Lory Lory

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Carla VirzĂŹ

Lory Lory

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Lory Lory è un racconto destinato a lettori di 6 -10 anni Testi: Carla Virzì Illustrazioni: Graziana Maugeri Impaginazione e rielaborazione grafica: Tiziana Candido I edizione 2015 Tutti i diritti riservati. È assolutamente vietata la riproduzione totale o parziale di questo libro, così come l’inserimento in circuiti informatici, la trasmissione sotto qualsiasi forma e con qualunque mezzo elettronico, meccanico e di altro tipo, senza l’autorizzazione dell’autrice.

© Copyright 2015 Carla Virzì

www.carlavirzi.com

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A Lorenzo e Leonardo, perchÊ l’amore li leghi sempre come una persona sola!

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Lory Lory testi

Carla VirzĂŹ illustrazioni

Graziana Maugeri


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Lory Lory. Così lo chiamavano tutti. Già, perché non veniva mai la prima volta che sentiva pronunciare il suo nome. Dovevano chiamarlo almeno due volte prima che rispondesse; e due volte doveva squillare il telefono, e due volte suonare il campanello, e la sveglia, e così per ogni cosa. Lory due volte. O Lory Lory. Una storia incredibile, finita su tutte le prime pagine dei giornali, non ditemi che non ne avete letto anche voi! Ma riprendiamo da dove abbiamo lasciato. Lory due volte. O Lory Lory.

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Negli anni quell’abitudine capricciosa di raddoppiare tutto, era divenuta una vera e propria regola di vita. Sempre più che giustificata, intendiamoci, ma quanto c’era di giusto e quanto di folle in quella regola, sfuggiva pure a lui: due volte andava letta la lezione e due volte ripetuta o non l’avrebbe mai imparata per bene; due erano i regali che desiderava per Natale, non uno di più, che orrore lo spreco! Due i baci sulle cartoline, non era forse più caloroso e veritiero, come nel saluto viso a viso, uno schiocco su una guancia e uno sull’altra? E che dire dei bicchieri a tavola? Inaudito averne meno di due, e se oltre all’acqua avesse voluto anche un po’ di spremuta d’arancia? Due i cuscini sul letto e persino due letti, fosse stato per lui, ma la mamma, ogni tanto, riusciva a dirgli di no. “Ho paura di cadere dal letto!” aveva inventato una sera. “Vorrà dire che rimetteremo la sponda!” fece la mamma.

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No, per carità, la sponda no, non era mica un neonato, non voleva trasformare il suo letto in una culla! “Ma quando viene qualcuno a trovarmi, dovremmo pur dargli un letto su cui riposare!” aveva continuato, sempre meno convincente. “Solo se resta anche la notte, ma in quel caso apriremo il divano letto.” “Ma se avessi due letti, potreste restare a dormire accanto a me anche tu e papà, ogni notte!” “Una ragione in più per non avere due letti!” aveva risposto la mamma con un ghigno furbetto. Questa, proprio, Lory Lory non l’aveva capita! L’unica cosa certa era che di letto ne avrebbe avuto uno soltanto. E così per lo spazzolino, il diario, il cappotto, la bicicletta e per molte altre cose che di raddoppiarle, la mamma e il papà, non ne avevano alcuna intenzione. Ma che fantastica rivincita quando poteva indossare i suoi due calzi-

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ni… e i due guanti… e le due scarpe… senza che nessuno lo rimproverasse di nulla! Certo! Nessuno lo criticava in quelle occasioni! Era ovvio per tutti che le scarpe dovessero andare in coppia, come i guanti e le calze, del resto, tanto ovvio che quando il suo papà perdeva una calza in giro per la casa, stavano tutti lì a cercare disperati, tra accuse reciproche e infamanti: …e guarda sotto il letto! e poi sotto il comò, in lavatrice, in locomotrice, nella betoniera o in mezzo ai fuseaux; …e tu chiedi presto al tuo gatto! o cerca meglio dentro al gilet, nel frullatore, l’acceleratore, l’asse da stiro oppure i bignè. Loro sì che uscivano fuori di testa per qualche calzino spaiato! Mica Lory Lory! Che male c’era, in fondo, a chiedere una seconda

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stanza? Una per studiare, una per dormire, non era normale? Come poteva riposarsi, poverino, se vedeva davanti a sé una scrivania stracolma di libri e quaderni? Non era forse meglio avere una seconda stanza da dedicare completamente al sonno? Perché la mamma non lo accontentava? Solo perché doveva rinunciare al salotto? E che farsene del salotto, caspiterina! Si sentiva proprio incompreso a volte. Ma un giorno le cose cambiarono in quella casa. Improvvisamente e in meglio. Quelle che sembravano delle sciocche fissazioni pensate solo per creare scompiglio, mostrarono infine il loro perché. E fu una rivoluzione. Attesa, sì, aspettata per anni, giorno dopo giorno, finché una mattina… Pioveva. Non un vero temporale, ma una di quelle giornatacce che a scuola si arrivava con i vestiti zuppi, tanto più zuppi quanto più le auto, sfrecciando, schizzavano addosso agli sprovveduti passanti l’ac-

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qua putrida delle pozzanghere. “Puoi restare a casa se vuoi, stamattina, Lory Lory,” disse la mamma che lo aveva sentito riposare molto male quella notte, forse per il rumore incessante della pioggia, e lo ripeté una seconda volta, sicura che prima di allora Lorenzo (suonava così il suo nome per esteso) non avrebbe aperto gli occhi. “Puoi restare a casa se vuoi, stamattina, Lory Lory!” “Assolutamente no. Devo correre a scuola!” fece il bambino scattando fuori dalle coperte e iniziando a vestirsi ancor prima di essersi lavato. “Ma che fretta! Che ti succede?” “Oggi a scuola sarà un giorno speciale, ci aspetta una sorpresa, ha detto la maestra!” “Ma non vuoi fare la seconda assenza del mese? Non dici sempre che

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almeno due giorni di riposo ogni tanto te li devo concedere?” “La farò domani la mia assenza, ma oggi devo proprio andare!” Né la mamma né il papà poterono dissuaderlo. E, in fondo, segni di stanchezza non ne mostrava affatto, perché tenerlo a casa, dunque! Un compagno nuovo. Ecco cosa lo aspettava in classe. Veniva da un’altra scuola, ne aveva cambiate tante! Si chiamava Leonardo. Un bambino simpatico. Dalla pelle deliziosamente ambrata, come la sua. E finirono per diventare compagni di banco e chiacchieroni inseparabili. Si raccontavano di tutto: avventure, barzellette, storie di fantasmi e affari personali. “Lo sai cosa succede a casa mia se mio padre non trova una scarpa?” fece una mattina Leonardo al compagno che ormai da mesi gli stava seduto vicino. “No. Cosa succede?” chiese Lorenzo curioso.

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“Un gran baccano! Tutti lì a litigare e a dirsi le peggiori assurdità!” …e guarda nel comodino o sotto la sedia a pois, nella scarpiera, la zuccheriera, la zanzariera o in mezzo ai croissants; …e invece tu chiedi al tuo cane! o alle formiche dentro i collants; cerca nel bosco, nel chiosco, nel muschio, tra la dentiera e il tapis-roulant. Pazzi. Anche i genitori di Leonardo, proprio come quelli di Lorenzo. Ma la più grande sorpresa Lory Lory la ebbe all’uscita da scuola, quello stesso giorno. Non credeva alle proprie orecchie. “Leo Leo!” urlava la mamma del nuovo amico, superando con voce acuta lo strombazzo della campanella, e ripeteva due volte ogni cosa. “Vieni, ti aspetto! Vieni, ti aspetto!”

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“Leo Leo?” fece Lorenzo ancora incredulo, rivolto al compagno. “Sì, Leo Leo mi chiamano a casa, visto che…” “… ti fai ripetere tutto due volte e raddoppi ogni cosa!” lo anticipò Lorenzo. “E come fai a saperlo?” Come faceva a saperlo? Lory Lory? “Perché sono uguale a te!” Uguale! Proprio la parola giusta! Perché quei due bambini erano simili in tutto, non solo nello strano comportamento che gli faceva sempre desiderare un doppione di ogni cosa, ma nell’aspetto fisico, persino: sguardo vivace, naso sottile e una corporatura asciutta sotto la pelle dal caldo colore, per non parlare di quel modo speciale in cui strizzavano l’occhio quand’erano d’accordo su qualcosa. E certo, erano fratelli! FRA-TEL-LI! Avete capito bene! Incredibile ma

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vero! Quale avventura li avesse separati in tenera età e riuniti otto anni dopo, nessuno lo sapeva con esattezza. Le loro origini tra le più misteriose. Qualcuno narrava di pirati bambini venuti da lontano, a cavallo di barconi che sfidavano le onde del mare saltando come delfini; qualcun altro di piccoli esploratori che attraversavano gli oceani alla volta di nuove terre da scoprire. E che dire della leggenda dei domatori di cavallucci marini! Ma no, sarebbe troppo lunga da raccontare… La verità stava non molto lontano. E qualunque fosse stato l’inizio e lo svolgersi di quell’eccezionale avventura, essa era terminata sulle sponde di un’isola meravigliosa quando i piccoli avevano ancora uno e due anni. Era stato allora che gli abitanti del posto, per soccorrere la ciurma di

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piccoli avventurieri (e di qualche adulto) arrivati per mare, avevano affidato i bambini alle famiglie più calorose della zona. Una doccia calda d’amore, quei nuovi genitori! Peccato che i due fratelli fossero finiti in famiglie diverse. Per errore. Chi poteva sapere, del resto, ch’erano fratelli? Non c’era nessuna mamma che parlasse per loro, nessun papà a cui chiedere. Le loro strade si erano così divise là, su un’incantevole spiaggia assolata detta Baia dei conigli. Un saluto rapido, un cenno con la mano e poi via, uno a destra e uno a sinistra. Impossibile che fosse per sempre! Troppo grande l’amore che li legava. Un richiamo fortissimo, che la traversata (e le loro minuscole manine allacciate strette strette) aveva moltiplicato all’infinito. Com’è come non è, i due bambini, nel proprio cuore, avevano sem-

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pre saputo cosa li aspettava: un fratello. Da qualche parte. Fosse stato anche all’altro capo del mondo, prima o poi si sarebbero ritrovati; la mancanza colmata; la rumorosa assenza che urlava prepotente per un secondo spazzolino, un altro cuscino e un letto doppio, prima o poi avrebbe taciuto. E, a dirla tra noi, non mi sarei voluta trovare nei panni di quelle due famiglie: accertato che Lorenzo e Leonardo erano davvero fratelli (e non vi dico con quali diavolerie scientifiche, dai nomi desossiribonucleicamente astrusi), sul serio dovettero raddoppiare tutto: dai pattini ai cappotti, dalle biciclette alle scrivanie, dalle stelle alle stanze! Perché di tenerli separati, non se ne parlava proprio! Oggi sotto un tetto, domani sotto l’altro, purché insieme. “Leo Leo, l’avresti mai pensato?” chiese Lorenzo seduto sul letto del fratello, che già quasi dormiva.

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“Che cosa?” fece l’altro un attimo prima di chiudere gli occhi assonnati. “Abbiamo due mamme e due papà!” Si sorrisero. Che soddisfazione! Due mamme e due papà! Chiunque al loro posto sarebbe stato felice, ma Lorenzo e Leonardo, naturalmente, lo erano il doppio: due bambini felici felici!

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La Collanina, di cui Lory Lory fa parte, è una collana ispiratissima. Ispiratissima perché germoglia da bambini veri. I nomi dei racconti, infatti, sono per lo più dei bimbi in carne e ossa che mi circondano o girano per casa, con le loro pingui personalità. Sì, pingui: grassocce, cicciottelle, panciute, ma anche fertili e lussureggianti. Personalità cariche cariche, insomma, che a tirarci fuori una storia breve, rimane la sensazione di aver raccolto una sola ciliegia dall’albero. E a intrecciarsi con nomi e fatti vagamente reali, troverete quasi sempre lo stesso tema: l’accoglienza, lo scambio, la diversità, la multicultura. Me ne scuso in anticipo con chi ne venisse annoiato, non è cosa voluta, ma è il l’idea più cara che porto dentro. La collanina, diventa, così, non solo una piccola collana di racconti o una collana di racconti per piccoli, ma il segno di un viaggio… il ricordo dell’altro… il dono… Banalmente e profondamente, ringrazio la mia famiglia e gli amici, per l’amore, il sostegno e la lettura critica.

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Lory Lory. Così lo chiamavano tutti. Già, perché non veniva mai la prima volta che sentiva pronunciare il suo nome. Dovevano chiamarlo almeno due volte prima che rispondesse; e due volte doveva squillare il telefono, e due volte suonare il campanello, e la sveglia, e così per ogni cosa. Lory due volte. O Lory Lory. Una ragione doveva pur esserci…

I volumi della collana: I riccioli di Remedios Lory Lory A come astronauta B come astronauta Le parole di Nora Fratelli d’acqua Emy lunga lunga

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