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GIOVEDÌ 14 MARZO 2019 CORRIERE DELLE ALPI
REGIONE
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I nodi della politica verso le elezioni europee
Lega, pioggia di candidature E Da Re fa un passo indietro A sorpresa il segretario veneto rinuncia ma Salvini potrebbe “ripescarlo” d’ufficio Nel Padovano la sfida dell’outsider Sandonà, derby vicentino Bizzotto-Ciambetti
Filippo Tosatto VENEZIA. Avvio piuttosto cao-
tico della corsa leghista alle candidature europee. Convocati in fretta e furia dopo l’ukase di Matteo Salvini che lunedì ha richiesto una rosa di “disponibilità” entro 24 ore, gli organismi del partito veneto hanno raccolto e discusso fino a notte fonda i nominativi pervenuti, con esiti alterni e qualche sorpresa. RITARDI E CONFUSIONE
L’indicazione di partenza, due segnalazioni di sesso diverso per ogni provincia, è stata corretta in corso d’opera e raddoppiata, scontando però ritardi e incongruenze che hanno determinato lo slittamento dei dossier definitivi. Con un colpo di scena: la rinuncia del segreta-
Albino Salmaso
rio Gianantonio Da Re, indicato dai più come runner vincente; «Io sono un soldato, se avessi privilegiato ambizioni personali avrei potuto entrare in Parlamento un anno fa, invece, finché resto alla guida della Lega, lavorerò alla campagna elettorale per centrare un buon risultato», fa sapere il veterano di Vittorio Veneto. Qualche malalingua, tuttavia, propone una diversa lettura: il “baffo”, sostengono, non scende in lizza nella fase preliminare convinto com’è che sarà il Capitano di via Bellerio - al quale spetta l’ultima parola su promossi e bocciati - a blindarlo nella lista del 26 maggio. Certo è che sarà lui a trasmettere a Milano «senza alcuna scrematura» gli elenchi giunti dalle federazioni, che en passant hanno già depennato
ciano Sandonà (da più parti indicato come favorito dopo la rinuncia del votatissimo Roberto “bulldog” Marcato), Bobo Miatello sindaco-sceriffo a San Giorgio in Bosco, Federica Pietrogrande già presidente del consiglio di Padova; e poi Alain Luciani ex assessore bitonciano, Paola Ghidoni Michela Gottardo, Aurelio Puato, Alessandra Veclani, Stefano Viaro, Gianfranco Destro, Roberto Cartia, Ivano Zoccarato, Roberto Rolle, Antonio Zorzi. Troppi? Verona, dopo il passo indietro di Alessan-
In corsa i trevigiani Caner, Scottà e Paolin A Portogruaro ci prova il veterano Barbisan
Mara Bizzotto, europarlamentare e capogruppo uscente della Lega
svariati aspiranti privi del requisito statutario minimale, ovvero i cinque anni di militanza. MOLTI GIÀ DEPENNATI
Da Re a parte, nella Marca a spiccare sono tre competi-
tor: Giancarlo Scottà europarlamentare uscente, l’assessore regionale al turismo Federico Caner e Giuseppe Paolin “l’onorevole per 36 ore” di Possagno. Assai nutrita invece la schiera padovana: il consigliere zaiano Lu-
dro Montagnoli, ha snocciolato addirittura 19 tra notabili e amministratori (perlopiù vicini all’influente ministro Lorenzo Fontana), riflesso delle croniche divergenze interne. Non bastasse, nella città scaligera si sussurra di contatti elettorali tra Flavio Tosi e Forza Italia... VERONA: 19 IN CAMPO
Verdetto dimezzato nel Veneziano; la federazione del Veneto Orientale scommette sull’imprenditore portogruarese del settore zootecnico Fabiano Barbisan, che
siede a Palazzo Ferro-Fini e conta solidi agganci nelle associazioni di categoria, tuttavia fanno capolino anche due sandonatesi: Giuliano Fogliani e Alberto Schibuola; nel capoluogo invece l’assenza del giovanissimo commissario Alberto Stefani (impegnato in Parlamento) ha determinato un rinvio. Intrigante il duello nel Vicentino dove si fronteggiano gli eterni rivali Mara Bizzotto, veterana dell’emiciclo di Bruxelles dove Salvini l’ha voluta capogruppo, e Roberto Ciambetti presidente (apprezzato) del consiglio regionale; derby all’ultima preferenza dove la prima parte in vantaggio ma lo sfidante non dispera di centrare, a sua volta, uno dei 4-5 seggi che i sondaggi accreditano ai leghisti veneti nel vasto collegio Nordest. LA COPPIA DI BELLUNO
Che altro? Pur disponendo di chance modeste di successo, Belluno e Rovigo - rette dai commissari Gianpiero Possamai e Cristiano Corazzari - hanno svolto per tempo (e senza schiamazzi) il compitino assegnato. Il capoluogo delle Dolomiti indica Gianvittore Vaccari e Cristina Luciani; i polesani segnalano Michele Capanna, Orlando Montagnini, Riccardo Malavasi, Silvia Zampini. Ma il bello (si fa per dire) comincia ora. — BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
cola Zingaretti domenica ha convocato a Roma la nuova assemblea nazionale del Pd per avviare la sfida delle europee e il primo nodo da sciogliere è il futuro di Carlo Calenda e del suo manifesto “Siamo Europei”. L’ex ministro dell’Industria sembra orientato a non guidare il listone progressista nella circoscrizione Nordest e se mai dovesse scendere in campo lo farà a fianco di Emma Bonino e Bruno Tabacci, che hanno rifiutato l’apparentamento con il Pd. Porta chiusa per sempre? Pare di no. Perché la soglia di sbarramento
Nord apprezzato per l’efficienza e il feeling autentico con i ceti popolari. Poi entrano in gioco Gianni Cuperlo, con radici a Trieste, leader storico della Sinistra giovanile in cui ha militato anche Zingaretti. In corsa pure Paolo De Castro, ex ministro dell’Agricoltura e Cécile Kyenge, eurodeputati in carica che l’Emilia Romagna intende ripresentare. I nomi nuovi? Si parte dalle donne. Con Elisabetta Gualmini, docente di Scienza Politica all'Università di Bologna e vicepresidente della giunta regionale con Bonaccini. E il Veneto? Tornano Laura Puppato, ex senatrice trevigiana, e Alessandra Mo-
L’ex ministro dell’Industria non ha sciolto la riserva della sua candidatura
Test sui nomi di Moretti, Puppato, Cacciari, De Castro Gualmini e Kyenge
domenica assemblea nazionale a roma, bisato nella segreteria nazionale
PADOVA. Vinte le primarie, Ni-
In senso orario: Carlo Calenda, Massimo Cacciari, Nicola Zingaretti e Maurizio Martina al corteo di Milano, Alessandra Moretti e Laura Puppato
del 4% invita alla cautela e Calenda riapre la questione su Twitter: “Tanti sottoscrittori del manifesto Siamo Europei mi chiedono, dopo il no di +Europa, che si fa. Si verifica se il Pd vuole davvero fare una lista innovativa e di qualità con Siamo Europei. Se è così lavoreremo insieme, altrimenti no. Come abbiamo sempre detto». La palla torna quindi a Nicola Zingaretti, il cui obiettivo è risalire quota 20 per cento e agganciare il M5S in caduta libera dal 32% delle politiche, ma ancora attestato al 25 per cento, in base agli ultimi sondaggi. La forchetta da colmare è molto ampia, perché il Pd nel 2014 ha sbancato le urne con
Il Pd di Zingaretti corteggia Calenda per risalire al 20 per cento a Nordest il 40%, record assoluto di Renzi, prima di sprofondare al 18,7 % un anno fa. Il nuovo leader intende coinvolgere nella gestione del partito i 20 segretari regionali, con un cambio radicale di prospettiva che supera gli schieramenti correntizi. Il caso del Veneto è emblematico: 6 consiglieri regionali su 8 e tutti i parlamenti si sono schierati con Maurizio Martina, che ha rime-
diato un modesto 20 per cento. Ma non ci saranno ribaltoni con le “teste che rotolano” né in consiglio regionale con il capogruppo Stefano Fracasso che si avvia a concludere il mandato, né in via Beato Pellegrino con Alessandro Bisato pronto a collaborare con Zingaretti e la sua squadra di “zingarelle” con Madia, Moretti, De Micheli e Pinotti in rampa di lancio.
La strategia dell’inclusione e del dialogo, per costruire un rassemblement che guarda a sinistra e non più al neo liberismo renziano, dovrà fare i conti con i nomi dei candidati e si è già messa in moto la macchina di Euromedia Research di Alessandra Ghisleri per testare il gradimento dei 12 personaggi in cerca di un futuro a Strasburgo e a Bruxelles. Da chi partire? In attesa che
il rebus Calenda venga risolto, il primo panel sottoposto al sondaggio della Gislerisi si apre con Massimo Cacciari, ex sindaco di Venezia, filosofo e opinionista prestigioso, impegnato in una tenace battaglia civile contro la destra sovranista di Salvini. Tocca solo a lui decidere se accettare la sfida. Ma il segnale è chiaro: dopo Giuliano Pisapia si vuole recuperare un altro sindaco del
retti, capolista nel 2014, poi candidata alla guida della Regione nella sfida impossibile contro Luca Zaia. La consigliera regionale è uno dei volti più popolari in tv del Pd: a Cartabianca della Berlinguer si fa vedere spesso e così pure da Formigli a La7. Coltiva l’ambizione della candidatura anche Achille Variati, sindaco per 10 anni di Vicenza, che alle primarie ha ottenuto una grandissima affermazione contro Daniela Sbrollini. Il vero nome nuovo è quello del professor Antonio Silvio Calò, premiato dal presidente Mattarella per aver accolto nella sua famiglia un gruppo di richiedenti asilo: un modello di integrazione vera. — BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
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GIOVEDÌ 14 MARZO 2019 CORRIERE DELLE ALPI
REGIONE
polemica infuocata
Famiglia tradizionale Governo spaccato sul meeting di Verona Altolà M5S sul patrocinio e il ministro Fontana va all’attacco Il Pd contro Zaia: «Vuole i voti della destra reazionaria» VERONA. La strada l’ha indicata la destra americana, quella dei Tea Party, che non vuole l’aborto e sostiene Trump, ma nel vortice della polemica è finito il governo italiano: da una parte il ministro Lorenzo Fontana, sostenitore della famiglia tradizionale e dall’altra il sottosegretario alla presidenza del consiglio Spadafora, ieri a New York per ribadire il diritto alle unioni civili. Che il XIII Congresso Mondiale delle Famiglie, in programma a Verona dal 29 al 31 marzo, fosse terreno minato, Fontana lo sapeva fin da quando ha coltivato questo progetto diventato una sfida che sta spaccando il governo. Il logo di Palazzo Chigi e quello della Regione Veneto hanno causato più di un mal di pancia nelle fila dell'altra parte della maggioranza, quella del M5s: il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Vin-
cenzo Spadafora ha detto senza mezzi termini, in un’intervista a Repubblica, di aver inviato «una nota ufficiale per far presente che non esistono i presupposti per il patrocinio e chiede il ritiro». Ma basta andare sul sito dell’evento per accorgersi che il logo è ancora lì. Da New York il ministro della Famiglia Lorenzo Fontana fa trapelare che è «spiacevole» essere presente all'evento Onu per parlare sul tema della conciliazione dei tempi famiglia-lavoro e ritrovarsi invischiato nella polemica. Le opposizioni regionali, con Pd, Leu e + Europa di Emma Bonino hanno chiesto al governatore Luca Zaia di ritirare il patrocinio, perché «non è accettabile che il nome e il simbolo della Regione Veneto siano accostati a messaggi contro l'autodeterminazione delle donne e contro le persone Lgb-
Il ministro Lorenzo Fontana
tq. Il modello di famiglia che hanno in mente la Lega e il ministro Fontana è reazionario, misogino e intollerante». A loro risponde Zaia, che non retrocede sul patrocinio regionale: chi ha intenzione di fare del Congresso mondiale delle Famiglie «un simposio dell'omofobia avrà la mia totale condanna. Al momento non abbiamo carte che vanno in questa direzione». Graziano Azzalin e Andrea Zanoni, consiglieri regionali del Pd, rincarano la dose, e sula stessa posizione si schiera la lista + Europa con Annamaria Zanetti. «Fin dove è disposta a spingersi la Regione pur di accaparrarsi i voti della destra più reazionaria? Il patrocinio al World Congress of families è inaccettabile, Zaia lo ritiri. È un evento discriminatorio e il Wcf è stato segnalato da organizzazioni per i diritti civili come hate group (gruppo d’odio). Tra i loro obiettivi non c’è solo la difesa della famiglia naturale, ma anche la promozione di una concezione delle relazioni familiari basata sulla subordinazione della donna all’uomo e su una decisa compressione dell’autodeterminazione femminile. Si torna indietro di un secolo e le posizioni in tema di omosessualità di molti relatori sono inconciliabili con l’articolo 3 della nostra Costituzione e il 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue che vietano la discriminazione sulla base delle condizioni personali e sociali e in ragione dell’orientamento sessuale e del genere». — BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.
per far fronte alle domande
La Cgil: «Quota 100, l’Inps vuole far lavorare di sabato e domenica» VENEZIA. «Per far fronte alle domande di Quota 100 e reddito di cittadinanza, l’Inps veneto vuol fare lavorare i dipendenti di sabato e domenica». A rilevarlo è Assunta Motta, segretaria della Fp Cgil Veneto. «Siamo al caos, l’istituto non ha personale sufficiente, negli ultimi 4 anni sono usciti dagli uffici veneti 350 lavoratori ed oggi l’organico totale è di 1. 462 persone. Altri ne usciranno con quota 100 ma i concorsi ne immetteranno in misura non sufficiente e non prima di fine anno». E ancora. «La prossima scadenza che l’Istituto è chiamato a fronteggiare a brevissimo è la liquidazione della quota 100. Le scelte politiche del governo del momento, ancora una volta, aumentano il carico di lavoro del personale di Inps che versa in una situazione di grave carenza di organico e che a malapena riesce a garantire il quotidiano. In Veneto la situazione è da tempo particolarmente drammatica in quanto negli ultimo 4 anni l’organico del personale si è ridotto di oltre 350 unità e le recenti assunzioni non hanno minimamente soddisfatto le esigenze che erano
state rappresentate». Aggiunge: «Le prossime assunzioni sono previste per fine anno e quindi oltre l’attuale esigenza e non saranno sufficienti a ripianare le carenze. In questi ultimi giorni l’Istituto sta chiedendo ai lavoratori di rendersi disponibili per aperture straordinarie di sabato e di domenica per soddisfare le necessità legate a Quota 100. Non ci si rende conto che questa modalità rischia di aumentare ulteriormente il carico di lavoro degli uffici e crea una evidente disparità di trattamento fra i cittadini in quanto se si da priorità alle pensioni legate a quota 100, si finisce di mettere in coda tutto il resto che continuerà ad attendere la liquidazione della propria posizione pensionistica». Infine: «Non riteniamo che le eventuali ulteriori aperture in giornate di regolare chiusura possano risolvere i problemi che ricadono ancora una volta sulle spalle sempre degli stessi lavoratori. Per poter lavorare in modo da soddisfare le esigenze è necessario commisurare l’organico delle sedi, attraverso un piano serio di assunzioni». M. A.
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Primo Piano
Giovedì 14 Marzo 2019 www.gazzettino.it
L’intervista Vittorio Zappalorto
I numeri
13 Gli arrestati nell’operazione “Camaleonte”
14 Le persone per le quali sono stati disposti gli arresti domiciliari
6 Colpiti dall’obbligo di presentarsi ogni giorno alla polizia giudiziaria
6 Imprenditori con divieto di esercitare attività d’impresa per 12 mesi
20 Milioni di euro sequestrati a persone e aziende
300% Il tasso (d’usura) annuo praticato per i prestiti agli imprenditori
Il prefetto agli imprenditori: «Prima la legalità, poi i soldi» Venezia, richiamo del rappresentante `«Ingenuità e superficialità hanno portato del governo: «Cultura della legalità» a sottovalutare le mafie, ma tessuto sano» `
uello che serve è una cultura della legalità che prenda il sopravvento sulla voglia di fare soldi». Non ci gira intorno, il prefetto di Venezia Vittorio Zappalorto. Il giorno dopo gli arresti dell’operazione “Camaleonte”, terzo capitolo giudiziario della procura lagunare, dall’inizio dell’anno, nella lotta alla criminalità organizzata in Veneto, il rappresentante del Governo del capoluogo regionale rivolge un appello alle fondamenta del “ricco Nordest”. Un monito che mira a tarare i comandamenti di una cultura che arriva, molto spesso, a fondere vita e lavoro: schei sì, ma non a tutti i costi. «Tante volte questa smania di emergere, di dominare economicamente gli altri, può spingere a muovere dei passi verso direzioni pericolose, per questo non bisogna perdere di vista ciò che è veramente fondamentale: la cultura della legalità deve essere il nostro sistema immunitario». Ci sono voluti trent’anni, però, per rendersi conto che il Veneto poteva avere l’humus ideale per far crescere sedi criminali staccate di Casal di Principe o di Cutro. «Forse si sarebbe potuto fare qualcosa in più in passato, in Veneto c’è tanta ingenuità nella popolazione, probabilmente anche un po’ di superficialità. Abbiamo sottovalutato queste persone e certi affari. L’importante, però, è che adesso ci siamo arrivati. Ora abbiamo la certezza che le cosche calabresi, campane o siciliane hanno un interesse per il nostro territorio e sono riuscite a penetrarlo». Il governatore Zaia ci tiene a sottolineare di essere dispiaciuto per il fatto che «oggi si descriva la nostra comunità come una comunità marcia,
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quando c’è una foresta di veneti onesti che sta crescendo». Si corre il rischio di incorrere in generalizzazioni ingenerose? «Sono convinto che il tessuto economico del Veneto sia sano, la nostra imprenditoria e la nostra società sono sane. Certo, è innegabile che dove ci sono i soldi la criminalità prima o poi arriva, ma non dobbiamo farci confondere, non dobbiamo farci soggiogare dall’idea che il territorio sia malato. I controlli non mancano, il 99 per cento sono imprenditori seri e onesti». Il gip nella sua ordinanza sembra aprire il campo a un eventuale giro di tangenti, soprattutto considerando che al-
cune aziende lavoravano con società statali. Ci saranno altri sviluppi? «Io penso di sì è inevitabile, siamo all’inizio di un filone appena partito, le indagini riveleranno altre sorprese». Parlando del caso di Eraclea
PREFETTO Vittorio Zappalorto
Camorra, resta in carcere anche il figlio di Donadio `Confermata un’altra
dozzina di misure cautelari dell’inchiesta RIESAME VENEZIA Un’altra dozzina di misure cautelari confermate. Ieri il Tribunale del riesame di Venezia ha concluso di esaminare i ricorsi presentati dagli indagati nella maxi-inchiesta sulla Camorra nel Veneto Orientale. Tutti respinti. Un’altra conferma all’impianto accusatorio di questa inchiesta che sta mettendo a nudo un pezzo di Camorra cresciuto nel corso degli anni tra Eraclea e dintorni. Tra gli altri, resta in carcere Adriano Donadio, il figlio trentenne di Luciano, ritenuto il boss del sodalizio criminale. La difesa ha cercato di ridimensionarne il ruolo a “mero interposto” nelle varie società, dove a decidere era sempre il padre. Ma i giudici non hanno accolto questa tesi. Nell’ordinanza del gip, Adriano è descritto
come un partecipante «a pieno titolo dell’associazione», di cui «condivideva programmi e fini», prendendo «parte a svariate azioni delittuose». Un uomo in grado di «atti di violenza, espressivi intenzionalmente, per le loro modalità, della capacità intimidatoria del sodalizio mafioso». Ricorso respinto anche per Denis Poles, il 35enne direttore di banca accusato di aver consentito ai maggiorenti dell’associazione mafiosa di operare sui conti delle varie società, senza segnalare le operazioni sospette. Davanti al gip, Poles si era difeso sostenendo di aver fatto solo ciò che già facevano i suo colleghi. La difesa ha già annunciato che ricorrerà in Cassazione. Tra i ricorsi respinti anche quello di Antonio Pacifico, 52 anni, di Napoli, ma con residenza ad Eraclea, finito in carcere con una sfilza di accuse: armi, usura, estorsioni, bancarotta, droga, oltre a quella di essere tra i promotori dell’associazione. Episodi lontani nel tempo, per cui non vi sarebbe esigenze cautelari, secondo la difesa, ma i giudici hanno ritenuto diversamente.
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«LA SMANIA DI EMERGERE ECONOMICAMENTE PUÒ SPINGERE A MUOVERE DEI PASSI VERSO DIREZIONI PERICOLOSE»
e del dimissionario sindaco Mirco Mestre, accusato di voto di scambio con i casalesi, è già stato deciso chi sarà il commissario? «È ancora presto, hanno tempo fino al 21 marzo per sciogliere il consiglio. Il nome lo decideremo solo qualche giorno prima». La camorra dei casalesi ha cercato di allungare i suoi tentacoli principalmente nel tessuto politico, la ‘ndrangheta calabrese invece ha puntato più su quello economico. Può essere questa la distinzione tra le ultime due grandi inchieste che hanno stravolto il Veneto? «Non sarei così drastico sull’infiltrazione nella politica. Ci sono delle indagini che devono compiersi, che devono arrivare a delle conclusioni. Credo che Eraclea sia stato un caso isolato. Nell’economia invece sì, è innegabile, la dimostrazione l’abbiamo avuta. Per questo, ribadisco, la cultura della legalità è preziosa e fondamentale, dobbiamo andare nelle scuole a inculcarla ai bambini, diffonderla in tutti gli strati sociali, in ogni modo. È il nostro unico antidoto al malaffare». Davide Tamiello © RIPRODUZIONE RISERVATA
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REGIONE
La lotta alle mafie
’Ndrangheta, fatture false e riciclaggio altre aziende nel mirino della procura Ieri Lovo in silenzio davanti al giudice, arrestato mentre stava per partire per Londra. Tra i beni sequestrati auto e terreni
Rubina Bon Carlo Mion VENEZIA. Una montagna di
documenti che aprirà nuove piste investigative. E poi l’indagine che continua su altre aziende e non si è certo fermata con l’operazione di martedì. Le 33 misure cautelari eseguite due giorni fa sono uno step fondamentale dell’indagine che ha smantellato la prima cosca veneta della ’ndrangheta. Inevitabile che altre aziende siano finite nel mirino degli investigatori dei carabinieri di Padova e della Guardia di Finanza di Venezia, coordinati dal sostituto procuratore Paola Tonini. Infatti già il materiale raccolto dagli investigatori per incastrare gli appartenenti alla cosca aveva aperto nuovi filoni. Anche perché i fratelli Sergio e Michele Bolognino, capiclan indiscussi, hanno avuto contatti con diversi imprenditori che non sono finiti in questa fase dell’inchiesta. Da capire se anche queste società sono entrate nell’orbita della ’ndrangheta. Se altre società erano diventate delle cartiere per la produzione di fatture false, lo si scoprirà sicuramente dal materiale sequestrato martedì durante le perquisizione seguite all’esecuzione delle ordinanze di custodia cautelari. Documenti cartacei ma anche molti supporti informatici trovati nelle abitazioni degli indagati. Il lavoro per la Guardia di Finanza non sarà poca cosa. Un discorso a parte lo meritano i beni sequestrati per un valore di 20 milioni di euro. Si tratta dell’equivalente del profitto derivati dall’attività di riciclaggio e dei reati fiscali collegati. Si tratta di terreni, abitazioni singole e appartamen-
ti, conti correnti e autovetture di lusso. Su tutto questo c’è la proposta di confisca. Ieri in tanto i finanzieri si sono presentati alla Bcc di via Mestrina dove ci sarebbero alcuni conti riconducibile alle società di Federico Semenzato, l’amministratore di Segeco e Segea finito in carcere per associazione a delinquere finalizzata a reati fiscali. LOVO IN SILENZIO
Ieri sono iniziati gli interrogatori di garanzia che, almeno per quanto riguarda i 13 indagati finiti in carcere, saranno tutti per rogatoria. Agli arre-
Trovati documenti che aprono nuove strade investigative per i reati fiscali stati è contestata l’aggravante mafiosa che prevede la detenzione in regime di alta sicurezza. Il primo a comparire davanti ad un gip (in questo caso di Civitavecchia) è stato l’imprenditore Leonardo Lovo, 48 anni, originario di Camposampiero, formalmente residente nel Veneziano a Campagna Lupia, di fatto da un paio d’anni trasferito a Biancade, nel Trevigiano. Difeso dall’avvocato Fabio Crea, Lovo ha scelto in questa fase di avvalersi della facoltà di non rispondere. Per l’imprenditore le manette sono scattate non martedì all’alba, come per il resto dei destinatari di misura, ma nella mattinata di lunedì. Era in partenza per Londra, dove lavora, e aveva già i bagagli pronti. Le forze dell’ordine lo hanno fermato prima che volasse nel Regno Unito, evitando così procedure burocratiche per l’arresto europeo. —
CROMASIA
GLI ARRESTATI IN CARCERE Adriano Biasion Gaetano Blasco Francesco Bolognino Michele Bolognino Sergio Bolognino Agostino Donato Clausi Gianni Vito Floro Leonardo Lovo Giuseppe Richichi Francesco Scida Pasquale Scida Federico Semenzato Mario Vulcano
AI DOMICILIARI Antonio Brugnano Marco Carretti Angelino Crispino Tobia De Antoni Giuseppe De Luca Rocco Devona Salvatore Innocenti Sergio Lonetti Genesio Antonio Mangone Vincenzo Marchio Antonio Mazzei Mario Megna Domenico Nardella, Domenico Pace detto Mimi
Il prefetto: «Diffusa la cultura dei soldi facili a tutti i costi»
VENEZIA. «Il tessuto sociale ed economico del Veneto è sano al 90 per cento. Credo che il caso del sindaco arrestato a Caorle sia un fatto sporadico. Non credo che ci siano altre situazioni dove
43 anni, Reggio Emilia 36 anni, Correggio 52 anni, Rosà 41 anni, Fossalta di Portogruaro 55 anni, Reggio Emilia 35 anni, Crotone 42 anni, Reggio Emilia 39 anni, Melissa 54 anni, Finale Emilia 52 anni, Reggio Emilia 36 anni, Reggio Emilia 45 anni, Crotone 59 anni, Carminagno di Brenta 42 anni, Crotone
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le reaZioni
Zappalorto ieri era a Mestre insieme a Zaia. Il governatore: «Dobbiamo creare gli anticorpi per far crescere la cultura della legalità»
54 anni, Corte di Piove di Sacco 56 anni, già detenuto a Tolmezzo 49 anni, Tezze sul Brenta 51 anni, già detenuto a L'Aquila 50 anni, già detenuto a Nuoro 47 anni, già detenuto a Saluzzo detto Giuseppe, già detenuto a Bologna 46 anni, Campagna Lupia, dom. Roncade detto Andrea, 39 anni, già detenuto a Bologna 55 anni, Reggio Emilia 37 anni, Crotone 51 anni, Mestre 40 anni, già detenuto a Genova
la politica viene coinvolta in questa maniera», ha detto il prefetto di Venezia Vittorio Zappalorto su quanto sta emergendo dalle indagini che riguardano camorra e ’ndrangheta nel Veneziano, «di sicuro la situazione che emerge è dovuta al fatto che è venuta a mancare la cultura della legalità a scapito del profitto a tutti i costi anche nel nostro Veneto. Per questo», ha concluso
Zappalorto, «dobbiamo lavorare maggiormente per educare alla legalità soprattutto le nuove generazioni. Solo così possiamo avere gli anticorpi necessari, ma ripeto il nostro tessuto sociale è sano». È ritornato sulle inchieste antimafia anche il presidente della Regione Luca Zaia. «Dobbiamo creare gli anticorpi per consentire di far cresce la cultura della legalità che
consente di denunciare quando ci sono dei problemi. Comunque in Veneto ci sono gli anticorpi e io a nome dei veneti onesti ringrazio la Procura di Venezia e il procuratore Bruno Cherchi per queste operazioni. Anche perché la foresta che cresce è quella dei veneti onesti. Una foresta che ha poca voce e non fa rumore, ma che vuole legalità. In questi anni non siamo stati disattenti è che una volta c’era qualcuno che mandava questa gente a soggiornare qui da noi. È in quel momento che inizia la contaminazione. Ma questi sono delinquenti che vanno combattuti senza se e senza ma». — BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
l’appello di confartigianato e cna
«Serve un’alleanza per la legalità Aiutiamo le aziende a denunciare» «Dobbiamo imparare a fare squadra, così si sconfiggeranno le mafie. Serve un’alleanza per la legalità anche tra le associazioni che rappresentano le imprese, altrimenti da soli, chiusi nei nostri steccati, rischiamo di perdere questa guerra». A proporre un’alleanza generale contro le mafie dopo l’ennesimo blitz contro le infiltrazioni della’ndrangheta nel nostro territorio sono il presidente della Confartigianato Metropolitana Cit-
tà di Venezia Salvatore Mazzocca e della Cna Metropolitana Giancarlo Burigatto. «Scendiamo in campo, al fianco dei nostri imprenditori, invitandoli a denunciare, raccontare e segnalare ogni cosa anomala, perché sono loro ad essere in prima linea e loro per primi sono nella lista dei soggetti che le mafie vogliono aggredire, e finché si sentiranno soli saranno ancora più deboli», dicono i due rappresentanti delle associazioni.
V
Primo Piano
Giovedì 14 Marzo 2019 www.gazzettino.it
«Donadio, figlio con i valori mafiosi» Respinto al Riesame il ricorso del legale di Adriano, “erede” `La difesa ha cercato di tracciare un ritratto del giovane del boss dei casalesi Luciano. Il giovane rimane in carcere sottolineandone il ruolo marginale nell’organizzazione `
BLITZ Resta in carcere Adriano Donadio (nel tondo), il figlio del boss Luciano che per i giudici del Riesame condivide gli stessi «valori mafiiosi» del padre Luciano
IL TRIBUNALE VENEZIA Il figlio del boss che condivide i «valori mafiosi», partecipa attivamente alla vita dell’associazione e con i suoi atteggiamenti ne dimostra la «pericolosità». Oppure un figlio di papà, «mero interposto» nelle società gestite dal boss, che addirittura non è in grado di risolvere da solo una lite allo stadio, tanto da chiedere aiuto al padre: «Mi hanno picchiato, pà...». Chi è davvero Adriano Donadio, classe 1989, figlio maggiore del boss Luciano, finito anche lui in carcere nella maxi-inchiesta sulla camorra in Veneto orientale? Ieri, tra i tanti ricorsi discussi davanti al Tribunale del riesame, c’era anche quello che l’avvocato Renato Alberini, difensore pure di Luciano Donadio, ha presentato contro la custodia cautelare in carcere di Adriano. E tra i due ritratti del giovane si è animata la discussione tra il pubblico ministero, Roberto Terzo, e il difensore. Alla fine il collegio, presieduto da Licia Marino, ha respinto anche questo ricorso, così come gli altri undici di ieri. Un’altra conferma all’impianto accusatorio di questa inchiesta che sta mettendo a nudo un pezzo di Camorra cresciuto nel corso degli anni tra Eraclea e dintorni.
UN MERO INTERPOSTO Per quel che riguarda Adriano, nei suoi motivi, l’avvocato Alberini cerca di ridimensionarne il ruolo. La stessa ordinanza - ricorda - precisa che i «veri poteri decisionali nelle varie attività commerciali, direttamente o per interposta persona, spettavano a Luciano Dona-
L’AVVOCATO: «NESSUNO SPESSORE CRIMINALE, AVEVA CHIESTO L’AIUTO DEL PAPÀ DOPO UNA LITE ALLO STADIO»
dio». Un meccanismo che valeva anche per il punto Snai, formalmente intestato ad Adriano, ma dove a decidere era sempre Luciano. Un «mero interposto», appunto, ed «è proprio il padre, che certamente non dimostra di considerarlo all’altezza della situazione - argomenta la difesa - e che si guarda bene dal farlo partecipare, anche solo come spettatore silente, negli incontri più delicati».
BOTTE FRA TIFOSI Il ricorso cita anche l’episodio della lite allo stadio come prova che Adriano «non aveva alcun “spessore criminale”, al punto da non essere nemmeno in grado di risolvere una banale lite calcistica allo stadio senza dover chiedere aiuto al papà». Nell’ordinanza, però, si cita la partecipazione a più di un pestaggio. Episodi che, per la difesa, non avrebbero nulla a che fare con la vita e gli interessi dell’associazione, sarebbero
piuttosto «espressioni di prepotenza fine a sé stessa e del tentativo di Donadio di assumere un ruolo che nessuno gli riconosce».
LA DECISIONE Tesi che non hanno convinto i giudici del riesame che hanno respinto il ricorso. In attesa di leggere le loro motivazioni, c’è l’ordinanza del gip dove gli stessi pestaggi e il ricorso al padre vengono inquadrati in una dinamica da intimidazione mafiosa e dove più in generale Adriano è descritto come un partecipante «a pieno titolo dell’associazione», di cui «condivideva programmi e fini», prendendo «parte a svariate azioni delittuose». Un uomo in grado di «atti di violenza, espressivi intenzionalmente, per le loro modalità, della capacità intimidatoria del sodalizio mafioso». Ora dovrà restare nel carcere di Terni. Roberta Brunetti © RIPRODUZIONE RISERVATA
Gli altri arrestati
Poles agli arresti, la difesa va in Cassazione GLI ALTRI RICORSI VENEZIA Una dozzina di ricorsi contro altrettante misure cautelari, anche minori. Tutti respinti, ieri, dal Tribunale del riesame che ha esaminato le istanze dei difensori degli indagati. Tra gli altri, anche quello di Denis Poles, il 35enne direttore di banca accusato di aver consentito ai maggiorenti dell’associazione mafiosa di operare sui conti delle varie società, senza segnalare le operazioni sospette. Prima alla filiale Antonveneta di Jesolo, dal 2010 al 2013, quindi come responsabile del Monte dei
Zaia: «Mele marce, il Veneto è sano» Brugnaro: «Delinquenti, non colleghi» LE REAZIONI MESTRE «Le male marce ci sono sempre, ma non si dipinga la nostra comunità come gente poco per bene». Il governatore Luca Zaia loda la procura di Venezia per l’inchiesta che ha portato alla luce la radicata attività della ‘ndrangheta in Veneto. «Il tessuto è buono, io ringrazio la procura per il suo lavoro a nome dei veneti onesti, che sono una foresta che cresce e non ha voce, quindi fa meno rumore. Questa è delinquenza che va combattuta senza remore. La crisi - continua Zaia Non deve essere un alibi, anche se comprendo che in un momento di difficoltà, con le banche scappate, qualcuno magari abbia ceduto a un aiuto che poi si è trasformato in tragedia. Se c’è connivenza c’è illegalità, chi non rispetta la legge paga. Ma la cultura della legalità nei veneti c’è, non si può definire “marcia” questa comunità». Da sindaco, ma anche da imprenditore, Luigi Brugnaro rifiuta di definire “colleghi” chi ri-
AMMINISTRATORI Luca Zaia e Luigi Brugnaro
GOVERNATORE E SINDACO UNITI NEL CONDANNARE I COMPORTAMENTI MALAVITOSI: «LOTTA SENZA REMORE»
ciclava il denaro della ‘ndrangheta. «Sono delinquenti, non siamo colleghi. La zona è ricca e fa gola a molta, ma sono certo che sapremo ribellarci. La cultura della legalità è fondamentale e deve partire dalle piccole cose, essere insegnata ai bambini. Lo sporta aiuta molto in questo, perché
quando si perde bisogna farsi un esame di coscienza e capire che non è sempre e solo colpa degli altri. Un esempio che dovrebbe essere da monito anche per la visione culturale fallimento: dobbiamo accettare le nostre sconfitti, se hai fatto il massimo prendi i libri e li porti in tribunale. Non sei un delinquente, sei un fallito. Bisogna saper dire di no». Ai saluti il questore di Venezia Danilo Gagliardi, promosso a prefetto, che ha approfittato della presentazione del progetto “Mercurio” di ieri in piazza Ferretto per salutare la città. Gagliardi ha parole al miele per Venezia e il Veneto che, in questi due anni, gli hanno regalato importanti soddisfazioni. E anche sul tema della criminalità organizzata, l’ormai ex questore è fiducioso: il male è stato estirpato in tempo. «Quella che stiamo scoprendo è un’infezione - commenta - ma siccome il corpo è sano gli antidoti e gli anticorpi lo annulleranno, non ci sarà alcun tipo di metastasi». D.Tam. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Paschi a Musile. La settimana scorsa, davanti al gip, Poles si era difeso strenuamente sostenendo di aver fatto solo ciò che già facevano i suo colleghi. Ieri, davanti al Tribunale del riesame, l’avvocato Antonio Forza ha ribadito la totale estraneità del suo assistito, sostenendo anche che un’intercettazione alla base dell’accusa sarebbe stata equivocata, complice anche il dialetto stretto con cui parlavano gli intercettati. Il Tribunale, però, ha respinto il ricorso e la difesa ha già annunciato l’intenzione di ricorrere in Cassazione. Tra i ricorsi respinti anche quello di Antonio Pacifico, 52
anni, di Napoli, ma con residenza ad Eraclea, finito in carcere con una sfilza di accuse: armi, usura, estorsioni, bancarotta, droga, oltre a quella di essere tra i promotori dell’associazione. Episodi lontani nel tempo, per cui non vi sarebbe esigenze cautelari, secondo la difesa, ma i giudici hanno ritenuto diversamente. Respinto anche il ricorso di Giuseppe Daniel, la guardia giurata 56enne a cui è stato imposto l’obbligo di dimora, accusato di aver fornito informazioni utili per mettere a segno una rapina ai danni di un imprenditore di Castelcucco. © RIPRODUZIONE RISERVATA
La Giornata a Padova
Tutta San Donà si schiera con le vittime della malavita SAN DONA ’ L’invito era arrivato dal fondatore di Libera don Luigi Ciotti, che aveva portato la sua testimonianza al teatro Astra. E il consiglio comunale sandonatese giovedì scorso ha aderito all’unanimità alla 24. giornata in ricordo delle vittime innocenti delle mafie che si terrà il 21 marzo a Padova. L’assemblea consiliare ha scritto una pagina importante di condivisione istituzionale, anche in riferimento a quanto avvenuto ad Eraclea. «Una presa di posizione – ha spiegato il presidente del consiglio comunale Francesco Rizzante – che nasce dalle recenti inchieste che hanno svelato la presenza di organizzazioni criminali di stampo mafioso, legate a ‘Ndrangheta e Camorra, interessate a riciclare denaro di provenienza illecita nell’economia legale, trafficare e spacciare sostanze stupefacenti». Poiché «le mafie non sono
solo un problema di ordine pubblico, né sono un pericolo solo per le regioni meridionali ma rappresentano una seria, attuale e concreta minaccia per la democrazia, per la sicurezza dei cittadini e dell’economia. L’antimafia appartiene a tutti i cittadini e a tutte le forze politiche che hanno la capacità e la volontà di non piegarsi al ricatto mafioso». La capogruppo del Pd Maria Grazia Murer ha ricordato che l’adesione «assume un significato alla luce di quanto avvenuto ad Eraclea». Un messaggio condiviso dall’ex sindaco Francesca Zaccariotto: «Il territorio sta vivendo un momento difficile, è importante dare un segnale di unità rispetto a quanto accaduto ad Eraclea». Il presidente Rizzante ha ricordato anche la giornata contro le mafie che si terrà il 19 marzo a Treviso, a cui parteciperanno anche due classi del liceo Montale di San Donà. (d.deb)
REGIONE ATTUALITÀ
Corriere del Veneto Giovedì 14 Marzo 2019
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Politica I fronti aperti
Zaia: «Fermare la colonizzazione cinese» Il governatore boccia l’intesa con Pechino sulla Via della Seta: «Servono anticorpi contro l’invasione» Anche Salvini è perplesso ma Fedriga dice sì. E il patto è stato scritto da un sottosegretario della Lega
La vicenda
● La Belt and Road Initiative, ribattezzata la Nuova via della seta, è un piano economicodiplomatico annunciato nel 2013 dal presidente cinese Xi Jinping per migliorare i collegamenti
con i Paesi dell’Eurasia ● Finora sono stati stanziati 140 miliardi di dollari di investimenti e il progetto coinvolge 68 Paesi e circa il 65% della popolazione mondiale ● La rotta marittima approderebbe nei porti dell’Alto Adriatico
La «Via della Seta» (One Belt-One Road), il progetto con cui la Cina intende potenziare i suoi collegamenti commerciali con i Paesi dell’Eurasia finanziando, sviluppando e gestendo una capillare rete d’infrastrutture portuali, ferroviarie, aeroportuali ed energetiche, divide il governo e pure la Lega, specie a Nordest. Il governatore Luca Zaia ha infatti usato ieri parole durissime nei confronti dell’iniziativa avviata dai cinesi, che vorrebbero fare dei porti dell’Alto Adriatico (Trieste, in particolare, ma anche Venezia) il terminale della loro nuova rotta marittima: «Si tratta di una nuova forma di colonizzazione, dobbiamo prenderne atto. I cinesi hanno già invaso l’Africa e ora si preparano a farlo anche con l’Europa, con i nostri porti. Ora - ha proseguito Zaia nessuno pensa di paragonare i mercati di oggi a quelli medioevali ma dobbiamo creare gli anticorpi per difenderci da questa invasione». Come? «Investendo direttamente e credendo in partite in cui finora si è creduto poco. Quella della portualità, ad esempio, è una grande sfida, la sfida dell’intermodalità e del trasporto delle merci. Lasciare i porti nella mani degli stranieri significa lasciare nelle loro mani anche la nostra economia». Una posizione diametralmente opposta a quella assunta fin qui dal governatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga, leghista come Zaia, che pur pretendendo «pari dignità» con i partners cinesi, ha però rivenVENEZIA
Il caso a Verona
dicato il diritto (e l’opportunità) di Trieste di «dialogare con qualsiasi investitore estero, senza preclusioni di sorta. Trieste – ha detto Fedriga al Piccolo qualche giorno fa – è pronta a dare il suo benvenuto a chiunque sia intenzionato a investire qui. Le obiezioni che su questa prospettiva stanno arrivando dall’amministrazione Trump non mi preoccupano, perché sentendo il presidente dell’Autorità portuale, Zeno D’Agostino, so che la strategia è quella di non chiuderci a investitori di un solo Paese, ma che bisogna sempre sentire tutti e siamo consapevoli che Trieste è ritenuta piazza molto interessante a livello internazionale». Fedriga si riferisce ai dubbi (ma suonano più come degli
avvertimenti) lanciati dall’amministrazione Trump, che vede nella «Via della Seta» il grimaldello con cui la Cina vorrebbe scardinare gli attuali assetti geopolitici in Occidente, per poi ridisegnarli, mettendo a rischio la tenuta della stessa Nato. Il premier Giuseppe Conte, nella sua intervista di ieri al Corriere ha assicurato che il memorandum che si appresta a firmare alla fine del mese con il presidente Xi Jinping, in occasione della visita di quest’ultimo in Italia, non sarà «un cavallo di Troia». Nel governo, però, non tutti sembrano convinti. Il vicepremier Matteo Salvini anche ieri ha messo le mani avanti: «La sicurezza nazionale viene prima di qualunque altra cosa, di ogni interesse
commerciale. Io non voglio che l’Italia sia una colonia di nessuno. Se si aiutano le imprese italiane a fare business e ad esportare i nostri preziosi prodotti io sono contento. Però ovviamente c’è da valutare la sicurezza nazionale. E dunque studiamo, lavoriamo, approfondiamo, valutiamo...». Il punto è che, come ha fatto notare il sottosegretario pentastellato agli Affari regionali Stefano Buffagni (sempre più spina nel fianco della Lega), uno dei protagonisti dell’intesa in via di definizione tra Italia e Cina è stato il sottosegretario leghista allo Sviluppo economico Michele Geraci, economista palermitano molto vicino a Salvini che da dieci anni insegna alla University of Nottingham
Ningbo China, alla New York University di Shanghai e all’Università dello Zhejiang. «Possibile che non abbia informato i vertici di quel che si stava scrivendo?» si è domandato malizioso Buffagni. E lo stesso Geraci, parlando con il Sole 24 Ore, si è stupito dello stupore dei diplomatici Usa e dei suoi compagni di partito: «Sinceramente sono un po’ sorpreso. Non capisco che cosa ci sia di così controverso. Si tratta di accordo cornice: solo l’indicazione di alcuni settori strategici in cui favorire investimenti congiunti e accelerare l’acquisizione di commesse da parte delle imprese italiane. Insomma, nulla di irreparabile». Marco Bonet
Vincenzo Spadafora
I container movimentati a Venezia
725 mila
I container movimentati a Trieste
Tra parlamento e consiglio regionale
Legittima difesa, corto circuito leghista
La Regione non ritira il patrocinio al «Congresso delle famiglie»
Lorenzo Fontana
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L’evento, anti-gay e anti-aborto, ha scatenato dure proteste VENEZIA La Regione non ritirerà il patrocinio dato al XIII Congresso Mondiale delle Famiglie in programma a Verona dal 29 al 31 marzo. Almeno per il momento. L’ha chiarito ieri il governatore Luca Zaia spiegando che se l’evento si tramuterà in «un simposio dell’omofobia avrà la mia totale condanna» ma siccome al momento «non abbiamo carte che vadano in questa direzione», non ci sarà alcun dietrofront. E dunque il logo della Regione continuerà a campeggiare accanto a quello della Presidenza del Consiglio dei ministri ( al centro di un’incredibile querelle tra Palazzo Chigi e il ministero della Famiglia) e a quello della Provincia di Verona, come si può vedere visitando il sito della manifestazione. Zaia, nei giorni scorsi, era stato chiamato in causa per diversi motivi: il patrocinio, di cui si è detto; la sua presenza
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tra i relatori (insieme al vicepremier Matteo Salvini, al ministro della Famiglia Lorenzo Fontana, a quello dell’Istruzione Marco Bussetti); una foto scattata a Palazzo Balbi insieme ad Antonio Brandi e Brian Brown, due dei leader del Congresso. Il motivo? L’appuntamento dedicato alla «famiglia tradizionale» è promosso da sigle pro life e anti-Lgbt+ (come Generazione Famiglia, Comitato Difendiamo i Nostri Figli, ProVita, CitizenGo), oltre ad associazioni cattoliche integraliste, ortodosse ed evangeliche, unite dalla promozione dei valori cristiani, la contrarietà all’aborto, la condanna dell’omosessualità, la battaglia contro la pornografia ed una visione restrittiva dei diritti e del ruolo della donna. L’associazione «All Out Action Fund» ha creato un sito con pillole di alcuni dei relatori. Per Silvana De Mari, medico e scrittrice, «l’atto sessuale tra
due persone dello stesso sesso è una forma di violenza fisica usata anche come pratica di iniziazione al satanismo». Per Dmitri Smirnov, membro del Consiglio supremo della Chiesa ortodossa russa, «ci siamo separati da loro (con riferimento agli omosessuali) come dalla peste, perché è contagiosa». Igor Dodon, presidente moldavo, non ha «mai promesso di essere il presidente degli omosessuali, avrebbero dovuto eleggere il loro presidente». Lucy Akello vorrebbe reintrodurre in Uganda la pena di morte per i gay, la nigeriana Theresa Okafor è convinta che gli attivisti Lgbt+ cospirino con i terroristi di Boko Haram. Pensieri distanti dalle posizioni liberal espresse in passato da Zaia in tema di diritti civili. Secondo alcune inchieste giornalistiche, poi, l’International Organization of Families, l’associazione che organizza il Congresso, sarebbe vi-
cina a gruppi di estrema destra, specie dell’Est Europa (le edizioni più recenti si sono tenute in Moldavia, Ungheria, Georgia), e movimenti filorussi (da Mosca arriverebbe la gran parte dei finanziamenti). Tant’è, nonostante le proteste di Pd, M5S, +Europa, Leu, Italia in Comune, di sindacati e associazioni Lgbt+, il governatore, spalleggiato da Berlato e Barison di Fratelli d’Italia, conferma il patrocinio, in attesa di capire che ne sarà di quello di Palazzo Chigi. Il sottosegretario Vincenzo Spadafora insiste infatti per il ritiro; gli organizzatori lo rivendicano e accusano i contestatori di «menzogne violente e assurde»; da New York Fontana fa trapelare che è «spiacevole» ritrovarsi invischiato in questa polemica mentre si trova ad un evento Onu sulla conciliazione dei tempi famiglia-lavoro. Ma. Bo. © RIPRODUZIONE RISERVATA
La vicenda ● Dal 29 al 31 marzo si terrà a Verona il XIII Congresso mondiale delle famiglie che si propone di «difendere la famiglia naturale come sola unità stabile e fondamentale della società» ● Chi lo contesta parla invece di posizioni anti gay, anti aborto contro i diritti delle donne, basate su principi integralisti cristiani
VENEZIA Corto circuito in casa Lega sulla legittima difesa. Nel giorno in cui il presidente della commissione Giustizia del Senato Andrea Ostellari, relatore del testo caro a Matteo Salvini , esulta per l’imminente approdo in aula della legge («Ci siamo! La riforma è pronta per il voto definitivo. Mi spiace per chi vuole confondere gli italiani: la nuova legittima difesa aiuterà i giudici a decidere meglio e prima, eviterà lunghi e dolorosi processi, riporterà finalmente lo Stato dalla parte delle vittime di reato»), in consiglio regionale la commissione Affari istituzionali approva a maggioranza il progetto di legge statale sulla legittima difesa messo a punto dal leghista Alessandro Montagnoli, che prevede di punire in modo più severo la violazione di domicilio, in particolare se vengono colpiti minori, disabili, donne, esclude il diritto al risarcimento del danno a chi volontariamente si è introdotto in casa e prevede la possibilità che la condanna dello straniero sia espiata nel Paese d’origine o «presso un altro Paese disponibile». Un doppio binario che fa gridare allo scandalo il consigliere del Pd Graziano Azzalin: «Altro che Veneto virtuoso, questa è la Lega dello spreco che continua a utilizzare le istituzioni e i soldi pubblici per provvedimenti inutili, buoni solo per la propaganda elettorale. La legittima difesa è una materia su cui la Regione non ha competenza, non c’è alcun vuoto legislativo e il governo gialloverde sta intervenendo proprio adesso, sugli stessi articoli. Che senso ha dunque un progetto di legge del genere, se non rincorrere Salvini per mostrare di essere più bravi del capo?». © RIPRODUZIONE RISERVATA