

E’ questo il genere di esperienze

climatamento e trasporto di materiali

attraverso il pesce” con mio padre

che ti fanno vedere le nostre monta-

e viveri al campo avanzato e quindi

di 10 anni fa sono per me i principali

gne con un occhio diverso, te le fanno

alla base della parete, il 31 agosto, con

esempi di questa categoria

apprezzare di più e, anche se il rispet-

tempo perfetto, attacchiamo.

Più in là

to nei loro confronti rimane immutato,

Capiamo subito che questa parete

Tuttavia, dopo un’estate così bella e

capisci che c’è un mondo al di fuori,

è molto più difficile di quello che ci

così ricca di soddisfazioni sulle mon-

un mondo fatto di spazi più grandi, di

aspettavamo. Parte Giga, che sottova-

tagne di casa, ho la strana sensazione

montagne più grandi e più difficili, di

lutando la temperatura rigida decide

di avere fino a questo momento solo

sfide più complesse e quindi più sti-

di scalare senza giacca e senza calze

“giocato”, ho la sensazione che il mio

molanti e interessanti.

– pagherà questa sua scelta con dita

E anche questa volta l’obiettivo

30

Alpinismo e arrampicata

poco sensibili per diversi giorni.

scelto per la grande sfida dell’estate,

Dopo un primo tiro “di riscaldamen-

ovvero la parete Ovest del Bhagirathi

to” il diedro che vogliamo seguire si fa

4, non ha deluso le aspettative.

cieco e decidiamo quindi di attraver-


Matteo della Bordella in apertura a 5800 m sul Bhagirathi 4. Foto Luca Schiera

sare verso sinistra. Passa al comando

La Ovest del Bhagirathi 4 dal campo avanzato. Foto Arianna Colliard

salire su questo tipo di terreno.

gliarsi presto, scalare e stare al fred-

Luchino e procediamo per altre due

Il primo tentativo si conclude così,

do a più di 5500 metri alla lunga lo

lunghezze, con il sole che arriva a

con una ritirata e un primo assaggio

paghi. Solo tre giorni più tardi siamo

scaldare un pochino la parete.

della parete, consapevoli di avere an-

nuovamente all’attacco della nostra via

cora più di 3 settimane di tempo a di-

per quello che pensiamo sarà il nostro

sposizione per riprovarci.

tentativo decisivo.

Purtroppo insieme al sole iniziano anche a cadere i sassi dall’alto, roccia instabile tenuta insieme da neve

Tentativo decisivo

Il primo giorno un Luca Schiera in

e ghiaccio che con l’innalzarsi della

Chi mi conosce e ci conosce, sa

gran forma conduce la cordata, io sono

temperatura precipita verso le nostre

che non siamo i tipi che abbandonano

secondo con il compito di pulire il tiro

teste. Il tutto è amplificato dal fatto

facilmente. E così pochi giorni dopo

e consegnare il materiale a Luca il più

che i Bhagirathi formano una sorta

siamo di nuovo all’attacco del Bha-

velocemente possibile e Giga terzo,

di conca e quindi l’eco che si viene

girathi 4, questa volta con l’intenzio-

che si tira su il saccone più pesante.

a creare amplifica e ripete ogni botto,

ne di seguire una linea diversa e più

L’arrampicata, seppur resa difficile dal-

non facendoti bene capire da qua-

adatta all’arrampicata libera. Purtroppo

la temperatura al di sotto dello zero e

le parte arrivi. Tuttavia la parte sopra

in questa occasione la fortuna non è

da un po’ di neve rimasta dall’ultimo

della parete è talmente strapiombante

dalla nostra parte. La temperatura fin

brutto tempo, è fin da subito entusia-

che nel punto dove ci troviamo siamo

dal mattino è particolarmente rigida,

smante: la qualità della roccia è ottima,

quasi al riparo.

ma pensiamo che col tempo possa

un granito molto chiaro con una grana

E infatti non sono le scariche il mo-

migliorare; dopo il primo tiro però ini-

piuttosto fine e tante spaccature che

tivo della nostra imminente ritirata, ma

zia ad alzarsi un forte vento, dopo il

offrono buone possibilità per proteg-

è proprio il fatto che questi strapiombi

secondo tiro il cielo si copre e alla fine

gersi. La scalata è sempre sostenuta

non sono per noi salibili con il nostro

del terzo tiro inizia a nevicare.

e si fa via via più impegnativa. A un

stile di arrampicata e il nostro mate-

Un’altra ritirata e un’altra “sfacchina-

certo punto una fessura intasata dal

riale a disposizione. Cinquanta metri di

ta” per nulla. Poco male dal punto di

ghiaccio obbliga Luca a un esposto

granito pressoché liscio e strapiom-

vista del morale: abbiamo ancora più

bante con qualche rare lama ci sepa-

di due settimane e abbiamo indivi-

rano dal diedro e purtroppo non sap-

duato una linea salibile, ma dal pun-

piamo, non vogliamo e non abbiamo

to di vista fisico, lo sforzo di portare

nemmeno l’attrezzatura adeguata per

sempre zaini pesanti su e giù, sve-

Alpinismo e arrampicata

31


Lo Shivling 6543 m visto dal campo base. Foto Arianna Colliard

traverso su una placca verso destra

tirare un po’ il fiato dopo le fatiche

Proseguiamo con difficoltà con-

con un ristabilimento precario e an-

del giorno precedente. Fare il capo-

tinue sempre dell’ordine del 6c-7a

cora impegnativo fino in sosta…7b o

cordata per un intero giorno è ab-

(che a quella quota e con due serie

più a vista, a 5500 metri. Niente male

bastanza estenuante, soprattutto a

di friends all’imbrago sono sufficien-

direi.

queste quote, ma d’altronde il fatto

ti per farmi impegnare a fondo) in

Piazziamo la nostra portaledge alla

di alternarsi farebbe perdere tempo

questo grande sistema di diedri lun-

fine di un piccolo nevaio, sperando

prezioso in inutili manovre, quindi

go circa 300 metri.

di essere un po’ riparati da eventuali

una volta che uno ha preso il coman-

Solo verso la fine, il ghiaccio nelle

cadute sassi. Questa “tenda da pare-

do, finché ne ha, è meglio che conti-

fessure e la spossatezza della gior-

te”, con la sua struttura pesante 9 kg

nui ad andare da primo.

nata mi costringono ad arrendermi ad

e il suo telo che ne pesa altri 3, sarà

Tra diedri e fessure

un po’ di artificiale per salire.

la nostra casa per questa notte e la

Anche il tratto superiore di parete

La sera del secondo giorno piaz-

successiva, e dopo grandi sacrifici

offre un’arrampicata entusiasmante,

ziamo la nostra portaledge a circa

per issarla fin lassù è solo grazie a

assolutamente nel mio stile: diedri e

200 metri dalla cima della parete,

lei che riusciremo ad avere un po’ di

fessure da salire in incastro ed op-

prima della fascia nera di scisto finale,

riposo e a non battere i denti nelle

posizione. Il problema è ancora una

la grande incognita della via.

ore notturne.

volta la temperatura, sempre troppo

Alcune delle pareti della zona del

La mattina successiva riparto io

rigida per scalare in modo sereno, la

Garwhal infatti hanno questa sin-

al comando della cordata, Giga sale

quale trasforma dei gesti che potreb-

golare caratteristica di avere un bel

da secondo e Luchino terzo può

bero essere di piacere ed eleganza in

corpo di granito compatto, sul quale

una scalata faticosa e di sofferenza,

si poggia un “cappello” di scisto nero.

con mani e piedi insensibili ma che

Una roccia marcissima della peggiore

fanno male quando li si incastra nelle

qualità. Avevamo già sentito parlare di

fessure.

questo scisto nei racconti allucinanti

32

Alpinismo e arrampicata


di altre cordate che avevano scala-

La nostra principale speranza, che

roccia marcia ci impedisce di passa-

to il Bhagirathi 3 o il Thalay Sagar.

ci aveva condotto fin lì, ovvero quel-

re è come una beffa, non è facile da

Speravamo anche noi all’indomani di

la che la parete fosse più appoggiata

accettare. Ma il bello dell’alpinismo e

trovare una soluzione a questo pro-

e quindi si riuscisse a scalare un po’

del nostro modo di fare alpinismo è

blema che avevamo sempre riman-

stando sui piedi, svanisce nel nulla.

che c’è sempre la possibilità di fallire.

dato, ma che ora si faceva sempre più

Facciamo un po’ di timidi tentativi,

Non so ancora se questo per noi

ma nessuno se la sente di prendere in

sarà un addio o un arrivederci, si-

Il terzo giorno, a causa della mag-

mano la situazione e rischiare. E’ an-

curamente questa parete un po’ di

giore quota ed esposizione ai venti,

che questa una differenza importan-

amaro in bocca ce l’ha lasciato e la

la temperatura è ancora più rigida e

te con le Alpi: qui ci siamo solo noi,

voglia di riuscire per primi a salirla

ci è impossibile scalare prima dell’ar-

a quasi 6000 metri e su una parete

con una bella via in bello stile è molto

rivo del sole. Iniziamo tuttavia a ta-

inviolata, qualsiasi cosa succede non

alta.

stare il terreno e ci rendiamo conto

c’è il cellulare per chiamare il soc-

Ma d’altronde è anche vero che

che è tutto molto peggio di quanto

corso alpino e te la devi cavare da

adesso siamo tutti e tre qui, amici

ci aspettassimo. La roccia è estre-

solo. La logica conseguenza di ciò è

come e anzi più di prima a raccon-

mamente marcia e si sfoglia in mano

che è assolutamente vietato sbagliare

tarvi la nostra storia; che è la storia

– e questo lo sapevate, un lettore

ed ogni rischio deve essere calcolato

sì di un fallimento, ma anche la storia

potrebbe affermare – ma oltre a ciò

molto attentamente.

di una grande avventura vissuta in

attuale.

l’inclinazione della parete non diminuisce e ci troviamo di fronte ancora

Fallimento sul scisto

montagna, una storia che ci ha fatto

La decisione questa volta è dura

vivere emozioni forti e che ci ha la-

da prendere e da digerire. Arrivare

sciato qualcosa dentro, che portere-

Un muro che adesso non è più però

così vicini alla fine, dopo aver aperto

mo con noi per sempre.

di granito solido e fessurato, bensì di

700 metri di parete, in ottimo stile

roccia che si sfalda a guardarla.

e scalando bene e ritirarsi perché la

un muro verticale.

Alle sorgenti del Gange- Foto Arianna Colliard


BIG WALL FREE L’accanita scelta di una vita di salire in libera le grandi pareti

Qualido, Joy Division

di Simone Pedeferri

il contagocce) apparve una visione: i

nita nella tazza di thè. Pizza mi guar-

due americani in un articolo fulminan-

da un po’ perplesso (la cassetta era

1989. Timidamente facevo i miei

te raccontavano la loro salita in libera

sua); nel bivacco che abbiamo co-

primi passi sulla roccia con un grup-

della Salathe. L’articolo spiegava come

struito si sta molto bene ma fuori il

po di amici. Dall’altra parte del mondo

avevano lottato per quella libera, in un

tempo non sembra un gran che. Tut-

due americani, Paul Piana e Tod Skin-

modo irriverente e anticonformista,

to questo mi fa pensare ironicamente

ner liberano la Salathe Wall a Yosemiti,

con totale impegno per quel sogno di

che la giornata non sarebbe iniziata

una via che diventerà un simbolo per

mille metri di roccia.

molto bene. Per quel giorno il mio

le salite in libera. Nello stesso periodo

Cinque anni dopo. Questo è il tem-

obiettivo era liberare il Picco Darwin

la mia mente di giovane arrampica-

po che mi è servito per cominciare

per la via Il naufragio degli argonauti,

tore apprende da Marco Vago, socio

con la libera della prima big wall. In

via che avevo già salito per due vol-

di una vita verticale. Marco era molto

quel lasso di tempo avevo ripetuto

te le settimane precedenti per pulirla

più avanti di me, sia tecnicamente sia

una moltitudine di vie di tutti i tipi, ero

e provarla, ma il mio gioco non era

nelle idee, aveva subito capito che l’ar-

cresciuto esponenzialmente di grado

più ripetere, ma salire in libera. Avevo

rampicata libera aveva senso totale se

da un approccio “naia” avevo imparato

scelto questa via perché simbolo della

portata sulle grande pareti e mi spie-

ad allenarmi, a proteggermi, in poche

generazione che mi aveva preceduto,

gò il gioco. Poi sulla rivista ALP (non

parole avevo imparato ad essere uno

quella dei sassisti, e dopo aver visto

c’era internet con video, liste di sa-

scalatore completo, crescendo lenta-

la relazione capii che la salita sarebbe

lite, spiegazioni di movimenti, tempo,

mente su tutti i campi. Tutto per un

stata in fessura e Paul Piana nel suo

umidità, quanta magnesite serviva per

unico scopo: le big wall in libera.

articolo aveva detto una frase che mi

quel tiro, ecc., le notizie arrivavano con

34 Alpinismo e arrampicata

era sempre rimasta in mente: “Dove Il Picco Darwin e la cassetta dei Clash

loro mettevano i chiodi, noi mettere-

1996, Val Cameraccio, laterale della

mo le mani per salire in libera”. Così

Val di Mello. La cassetta dei Clash che

partii quella mattina salendo, immer-

tanto amo ascoltare al mattino mi è

so nella nebbia, sulla lunghezza chiave,

appena scivolata dalle mani ed è fi-

una fessura strapiombante a 200 m


da terra. Quello che ricordo di quel

Un’ alternanza tra momenti di tran-

sante su per la Val Qualido. Il lettore

momento è la certezza di aver por-

quillità vissuti alla base della parete

cd con gli AC/DC mi danno il ritmo

tato l’alta difficoltà in un luogo selvag-

(mangi dormi e riposi) e momenti di

per camminare. Sono giorni che provo

gio, e quell’attimo l’avevamo vissuto

dura lotta su di essa dove dai tutto te

sulle fisse questa via; dopo tante libe-

solo io e il mio compagno di cordata.

stesso per non cadere e risolvere una

re volevo un obiettivo più grande che

Quella battaglia sulla parete lontana da

via. Quello che mi affascina di questo

era tecnicamente un passo più avanti.

tutti mi appagava completamente, era

stile è che non è importante solo lo

Mi sono immaginato un link diagonale

quello che volevo fare.

scalare, ma anche tanti piccoli fattori

che taglia in due questa parete con tiri

che devono combaciare per avere la

che hanno caratteristiche diverse. Tre

fortuna di liberare una big wall, biso-

settimane ci sono volute tra piazzare

gna imparare anche la tecnica delle

le corde fisse, pulire e provare la via.

1999, Qualido. Alberto è appena

libere. La cosa che ho capito affron-

Per la prima volta, dopo aver messo

volato per una quindicina di metri,

tando queste salite è che al di là del

le corde fisse con gli amici, trascor-

era quasi riuscito ad arrivare in sosta

percorso personale, le emozioni e le

ro lunghe giornate da solo su di una

saltando l’ultima protezione: “Que-

avventure sono così forti che il rap-

parete provando i singoli tiri per poi

sta maledetta via su piccoli cristalli è

porto di amicizia che si instaura con

chiamare gli stessi nei giorni della li-

veramente un rebus!” Ogni tiro è una

il socio è molto profondo e la stessa

bera. Questo modo di affrontare le

lotta e per questo abbiamo dato un

scelta del compagno è fondamentale

pareti mi dà l’opportunità di far cre-

nome ad ogni tiro. Questa big wall

per la riuscita della salita. E in questa

scere in me un rapporto speciale con

è diversa da quelle affrontate finora

via ho avuto la prima conferma che il

la parete: quando sei solo immerso su

perché si svolge su placche, molto più

compagno ha avuto un ruolo fonda-

di un enorme muro di granito ti senti

aleatoria di altre vie. Una linea creata

mentale nella riuscita: due giorni dopo

piccolo ma nel frattempo ti senti parte

prendendo tiri di diverse vie per rea-

quel volo io e Alberto finiamo la libera

di essa, parli con lei, i tuoi sensi diven-

lizzare un link che fosse il più impe-

di Black Snake.

tano più attenti a tutto…al sole quando

(Picco Darwin, Il naufragio degli ar-

gonauti - 12 tiri diff 7c, 350 m) Ogni tiro un nome

(Qualido, Blake Snake - 16 tiri diff

gnativo e bello possibile, la “linea perfetta”. Calo Alberto alla sosta ma ormai

Vedi le rondini intorno a te, conosci i

8a, 600 m)

è buio, per oggi basta e scendiamo al bivacco Hotel Qualido. Precipizio degli Asteroidi, Non sei più nella mia banda

nasce e ti scalda o quando se ne va.

Col lettore cd 2004. Salgo lento con un sacco pe-

posti dove hanno i nidi, tutto quanto si amplifica e ti sembra di diventare più


do le soluzioni

Da un lato mi dispiace, dall’altro, mi dà

dei

tutto il tempo per realizzare i miei so-

passaggi,

riposo un po’ aspettando che la

parte

gni più lentamente. La musica finisce e riparto con la

alta

mia mini tracktion sulla fissa. Lo stra-

di Non sei più

piombo di Brivido blu è in ombra. A

nella mia banda

metà un piede mi scivola e cado per

vada in ombra.

qualche metro prima che la fissa vada

Ho

piazzato

in tiro, il tutto a 500 m da terra im-

450 m di corda

merso negli strapiombi. Mi spavento,

fissa con i soci

poi rido. Mi riattacco alla roccia e tro-

per risistemare

vo gli appigli per superare il passag-

e pulire questa

gio. Finisco la giornata dopo 15 ore

magnifica linea

di arrampicata. Forse è stato questo il

che vent’anni fa

momento più bello di quella libera, es-

avevano aperto

sere solo su per quell’enorme parete,

degli amici, una

scalare trovando tutti i sistemi fino al

via veramente

buio e scendere con la frontale men-

pazzesca

ri-

tre sorge la luna piena. Tornerò pochi

spetto ad altre

giorni dopo e in due giorni farò la ri-

che ho sali-

petizione dal basso.

to, la prima di

(Precipizio degli Asteroidi, Non sei

una lunga serie

più nella mia banda, 18 tiri diff 8a, 700

di salite stra-

m)

un

Le vie in libera sulle grandi pare-

cambio di sti-

ti sono sempre state il mio sogno, il

le. In vent’an-

mio carburante e stimolo per anni di

selvaggio. Alla fine questa è stata la

ni nessuno l’aveva mai ripetuta e per

allenamento. L’essenza di tutto que-

prima big wall il cui impegno è stato

ironia della sorte uno degli apritori era

sto sono le big wall in libera che sono

totale ed è durato giorni per culmi-

Pizza (vedi Picco Darwin 1996) ed era

diverse da vie sportive di più tiri o

nare negli ultimi: il quarto giorno della

stato proprio lui a dirmi che si sareb-

vie ibride, Le big wall si snodano su

libera è stato un riassunto di dieci anni

be potuta liberare. Penso al percorso

pareti più grandi, hanno una logistica

di libere, ho vissuto i momenti solitari

che mi sta dando questa via: cercavo

complicata, sono vie che necessitano

e i momenti in amicizia e tutti i tipi di

un’esperienza più solitaria rispetto ad

giorni per essere liberate, si snodano

arrampicata.

altre libere e lavorerò per sette giorni

su pareti dove possono esistere già

in completa solitudine. Poi rifletto sul

dei percorsi (di solito in artificiale) e

percorso che le libere hanno preso e

tu ti devi adattare alle loro chiodature

mi accorgo di una cosa: avrei pen-

senza cambiarne il carattere, bisogna

2010. Mi sdraio su questa comoda

sato che le grandi pareti sarebbero

trovare gli appigli per tutta la parete, è

cengia a metà parete ancora illuminata

state il futuro e invece per le nuove

un continuo girare in essa. Non come

dal sole. Il mio Ipod con i Pearl Jam mi

generazioni contano poco. Quando

quando fai una via sportiva, ma in un

tiene compagnia. Sono per l’ennesima

ho iniziato avevo fretta di realizzarle

modo più selvaggio! E’ una scalata

volta su una big wall da solo cercan-

nel timore che un altro scalatore mi

più selvaggia e primordiale, più lenta.

portasse via la prima libera, e invece

Le big wall sono quelle pareti che ri-

ora, seduto su una cengia da solo, mi

mangono nel confine fra avventura e

accorgo che questa fretta non esiste

libertà.

Meridiana, Adventure time

(Qualido, Joy Division - 21 tiri diff 8b, 700 m) Ipod e strapiombi

36 Alpinismo e arrampicata

piombanti,

più perché a fare questo gioco siamo rimasti in pochi per non dire nessuno.

Hotel Meridiana 2011, fine agosto. Salgo lento con


un grosso carico per una valle che ti

ed

toglie il fiato da quanto è ripida. Spi-

per me, un se-

ni non si lamenta, madre Natura l’ha

gno importante

dotato di una gamba possente. Sot-

di quello che

to il Camer (sasso adibito a bivacco

cerco e cerca-

chiamato Hotel Meridiana) facciamo il

vo sulle grandi

punto sul materiale prima di continua-

pareti.

re per il bivacco Manzi per poi andare

parete mi ha

al Picco Luigi Amedeo per una (mal-

impegnato 30

sana) idea. Di quella giornata mi ricor-

giorni in quat-

do il cielo limpido di un blu fantastico

tro anni, un bel

e un sole caldo, piacevole che scaldava

po’ di amici mi

e dava un’energia tale da far sembrare

hanno accom-

tutto possibile. Dietro di noi, silenziosa,

pagnato e ha

c’è una parete. Il sole la illumina e la

visto la riuscita

rende bellissima con le sue forme, è la

solo tra luglio

Meridiana, la parete più strapiombante

e agosto 2015.

del Masino, quella che da anni atten-

Sono

de un tentativo in libera. Quel giorno

a liberare i sin-

è iniziato tutto, quella parete è come

goli tiri ma non

se ci avesse chiamato, come le sirene

a fare la ripe-

per Ulisse (fregati in pieno!). Ci siamo

tizione di fila,

guardati e abbiamo detto: “Non si può

manca ancora

andare al Picco, non possiamo ritirarci

questo. Ma ora

da una sfida così, dobbiamo accettar-

questa via sulla

la”. Il giorno stesso abbiamo attaccato.

Meridiana esi-

Quello che cercavo era una sfida completa che racchiudesse in sé tutte le caratteristiche dell’arrampicata praticata finora, dal boulder alle placche,

è

questo

Questa

riuscito

Qualido, Joy Division

ste. (Meridiana, Adventure time, 16 tiri diff 8b/c, 550 m) Accanimento verticale

(sentieri, risalite, spostamento di materiale, pulizia, ecc.) mi sento svuotato e sembra che questo gioco non abbia

agli strapiombi, all’arrampicata psico-

A volte penso che mi incaponisco

un senso. Alla fine non so, non riesco

logica riportata sulle grandi big wall.

troppo, perché devo passare su tutto

a dare una risposta completa e vera a

Volevo una sfida del cui risultato non

in libera? Su quel tetto in Meridiana

me stesso, forse perché quel gioco di

ero sicuro, che forse non sarebbe stato

di 30 metri non ne potevo più, l’ho

provarci solo in arrampicata è quello

possibile liberare, ma che fosse un’idea

percorso almeno venti volte. Se il mio

che ho fatto per gran parte della mia

talmente particolare e bella che non

gioco fosse stato salire e basta quel

vita e una parete la concepisco solo in

importava il risultato finale della libera

punto l’avrei superato da anni, ma il

questa maniera libera.

o che fosse completamente realizzata.

mio gioco era percorrerlo in arram-

Perché questo? Ho sempre sostenu-

picata libera. Mi dicevo che se avessi

to che in arrampicata (come in altri

tirato tutto e fossi uscito da tempo

campi) sono più importanti le idee e

forse avrei fatto altre esperienze e

le visioni piuttosto dei numeri e dei

scalato molte altre pareti: perché voler

risultati.

dell’alpinismo

superare quei trenta metri di soffitto

è avvenuta grazie alle idee, gli stili e

con quelle dannate regole? Forse è

le etiche e non per le performance

un accanimento verticale a tutti co-

pure e sterili. Cercavo un’evoluzione

sti? - mi chiedevo. A volte quando

sia personale che generale delle big

sono sconfitto, così lontano da casa

wall della zona: la Meridiana è stata

e dopo aver fatto un sacco di sforzi

L’evoluzione

Foto di Ricky Felderer

Alpinismo e arrampicata

37


BAGNI D’ALTA QUOTA

Nevaio verso il passo Pennes

In Val Sarentino, con sole e aria frizzante, il 13° trekking di Alpinismo giovanile

Anno 2015. Dopo i festeggiamenti per il 50°di attività, si apre per il nostro gruppo un nuovo anno di iniziative , corsi , giornate didattiche ,aggiornamenti e non ultimo il tredicesimo “Trekking di A.G. CAI Lecco”.Quest’anno la zona ci viene proposta da Stefano, un amico e socio del CAI Fortezza (Bolzano) che, stufo di seguirci a spasso per le Alpi vorrebbe farci conoscere le sue valli. Entusiasti per il suggerimento, che ci consente di fare una nuova croce sulla nostra cartina, partiamo alla volta della Val Sarentino che da Bolzano consente attraverso il Passo Pennes di raggiungere Vipiteno. Raccolta la nostra guida partiamo verso il Corno del Renon primo dei quattro rifugi che nei giorni a seguire ci ospiteranno con alti e bassi, specie per la cucina non sempre all'altezza della fame degli escursionisti. Ma lasciamo ai ragazzi (o meglio alle ragazze) il racconto di questa avventura

Tiziano Riva Presidente gruppo AG



Discesa nella nebbia dal Corno del Renon

di Sofia, Elisa, Francesca, Serena Quest’anno il 13° trekking del gruppo di Alpinismo Giovanile del CAI di Lecco ha visto come scenario i suggestivi paesaggi della Val Sarentino, nel cuore dell’Alto Adige. Siamo partiti il 15 luglio dalla sede del CAI a Lecco per poi rientrare a casa il 19 luglio. In questi cinque giorni abbiamo alloggiato in quattro diversi rifugi incontrati lungo il percorso, che raggiungevamo a piedi di volta in volta assaporando l’aria frizzantina di montagna e gli innumerevoli panorami che Ragazzi al bagno al lago Scuro

Passerelle sulla palude

il posto ci offriva. La mattina la sveglia

fosse servita avevamo del tempo a di-

era piuttosto presto e dopo un’ab-

sposizione per farci la doccia, rilassarci

bondante colazione eravamo pronti

e divertirci in compagnia.

per raggiungere il rifugio successivo.

Il primo giorno, dopo un viaggio in

Durante la pausa pranzo è capitato di

macchina durato qualche ora, siamo

imbatterci in cristallini laghetti di mon-

arrivati al rifugio “Corno del Renon”,

tagna, nei quali molti di noi si sono di-

percorrendo un sentiero che si iner-

vertiti a sguazzare nonostante il freddo

picava tra rigogliosi prati sovrastati dal

pungente dell’acqua, ma ne è valsa la

passaggio di numerose funivie. Da qui,

pena perché non è cosa di tutti i giorni

il secondo giorno, siamo arrivati al ri-

fare il bagno a 2000 metri di altezza.

fugio “Croce di Lazfons”, percorrendo

Di solito raggiungevamo i rifugi solo

ben 18 km. Il giorno successivo sia-

nel tardo pomeriggio, tutti piuttosto

mo partiti alla volta del rifugio “Rodella”,

stanchi, ma il paesaggio mozzafiato e

che disponeva di un grande terrazzo

le abbondati cene ricambiavano le no-

dal quale era possibile ammirare la Val

stre fatiche. Inoltre prima che la cena

Gardena e le cime circostanti. L’ultimo

Rifugio Vallaga


Chiesa e rifugio Croce di Latzfons

Gruppo al Latzfons

rifugio che ci ha ospitato è stato il

macchine lungo il sentiero più breve.

soprattutto a base di cibi tradiziona-

rifugio “Vallaga”, sotto il quale si dispie-

Per mezzogiorno eravamo già sulla via

li (wurstel, patate, salsicce tedesche...)

gava un grazioso laghetto del quale

del ritorno.

non da tutti sono state apprezzate.

purtroppo non abbiamo potuto godere

Questi cinque giorni sono stati molto

Molto vari i paesaggi: gli sterminati

per un bagno rinfrescante, in quanto

piacevoli, sia per i bellissimi luoghi at-

prati dei primi giorni, scaldati dal sole,

era adibito solo all’utilizzo privato del

traversati con sentieri puliti e ben cu-

frequentati in prevalenza da mucche e

rifugio.

rati, sia per i rifugi confortevoli e per

capre e destinati d’inverno a mutarsi in

Nella serata conclusiva in rifugio

l’ottima compagnia. Fortunatamente il

affollate piste da sci, hanno poi lascia-

molti di noi si sono esibiti in canti di

tempo è stato dalla nostra parte per

to il posto a enormi vallate costellate

montagna sotto un limpido cielo stel-

tutta la durata della vacanza. Non era-

da pini mughi di svariate sfumature

lato.

no in programma cime o dislivelli ec-

di verde e da qualche baitella in sas-

cessivi, ma la fatica non è mancata e

so alternate a paesaggi aridi e ghiaiosi:

nemmeno i saliscendi.

uno spettacolo insolito che abbiamo

Nella giornata del rientro la maggior parte di noi ha raggiunto il passo di Pennes (Vipiteno), attraversando

Il servizio nei rifugi è stato molto

apprezzato dall’inizio alla fine. Perché il

anche un piccolo nevaio, mentre i più

efficiente, le camere erano pulite e le

bello non è arrivare, è il viaggio e l’at-

affaticati sono giunti direttamente alle

cene abbondanti, anche se, essendo

mosfera che si crea passo dopo passo.

Lago del Rifugio Rodella

Brindisi dell’ultima sera


L’ARTE DELLA MONTAGNA

Medale, dicembre 1989

Scalatore, guida alpina, istruttore, manutentore di sentieri: il “Pepetto” si racconta


di Matteo Manente

D

ice di non aver mai fatto

o montagne accessibili a chiunque,

nessuna ascensione o sali-

ma non abbiamo ancora specificato

ta trascendentale, niente di

che il protagonista di questa cavalca-

che vantarsi a livello alpinistico, ep-

ta a ruota libera sul filo dei ricordi è

pure, snocciolando i primi nomi che

Giuseppe Spreafico, per tutti “Pepet-

gli vengono in mente, saltano fuori il

to”, uno che ha vissuto la montagna

Monte Bianco, il Gran Paradiso, il Badi-

in quasi tutte le sue sfaccettature, un

le, il Disgrazia, la Biancograt al Bernina

uomo che alla soglia dei novant’anni

o le Tredici Cime in Valfurva, tanto per

ha ancora voglia di raccontarsi e di

citarne alcune: non esattamente vie

ricordare con piacere e lucidità le in-


1954. In vetta alla Brenta Alta Sotto: Inaugurazione del sentiero Costantino Fiocchi al San Martino, 14-11-1982

numerevoli esperienze

così chiamato perché non c’era né la

vissute durante il suo

strada né la luce: ogni anno c’era su

andar per monti.

anche il futuro Ragno “Stizza” e così,

Impegnato per tan-

per far compagnia al figlio, qualche

ti anni su più fronti

giorno portavano anche me. Quel-

– Ragno, istruttore di

la era tutta la mia vacanza: non sono

roccia e sci-alpinismo,

mai stato né al mare né altrove. A 11

guida alpina, accom-

anni purtroppo ho cominciato a lavo-

pagnatore di alpinismo

rare a San Giovanni, nell’azienda che

giovanile, responsabile

sarebbe poi diventata l’Oasa; lì fino ai

delle uscite promosse

14 anni ho fatto un po’ il fattorino, poi

dal CAI Lecco per la

mi han spostato in magazzino a met-

Cassa Edile e tra i prin-

tere i numeri sulle casse. A 14 anni ho

cipali manutentori dei

cominciato a fare il meccanico cam-

sentieri lecchesi – “Pe-

biando anche qualche padrone, ma

petto”, classe 1926, ha

diciamo che quella è poi stata la mia

aperto per noi la pro-

professione: ho lavorato mezza vita

pria personale scatola

dal Gerosa, arrivando alla pensione, ma

dei ricordi, inanellando

mi hanno fatto andare avanti altri cin-

una serie di aneddoti

que anni con la scusa del consulente

e racconti che hanno

tecnico, finché a 60 anni ho detto ba-

permesso di tracciare il

sta, meglio andare a prendere il sole!

profilo di un uomo che

A quel punto per non star fermo mi

ha sempre operato in

son dato un po’ alla manutenzione e

silenzio, facendo tut-

alla costruzione dei sentieri, anche se

to quello che ha fatto

non sapevo far niente in quel campo”.

lontano dai riflettori e dalle luci della ribalta o dei facili applausi.

Prima di arrivare alla manutenzione dei sentieri, però, ci son state un sacco di altre esperienze in ambito alpinisti-

Cominciamo

dal

co, a partire dall’arrampicata...

primo

“Ad arrampicare ho iniziato nel 1946,

contatto avuto con la

l’anno prima del primo campeggio dei

montagna...

Ragni a Lavaredo: ho cominciato ad

principio,

dal

“Ho iniziato a fre-

andare in Grignetta, conoscevo già

quentare la montagna

Giovanni Ratti perché andavo a gio-

quando ho comincia-

care a Brogno dove abitava lui e allora

to a lavorare: avevo il

la prima salita l’ho fatta con lui al Cam-

capo officina che aveva

paniletto; da lì poi son diventato un

una baita in Erna e al-

po’ più indipendente. Altre volte c’era

lora ci andavo; un’altra

anche il mio coscritto Andrea Castelli,

occasione di contatto

il quale aveva una passione enorme

coi monti risale a quan-

per la montagna, ma purtroppo aveva

do da ragazzo a Mor-

paura del vuoto: allora io facevo il ca-

terone facevo qualche

pocordata, però tante volte ho dovuto

giorno di “campagna”,

rinunciare perché lui non se la sentiva


di salire. Sempre con Castelli ho aper-

smo. Non ho mai fat-

to un paio di vie nuove, una sui Denti

to cose trascendentali,

della Vecchia nelle Prealpi Ticinesi, una

però ne ho fatte pa-

sulla parete est del Torrione Magna-

recchie: dico la verità,

ghi Centrale in Grigna e l’altra nel 1947

grazie alla passione per

sulla parete nord-ovest del Sasso Pa-

lo sci-alpinismo, sono

lazzo nelle Prealpi Comasche-Ticinesi:

stato su montagne che

conoscevamo gli svizzeri del Gruppo

altrimenti non avrei mai

Amici della Montagna di Lugano che

visto, montagne come

venivano spesso in Grigna ad arram-

il Tabor, il Gran Paradiso

picare; noi li portavamo e così, per

o il Monte Bianco fatto

ricambiare la cortesia, ci invitavano

insieme a Mario Bo-

in Svizzera. Noi però non avevamo il

nacina, visitando posti

passaporto, quindi andavamo a piedi o

che

coi mezzi pubblici: da Lecco a Menag-

non dicono molto, ma

gio in battello, poi fino a San Mamete

che d’inverno assu-

con la corriera, infine a piedi facevamo

mono tutto un altro

il valico per raggiungere il rifugio in

fascino. Anche alpini-

cui dormire: con un pestone di vino ci

sticamente devo dire

davano da mangiare e poi alla mattina

che ho fatto parecchie

andavamo a arrampicare, così abbia-

cose, ho visto tanti bei

mo fatto un po’ di vie in quella zona.

posti e ancora oggi ne

Tra l’altro, sono stato uno dei primi ad

parlo qualche volta con

avere la moto, perciò dopo un po’ ho

Giovanni Ratti: ricordo

potuto raggiungere anche il Badile, il

per esempio quando

Disgrazia e quelle zone in apparenza

abbiamo ripetuto la Via

così lontane: una volta con lo scooter

degli Inglesi sulla Nord

sono arrivato fino al Cervino!”.

del Disgrazia o la Via

magari

d’estate

Gervasutti alla Cima di A proposito di essere stato uno dei

Valbona... di avventure

primi, anche l’ingresso nei Ragni è av-

ne abbiamo fatte tante

venuto subito...

e per fortuna son fini-

“Sono diventato Ragno quando il

te quasi sempre bene.

gruppo è stato fondato, anche se non

Senz’altro sono stati

è che lo sono diventato per meriti al-

anni importanti, in cui

pinistici: ero semplicemente tra i primi,

la scelta dei compagni

come Giovanni Ratti e altri. E’ come

di cordata avveniva più

la storia dell’uovo e la gallina, ma va

per l’amicizia che c’era

precisato che non sono tra i fonda-

tra di noi che per meriti

tori del Gruppo: diciamo che sono

o capacità alpinistiche

stato fra i primi a entrare, chiamatemi

individuali”.

pioniere o come volete, ma non sono stato un fondatore. Poi ho iniziato ad

Poi è stato il mo-

andar fuori coi campeggi dei Ragni

mento del brevetto di

e altre attività, anche come istruttore

guida alpina…

della scuola di roccia e di sci-alpini-

“Sì, sono guida alpina

1952. Al Monte Bianco con gli sci. Sullo sfondo il Dente del GiganteSotto: 1964. Sulla Cima Canali, 2.900 m, nel gruppo delle Pale di San Martino


rio, quando il Soccorso non era ancora organizzato in veste ufficiale”. Da non dimenticare il più che ventennale impegno sezionale con il CAI Lecco, tra incarichi di manutenzione dei sentieri e di ispettore al rifugio Stoppani, fino al fondamentale incontro con la Cassa Edile...

“Sono stato nel consiglio del CAI per ventidue anni, ricoprendo diversi incarichi: manutenzione e controllo dei sentieri, rapporti con la sottosezione Strada Storta e infine ispettore al rifugio Stoppani, dove oltre che meccanico mi sono improvvisato anche idraulico, elettricista, muratore, manovale e tante altre cose. Sempre in Stoppani, ho contribuito alla costruzione delle fogne, dell’acquedotto e della teleferica, oltre a tanti altri piccoli interventi di manutenzione. In sezione, mi sono occupato per anni dell’organizzazione delle gite sociali, mentre nel 1982 ho preso parte anche alla Settimana Verde a Santa Fosca. Per quanto riguarda l’attività con i ragazzi, facevo parte anch’io del gruppo di Alpinismo Giovanile del CAI Lecco. Nel 1981, alla sezione è arrivata una richiesta di accompagnamento per la colonia dei ragazzi della Cassa 1987. Manutenzione bivacco Redaelli al Badile. Da sinistra Battista Corti, Giuseppe Spreafico e Antonio Castelnuovo.

Edile in Valsassina: a partire dal 1982 ho preso in mano la gestione com-

dal 1958, anche se va ricordato che ai

diventato guida non per fare la pro-

pleta di questa attività, che ho portato

nostri tempi per diventare guida alpina

fessione, perché a Lecco come guida

avanti fino al 2001 insieme ad altri tre

bastava presentare una buona attività

alpina non ha mai mangiato nessuno:

o quattro accompagnatori volonta-

alpinistica e avere la fedina pulita; poi

l’unico vantaggio ad avere il libretto di

ri. A questo proposito, voglio sotto-

andavamo a Como in Provincia dove

guida era di tipo economico, nel senso

lineare la grande differenza che c’era

c’era una commissione che giudicava,

che c’erano degli sconti sulle funivie

tra l’andare coi ragazzi dell’alpinismo

mentre adesso servono dei preparativi

oppure, quando andavi a sciare, eri

giovanile del CAI Lecco e quelli del-

molto più complicati. Comunque sono

considerato maestro di sci. Invece non

la Cassa Edile: questi ultimi, specie nei

ho mai preso parte ad azioni ufficiali

primi anni, erano tutti figli di muratori

con il Soccorso Alpino: mi è capitato

della Valtellina, della bergamasca o del

di partecipare a qualche intervento di

bresciano, quindi più o meno a cono-

recupero, ma soltanto a titolo volonta-

scenza dell’ambiente montano. Quan-

46

L’Intervista


Anni ‘50: in vetta al Badile con Giulio Bartesaghi e Tobia Fumagalli (al centro)

do nel pieno del boom sono arrivati

“Sì, per tanti anni mi sono dedicato

andare in montagna e così abbiamo

molti meridionali a fare i muratori, alla

alla cura dei sentieri e alla loro ma-

portato a termine il sentiero dei Tecett,

colonia sono arrivati anche i loro figli

nutenzione, specialmente in Val Verde

intitolato poi a Costantino Fiocchi.

e sono cambiate tante cose: ci vole-

perché il sentiero è dedicato a mio fi-

Un altro lavoro è stato quello di mo-

va sempre una gran pazienza, perché

glio. Oltre a quello della Val Verde, ri-

dificare il vecchio tracciato del sen-

avevano poca voglia di camminare,

cordo anche il grande lavoro fatto sul

tiero della Val Verde: per evitare un

non erano abituati; inoltre, quasi nes-

sentiero dei Tecett: l’idea originaria

canalone molto pericoloso per le con-

suno di loro aveva mai visto la neve e

della traccia è stata di Giuliano Mare-

tinue scariche di sassi, abbiamo devia-

tanti venivano da zone in cui anche di

si, che aveva un po’ il pallino per quel

to la traccia originale. Poi, su idea dei

acqua corrente ce n’era poca: non vi

posto. Una sera al CAI è arrivato Pa-

Ragni e in particolare di Dino Piazza, è

dico la loro sorpresa quando li por-

olo Boghi, il quale aveva ereditato un

stato deciso di intitolarlo a mio figlio,

tavamo dove c’era l’acqua o quando

quadro da suo zio Costantino Fiocchi.

che era morto proprio in montagna. Da

trovavano una fontana: non li tiravamo

Così, decidendo di impegnare il valo-

allora ho abbandonato un po’ gli altri

più via! C’era una differenza enorme,

re del quadro per ricordare lo zio, ha

sentieri, anche come incarico ricevu-

davvero, e anche economicamente la

chiesto se era possibile fare qualcosa;

to dal CAI, per seguire quasi esclu-

Cassa Edile ha dato un contributo no-

parlando con Maresi è saltata fuori l’i-

sivamente quello della Val Verde. La

tevole per sanare questo divario”.

dea di intitolargli il sentiero dei Tecett,

manutenzione dei sentieri è un lavoro

originariamente nato per permettere ai

duro, difficile: c’è da rompersi i pan-

Infine, l’altro grande incarico è stato

contadini e ai boscaioli di Valmadrera

taloni e le scarpe ogni volta, tornare

quello relativo alla manutenzione dei

che venivano qui con la barca di tra-

sentieri del lecchese, con particolare

sportare il fieno e la legna raccolti. Io

attenzione a quelli del gruppo del San

ero appena andato in pensione, quindi

Martino e della Val Verde...

avevo due o tre giorni a settimana per

L’intervista

47


Pepetto a casa sua con Annibale Rota, intento a sfogliare il proprio album fotografico. Foto di Matteo Manente, 29.09.15

a casa stanchi e non è molto glorifi-

della Val Verde: tra l’altro, non c’è solo

per i vari corsi di roccia e di alpini-

cante. A fare questi sentieri mi hanno

l’erba o i rami da sistemare, ma anche

smo giovanile, dal grande lavoro con

aiutato in tanti, perché all’inizio di ogni

le catene, i gradini da sostituire... in-

la Cassa Edile fino alla fondamentale

nuova esperienza c’è sempre molto

somma, è stato un gran lavoro di ma-

opera di manutenzione dei sentieri: un

entusiasmo; poi però la manutenzio-

nutenzione, oltre che di pulizia”.

plauso, dunque, e un ringraziamento

ne diventa più difficile, perché la quota

speciale per tutto quello che Giuseppe

delle montagne sopra Lecco è quella

La cavalcata sul filo dei ricordi di

Spreafico ha saputo portare a termi-

che è e il lavoro non è mai finito: non

“Pepetto” termina su queste parole,

ne negli anni, nella speranza che il suo

è come in Grigna che metti a posto

con i ricordi di una vita spesa per la

lavoro sia da esempio per i tanti vo-

qualche sasso e basta, qui quando hai

montagna che tornano a far capolino

lontari che già operano all’interno della

finito di tagliare l’erba, le spine o i rami

in maniera nitida e precisa, avventure

sezione lecchese del CAI e per tutti

devi ricominciare subito da capo. Con

ed emozioni che in realtà non se ne

coloro che avranno voglia di mettere

la scusa che era dedicato a mio figlio,

sono mai andate dalla mente, anche se

a disposizione parte del proprio tempo

fino a pochi anni fa mi son dedica-

gli anni sono passati e l’attività alpini-

per contribuire alla divulgazione e al

to soprattutto alla pulizia del sentiero

stica è inevitabilmente scemata con il

mantenimento di quell’arte della mon-

tempo. Tuttavia, a sentire dal trasporto

tagna di cui “Pepetto” è stato attore

con il quale le ha raccontate, traspare

protagonista per tanti anni.

48

L’Intervista

ancora tutto l’entusiasmo con cui ha sempre affrontato ogni situazione e incarico, dalle prime scalate passando

Dove non diversamente indicato le foto appartengono all’archivio Giuseppe Spreafico


GAGLIARDETTO A SANTIAGO Al termine del cammino del Norte le insegne del GEO all’Oficina del peregrino di Claudio Santoro

C

inquecentocinquanta

chilo-

metri in 22 tappe, un dislivello totale in salita di 8400 metri;

Cantabria, Principado de Asturias e Galizia le regioni attraversate con un passaggio ad Oviedo. Questo il bottino accumulato da Claudio Santoro e Mario Stoppini che hanno percorso a piedi il Cammino del Norte spagnolo, da Santander fino a Santiago de Compostela. I due, iscritti al GEO del CAI di Lecco, non sono nuovi a queste iniziative con lo zaino in spalla, avendo già percorso il Cammino Frances (da Saint Jean Pied de Port a Santiago) e il Cammino Aragones che parte dal Col de Somport, nei Pirenei franco-spagnoli. Il gagliardetto del GEO ha viaggiato con loro ed è stato consegnato alla Oficina del Peregrino di Santiago. Il Cammino del Norte si snoda nella Spagna settentrionale e, per diversi tratti, costeggia l’Oceano Atlantico, regalando scorci di intensa e rara bellezza. Meno frequentato rispetto al più gettonato Cammino Frances, si presenta più aspro e con tratti da percorrere in perfetta solitudine o in presenza di ben pochi pellegrini. Toccante e ricco di emozioni l’arrivo a Santiago de Compostela dove si può pregare sulla tomba di San Giacomo, uno degli apostoli di Gesù

Claudio Santoro, a sinistra, e Mario Stoppini davanti alla cattedreale con il gagliardetto del GEO

confermata punto di arrivo di pelle-

due, probabilmente, stanno già medi-

grini provenienti da tutte la parti del

tando sui nuovi itinerari che, seppure

mondo e che vogliono mantenere

con fatica e sudore, intendono per-

viva la tradizione plurisecolare di rag-

correre.

giungere la città che, insieme a Roma e a Gerusalemme, è la meta elettiva dei pellegrinaggi cristiani.

Cristo, nella splendida cattedrale che si affaccia su Praza Obradoiro. Anche in quest’occasione la città galiziana si è

Conservati gli zaini e gli scarponi i

GEO

49


IN BICI NEL CAUCASO Dalle rive del Danubio alle sponde del Mar Caspio, i 3500 km sui pedali degli “Oròbici”

di Luca Pedeferri

E

rano passati sette anni dall’ul-

Fatutti, bergamasco) di tornare in sel-

traversare il mar Nero in nave e infine

timo grande viaggio (Lecco-

la, nessuno ha avuto dubbi e a luglio

gironzolare nel Caucaso esplorando

Mumbai in bicicletta, 2008):

siamo partiti, sempre puntando verso

Georgia, Armenia e Azerbajan. Meta

molto tempo, forse troppo. Così quan-

l’Oriente ma con un progetto nuovo:

finale Baku, la capitale azera sul Mar

do ho proposto agli altri due Oròbici

seguire il corso del Danubio nei Bal-

Caspio, raggiunta dopo due mesi e

(Flavio Magni, lecchese, e Nazareno

cani fino a raggiungerne la foce, at-

3500 chilometri.


Armenia, verso Yerevan con l’Ararat sullo sfondo


Arrivo a Tbilisi, Georgia, sul ponte del fiume Kura

Elogio della bicicletta

Chiese rupestri di Vardzia, Georgia

una serie di regioni più o meno indi-

tre 5000 metri lo si può vedere da

Del viaggiare in bicicletta hanno

pendenti, i cui nomi abbiamo già let-

molto lontano in Armenia, avvolto da

scritto e parlato in tanti, meglio di

to nei giornali associati a vicende di

una nebbiolina che ne sfuma il profilo,

come potrei fare io. Basti quindi, per

guerra o terrorismo: Cecenia, Ossezia,

ed è a ridosso della capitale Yerevan.

chi non ha sperimentato il cicloturi-

Abkazia; un centinaio di chilometri più

Tradizione vuole che L’Arca di Noè sia

smo di persona, un breve elogio del

a sud c’è invece la catena del Caucaso

approdata proprio qui, contribuendo a

mezzo a pedali: perfetto per muover-

Minore.

farne un monte venerato dagli arme-

si con la giusta velocità (o la giusta

Arido Ararat

ni e un simbolo nazionale (in arme-

lentezza, che dir si voglia), favorisce il

Si trovano montagne d’ogni tipo:

no “ararat” significa “luogo creato da

contatto con le terre che si attraver-

alcune molto alte, con ghiacciai, bo-

Dio”). Eppure l’Ararat oggi si trova in

sano e la ricca casualità degli incontri,

schi e pascoli; altre più basse e aride,

territorio turco, e la salita dal versan-

rende liberi. Da ultimo, con la bicicletta

di terra rossa scavata dalle intemperie,

te armeno è rigorosamente proibita:

ogni montagna rappresenta una sfida

spazzate dal vento e coperte semmai

ombre del genocidio di un secolo fa

e un piacere.

da una vegetazione brulla da steppa.

si proiettano sull’odierna tensione fra

Lungo il percorso, le salite non sono

Le due tipologie di paesaggio si pre-

i due stati.

certo mancate: già il Danubio si è ri-

sentano spesso a pochissima distanza:

velato meno piano del previsto (la

ci è capitato in Azerbajan di percor-

sponda serba e bulgara è un conti-

rere una vallata il cui versante nord

nuo scollinare), ma è nel Caucaso

proponeva un idilliaco paesaggio al-

che sono arrivate le montagne vere.

pino mentre quello sud, distante meno

Due catene montuose occupano gran

di un chilometro, era semidesertico; la

parte di Georgia, Armenia e Azerbajan,

strada del fondovalle fra l’altro conti-

dispiegandosi parallele fra il Mar Nero

nuava a zigzagare verso l’uno o l’altro

e il Caspio: a nord il Grande Caucaso

versante, con un repentino cambio di

segna il confine con la Russia, e con

paesaggio davanti agli occhi e un effetto quasi psichedelico.

52

Escursionismo

Anche l’Ararat è arido, rossastro, con la forma di vulcano e un cappello bianco di neve. Grazie agli ol-

Monastero di Haghpat, Armenia


Panorama sul Borjomi-Karhagauli, Georgia

Chiese e moschee

Transumanze sull’altipiano

complesso però l’ateismo forzato im-

monimo lago, circondato da monta-

Le montagne, come da noi, sono

posto nel periodo sovietico, e la do-

gne arrotondate e brulle. La raggiun-

disseminate di chiese spesso molto

minazione ottomana prima, sembrano

giamo schivando per pochi minuti un

antiche, perchè in Georgia e Armenia

essere stati efficaci nel ridimensiona-

temporale (la prima acqua da quando

il cristianesimo si diffuse già nei primi

re molto le manifestazioni religiose di

siamo partiti); finita la pioggia il cielo

secoli dopo Cristo. Si tratta di chiese

questi popoli, che solo ultimamente

resta minaccioso e grosse nuvole nere

e monasteri ortodossi, di pietra grigia,

stanno vivendo un fenomeno di ri-

si inseguono sulle montagne aride che

illuminati all’interno solo dalla scarsa

presa. Ci è capitato ad Althaki di assi-

circondano il lago. Complice il tempo

luce che filtra da un’apertura posta al

stere alla messa della domenica in una

cattivo, la località emana un senso di

centro della cupola e dalla luce delle

splendida chiesa antica: presenti , oltre

abbandono e un po’ di tristezza: alcu-

candele votive, che generano un ef-

al celebrante, soltanto due giovani co-

ni vecchi pedalò arrugginiti, famiglie di

fetto estremamente suggestivo so-

riste e due vecchie fedeli.

bagnanti incuranti del freddo (le don-

prattutto quando sono associate al

In Azerbajan invece le chiese ce-

ne nuotano vestite), un po’ di cani e di

profumo dell’incenso. A volte si trova-

dono il passo alle moschee, e trovarle

spazzatura fra ristorantini e bancarelle,

no monaci e fedeli in questi luoghi; nel

in mezzo a un bosco o in un paesino

un seminario e le immancabili fabbri-

di montagna contrasta in modo sti-

che sovietiche sullo sfondo.

molante con le nostre abitudini. Anche

Vino di Georgia

la cittadina azera di Sekhi è in qualche

Le strade che abbiamo percorso

modo spiazzante: un antico caravan-

erano perlopiù asfaltate, in genere in

serraglio, il delizioso palazzo esti-

buone condizioni. Ci è capitata una

vo di un sultano e le numerose sale

sola tratta lunga su strada bianca, frut-

da tè del centro ci ricordano che da

to di un’errata previsione, ed è stata al

questi boschi simili ai nostri passava

tempo stesso la nostra Cima Coppi e

un tempo la Via della Seta, e ancora

la fatica più epica del viaggio: 25 chi-

oggi l’Oriente è vicino. L’Armenia non

lometri in salita, su uno sterrato pes-

ha sbocchi sul mare e quindi la meta di villeggiatura preferita dagli armeni è Sevan, la loro “Rimini”, che si trova a duemila metri sulle sponde dell’o-

Escursionismo

53


In senso orario: salendo verso il passo Zekari, Georgia; la Rimini armena; Althaki, Armenia, fine tappa; il kachapuri

simo, fino a raggiungere i 2226 metri

niche e bottiglie di plastica e, quando

con noi niente per la cena. All’improv-

del passo Zekari, e quasi altrettanti

non è offerto, costa comunque poco:

viso dopo una curva è apparsa una

nella successiva discesa. Ci abbiamo

è un vino schietto, senza fronzoli, che

piccola casetta nel bosco e si sono

messo forse otto ore, braccia, gambe

si beve molto volentieri. La produzione

sentite alcune voci: l’abbiamo rag-

e fondoschiena a pezzi, ma alla sera

raffinata di vini DOC (destinati in gran

giunta e il gruppetto di signori che la

abbiamo recuperato con un’abbuffata

parte all’esportazione) si concentra

popolava, divertito per la nostra visita,

di trote e vino bianco.

invece nella regione nord-orientale

ci ha ospitato e rifocillato nel migliore

Il vino, già. Per i georgiani è motivo

del Kakheti e, nonostante un evidente

dei modi; uno di loro suonava la fisar-

di grande orgoglio, e pare addirittura

impegno e sforzo commerciale, per

monica (come me) e nel dopo cena è

che si debba a loro la scoperta della

la nostra limitata esperienza non si è

partito un coro avvinazzato e gioioso,

viticoltura. Le nostre esperienze con il

dimostrata pienamente all’altezza della

brani tradizionali georgiani alternati ai

vino locale sono state di due tipi. Il

fama e del prezzo. Ma probabilmen-

grandi classici della canzone italiana, in

vino artigianale, di produzione fami-

te abbiamo sbagliato cantina...”Il vino

particolare Celentano e Toto Cotugno

gliare è ruspante, forte e in genere di

è buono e fa cantar”: è proprio vero.

che nel Caucaso sono celebrità indi-

un colore ambrato (ma esiste anche il

Una sera nei pressi di Sairme, in Ge-

scusse, e giunta l’ora del sonno sem-

rosso); di solito viene servito in ta-

orgia, il buio ci ha colto mentre ancora

bravamo amici da una vita con i no-

pedalavamo in una valle tanto bel-

stri ospiti. Ci hanno lasciato stendere i

la quanto spopolata; la prospettiva di

sacco a pelo in solaio, e ci siamo ad-

accamparci in un prato poteva essere

dormentati cullati da un torrente che

invitante ma purtroppo non avevamo

scrosciava forte a pochi metri.

54

Escursionismo


Torrenti e sorgenti non manca-

verso le stalle attraverso valli ed alto-

del solito formaggio) ha pensato bene

no: da molte sgorga un’acqua spessa,

piani. Il formaggio che viene prodotto

di sfoderare la chacha, distillato locale

quasi salata, che ricorda il gusto del

è quasi sempre di una sola qualità,

dalla gradazione iperbolica: per fortu-

bicarbonato, presenta proprietà cura-

un po’ aspra: è perfetto per il piatto

na la tappa era finita.

tive e risulta curiosa ma impegnativa

nazionale georgiano, il kachapuri, una

All’andare in montagna associo al-

per i nostri palati. Viene imbottigliata

focaccia al formaggio che si trova in

cuni piaceri che secondo me si pos-

da diverse aziende e costituisce una

mille varianti locali (sottile come quel-

sono ritrovare ovunque, non importa

delle esportazioni più importanti della

la di Recco, tonda o quadrata, prepa-

in quale parte del mondo ci si tro-

Georgia, in particolare verso la Russia:

rata in vari strati come delle lasagne

vi: sdraiarsi sfiniti su un prato di alta

i leader sovietici, da Lenin in avanti,

o in un involucro di pasta a forma di

montagna e assopirsi al sole mentre

hanno sempre bevuto acqua Borjomi

barchetta ripieno di formaggio e sor-

si guarda il panorama, oppure ripa-

e in occasione del recente conflitto

montato da burro fuso e uova). L’al-

rarsi dal freddo davanti a un camino

russo-georgiano, Putin decise per ri-

tro prodotto diffuso ovunque, pur con

o attorno a una stufa. Ci è capitato

picca di sospendere l’importazione di

nomi diversi, è l’ayram, uno yogurt li-

nel Caucaso, e sono momenti di una

queste acque.

quido e salato la cui paternità credo

dolcezza semplice per i quali, quando

sia contesa fra 5 o 6 stati, Bulgaria e

siamo immersi nel turbine del lavoro e

Le montagne del Caucaso sono po-

Turchia comprese. Come da noi, i pa-

della quotidianità, fatichiamo a trovare

polate da pastori, e l’allevamento sem-

stori sono spesso solitari ma in gene-

uno spazio. Forse anche per questo è

bra essere ancora l’attività economica

re amichevoli; uno ci ha invitato nella

bello viaggiare: non solo per scoprire

principale della zona. Abbiamo assisti-

piccola abitazione dove trascorre con

mondi lontani e diversi, ma per accor-

to verso l’ora del tramonto a scene di

le bestie i mesi estivi e dopo averci

gersi che in ogni terra certe aspetti in

transumanza bibliche con migliaia di

offerto tutti i suoi latticini (compresa

fondo non cambiano. Tante cose belle

animali (vacche e pecore), ricondotti

una variante affumicata e filamentosa

che purtroppo spesso dimentichiamo.

Semplicità e dolcezza

www.gliorobici.org Tenda nella steppa


TROPPO CALDO AL PIZ ZUPÒ

Le cordate verso il Passo di Sasso Rosso

La gita alpinistica al Bernina rovinata dalle alte temperature

di Andrea Spreafico Nel solco della tradizione - per la verità, per noi piuttosto recente - anche quest’anno Matteo Abate ed io abbiamo proposto ai soci una destinazione di stampo alpinistico, con l’in-

Con noi, oltre ad una decina di soci,

so raggiungiamo l’altipiano di Fellarìa:

anche i ragazzi e gli accompagnatori

vasto ed abbagliante pianoro ai piedi

del Corso di Perfezionamento dell’Al-

dei Palù, delle Bellavista e del “nostro”

pinismo Giovanile, a sancire una col-

Zupó.

laborazione che speriamo destinata a durare nel tempo. Svegli all’alba

tento di arricchire il calendario delle gite sociali. La scelta è caduta sulla via normale italiana al Piz Zupò, nel gruppo del Bernina. Itinerario forse un po’ desueto: ma, nel suo complesso, tra le più varie e complete “normali” del gruppo. Lungo avvicinamento su ghiacciaio, superamento della terminale e della successiva paretina nevosa sui 50°, lunga “cavalcata” su affilata cresta rocciosa con passaggi di arrampicata di II grado sino a pochi metri dalla vetta. Un impegno complessivo già importante, al quale si è aggiunta la variante in discesa dal Rifugio Bignami.

56

il punto della situazione, valutando le condizioni: la neve è già piuttosto

Partiamo tutti insieme da Lecco sa-

molle a causa della elevata tempera-

bato 4 luglio e, da subito, compren-

tura e, da qui, la via è tutta da battere.

diamo come le temperature siano

Partono baldanzosi i ragazzi dell’AG

molto al di sopra della media stagio-

e si portano, non senza fatica, ai piedi

nale. Tanto da non consentire il rigelo

della cresta. Matteo si approssima alla

notturno al di sotto dei 3.500 metri

terminale e saggia la consistenza della

di quota. La salita al rifugio Marinelli

paretina nevosa. Dopodiché si consul-

Bombardieri si svolge tranquillamente,

ta con Oscar: i ragazzi dell’AG torne-

con qualche sporadico, breve e rinfre-

ranno indietro ed inizieranno la lunga

scante piovasco. Giunti alla capanna, ci

discesa verso il rifugio Bignami.

sistemiamo e prepariamo l’attrezzatura per la salita di domenica.

Ritirata Il gruppetto della gita sociale si ri-

La sera a cena, festeggiamo i 40

organizza in un’unica cordata da 4 e,

anni dell’amico Giorgio Mandarano,

superata la terminale, attacca la pare-

che ha deciso di trascorrere questo

tina nevosa e raggiunge la parte roc-

particolare appuntamento nei luoghi

ciosa della cresta.

che più ama.

Escursionismo

Breve pausa per rifocillarci e fare

Di qui, si avanza in conserva protetta

Sveglia alle 4 e partenza con le pri-

per un centinaio di metri e poi ci si

me luci dell’alba. Iniziamo la lunga sa-

ferma per valutare le condizioni della

lita su ghiacciaio: prima la Vedretta di

parte superiore della via e le possibili

Fellarìa, poi per il Passo del Sasso Ros-

alternative per l’eventuale ritirata.


Elisa sull'altipiano di Fellarìa

Matteo ed io optiamo per il ritiro: le

Non ne siamo scontenti: la rinun-

la terminale ed iniziamo con loro l’in-

temperature troppo elevate, l’assenza

cia alla vetta poco toglie all’esperien-

finita discesa sino al rifugio Bignami

di neve e traccia nella parte sommi-

za che hanno già vissuto i soci che ci

dove ci riuniremo con i ragazzi e gli

tale della cresta ed i tempi necessari a

accompagnano ed alla magnificenza

accompagnatori dell’Alpinismo Giova-

percorrere il lungo tragitto di rientro ci

dei luoghi che ci circondano.

nile, prima di far ritorno alle auto.

impongono la scelta. Verso la cresta dello Zupò

Caliamo Elisa e Giorgio poco sopra

Le foto sono di Giorgio Mandarano


NELLA PANCIA DELLE FILIPPINE Spedizione esplorativa nelle grotte della foresta di Samar

di Gigi Casati

G

ià nel 2011 l’amico Matteo Ri-

orologico ci era stato nemico, perché

vadossi detto Pota, bresciano,

la pioggia violenta e in grandi quantità,

grande speleologo, scalatore,

che continuava a imperversare, aveva

vero personaggio fuori dalle righe, mi

alzato il livello dei fiumi e delle sor-

aveva invitato a partecipare a un pro-

genti di oltre cinque, sette metri ri-

getto esplorativo di grotte con pro-

spetto ai livelli stagionali e provocato

gressione in aria e subacquea nelle

correnti impetuose, con acqua marro-

foreste delle Filippine.

ne tipo cioccolata fusa. Le esplorazio-

Prospettive illimitate di varcare con-

ni di conseguenza, per rispettare un

fini insospettabili. Avevo aderito con

minimo di sicurezza e limitare rischi

entusiasmo e mi ero trovato in men

troppo grandi, erano state obbliga-

che non si dica, nell’isola di Samar e

toriamente ridotte. Ciononostante si

da lì, a Calbiga, campo base della spe-

erano raggiunti risultati soddisfacenti

dizione.

come 14 km di gallerie asciutte e solo

Allora, come ben conosce chi ha a che fare con la natura, il tempo mete-

500 m di gallerie allagate in sifoni con visibilità ridotta ai minimi.


Galleria a valle di Langun . Foto di Daryl


Progressione a Camparina. Foto di Matteo Rivadossi

La passata esperienza in Filippine ci

co.

de sotto i 30°. I portatori locali che

aveva lasciato tutti con la bocca un po’

A Tacloban troviamo Guido e Joni

ci aiuteranno a trasportare le pesanti

asciutta e con il desiderio di gusta-

che hanno organizzato i furgoncini

attrezzature fino alla grotta e, in al-

re appieno del patrimonio esplorativo

per raggiungere Calbiga, nostro quar-

cuni casi, all’interno della grotta fino ai

intravisto, cosi, al rinnovarsi dell’invito,

tier generale come la volta scorsa, per

sifoni, hanno un aspetto minuto, sono

con entusiasmo ho subito detto di sì.

la prima fase della spedizione.

magrolini, ma coriacei e instancabili

Partiamo in tredici il 7 aprile 2015

Prima della lista è la grotta Gobin-

nel lavoro che devono svolgere. Li os-

con una quantità di materiali ridotta

go - Langun che si trova a un’ora di

serviamo camminare a piedi nudi sulle

all’osso sia per facilitarne il trasporto,

cammino nella giungla dalla barangay

taglientissime lame di calcare, capa-

sia per la limitazione dei fondi. Ecco-

(villaggio) di Panayoran. Le esplora-

ci di distruggere i nostri supertecnici

mi dunque di nuovo sull’isola di Sa-

zioni compiute in precedenza, esami-

scarponcini. Il loro cibo è una mancia-

mar. Sono preparato ai panorami già

nate sui rilievi eseguiti, mostrano uno

ta di riso che basta per tutto il giorno.

visti, tuttavia non manca lo stupore

sviluppo di gallerie che spesso sono

Noi grondiamo di sudore al minimo

nel rivedere i villaggi caotici, brulicanti

interrotte da sifoni. L’obiettivo, quindi,

movimento, loro ci osservano diver-

di vita dove la gente si arrangia nel-

è non solo prolungare i percorsi aerei

titi perché per loro ci vuole ben altro.

la normalità della sopravvivenza e i

ma percorrere i sifoni cercando i col-

Camminando nella giungla si tendono

bimbetti giocano nelle strade fangose

legamenti fra una parte aerea e l’altra

le orecchie, allertati e affascinati dai

trovando con fantasia ogni oggetto

trasformando un complesso fram-

rumori così diversi da quelli dei nostri

buono per essere trasformato in gio-

mentato in un’unica ragnatela.

boschi. Fruscii, grida di uccelli, calpestii

Il cobra nero

60

Speleologia

sconosciuti: la scarsa familiarità man-

Partiamo alle sei del mattino per

tiene tutti i sensi all’erta e trasforma

evitare la calura del sole; l’umidità è

la novità in un evento. Imbattersi in

altissima e la temperatura non scen-

qualche ibingan (cobra nero delle Fi-


lippine) che attraversa il sentiero di-

attenzione sia i massi sui quali cam-

200 m sopra la nostra testa; un centi-

venta poco a poco quasi normale.

miniamo, sia le pareti e le concrezioni

naio di metri dopo, c’è il vero accesso,

L’ingresso di Gobingo è maestoso,

ai nostri lati dove potrebbero sostare

una voragine che misura oltre 200 m

ottimo per riposare qualche istante

tranquilli: un contatto involontario im-

in altezza per una larghezza legger-

ammirando lo spettacolo naturale e

provviso potrebbe diventare fatale per

mente maggiore.

reidratarsi sorseggiando dalle nostre

noi o per loro, dipende da chi avrà la

bottiglie l’acqua depurata da miraco-

reazione più rapida.

lose, ma disgustose gocce di disinfettante.

Voragini gigantesche

Il fango qui si mescola con il guano emanando uno spiacevole odore acre che non incentiva la permanen-

Superati i passaggi iniziali, ci trovia-

za: questa massa scura sotto i nostri

Generalmente agli ingressi di queste

mo in un ambiente gigantesco: la gal-

piedi è in continuo movimento perché

cavità, dopo avere tenuto la testa in

leria è diventata larga circa 200 m e,

abitata da miriadi di animaletti.

aria per osservare l’insieme, bisogna

in alcuni punti, altrettanto alta. Risalia-

Siamo alla giunzione della grotta

abbassare gli occhi e prestare atten-

mo un ripido cono detritico e arrivia-

di Gobingo con quella di Langun. A

zione a dove si mettono i piedi, per-

mo su una parete concrezionata alta

saper aspettare, questo luogo diven-

ché proprio questo è il luogo preferito

una cinquantina di metri che scendia-

ta ancora più magico perché tutte le

dagli ibingan che qui si nascondono

mo in libera attaccandoci alle concre-

sere, verso le sei, è possibile osservare

in agguato, aspettando il passaggio di

zioni. Non sono presenti solo queste

un fenomeno incredibile cioè il rientro

pipistrelli o rondoni di cui, appena ar-

superbe colonne naturali, ma anche un

nella grotta dei rondoni e l’uscita dei

riva l’occasione, si riempiono la pancia.

viscido fango che abbonda sulle su-

pipistrelli. Dalla grotta si sente proveni-

Noi siamo un po’ più grandicelli ma,

perfici orizzontali, cosicché oltre a fare

re il rumore di un battito d’ali che au-

per evitare collisioni indesiderate, en-

giochi di equilibrio per stare in piedi,

menta progressivamente finché appa-

triamo sbattendo le racchette contro i

in alcuni punti sprofondiamo fino alle

re una macchia nera che s’ingrandisce

muri per far rumore in modo che, vi-

ginocchia con i piedi risucchiati dalla

sempre più stagliandosi contro il cielo

sto che sono dei timidoni, fuggano a

melma. In lontananza vediamo la luce

fino a oscurarlo. Miliardi di pipistrelli si

nascondersi altrove. Osserviamo con

di un ingresso che si trova in alto, oltre

radunano sopra l’ingresso della grotta,

Progressione a Ludi Bito. Foto di Matteo Rivadossi


Arrivo a Tacloban. Foto di Matteo Rivadossi

Dall’ingresso di Langun. Foto di Matteo Rivadossi

formando una specie di serpentone

rente. Nel raggiungere il punto ter-

le mappe, non dista molto dal luogo

nero che si dimena e che, volteggian-

minale della grotta ci accorgiamo di

dove mi sono immerso. Calcolando i

do, forma figure strane. Poi si disperde

una diversità rispetto alla scorsa volta:

metri percorsi e la direzione seguita,

nella giungla.

abbiamo percorso infatti circa mez-

non essendo uscito dove avrei voluto,

Questo fenomeno che accade a

zo chilometro in più perché il livello

torno indietro seguendo il mio filo. Da

Langun la scorsa volta lo abbiamo vi-

dell’acqua più basso, ha lasciato libero

questa parte non ha più senso conti-

sto alla sera, ma ora è ancora mattino

un passaggio allora sifonante.

nuare e perciò - tutti d’accordo - per

e i nostri pensieri sono rivolti ai sifoni

Preparo l’attrezzatura e guardo

tentare l’unione dei due sistemi, spo-

da percorrere: Simon andrà nel sifo-

pensoso l’acqua torbida nella quale

steremo le nostre ricerche partendo

ne a valle mentre io andrò in quello

m’immergerò. E’ vero che la visibilità

dal sifone a valle di Camparina.

a monte. Ci dividiamo in due squa-

dell’acqua è scarsa, ma in queste zone

dre, ma prima dobbiamo superare tutti

anche nei periodi meno piovosi come

Ogni volta che ritorniamo al cam-

la strettoia più pericolosa dell’intera

quello da noi scelto, la pioggia non

po base ci consultiamo per decide-

grotta perché è un punto di perma-

manca mai ed è già una bella fortuna

re in quale punto della ragnatela di

nenza fissa degli ibingan. Ci infiliamo

che il livello dell’acqua sia basso. Una

grotte dobbiamo andare e provare.

cautamente, ma siamo fortunati per-

prima mezzora la impiego vagando

Simon (l’altro speleo sub) ed io sia-

ché oggi il passaggio è deserto. Dopo

all’interno del lago per cercare una

mo determinati a trovare un po’ di

la galleria ritorna di dimensioni molto

prosecuzione a tastoni, infilandomi

congiunzioni, perciò uniamo le forze

ampie con 50 m di diametro. Cam-

sotto tronchi non molto stabili e ri-

per portare a casa il massimo risultato

miniamo nel fango fino a raggiunge-

emergendo sempre nello stesso po-

possibile a valle di Langun e riusciamo

re il fiume collettore che attraversa la

sto. Tutto ciò fino al momento in cui

a esplorare 600 m di nuove gallerie,

grotta. Un paio di metri cubi al se-

percepisco un minimo di corrente e

arrampicando anche in libera su pozzi

condo scorrono, a tratti placidamen-

finalmente trovo il passaggio giusto.

verticali, per poi fermarci nel labirintico

te a tratti con impeto, formando delle

Impiego due immersioni per percor-

quinto sifone.

rapide. Risaliamo a monte del fiume

rere un totale di 320 m di gallerie tra

Simon si propone di eseguire una

nuotando nell’acqua con scarsa cor-

passaggi completamente sommersi

congiunzione immergendosi a Pala-

e sale aeree. L’utilizzo della bussola

spas in direzione Borabot, mentre io

diventa fondamentale per scegliere il

vorrei unire Camparina con Langun.

passaggio giusto e riuscire a mante-

Finalmente arrivano le congiunzio-

nere la direzione necessaria che volge

ni desiderate. M’immergo nel sifone

verso la grotta Camparina che, dal-

terminale della grotta Camparina una

62

Speleologia

La grande ragnatela


Carabao al pascolo. Foto di Matteo Rivadossi

prima volta e non trovo niente, ma la seconda, finalmente, rintraccio il filo

Sifone a valle di Langun. Foto di Daryl

Calbiga, largo oltre cinquanta metri. Tensioni politiche

mentre una sentinella dall’alto della cascata, controlla i nostri movimenti.

da me fissato quando sono partito

Calbiga è anche il nome della citta-

Per qualcuno, compreso Simon, è

dal sifone a Langun durante la prima

dina nelle vicinanze polverosa e ru-

giunto il momento di tornare a casa

immersione. Quando esco fuori dopo

morosa. Qui ci rendiamo conto che,

e noi nove che rimaniamo, lasciamo

la congiunzione e guardo le facce in-

con l’avvicinarsi delle elezioni del

Calbiga, inoltrandoci nella giungla fino

terrogative degli amici, li lascio un po’

2016, la situazione politica è molto

a Barruz. Fra quattro ore di fuori stra-

sospesi e poi con un segno, faccio

tesa. I guerriglieri del NPI, finanziati

da con i camion oppure otto ore di

intendere di esserci riuscito e scop-

dalle barangay della giungla, sono in

barca sul fiume optiamo per il camion.

piano urla di felicità: altri 270 m di

lotta da oltre quarant’anni con l’eser-

Sul posto, siamo ospiti nella baracca

esplorazione. Anche a Simon riesce il

cito. Anche una banda di assassini,

del Capitain Barangay come la vol-

colpaccio di congiungere i suoi sifoni.

probabilmente finanziata dalla polizia

ta scorsa. La famiglia che ci ospita è

Adesso ingressi di grotte diverse di-

per colpire i guerriglieri, sta girando

numerosa, nove persone fra adulti e

ventano, tramite i passaggi nei sifoni,

per la giungla da diversi mesi, cre-

bambini; così, imparando a condivi-

un unico sistema lungo 17 km, il se-

ando non pochi problemi. L’esercito

dere le ristrettezze, nella capanna ci

condo complesso più esteso di tutte

che deve fronteggiare la guerriglia,

arrangiamo a dormire in ogni posto

le Filippine: Palaspas, Borabot, Ludi Bito,

si ritrova anche questa nuova gatta

dove fisicamente è possibile sdraiarsi.

Camparina, Langun e Gobingo.

da pelare. Ci sono posti nella giun-

Ci sentiamo persi e le feste danzanti

Nella lista delle cose da fare è se-

gla considerati strategici dai ribelli e

serali nella piazza sono l’unico diversi-

gnata la sorgente del sistema Balogo

quindi, il solo permesso dell’esercito e

vo esistente. Dobbiamo assolutamente

che dista un chilometro lineare dal

dei Capitain Barangay non è sufficien-

decidere come e dove muoverci per

fondo di Langun, ma dopo aver per-

te per avere accesso a queste aree.

la seconda fase esplorativa che avrà

corso quasi 200 m orizzontali tra i

Kalidungan si trova in una di queste

inizio da Barruz.

-60 e i -67 m di profondità, con at-

aree e noi sappiamo per vie traverse

trezzature ridotte al minimo, consa-

che i guerriglieri non vogliono che ci

pevoli di sfiorare i limiti, decidiamo di

andiamo. Ufficialmente nessuno ci ha

lasciare perdere e di concentrarci su

detto nulla e ci proviamo, ma giunti

un altro obiettivo importantissimo per

alla Barangay Literon, ci impediscono

la spedizione: la sorgente di Kalidun-

di continuare. Nonostante tentativi di

gan, una delle più grosse sorgenti del

conciliazione, possiamo solo fare un

mondo, dalla quale esce un fiume, il

bagno nelle calde acque del fiume,

Speleologia

63


SEGNI DI TERRA, ARIA, ACQUA E FUOCO Le montagne incise di Bruno Biffi

Terra (Grignetta), 2015, puntasecca e ossidazione su ferro mm 750x1000

di Tiziana Rota La mostra Dal 7 giugno al 26 luglio la Torre Viscontea ha ospitato le Ossidazioni di Bruno Biffi, grandi fogli in bianco e nero che hanno illuminato lo storico spazio espositivo di Lecco per la quinta edizione di Monti Sorgenti, la rassegna culturale pensata e fortemente voluta dalla sezione di Lecco del Club alpino italiano. Il tema non poteva che essere quello della montagna con cui l’artista lecchese si è misurato fin dalla prima edizione nel 2011 con la realizzazione di un’incisione, Mount Mckinley, che si è riproposta negli anni successivi, ogni volta con montagne la cui immagine

evoca avvincenti storie di alpinisti, di

è scomposta e analizzata, potremmo

spedizioni, di scalate al limite del pos-

dire ridotta ai minimi termini, nella loro

sibile: Dhaulagiri, Petit Dru, Cerro Torre,

bellezza essenziale. Terra, aria, acqua e

Nevado Rajuntay.

fuoco si confrontano sulle pareti con

Nel 2011 le opere di Bruno Biffi fu-

un linguaggio di segni specifici e ca-

rono presentate in una mostra accan-

ratterizzanti, grazie all’effetto dell’ossi-

to a quelle di altri due artisti, Giansisto

dazione: vera protagonista della mostra.

Gasparini e Giancarlo Vitali, e la stam-

Un’installazione di lastre ossidate rac-

pa del catalogo, La roccia incisa, favorì

conta l’origine delle carte inchiostrate e

un suggestivo confronto di tecniche e

suggerisce il processo alchemico che le

sensibilità artistiche.

ha generate.

La mostra Le montagne incise di

Se nella terza sala si cerca di mo-

Bruno Biffi - Segni di terra, aria, acqua

strare le fasi tecniche attraverso i vari

e fuoco inizia proprio con la storiciz-

stati di ossidazione, nella quarta sala gli

zazione di questo rapporto tra l’arte

elementi si ricompongono nei ritratti di

incisoria di Biffi intorno al tema della

montagne realizzate con ossidazione

montagna e il CAI, e introduce, fin dalla

ed incisione, messi a confronto nella

prima sala, il vero soggetto delle nuove

resa del segno.

sperimentazioni inedite dell’artista, con una splendida ossidazione Terra III e

64

relativa matrice, la lastra ossidata.

L’artista Bruno Biffi nasce a Lecco il 21 dicembre 1952 e vive a Galbiate. Inizia a

La sala centrale sviluppa il tema de-

dipingere nel 1980 e, dal 1987, si de-

gli elementi primari in cui la montagna

dica anche all’incisione. Affascinato da


questo nuovo mezzo espressivo, frequenta nel biennio 1988-89 i “Corsi Internazionali di Tecnica dell’Incisione” presso l’Accademia “Raffaello” di Urbino. Esordisce nel 1992 con due acqueforti per il CAI di Inverigo e comincia la sua intensa attività espositiva in mostre personali e collettive che si susseguono nel corso degli ultimi vent’anni, in cui illustra libri di poesie e realizza cartelle d’incisioni con altri artisti. Tra il 1997 e il 2008 si dedica principalmente all’attività di stampatore per importanti autori, tra cui Giancarlo Vitali, Velasco e Giansisto Gasparini. Nel suo

Bruno Biffi durante l’allestimento della mostra. Alle sue spalle lastra e stampa di Terra III. Foto di Massimo Di Stefano.

laboratorio di Lecco, in via Bezzecca,

espositivi temporanei del Comune di

all’applicazione competente e creativa

e presso istituzioni pubbliche e priva-

Lecco, per una donazione alla Collezio-

delle tecniche calcografiche ma ha cer-

te è attivo nell’organizzazione di corsi

ne di Grafica del Sistema Museale Ur-

cato nuovi percorsi e strumenti per tro-

di tecniche dell’incisione e di stampa.

bano Lecchese (Si.M.U.L). La procedura

vare un segno assolutamente originale

Collabora, dal 2010, con la Fondazione

di acquisizione è in corso.

e inedito: con le ossidazioni l’ha trovato.

Federica Galli di Milano, di cui cura la

Nel luglio 2015, in collaborazione con

Proprio sulla struttura della roccia ha

API Lecco e CONFAPI, Biffi presenta a

sperimentato per la prima volta le sue

Nel 2011 inizia la sua collaborazione

Roma la sua mostra Il cielo in una stan-

ossidazioni. Per questa materia roccio-

con il CAI di Lecco realizzando la prima

za, a cura di Paola Cassinelli. In questo

sa, le cave, ha cominciato a dipingere

delle cinque acqueforti per la rassegna

contesto la dott.ssa Alida Moltedo, re-

le lastre di alluminio e di ferro, anzichè

Monti Sorgenti e partecipando a Lecco

sponsabile delle Collezioni di stampe e

inciderle, sperimentando e provocando

alla mostra La roccia incisa, Gasparini,

disegni della Calcografia presso l’Istitu-

intenzionalmente il processo di ossi-

Vitali, Biffi, Montagne su carta a cura di

to centrale per la grafica a Roma (Mi-

dazione delle matrici e non limitandosi,

Tiziana Rota.

BACT), invitata alla mostra dall’autore, ha

come già fatto da altri in precedenza, ad

Nel giugno 2015, nell’ambito di Monti

scelto sette stampe da acquisire a quel-

utilizzare “ruggine spontanea” ossia la

Sorgenti, il CAI di Lecco gli organiz-

le collezioni. E’ in corso la procedura

corrosione cresciuta lentamente e ca-

za la personale alla Torre Viscontea “Le

per l’acquisizione delle opere: Cielo XI,

sualmente come fenomeno di degrado

montagne incise di Bruno Biffi. Segni di

Cielo XII, Cielo XXIII, Cielo XXIV, Cielo

dei metalli.

terra, aria, acqua e fuoco”, a cura di Ti-

XXVII, Cielo XXX, Cielo XXXII, di diffe-

Biffi stende il liquido ossidante, sua

ziana Rota, e pubblica un catalogo che

renti dimensioni, ma realizzate tutte con

segreta pozione di acidi e sali, con un

vuol essere anche un ringraziamento

la tecnica dell’ossidazione su ferro.

pennello sulla lastra che ha preparato.

parte tecnico-didattica.

a Bruno per la passione, l’impegno e

Di lui hanno scritto Emilio Aldeghi,

Provoca e guida il processo di ossida-

la costanza che hanno da sempre ca-

Simona Bartolena, Paola Cassinelli, Luigi

zione, sull’onda dell’emozione e dell’idea

ratterizzato la sua collaborazione con

Erba, Marco Rota, Tiziana Rota, Lorenza

“porta in giro la macchia” sulla lastra

Monti Sorgenti.

Salamon, Michele Tavola,

con gesti rapidi e immediati, tuttavia

Quattro ossidazioni di grande for-

Ossidazioni

mato – Cielo XI (Aria II) del 2013, Ter-

Bruno Biffi, maestro incisore di tecni-

ra III, Terra Grignetta, Terra Due Mani

che classiche derivanti da una forma-

del 2015- sono state scelte dalla dott.

zione accademica ad Urbino e stam-

ssa Barbara Cattaneo, Conservatore del

patore per molti artisti incisori nel suo

Polo museale di Villa Manzoni e spazi

laboratorio di Lecco, non si è fermato

sapientemente calibrati per ottenere effetti che è in grado di prevedere.

65


di

prove, in una sequenza che alterna

interventi sulla lastra e nella stampa in successione rapida e con tiratura molto limitata, prima che la traccia scompaia e resti sulla lastra una pallida ombra. Naturalmente l’artista non perde l’occasione di cogliere, in corso d’opera, gli imprevisti chimici e di beneficiarne come argutamente sottolinea Lorenza Salomon quando racconta il mestiere di Biffi, l’abilità del professionista e l’umiltà dell’uomo. La grande esperienza tecnica coniugata alla sua professioTerra II, 2015, ossidazione su alluminio mm 400x605

nalità di stampatore gli permette, senza intermediari e in tempi rapidi, di do-

Dapprima, in fase sperimentale, il piacere degli effetti a sorpresa e la scoperta delle potenzialità

all’origine del mondo: terra, aria, acqua e fuoco.

segniche del

In pochi giorni la pozione fa il suo

processo, ora una grande esperienza

corso e l’ossidazione fiorisce sulla lastra.

gli permette di modulare effetti voluti e

Poi una serie di interventi per ottene-

definire un segno primario individualiz-

re una scala di grigi abbassando il nero

zato per ciascuno dei quattro elemen-

con il brunitoio o raschiando “l’infiore-

ti che i filosofi presocratici ponevano

scenza” dove occorre. Subito una serie

Fuoco II, 2015, secondo stato di ossidazione su ferro mm 355x340

minare un processo tecnico e creativo assolutamente inedito di “scrittura” e di esplorarne tutte le potenzialità. Ancora qualche intervento con la punta secca per creare una velatura o definire un profilo o per restare ancora in un rassicurante orizzonte figurativo ma alla fine Biffi si libera dal disegno e affida l’immagine al segno di ossidazione per restituirci con grande pittoricità la porosità scabra della materia rocciosa, la leggerezza gassosa e sognante dell’aria che la incornicia e la modella, la trasparenza dell’acqua che la rispecchia e la scava e infine il fuoco che la fonde dentro le viscere. Nel corso della mostra due visite guidate si sono concluse con una dimostrazione in diretta della nascita di un’opera attraverso il processo dell’ossidazione della matrice e la sua stampa con il torchio. Gli elementi primari La riduzione ai segni primari degli elementi ha condotto quasi inconsapevolmente Biffi vicino alla speculazione dei primi filosofi che hanno voluto andar oltre le spiegazioni mitologiche del mondo e hanno cercato, magari con una certa ingenuità, l’unità di tutte le cose e che

razionale

risultano ancor


oggi insostituibili, non solo per la com-

non poteva che essere il

prensione delle radici della cultura occi-

cielo sopra le montagne

dentale, ma anche per un’interrogazione

il punto di partenza nel

consapevole della realtà contempora-

processo di sperimenta-

nea. Certo Bruno Biffi procede non da

zione con l’ossidazione

speculazioni filosofiche, ma da visioni

che lo ha portato gra-

di paesaggio interiorizzato e, attraver-

dualmente verso l’astra-

so manipolazioni di materiali, tecniche

zione dell’elemento aria,

sperimentali, giunge all’archè, al princi-

soffio che circonda il

pio delle cose e ce lo mostra sulla carta

mondo intero. Ha guar-

interrogandosi e interrogandoci.

dato in alto, pur man-

Le sue tavole, sempre più grandi, al

tenendo un ancoraggio

limite delle potenzialità del suo tor-

al profilo della terra ed

chio, sembrano voler isolare un pezzo

ha raccontato il ribollire

di immensità per mostrarci la bellezza

gassoso

e il valore inestimabile dell’infinitamente

nel grande dittico rino-

essenziale: terra, aria, acqua e fuoco.

minato Aria I , 2013, o il

dell’elemento

La TERRA per Bruno Biffi, nato e cre-

turbinio dei venti e della

sciuto su questo ramo del lago di Como,

luce filtrata dalle nubi in

non può che essere la roccia delle mon-

Aria II, 2013. Finalmente

tagne, “all’ultimo grado le pietre”, per

pacificata l’aria si sten-

Anassimene di Mileto (Mileto, 586 a.C.

de in nubi sfilacciate e

circa – 528 a.C.) Le guglie di Terra IV,

orizzontali

2015, rendono con pennellate verticali,

nella vertiginosa verti-

più che ogni linea incisa, la materia cal-

calità della tavola Aria

carea prodotta da lunga stratificazione

III, 2014, dove la stri-

geologica e ridisegnata ad opera di aria

scia di terra residuale

e acqua. La materia sfrangiata e sca-

accentua la profondità

bra nell’ossidazione assume morbidezza

del cielo.

quasi vellutata nelle cromie dei bianchi e

L’unità

stratificate

dell’elemento

dei neri e della ruggine strappata alla la-

ACQUA è anche l’unità

stra. Le pareti calcaree delle cave, Ter-

del mondo per Talete

ra II, 2015, messe a nudo dal lavoro di

(Mileto, 640 a.C./625

taglio e scavo che ha lavorato e anche

a.C. – 547 a.C. circa) e

distrutto i fianchi delle montagne, non

l’acqua del nostro lago

più definite dagli spigoli netti dell’inci-

nel rispecchiare i cieli di

sione, germogliano negli interstizi con

passaggio, le pareti ver-

ciuffi di erbe e arbusti riparatori, oppu-

ticali che incombono, i

re mostrano la terra informe e arresa

fondali scuri e misteriosi,

di una voragine scavata, Terra I, 2014.

le luci della città è me-

“Come l’anima nostra, che è aria, ci so-

tafora dell’unità di que-

stiene, così il soffio e l’ ARIA circondano

sto mondo affacciato sul

il mondo intero” sostiene Anassimene.

lago. L’acqua di lago che

Bruno Biffi ha chiamato cieli le sue os-

guarda Bruno Biffi è già

sidazioni realizzate tra il 2013 e il 2014

scesa dalle montagne

ed esposte nella mostra Cieli di carta. E

con l’andamento impe-

Acqua VI, 2014, ossidazione su alluminio, mm 605x400 Sotto: Aria II, 2013, ossidazione e acido diretto su ferro, mm 1000x700


vedere a confronto lo stesso soggetto realizzato con tecniche classiche e con l’ossidazione e di coglierne le differenze e le specificità.

La Grignetta 2011, ci appare nella luce lunare come una forma intatta: rigorose geometrie semplificano i contorni che sappiamo sfrangiati, definiscono i volumi attorno a cui si crea un vuoto quasi sacrale. La bella guerriera altéra e ferrigna che la leggenda ci racconta è lì in tutta la sua distanza e bellezza inviolata a sfidare ogni pretesa di conquista. Un momento dell’inaugurazione. Foto di Massimo Di Stefano.

Questa visione unitaria e mitica della montagna non è però il punto d’avvio

tuoso dei torrenti e, raccolta nel baci-

dine universale è il segno del divenire.

no lacustre, iniza il suo scorrerre lento

Un segno molto difficile da afferrare,

verso il fiume nella pianura. L’anda-

rispetto al calmo scorrere dell’acqua o

mento leggermente obliquo del segno

al passeggio delle nuvole. Segno ascen-

steso con pennellate parallele racconta

sionale di grande movimento si espan-

questo andare appena percepibile quasi

de e divora, ma è luce e calore. E’ l’ul-

vicino all’immobilità in Acqua I, 2014,

timo segno che Biffi ha cominciato ad

e Acqua V, 2015, mentre macchie più

esplorare con le sue ossidazioni e, come

scomposte e convergenti nel nero in-

sempre, è giunto all’astrazione per via

tenso portano in profondità in Acqua VI,

di immagini consuete o domestiche. In

2014. I giochi di luce quando il vento

Fuoco I, Fuoco IV, 2015, procede con

increspa appena la superficie e le cre-

pennellate quasi parallele, spettrali o fu-

stine dell’onda si confondono con l’im-

mose che rimandano agli incendi bo-

magine delle nuvole in Acqua II, 2014, e

schivi: quel fuoco che nelle giornate di

la schiumetta di un’acqua forse un po’

vento ha tracciato percorsi di distruzio-

malata confonde il profilo di terra che

ne sulle montagne qui intorno. Fuoco II,

si specchia in Acqua II, 2014, dove si

2015, nei due stati è invece una visione

coglie perfettamente l’azione creatrice

più ravvicinata del focolare che fa da

dell’ossidazione guidata dall’artista.

centro e circoscrive l’espandersi delle

“Quest’ordine universale, che è lo

fiamme di cui si sente il crepitio. Non

stesso per tutti, non lo fece alcuno tra

c’è rosso, non c’è giallo, ma c’è luce e

gli dei o tra gli uomini, ma sempre era

calore e il suo movimento ci rapisce.

è e sarà FUOCO sempre vivente, che

La montagna ancora

si accende e si spegne secondo giu-

Anche la montagna all’origine di que-

sta misura”. Tutto ha origine e fine nel

sto processo di astrazione che non per-

fuoco secondo Eraclito (Efeso, 535 a.C.–

de mai il suo riferimento al dato fisico

475 a.C.) Il fuoco vivente domina l’or-

degli elementi naturali, ritorna in forme riconoscibili ma, grazie all’ossidazione, ha uno spessore materico, una morbi-

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dezza pittorica, una profondità spaziale che la rende reale e solenne ad un tempo. Questa mostra ci permette di

dell’ esplorazione visiva di Biffi, piuttosto una sintesi unitaria di un avvicinamento progressivo alle forme, alla materia delle rocce ,alle ombre degli anfratti, alla luce delle creste.

Terra

Grignetta,

2015

modellata

dall’acqua e dal vento si immerge in un cielo grande e i suoi fianchi scendono più dolcemente verso la terra, sfatando il mito di inaccessibilità della bella guerriera. Le creste del Resegone in Terra Re-

segone, 2015, definite dall’andamento controllato dell’ossidazione, riflettono bagliori da quel cielo nero a cui fanno cornice. In quel nero sono racchiuse tutte le sfumature di luce delle rocce e del cielo nei vari momenti di luce e tenebra che ben conosciamo. La montagna indagata nei suoi elementi primari diventa montagna simbolica, sintesi monumentale della terra lì a ricordarci le sue origini lontane e questi preziosi e semplici elementi primari che sono da sempre e ancora la base della vita sul nostro pianeta.” Catalogo della mostra a cura di Tiziana Rota, LE MONTAGNE INCISE DI BRUNO BIFFI - Segni di terra, aria, acqua e fuoco, Monti Sorgenti 2015.



“MONTAGNE DENTRO, LO SPAZIO DELL’ANIMA” I monti di Lecco in mostra allo Spazio D di Tiziana Rota

C

inque montagne, le nostre: il Resegone, le Grigne, il Moregallo, Il Monte Barro e il

San Martino percorse,

guardate

e interiorizzate da una sensibilità femminile che, senza ignorare l’approccio cognitivo-razionale e fisico-sensoriale, le trasfigura in uno spazio onirico-interiore che prende

i particolari della natura, le cono-

lo e diventa metafora di memoria

scenze della storia ma soprattutto

soggettiva e storica. La sfrangiata

ricordi e emozioni.

e luminosa linea di costa dell’abi-

I suoi olii, ritratti di montagne,

tato si pone quale asse di simme-

sono poi la sintesi della visio-

tria a promettere il mantenimento

ne attuale e la sua trasfigurazione

di un equilibrio sempre minacciato.

attraverso il ricordo emozionale

Dall’altro lato il San Martino, guar-

del passato, diventano uno spazio

dato da distanze dilatate, emerge

dell’anima. Questo spazio è ridefi-

quale isolotto a cui si àncora fidu-

nito geometricamente da poliedri

ciosa la città. Il Resegone sembra

Daniela Padelli, Monte Barro, olio su tavola, 2012, 60x60 cm

forma, colore, materia nelle opere di tre artiste: Daniela Padelli, Marialuisa Sponga e Monica Bonacina. Daniela Padelli esplora le montagne conosciute e nei suoi acquerelli appunta gli scorci paesaggistici,

70

Appuntamenti

Marialuisa Sponga, Infinito Bianco, assemblage di materiali su tre strati, tessuto di cotone e poliestere, cellophane, tulle, fiocco di lana tinto naturale, polietile

di roccia “cinque poliedri di pietra

piangere una città sommersa e il

sollecitano in me platonica bellezza,

Moregallo porta i segni di incendi

disegnano la geometria della mia

e cave che sollecitano la memoria

anima” rivela Daniela nella prima

di tragici eventi e ferite indelebili.

pagina del raffinato volumetto che si è regalata.

Marialuisa Sponga opera nella

Ha il colore azzurro, quello della

tridimensionalità degli “arazzi” dove

spiritualità, il Monte Barro: nella sua

assembla fibre, polietilene, stoffe,

lontananza remota ha perso la sua

rame con cui cuce e tesse inedite

fisicità incombente in un gioco di

trame. Le solide architetture natu-

rispecchiamenti tra acqua e cie-

rali delle montagne diventano nelle


sue manipolazioni spessori, super-

cie per ridisegnarla in nuove forme

e le sue rappresentazioni. Anche la

fici tattili e visioni in cui la varia-

che conducono in un’altra dimen-

dichiarazione d’amore di Stoppani

bile cromatica è data dalla scelta

sione.

per le nostre montagne citata con

di materiali diversi. Le montagne,

una scrittura traforata e le pietre ci

scelte come compagne quotidiane,

Tre donne accarezzano la mon-

parlano della bellezza della “crosta”,

diventano nei suoi lavori morbidi

tagna senza pretesa di conquista

ma ci conducono dentro le strati-

rilievi fluttuanti in un palpabile letto

ma certo con la volontà di svelarne

ficazioni geologiche e le tracce di

di nuvole, Infinito Bianco.

il fascino e le potenzialità più inti-

vita alla cui scoperta si è dedica-

me e nascoste. Ad introdurle ad una

to. Un’intuizione geniale per rap-

Nel silenzio incantato dei se-

visione affettuosa e di conoscenza

presentare, attraverso l’iconografia

gni d’ombra evidenziati dalla luce,

non sembri strano esserci la figu-

consueta dei monumenti a lui de-

Neve nera, lascio la parola alla fo-

ra di un uomo dell’Ottocento che

dicati, il ruolo di questo pensatore

tografa Monica Bonacina. “Ho visto

le montagne ha esplorato e tanto

nell’ indicarci le bellezze della nostra

il nero della neve, quella sfumatura

amato, Antonio Stoppani, scienzia-

terra, anche dentro.

scura che la nostra mente non re-

to, escursionista, letterato e altro

Monica Bonacina, Nero come Neve, fotografia in bianco e nero, 2013 40x60 cm

gistra, che il nostro sapere cancella

ancora che ci ha indicato le vie per

dai neuroni. La neve è nera, anche

incontrare la montagna.

nera, a volte molto nera. Per nien-

Ed è la sensibilità di un arti-

te intimidita, si è svelata e lasciata

sta, Raouf Gharbia, ad introdurre la

fotografare, come un’artista con le

mostra con un’opera in vetrina. La

sue opere. Ed io, improvvisamente,

sagoma di Stoppani, del suo monu-

ho viaggiato. Tra dune di deserto,

mento, quello ad opera di Michele

in onde di mare, persino sulla luna.

Vedani, appena restaurato sul lun-

In silenzio, come senza rumore e

golago di Lecco, ritagliata e ribal-

parole sono, queste mie fotografie.”

tata dentro-terra, apre una finestra

Dentro le impronte, oltre la superfi-

reale e metaforica sulla montagna

Raouf Gharbia, Omaggio a Stoppani, incisione a caldo su polionda alveolare grigio, 2015, 200x100 cm

Appuntamenti

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RECENSIONI GUIDA ALL’ARRAMPICATA SUI CORNI DI CANZO E MOREGALLO Z_ 7Zh_WdW 8Whk\ăd_ Il libro, curato da Gianbattista Magistris, Gian Maria Mandelli e Luciano Riva, viene pubblicato dai CAI di Valmadrera e Oggiono nel cinquantenario di fondazione della Scuola intersezionale di Alpinismo Attilio e Piero Piacco, riprendendo e ampliando i contenuti di due precedenti pubblicazioni non più reperibili sul mercato, il libro-guida L’isola senza nome del 2005 e la guida Valmadrera – escursioni ed itinerari alpinistici, del 1979, ristampata nel 1996. Il volume, dando spazio sia all’alpinismo classico che all’arrampicata sportiva, ripropone in modo completo ed esauriente la storia, l’attualità e il significato dell’arrampicare nel gruppo dei Corni di Canzo e Moregallo, che non sono certo grandi montagne, “possono apparire insignificanti al confronto con le imponenti Grigne”, ma con i loro “fianchi ripidi ed eterogenei” offrono a chi le avvicina la sorpresa di esperienze soddisfacenti. Nei capitoli introduttivi, accanto alle informazioni su accessi stradali, rifugi, ristori e sentieri, trovano spazio notizie sintetiche su flora, fauna, geologia, storia alpinistica del gruppo. Segue la descrizione degli itinerari, che sono tutti quelli esistenti, identificati in base al settore di montagna, all’orientamento, al numero progressivo e nome delle vie. Di ogni via è indicato il tipo (alpinistica, sportiva, alpinistica/ sportiva), il nome dei primi salitori, la difficoltà, lo sviluppo. E poi ci sono informazioni dettagliate sui materiali, commenti, relazioni, tracciati su foto o disegni, schizzi schematici. Qua e là, inframmezzate alla descrizione tecnica dei percorsi, alcune pagine scritte in corsivo dedicate a racconti: sono pensieri, impressioni, ricordi, esperienze, per lo più narrati sul registro del sentimento e dell’emozione.

CAI Valmadrera Oggiono – Scuola di Alpinismo Attilio e Piero Piacco A cura di Gianbattista Magistris, Gian Maria Mandelli, Luciano Riva Arrampicate sui Corni di Canzo e Moregallo. Salite classiche e sportive nel Triangolo Lariano Idea montagna. Editoria e alpinismo, Piazzola sul Brenta PD, settembre 2015

AVVENTURE, NATURA E NON SOLO di Emilio Aldeghi Piani d’Erna, primo pomeriggio. Sono seduto al tavolo di un bar con Fiore e ci scambiamo qualche pensiero a ruota libera con il Resegone che fa da sfondo al nostro divagare. Parliamo di uomini di montagna, degli alpinisti lecchesi che avrebbero un mondo da raccontare. Mi dice che sarebbe bello che chi ha vissuto emozioni, chi ha realmente qualche cosa da condividere lasciasse dei ricordi scritti. Mi confida che a sua volta gli piacerebbe ampliare la sua piccola pubblicazione proposta qualche anno fa. Passano circa due mesi e mentre mi godo una breve vacanza in Val Pusteria ricevo una sua telefonata: “Ciao sono il Fiore ho pubblicato il libro di cui avevamo parlato”. Appena tornato a casa sono andato naturalmente a procurarmelo pieno di curiosità. Pagina dopo pagina Fiore mostra i passi del suo viaggiare, un recupero dei ricordi snocciolando nomi e situazioni che danno concretezza ad una storia realmente vissuta. Sotto ogni dinamica della vita si intravedono in chiara trasparenza i suoi pensieri e i suoi sentimenti. Nei passaggi del libro ci sono avventure fortemente volute, non certo di secondo piano, ma non c’è la ricerca ossessiva di un limite da raggiungere: se nel suo scritto dovessi trovare il nucleo direi che è la volontà di fare lasciando che l’ampliamento della conoscenza di se stesso si rigeneri nel rapporto con gli altri. Poi ci sono le lupe a zampettare fra le pagine del libro; un collante non banale a dimostrare che gli orizzonti di Fiore contemplano oltre agli uomini la natura ed il senso di libertà che da essa si sprigiona. “Fiore e lupe – diari di viaggio e altre storie “ colpisce nel segno il lettore che nel proprio futuro immagina una nuova scoperta, ma non di meno aiuta a sognare ad occhi aperti chi più pigramente approfitta di una sana lettura in relax sulla propria poltrona.

Fiorenzo Bulfer Fiore e lupe 2015

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Recensioni


NEL GRUPPO DELLO ZUCCONE CAMPELLI Z_ 7Zh_WdW 8Whk\ăd_ A distanza di quasi 30 anni dalla pubblicazione della prima guida di arrampicata del gruppo dello Zuccone Campelli, la sottosezione di Barzio ha recentemente dato alle stampe un’edizione aggiornata, un libretto agile, formato “zaino”, che raccoglie la totalità degli itinerari esistenti: le vie storiche, gli itinerari via aggiunti da semplici alpinisti o da arrampicatori di fama, fino alle più recenti realizzazioni dell’arrampicata sportiva su questa “montagna dalle poliedriche facce” le cui forme richiamano pareti dolomitiche e “nella cui estensione sono disponibili ancora parecchie opportunità su cui cimentarsi con terreni diversi ed inediti”. Di ogni componente del gruppo, Zucco di Pesciola, Pilastri dei Campelli e Zucco del Barbisino, la guida presenta in modo sintetico i settori e, di ogni settore, le vie, con una descrizione schematica delle caratteristiche tecniche. Uno spazio è riservato alle due ferrate (Mario Minonzio e Pesciola), mentre i capitoli finali sono dedicati alla nuova falesia d’arrampicata sportiva denominata L’era glaciale e al settore della Falesia delle marmotte che offre semplici itinerari ideali per scuole di alpinismo e ragazzi alle prime armi. La trattazione è completata da un ricco apparato di fotografie sulle quali sono disegnati i tracciati delle vie.

CAI Barzio, sezione di Lecco SUPER CAMPELLI – Vie di arrampicata e ferrate Stampa Memigraph, Introbio (LC) agosto 2015

UN’ALPINISTA MEDICO IN NEPAL DURANTE IL TERREMOTO di Renato Frigerio Una giovane donna, medico e appassionata alpinista, ha la sventura di trovarsi al campo base dell’Everest in attesa di salire la vetta del Lhotse, proprio quel tragico giorno di aprile quando lo spaventoso terremoto sconvolse catastroficamente il Nepal. Un’enorme valanga di neve e ghiaccio staccatasi dal Pumori scaricò la sua furia anche su quel campo base, e lei non ci pensò un istante a rinunciare alla conquista della montagna per dedicarsi strenuamente al soccorso di chi nel campo base era rimasto mortalmente ferito e per continuare il suo servizio umanitario una volta scesa nei villaggi e nella città di Kathmandu dilaniata dal cataclisma. Ritorna dal Nepal arricchita da un’esperienza che le ha stravolto l’esistenza e l’ha caricata di tanti suggestivi ricordi e profonde riflessioni che racconta, illustrandoli con stupende immagini fotografiche, in questo libro che commuove e costringe a pensare. Leggendo e contemplando, incontreremo il Nepal in un modo più nitido e convincente, come forse non ci è stato possibile conoscerlo dai numerosi documentari apparsi nei giorni che seguirono quell’infausto evento. Il ricavo della vendita del volume andrà a finanziare progetti di ricostruzione in Nepal con l’ONG “Friends of Nepal”.

Annalisa Fioretti OLTRE Nepal. Viaggio al contrario tra polvere e sorrisi Bellavite editore in Missaglia, 2015

BOULDERING IN VALMASINO di Renato Frigerio Se tutto il territorio valtellinese si presta ad offrire opportunità eccezionali di soddisfazione a chi predilige l’arrampicata su boulder, la Val Masino in particolare si presenta agli stessi appassionati come un vero paradiso in terra. Come scrive l’autore nella premessa del volume, ponderoso nel senso letterale del termine per le sue ben 448 pagine che lo compongono, la quantità dei nuovi massi scoperti e puliti tra Val di Mello, Valle dei Bagni e Piana del Remenno, insieme agli innumerevoli passaggi già aperti ultimamente, evidenziano la necessità di provvedere ad una pubblicazione, resa ormai indispensabile per gli appassionati che frequentano queste località. Vede così la luce una terza edizione come frutto di un impegnativo lavoro di ricerca per recensire tutti i blocchi presenti in Val Masino, nei quali quasi 400 sono stati i nuovi passaggi aperti negli ultimi tre anni. La guida si arricchisce inoltre di una novità che le permette di stare al passo con la tecnologia mediatica del nostro tempo e che sarà certamente apprezzata dai suoi lettori. Viene infatti offerta l’interattività con i video dei blocchi, tramite un QR Code e una semplice applicazione scaricabile gratuitamente da tutti gli smartphone. In tal modo sarà possibile vedere, ovunque ci sia una connessione, quasi 200 passaggi: dai più semplici agli estremi o mitici, sparsi per tutta la valle.

Andrea Pavan MELLO BOULDER – Blocchi in Val Masino Collana “LUOGHI VERTICALI” – Edizioni Versante Sud, 2015

Appuntamenti

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INFORMAZIONI DALLA SEGRETERIA - TESSERAMENTO AGEVOLAZIONI E BENEFICI PER I SOCI Agli associati è garantita la copertura assicurativa per infortuni che si verifichino nell’ambito di iniziative organizzate dal Sodalizio, ivi compresi i corsi e le scuole, oltre alla copertura assicurativa del Soccorso Alpino per attività sia sociali che personali. I soci possono essere assicurati per gli infortuni in attività personale richiedendo la copertura assicurativa presso la sezione di appartenenza. Il socio ordinario riceverà al proprio domicilio la rivista mensile del Cai “Montagne 360” e la rivista quadrimestrale sezionale ”CAI Lecco 1974”. Tutti gli associati, con la presentazione della tessera riportante il bollino relativo al 2015, potranno usufruire degli sconti previsti dalle convenzioni indicate nell’apposito riquadro. Tutti gli associati potranno usufruire gratuitamente dei servizi offerti dalla sezione: accesso alla documentazione presente nella biblioteca sezionale, utilizzo di internet, lettura dei periodici e delle riviste presenti in sede. Tutti gli associati otterranno sconti sull’acquisto di libri o pubblicazioni del CAI. IL RINNOVO DELLA TESSERA PUÒ ESSERE EFFETTUATO: In sede: Tutti i martedì non festivi dalle ore 20:30 alle 22:00. Tutti i venerdì non festivi dalle ore 18:00 alle 20:00 (escluso venerdì 25 marzo 2016) con pagamento in contanti, con assegno o con Bancomat In alternativa, il pagamento potrà essere effettuato a mezzo: a) Bollettino c/c Postale n. 12049227 intestato a C.A.I. Sezione di Lecco. b) BANCA POPOLARE DI SONDRIO, Agenzia di Piazza XX Settembre a Lecco, sul conto corrente intestato a C.A.I. Sezione di Lecco, Codice IBAN IT07J0569622902000002154X06. c) DEUTSCHE BANK, sul conto corrente intestato a C.A.I. Sezione di Lecco, IBAN IT74I0310422901000000024150.

RICORDIAMO DUE FACILITAZIONI PER IL RINNOVO La segreteria, nei mesi di gennaio, febbraio e marzo, sarà aperta anche sabato dalle ore 15:00 alle 17:00 a partire da sabato 9 gennaio 2016 (escluso sabato 26 marzo – vigilia di Pasqua). L’affollamento in genere è inferiore rispetto al martedì e al venerdì sera. Il bollino può essere spedito per posta a domicilio, con un contributo, per socio o per nucleo familiare, di € 2,00 per spese postali e di segreteria. Con il bollino verrà inviato il bollettino di c/c postale pre-compilato per il pagamento. I soci interessati dovranno contattare la Segreteria telefonicamente o per lettera. CALENDARIO CHIUSURA SEDE Venerdì 25 marzo 2016 (Venerdì Santo)

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Informazioni

QUOTE SOCIALI 2016 Riportiamo qui di seguito le quote sociali per il 2016. Socio Ordinario Socio Ordinario*

€ €

46,00 24,00

€ €

24,00 16,00

€ € €

20,00 5,00 2,00

(nati dal 1990 al 1998)

Socio Familiare Socio Giovane** (nati nel 1999 e anni seguenti)

Socio Vitalizio Tessera per i nuovi Soci Duplicato Tessera

*Al Socio ordinario di età compresa tra i 18 e i 25 anni viene applicata automaticamente la quota dei soci familiari. Tale Socio godrà di tutti i diritti del socio ordinario. **Socio giovane: a partire dal secondo figlio giovane in poi, il socio giovane verserà la quota di € 9,00. Si precisa che per poter usufruire dell’agevolazione prevista, il socio giovane dovrà avere un socio ordinario di riferimento (capo nucleo) in regola con il tesseramento dell’anno in corso ed appartenere ad un nucleo familiare con due o più figli giovani iscritti alla Sezione.

DIMISSIONI E MOROSITA’ Il socio può dimettersi dal Club Alpino Italiano in qualsiasi momento; le dimissioni devono essere presentate per iscritto al Consiglio Direttivo della Sezione, sono irrevocabili ed hanno effetto immediato, senza restituzione dei ratei della quota sociale versata. Il socio è considerato moroso se non rinnova la propria adesione versando la quota associativa annuale entro il 31 marzo di ciascun anno sociale; l’accertamento della morosità è di competenza del Consiglio Direttivo della Sezione; non si può riacquistare la qualifica di socio, mantenendo l’anzianità di adesione, se non previo pagamento alla Sezione alla quale si era iscritti delle quote associative annuali arretrate. Il socio di cui sia stata accertata la morosità perde tutti i diritti spettanti ai soci.


LUTTI Nel corso del 2015 ci hanno lasciato: Giampiero Gandola, socio CAI dal 2006 Alberto Dalla Rosa, iscritto al CAI Lecco dal 1948 e dal 1947 membro del gruppo Ragni, sempre vicino all’ambiente alpinistico lecchese, a favore del quale ha messo a frutto in più occasioni la sua esperienza alpinistica e le sue grandi capacità tecniche e organizzative. Roberto Traverso, dal 1953 affezionato socio della sezione di Lecco del CAI che lo ha festeggiato due anni fa per i sessant’anni di iscrizione al sodalizio. Gianfranco Polvara, appassionato frequentatore del gruppo Sci di Fondo. Ai famigliari degli scomparsi la partecipazione affettuosa di tutta la sezione

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Per ottenere gli sconti indicati è necessario esibire la tessera del CAI Lecco regolarmente rinnovata. Possono usufruire delle convenzioni anche i soci delle sottosezioni del CAI Lecco: CAI Barzio, CAI Ballabio, Strada Storta. NB: Per le società commerciali o aziende che volessero attivare iniziative di promozione o sponsorizzazione con il CAI Lecco telefonare allo 0341-363588 (orari apertura sede) o al 3393216291.

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