A come astronauta B come astronauta

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Carla VirzĂŹ

A come astronauta B come astronauta

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A Saul e Viola e a chi si prende cura dell’amicizia

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A come astronauta B come astronauta è un racconto destinato a lettori di 6 -10 anni Testi: Carla Virzì Illustrazioni: Graziana Maugeri Impaginazione e rielaborazione grafica: Tiziana Candido I edizione 2015 Tutti i diritti riservati. È assolutamente vietata la riproduzione totale o parziale di questo libro, così come l’inserimento in circuiti informatici, la trasmissione sotto qualsiasi forma e con qualunque mezzo elettronico, meccanico e di altro tipo, senza l’autorizzazione dell’autrice.

© Copyright 2015 Carla Virzì

www.carlavirzi.com

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A come astronauta B come astronauta testi

Carla VirzĂŹ illustrazioni

Graziana Maugeri


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Avete mai sentito parlare di Saul e Viola? Ma sì, quei due… i protagonisti di quella vicenda di amicizia…! E non fate quella faccia! Non pensate che una storia di amicizia possa essere avvincente? Non vi stupisce più nulla, eh! Volete solo storie di fantascienza… Allora statemi a sentire perché, guarda caso, la mia è proprio una storia di amicizia e fantascienza, anzi scienza, visto che si tratta di fatti realmente accaduti… E sono sicura che alla fine di queste pagine, nell’anima troverete ancora un po’ di spazio per la meraviglia e chissà… forse anche per un leggero soffio di commozione. Viola voleva fare l’astronauta. Al pari di milioni di bambini, mi direte, solo che, nel suo caso, nessuno

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riusciva a toglierle dalla testa quel pensiero. E se è normale che a ogni scolaro venga in mente l’astronauta tra le parole che iniziano per A, a Viola l’astronauta veniva in mente sempre e comunque. Così, quando l’insegnante chiedeva: “Chi mi sa dire una parola con iniziale B?” “Barca,” rispondeva qualcuno. “Astronauta,” aggiungeva Viola. “Astronauta? Ma che dici, Viola!” la rimbrottava il maestro. “Come può iniziare per B la parola astronauta!” “Ma sì! B, come Buzz Aldrin, il secondo uomo ad avere messo piede sulla luna. È un astronauta, no? B come astronauta, quindi!” E così la ragazzina continuava per ogni lettera: C come cosmonauta, che è lo stesso di astronauta; D come diventare astronauta; E come ESA, European Space Agency o Agenzia Europea dello spazio; F come… Qualsiasi parola, secondo Viola, insomma, iniziava per A.

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Nella mente aveva solo quello. Il resto lo trascurava. Negli anni sempre di più. Viveva rintanata nella stanza senza dar conto a nessuno e leggeva, e leggeva, e leggeva. Più di tutto, libri e fumetti di fantascienza. Ma ne faceva una selezione molto accurata: non le interessavano le battaglie tra terrestri e forze aliene o le storie di conquista, ciò che amava veramente era avventurarsi in luoghi sconosciuti, popolati di forme di vita inimmaginabili; amava la forza di gravità, la traiettoria dei meteoriti, il sole e le altre stelle. La scienza, insomma, di questo era assetata. Anche troppo. La mamma iniziava a preoccuparsi: “Quando uscirà da quella stanza?” si lamentava col papà della bambina. “È da tre ore che legge! Trascura gli amici, i nonni, chiunque. Questa ragazzina è sempre sola. Inoltre dovrebbe sgranchirsi un po’ le gambe.” In quelle occasioni, il padre entrava nella stanza della figlia armato di

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sorrisi e fantasia: “Astronauta Viola, è ora di fare ginnastica o non potrà prendere parte alla prossima missione spaziale dello space shuttle Purple 1!” A quelle parole, immediatamente, la bambina scattava via dalla sedia e giù di flessioni, addominali, corsa sul posto e salto con la corda. Esausta, infine, si gettava sul letto davanti a un nuovo libro. Finché qualcosa improvvisamente mutò, trasformando una vita di lettura in una vita d’avventura. Proprio così, avventura! Ciò che Viola aveva sempre sognato, finalmente stava per avverarsi. Badate bene, quello che sto per raccontarvi l’ho saputo da qualcuno che l’ha saputo da qualcuno che l’ha saputo da qualcun altro che l’ha sentito direttamente dalla bocca dei protagonisti. Roba sicura, quindi, attendibile al cento per cento! Se qualcosa non vi quadra, non è un problema mio. Crediate pure quello che volete, io mi sono fatta la mia

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idea, voi fatevi la vostra! Tutto accadde in quello che sembrava un normale giorno di scuola. Beh, non lo era affatto. Appena entrata in classe, infatti, Viola apprese la notizia che tanto aveva atteso: il Centro Spaziale Nazionale la premiava. Il miglior tema del concorso Uomini e donne nello spazio era il suo. In premio, per lei, una visita guidata al Centro spaziale. Che notizia eccezionale! E Viola? Che dire! Anziché saltare, battere le mani o urlare di gioia, stava inchiodata alla sedia con lo sguardo fisso sul muro, senza parole, le braccia molli molli lungo i fianchi. Praticamente una sardina secca. Tanta era la sua emozione. Ancor di più quando seppe che a guidare la visita sarebbe stata proprio lei… la più importante… la più coraggiosa… la migliore astronauta di tutti i tempi: Samantha Cristoforini. Potete immaginare Viola…! Se fino a quel momento era rimasta immobile come una sardina secca, nel sentire pronunciare il

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nome della sua eroina, prese a ondeggiare a destra e a sinistra, avanti e indietro, come una bandiera al centro di un tornado: la sardina secca era impazzita! Ma che volete farci! Sapeva tutto di Samantha Cristoforini, la piccola Viola, le sue imprese le aveva lette sulle riviste di astronautica a cui aveva costretto mamma e papà ad abbonarsi; le sue fotografie, poi, della terra ritratta dallo spazio, avevano fatto il giro del mondo, della galassia, forse. Ma tra tutte le notizie che circolavano sul conto di Samantha, ce n’era una che Viola leggeva e rileggeva sulle riviste senza mai stancarsi: l’astronauta, in esplorazione su un altro pianeta, aveva scovato una particolare forma di vita, un essere vegetale diverso dai nostri che la donna, a quanto si leggeva, aveva prelevato dal suo ambiente naturale e portato sulla terra affinchÊ venisse studiato. Enea1, lo avevano chiamato, in onore dell’eroico antenato dei romani (a fidarsi di miti e leg-

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gende). Sfortunatamente, gli scienziati non riuscivano a capire di cosa avesse bisogno per vivere il povero Enea1 e, ahimè! sulla terra pareva non avere possibilità di sopravvivenza. Peccato non averlo capito in tempo! Il prima possibile, dunque, bisognava riportare l’esserino sul suo pianeta, ed era lì che Samantha si sarebbe diretta nella prossima missione. Cosa sia vero di questa storia e cosa inventato, cosa scienza e cosa fantascienza, ripeto, decidetelo da soli, io vi riporto i fatti per come mi sono stati raccontati. Samantha accolse Viola con grande affetto. L’accompagnò per tutta la base mostrandole le cose più affascinanti: prototipi di navette spaziali e satelliti, enormi telescopi, modellini di stazioni orbitanti… e poi la sala di collegamento con la stazione spaziale e quella di addestramento astronauti, perché ci vuole spirito, coordinazione, resistenza ed equili-

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brio per diventare astronauta, che mica è cosa da poco! A Viola, come capirete, girava la testa tra tanto splendore! Stava quasi per trasformarsi di nuovo in una sardina secca, quando Samantha le si avvicinò parlandole all’orecchio: “Vedi quella sala?” fece indicandole una porta in fondo al corridoio con sopra un enorme segnale di divieto d’accesso e la scritta Stanza di conservazione. “Sì!” fece la piccina emozionata. “E sai cosa c’è dentro?” La piccola si sciolse in un caldo sorriso. E certo che lo sapeva! Aveva letto tutto anche di quella base. Nella stanza di conservazione era ospitato il povero Enea1, l’esserino in difficoltà di sopravvivenza. “Ti piacerebbe darci una mano?” disse Samantha. “Darvi una mano? Darvi una mano a fare cosa?” chiese Viola che non poteva credere alle proprie orecchie.

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Un attimo dopo, bardata anche lei come un’astronauta, con tanto di casco e tutona anticontaminazione, fece la conoscenza di Enea1. Stava lì, il povero esserino, quasi appassito, nonostante la stanza di conservazione mantenesse la temperatura e l’umidità dell’ambiente adatte allo strano ospite. “Crediamo abbia bisogno di sentire storie per vivere, storie di grandi pianeti, di stelle e di spazi infiniti,” spiegò Samantha. “Sul serio?” “Già! Lui sogna di tornare sul suo pianeta, ma la missione non potrà partire che tra sei mesi. E dunque dovrete prendervene cura voi in questi sei mesi!” “Dovrete? Dovrete chi?” chiese Viola, mentre impaziente rifletteva già sui sei mesi di storie che avrebbe inventato. “Tu e Saul!” rispose Samantha, e aggiunse: “Mio figlio.”

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Suo figlio. Proprio così! “Dovrete fare squadra, come due veri astronauti, offrendo a Enea1 storie e speranze, questo il suo cibo. Un bravo astronauta si prende cura degli altri.” Appena uscita dalla sala di conservazione, Viola conobbe Saul, un bambino come lei: stessa età e stessa passione per l’astronautica. Ma era anche un gran chiacchierone Saul, a differenza di Viola, che al di là delle storie di fantascienza, non apriva bocca e si chiudeva in se stessa. Saul viveva praticamente alla base. Dopo la scuola, infatti, non avendo altri con cui restare, veniva portato al Centro Spaziale dalla madre e attendeva tutto il giorno, in sala visitatori, che questa finisse di lavorare. Nel frattempo faceva i compiti, disegnava e ogni tanto si recava nella palestra del Centro, per muoversi e divertirsi un po’. Qualche volta assisteva agli addestramenti degli astronauti e faceva loro compagnia

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nelle pause caffè. Più di tutto, però, Saul amava entrare nella navicella spaziale. Glielo consentivano raramente, ma quando accadeva era un sogno che si avverava. Quegli schermi… quelle manopole… e quel mare di pulsanti colorati… una vera giostra spaziale! Potete immaginare quante cose i due bambini avessero in comune… Una sopra ogni altra, tuttavia: la solitudine. Due bambini senza amici, in pratica, strano ma vero. A parte i compagni di scuola, infatti, Saul e Viola non frequentavano nessuno. L’uno non ne aveva occasione, dovendo stare alla base tutti i giorni, tutto il giorno; l’altra non ne aveva voglia, tanto era presa dalle sue letture. Fu quell’esserino verde a cambiare le loro vite. Vi spiego come. Saul era entusiasta della presenza di Viola al Centro per così tanti pomeriggi di seguito: finalmente un po’ di compagnia per quel ragazzino.

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La bambina, invece, che di compagnia non ne sentiva affatto il bisogno, cercava di evitare ogni contatto con Saul, concentrandosi interamente sul suo compito: raccontare storie a Enea1. Ogni pomeriggio, dunque, bardata al solito modo, veniva condotta nella stanza di conservazione e dava il meglio di sÊ: storie avvincenti di meteoriti, satelliti, orbite lunari‌ questi i personaggi delle sue storie. E la passione con cui le narrava era tanto profonda che Enea1 pareva ogni giorno stare meglio, come rivelavano le sue foglioline lucenti. Lo stesso poteva dirsi di Saul: stava meglio anche lui. Lo testimoniavano i suoi occhi frizzanti mentre ascoltava Viola! Anche a lui, infatti, era consentito l’accesso alla stanza di conservazione e dunque, finalmente, il bambino aveva con chi fare due chiacchiere. Peccato che la piccola cantastorie non sopportasse di essere interrotta durante i suoi stralunati racconti! Ma come biasimare Saul? Con la conoscenza che aveva

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di quella base e di tutti i suoi astronauti, non poteva evitare di arricchire le storie di Viola. Sapevate, ad esempio, che dopo sei mesi in assenza di gravità, il cuore degli astronauti in missione diventa più sferico? E che in orbita il gusto dei cibi si avverte talmente poco che gli astronauti abbondano in pietanze piccanti? Beh, Saul lo sapeva. Sapeva tutto dei rischi e dei vantaggi del lavoro di sua madre e ne traeva spunto per rendere i racconti più veri e appassionanti. Insomma, che Viola lo volesse oppure no, dopo un paio di mesi non poteva più fare a meno di Saul. Persino a casa, qualsiasi cosa raccontasse ai suoi genitori, pensava che Saul avrebbe potuto aggiungere qualche particolare ancor più interessante. Ma se la storia finisse qui, vi chiedereste che fine abbia fatto l’avventura di cui tanto abbiamo parlato. Ebbene, sta per arrivare, non temete! Dopo tre mesi di storie incredibili, infatti, Enea1, ebbe un cambiamento.

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Non un progresso, purtroppo, ma un malessere. Se fosse stata una pianta normale, di sicuro avremmo detto ch’era arrivato il momento di un vaso più grande ma per Enea1 la questione era diversa. Cosa poteva essere? Che la nostalgia di casa lo stesse uccidendo? “Non vi preoccupate, continuate a raccontare le vostre storie!” fece Samantha ai due bambini che le confessavano le proprie preoccupazioni. “Mancano solo tre mesi e riporteremo Enea1 al suo pianeta.” Ma i due bambini non accettavano di vedere appassire il poverino senza fare nulla. “E se gli facessimo fare un giro nella navicella spaziale? Non si sentirebbe meglio?” fece Saul pieno di entusiasmo. “Ma non può uscire dalla stanza di conservazione!” osservò Viola preoccupata. Perché no? Peggio di così che può succedere?” fece Saul osservando il

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vegetale allo stremo delle forze. Si guardarono intensamente per qualche attimo, Saul e Viola, poi si lanciarono nella nuova missione. Così, ottenuto il permesso di visitare la navicella, infilarono di nascosto Enea1 nello zaino e via, ai posti di controllo. Com’è come non è, dall’idea di far visitare la navicella a un’idea ben più grandiosa, bastò uno sguardo tra i due bambini: “E se facessimo un giro nello spazio?” propose Saul. “Saresti davvero capace di guidare quest’affare?” chiese Viola sorridendo elettrizzata e accarezzando le foglioline di Enea1. “Me lo hanno spiegato mille volte in questi anni. Che vuoi che sia! E noi due sappiamo tutto ciò che c’è da sapere sullo spazio, non credi?” Beh, allacciate le cinture, cari lettori, perché siamo pronti al lancio! Sì, avete capito bene! Si parte!

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Dieci, nove… tre, due, uno, zero. Lancio! Fu facile facile: i pulsanti erano quelli giusti. Sullo schermo dei ragazzi comparve la luce chiara del cielo mentre i sedili venivano sbattuti indietro dalla forza di gravità. Lunghi, intensissimi minuti, che i due trascorsero nel silenzio assoluto e, diciamolo, nella strizza, finché… un nero luminoso ricoprì lo schermo sostituendo l’azzurro del cielo terrestre. Sì, erano nello spazio. Lo so lo so, siete increduli! Due bambini che guidano una navicella spaziale…! Erano increduli anche quelli a cui hanno detto che la terra è rotonda, non era forse quella una notizia ben più assurda di questa? E allora lasciatemi raccontare in pace senza tanto stare a farmi le pulci! Esplorarono lo spazio non lontani dalla terra, Saul e Viola, e continuavano a vederla girandole intorno a migliaia di chilometri orari. Uno spettacolo il luccichio delle stelle, ancor di più quando banchi di polve-

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re interplanetaria attraversavano la loro orbita accendendo di bianca luminosità lo schermo della navicella! E che dire del sole che sorgeva e tramontava continuamente? Già, lo spettacolo di tre albe e due tramonti accompagnò le poche ore del loro lungo viaggio. Che esperienza unica! Come poteva non sentirsi meglio Enea1 dopo una gita di tal genere! Come avrebbero voluto restare lì all’infinito…! Ma una certa fame iniziò a mordere lo stomaco dei due bambini, nonostante la miriade di merendine di cui avevano riempito lo zaino. Ancora non gli entrava in testa che un astronauta mangia frutta e verdura. Insomma, premuto il tasto Rientro, rientrarono alla base. Sani e salvi. Senza un graffio. Incolumi da comete, meteoriti e radiazioni solari. Ubriachi di emozioni, uscirono dalla navicella che non gli bastava l’inte-

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ra faccia, tanto era largo il loro sorriso. Un’esperienza di quella non l’avrebbero ripetuta a breve, ma da grandi sì, forse. Che dirvi! Come le storie lo tenessero in vita, quello strano vegetale, non me lo spiego davvero. Ma sopravvisse e tornò sul suo pianeta. Certo, qualcuno ha sospettato che a farlo crescere tanto rigoglioso e sano fossero i dipendenti della base che ogni sera riversavano acqua fresca tra le sue foglie e che persino ne cambiarono il vaso per uno più grande. E qualcun altro afferma che l’idea del finto Enea1 fosse stata tutta delle mamme dei due ragazzini, che si erano messe d’accordo non appena Viola aveva vinto il premio. Per insegnare ai bambini la cura degli altri e l’amicizia, questo il loro scopo. Qualcun altro, infine, insinua persino che Saul e Viola non abbiano mai intrapreso nessun viaggio interspaziale, dato che la navicella altro non

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era che un simulatore a uso e consumo dei visitatori, ma io continuo a essere sicura del fatto mio. Crediate ciò che volete, voi, questa rimane una splendida storia di fantascienza e di amicizia, di fantamicizia, direi, allora! Per concludere il resoconto, però, devo dirvi che fine hanno fatto i protagonisti. Enea1 (il vero Enea1, a dirla come la volete sentire) è in piena salute e ancora sotto analisi degli scienziati, ma sul suo pianeta. Un satellite lo osserva giorno e notte. Samantha oggi è al suo sesto viaggio su uno shuttle e anche lei, come Buzz Aldrin, ha messo piede sulla luna! Saul e Viola… ehm, di loro qualcosa mi sfugge. Il giorno che andarono a iscriversi all’università, non so che scelta abbiano fatto, non lo so se da grandi abbiano voluto davvero fare gli astronauti o i biologi o niente di

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tutto questo. Non so nemmeno se si siano davvero iscritti all’università. Una cosa è sicura: iniziando da una piantina, hanno imparato a prendersi cura degli altri e della propria amicizia. Beh, non è questo il miglior talento che si possa avere, qualunque strada si voglia prendere?

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La Collanina, di cui A come astronauta, B come astronauta fa parte, è una collana ispiratissima. Ispiratissima perché germoglia da bambini veri. I nomi dei racconti, infatti, sono per lo più dei bimbi in carne e ossa che mi circondano o girano per casa, con le loro pingui personalità. Sì, pingui: grassocce, cicciottelle, panciute, ma anche fertili e lussureggianti. Personalità cariche cariche, insomma, che a tirarci fuori una storia breve, rimane la sensazione di aver raccolto una sola ciliegia dall’albero. E a intrecciarsi con nomi e fatti vagamente reali, troverete quasi sempre lo stesso tema: l’accoglienza, lo scambio, la diversità, la multicultura. Me ne scuso in anticipo con chi ne venisse annoiato, non è cosa voluta, ma è il l’idea più cara che porto dentro. La collanina, diventa, così, non solo una piccola collana di racconti o una collana di racconti per piccoli, ma il segno di un viaggio… il ricordo dell’altro… il dono… Banalmente e profondamente, ringrazio la mia famiglia e gli amici, per l’amore, il sostegno e la lettura critica.

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Un bimbo solo e una bambina solitaria... finchĂŠ un esserino speciale zompato dritto dritto dallo spazio si mise in capoccia di stracciare una volta per tutte quella solitudine.

I volumi della collana: I riccioli di Remedios Lory Lory A come astronauta B come astronauta Le parole di Nora Fratelli d’acqua Emy lunga lunga

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