PIETRO MARIO PETTOGRASSO
Da Cameli a Sant’Elena Sannita Aspetti di una comunità molisana nel corso dell’800
RIVISTA di EQUIPèCO CARMINE MARIO MULIERE EDITORE
INDICE DEGLI ARGOMENTI -Abbreviazioni........................................................................................................... -Presentazione dell’editore.......................................................................................... -Presentazioni di Angelo Michele Iorio, Augusto Massa, Rosario De Matteis, Raffaele Mauro...................................................................................................................... - Introduzione di Giorgio Palmieri............................................................................... - Dedica dell’autore................................................................................................... - Premessa................................................................................................................ - Ringraziamenti........................................................................................................
6 7 9
Cap.1_Note di vita sociale e amministrativa nel decennio francese............................... Cap. 2_Il posterremoto.............................................................................................. Cap. 3_Si comincia ad andare a scuola...................................................................... Cap.4_Dalla sentenza della Commissione feudale alla formazione del Catasto Provvisorio... Cap.5_Aspetti di vita socio-religiosa ed ecclesiastica.................................................... Cap.6_Note sulla natura finanziario-amministrativa..................................................... Cap.7_Riflettendo sul Catasto francese........................................................................ Cap.8_Intorno alla chiesa e alla confraternita di S.Maria delle Grazie........................... Cap.9_Il periodo del ritorno borbonico....................................................................... Cap.10_L'ex feudo di Cameli cambia padrone............................................................. Cap.11_Il culto di S.Filomena.................................................................................... Cap.12_Una strada “interminabile”............................................................................ Cap.13_Questione demaniale: atto 2°........................................................................ Cap.14_La Cappella e Congregazione dell’Addolorata: aspetti religiosi e sociali........... Cap.15_Miserie e malattie in un secolo di sofferenze................................................... Cap.16_Sulle tracce di un mestiere............................................................................. Cap.17_Amministrazione e società nel quarantennio postunitario................................. Cap.18_Documenti cambio del nome da Cameli in Sant’Elena Sannita.........................
23 33 37 51 63 83 93 117 129 163 179 185 205 219 233 255 263 297
Appendici I_al cap.2_Gli effetti del terremoto del 1805 sull’abitato: “Nota delle case dirute”......... II_al cap.7_Quadri statistico-demografici sul 2° decennio dell’Ottocento....................... III_al cap.7_La transumanza camelese nelle fonti archivistiche....................................... IV_al cap.16_Elenco degli arrotini esercitanti nell’’800................................................. V_al cap.17_Sulle tracce degli emigranti camelo-santelenesi fino alla prima guerra mondiale. VI_al cap.17_Voci dall’America.................................................................................. VII_Prospetto dell’evoluzione demografica camelese lungo il secolo............................... VIII_I Sindaci............................................................................................................. IX_Il Clero................................................................................................................. X_Continuando a spigolare fra i libri parrocchiali e i registri dello stato civile: i dati sociodemografici di un secolo in grafici e tabelle.................................................................. -Riferimenti archivistici generali................................................................................... -Bibliografia specifica al cap.12°, sulla viabilità............................................................ -Bibliografia specifica al cap.13°, sulle problematiche agrarie e damaniali..................... -Bibliografia Generale............................................................................................... -Indice dei luoghi...................................................................................................... -Indice Generale.......................................................................................................
5
13 17 18 20
305 307 318 330 339 364 371 376 377 385 445 452 453 457
ABBREVIAZIONI
-A.C.SE................Archivio comunale di S.Elena Sannita -A.C.FR................Archivio Comunale di Frosolone -A.P.SE..................Archivio parrocchiale di S.Elena Sannita -A.De Cap............Archivio privato “De Capoa� - S.Elena Sannita -A.S.CB................Archivio di Stato di Campobasso -A.S.IS..................Archivio di Stato di Isernia -A.D.CB................Archivio della Diocesi di Campobasso-Bojano -A.S.NA................Archivio di Stato di Napoli -RAN....................Registro comunale Atti di Nascita -RAM....................Registro comunale Atti di morte -RANU..................Registro comunale Atti di matrimonio -A.C. Add.............Archivio della Congregazione dell'Addolorata -A.C.Gr................Archivio della Congregazione della Madonna delle Grazie
6
PREMESSA dell’Autore
entre si rimarca il fatto che, trattandosi di una microstoria, l’impegno si è diretto principalmente alla ricerca e alla riconsiderazione delle vicende caratterizzanti la vita e la cultura di una piccola comunità, si è pienamente consapevoli non solo delle difficoltà e delle carenze di vario genere ma anche delle eccezioni sia sotto il profilo metodologico che variamente operativo che indubbiamente potranno essere avanzate. E però si è cercato, ove opportuno e possibile, di procedere alla ricostruzione degli eventi e alla identificazione dei problemi come pure all’individuazione dei collegamenti fra fatti e persone, tra avvenimenti pubblici e privati, nella prospettiva di correlare la conoscenza del locale alle fondamentali coordinate storiche generali per evitarne la ghettizzazione municipalistica. Problema non semplice e, talvolta, quasi impossibile per l’estrema rarefazione delle fonti documentarie, che costituisce un ostacolo insormontabile a qualsiasi generoso sforzo di conoscenza e di interpretazione soprattutto dei comportamenti della comunità in occasione finanche delle piú rilevanti espressioni della storia regionale e nazionale. e scarne notizie rinvenute nei fondi archivistici, fortunosamente scampate alla caducità del tempo, con molta difficoltà hanno consentito di aprire varchi di conoscenza e di acquisire o confermare qualche certezza in grado di perforare la spessa nebulosità delle situazioni e delle problema
M
L
Sant’Elena Sannita, Panorama visto dal Camposanto, 8 dicembre ‘05.
tiche sofferte dalla comunità nel periodo considerato. A questo condizionamento di fondo, che sospinge pericolosamente sulla strada delle ipotesi e della ricostruzione storica basata piú sulle congetture che sui fatti, bisogna aggiungere l’altra grande difficoltà della scelta del taglio da dare ad un lavoro che potenzialmente è destinato a scontentare la limitata platea dei possibili lettori. Credo che per tutti i ricercatori e scrittori di cose locali si ponga l’interrogativo di fondo: per chi scrivo? A chi può interessare il lavoro che sto svolgendo? E di riflesso gli altri: l’approccio metodologico è efficace? E la resa linguistico-espressiva è pertinente? È certo che, comunque si decida, ci saranno alcuni o molti, non saprei, che avranno alquanto da ridire sulla forma, sulla sostanza, sui modi in cui si è concepita e condotta la ricerca, sembrando ad alcuni semplicistica e poco incisiva o riuscendo, ad altri, incomprensibile e lontana dai personali interessi. Si può trovare una via mediana? È giusto o opportuno farlo? Si potrebbero addurre ragioni a giustificazione di questa terza via, ammesso che si sia in grado di praticarla in considerazione di diverse e, direi, maggiori difficoltà.
18
L’esperienza personale maturata alla luce dei precedenti lavori non ha consentito di accantonare le perplessità e tanto piú di identificare una soluzione piú resistente e piú tetragona, capace di tacitare innnazitutto la propria coscienza e di affrontare con maggiore serenità il giudizio degli opposti ‘manipoli’ dei lettori. In questa congerie di dubbi e di condizionamenti, che di sovente ti colgono mentre si affrontano non senza notevoli sforzi le innumerevoli difficoltà di un impegno non professionale, ma di fatto coinvolgente a tal punto da mettere in discussione molta parte dell’esistenza, è necessario avere delle certezze, dei riferimenti forti, dei principi di fede e di operatività in grado di indicarti, sempre e comunque, la strada da percorrere in coerenza. icostruire il percorso o un tratto di vita culturale di una comunità può essere tentato in vari modi e secondo diverse prospettive; tentare di ricostruirne le connotazioni civili e sociali è compito complesso e articolato; ricercare, riconoscere e sostanziare di certezze il suo itinerario nel tempo presuppone, certamente, un complesso di conoscenze e di competenze che non si possono improvvisare ma innanzitutto richiede l’onestà morale e concettuale di chi fonda la ricostruzione su fatti sicuri e non sulle congetture e tanto meno sulle fantasticherie. Ritengo che per chi voglia fare storia, nell’accezione tucididea di ‘ricerca della verità, l’elemento imprescindibile dell’impegno sia il documento, cui deve correlarsi in maniera morbosa la tensione continua alla sua ricerca e alla sua interpretazione autentica in funzione dell’acclaramento di un fatto, della connotazione di un evento, della conoscenza e dell’interpretazione di una situazione, della comprensione di un personaggio, dell’approfondimento di un’idea o di un concetto.
PREMESSA dell’Autore
R
perciò il lavoro speso nella consultazione delle fonti d’archivio è essenziale e propedeutico ad ogni altro impegno finalizzato alla ricostruzione del passato; si può di certo prescinderne e sostanziarsi di altri riferimenti, sicuramente utili e, talvolta, finanche necessari, ma a mio parere assolutamente complementari e di relativo valore. Concepita in questi termini ogni ricerca è uno “ctema eis aiei”, una conquista perenne, strumento di formazione culturale ed intellettuale, stimolo di educazione civile, fonte di informazione e di riferimento per quanti vorranno approfondire tematiche già trattate o interessarsi degli ulteriori sviluppi della storia umana.
E
Sant’Elena Sannita, Montagna ‘Gonfalone’ vista dalla strada dei SS.mi Cosma e Damia-no, 8 dicembre ‘05.
19
RINGRAZIAMENTI dell’Autore
uesto lavoro si è protratto, per varie vicissitudini, per oltre un decennio, per quanto prefigurato alla sua pubblicazione in occasione del centenario del cambiamento del nome del paese da Cameli a Sant’Elena Sannita nel 1997. Fa parte del progetto intrapreso alla fine degli anni ‘80 e volto al recupero dell’identità storica e culturale della comunità camelo-santelenese, la cui conoscenza non andava oltre le poche notizie di Giovanbattista Masciotta inserite nel 3° volume sul Circondario di Isernia della sua opera “Il Molise-dalle origini ai nostri giorni”. Dopo “La Terra de’ Cameli, oggi Sant’Elena Sannita nei Capitoli statutari del 1591”, edita nel 1990 e “Sant’Elena Sannita, baronia dei Tamburro dal 1628 all’eversione della feudalità”, data alle stampe nel 1993, l’obiettivo dichiarato e perseguito si presenta piú raggiungibile con la proposizione di questo ulteriore pezzo di storia, specificamente riservato all’Ottocento. Si è trattato di una scelta quasi obbligata, sia per continuità naturale con le ricerche riguardanti i tre secoli precedenti sia per sintonia con altri lavori contestualmente espressi sulla comunità e ritenuti di fondamentale importanza per sostenere l’impegno della ricomposizione di alcuni aspetti significativi della stessa; valga per tutti quello della ricostruzione genealogica delle famiglie, dal Seicento ai giorni nostri, offerto alla riflessione del pubblico in un convegno, con specifica mostra, tenutosi nell’ambito delle suddette manifestazioni celebrative del 1997.
Q
anca ancora un tassello: quello dell’identificazione delle origini e delle tracce della storia feudale fino al 1500, perché si possa raccordarla al quadro già delineato nel primo impegno; si spera di ricomporlo, se le forze sorreggeranno. ntanto è doveroso ricordare quanti mi hanno facilitato nella ricerca durante tanti anni e prima di tutto coloro che sono passati a miglior vita: il compianto arciprete di Sant’Elena d.Sebastiano Zeoli, per l’assoluta disponibilità e per la fortissima sensibilità intrisa di valori umani e religiosi; il dott. Angelo Petrucci, direttore della sala studio dell’Archivio di Stato di Campobasso, noto per essere amico di tutti, per la sua capacità di offrirsi, con discrezione e competenza, non con la spocchia del funzionario-responsabile di un servizio, ma con la naturalezza disarmante di chi, colto il problema, già si era predisposto a toglierti il disagio dell’individuazione del percorso da seguire fino al termine; la sig.ra Rosina Terriaca in Calabrese, la cui sensibilità ed amorevolezza trovavano eguali solamente nella squisita disponibilità a rendermi piú accogliente e familiare la piú assoluta autonomia nel ‘rovistare’ tra i documenti dell’archivio De Capoa. Devo molto alla cortesia di tante persone se sono riuscito a consultare documenti altrimenti destinati a restare negletti sui piú disparati aspetti della comunità, ma conservati ancora decorosamente negli archivi locali; mi riferisco in particolare a quelli delle chiese e delle congregazioni in esse fondate: da quelle del Rosario e del Sacramento nella
M I
Sant’Elena Sannita, Panorama visto dalla chiesa dei SS.mi Cosma e Damiano, 8 dicembre ‘05.
20
parrocchiale di S.Michele Arcangelo a quella della Madonna delle Grazie nella chiesa omonima, a quella ancora dell’Addolorata, adiacente alla matrice. A loro va il mio pensiero riconoscente. Ho trovato negli archivi di Stato regionali la massima disponibilità a venire incontro alle innumerevoli difficoltà di chi, avendo a disposizione tempi limitati e non sufficienti ad esprimere ricerca e studio in essi, ha avuto bisogno continuamente di ricorrere all’ausilio del personale competente e disponibile. La stessa considerazione valga per tutti coloro che vivono la quotidianaità dell’impegno lavorativo sul Municipio di Sant’Elena Sannita. evo sottolineare l’aiuto, lungo tutto questo tempo, di mio figlio Guglielmo per i problemi legati all’informatizzazione dei dati, specialmente quelli relativi alle tabelle e ai grafici in appendice, nonché per la definizione di ogni aspetto connesso alla salvaguardia del lavoro nelle varie fasi della stesura e alla sua enucleazione per la pubblicazione. Desidero esprimere profonda gratitudine a quanti mi hanno sostenuto, con le parole e con i fatti, affinché il lavoro potesse essere dato alle stampe, ma un ringraziamento particolare va alla Presidenza Regionale e all’Assessorato Regionale al Turismo e alla Cultura, alle Provincie di Campobasso e Isernia, che hanno voluto dare credito all’impegno espresso e tangibilmente testimoniarlo con la ben nota sensibilità. Un cenno a parte e conclusivo meritano due persone: l’editore di questo lavoro, l’amico Carmine Mario Mulière, al quale mi legano esperienze ed affetti di una vita. Devo alle sue sollecitazioni se, mentre ero colto dalla delusione e dallo scoraggiamento, mi sono lasciato convincere dal desistere dalla determinazione di riporre definitivamente in un cassetto questa ricerca o di farne un falò per cancellare dalla memoria tanti anni consumati inutilmente per un impegno in favore della comunità d’origine che forse non valeva la pena esprimere. Nei confronti di Giorgio Palmieri, le cui doti umane e le cui competenze professionali sono assolutamente indiscusse e ben note a tutti, vorrei servirmi di parole e di espressioni che rendessero a pieno i sentimenti della personale
RINGRAZIAMENTI dell’Autore
D
gratitudine per tutto quello che mi è riuscito di interiorizzare nelle -ahimé!- rare occasioni d’incontro, per me sempre foriere di stimoli, di arricchimento culturale e spirituale, di sollecitazioni a riflettere adeguatamente sugli elementi nodali dell’impegno sociale e civile che devono sostenere soprattutto nelle tortuosità delle ingiustizie della vita. Non trovandone di adeguate, mi limiterò a dirgli semplicemente: GRAZIE. Se avrò dimenticato qualcuno - e sicuramente ce ne sono tanti! - non me ne voglia.
Sant’Elena Sannita, Panorama visto dalla ‘Casina’, 8 dicembre ‘05.
21
Agli inizi di luglio la questione della nomina del cancelliere comunale era ancora tutta da definire; non avrebbe prevalso l’orientamento del Sindaco e di chi lo sosteneva e la riconferma nell’incarico “dell’acciaccoso d.Nicola Verdile” avrebbe dato consistenza al progetto di quella famiglia, già messo in atto dall’avveduto ed esperto uomo di legge e da qualche tempo reso ancora piú concreto ed incisivo dal figlio Domenico, di appropriarsi saldamente delle leve dell’amministrazione civica per orientarle nel verso piú favorevole al tornaconto personale. Per quanto si sia formulata qualche ipotesi è normale chiedersi chi fosse in grado o comunque avesse chiari interessi in quel momento ad esercitare pressioni sulla comunità, ad esprimere indicazioni categoriche e precise sulla scelta di amministratori e di funzionari, a determinare decisioni e orientamenti del consesso civico, benanche operando nell’ombra e senza impegnarsi necessariamente nell’assunzione di responsabilità dirette o nel sostenere apertamente posizioni di contrasto. Per tentare di dare una risposta è opportuno procedere alla identificazione del quadro socio-economico e culturale del paese, integrando i dati desunti dal registro parrocchiale dello stato delle anime del 1804 e di già riferiti e aggiornandoli opportunamente con quelli sullo stato civile della popolazione enucleati dal prospetto generale dei Comuni della Provincia di Molise nel 1810, piú propriamente dalla 3ª mappa relativa alla condizione civile, nella quale sono indicati. -350 possidenti secondo i numeri degli articoli de’ ruoli fondiari. -9 impiegati ad arti libere. -3 preti. -400 contadini. -73 artisti e domestici, i quali -si dice nella colonna delle osservazioni- sono dediti anche all’agricoltura. -10 mendici, fra cui 3 donne.6 La realtà non si differenziava sostanzialmente da quella delle altre comunità, fatte salve le dovute proporzioni in rapporto al numero degli abitanti, potendosi riscontrare peculiarità ed analogie varie con i Comuni del Molise e del Meridione in generale. Si trattava di una situazione non ancora ben definita, la quale certamente risentiva delle difficoltà del passaggio dal tradizionale ordine di cose di esclusiva struttura feudale e ormai in fase di netto declino ad uno nuovo, che a mala pena si intravedeva e ci si sforzava di meglio connotare, facendo leva piú sulla volontà di distruzione del passato che non fondando su una fede diffusa in valori emergenti e sul proposito di instaurare rapporti piú equi e rispettosi sul piano economico e sociale. Estremamente significativa, sia per la comprensione della cronica situazione di disagio in occasione del rinnovo delle cariche amministrative sia per i riferimenti a problemi, rapporti ed interessi, singoli o di parte, che già potevano contare su una lunga e tormentata storia, sono le vicende legate all’elezione del Sindaco del 18089 nella persona di Donato Notarmasi. La sua nomina non avvenne all’unanimità, ciò costituendo una conferma delle tensioni esistenti all’interno del paese e ovviamente riflettentisi sull’amministrazione civica; peraltro, il suo rapidissimo impegno nel denunziare -come si dirà piú avanti- lo stato delle cose rafforza chiaramente il convincimento che ci fosse un consistente partito di cittadini motivati concretamente nell’annosa causa antifeudale, condotta con fortune alterne nei tribunali della capitale. La legge dell’8 agosto 1806, con cui si aboliva la feudalità, non ancora riusciva a trovare spedita applicazione malgrado ad essa avesse fatto seguito l’11 novembre dell’anno successivo l’emanazione del decreto costitutivo della Commissione incaricata di giudicare, entro il corso del 1808, “tutte le cause introdotte prima del 2 agosto 1806 tra le Università e i baroni, di qualunque natura esse siano e non ancora decise”. Con decreto del 28 novembre 1808 sarebbe stato accordato alla stessa Commissione un anno di proroga “per finalizzare la decisione di tutte le cause di sua cognizione”, riconoscendosi ai Comuni la facoltà di “produrre e proseguire le azioni relative”.
27
Capitolo primo
S.Elena Sannita, Portale, Piazzetta Achille Verdile - Medico 18271886.
6 A.S.CB- fondo “Intendenza”, busta 1007, fasc. 125.
va, a livello amministrativo, una inversione di tendenza da parte di coloro che potevano decidere sulla composizione del decurionato e sulla nomina alle varie cariche gestionali. Perché si potesse renderla proficuamente operativa si era pensato giustamente, o, se si vuole, furbescamente, di affidarsi a qualcuno che, anche e soprattutto per ragioni personali, offriva ampie garanzie di interessamento, di premura e un tanto di astio indispensabili per evitare che potesse essere irretito, come era successo con i sindaci precedenti, dalla malizia persuasiva, dalle blandizie e dalle capacità di patteggiamento del marchese. L’elezione aveva in sé, dunque, un carattere spiccatamente provocatorio ma era condizionata da un vizio di fondo, probabilmente noto agli stessi sostenitori: Donato Notarmasi non poteva essere Sindaco per effetto delle disposizioni vigenti in materia di eleggibilità alle cariche pubbliche. Infatti, la legge del 18 ottobre 1806 prevedeva espressamente, fra l’altro, che l’accesso al decurionato, nei paesi con meno di 3000 anime, fosse consentito ai soli proprietari “che avranno una rendita attuale non minore di 24 ducati”, elevata di un terzo per coloro che ambivano a rivestire la carica di amministratori. Il ricorso, presentato all’Intendente con altrettanta immediatezza da Vincenzo Pettograsso avverso la nomina del Notarmasi, non solo è importante per acquisire elementi conoscitivi interessanti per la individuazione dello schieramento contrapposto dei favorevoli al feudatario, di cui lo stesso ricorrente era semplice portavoce, ma fornisce utili chiarimenti sullo stato sociale e sullo spirito politico esistente, e ciò al di là della denuncia della mancanza dei requisiti del Sindaco appena eletto, il quale “per causa di una lite che da cinque anni tiene col Marchese di detta Terra ha tutti li suoi averi sotto sequestro, e dati in consegna a terze persone”.8 Precisava il Pettograsso, modesto calzolaio ma buon possidente ed esperto decurione, che per tale ragione egli ed altri consiglieri “ne han dato il voto esclusivo, acciò si fosse eletto altro soggetto benestante, e che aveva la sua roba libera, com’era appunto l’aspettativa di quella intiera popolazione”.9 Denunciava anche che “la gente è rimasta elezione malcontenta e scandelezata giacché reflette che gli interessi dell’Università non senza danno della medesima possono affidarsi a persona, che niente possiede, dovendo per tale reputarsi il nuovo Sindaco eletto, giacché la sua robba è intieramente sottoposta a sequestro”.10 Auspicava, pertanto, che il Notarmasi fosse rilevato dalla carica come persona “cui mal si affida l’Amministrazione di un pubblico” e che si provvedesse ad una nuova elezione “acciò gli affari e gli interessi di quella Comune non capitino male, mentre se la maggior parte di quel Decurionato avesse avuto presente la gloria del pubblico interesse non l’avrebbe certamente incluso”.11 A seguito della dichiarazione del Decurionato in cui, in maniera alquanto ingenua, per non dire sprovveduto, si ammetteva che l’elezione del Notarmasi a Sindaco era stata sostenuta dal convincimento che “il sequestro di detti suoi beni non gli fosse stato di ostacolo”, l’Intendente Palumbo provvedeva, l’8 maggio, ad esentarlo dall’incarico “per mancargli la rendita netta richiesta dalla legge” e ordinava al Decurionato di “surrogargli altra persona proba ed idonea. Ben vero peró che allora abbandoni le funzioni di Sindaco, quando il nuovo eletto avrà preso il suo possesso”. Su quest’ultima condizione le parti contrapposte si sarebbero confrontate per tutto il secondo semestre sulla scorta delle nuove disposizioni contenute nella legge del 20 maggio, con la quale di riformava “il sistema di elezione dei corpi rappresentativi, e degli amministratori de’ Comuni”. Ai sensi dell’art.26 del titolo IV il nuovo Sindaco si sarebbe dovuto insediare il 1° gennaio, essendo stato scelto dall’Intendente da una terna proposta dal Decurionato nella prima settimana di settembre e, eccezionalmente, nella seconda settimana di ottobre per il corrente anno 1808.
29
Capitolo primo
S.Elena Sannita, Portale, Via Veneto.
Vittorio
8 A.S.CB- Fondo “Intendenza”, busta 273, fasc.1 9 Ibidem. 10 Ibidem. 11 Ibidem.
per ognuno di loro se la nomina fosse stata o meno approvata dal Ministero, se esercitavano o per qual motivo ancora non avessero incominciato ad insegnare. Lo specifico fondo “Intendenza” nell’Archivio di Stato di Campobasso nel citato sottofascicolo riportato in nota, evidenzia un quadro generale di tutti i Comuni della Provincia molisana; per Cameli vengono indicati come istitutori l’arciprete Pietrangiolo Berardinone e la signora Tomasina Pettograsso, “semplicemente nominati dal Decurionato”. Con nota del 5 dicembre dell’anno successivo il Ministro dell’Interno avrebbe sottolineato che ai sensi dell’art.3 del Regolamento provvisorio delle scuole primarie “tutti i maestri sono tenuti a ricevere i brevetti di nomina dal Ministro dell’Interno, non esclusi i Parrochi, che son chiamati ad esercitare le scuole ne’ Comuni di 3ª classe dal Real Decreto de’ 15 settembre 1810”; in difetto di titolo autorizzativo si vietava espressamente di pagare lo stipendio. “Lo stato dei maestri di scuola” ufficiale, come reclamato dal Ministero dell’Interno, fu inviato dal Sottintendente d’Isernia all’Intendente solo il 18 dicembre 1811, annotandosi per Cameli, paese di 1265 anime, come unico istruttore il suddetto parroco trentaduenne, regolarmente nominato dal Decurionato il 1° novembre dello stesso anno. Nella colonna delle osservazioni si precisa che lo stipendio annuo stabilito è di 72 ducati, pari cioè ai 6 ducati mensili prescritti dal decreto del 15 settembre 1810, mentre altri 12 ducati venivano previsti fra le uscite dell’annuale bilancio “pel fitto d’un locale per la scuola, mancando la Casa Comunale”. Si rimarcava, inoltre, che “lo stipendio potrebbe essere ridotto a ducati 40”. L’onere dell’istruzione di base ricadeva completamente sulla comunità, non essendo stato accolto il principio della gratuità fortemente sostenuto dal Cuoco e privilegiato, invece, il progetto complessivo di Giuseppe Zurlo che si traduceva nel decreto sovrano sulle scuole primarie nell’“obbligo di pagare 12 carlini l’anno per l’istruzione di ciascuno dei loro figli”. Sussisteva la remota possibilità che i Comuni ne fossero sgravati col ricorso ai fondi specificamente finalizzati da privati. In tal modo si esprimeva la circolare del Ministro dell’Interno del 30 marzo 1811, la quale disponeva che i Comuni fossero esentati “dal peso della pubblica istruzione” e dovessero “solamente concorrere in sussidio delle pie fondazioni, qualora queste non sieno sufficienti all’interessante oggetto delle scuole primarie”.13 A Cameli era esclusa questa possibilità, essendosi pressoché dissolto il patrimonio connesso alla fondazione del Monte Frumentario della SS.ma Annunziata o Addolorata per opera dell’arciprete Giuseppe Verdile nel 1765, parte del quale era stata destinata all’educazione delle fanciulle alla dottrina cristiana.14 Del resto in non migliori condizioni si trovavano gli altri Comuni della Provincia; lo si desume dalle risposte quasi tutte negative dei Sindaci alla richiesta dell’Intendente della esistenza o meno di legati di privati cittadini o di Luoghi pii per la pubblica beneficienza e, segnatamente, per l’istruzione. Quasi tutti asserirono che la spesa per la scuola era a carico del Comune; qualcuno, come quello di S.Angelo Limosano, arditamente propose che “la Comune se ne potrebbe assolutamente dispensare da questo peso, a motivo che nel paese non vi sono figlioli addetti alla scuola, non essendovi che tre o quattro figlioli addetti alla scuola, per cui la Comune soffre il peso del maestro pubblico”. È il caso di evidenziare, se non altro per la sua vicinanza a Cameli e per i riflessi che l’istituzione, sia allora che in tempi successivi e sino a qualche tempo fa, avrebbe esteso a tutte le comunità viciniori e anche lontane, la risposta trasmessa da Domenico
41
Capitolo terzo
S.Elena Sannita, Portale, Via Vittorio Veneto. 13 A.S.CB-Fondo “Intendenza”, busta 989, fasc. 76, sottofasc. “Fondi per la scuola primaria-1811”. 14 Per notizie piú dettagliate al riguardo si rinvia alle pagine 207-220 della precedente pubblicazione “S.Elena Sannita, baronia dei Tamburro...”, laddove si parla della Cappellania dell’Annunziata, con l’impegno, comunque, di ritornare sull’ argomento piú avanti, allorché si dovrà gettare uno sguardo sulle fondazioni laicali e religiose nel corso dell’Ottocento.
provveduto a richiedere al Ministero delle Finanze 112 modelli, pari ai Comuni, delle istruzioni sulla contribuzione personale precedute dal titolo III del Real Decreto del 29 settembre, il quale stabiliva tale imposta. Egli aveva incaricato, contestualmente, i Sindaci, di “fissare il minimum dei contribuenti alla contribuzione personale in ragione della quinta parte della popolazione e se ne faccia menzione indicativa del numero preciso de’ tassabili alla proporzione stabilita dal Circolare ordinato colle dichiarazioni e condizioni espresse nell’art. 64 delle suddette istruzioni”.4 Per effetto di tali disposizioni il quadro della contribuzione personale del 1810 nel Circondario di Frosolone risultava essere il seguente:
Capitolo sesto
N.abitanti - Minimum dei contribuenti. Frosolone 3669 Cameli 1270 Civitavecchia 1173 Civitanova + Chiauci 3114 Torella +Molise 1973
733 254 234 622 393
Nel 1810, a fronte dei 310 contribuenti per la fondiaria, furono solo 223 i soggetti imponibili a Cameli per la personale, per quanto il totale degli “articoli di matrice” risultasse di 259.5 Sull’apposito modello venivano segnalati ben 36 indigenti, per cui la contribuzione complessiva di ducati 309 e grana 96, distinti in 246 per “principale” e somme varie per “la cassa delle rendite..., per fondo di disgravio..., per spese comunali e per spese di percezione”, veniva caricata su 220 soggetti di prima classe, su 1 di seconda classe e su 2 di terza. La distribuzione dell’imposizione riusciva molto difficoltosa per la mancanza di “uno stato di materia esattissimo”, ragion per cui l’indicazione di fondo espressa nell’articolo 5 del Decreto Reale del 1° settembre 1810, vale a dire di “applicare l’importo alla materia imponibile, in maniera che il peso graviti sui contribuenti nelle proporzioni, che la legge ha stabilito”, di fatto si trovava vanificata. Non sembri inopportuno evidenziare e sottolineare in particolar modo il problema della distribuzione fiscale, risultando, come vedremo, il piú sentito dalla popolazione camelese anche dopo il ritorno dei Borboni. Gli amministratori locali e i rappresentanti della Provincia e dei Distretti nella circostanza furono sollecitati a supplire alla carenza di “una base cosí preziosa... con le loro cognizioni locali, ...coi lumi dell’esperienza acquistata nella trattazione degli affari”, in modo da pervenire alla ripartizione fra i contribuenti nel massimo rispetto del principio dell’equità. Le disposizioni espresse nel Decreto, rinvianti per gli aspetti procedurali a quelle già in atto per la riscossione della fondiaria, incoraggiavano i corpi decurionali. Non si trattava di impegnarsi nell’identificazione del rapporto tra rendita imponibile ed imposta come per la fondiaria; dal momento che la tassa era fissata invariabilmente per
85
S.Elena Sannita, Ingresso Castello De Capoa, Piazzetta Tiglio. 4 A.S.CB- Fondo “Intendenza”, busta 946, fasc. 38: “Contribuzione personale-1809-1815”. 5 Ibidem- busta 947, fasc. 42.
mente trasportarsi con traini dalla vicina montagna di Cameli, che ne abbonda, e da Cameli a Spinete ne fornisce ad esuberanza il vicino torrente Petroso trasportabili benanche con la ruota”. 6-Infine, del tutto destituita di ogni fondamento l’accusa che Cameli avesse rifiutata la strada a causa delle esiguità delle sue risorse; certamente non si godeva lo stato di benessere del paese capoluogo del circondario ma neppure si era poveri a tal punto da non poter far fronte alle rate annuali di spesa. Al di là del fatto che si poteva fondare su un capitale di 500 ducati, su un fondo annuale disponibile e preventivato negli stati discussi quinquennali e su un ruolo esecutivo di circa 200 ducati annui approvato dagli organi superiori, non si poteva accettare che il Comune di Frosolone si ergesse a giudice competente a conoscere la situazione finanziaria di un altro Comune. Si perveniva alla logica conclusione che dovesse essere impegno di tutti dare esecuzione al Reale Rescritto del settembre 1852, che approva la traccia sudetta per Bojano senza divergere altrove. Paradossalmente, però, il 30 dicembre 1855, l’ingegnere dei ponti e delle strade esprimeva parere favorevole piuttosto al progetto della strada per Macchiagodena che al vecchio per Cameli e Spinete, non solo perché, per essere di già in costruzione da Macchiagodena, “si può con maggiore economia e con minor tempo raggiungere lo scopo, ma... fa d’uopo osservare che il commercio di questi paesi esercitandosi per Isernia si verrebbe a rendere piú lungo e difficoltoso quante volte si fosse costretto andare prima in Bojano e poscia ritornare indietro per andare in Cameli e Frosolone, e viceversa. Dippiú il Comune di Cameli con una brevissima traversa s’innesterebbe a tale strada fruendo dell’utile con poca spesa. Seguendo dunque un tale andamento i Comuni di Frosolone e di Cameli si assicurerebbero: 1°-col capoluogo del Distretto ove piú spesso sono obbligati ad andare; 2°-con Isernia ove smerciano i loro prodotti, e quindi maggiore economia nei trasporti ed in conseguenza un maggior utile pe’ proprietari; 3°-infine, alla Capitale del Regno seguendo una strada piú breve e piú agevole”. Si maturava lentamente ma progressivamente il cambiamento di direzione, al quale dovettero contribuire con molta probabilità interessi indiretti di altri contesti territoriali, sia di quelli piú prossimi in Macchiagodena e Cantalupo sia di quelli piú distanti ma ben piú forti del capoluogo del Distretto, tanto piú incidenti sulla determinazione conclusiva quanto piú neghittosi e privi di lungimiranza continuavano a dimostrarsi quelli bojanesi. Dietro le continue insistenze di apertura delle subastazione da parte del Sindaco Colozza, alla fine di gennaio del 1856, il Consiglio d’Intendenza si determinava ad ufficializzare l’orientamento favorevole al nuovo progetto, delegando la decisione definitiva all’Intendente, previa acquisizione del parere della Direzione della Real Segreteria di Stato dell’Interno. Nell’ambito del procedimento amministrativo di rimozione della risoluzione sovrana del
203
Capitolo dodicesimo
S.Elena Sannita, casa di pietra locale; Costruzione adiacente il ‘Lavatoio’.
e pertanto da bruciare sotto la diretta sorveglianza e responsabilità dell’Eletto o del Sindaco. La maggiore sollecitudine degli amministratori nel far rispettare le norme del regolamento, le minacce di dure punizioni nei confronti di coloro che non avessero atteso alle loro specifiche funzioni e, specialmente, ai medici condottati e ai componenti le commissioni vacciniche comunali, le insistenti sollecitazioni rivolte ai parroci perché si adoperassero a persuadere i loro filiani non solo al rispetto delle misure igienico-sanitarie locali, ma a sottoporsi alla vaccinazione, accantonando i pregiudizi e opponendosi all’ignoranza, produssero qualche risultato, certamente inadeguato rispetto alla pesante situazione igienico-sanitaria generale e alle ricorrenti crisi epidemiche. Ne troviamo conferma nel rapporto della commissione vaccinica provinciale, presieduta dall’Intendente Cenni e composta dai dottori Angelo Petti, Agostino Sipio e Emanuele Coticone, la quale non poteva non stigmatizzare, nella riunione del 24 aprile 1839, che molti Comuni, e fra questi Cameli, non avessero ottemperato al Regolamento Esecutivo del Real Rescritto del 19 ottobre 1836 e all’ordinanza dell’Intendente del I gennaio 1838 nelle parti in cui si prescriveva di procedere alle vaccinazioni con il massimo impegno. Scorrendo gli atti dell’Intendenza di Molise si trova che solo nel 1841 veniva riconosciuto da parte degli organi provinciali lo specifico lavoro svolto da Michelangelo Verdile, medico condotto di Cameli. Intanto l’epidemia colerica del 1837 aveva ricondotto non solo l’attenzione degli amministratori, ma anche quella di tutta la popolazione sull’esigenza di risolvere il problema del camposanto. L’emergenza evidenziatasi in quel terribile momento, peraltro già sufficientemente sperimentata in occasione del caso di vaiolo del 1835, aveva consentito di rendersi conto dell’inadeguatezza delle soluzioni correnti e provvisorie, le quali erano poggiate su consuetudini consolidate o su diritti di recente acquisizione per effetto dell’iscrizione di molti alla ricostituita Confraternita delle Grazie. La legge di Ferdinando I sulla costruzione dei camposanti, datata 11 marzo 1817, di fatto restava inattuata. Benché ne prevedesse l’edificazione immediatamente fuori dell’abitato di modo che tutti i Comuni potessero dotarsi entro il 1820, di fatto, essendo gli oneri interamente a carico degli stessi, continuò a perpetuarsi “il costume di seppellire i cadaveri umani in sepolture stabilite dentro, o vicino i luoghi abitati”, riuscendo per lo piú inutili le sollecitazioni rivolte ai “ricchi proprietari, ai prelati, al clero e alle Congregazioni a concorrere con oblazioni volontarie ad accelerare il compimento di un’opera pubblica tanto interessante la salute pubblica”. Ancora per un ventennio a Cameli, poiché le amministrazioni civiche succedutesi non si preoccuparono neppure di avanzare un progetto di costruzione secondo le regole prescritte dal regolamento esecutivo del 21 marzo 1817, si continuò a seppellire nel cimitero annesso alla chiesa matrice e nelle Cappelle privilegiate o di padronato in essa esistenti. Il regolare pagamento delle quote associative assicurava al confratelli decorose esequie e
239
Capitolo quindicesimo
Pubblicazione del 1849, Campobasso.
Capitolo quindicesimo
Legge e Regolamento sulla costruzione dei camposanti, 11 marzo 1817.
241
Giulio Cittadella ricollega la lavorazione dell’acciaio e i mestieri collegati alla stessa alla cultura contadina delle località piú interne del Molise, prettamente montuose, quali Campobasso, Agnone, Frosolone e la stessa S.Elena Sannita, ove “l’agricoltura trovava spazi limitati e la lontananza dalle vie di comunicazione e dai grossi centri imponevano l’autosufficienza in ogni settore della produzione”.7 Rinviando alla lettura del citato contributo di ricerca sull’argomento, nel quale sono evidenziate le tappe piú significative della lavorazione del ferro e dell’acciaio in terra sannitico-molisana e il particolare impulso dato al settore nel secolo XIV dai Gambatesa, appare degna di rilievo la tesi sostenuta dallo studioso che, dopo la trasformazione della lavorazione dell’acciaio nel XVI secolo a seguito dell’applicazione del metodo Huntsman e la diffusione dei prodotti inglesi in tutto il mondo dalle fonderie Sheffield, l’industria riuscí “a sopravvivere solo in quei distretti rurali, ove… era diventata famosa per l’abilità dei singoli artefici e per l’esclusività della lavorazione e della tempera”. Un grosso momento di crisi attraversarono le officine locali, specializzate nella lavorazione di armi da taglio e di arnesi connessi all’agricoltura, dopo l’editto di Carlo III, nel 1850, col quale si proibiva la fabbricazione delle armi. Si impose, allora, la necessità di riformare o riciclare l’attività, riducendo la lavorazione e adattandola alla produzione di temperini, coltelli e attrezzi da taglio occorrenti per i mestieri e i lavori piú diffusi nel contesto territoriale viciniore. Ogni officina, volendo o dovendo assicurarsi la piena autonomia, si attrezzò per esprimere tutte le fasi del lavoro, dalla materia grezza al prodotto finito, corredandosi “di una fucina a mantice, dell’incudine e del martello per la lavorazione a freddo e della mola a pedale per l’arrotatura”. Non rientrava negli ambiti di lavoro dell’officina, strutturata su base familiare, la commercializzazione del prodotto, che restava affidato o a enti collettivi o a privati, spesso girovaghi. È probabile che le origini dell’attività di arrotino in Cameli siano da ricollegare, pressoché nel periodo in cui viene documentata nel citato Catasto, alla separazione dell’intero ciclo di lavorazione dell’ultima fase, quello dell’arrotatura del prodotto, per le specifiche esigenze quotidiane di una comunità, la quale, molto verosimilmente, non solo non aveva una tradizione artigianale nel settore, ma altrettanto probabilmente, neppure poteva vantare, verso la metà del XVIII secolo e nei decenni successivi, una qualsivoglia officina del tipo di quelle che numerose fiorivano a Frosolone. Il Catasto onciario e le piú o meno coeve fonti archivistiche minuziosamente controllate non sono state prodighe di riferimenti allo specifico mestiere di arrotino girovago; per
257
Capitolo sedicesimo
Sant’Elena Sannita, Monumento dell’Arrotino, bronzo a cera perduta cm.175×160×60, opera realizzata nel 1997 da Carmine Mario Mulière.
7 Giulio Cittadella: “La lavorazione artigianale dell’acciaio nel Molise”, in “Molise economico”, 1983, n.5, p.27.
REGIONE MOLISE ASS.TO TURISMO
LAZIO
PROVINCIA CAMPOBASSO
PROVINCIA ISERNIA
ABRUZZO
SANT’ELENA SANNITA
CAMPANIA
PUGLIA
0.35,00