Fratelli d'acqua

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Carla Virzì

Fratelli d’acqua

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Ad Andrea e Francesco con amore, da una zia orgogliosa

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Fratelli d’acqua è un racconto destinato a lettori di 6 -10 anni Testi: Carla Virzì Illustrazioni: Graziana Maugeri Impaginazione e rielaborazione grafica: Tiziana Candido I edizione 2015 Tutti i diritti riservati. È assolutamente vietata la riproduzione totale o parziale di questo libro, così come l’inserimento in circuiti informatici, la trasmissione sotto qualsiasi forma e con qualunque mezzo elettronico, meccanico e di altro tipo, senza l’autorizzazione dell’autrice.

© Copyright 2015 Carla Virzì

www.carlavirzi.com

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Fratelli d’acqua testi

Carla VirzĂŹ illustrazioni

Graziana Maugeri


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Cheng e Andrea, un bimbo cinese e uno italiano, della stessa età, vicini di casa e compagni di gioco, furono portati in piscina per la prima volta che ancora non avevano compiuto nemmeno un anno. È lì che tutto ebbe inizio: in piscina, al primo tuffo. Le loro mamme li attendevano timorose in acqua mentre l’insegnante, delicatamente, accompagnava il balzo dei loro bambini. Risalendo in superficie, i due piccoli, frettolosi, alla ricerca dell’abbraccio materno, bevvero i primi sorsi d’acqua. Nello stesso momento. La stessa acqua. Aspra di sapore e dall’odore intenso. Cloro. Ne avrete sentito parlare, no, del cloro? Banale disinfettante per piscine. Ebbene, quell’odore di cloro non li avrebbe più abbandonati, Cheng e Andrea, fino a vecchi. Lo por tavano addosso come uno strato umidiccio di pelle.

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Gli fuoriusciva dal capo mentre si spazzolavano i capelli. Nessun profumo o dopobarba (quando i due erano ormai dei ragazzoni), poteva spegnerlo. E si faceva di anno in anno più pungente. Niente di strano, direte voi, il cloro è così, che disinfettante sarebbe altrimenti? Ma nella nostra storia, forse il cloro, forse altro, si intrufolò con tale prepotenza nelle cellule dei ragazzi da sconvolgere ogni cosa nel loro corpo. Un frullatore sempre acceso, quei due. Ad essere frullati, i loro geni. Avrete sentito parlare anche di questo, scommetto. Ma sì, i geni! Ognuno è come è, per via dei geni trasmessi da mamma e papà. È così che i figli ricevono certi occhi o capelli o mani o espressioni del viso. Noiose questioni scientifiche. Vi basti sapere che Cheng e Andrea, giorno dopo giorno, sorso dopo sorso, diventavano sempre di più due gocce d’acqua. E qui la storia si fa parecchio avvincente.

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Ma procediamo con ordine e torniamo un po’ indietro, non è il caso di tralasciare nulla e, forse, alla fine, ne verremo a capo. Erano sempre assieme, Cheng e Andrea, come avrete capito. E sempre in acqua. A scuola una sostanziosa merenda e via in piscina: prima per imparare gli stili, poi per diventare abili e veloci. Nuotavano nella stessa corsia ad ogni allenamento, l’uno cercando di superare l’altro o di mettersi sulla sua scia. Lo sapete, no? Un atleta che nuota appiccicato ai piedi di un altro, approfitta della sua scia d’acqua per andare scattante e leggero, come trasportato dalla corrente. E intanto, qualche volta, ai nostri protagonisti capitava di bere… un sorso Cheng, uno Andrea, ognuno lungo la scia dell’altro. Si scambiavano l’acqua, insomma, e con essa litri e litri di energia e di entusiasmo. Avvenne così per anni, anche quando i due erano passati dal nuoto alla pallanuoto e rincorrevano la sfera gialla verso la porta avversaria,

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inseparabili compagni di squadra. Si capivano al primo cenno della testa. Se uno voleva fuggire veloce in contropiede in cerca del gol, l’altro era già a coprirgli le spalle, a bada dell’avversario lasciato libero. Intesa, la chiamano. I due ragionavano allo stesso modo, in pratica. Ma, a poco a poco, la cosa divenne sempre più evidente e preoccupante. Sì, preoccupante, perché le somiglianze tra Cheng e Andrea non si fermavano al modo di pensare o alle strategie di gioco, stavano diventando vere somiglianze fisiche. Quei favolosi tratti orientali sul volto di Cheng iniziavano a scomparire, e lo stesso accadeva alla meravigliosa impronta mediterranea di Andrea. Solo gli occhi, chissà perché, in ognuno restavano quelli di sempre. Cheng manteneva i suoi piccoli, deliziosi occhi allungati, Andrea i suoi grandi sguardi. Il colore della pelle, persino, pareva si stesse annacquando:

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quella dell’uno sempre più simile a quella dell’altro, il pallore di Andrea si coloriva di oriente e, viceversa, il colorito orientale di Cheng impallidiva, al pari dei suoi capelli, ogni giorno più chiari e meno lisci. Allenamento dopo allenamento, il cinese diventava italiano, l’italiano cinese e i genitori di entrambi un ammasso di burro, tanto preoccupati per i figli che le ginocchia non li tenevano più in piedi. Finché un giorno decisero di sottoporli a un bislacco esame, uno di quelli che si fa per scovare padre e madre di un bambino: un esame dei geni, per l’appunto. Ebbene, quale sorpresa fu lo scoprire che i due ragazzi avevano gli stessi geni, proprio come fossero davvero fratelli! I genitori sconvolti! Il patrimonio genetico dei figli si era trasformato, perdendo parte dei geni iniziali e guadagnandone di nuovi. Il risultato: un bel pacchetto di geni né tutti cinesi, né tutti italiani, né solo di una coppia di genitori, né solo dell’altra. Un caso scientifico assoluta-

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mente unico e tuttora incompreso. Il caso degli AGM, lo chiamarono: Atleti Geneticamente Modificati. Ma l’assurdo più assurdo deve ancora venire. Già, perché i due ragazzi, ormai belli che cresciuti, erano diventati dei veri fuoriclasse della pallanuoto. E come poteva non essere così, del resto, se l’uno sapeva esattamente cosa pensava l’altro? Immaginate che il vostro compagno di squadra conosca tutte le vostre intenzioni… beh, l’intesa tra compagni non è forse una mossa vincente? Non perdevano una partita, insomma, Cheng e Andrea, che nel frattempo si erano persino assegnati dei nomi nuovi, in onore dei nuovi geni: Andrea si faceva chiamare Chao; Cheng era diventato Francesco. Per semplicità, permettetemi di chiamarli Andrea e Francesco (come dei miei lontani lontani lontani cugini). E dunque, se fino a quel momento Andrea e Francesco avevano

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sempre giocato insieme semplici partite di campionato (nella stessa squadra di club, pare si dica), arrivò finalmente il tempo del grande sogno di ogni atleta: le Olimpiadi. Ma alle Olimpiadi, si sa, ogni giocatore si batte per la propria nazione. Potete immaginare quanto la squadra olimpica cinese e quella italiana, invece, desiderassero ognuna avere entrambi i giocatori. E chi li separava! Insieme erano imbattibili. Dopo mesi e mesi di trattative e litigi tra le due nazionali di pallanuoto non si era ancora giunti alla soluzione. Che fare di quei due? Con chi farli giocare? Insieme, nella squadra italiana o insieme, in quella cinese? Contavano di piĂš i geni europei o quelli asiatici? Separarli o non separarli, insomma, i due ragazzi? Separarli, fu la triste conclusione del lungo dibattito. Non poteva essere altrimenti dato che la Cina non rinunciava a Francesco e l’Italia non rinunciava ad Andrea. Per la prima volta, dunque, i due compagni

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si ritrovarono l’uno contro l’altro, avversari nello sport, ma mai nella vita. Eh no, in realtà, ed è proprio questo il punto, nemmeno nello sport. Proprio così! Perché quando l’arbitro fischiò l’inizio della partita fu chiaro a tutti, pubblico, allenatori e giornalisti, che la soluzione scelta non funzionava per nulla. Automaticamente, infatti, non appena Andrea afferrò la palla, d’istinto la passò dritta a Francesco, che scattò indietro verso la sua stessa porta e, con una meravigliosa palombella (un tiro alto che sembra disegnare un arcobaleno), scavalcò il portiere depositando la palla al centro della rete. Un silenzio atterrito agitò i muri del palazzo olimpico. Nessuno osò aprire bocca, nemmeno gli allenatori, nemmeno i compagni di squadra, per lunghissimi minuti nessuno capì più nulla. Francesco e Andrea giocavano come sempre: assieme. Solo che quella volta, assieme significava un po’ per una squadra, un po’ per l’altra, una volta per l’Italia, una per la Cina.

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I gol fioccavano (proprio come neve, sì) su tutte le porte. Non che lo avessero deciso prima, di comportarsi a quel modo, ma proprio non riuscivano a fermarsi, non potevano fare a meno di giocare insieme, come un solo giocatore. Avevano a cuore il destino di entrambe le squadre, che farci! Intanto, tra gli spalti, l’iniziale silenzio era divenuto una baruffa sconclusionata. Tutto e il contrario di tutto veniva urlato agli atleti in gara: palombella palombella, metti in porta quella palla! no, la rete non è quella! fa lo stesso! urla la folla… tira Andrea! tira Francesco! dove tiri? non capisco, spira un’aria… ma non esco! il punteggio resta fosco! Franceschino, guarda dritto! tira forte, come una matto! ti prometto che sto zitto! ma di gol fanne trentotto!

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gol dell’altro, dice il fischio, tutti bianchi come un teschio! ma che importa, me ne infischio! bianco, giallo o color muschio! purché tiri e tiri presto, che partita di buon gusto! per chi tifo? vado o resto? non so più qual è il mio posto! Il pubblico aveva perso il senno. Esattamente come gli atleti. Non si capiva più chi voleva cosa, chi andava dove e chi giocava con chi. Una partita da fuori di testa! Fuori di testa che continuavano a giocare come se nulla fosse, come se la più regolare e normale delle partite si stesse svolgendo. Così, a dieci secondi dalla fine, al punteggio di dodici a dodici: un’espulsione! Un uomo in meno! Dolcissima ciliegina per la squadra che resta con un uomo in più, una ghiotta occasione da gol. Uomo in meno uomo in meno! gridavano tra gli spalti i tifosi impaz-

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ziti mentre l’atleta preso in fallo usciva dall’area di gioco entrando nel pozzetto; uomo in più uomo in più! urlavano quegli altri. Ma quegli altri chi? Mica si capiva! Occasione ghiotta, è vero, anzi ghiottissima, ma per chi? I giocatori giocavano tutti con tutti (o tutti contro tutti, pensava qualcuno) e persino i due portieri stavano entrambi nella stessa porta. Boh! Qualcuno, certo, in quello scompiglio generale tirò… e fu un bellissimo gol in rovesciata, di quelli che restano nella memoria di ogni appassionato. Gooool urlavano i tifosi. Fischio dell’arbitro. Partita conclusa. Chi piangeva di felicità e chi di ansia soffocata, chi tra le file dei tifosi cinesi, chi tra gli italiani. Piangevano tutti, in pratica, da far straripare la piscina. Un’esplosione di emozioni! E alla fine ognuno andò a casa

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con l’assoluta certezza d’aver vinto. Ogni cuore, una dinamite di gioia. Che partita! L’avreste mai dimenticata? Beh, nessuno lo fece. Gli schemi e le strategie di gioco d’allora, li studiano ancora oggi i pallanuotisti di mezzo mondo; come i geni di quei ragazzi occupano i microscopi di ogni scienziato. Vi immaginate, del resto, se ci sentissimo tutti uniti come fratelli? Ognuno tanto interessato alla sorte dell’altro, da qualsiasi parte del mondo provenga… Che fantastico futuro si aprirebbe! Che lo sport unisce si sa e si è sempre saputo, ma se unisse così…! Sia stato il cloro o semplicemente la magia dello sport, il risultato lo avete davanti a voi: occhio a quei due! Quando sono in acqua, c’è da perdere il senno!

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La Collanina, di cui Fratelli d’acqua fa parte, è una collana ispiratissima. Ispiratissima perché germoglia da bambini veri. I nomi dei racconti, infatti, sono per lo più dei bimbi in carne e ossa che mi circondano o girano per casa, con le loro pingui personalità. Sì, pingui: grassocce, cicciottelle, panciute, ma anche fertili e lussureggianti. Personalità cariche cariche, insomma, che a tirarci fuori una storia breve, rimane la sensazione di aver raccolto una sola ciliegia dall’albero. E a intrecciarsi con nomi e fatti vagamente reali, troverete quasi sempre lo stesso tema: l’accoglienza, lo scambio, la diversità, la multicultura. Me ne scuso in anticipo con chi ne venisse annoiato, non è cosa voluta, ma è il l’idea più cara che porto dentro. La collanina, diventa, così, non solo una piccola collana di racconti o una collana di racconti per piccoli, ma il segno di un viaggio… il ricordo dell’altro… il dono… Banalmente e profondamente, ringrazio la mia famiglia e gli amici, per l’amore, il sostegno e la lettura critica.

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Potrebbe sembrare una storia per appassionati di pallanuoto, ma quando i geni di Cheng e Andrea impazziscono e si annacquano frullandosi insieme, le cose si fanno drammaticamente strane. E una partita di pallanuoto si trasforma in un’avventura da perderci il senno‌

I volumi della collana: I riccioli di Remedios Lory Lory A come astronauta B come astronauta Le parole di Nora Fratelli d’acqua Emy lunga lunga

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