Carla VirzĂŹ
Emy
lunga lunga
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A Emanuela e a chi trova la propria strada‌
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Emy lunga lunga è un racconto destinato a lettori di 6 -10 anni Testi: Carla Virzì Illustrazioni: Graziana Maugeri Impaginazione e rielaborazione grafica: Tiziana Candido I edizione 2015 Tutti i diritti riservati. È assolutamente vietata la riproduzione totale o parziale di questo libro, così come l’inserimento in circuiti informatici, la trasmissione sotto qualsiasi forma e con qualunque mezzo elettronico, meccanico e di altro tipo, senza l’autorizzazione dell’autrice.
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Emy
lunga lunga testi
Carla VirzĂŹ illustrazioni
Graziana Maugeri
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Gentile dottore illustrissimo professor emerito di tutte le scienze, sono una Sua grande ammiratrice, ma soprattutto sono una nonna preoccupata. Le scrivo a proposito del caso di mia nipote, la piccola Emy. Piccola… si fa per dire! In realtà, ed è proprio questo il punto e la ragione per cui Le scrivo, Emy, improvvisamente, è diventata grande. Che c’è di strano? dirà Lei. Nulla, Le risponderei, se la bambina crescesse in modo normale, ma Emy, in una sola notte, è cresciuta talmente tanto che la mattina al risveglio i genitori hanno visto le sue gambine sbucare fuori dalle lenzuola oltrepassando la sponda del letto. Due metri e dieci di ragazzona! Se la figura? Non appena mia figlia mi ha chiamata per informarmi della sinistra vicenda, ho subito pensato alla sindrome
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di Alice nel Paese delle meraviglie. Non aveva forse bevuto un alcunché di particolare che la faceva rapidamente allungare, quella fanciulla? Ma, ahimè! non abbiamo trovato nulla in casa che possa assomigliare a una siffatta bevanda e, dunque, mi è venuto in mente Lei, che si dice abbia risolto i casi più incresciosi. Famoso, per esempio, l’episodio di quella bambina… ehm, mi pare si chiamasse Nora, della quale la Sua geniale macchina acchiappa-lingua sembra abbia risolto tutti i problemi… Beh, reverendissimo illustrissimo espertissimo, mi affido a Lei e alla Sua scienza. Sperando nel Suo aiuto, Le narro, quindi, i fatti, così che possa farsene un’idea più precisa. Da circa un mese, la mia adorabile nipotina fa pallavolo, uno sport eccezionale, direi! Salta, la bambina, che è un piacere guardarla. Corre, schiaccia, fa muro, si lancia a terra per acchiappar la palla, è così agile e
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imprevedibile! Gli allenatori sono fieri di lei. Un orgoglio per la nostra famiglia. Da quando, poi, appena iniziato questo sport, per caso o non per caso si è allungata come una spiga un tantino troppo innaffiata, tutte le ragazzine della città chiedono di essere iscritte nella stessa palestra di Emanuela. La chiamo Emanuela, ormai, sa! Lunga com’è, mi pare più appropriato; mi pare, invero, di dar più tempo alle onde sonore di scalare mia nipote fino in cima alle orecchie. Ma tornando alle cose importanti, si è sparsa voce, Le dicevo, che nella palestra di Emanuela la pallavolo stiri parecchio. Oh, lo stanno facendo ricco il proprietario del centro… e chi le aveva mai vedute tante iscrizioni in una volta! A tutte le ore, gente che sgomita per entrare ad allenarsi. E lo pensavo anch’io, inizialmente, che potesse essere una questione d’allenamento, ma ora no, siamo seri! Nonostante ogni genitore si
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vanti di veder tanto allungare il proprio figlio come chewing-gum nelle mani di un bambino, io, questi grandi risultati sugli altri, non li vedo affatto. Mia nipote, ne stia certo, è un caso raro. E non Le dico cosa fanno gli allenatori di tutte le squadre per averla con sé, quella bambina! Chi la tira a destra e chi a sinistra… Due settimane or sono, pensi, a tutti i costi l’hanno voluta in campo con le grandi. Che schiappa, l’amore mio, in mezzo a quelle ragazzone! Le ha fatte perdere di brutto! È alta sì, e talentuosa per la sua età, ma darla in pasto a una truppa di adolescenti innamorate, che cattiveria! Ha solo dieci anni, in fondo! Insomma, quando si è compreso che la palestra non aveva grandi effetti sull’altezza delle atlete, si è sospettato di un virus… Ed ecco spuntare le pallavoliste di ogni età, tutte abbracciate strette a mia nipote! Chi la baciava da un lato, chi l’accarezzava dall’altro, chi
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le parlava a un millimetro di distanza. Ne hanno inventate di sciocchezze per vedersi contagiare dal suo virus! Ma niente, nemmeno in quel caso. L’unica ad allungare è stata lei, e continua a farlo giorno dopo giorno. “Teresaaaaa! A quanto siamo?” Mi scusi, sa! Facevo a mia figlia… “Due metri e venticinque? Caspiterina!” Mi scusi ancora, preziosissimo urgentissimo dottore, mi faccio prendere dal panico per ogni centimetro che avvicina mia nipote al tetto. Non vorrei mai che mia figlia debba cambiar casa, e chi lo trova un castello al giorno d’oggi! Ma dicevamo? Ah, sì! Dicevamo che non si tratta della palestra o dell’allenamento e non si tratta di un virus.
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E a questo punto non ho che Lei, pregiatissimo antichissimo professore: solo un consiglio o uno sbadiglio o dal berretto piuttosto un coniglio… non è mia figlia, ma a me mi piglia, scusi l’errore, ho la testa in poltiglia… un po’ di aglio? forse mi sbaglio, dica la cura, mi dia uno spiraglio! stare in famiglia? bere in bottiglia? la medicina è un viaggetto a Marsiglia? se ha un po’ d’orgoglio, a me ciò che voglio! trovi la cura, Le do il portafoglio! Perché no? Svuoti pure il mio conto in banca, tutti i soldi che possiedo Le darei (e non sono tanti per fortuna!) pur di riportare a un’al-
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tezza normale mia nipote, che di fare la palma da cocco non ne ha proprio voglia, povera figliola! Che altro dirLe? Mentre scrivo, ragionando su ogni cosa, passa il tempo e si alternano le stagioni. E devo confessarLe che prima ancora di avere la Sua diagnosi, qualcosa nella bimba sembra tornare al vecchio aspetto. Parliamo pur sempre di una spilungona di due metri e otto, intendiamoci, ma quei pochi centimetri che le si sono asciugati addosso le danno quasi una parvenza minuta, tanta era l’impressione che cagionavano in me i suoi due metri e venticinque. Che cosa è accaduto? Mi è arrivato in soccorso un articolo scientifico a Sua firma, speziatissimo uggiosissimo, e rovistando per bene tra quei mille suggerimenti ho trovato di grande interesse le Sue chiacchiere sulle pas-
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sioni esplosive. Da quanto apprendo, molti pazienti, non trovando la strada aperta o la via giusta per dare spazio alle passioni e ai sogni più cari, chiudono questi in un angolo del loro petto, finché gli stessi, agitandosi furiosi e prepotenti, prendono a galoppare su e giù per il corpicino di chi li ospita, stirandolo in ogni direzione. Come palline pazze. O biglie in un flipper. Le cellule, in pratica, rigonfie di passione, si allargano e si allargano e si sformano… e il corpicino è diventato una montagna. Non è così? Come poteva non venirmi in mente la mia lunga lunga nipotina? I sogni, insomma, rinchiusi tristemente in un cassetto, possono venir fuori in esplosioni di energia da far tremare un palazzo, alle volte, o da allungare una bambina. Perché non provarci, dunque? E se fosse stato davvero quello il problema? Le confesso che ho iniziato a crederci.
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Non sarebbe la prima volta, infatti, che Emanuela si lamenta con me delle troppe ore di pallavolo. Non che non le piaccia, ma le piacerebbe ancor di più dividere il suo tempo tra la pallavolo e molto altro… “Avanti, apri il cassetto e tira fuori il tuo sogno! Confessa!” le ho detto giorni fa con aria un po’ minacciosa. Sono stata convincente, ma anche non lo fossi stata, figuriamoci! Lo sappiamo tutti che Emy è una bambina piena d’ingegno. I suoi sogni ce li racconta il poster di Leonardo Da Vinci che ci osserva severo dal muro della sua stanza: l’inventrice, ecco che sogna di essere Emanuela! Certo, però, che c’è bisogno di strumenti e di tempo per diventarlo, che mica è facile creare! Concentrazione ci vuole, creatività, energie e gli attrezzi giusti. Così, sgombrata la cantina della muffa e delle cianfrusaglie più arrugginite, i suoi genitori le hanno messo in piedi un vero e proprio
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laboratorio artigianale. Hanno preso pezzi ovunque: dal falegname, dai ferrivecchi, all’ortobotanico e in salumeria, per non parlare del fabbro e del calzolaio. Non solo oggetti di uso comune da riciclare ma persino interi macchinari, servibili o inservibili, vecchie stampanti, cabine telefoniche, attaccapanni e attaccabottoni. Cosa se ne faccia di certe stramberie non sempre mi è chiaro. Quello che so è che ho ripreso a chiamarla Emy e ormai mi basta uno sgabello per guardarla negli occhi. Ma di pagina in pagina e di rigo in rigo, è finito, quasi, l’inverno. Non mi resta che ringraziarLa, infreddolitissimo dottore: dai Suoi preziosi libri ho tratto dozzine di insegnamenti. E sapesse quante invenzioni ha creato mia nipote tra una partita di pallavolo e un allenamento…!
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Apparecchi inutilissimi, attenzione, ma che le hanno permesso di rientrare nei vecchi pantaloni. Ha mai visto una macchina con la ciambella di pane al posto dello sterzo, per guidatori famelici? E che dire del conta pesci per acquari felici e popolosi o dell’impenna biciclette o, ancora, dello sputa rime per poeti pigri e dell’annoda baffi per gatti smemorati? È il mio preferito l’annoda baffi… Non le dicono niente queste cose, o pelatissimo e lucidissimo professore? Non mi dica che non tira fuori anche Lei la Sua roba dalle soffitte dei rigattieri e le botteghe degli artigiani! Non ritiene che ci sia una certa somiglianza tra le passioni della mia lunga lunga nipotina e le Sue astruserie? E se la prendesse a lavorare con sé? Un’apprendista di prima categoria Le sto offrendo, e i Suoi pazienti non avrebbero più segreti,
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niente che non si possa inventare per risolvere i loro bizzarri problemi! È deciso, allora, Le presenterò mia nipote! A quale indirizzo possiamo venire a trovarLa? Mi è stato detto che si sposta continuamente in cerca di abitazioni dai tetti sempre più alti… tetti alti? Non è che anche Lei, come Emy… ma sì, La verremo a trovare sicuramente, allora, non v’è ombra di dubbio, ne sono ancora più convinta adesso. La mia geniale nipote, infatti, ha in progetto un’invenzione che sono sicura Le sarà molto molto utile, a quanto capisco: il libera sogni. Non ci aveva pensato, eh! Beh, sarà il primo a provarlo, glielo prometto! e potrà tornare alla sua casetta piccina piccina. Avrebbe mai sperato di avere un’apprendista fantasiosa come mia nipote? Lei è proprio fortunato. Anzi, fortunatissimo!
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La Collanina, di cui Emy lunga lunga fa parte, è una collana ispiratissima. Ispiratissima perché germoglia da bambini veri. I nomi dei racconti, infatti, sono per lo più dei bimbi in carne e ossa che mi circondano o girano per casa, con le loro pingui personalità. Sì, pingui: grassocce, cicciottelle, panciute, ma anche fertili e lussureggianti. Personalità cariche cariche, insomma, che a tirarci fuori una storia breve, rimane la sensazione di aver raccolto una sola ciliegia dall’albero. E a intrecciarsi con nomi e fatti vagamente reali, troverete quasi sempre lo stesso tema: l’accoglienza, lo scambio, la diversità, la multicultura. Me ne scuso in anticipo con chi ne venisse annoiato, non è cosa voluta, ma è il l’idea più cara che porto dentro. La collanina, diventa, così, non solo una piccola collana di racconti o una collana di racconti per piccoli, ma il segno di un viaggio… il ricordo dell’altro… il dono… Banalmente e profondamente, ringrazio la mia famiglia e gli amici, per l’amore, il sostegno e la lettura critica.
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Possibile allungare in una sola notte vedendo i propri piedi sbucare fuori dalle lenzuola e oltrepassare la sponda del letto? Se un’esplosione di energia, talvolta, può far tremare un palazzo, perché non dovrebbe, talaltra, allungare una bambina?
I volumi della collana: I riccioli di Remedios Lory Lory A come astronauta B come astronauta Le parole di Nora Fratelli d’acqua Emy lunga lunga
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