3 Hans e l'albero

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HANS E L’ALBERO (Fiaba yoga 3: la volontà) 
 L'uomo semina un pensiero e raccoglie un'azione
 semina un’azione e raccoglie un'abitudine
 semina un’abitudine e raccoglie un carattere
 semina un carattere e raccoglie un destino
 Swami Sivananda

Per tutti i ruzzoloni, che significava quel sogno strampalato? Una valigia. Un vecchio affare consunto e terroso che per tenerlo chiuso occorreva ravvoltolarlo nello spago. Per non parlare dell’olezzo! Anche ad occhi chiusi, nel sonno più profondo, Hans non poteva fare a meno di tapparsi il naso, tanto lo infastidiva quel puzzo. Poi si svegliò. E alzate le palpebre si accorse dei calzini rancidi che giorno dopo giorno si accatastavano attorno al suo letto, alcuni persino sopra il cuscino, e sì che sua madre glielo ripeteva spesso: “I calzini di un ragazzone dopo una giornata di acrobazie possono essere più pericolosi di una moschetteria di capodanno. Così, temendo di restarci secco, si risolse finalmente a riordinare la stanza e a lavare la roba più sudicia. Quindi, si diresse al tendone del circo. Lentamente. Era in anticipo, come sempre negli ultimi tempi. Nel tragitto, incuriosito da un’assordante frastuono, si affacciò dall’alto della collina, scorgendo a pochi metri da lui una ruspa. Sì, uno di quegli enormi affari capaci di scavare il terreno giù giù fin quasi al centro della terra. “Che fate di interessante?” urlò Hans agli operai sulla ruspa. Ma figurarsi se lo sentivano, con quel cancan. Un crepitare irregolare e fastidioso. Si accendeva e spegneva di continuo, la scavatrice, si accedeva e spegneva, si accendeva e spegneva. “Che fate?” gli urlò ancora Hans, ma la curiosità evapora in fretta a quell’età: fulminei, i pensieri volano da una cosa all’altra senza troppo indugiare. “Chi se ne impipa della ruspa!” disse fra sé e sé, riprendendo il cammino. Raggiunse il tendone in pochi passi. Christian arrivò un minuto dopo Hans, e salutandolo con una pacca sulla spalla, non poté fare a meno di notare le sue occhiaie: “Nottataccia?” “Direi di sì.” “Sempre quella balorda valigia?” “Già! Mi perseguita.”


“Che razza di sogno!” “Non dirlo a me!” Poi si misero al lavoro. Un nuovo salto. Smessi i panni del clown, ormai da tempo Hans e Christian provavano numeri davvero incredibili. Nell’ultimo, Hans, puntando per terra una lunga asta arcuata, si slanciava in aria e ruotando su se stesso come una palla, atterrava con un piede solo sulle spalle di Christian, anche lui su un piede. Due specie di fenicotteri. Che gioia quando Hans raggiungeva le spalle del compagno perfettamente in equilibrio, lungo una linea retta che dal piede di Christian andava su su fino ai capelli di Hans, impalati anche loro a forza di gel. Sfortunatamente, i due non riuscivano a mantenere la posizione per più di un attimo. In men che non si dica finivano malamente per terra, ed erano dolori, nonostante i tappetini di gomma. Ore e ore di prove, nessun miglioramento. Non riusciva a sopportarlo, Hans. Era un asso nei salti e negli avvitamenti, tanto quanto Christian era un asso nella presa, ma questa cosa di atterrare su un piede finiva puntualmente con due acrobati sbatacchiati gambe all’aria sul pavimento. “Ho bisogno di una pausa,” fece Hans scoraggiato e dolorante, e uscì dal tendone a spalle ricurve. Aveva bisogno di un po’ di frescura, di respirare a pieni polmoni, di riflettere, di perdersi nel bosco. I pioppi e i castagni erano talmente fitti lì, da filtrare a stento la luce del sole. Un sentiero ombroso e refrigerante era ciò che serviva alla sua passeggiata. Camminò per mezz’ora, poi andò a sedersi sotto a un castagno. A forza di cadere, aveva calli ovunque, da non sentire nemmeno il dolore delle spine di riccio sul sedere. “Come fai a stare seduto lì?” fece una voce che Hans non riconobbe. “Sui gusci di castagne, intendo.” Hans si guardò intorno, ma non vide nessuno. “Sono qui,” fece la stessa voce. “In alto.” Hans alzò lo sguardo sopra la testa, ma niente, poi ai lati. Niente. Solo fronde. “Sì sì, hai guardato nella direzione giusta.” Hans si avvicinò al fusto da cui sentiva provenire quel vocio. Il pioppo più alto e maestoso che avesse mai visto, un palazzone di otto piani non lo avrebbe superato. Gettò uno sguardo tra i rami, sicuro di trovare una sorta di Tarzan penzolante che si divertiva a prendersi gioco di lui. Niente. Tra i rami non c’era nessuno. “Bravo, sono io, aspettavi qualcun altro?”


Per tutti i ruzzoloni! C’era una continuità tra il suono delle parole che Hans sentiva pronunciare e il movimento delle fronde del pioppo, come un ritmo comune. Se osservare una persona che parla non stranisce perché il suono delle parole e i movimenti della bocca vengono vissuti come un tutto naturale e armonico, beh, come dire, neanche quella volta Hans si sentì stranito, proprio come se l’albero parlasse. C’era una tale corrispondenza tra l’ondeggiare dei rami e delle foglie del pioppo e il suono delle parole nell’aria, che Hans non ebbe dubbi: “Tu parli.” “Certo che parlo,” disse l’albero sempre a mo’ di frasche vibranti. “Di che ti meravigli? Non sei il tipo che ciarla di continuo con le anatre e con gli agnelli?” “Presente, sono io, beh sì, lo ammetto, ho una certa confidenza con gli animali, ma non mi era mai capitato di parlare con un albero.” “Eh già, è il nostro destino, quello di essere scambiati per pezzi di arredamento, ma siamo esseri viventi anche noi, cosa credi?” “Lo capisco, ma non è che vi affatichiate poi molto! Sempre fermi nello stesso punto, dall’alba al tramonto, dall’alba al tramonto, da un anno all’altro, da un secolo all’altro.” “Basta, ti prego, non voglio più sentire scemenze,” ed era così arrabbiato che mentre l’oscillazione sfrondava un po’ la chioma del pioppo rovesciando una manciata di insetti sulla testa di Hans, il vocio risuonò tanto forte da costringere il ragazzo a tapparsi le orecchie con le mani: “Per tutti i ruzzoloni, come siamo suscettibili stamane!” “Senti, salta fossi, hai idea di quanta concentrazione mi serva ogni giorno per fare in modo che le mie molecole di clorofilla si attivino per catturare l’energia solare e trasformare l’anidride carbonica e l’acqua in glucosio e contestualmente rilasciare ossigeno nell’atmosfera attraverso i cloroplasti degli stomi delle mie foglie, per poi… ?” “Ok ok, ti prego, ho capito cosa intendi, mi fai venire il mal di testa con tutta questa noiosologia.” “Noiosologia? Ragazzo ignorante! Non ti farebbe male studiare un po’ di biologia, di chimica, di geologia. Pare che ci sia una ricca biblioteca in città.” “Dunque, parlate tutti, voi alberi, insomma,” osservò il ragazzo infischiandosene dei saggi consigli. “Assolutamente no.” “Ah no?”


“No. Parlo solo io, che ho le radici tanto profonde da potere muovermi in piena libertà sicuro di restare ancorato al terreno.” “Sei serio?” “Sono serissimo, vuoi dire che non lo sapevi? Più sei radicato, meglio muovi le tue fronde. Non è così anche per te?” “Io non ho fronde.” “Caro il mio spicca capitomboli, non hai le fronde, ma vale anche per te. Il movimento è un’idea, un concetto, un’aspirazione, un tendere a. Non hai neanche le radici, se è per questo, non in senso proprio, almeno, ma in senso figurato, astratto, ideale puoi averle anche tu. Devi averle. Sii radicato bene, e riuscirai a muoverti bene, mantenendo sempre l’equilibrio. Sii radicato male, e farai movimenti squinternati, squilibrati, senza senso.” “Per tutti i ruzzoloni quanto sei saccente, sei una specie di maestrino!” Per tutta risposta, il pioppo, incollerito, sbruffò un tale refolo da far ruzzolare l’acrobata dieci pioppi indietro, come se le cadute al tendone non fossero già abbastanza dolorose. Sollevatosi, Hans si ripulì gli abiti sfregando rapido le mani, si tirò via qualche spina di castagno e tornò frettoloso al suo lavoro. Christian, in un angolo, allenava i muscoli a forza di piegamenti sulle braccia. “Riproviamo? Credo di avere un trucco,” fece Hans ghignando soddisfatto. “Se vogliamo muoverci bene e mantenere l’equilibrio all’atterraggio, dobbiamo radicarci bene, non dirmi che non lo sapevi!” Così, i due, in piedi, si esercitarono su un numero preliminare che li preparasse mentalmente ad affrontare il resto. I piedi paralleli, le ginocchia rilassate, il bacino centrato, la nuca in linea con la spina dorsale, spostarono lentamente il peso del corpo sul piede sinistro, radicandosi a terra, lo sguardo fisso su un punto. Flettendo il ginocchio destro lateralmente, appoggiarono la pianta del piede destro contro l'interno coscia sinistro. Inspirando, congiunsero i palmi delle mani allungando le braccia verso l'alto. Espirando, piegarono i gomiti e rilassarono le spalle. Infine presero a respirare in modo naturale. Figurandosi una linea retta che attraversava dal basso in alto la loro spina dorsale, e concentrati sulla sensazione interiore di centratura fino a sentire un che di confortevole in quella posizione, seppero di potere mantenere perfettamente l’equilibrio. Rimasero immobili, saldi nella loro postura, per lunghi secondi, quindi, espirando e riportando lentamente le braccia ai lati del corpo, riportarono anche il piede destro sul pavimento. Un momento di relax per godere della sensazione di centratura e di equilibrio, e poi ripresero l’esercizio dall'altro lato.


Allora furono pronti, preparati a dovere per il salto con l’asta. Due alberi, più che due fenicotteri. Due pioppi ben radicati. Hans si slanciò dall’asta, componendo leggero le sue capriole in aria per poi atterrare su un piede sulle spalle di Christian. Un secondo. Due secondi. Tre secondi. Quattro minuti. Cinque minuti. Un’ora. Una mattina intera. Niente li smuoveva dalla loro posizione. Presero a cantare, raccontare barzellette, soffiarsi il naso, masticare chewing-gum, saltellare su quell’unico piede, niente li smuoveva dalla loro posizione. Sarebbero rimasti tutto il giorno in quel modo, tanto erano felici, ma la fame è fame, specie per due bellimbusti da circo. “Vieni a mangiare da me?” chiese Hans riordinando il suo zaino. “No, grazie, hanno aggiustato le ruspe al cantiere, tagliano le radici oggi, e mi piacerebbe assistere.” “Per tutti ruzzoloni, ma di che parli?” “Non lo sai? L’avviso è girato pure da queste parti. Il grande pioppo ha radici troppe grosse, pare rischino di danneggiare le case del circondario. Gli operai tenteranno di accorciarle, ammesso che non finiscano per estirpare tutto il pioppo.” Hans quasi non ci vedeva dagli occhi. Un velo di nebbia offuscava ogni cosa. Fu sul punto di svenire. “Hans, ti senti bene?” gli chiese Christian vedendolo sbiancare. “Christian, dobbiamo fermarli.” “Anche a me piacerebbe, povero pioppo, ma come dovremmo fare?” “Radici, radichiamoci, radicarsi, radicare…” ripeteva Hans andando avanti e indietro, avanti e indietro. Quindi si fermò di scatto. Divaricò le gambe e piegò leggermente le ginocchia, allungandosi e lasciando andare ogni tensione. Fece dei respiri profondi di pancia, respirando attraverso il naso e sentendo il peso del corpo pesare tutto sulla terra. I piedi saldi sul terreno lo portarono in uno stato di estrema serenità. Immaginò di essere un albero e di estendere le radici nella terra. Con gli occhi aperti, notò il suo umore cambiare, rischiararsi, mentre i pensieri negativi si dissolvevano. Sentì il fuoco, dal cuore della terra, scaldare il suo, di cuore, e poi scaldare la colonna vertebrale e la pancia e la gola e le braccia e le mani e la testa e infine su, fin fuori il suo corpo. Come un albero, Hans percepì il calore tra i rami e tra le foglie e, respirando, assorbì la luce del sole, imbevendosi di molta molta energia.


Mai si era sentito più calmo, positivo, presente a se stesso. Gli fu sufficiente qualche attimo ancora, quindi scappò via. Corse alla biblioteca comunale, scartabellò tutti gli studi geologici, le analisi del terreno, l’anatomia delle rocce, la mineralogia e finalmente trovò qualcosa di utile: “Ecco qua quello che mi serve,” fece soddisfatto. Sventolò il documento in faccia al sindaco, ai cittadini presenti e agli operai sulla ruspa: “Le radici combattono l’erosione del terreno,” esordì il ragazzo più maestrino del grande pioppo. “E dalle nostre parti non c’è da stare tranquilli in fatto di frane, non è così, sindaco? Per tutti i ruzzoloni, chi si sente di sradicare il più imponente sistema antismottamento della nostra cittadina?” “Anti-smotta che?” fece Christian, che lo aveva seguito in ogni dove. “Anti-smottamento, amico mio, parola buffa, lo so, vorrei averla inventata io, ma ahimè, esiste da un po’. Vuol dire anti-frana. Il buon vecchio bosco impedisce che la collina ci caschi sulle teste, insomma. Chi si assume la responsabilità di tagliare via le radici che saldano per bene la terra sotto i nostri piedi?” Nessuno proferiva parola. Persino la ruspa, in riscaldamento, dopo un roboante tossire morì definitivamente. Lentamente e silenziosamente, prima il sindaco, poi tutti gli altri, lasciarono il bosco. Anche Christian, fiero e raggiante, tornò a casa. Sotto il grande pioppo, rimase solo Hans. “Ce l’hai fatta!” fece il vegetale riconoscente. “Ti ho solo ascoltato,” fece Hans. “Non mi avevi consigliato di studiare un po’ di geologia?” “E che mi dici del tuo numero? Funziona?” “Funziona sì, non so come ringraziarti!” gli fece abbracciandolo. Ehm, tentando di abbracciarlo, per la verità. Il suo fusto era tanto grande che non bastava un girotondo di cinque bambini per circondarlo. “Non c’è di che!” vibrarono le fronde. “Quindi partirai?” “Partire?” “Sì, partire. Partirai?” “Pepeper tutti i ruzzoloni, non ho nessuna intenzione di papapartire!” balbettò.


Ma il saggio centenario sapeva leggergli nell’animo. In poche parole, conosceva tutti gli affari suoi senza che glieli avesse mai raccontati. “Temi ancora di pepeperdere gli affetti che lasci qui?” fece facendogli un po’ il verso, così, solo per sdrammatizzare. “Ricordati che se sei ben radicato…” “Ok ok, lo so, se sono ben radicato posso muovermi come voglio, senza rischiare nulla, senza smarrirmi, senza perdere l’equilibrio, senza paure.” “Bravo!” “E se i miei affetti non fossero poi tanto ben radicati?” “Quello che semini, raccogli, pagliaccetto, se hai seminato bene, sarai anche ben radicato.” “E se mi dimenticassi delle persone che lascio? O, peggio, se loro si dimenticassero di me?” “Hai molti pesci rossi nella tua comitiva?” ridacchiò il pioppo facendo ballonzolare i rami fin sulla testa di Hans. “Ah ah ah!” rise anche lui ma poco convinto. Quindi, una pacca sul fusto e Hans si incamminò sulla strada di casa. Quella sera, prima di coricarsi, si prese un momento per riflettere. Per respirare in maniera più profonda si piegò in avanti, le braccia libere e penzoloni davanti a sé. Espirò. Poi, al contrario, inspirò, sentendo il diaframma abbassarsi e i polmoni riempirsi d’aria, come il resto del corpo. Prendendo a spingere lo stomaco verso l'esterno, costrinse pian piano la schiena ad assumere una posizione eretta. Raddrizzatosi lentamente, portò le braccia in alto e i gomiti verso l'esterno mantenendo le mani vicine al centro del corpo. Si sforzò di aprire la gabbia toracica verso l'esterno e riempì la parte centrale dei polmoni, quindi estese le braccia in alto e all'esterno sopra la testa. Infine, espirando lentamente, abbassò le braccia rimanendo eretto. Inspirò ed espirò, inspirò ed espirò. Molte volte. E per ogni espirazione cacciò via ogni debolezza e negatività. Libero dall’ansia e dalla paura, ricordò ciò che aveva indietro e pensò a ciò che lo aspettava davanti. Sentì la sua mente chiara e aperta come l’aria, come un vento selvaggio che spazza via gli ostacoli. Si sentì alleato dell’aria.


Sempre più pazzi, questi acrobati del circo dalle gabbie vuote, entrano proprio in fissa con l’aria. Dicono abbia una fenomenale energia e un’incredibile forza vitale, lo avevate mai sentito? Beh, pare si chiami prana, quest’energia. Insomma, ricco di un’energia prodigiosa, Hans si sdraiò sul vecchio materasso sereno e di buon umore. Guardando il soffitto, recitò un mantra per dare voce al proprio carattere: “So ‘ham” Io sono. Un modo come un altro per ricordare a se stesso che qualunque cosa è possibile se sai chi sei. Inspirò: “So…” Espirò: “…’ham” E ancora, inspirò: “…So” Ed espirò: “…’ham” Gli bastò un minuto per prendere sonno. Qualche giorno dopo partì. Una storia che inizia con una valigia, del resto, non può che finire con un viaggio. Raccolse tutte le sue cose, Hans, una borsa consunta e terrosa ravvoltolata nello spago, una lettera di arrivederci per Christian, e partì. Il circo non gli bastava più. Voleva essere un campione del salto in alto. Lo sognava da tempo, da quando aveva visto piangere di gioia molti giovani atleti a delle gare eccezionali chiamate Olimpiadi. Quanto dovevano essere emozionanti! Anche lui voleva piangere di gioia. Dimenticò la paura della novità, del cambiamento, del viaggio, della trasformazione, della crescita, della solitudine, della nostalgia, dell’abbandono, della valigia, insomma, e legò stretti i lacci della borsa. La mamma e il papà lo salutarono dalla finestra della roulotte. Era ben radicato, Hans, altro che storie: mamma, papà, Christian erano le più solide delle radici, così Hans ricambiò il saluto con uno splendido sorriso e andò per la sua strada.


Semi Yoga Caro bambino, lo Yoga è una ginnastica del corpo e della mente originaria dell’India. Non semplicemente un insieme di esercizi fisici, dunque, ma un sistema di tecniche per sviluppare e armonizzare il rapporto tra mente e corpo, tra individuo e famiglia, tra famiglia e società, rendendoci sicuri di noi, equilibrati e capaci di affrontare le sfide in modo positivo. Il racconto che hai letto esprime questo sentire. Hans e l’albero è una storia di volontà, volontà di fare, di superare gli ostacoli, di cambiare, di comportarci come se le cose fossero in un certo modo. Alla base della forza di volontà, c’è il radicamento , una pratica che ci aiuta a stare calmi e presenti in ogni situazione difficile. Radicarsi significa essere rilassati ma all’erta, e capaci di assimilare le energie positive, il nostro prana, in poche parole il nostro spirito vitale. Il mantra -se avete letto altre storie di Hans lo saprete- è un’unione di suoni e vibrazioni che rasserena la mente. Col suo so ‘ham Hans afferma io sono, per trovare forza in se stesso e credere nelle proprie capacità.


Esercizi Yoga 1. L’albero I piedi paralleli e distanti quanto le anche, le ginocchia rilassate, il bacino centrato, la nuca in linea con la spina dorsale, spostate lentamente il peso del corpo sul piede sinistro, radicandovi a terra, lo sguardo fisso su un punto. Flettendo il ginocchio destro lateralmente, il bacino rivolto sempre in avanti, appoggiate la pianta del piede destro, con la punta rivolta in basso, contro l'interno della coscia sinistra. Inspirando, con i palmi delle mani in alto, segnate un ampio cerchio portando le braccia sopra la testa. Quindi congiungete i palmi allungando le braccia verso l'alto. Espirando, piegate i gomiti e rilassate le spalle, mantenendo la spina dorsale lunga e aperta. Infine respirate in modo naturale. Figurandovi una linea retta che attraversa dal basso in alto la vostra spina dorsale, e concentrati sulla sensazione interiore di centratura fino a sentire un che di confortevole in quella posizione, mantenete l’equilibrio. Per uscire dalla posizione, espirate e riportate lentamente le braccia ai lati del corpo, riportando contestualmente anche il piede destro sul pavimento. Prendetevi un momento di relax per godere della sensazione di centratura e di equilibrio, e poi riprendete l’esercizio dall'altro lato. 2. Il respiro Per respirare in maniera più profonda, piegatevi in avanti, le braccia libere e penzoloni davanti a voi. Ora espirate. Poi, al contrario, inspirate, sentendo il diaframma abbassarsi e i polmoni riempirsi d’aria, come il resto del corpo. Prendendo a spingere lo stomaco verso l'esterno, portate pian piano la schiena ad assumere una posizione eretta. Raddrizzatevi lentamente, e portate le braccia in alto e i gomiti verso l’esterno, mantenendo le mani vicine al centro del corpo. Aprite la gabbia toracica verso l'esterno e riempite la parte centrale dei polmoni, quindi estendete le braccia in alto e all'esterno sopra la testa. Infine, espirate lentamente e abbassate le braccia rimanendo eretti. Inspirate ed ed espirate, inspirate ed espirate. Molte volte. E per ogni espirazione cacciate via ogni debolezza e negatività.


3. Il radicamento Divaricate le gambe e piegate leggermente le ginocchia, allungandovi e lasciando andare ogni tensione. Fate dei respiri profondi di pancia, respirando attraverso il naso e sentendo il peso del corpo pesare tutto sulla terra. I piedi saldi sul terreno, radicatevi e cercate in voi stessi calma, equilibrio, sicurezza. Immaginate di essere un albero e di estendere le radici nella terra. Con gli occhi aperti, osservate il vostro umore cambiare, rischiararsi. Cacciate via i pensieri negativi e siate positivi. Sentite il fuoco, dal cuore della terra, scaldare il vostro cuore, e poi scaldare la colonna vertebrale e la pancia e la gola e le braccia e le mani e la testa e infine su, fin fuori il vostro corpo. Come un albero, ascoltate il calore tra i rami e tra le foglie e, respirando, assorbite la luce del sole, imbevendovi di tutta l’energia di cui siete capaci. Adesso ascoltate la vostra serenitĂ . Recuperate il vostro buon umore.


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