Libretto direttiva nitrati

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I.P.


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PARTE PRIMA Novità introdotte dal Regolamento 10/R

I

l Regolamento 10/R disciplina le attività di utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici su tutto il territorio regionale, stabilendo regole più stringenti per le aziende che ricadono in zona vulnerabile da nitrati. A differenza di quanto avveniva in passato, le aziende che producono e/o utilizzano letame hanno ora dei precisi obblighi; inoltre, all’interno delle ZVN, sono previste specifiche incombenze per le aziende - anche non zootecniche – che superano determinate dimensioni. Ma che cosa si intende per “utilizzazione agronomica”, nonché per “effluenti zootecnici”? Per “utilizzazione agronomica” si intende la gestione degli effluenti zootecnici dalla loro produzione fino all’applicazione al terreno,finalizzata all’utilizzo delle sostanze nutritive ed ammendanti in essi contenute. Gli “effluenti zootecnici” sono definiti come miscele di stallatico e/o residui alimentari e/o perdite di abbeverata e/o acque di veicolazione delle deiezioni e/o materiali lignocellulosici utilizzati come lettiera e si dividono in letami (effluenti palabili) e liquami (effluenti non palabili) questo volune vuole rappresentare un semplice strumento di consultazione per conoscere gli impegni relativi alla “Condizionalità” che le aziende agricole devono rispettare. Abbiamo cercato di fornire al lettore, in modo semplice, la possibilità di individuare tali impegni in relazione alla tipologia di azienda condotta. X

Le zone vulnerabili da nitrati

Le prime zone vulnerabili da nitrati (ZVN) sono state designate dalla Regione Piemonte con il Regolamento 9/R (Figura 1). Successivamente – proprio a seguito dei richiami della Commissione Europea – queste zone sono state ampliate con il Regolamento 12/R (approvato con D.P.G.R. 28 dicembre 2007). Alle ZVN così designate, per uno specifico disposto delle norme di attuazione del Piano di Tutela delle Acque del Piemonte, si aggiungono i terreni ricadenti nelle Fasce Fluviali A e B del Piano di Assetto Idrogeologico approvato dall’Autorità di Bacino del Fiume Po. Tutte le zone vulnerabili individuate sul territorio regionale sono riportate in Figura 2.

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Letami Effluenti zootecnici palabili provenienti da allevamenti che impiegano la lettiera. Sono assimilati ai letami se provenienti dall’attività di allevamento: 1) Le lettiere esauste di allevamenti avicunicoli; 2) Le deiezioni di avicunicoli anche non mescolate a lettiera, rese palabili da processi di disidratazione naturali o artificiali che hanno luogo sia all’interno che all’esterno dei ricoveri; 3) Le frazioni palabili, da destinare all’utilizzazione agronomica, risultati dai trattamenti di efflueni zootecnici.

Un’azienda ricade in ZVN quando più del 25% della sua Superficie Agricola Utilizzata (SAU) è in zona designata come vulnerabile. La SAU corrisponde ai terreni condotti dall’azienda a vario titolo (ad esempio proprietà, affitto, uso gratuito) ed effettivamente coltivati.

Figura 1

Liquami Effluenti zootecnici non palabili. Sono assimilati ai letami se provenienti dall’attività di allevamento: 1) I liquidi di sgrondo di materiali palabili in fase di stoccaggio; 2) I liquidi di sgrondo di accumuli di letame; 3) Le deiezioni di avicoli e cunicoli non mescolate a lettiera; 4) Le frazioni non palabili, da destinare all’utilizzazione agronomica, derivanti 5) da trattamenti di effluenti zootecnici; 6) I liquisi si sgrondo dei foraggi insilati; 7) Le acque di lavaggio di strutture, attrezzature ed impianti zootecnici, se mescolate ai liquami e destinate all’utilizzo agronomico.

Figura 2

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SITUAZIONE ATTUALE IN PROVINCIA DI NOVARA

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PARTE SECONDA Obblighi burocratici per le aziende

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l Regolamento 10/R pone prescrizioni via via più restrittive al crescere delle dimensioni dell’azienda agricola, distinguendo tra aziende ricadenti o meno in ZVN. Per quanto concerne gli allevamenti zootecnici, la loro dimensione viene espressa in “produzione di azoto al campo per anno”, valore che dipende dal numero e dalla tipologia dei capi mediamente presenti. Per avere un’idea della correlazione tra numero di capi e produzione di azoto al campo (si veda di seguito la Tabella). Tabella - Numero di capi, di diverse categorie, che producono 1000, 3000 e 6000 Kg di azoto all’anno

I principali obblighi burocratici per le imprese che effettuano l’utilizzazione agronomica dei reflui zootecnici sono la presentazione della Comunicazione e, se del caso, del Piano di Utilizzazione Agronomica (PUA). Per la definizione di utilizzazione agronomica, precedentemente riportata, ne consegue che questi obblighi interessano le aziende che effettuano anche una sola fase della gestione dei reflui (produzione, trattamento, stoccaggio e applicazione al terreno). Pertanto, sono tenute alla Comunicazione non solo le aziende zootecniche che producono ed utilizzano gli effluenti su terreni condotti direttamente o in asservimento, ma anche – ad esempio – le aziende non zootecniche che fanno uso di reflui prodotti da altre aziende. La Comunicazione deve riportare tutti i dati relativi all’azienda (identificazione e ubicazione dell’azienda, legale rappresentante, consistenza zootecnica media e tipologia di stabulazione dei capi allevati, strutture per lo stoccaggio degli effluenti ed eventuali trattamenti, terreni a disposizione

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per l’utilizzazione agronomica, eventuali cessioni di effluenti zootecnici) e deve essere presentata alle Province territorialmente competenti, tramite le procedure collegate all’Anagrafe agricola unica del Piemonte. Le aziende esistenti sono tenute ad aggiornare i dati almeno una volta all’anno e, in caso di variazioni dei terreni destinati all’utilizzazione agronomica, l’aggiornamento deve essere comunicato almeno 20 giorni prima dell’applicazione al terreno degli effluenti stessi. Le aziende nuove, invece, devono presentare la comunicazione 60 giorni prima dell’inizio dell’attività di utilizzazione agronomica. La mancata presentazione della Comunicazione comporta le sanzioni penali previste dalla normativa ambientale (ammenda da 1.500,00 a 10.000,00 € o arresto fino ad un anno). Sono escluse dall’obbligo della Comunicazione le imprese:

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non ricadenti in zona vulnerabile da nitrati, che producono e/o utilizzano un quantitativo di azoto al campo per anno inferiore o uguale a 3.000 kg;

ricadenti in zona vulnerabile da nitrati, che producono e/o utilizzano un quantitativo di azoto al campo per anno inferiore o uguale a 1.000 kg. La mancata presentazione della Comunicazione comporta le sanzioni penali previste dalla normativa ambientale (ammenda da 1.500,00 a 10.000,00 € o arresto fino ad un anno). Inoltre, per tutte le aziende esenti dalla comunicazione (sia zvn che fuori) valgono i divieti di utilizzazione dei letami e liquami nei periodi


previsti dal Regolamento e specificati più avanti, nonché il rispetto dei quantitativi massimi di azoto distribuibili per ettaro. Il PUA è uno strumento che raccoglie le informazioni utili alla gestione della fertilizzazione e si basa sul bilancio degli elementi nutritivi con riferimento al fabbisogno di azoto delle colture e agli apporti effettuati con le concimazioni organiche e inorganiche. Il PUA deve essere presentato dalle aziende di medie o grandi dimensioni e, nello specifico, da quelle: - ricadenti in ZVN che producono un quantitativo di azoto al campo per anno superiore a 3.000 kg e inferiore o uguale a 6.000 kg (PUA semplificato); -ricadenti o no in ZVN, che producono un quantitativo di azoto al campo per anno superiore a 6.000 kg (PUA completo). Queste aziende, inoltre, per dimostrare la rispondenza tra quanto riportato nel PUA e le operazioni di fertilizzazione effettuate, sono tenute ad annotare nel registro delle fertilizzazioni le concimazioni praticate sia organiche che inorganiche. Questi documenti devono essere conservati per almeno tre anni e vanno aggiornati entro 30 giorni dalla relativa operazione di concimazione. Il registro delle fertilizzazioni è obbligatorio anche per le aziende, zootecniche o non zootecniche, ricadenti in ZVN e con un fabbisogno colturale di azoto superiore ai 3.000 chilogrammi annui. In alternativa al registro, queste aziende possono conservare per un minimo di tre anni le registrazioni o la documentazione giustificativa relativa all’acquisto ed alle cessioni dei concimi azotati, fosfatici e potassici da cui si possa desumere la quantità utilizzata di unità fertilizzanti. Le aziende che utilizzano per la concimazione delle colture quote significative di effluenti zootecnici provenienti da altre aziende, ovvero le aziende che mettono a disposizione i loro terreni in asservimento o utilizzano reflui ceduti da altre aziende, sono esonerate dall’obbligo di tenuta del registro delle fertilizzazioni. .

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PARTE TERZA Stoccaggio degli effluenti zootecnici

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rima di poter effettuare la distribuzione sul terreno degli effluenti zootecnici,è necessario prevedere il loro stoccaggio in apposite vasche (nel caso di liquami) o platee (nel caso di letami) di dimensioni tali da garantire un idoneo periodo di maturazione e stabilizzazione (almeno 3 settimane), nonché il rispetto dei periodi in cui è vietato il loro utilizzo. Il quantitativo di effluenti prodotti dall’allevamento si calcola considerando numero e tipologia di capi presenti nonché il sistema di stabulazione, Tab. 2 A

Tab. 2 B

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avvalendosi degli indici di produzione riportati nel Regolamento 10/R. Il periodo minimo di stoccaggio dipende dal tipo di effluente zootecnico ed è maggiore nel caso in cui le aziende ricadano in zona vulnerabile da nitrati e nel caso di aziende nuove. Le capacità di stoccaggio sono riportate nelle Tabelle 2 (A-B-C-D). Sono comunque previste delle tolleranze massime entro le quali non è obbligatorio l’adeguamento delle strutture di stoccaggio, riportate nel Box 2. Nel regolamento, inoltre, vengono definite anche le modalità costruttive delle vasche e delle platee di stoccaggio, dettagliate nel Box 3. Tab. 2 C

Tab. 2 D

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BOX 2 Tolleranze massime ammissibili per l’adeguamento strutturale dell’azienda Effluenti zootecnici palabili e relativi liquidi di sgrondo » Non è richiesto l’adeguamento nel caso in cui comporti un ampliamento della platea esistente inferiore a 15 metri quadri. » Per qualsiasi tipologia di allevamento viene stabilita una tolleranza del 15% del fabbisogno complessivo di stoccaggio. » La tolleranza è pari al 20% in presenza di modalità di gestione del cumulo tali da permettere volumi di stoccaggio maggiori (quali ad esempio l’altezza di carico del cumulo su platea, la presenza di cordoli laterali rilevati, ecc.); tali modalità saranno descritte nell’ambito del sistema informativo online.

Effluenti zootecnici non palabili e acque reflue e relativi liquidi di sgrondo » Non è richiesto l’adeguamento nel caso in cui comporti un ampliamento dello stoccaggio esistente inferiore a 100 metri cubi. » Nel caso in cui l’azienda relazioni, tramite il sistema informativo on line, le azioni adottate e volte a contenere il volume di liquami prodotti (ad esempio attraverso il controllo o gli interventi di risparmio dei consumi di acqua) o a compensare una non ottimale disponibilità di stoccaggio in funzione del rispetto dei criteri di utilizzo agronomico (ad esempio la buona disponibilità di terreni utilizzati agronomicamente in proprietà e affitto, l’adozione di rotazioni colturali in ambito aziendale, l’utilizzo di impianti di trattamento di separazione solido liquido dei liquami, ecc.), la tolleranza massima è incrementata come segue: • per le aziende zootecniche con fabbisogno di stoccaggio complessivo dei liquami inferiore o uguale a 1.000 metri cubi, la tolleranza è pari a 150 metri cubi; • per le aziende zootecniche con fabbisogno di stoccaggio complessivo dei liquami superiore a 1.000 metri cubi e inferiore o uguale a 5000 metri cubi, la tolleranza è pari a 200 metri cubi; • per le aziende zootecniche con fabbisogno di stoccaggio complessivo dei liquami superiore a 5.000 metri cubi, la tolleranza è pari a 250 metri cubi.

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BOX 3 Modalità costruttive vasche e platee Stoccaggio degli effluenti zootecnici palabili Lo stoccaggio deve avvenire su platea impermeabilizzata provvista di idoneo cordolo o muro perimetrale, con almeno un’apertura per l’accesso dei mezzi meccanici. La platea deve essere dotata di adeguata pendenza per il convogliamento dei liquidi di sgrondo verso appositi sistemi di raccolta. Sono considerate utili, ai fini del calcolo della capacità di stoccaggio: a) le superfici della lettiera permanente, se impermeabilizzate; b) le fosse profonde dei ricoveri a due piani e le fosse sottostanti i pavimenti fessurati nell’allevamento a terra nel caso delle galline ovaiole e dei riproduttori, fatte salve diverse disposizioni delle autorità sanitarie.

Effluenti zootecnici non palabili e acque reflue e relativi liquidi di sgrondo Lo stoccaggio deve avvenire in contenitori adeguatamente impermeabilizzati con materiale naturale o artificiale (a seconda della permeabilità del terreno nel caso di contenitori in terra) per evitare perdite. I contenitori devono poter accogliere anche le acque di lavaggio e le acque meteoriche. Nel caso di costruzione di nuovi contenitori, per aziende in cui vengano prodotti più di 6.000 kg di azoto all’anno, ne devono essere previsti almeno due separati.

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PARTE 4 Quantità utilizzabili di effluenti zootecnici

L’

applicazione al terreno di effluenti zootecnici deve essere effettuata in quantità di azoto efficiente commisurata ai fabbisogni delle colture e nei periodi compatibili con le esigenze delle stesse. E’ comunque stabilita una dose massima di effluenti distribuibile, più restrittiva nelle ZVN. In particolare: - in zone non vulnerabili da nitrati si possono applicare al massimo 340 kg di azoto proveniente da reflui zootecnici per ettaro all’anno. Su terreni caratterizzati da capacità protettiva bassa, nel caso di nuovi allevamenti o di ampliamento degli allevamenti esistenti che comporti un incremento nella quantità di azoto al campo uguale o superiore al 30 %, il quantitativo massimo non deve superare i 250 kg di azoto per ettaro all’anno; - in zone vulnerabili da nitrati il quantitativo massimo è ridotto a 170 kg di azoto proveniente da reflui zootecnici per ettaro all’anno. Si evidenzia ancora che, al di fuori del periodo di durata del ciclo della coltura principale, in zona vulnerabile da nitrati deve essere garantita una copertura dei suoli con colture apposite o devono essere effettuate idonee pratiche colturali per ridurre la lisciviazione dei nitrati, quali l’interramento di paglie e stocchi.

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PARTE 5 Accumulo di letami sui terreni

iene inteso come accumulo il deposito temporaneo di letame sui terreni non ancora lavorati, dove dovrà poi essere utilizzato. Il cumulo può essere fatto solo dopo un idoneo periodo di maturazione, ovvero dopo lo stoccaggio su platea. L’accumulo Devono essere rispettate può essere protratto per le seguenti distanze minime un massimo di tre mesi e » 5 m da scoline o reticolo minore di drenaggio non può essere ripetuto » 30 m da sponde di corsi d’acqua naturali o artificiali nello stesso punto per più » 40 m dall’arenile per le acque lacuali e da alcuni corpi idrici di una stagione agraria. » 50 m da abitazioni Vengono anche definite » 20 m da strade distanze minime da stra(escluse quelle interpoderali e agrosilvopastorali) de, case, ecc., entro le » vietato nei terreni in Fascia fluviale A quali è vietato realizzarlo.

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PARTE 6 Divieto di utilizzo di letami e concimi chimici

L’

utilizzazione agronomica dei letami è sempre vietata nei boschi e sulle superfici non interessate dall’attività agricola, fatta eccezione per le aree a verde pubblico e privato e per le aree soggette a recupero e ripristino ambientale nella fase di impianto e successivo mantenimento. In tutti questi casi, nelle zone vulnerabili da nitrati, è altresì vietato l’utilizzo di altri ammendanti organici e di concimi azotati. Sono inoltre definite distanze minime da particolari recettori entro le quali è vietato l’utilizzo di letami in zone non vulnerabili e di letami, ammendanti e concimi chimici in zone vulnerabili, nonchè altre particolari condizioni di divieto.

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PARTE 7 Divieto di utilizzo liquami

L’utilizzazione agronomica di liquami, così come per i letami, è sempre vietata nei boschi e sulle superfici non interessate dall’attività agricola. In queste aree, nelle zone vulnerabili da nitrati, è inoltre vietato l’utilizzo di altri ammendanti organici e concimi azotati. Sono inoltre definite distanze minime da particolari recettori entro le quali è vietato l’utilizzo di liquami, a seconda che si ricada o no in zone vulnerabili, nonchè altre particolari condizioni di divieto.

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PARTE 8 Divieti specifici

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elle zone vulnerabili da nitrati sono stati individuati determinati periodi dell’anno durante i quali è sempre vietato lo spandimento di effluenti zootecnici, nonchè l’utilizzo di concimi azotati e ammendanti organici. Nello specifico, i periodi di divieto sono: a) dal 15 novembre al 15 febbraio per i concimi azotati e gli ammendanti organici, per i letami e i materiali ad essi assimilati, ad eccezione delle deiezioni degli avicunicoli essiccate con processo rapido a tenori di sostanza secca superiori al 65% per le quali vale il periodo di divieto dal 1° novembre al 28 febbraio; b) per i liquami ed i materiali ad essi assimilati: 1) dal 15 novembre al 15 febbraio, nel caso di terreni con prati avvicendati, cereali autunno-vernini, colture ortive, arboree con inerbimento permanente o con colture di copertura; 2) dal 15 ottobre al 15 febbraio, nel caso di terreni destinati a colture diverse da quelle di cui al punto precedente. Pertanto, nel caso di monosuccessione di colture primaverili-estive come il mais, il periodo di divieto di spandimento è pari a quattro mesi (dal 15 ottobre al 15 febbraio), che si riducono a tre se viene seminata una coltura di copertura (cosiddette cover crop). Nelle zone non vulnerabili da nitrati il periodo in cui è vietato l’uso agronomico di liquami va dal 1/12 al 31/01.

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PARTE 9 Modalità di utilizzo per concimi chimici

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elle zone vulnerabili le concimazioni azotate sono consentite soltanto in presenza della coltura o al momento della semina, ad eccezione dei seguenti casi di presemina: 1) su colture annuali a ciclo primaverile estivo, limitando al massimo il periodo intercorrente tra fertilizzazione e semina; 2) con impiego di concimi contenenti più elementi nutritivi. In entrambi questi casi, tuttavia, la somministrazione di azoto in presemina non può essere superiore a 30 chilogrammi per ettaro. Inoltre, non sono ammessi apporti in un’unica soluzione superiori ai 100 Kg/Ha di azoto per le colture erbacee ed orticole ed a 60 Kg/Ha per le colture arboree.

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PARTE 10 Documenti di trasporto

I

l trasporto degli effluenti zootecnici deve, in taluni casi, essere accompagnato da apposita documentazione. Sono da distinguere tre casistiche: • trasporto in conto proprio, che necessita del documento di trasporto se la produzione di azoto al campo supera i 3.000 kg e i reflui vengono utilizzati su terreni in uso all’azienda produttrice o se l’azienda che utilizza i reflui impiega più di 3.000 kg di azoto al campo proveniente dagli effluenti zootecnici. In questi casi il documento di trasporto consta semplicemente nella copia della Comunicazione presentata; • trasporto in conto terzi: il contoterzista deve provvedere a trasportare gli effluenti con copia della Comunicazione (del produttore o dell’utilizzatore degli effluenti), descrizione della natura e quantità degli effluenti trasportati, indicazione del mezzo di trasporto utilizzato, nonchè estremi identificativi dell’azienda destinataria; • trasporto di effluenti zootecnici di aziende con produzione azotata di origine zootecnica superiore a 3.000 kg su terreni diversi da quelli in uso all’azienda. In questo caso il documento di trasporto è costituito da copia della Comunicazione, descrizione della natura e quantità degli effluenti trasportati, libretto di circolazione del mezzo di trasporto utilizzato, nonchè estremi identificativi dell’azienda destinataria.

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PARTE 11 Utilizzazione agronomica delle acque reflue

ino ad ora si è parlato esclusivamente della gestione ed utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici. Nel Regolamento 10/R, tuttavia, vengono prese in considerazione anche alcune tipologie di acque reflue che possono essere utilizzate agronomicamente e sono completamente assimilabili ai liquami e, pertanto, gli obblighi burocratici sono gli stessi previsti per tali reflui. Possono essere impiegate per l’utilizzazione agronomica solo le acque reflue provenienti da: a) imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del fondo o alla silvicoltura;

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b) imprese dedite all’allevamento di bestiame che dispongono di almeno un ettaro di terreno agricolo funzionalmente connesso con le attività di allevamento e di coltivazione del fondo per ogni 340 chilogrammi di azoto presente negli effluenti zootecnici prodotti in un anno; c) imprese dedite alle attività riportate sopra che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente in misura prevalente dall’attività di allevamento o di coltivazione dei fondi di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità; d) aziende agro-alimentari appartenenti ai settori lattiero-caseario, vitivinicolo e ortofrutticolo che producono quantitativi di acque reflue contenenti sostanze naturali non pericolose non superiori a 4.000 mc all’anno e comunque contenenti, a monte della fase di stoccaggio, quantitativi di azoto non superiori a 1.000 Kg all’anno. I divieti di utilizzo agronomico delle acque reflue sono gli stessi dei liquami, riportati precedentemente, a seconda che si ricada in zona vulnerabile o in zona non vulnerabile da nitrati. Non sono imposti divieti rigidi per l’ubicazione delle vasche di stoccaggio, ma le stesse devono essere posizionate tenendo conto delle condizioni locali, in particolare rispetto alla presenza di abitazioni, strade, autostrade, ferrovie e confini di proprietà. I contenitori devono garantire la tenuta idraulica al fine di evitare fenomeni di inquinamento e devono avere dimensioni tali da garantire una capacità minima di stoccaggio pari a 90 giorni. Queste acque non possono essere impiegate per più di un terzo rispetto al fabbisogno irriguo delle colture. Le acque reflue prodotte dalle imprese agricole, se non utilizzate agronomicamente, sono soggette alla disciplina sugli scarichi (ai sensi del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale”), parimenti a quelle provenienti dai servizi igienici presenti in azienda, che non possono essere immesse nelle vasche di stoccaggio degli effluenti zootecnici. Tutte queste acque reflue, se non convogliate in una pubblica fognatura, devono essere dapprima depurate – tramite specifici sistemi di trattamento – e successivamente scaricate o in acque superficiali (torrenti, bealere, ecc.) o negli strati superficiali del sottosuolo (pozzi assorbenti, trincee di subirrigazione, ecc.). In ogni caso, lo scarico deve essere preventivamente autorizzato e deve essere effettuato rispettando tutte le prescrizioni contenute nell’autoriz

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zazione medesima. Si ricorda, infine, che i prelievi di acqua superficiale o sotterranea necessari per la gestione dell’allevamento sono soggetti a concessione provinciale. La quantità concessa è determinata in relazione agli utilizzi previsti ed in particolare al tipo di allevamento, nonché al numero di capi e alle corrispondenti tonnellate di peso vivo.

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PARTE 12 Conclusioni

Le novità introdotte dal Regolamento 10/R rappresentano una sfida importante per tutte le aziende agricole, non solo per quelle zootecniche. L’aspetto principale è legato alla necessità di modificare abitudini oramai consolidate, in primis quella di considerare i reflui zootecnici, specialmente i liquami, come sottoprodotti di cui “disfarsi”, al pari di un rifiuto. Troppo spesso si sente parlare di “smaltimento” dei reflui e non già di utilizzo, proprio perché ci si dimentica che, se ben gestiti, essi rappresentano una fonte importante di elementi nutritivi per le colture e, grazie al loro contenuto in sostanza organica, concorrono a mantenere la fertilità dei terreni. Non tener conto del contenuto in azoto, fosforo e potassio dei reflui, inevitabilmente porta ad eccedere con le concimazioni chimiche. In questo modo non solo si causano diffusi fenomeni di inquinamento delle acque ma si fanno anche lievitare inutilmente i costi delle concimazioni. Forse è questa la vera sfida del Regolamento 10/R: indirizzare gli imprenditori agricoli ad adottare tecniche di concimazione razionali, in grado di coniugare in modo adeguato e soddisfacente le esigenze ambientali e produttive.

Il volume è stato curato da CLAUDIO SALSA, Responsabile CAA Coldiretti Novara Vco I testi sono stati tratti ed elaborati sulla base del volume “Il Regolamento 10/R e la gestione dei reflui zootecnici” edito dalla Provincia di Torino Direzione editoriale di FRANCESCO RENZONI, Direttore Coldiretti Novara Vco La presente pubblicazione, a carattere informativo-divulgativo, non sostituisce la normativa comunitaria, nazionale e regionale di riferimento.

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PARTE PRIMA Novità introdotte dal Regolamento 10/R................................................2 • Le zone vulnerabili da nitrati...................................................................2 • Letami e liquami....................................................................................3 • La situazione attuale in provincia di Novara...........................................4 • PARTE SECONDA Obblighi burocratici per le aziende.......................................................5 • PARTE TERZA Stoccaggio degli effluenti zootecnici......................................................8 • • Box 2: tolleranze massime ammissibili per l’adeguamento strutturale dell’azienda............................................10 • Box 3: modalità costruttive vasche e platee...........................................11 PARTE QUARTA Quantità utilizzabili di effluenti zootecnici............................................12 • PARTE QUINTA Accumulo di letami sui terreni..............................................................12 • PARTE SESTA Divieto di utilizzo di letami e concimi chimici......................................13 • PARTE SETTIMA Divieto di utilizzo liquami...................................................................14 • PARTE OTTAVA Divieti specifici...................................................................................15 • PARTE NONA Modalità di utilizzo per concimi chimici..............................................15 •

INDICE

PARTE DECIMA Documenti di trasporto........................................................................16 • PARTE UNDICESIMA Utilizzazione agronomica delle acque reflue......................................16 • PARTE DODICESIMA Conclusioni..........................................................................16 •

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Franz Adam - La Stalla


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