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Veltroni vara un movimento per stare “dentro e fuori” il Pd. Ma perché nessuno pensa agli elettori che sono scappati?y(7HC0D7*KSTKKQ(

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€ 1,20 – Arretrati: € 2,00 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009

Venerdì 17 settembre 2010 – Anno 2 – n° 245 Redazione: via Orazio n° 10 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230

PADANIA LADRONA

Dal Piemonte al Veneto impazza la parentopoli leghista. E poi: mazzette e rapporti con la ‘ndrangheta La celebrata diversità del Carroccio è diventata una favola. Non fanno eccezione i ministri di Bossi che da una parte insultano Roma ladrona e poi fanno pagare a tutti noi la truffa Barbacetto, Milosa, Paolin e Zanca pag. 2 - 3 z delle quote latte

Sui rom l’urlo di Sarkozy gela la Ue E l’Italia è pronta a fare peggio Il simbolo del Sole delle Alpi

ADRO x La scuola marchiata

Ecco la prova questo simbolo è della Lega Nel 1998 la società editrice della “Padania” ha registrato il Sole delle Alpi Avesani pag. 6 z

Cacciati Bambini rom sgomberati dalla Francia e in viaggio per la Romania (FOTO OLYCOM)

Battistini, Biscotto, Gramaglia e Marsilli pag. 4 - 5 z

MOSTRA DI VENEZIA x Il ministro si scopre critico cinematografico e minaccia interventi punitivi

CAMERATA BONDI: I GIURATI LI SCELGO IO di Malcom

Pagani

all’anno prossimo, visto che la Mostra è finanziata dallo Stato, voglio mettere becco anche nella scelta dei membri della giuria”. Sandro Bondi desidera tornare all’antico. pag. 15 z

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Udi Carlo Tecce GARIMBERTI CENSURA CROZZA è ressa in Rai per vincere il C’ concorso di “miglior censore dell’anno”. Masi ha provato a staccare i concorrenti con il decalogo per controllare le trasmissioni. E Garimberti scrive proprio al dg per segnalare il turpiloquio del comico. pag. 8 z

Il titolare dei Beni Culturali attacca Muller, Tarantino e il cinema italiano: “Dare soldi ai brutti film è puro assistenzialismo”

Lerici legge il mare rassegna di letteratura e cultura marinaresca 17/19 settembre OSPITI D’ONORE

ROBIN KNOX-JOHNSTON e ALEX BELLINI 35 incontri con scrittori di mare, 2 convegni, 1 maratona di lettura, 2 mostre fotografiche e migliaia di libri di mare, imbarchi gratuiti su barche d’epoca.

WWW.LERICILEGGEILMARE.IT L’unica rassegna che fa navigare i lettori.

Promossa da Comune di Lerici In collaborazione con MURSIA

, Soc. Marittima di Mutuo Soccorso Lerici.

Udi Eduardo Di Blasi PD, WALTER CONTA LE SUE TRUPPE manda in giro tra i Vun eltroni parlamentari democratici documento su cui chiede

Udi Luca Telese BOBO: ORA VIA TUTTI I LEADER a cercare Sergio Staino, la Vperaibandiera della satira politica, chiedere a lui come vede il grande terremoto della sinistra che non c’è. Come spiega la sciagura delle lotte intestine, delle faide antiche fra dirigenti, fra vecchio e nuovo. pag. 9 z

di apporre una firma, e frattanto sceglie Repubblica Tv per dire che non è il caso di stare tutti attorno “a una barca che fa acqua”. pag. 9 z

CATTIVERIE La scuola scoppia: anche 35 alunni per classe. Si pensa già a un’amnistia. (www.spinoza.it)

Il Codice da Feltri di Marco Travaglio

empre più spesso una classe politica con “standard etici una tacca sotto quelli di chi inchiappetta i bambini” (Woody Allen) pretende d’insegnare ai giudici come fare i giudici: chi interrogare, intercettare, arrestare, assolvere, condannare. Il ministro Sacconi che, essendo stato craxiano, di manette dovrebbe intendersi un po’, spiega ai giudici di Torino che bisogna arrestare Rubina Affronte, la sciagurata attivista di un centro sociale, figlia di un magistrato fiorentino, che ha colpito Raffaele Bonanni con un fumogeno. Anche Gasparri, che quando si tratta di dire una scempiaggine non si tira mai indietro, vuole “capire dai magistrati di Torino perchè non è stata arrestata la ragazza” e non vorrebbe “che non fosse stata arrestata perché è figlia di un magistrato”. Stesse idiozie scrive Paolo Granzotto sul Giornale (e dove se no?). Il Pg di Torino, Marcello Maddalena, soddisfa subito la curiosità di cotali giureconsulti: la ragazza non è stata arrestata perché non si può, il Codice penale non prevede la custodia cautelare per il reato di lancio di oggetti pericolosi (altrimenti sarebbero in galera i responsabili di Radio Vaticana e di altre più note emittenti, indagati per lo stesso reato avendo diffuso onde elettromagnetiche cancerogene). “Polizia e magistratura – scrive Maddalena - si sono limitate ad applicare scrupolosamente la legge, che non contempla nessuna possibilità di misure restrittive della libertà personale, la cui adozione nei casi non consentiti comporterebbe addirittura una responsabilità dello Stato per ingiusta detenzione”. E toccherebbe pure risarcire la tipa. Ma l’Italia, oltre a 60 milioni di commissari tecnici della Nazionale, conta pure migliaia di giuristi per caso che inventano codici penali inesistenti a uso e consumo del padrone, il solito. Particolarmente apprezzati per spessore giuridico i professori Feltri e Belpietro, i cui pensosi busti in granito terranno presto compagnia alle statue dei Grandi del Diritto all’ingresso della Cassazione. Ora i due vorrebbero tanto che la Procura di Roma interrogasse Fini e, possibilmente, lo arrestasse perché il fratello della sua compagna ha affittato il famoso alloggio a Montecarlo. Quale reato abbia commesso Fini (ma anche il cognato) non è dato sapere, così come -avendo la Procura aperto un’indagine contro ignoti per truffa - non è ben chiaro chi avrebbe truffato chi. In ogni caso si procede con interrogatori e rogatorie in mezzo mondo anche durante la pausa feriale per smascherare gli autori dell’orrendo delitto. Ma anziché ringraziare i pm romani che prendono sul serio storie prive di rilevanza penale regalando loro qualche altra settimana di prime pagine, Il Giornale e Libero li accusano di voler “salvare Fini” e “graziare Tulliani”. E, si capisce, di perseguitare B. nell’inchiesta sulla P3, dove invece i reati sono piuttosto evidenti e un indagato conferma ciò che Il Giornale e Libero avevano sempre negato: “Cesare”, il misterioso utilizzatore finale dei maneggi pitreisti, è B.. Titoli di Libero: “Fini, Lamorte dell’inchiesta. Insabbiamento. Il giallo c’è ma i pm sentono solo l’ex amministratore di An e non affondano. Il cognato è graziato”. “Le toghe vogliono sentire la segretaria di Fini. Perché non il cognato?”. “Il patto di Gianfranco con i giudici”. Il Giornale: “Ennesimo attacco delle Procure. I soliti pm vogliono sentire Berlusconi sulla P3… Tulliani invece non sarà sentito”. I sapientoni ignorano che interrogare un indagato o un teste in fase d’indagine non è un obbligo: si fa solo se serve. Sentire uno di cui già si sa o si prevede cosa dirà è tempo sprecato. Il che non influisce minimamente sul giudizio di innocenza o di colpevolezza. Ma Feltri e Belpietro usano il Codice Ghedini, un testo elementare di tre soli articoli, anche per venire incontro alle capacità mentali dei loro lettori. Articolo 1: “B. è sempre innocente”. Articolo 2: “Decide B. chi è innocente o colpevole”. Articolo 3: “Chiunque sta sulle palle a B., anche se non ha fatto niente, è sempre colpevole e va condannato al massimo della pena”.

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Brancher, le motivazioni della condanna: “Prezzolato e ricettatore”

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PADANIA LADRONA

ldo Brancher è un “ prezzolato” e pure un “ ricettatore”, perché i soldi ottenuti dall’ex banchiere Gianpiero Fiorani erano di provenienza illecita. Soldi che uno dei cosiddetti “ furbetti del quartierino” ha dato tra il 2001 e il 2005 all’attuale deputato del Pdl in virtù “del suo ruolo significativo all’interno del partito di appartenenza (Forza Italia, ndr)” e per le sue “ottime relazioni con

esponenti di altri partiti”, cioè la Lega. Lo scrive nelle motivazioni il giudice Annamaria Gatto del tribunale di Milano, che il 28 luglio scorso ha condannato Brancher a 2 anni di carcere e a 4 mila euro di multa. Il processo, nato da un filone dell’inchiesta sulla tentata scalata ad Antonveneta, è stato caratterizzato da un fatto senza precedenti: a giugno Brancher è stato nominato ministro (per il Federalismo, trasformato in

Decentramento) da Berlusconi, che gli ha voluto lanciare il salvagente del legittimo impedimento ad hoc. La norma, che congela i dibattimenti del premier e dei ministri fino a 6 mesi di seguito, già ai primi di luglio è stata presentata in Tribunale dal pidiellino che – nonostante non avesse alcuna delega – accampava impegni istituzionali fino al 7 ottobre. Ma le forti polemiche hanno costretto Brancher a dimettersi

MAZZETTA VERDE LA TRIONFERÀ Soldi, truffe, abusi all’ombra della Lega di Gianni Barbacetto

ega ladrona? I casi di malcostume e corruzione all’ombra del Carroccio si moltiplicano, tanto che un dirigente sempre abile ad annusare l’aria che tira, come il governatore del Veneto Luca Zaia, ha ammesso l’esistenza di una questione morale dentro la Lega. “Non possiamo permetterci di essere criticati per i nostri comportamenti amministrativi”, ha dichiarato Zaia,

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“noi della Lega abbiamo il dovere d’essere doppiamente puliti rispetto agli altri, perché da noi i cittadini si aspettano il massimo del rigore”. Invece proprio dal Veneto arrivano gli ultimi casi di pulizia non proprio perfetta. Il senatore della Lega Alberto Filippi, di Vicenza, è accusato dal faccendiere Andrea Ghiotto di avere un ruolo nella maxi evasione scoperta ad Arzignano, feudo padano e distretto della concia. Una brutta storia di tas-

UN CONSULENTE IN PROVINCIA

Musica (e poltrone) per le loro orecchie

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l consulente musicale. Impossibile per una Provincia farne a meno. La giunta leghista di Brescia è corsa subito ai ripari e nel luglio 2009, un mese dopo la vittoria alle elezioni, ha colmato il vuoto. Destinatario dell’incarico: Ezio Rojatti, già direttore della prestigiosa Orchestra sinfonica della Padania. Ricordano le cronache del 1999: “Bossi, in abito scuro, era in prima fila insieme con la moglie e i figli per assistere al concerto dell'Orchestra sinfonica della Padania diretta da Rojatti”. Al Pd la nomina è sembrata stonata: “Niente da dire su Rojatti, ma è un musicista targato Lega. Negli anni scorsi il Carroccio, al governo in Friuli, gli aveva già assegnato la direzione artistica dell’inutile Orchestra regionale”. Oggi il maestro dirige l’Orchestra Cantelli di Milano, ma è anche consulente della provincia di Brescia (66mila euro in due anni). La musica, però, deve essere grata a Rojatti: chi riesce a far ascoltare Boccherini, Haydn e Schubert al Trota e al Senatùr in abito scuro merita di essere nominato consulente musicale. (f.sa.)

se non pagate e di controlli aggirati: le indagini, in corso, diranno se anche a suon di mazzette. A Verona, Gianluigi Soardi, presidente dell’azienda del trasporto pubblico cittadino Atv (ma anche sindaco leghista di Sommacampagna), si è dimesso dopo che la polizia giudiziaria è piombata nei suoi uffici e ha sequestrato documenti contabili da cui risulterebbero spese gonfiate e ingiustificate. Camillo Gambin, storico esponente del Carroccio ad Albaredo d’Adige (Verona), è agli arresti domiciliari per una brutta storia di falsi permessi di soggiorno rilasciati in cambio di denaro. Alessandro Costa, assessore alla sicurezza di Barbarano Vicentino, è indagato per sfruttamento della prostituzione: gestiva siti di annunci a luci rosse. Nel vicino Friuli-Venezia Giulia, il presidente del consiglio regionale, Edouard Ballaman, si è dimesso dopo essere finito nel mirino della Corte dei conti per una settantina di viaggi in auto blu fatti più per piacere che per dovere. In passato, Ballaman aveva realizzato uno scambio di favori incrociati con l’allora sottosegretario all’Interno (e tesoriere della Lega) Maurizio Balocchi: l’uno aveva assunto la compagna dell’altro, per aggirare la legge che vieta di assumere parenti nel medesimo ufficio. Aveva anche ottenuto l’assegnazione pilotata della concessione di una sala Bingo. In principio fu Alessandro Patelli, “il pirla”, come fu definito da Umberto Bossi: l’ex tesoriere della Lega dovette ammettere nel 1993 di aver incassato 200 milioni di lire dalla

Ferruzzi, causando a Umberto Bossi una condanna per finanziamento illecito. Poi a foraggiare il Carroccio arrivò il banchiere della Popolare di Lodi Gianpiero Fiorani, che nel 2004 non solo salvò la banchetta della Lega, Credieuronord, da un fallimento clamoroso, ma finanziò generosamente il partito di Bossi con oltre 10 milioni di euro, tra fidi e finanziamenti. Con anche più d’una mazzetta, secondo quanto racconta Fiorani: una parte dei soldi consegnati dal banchiere di Lodi ad Aldo Brancher, parlamentare di Forza Italia e poi del Pdl, erano per Roberto Calderoli. “Ho consegnato a Brancher una busta con 200 mila euro... Quella sera Brancher doveva tenere un comizio a Lodi per le elezioni amministrative... Mi disse che doveva dividerla con Calderoli (poi archiviato, ndr) perché il

ministro aveva bisogno di soldi per la sua attività politica”. Non ha fatto una gran bella figura neppure Roberto Castelli, che da ministro della Giustizia, tra il 2001 e il 2006, è riuscito a meritarsi un’indagine per abuso d’ufficio per il suo piano di edilizia carceraria, af-

fidato all’amico Giuseppe Magni; e una condanna della Corte dei Conti a rimborsare 33 mila euro, perché la consulenza era “irrazionale e illegittima”. Aldo Fumagalli, ex sindaco di Varese, è indagato (peculato e concussione) per un giro di fal-

Presenza sul territorio

La mappa delle indagini sulle amministrazioni del profondo Nord

Zaia, ministro & porchetta L’ex ministro dell’Agricoltura ad Ariccia, Roma, per rilanciare i consumi di carne di maiale (FOTO ANSA)

COOP LOMBARDE Le produzioni extra e le coperture di Bossi & co.

Truffe e maximulte: il calice amaro delle quote latte di Chiara

Paolin

ella storia infinita delle quoNgnificativo te latte, un piccolo ma sicontributo è stato scritto ieri dalla quarta sezione del tribunale civile di Milano. Due cooperative dai nomi più che padani, La Latteria e La Lombarda, dovranno risarcire le parti civili che hanno chiesto di essere ammesse in giudizio come parte lesa: il giudice monocratico Oscar Magi ha infatti deciso che Coldiretti, Confagricoltura, Regione Lombardia e Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea) potranno chiedere un risarcimento alle due coop in caso di condanna. L'indagine fa riferimento ai periodi 2003-2004 e 2008: la Guardia di Finanza l'aveva chiamata operazione Golden Milk

perché il danno erariale si aggirava sui 100 milioni di euro. Pesanti le accuse per i due rappresentanti legali arrestati nel febbraio 2009: Gianluca Paganelli per La Latteria e Alessio Crippa per La Lombarda devono rispondere di peculato e truf-

Irregolarità per oltre 100 milioni di euro sottratti allo Stato E le sanzioni europee si accumulano

fa aggravata. Un brutto colpo per la Lega Nord visto che si tratta di due appartenenti ai Cobas del latte, i piccoli produttori che Bossi senior ha sempre difeso a spada tratta decidendo di dilazionare all'infinito il pagamento delle multe, invocando per loro un ruolo di vittime strapazzate dalle assurde pretese dei burocrati europei. Ma come funzionava il sistemino Latteria&Lombarda? Dopo aver avuto dalla Regione Lombardia l'autorizzazione a ritirare il latte e a pagarlo agli allevatori, le due cooperative non versavano allo Stato - ovvero all'Agea - il cosiddetto super prelievo, ovvero le multe previste dall'Ue per chi produce fuori dalle quote assegnate. In pratica, gli “splafonatori” intasca-

vano sia i legittimi pagamenti per il latte che avevano diritto di mungere (e poi mettere sul mercato), sia quelli che invece dovevano essere trattenuti dalle due cooperative perché rappresentavano gli importi dovuti all'amministrazione pubblica per la superproduzione. Da segnalare che nel 2008 le due coop sono state anche condannate dalla Corte dei conti della Lombardia a pagare 15,5 milioni di risarcimento all'erario. Le indagini della Guardia di Finanza di Milano, allora coordinate dal pm Frank Di Maio, scoprirono irregolarità estese a tutto il Nord per un gruzzolo di oltre 330 milioni di euro sottratti allo Stato. I rappresentanti di 18 cooperative, cui facevano capo migliaia di allevatori, furono indagati per la più gran-

de truffa sulle quote latte mai scoperta tra Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna. Storie antiche ma sempre attuali, che l’Europa guarda con disagio crescente. Dopo i 3,5 miliardi di multe ancora non pagate all’Ue, ci si attende ora una nuova mazzata per il cosiddetto emendamento Trota contenuto nell’ultima finanziaria, ovvero un altro miliardo (almeno) che i contribuenti si ritroveranno sul groppone per aver rimandato a fine 2010 i pagamenti dovuti da una minima - e assai leghista - quota di allevatori protetti stavolta da Bossi jr. Un argomento tabù ora per il governo, visto che l’unico rapporto funzionante nella maggioranza è quello Cavaliere-Se-

natùr. Eppure solo qualche giorno fa il vicepresidente della Commissione Ue Antonio Tajani, intervenuto al Meeting della Confesercenti di Gubbio, non ha usato eufemismi: "Sulle quote latte la colpa è soltanto italiana. E’ stato sottovalutato il problema pensando che le multe tanto non si sarebbero mai pagate. Poi invece, come a casa, ti arriva la cartella con l'importo quadruplicato. Anche le imprese capiscano che gli uffici di Bruxelles sono importanti e non servono solo a mandarci i funzionari che scocciano”. E se lo dice un berlusconiano vero come Tajani, anche qualche leghista dovrà cominciare a riflettere. Magari mentre pensa a come trovare i soldi per pagare Coldiretti, Confagricoltura, Regione Lombardia e Agea.


Venerdì 17 settembre 2010

PADANIA LADRONA (con tanto di annuncio in tribunale) e a scegliere il male minore: il rito abbreviato che prevede lo sconto di un terzo della pena. E così, anche se dovesse essere condannato definitivamente, non andrà mai in carcere grazie all’indulto. Nelle motivazioni del giudice si legge che “appare del tutto plausibile” quanto affermato da Fiorani: con Brancher c’era “una sorta di intesa” per incassare “500/600 mila euro a più riprese” per

“interventi diretti ad influenzare le nomine dei candidati alle elezioni nella circoscrizione lodigiana”. Effettivamente – ricorda la stessa Gatto - tra marzo e aprile 2001, Brancher riceve 200 mila euro e a Lodi, alle politiche del 13 maggio, viene candidato (ed eletto) Vittorio Falsitta, “gradito all’ad”. Nelle motivazioni si parla anche di altri 200 mila euro consegnati a Brancher da Fiorani a fine marzo 2005.

Metà di quei soldi – secondo l’ex banchiere – il deputato li avrebbe dati all’attuale ministro Roberto Calderoli. L’esponente leghista ha negato ogni addebito davanti al pm Eugenio Fusco. Brancher invece non si è mai fatto interrogare. Il sostituto, di fronte alla sola parola di Fiorani, ha chiesto e ottenuto dal gip l’archiviazione per Calderoli. Antonella Mascali

“Tengo famiglia” la parentopoli è padana

Vecchi tempi Una manifestazione del 2004 davanti alla Camera (FOTO LAPRESSE)

DALLA SEGRETERIA DI COTA ALLO ZOOSAFARI DI BUSSOLENGO: PIAZZATI AMICI, MOGLI E FIGLI DI di Paola Zanca

o dice un vecchio detto, il pesce puzza dalla testa. Dunque nessuno si stupisca se la Lega, il partito che doveva marciare su Roma per distruggere la Casta e i privilegi, si è trasformato nella più classica delle macchine piazza-parenti. Bastava dare un'occhiata a quello che ha combinato lui, l'Umberto, per capire come sarebbe andata a finire. Suo fratello Franco lo piazzò a Bruxelles a fare da assistente all'eurodeputato leghista Matteo Salvini. Ci provò anche con il primogenito Riccardo, ma tornò a casa appena il fattaccio finì sui giornali: “È assurdo che mi venga vietata ogni esperienza solo perché ho un cognome importante”, si rammaricò. Erano ancora lontani i tempi di Renzo, il figlio prediletto: oggi comunque anche la Trota è sistemata, seduto sugli scranni del consiglio regionale lombardo. Restano senza incarichi gli altri due eredi, Eridano Sirio e Roberto Libertà. Ma c'è tempo. Forse potranno trovare un posto alla Bosina, la scuola privata, di ispirazione chiaramente padana, fondata da mamma Manuela Marrone, che ha ricevuto un contributo di 800mila euro dal governo nazionale. Ecco, con una testa così, da quel pesce non potevamo che aspettarci di peggio. E basta mettere insieme le notizie che arrivano dal profondo Nord per disegnare una mappa della Parentopoli leghista. Che non dovrebbe lasciare indifferenti gli elettori del Carroccio. Cominciamo dal Piemonte, dove Lo Spiffero, il Dagospia di Torino, ha raccontato la “Fami-

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se cooperative. Matteo Brigandì, ex assessore al Bilancio della Regione Piemonte, è stato processato per truffa, per falsi rimborsi alle zone alluvionate. Francesco Belsito, sottosegretario alla Semplificazione, esibisce una laurea fantasma, presa forse a Malta. Monica Rizzi, assessore allo Sport della Regione Lombardia, si proclama psicologa e psicoterapeuta senza avere la laurea e senza essere iscritta agli appositi ordini professionali, tanto che la procura di Milano sta indagando per abuso di titolo. Cattive notizie anche dall’Emilia-Romagna, zona di più recente espansione del Carroccio. Il vicesindaco di Guastalla (Reggio Emilia), Marco Lusetti, a giugno è stato accusato di irregolarità nella gestione dell’Enci (Ente nazionale per la cinofilia) di cui era commissario ad acta: aveva ordinato bonifici a se stesso con soldi dell’ente per 187 mila euro (poi non incassati). Il padre padrone della Lega emiliana, il parlamentare Angelo Alessandri, si è invece fatto pagare dal partito

Questione morale

Dove è finito il partito del cappio in Parlamento e di “Roma ladrona”?

le multe (per un totale di 3 mila euro) per eccesso di velocità o per transito in corsie riservate. Il capogruppo del Carroccio alla Regione Emilia-Romagna, Mauro Manfredini, e altri candidati del suo partito (Mirka Cocconcelli, Marco Mambelli) rischiano invece una maximulta (fino a 103 mila euro a tasta) per non aver consegnato, come prevede la legge, un resoconto preciso delle spese elettorali. Dov’è finito il partito che inveiva contro Roma ladrona?

gliopoli subalpina”: una clamorosa infornata di mogli, cugini e cognati che Roberto Cota ha portato a segno da quando è diventato presidente. Nella sua segreteria c'è Michela Carossa, figlia di Mario, capogruppo della Lega in Regione. Capo di gabinetto del governatore è Giuseppe Cortese, che ha trovato lavoro pure alla moglie, Isabella Arnoldi, diventata portavoce dell'assessore leghista Massimo Giordano, fedelissimo di Cota. Per loro, può darsi che la pacchia finisca al massimo tra cinque anni. C'è invece chi, grazie alla Lega, si è costruito un futuro garantito. È il caso delle cinque vincitrici di un concorso per funzionari della Provincia di Brescia, come racconta Il Riformista. Ci hanno provato in 700 a conquistarsi il posto fisso, ci sono riusciti in 8, e per più della metà c'è puzza di raccomandato. Ha vinto Sara Grumi, figlia di Guido, assessore leghista al Comune di Gavardo e candidato alle ultime regionali. C'è Katia Peli, nipote dell'assessore provinciale all'Istruzione, leghista pure lui, Aristide Peli. Lavoro assicurato anche per Silvia

“Occupazione” militare di posti, consulenze, enti locali E i più fedeli finiscono dritti in Parlamento

Raineri, capogruppo della Lega nel consiglio comunale di Concesio e moglie del vicesindaco di Brescia Fabio Rolfi. Vittoria anche per Cristina Vitali e Anna Ponzoni: tutte e due lavorano già in Provincia, guarda caso entrambe per l'assessorato guidato dal leghista Giorgio Bontempi.Sempre in Lombardia, questa volta a Varese, nel 2002 diventa presidente della Provincia Marco Reguzzoni, marito di Elena, figlia di Francesco Speroni, storico capo di gabinetto del Senatur quando era ministro delle Riforme. Niente paura, Reguzzoni non ha dovuto pagare il peso delle polemiche. Oggi è il capogruppo della Lega nientemeno che alla Camera dei Deputati. Restiamo sempre nel letto matrimoniale ma ci spostiamo più a est, a Verona, dove alla moglie del sindaco Flavio Tosi l'elezione del marito ha messo in

LE INCHIESTE

IL BORSINO DELLA ‘NDRANGHETA TRA VOTI, CARROCCIO E SANITÀ di Davide Milosa

e affari. Ora anche saPghetaolitica nità. Il borsino della 'ndranin Lombardia cresce. E ai già consolidati legami politici se ne aggiungono di nuovi. Quello della Lega nord è tra questi. Un brutto inciampo per Bobo Maroni, ministro padano che da mesi declama i successi del governo in fatto di lotta alla mafia. Lui guarda lontano e non si accorge come dentro al suo partito qualcuno ha già stretto amicize con i boss che a Milano continuano a comandare anche dopo il maxi blitz del 13 luglio: 300 arresti tra Calabria e Lombardia. La pietra dello scandalo si chiama Angelo Ciocca, in politica dal 1996. Alle ultime regionali ha sbancato la sua circoscrizione pavese. Quasi 19mila prefe-

renze per arrivare in Regione. Una parabola esemplare se non fosse per i suoi rapporti con Giuseppe Neri, boss della 'ndrangheta lombarda, ma anche avvocato, massone e amico di Carlo Antonio Chiriaco, presidente dell'Asl di Pavia e ras della sanità pubblica. Entrambi sono finiti in carcere a luglio. Il tutto è annotato nella richiesta di custodia cautelare firmata dai magistrati del pool antimafia di Milano. Ciocca, va detto, non risulta indagato. Qui, però, non è in gioco la responsabilità penale, ma quella politica. I rapporti con l'uomo delle cosche iniziano nel giugno 2009, quando “Neri – annotano i magistrati – ha assoluta necessità di far eleggere alle consultazioni elettorali di Pavia un proprio uomo, Rocco Del Prete, e a tal fine si rivolge

a Ciocca”. E che Del Prete sia persona vicina alla cosca non vi è dubbio. Sarà lui, infatti, a incontrare Giancarlo Abelli, deputato azzurro e fedelissimo di Berlusconi, per proporgli il piano politico del comitato d'affari messo in piedi dalla mafia calabrese. Sulle comunali c'è però un problema: la Lega non vuole Del Prete. Neri, dunque, spinge su Ciocca perché faccia pressioni sul partito. La cosa sta molto a cuore al capobastone. Per questo manda suoi emissari a parlare con l'uomo del Carroccio. “Mi ha detto – riferisce l'amico del boss dopo aver incontrato Ciocca -: non ti preoccupare che adesso noi rompiamo le palle ancora”. Neri è contento. “Se Angelo Ciocca vi dice in quel modo io non ho motivo di du-

bitare che loro romperanno le palle”. E del resto il capo della ‘ndrangheta pavese con l'enfant prodige padano ha interessi comuni “avendolo coinvolto – scrivono i pm – in belle operazioni immobiliari”, tanto da volergli dare “a basso prezzo l’ap-

La performance elettorale di Angelo Ciocca, Mr. 19mila preferenze E gli incontri con il boss

partamentino di Medigliani”, a Pavia. Luogo dove, dopo Neri e Ciocca si incontrano di persona. All’appuntamento, però, si presentano anche i carabinieri che riprendono tutto. Gli incroci tra Lega e 'ndrangheta non riguardano però solo Ciocca. Due gli obiettivi sotto la lente della procura. Il primo è l'ospedale S. Paolo di Milano. Qui da sempre le nomine vengono proposte dai colonnelli leghisti e approvate formalmente da Formigoni. Al S. Paolo, nel luglio scorso, si è suicidato Pasquale Libri, calabrese, dirigente nel settore appalti, indagato dalla Dda. Il secondo è il Pio Albergo Trivulzio dove avrebbe lavorato un'impresa legata alle cosche reggine grazie alla mediazione di un politico del Carroccio.

tasca 45 mila euro all'anno in più. Stefania Villanova lavorava già in Regione, ma è diventata tutt'a un tratto dirigente e messa a capo della segreteria dell’assessorato regionale alla Sanità. In Friuli, i leghisti le moglie se le sono incrociate. L'ex presidente del consiglio regionale Ballaman assunse Laura Pace, moglie dell'allora sottosegretario agli Interni Maurizio Balocchi. Lui si prese in carico Tiziana Vivian, ex fidanzata dello stesso Ballaman. Poi c'è il capitolo consulenti. A Padova, l'ex segretario provinciale della Lega Maurizio Conte – oggi diventato assessore nella giunta Zaia – affidò l'incarico per progettare e dirigere i lavori di un nuovo polo scolastico a suo fratello Tiziano. Con regolare bando di concorso, giura lui. E se non puoi sceglierli in famiglia, c'è comunque un partito che ti assiste. Racconta il Pd Piero Ruzzante al Corriere del Veneto, di altre “designazioni” ai vertici di tre enti regionali: “Corrado Callegari in Veneto Agricoltura, impiegato di banca mestrino stipendiato con 15mila euro al mese; Antonello Contiero in Intermizoo, autista di autobus di Rovigo, premiato con 5mila euro mensili e inserito nel listino di Zaia; e Fausto Luciani in Avepa, ristoratore allo zoo-safari di Bussolengo e retribuito con ben 154mila euro annui”. Chiusura in bellezza a Bergamo. Nell'estate del 2009, racconta BergamoNews, l'architetto Silvia Lanzani, è stata incaricata, per 13.754 euro, di curare il progetto preliminare della nuova centrale di sterilizzazione dell’ospedale di Treviglio, diretto dal leghista Cesare Ercole. Silvia Lanzani è della Lega e fa l'assessore alle Infrastrutture in Provincia. Come si dice, una che lavora con la testa, con il cuore, e con il portafoglio. (Hanno collaborato Stefano Caselli, Ferruccio Sansa, Ivana Gherbaz, Erminia della Frattina)


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RAZZISTI D’EUROPA L’ETNIA SENZA PACE

10 “NOI ROM, FORZATI A TORNARE NOMADI” milioni i rom in Europa

400.000 in Francia 1.200.000 in Romania 170.000 c/a in Italia

100

mila

censiti 60% cittadini italiani

7.100 a Roma (10.100 nel Lazio) 3.500 a Milano (7.100 in Lombardia)

Le storie e le vite cancellate dall’Eliseo di Carlo Biscotto

l primo volo che riportava in Romania alcuni Rom residenti in Francia è partito da Lione il 19 agosto, tra le polemiche, con 79 persone a bordo. Senza incidenti. Da allora le espulsioni hanno conosciuto una accelerazione e, sebbene il governo francese continui a sostenere che si tratta di “ritorni volontari” per di più incoraggiati da “aiuti economici” per chi parte, ormai in tutto il mondo si parla di “deportazioni forzate” e di “voli della vergogna”. L’aeroporto di Marsiglia ha tutta l’aria di un bivacco. Intere famiglie sono accampate nel grande salone in attesa del check-in. Molti sono qui da ore, taluni da giorni. Distesa su una coperta, Marca, che dimostra meno dei 20 anni che dice di avere, ha un sorriso franco e aperto, ma l’espressione del volto tradisce la preoccupazione, la rabbia. “Da Bucarest la mia famiglia e’ stata cacciata. E ora ci rimandano in Romania! Come faremo? Dappertutto ma non lì!”. La giovane donna si guarda intorno quasi cercasse l’approvazione di quanti la circondano e condividono il suo destino. Molti annuiscono stancamente alzando appena lo sguardo. “Sono arrivata in Francia a sette anni e qui eravamo felici”, aggiunge sconsolata. “Abbiamo costruito la nostra casa raccogliendo i materiali che i francesi buttano via. In Francia la gente butta nella spazzatura autentici tesori e sarebbe stato sciocco

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di Gianni Marsilli Parigi

iene da dire: dio li fa e poi li Vbedue. accoppia. Napoleonini, amNon tanto perché piccoletti e pettoruti, ma soprattutto perché smaniosi di potere e di popolare affetto. E poi di destra, ambedue. Anche se l’uno, Nicolas, di antica destra strutturata e l’altro, Silvio, di destra peronista in italica salsa. Vanno ognuno per conto suo, ma agli incroci si ritrovano: come ieri a Bruxelles, al tavolo del Consiglio europeo. In effetti si ritrovano quando sentono il richiamo della foresta: quella lepenista il francese, quella leghista l’italiano. I muggiti sono simili.

L’elettoralismo combattente LI ACCOMUNA l’elettoralismo, quel sentirsi al meglio solo nel pieno della sarabanda, issati su un podio ad arringare folle già acquisite. Ambedue temono il confronto. La dialettica li spaventa, gli mette in crisi l’autostima, che tanto si esalta nel monologo. Di Berlusconi sappiamo le latitanze parlamentari e il bisogno di conforto giornalistico, di Sarkozy ricordiamo, solo tre anni fa, il duello televisivo con Ségolène Royal, che come trovava toni da badessa l’altro si rimpic-

non approfittarne”. Accanto a Marca suo marito, Elvis, sorride timidamente. Indossa un paio di pantaloni troppo grandi e una t-shirt scolorita. Elvis ha un aspetto quasi infantile e sembra sul punto di scoppiare a piangere. “Quando mi sono sposata con Elvis avevo 14 anni e sono ancora innamorata”, dice Marca che nel gruppo di Rom che attendono di essere imbarcati alla volta della Romania è la sola che parla perfettamente francese. Elvis aggiunge nel suo francese un po’ stentato: “non è giusto, non è giusto. Ci trattano come bestie”. Disteso sul pavimento con la testa poggiata su una valigia, Victor osserva la scena socchiudendo gli occhi e fingendo a volte di dormire. È anziano. Difficile dire quanto. Il suo sguardo sembra attraversato da ricordi lontani di viaggi, fughe, campi, fatica, dolore. Dapprima si rifiuta di parlare. “Non parlo bene francese”, si schermisce. Poi prende coraggio: “Siamo andati via dalla Romania dieci anni fa. Non c’era lavoro, non avevamo alcuna assistenza medica e io, andando avanti con gli anni, avevo bisogno di curarmi. Perché vogliono farmi tornare in Romania? Non capisco. Qui anche con piccoli lavoretti guadagnavo quanto bastava... Non sono francese, ma qui mi sentivo a casa mia”. L’altoparlante annuncia il volo “speciale” per Bucarest. Molti si affrettano, ma c’è chi se la prende comoda. Una signora di mezza età raccoglie le sue cose, prende per mano una bam-

bina, le parla affettuosamente all’orecchio come per rassicurarla e si avvia. È’ contenta di tornare in Romania? “Contenta? Ma contenta di cosa? Anche se poi quelli come noi sono destinati a stare male dappertutto. Ma qui ci eravamo abituati. I nostri figli e nipoti per lo più frequentavano la scuola francese e cominciavamo a sperare in un futuro migliore almeno per loro”. Ha gli occhi stanchi. Nemmeno una luce di speranza nello sguardo. “Perché ci fanno questo? Perché prendersela con noi?”.

“Lasciamo tutto, ma torneremo” LE CAMMINA ACCANTO Alessio, suo marito. “Torno in Romania dove si lavora 30 giorni al mese, 15 ore al giorno per un salario di 150 euro che non basta a sfamare la famiglia”. Trascina i piedi sotto il peso dei bagagli mentre si avvicina al banco del check-in. “Siamo Rom o Sinti. Facciamo parte dell’Unione europea. Parlano di libera circolazione delle persone. Vale per tutti tranne che per noi? Mi piacerebbe chiederlo al presidente Sarkozy. Ma tanto sono sicuro che non saprebbe cosa rispondere”. Chiude la fila una coppia sulla trentina seguita da tre figli. Colpisce il loro aspetto dignitoso, lo sguardo fiero. Sono ben vestiti, quasi curati. Camminano a qualche metro da chi li precede come a marcare una distanza. La donna si chiama Svedolina. È bulgara, ma suo marito, An-

ton, è rumeno. A differenza degli altri hanno l’aria di chi fatica a capire, di chi continua a credere che possa trattarsi di un errore. “Facevo il portiere in un piccolo albergo”, racconta Anton. “La nostra era la vita normale di una qualunque famiglia francese”. E la moglie aggiunge: “abbiamo sempre rispettato le leggi; i nostri figli andavano a scuola con profitto. Non è possibile. Non è possibile!” Fanno qualche altro passo poi Anton si gira e quasi gridando dice: “Ma torneremo, torneremo. La nostra vita e quella dei nostri figli è qui”.

Berluskozy: il giano bifronte della politica europea L’ALLEANZA DEI POPULISTI SCUOTE IL CONTINENTE cioliva e rimbozzoliva. Beninteso, al francese non verrebbe in mente di storpiare la Costituzione né di dichiarare guerra alla magistratura. Ma il contraddittorio l’infastidisce. Non possiede imperi, ma esercita influenza. A volte intimidisce, come tentò di fare nel giugno scorso con Eric Fottorino, direttore di Le Monde, dicendogli a brutto muso quale fosse la sua cordata preferita per il controllo del giornale. Ma trovò una schiena dritta: la cordata che vinse fu esattamente

Se a Bruxelles B. è una buona stampella per il presidente francese, in patria l’alleanza è un boomerang

quella invisa a Sarkozy. Gli riescono meglio certi interventi indiretti sulle reti televisive, pubbliche e private (appartengono ai suoi amici più cari, come Martin Bouygues padrone di Tf1): qui ottiene la testa di un presentatore impertinente, lì fa rimpiazzare un caporedattore dei servizi politici. Come Berlusconi, affetta sovrana indifferenza: ambedue sostengono di vivere meglio senza leggere i giornali, anche se tutto fa pensare che fin dall’alba si tuffino avidamente in

vaste rassegne stampa. Amano ambedue i segreti altrui. Berlusconi quelli inconfessabili, stile Marrazzo, custoditi e riferiti da fedeli gossippari. Sarkozy è più classico, vuol sapere da dove spuntano le notizie politiche che lo infastidiscono, non le abitudini sessuali. E fa spiare Le Monde dai suoi 007, non da fotografi impudenti. Li accomuna l’inconcludenza politica e programmatica. Ambedue avevano promesso di rivoltare i rispettivi Paesi come calzini. Rivoluzione liberale di qua, rivoluzione liberale di là. Si sa, non è accaduto nulla. La Francia resta confusamente colbertista, l’Italia è diventata bordellista, il lascito culturalmente più evidente dell’era berlusconiana. Dell’apertura “a sinistra” del primo Sarkozy (i ministri, le ministre, l’effimera commissione Attali) rimane solo l’imbarazzo assai penoso di un Kouchner, la cacciata di Rachida Dati, i mal di pancia di Rama Yade. Nel frattempo la primavera del 2012 si avvicina, e allora al diavolo le

aperture. Ci sono i lepenisti da sedurre, altroché l’ex socialista Kouchner. Un calcio ai rom, e tac, il consenso per Sarkozy nell’elettorato di estrema destra passa dal 32 al 54 per cento. Uhm, che tentazione per Berlusconi, anche se Maroni già l’anticipa: in Padania c’è bisogno d’ordine e pulizia, cribbio. Li accomuna anche il fatto di avere un nemico in casa, che come si sa sono i peggiori. Il nostro se la vede con il fedifrago Fini, l’altro con l’odiatissimo Villepin.

Donne, lusso, potere e libertà LI ACCOMUNA l’attrazione per la ricchezza, anche se sarebbe far torto a Sarkozy non distinguere i modi per arrivarci. Che si sappia, il presidente francese non ha mai comprato giudici o sentenze. Però piacevano moltissimo, a Sarkozy, gli agi e i simboli del potente. Cose da ragazzino, se comparate al Paperon de’ Paperoni de’ noantri: un Ro-

“Ci trattano come bestie” dice una donna, e l’altoparlante annuncia il volo speciale per Bucarest

lex, l’invito a bordo di uno yacht, l’amicizia con un attore, con una rockstar. Piacevano, abbiamo detto, perché son state debolezze dei primi mesi della sua presidenza, poi apparentemente abbandonate. Gli valsero il soprannome bonariamente severo di presidente bling-bling, a significare l’esibizione di uno stile di vita da winner, più simile a un Fabrizio Corona che a un Silvio Berlusconi. Ci scappava di dire, infine, che li accomuna il posto che ambedue riservano al genere femminile. Falso: se l’italiano è tristemente maniacale, il francese è passionale e geloso proprio come un rom, che son cose diverse. Cecilia, Carla: storie rocambolesche ma vere. Nicolas che irrompe sul set del film di Woody Allen alle due del mattino fa simpatia per quanto poco presidenziale sia il gesto, ed è un altro mondo rispetto alla maison close chiamata Palazzo Grazioli. Vite parallele? Non proprio, malgrado oggi marcino a braccetto contro rom e immigrati. La stampella italiana che Sarkozy trova a Bruxelles, a Parigi gli è più d’impaccio che di aiuto. Dire all’opinione pubblica francese “Berlusconi è d’accordo con me” è come darsi una mattonata nelle gengive. La “convergenza italo-francese”, vantata dal nostro B., non è cosa da esibire oltre le Alpi.


Venerdì 17 settembre 2010

La direttiva che regola la libera circolazione dei cittadini Ue

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RAZZISTI D’EUROPA

a direttiva 38 del 2004 del Parlamento Europeo regola il diritto dei cittadini dell’Ue e dei loro famigliari a circolare e soggiornare liberamente negli Stati membri. Ogni cittadino infatti può muoversi all’interno dei paesi dell’Unione e, fino a tre mesi di permanenza, non ha il dovere di segnalare la propria presenza alle autorità del paese ospitante. Dopo i tre mesi, il cittadino deve

invece produrre l’iscrizione anagrafica e avere una residenza. Nessun cittadino membro di un paese Ue può essere allontanato se non per gravi motivi di ordine pubblico, per ragioni legate alla sanità pubblica o, infine, se lo Stato membro riesce a dimostrare che la presenza della persona costituisce un onere eccessivo per il suo sistema di assistenza sociale. Il cittadino nei confronti dei quali sia stato emanato un provvedimento

di interdizione dal territorio a seguito di un reato commesso può tornare nel paese che lo ha allontanato dopo un congruo periodo e, in ogni caso, dopo tre anni dall'esecuzione del provvedimento di interdizione. Il cittadino allontanato per altre ragioni può fare ritorno nel paese da cui è stato espulso. Il principio fondamentale è che la cittadinanza europea concepita come status garantisce la libertà di circolazione.

BOSSI ALLA FRANCESE La Lega prepara un piano per cacciarli e dice: “Sono ladri”. Gaffe di Bersani sugli “zingari”

di Elisa Battistini

andarli a casa. Del resto, secondo la sottile analisi di Umberto Bossi i rom “vivono in Italia con mezzucci. La maggior parte dei furti viene fatta da loro”. Insomma, sono dei ladri. Dichiarazione cui segue la risposta di Bersani, che registrando la puntata di ieri di Porta a porta avrebbe detto: “Anche dalle mia parti si diceva: arrivano gli zingari. Chiudete le porte ma nessuno li ha mai trattati male”. Questo, almeno, stando al dispaccio dell’Adnkronos. Mentre, leggendo quanto diffuso dall’Ansa, il leader del Pd avrebbe anche detto: “Risulta anche a me che i rom sono ladri”. Frase infelice. Ma, in en-

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In queste pagine, foto di rom che attendono l’espulsione dalla Francia; a destra Umberto Bossi (FOTO LAPRESSE) In basso a sinistra, Sarkozy e Berlusconi (FOTO ANSA)

IL COMUNE: A Roma stranieri per sempre di Giancarlo Castelli

un capannone a un altro. Un gruppo di circa 80 ruDallaameni, sgomberati la scorsa settimana da via Prenestina, periferia sud di Roma, hanno occupato con bagagli, anziani e una ventina di bambini al seguito, una struttura analoga nello stesso quartiere. “I nostri bambini vanno a scuola qui vicino – ha spiegato Ghira, 19 anni e un neonato in braccio – sono venuti a sgomberarci proprio a pochi giorni dalla riapertura delle scuole che i nostri figli hanno frequentato lo scorso anno”. Avevano già comprato gli zainetti nuovi, i quaderni, le matite. All’alba si sono trovati i blindati delle forze dell’ordine. “Ci hanno detto di andarcene e basta – ha detto Roxana, giovane madre. Il marito lavora come autista in una lavanderia della zona – c’era anche il Comune che ha offerto assistenza soltanto per donne e bambini. Abbiamo rifiutato. Perché dovremmo dividerci dai nostri mariti?”. Non rientrando nel Piano nomadi del Comune, elaborato insieme al Prefetto l’anno scorso, per loro, nessuna assistenza o quasi. Nemmeno il trasferimento all’interno della megastruttura di via Salaria di proprietà del ministero del Tesoro che, da quando ha preso il via il piano di sgomberi, il Comune utilizza come un parcheggio per i rom sgomberati. Una vasta area con diversi capannoni (sgomberata due anni fa, ironia della sorte, da centinaia di senza casa che l’avevano occupata), dove le famiglie ammassate si dividono i cameroni, utilizzando coperte come muri divisori. A soffiare sul fuoco ci si è messa anche una dichiarazione dell’assessora comunale alla Scuola, Laura Marsilio durante la sua visita alla scuola “Laparelli”, la più frequentata da bimbi figli di immigrati con il 97% degli iscritti. “E’ sbagliato non considerare stranieri i bambini figli di immigrati nati in Italia – ha detto la Marsilio – non è solo un fatto anagrafico ma una questione culturale”. “Parole gravissime, si deve dimettere”, secondo il Pd che ha chiesto al sindaco chiarezza sulle politiche di integrazione. Alemanno ha provato ad aggiustare il tiro (“si è espressa male”) e anche la governatrice del Lazio, Renata Polverini si è augurata “una correzione”. La Marsilio ha precisato di essersi “attenuta alla normativa vigente che non conferisce la cittadinanza italiana ai figli di immigrati nati in Italia”. Una sponda all’assessora è giunta inaspettatamente dalla preside dell’istituto, Flora Longhi: “La Marsilio ha ragione. I figli degli stranieri hanno alle spalle un contesto d’origine diverso da quello italiano”.

trambi i casi, Bersani consiglia a Bossi di occuparsi dei ladri quelli veri e favoriti dal Parlamento. Non resta che dire: poveri rom. Visto che, comunque, il leader della Lega nonchè ministro delle Riforme appoggia le espulsioni di Sarkozy e promette che l’Italia farà la stessa cosa. “Mi pare che Maroni abbia già chiesto di attivare la stessa procedura”, ha detto il Senatùr. Magari, poi, bisognerà anche prevedere maggiori restrizioni per il loro (ancora) legittimo rientro. Che sia questa “l’integrazione” alla direttiva europa cui ha fatto riferimento ieri il ministro dell’Interno? Dopo aver ribadito che sulla questione rom “il governo francese ha agito bene”, Maroni ha infatti affermato che sarebbero necessarie sanzioni che attualmente mancano per quanti violano la direttiva”. Cosa significa? Il Viminale afferma di non aver ancora steso un documento organico. Ma il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano fornisce elementi utili. Per capire bene la questione, bisogna però ricordare due cose: Sarkozy ha allontanato dal territorio francese oltre 8mila rom utilizzando lo stratagemma dei cosiddetti “rimpatri volontari”. Ovvero: io ti do 300 euro e tu lasci la Francia. Inoltre: Sarkò non ha allontanato delle persone, ma un gruppo etnico. Da un paese, infatti, si può espellere una persona. Mentre un gruppo

etnico non è espellibile secondo la normativa che si preoccupa moltissimo di evitare ogni discriminazione. Mantovano, interpellato dal Fatto, ricorda inoltre che può essere allontanato “un cittadino comunitario colpevole di un reato o chi non possiede i requisiti minimi per soggiornare nel paese”. Ovvero il reddito sociale, il domicilio, l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale. Nel primo caso il cittadino può essere espulso se ritenuto pericoloso per la pubblica sicurezza. Nel secondo caso devono scattare verifiche per capire se la persona grava sul paese. Nulla a che vedere, quindi, con quel che sta facendo Sarkò. Quindi? Il governo italiano vuole imitarlo? “Quel che accade in Francia – dice Mantovano – è in linea con le regole europee. Noi vogliamo rafforzare le modalità di allontanamento, anche per i casi di chi non possiede i requisiti di reddito e indipendentemente dalla sua volontà”. L’Italia propone di condurre alle frontiere i comunitari poveri? Etnicizzazione e caccia ai morti di fame? “La questione etnica – dice il sottosegretario – non c’entra. Il tema non riguarda i rom, ma tutti coloro che non riescono a vivere in condizioni rispettabili in un paese”. Eppure, oggi, chi viene espulso da un paese perchè reo di “povertà” può tornare. Tanto che in Francia sono già rientrati molti dei

rom espulsi. Mantovano ribadisce: “bisogna rendere efficaci gli allontanamenti” e ricorda che l’esigenza di correggere in senso restrittivo la direttiva 38 aveva già spinto il governo a produrre un decreto legislativo “poi bloccato della Commissione europea”. Fonti del Viminale ricordano che al vertice del 6 settembre, a Parigi, i ministri degli Interni di alcuni paesi hanno condiviso questa esigenza. L’Italia intende procedere. E non c’è dubbio: i rom, come capro espiatorio per “fare pulizia” e cacciare qualche povero di troppo, sono proprio pefetti.

Maroni parla di “integrare” la normativa Ue: il progetto dell’esecutivo per deportare i “senza reddito”

IL VERTICE DEI DISSIDI

BARROSO URLA, MA SARKÒ DI PIÙ E L’UE SI FERMA di Giampiero Gramaglia

da Silvio BerluSPetrpalleggiato sconi e dal premier ceco Necas, Nicolas Sarkozy non si smuove d’un centimetro: la Francia – dice ai capi di Stato e di governo dei Paesi dell’Ue, riuniti a Bruxelles – andrà avanti a smantellare “i campi illegali” sul proprio territorio, quali che siano la nazionalità, l’origine e l’etnia degli occupanti. E il presidente francese aggiunge: “La Francia ha agito e continuerà ad agire nello spirito delle

norme europee”. Parole che stridono, visto che il Parlamento europeo ha censurato le autorità di Parigi, chiedendo lo stop ai rimpatri, e che la Commissione europea ha aperto una procedura d’infrazione contro la Francia. SARKOZY lascia Bruxelles “arruolando” anche il cancelliere tedesco Angela Merkel nel partito dei rimpatri. “Un’ipotesi surreale”, lo gelano le fonti tedesche: il presidente prende lucciole per lanterne. Per lui, sono giorni tesi: i rom, le pensioni, gli scandali, e quell’italiano, Mr B, che gli sta appiccicato addosso come una mignatta e che lo scredita agli occhi dei francesi. Mercoledì, Sarkozy aveva avuto un match verbale con la commissaria europea Viviane Reding, che aveva collegato la chiusura dei campi a quanto avveniva in Europa nella Seconda Guerra Mondiale. A quelle parole, il presidente aveva replicato: “Accoglili tu nel tuo Paese”, il piccolo Lussemburgo. Nonostante le scuse della Reding, il Vertice non fila via liscio. C’è uno scontro verbale tra Sarkozy e il presidente del-

la Commissione Josè Manuel Durao Barroso, che tiene anch’egli il punto: Bruxelles deve far osservare a Parigi il diritto europeo. C’è nervosismo fra i leader, anche se tutti alla fine ripetono il ritornello del rispetto reciproco Stati-Istituzioni, condito da rimbrotti alla Reding. “Ha sbagliato, s’è scusata – nota Barroso – Altri fanno populismo”. Il Vertice concorda una dichiarazione del presidente stabile Herman Van Rompuy: ogni Stato ha diritto di fare rispettare la legge sul proprio territorio; le Istituzioni comuni devono vigilare sul rispetto delle norme Ue da parte degli Stati; la Reding è andata troppo oltre, ma tra Stati e Istituzioni deve esserci reciproco rispetto. E dei Rom che facciamo? Ne parliamo la prossima volta. Neppure per Berlusconi, tutto è filato liscio ieri. L’aereo di Mr B ha compiuto un atterraggio di fortuna a Linate, per via d’un finestrino rotto. E, la sera, finiti i lavori, il premier è ripartito da Bruxelles senza rispondere a domande. Al Vertice, Berlusconi è stato fido scudiero del presidente Sar-

kozy: vi era giunto dicendo che la convergenza tra Francia e Italia avrebbe scosso l’Unione, mentre il ministro dell’interno Roberto Maroni benediceva Parigi che “ha agito bene applicando le norme Ue senza deportazioni di massa”. Al tavolo dei leader, Mr B insiste perché la Commissione si consulti sempre con gli Stati – cosa che già avviene – prima di contestarne le scelte. E fa sua la linea Van Rompuy. IL VERTICE europeo doveva in realtà discutere le riforme del Patto di Stabilità e di crescita e della governance economica Ue, ma ha rinviato le decisioni a ottobre, limitandosi ad avallare misure già prese dai ministri delle finanze, come il varo di un semestre europeo per mettere a punto le finanziarie dei vari Paesi europei. I 27 hanno discusso una strategia comune di politica estera verso i maggiori partner e deciso la linea per il Vertice dell’Onu sugli obiettivi del Millennio per lo sviluppo: nella lotta contro la povertà, l’Ue vuole mobilitazione e condivisione delle responsabilità su scala mondiale.


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Venerdì 17 settembre 2010

Dalla mensa alla scuola: la storia del sindaco che ama

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GIÙ AL NORD

polo scolastico intitolato a Gianfranco Miglio ha riportato alla ribalta nazionale Adro: paese di 7 mila persone guidato da una giunta monocolore leghista. Il sindaco Oscar Danilo Lancini è noto per la vicenda della menda “non paghi non mangi”. Storia che aveva avuto un risalto nazionale dopo che Silvano Lancini,

imprenditore della zona, aveva deciso di versare la somma necessaria per ripianare le quote di alcune famiglie morose. Un gesto di generosità che aveva però provocato reazioni di mamme contro mamme. Durante l’estate sono stati completati i lavori del nuovo polo scolastico. La mensa è stata trasferita così come, pure, la gestione: dall’associazione di

genitori all’amministrazione comunale. La bufera però si è nuovamente scatenata a causa della massiccia presenza del Sole delle Alpi sul tetto, su tutti i banchi, sugli zerbini e sulla vetrata di ingresso alla mensa della scuola materna sulla quale sono rappresentati bambini le cui mani sono sostituite dal simbolo politico del Carroccio. E.Reg

LA LEGA CI METTE IL MARCHIO Il “Sole delle alpi” della scuola di Adro non è un simbolo locale: è stato registrato nel 1998 dal Carroccio di Chiara

LA PROTESTA

Avesani

a Lega non c'entra” ripete Oscar Lancini, il sindaco di Adro. “Quello non è un simbolo leghista, il sole delle Alpi è sempre stato un simbolo del paese”. Per questo, spiega, compare in ogni angolo della scuola pubblica che ha recentemente inaugurato. Dall'ingresso al tetto, dai banchi ai bagni. Su muri, porte, posacenere e cartelli. Campeggia persino sulle finestre, dove una fila di bambini stilizzati si tengono per mano uniti dal simbolo. Ma per Lancini quel simbolo non è affatto di parte né tanto meno il logo del Carroccio. E invece lo è. Dal 1998 Il sole delle Alpi è un marchio registrato dalla società editoriale Nord Scarl che controlla l'universo mediatico del Carroccio, dal quotidiano La Padania alla radio di via Bellerio, ed è presieduta dal quartier generale leghista: Federico Bricolo, Roberto Cota, Rosy Mauro, Stefano Stefani, Giancarlo Giorgetti e Marco Reguzzoni. Per citare l'attuale cda. Nata, ovviamente, sotto la guida del “capo” Umberto Bossi, che ne è stato sindaco dal primo giorno. Insomma quel simbolo è roba loro.

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NEL 1998 Editoriale Nord Scarl ottiene la registrazione all'Ufficio Italiano Brevetti e Marchi della descrizione verbale del logo: “Sole delle alpi costituito da sei (raggi) disposti all'interno di un cerchio il cui raggio fornisce la cadenzatura dell'intera costituzione. I vertici dei sei petali intersecano i vertici di un ipotetico esagono iscritto nel cerchio”. Nel 2001 viene registrato, sempre dalla stessa società, il “marchio figurativo”, cioè il simbolo vero e proprio, tale e quale quello che oggi invade ogni angolo della scuola di Adro. La prima

SUL SINDACO SI SPACCA ANCHE IL PDL di Elisabetta

richiesta di registrazione risale al 1996, quando tra i sindaci figura anche il Senatùr e l'editoriale pubblicava “Soldi sporchi al Nord”, un libro di denuncia contro imprenditori diventati miliardari grazie ai rapporti con il crimine organizzato. Nel testo, ampio spazio era dedicato a Marcello Dell'Utri mentre Silvio Berlusconi si conquistò addirittura l'intero ultimo capitolo, dall'eloquente titolo “Berlusconi è mafioso? Diciassette buone occasioni”. Sulla copertina ancora non c'era il sole delle Alpi. Perché ancora dovevano impossessarsene. Infatti se l'Alberto da Giussano è stato copiato dal simbolo delle biciclette Legnano, e poi spacciato come liberatore e guida del popolo Padano, il sole a sei punte è un antico emblema euroasiatico diffuso dal VI secolo avanti Cristo, e presente in India come nel Nord Europa, oltre che in alcune chiese tra Toscana e Puglia, a Ischia e a Roma. Ma è piaciuto così tanto in via Bellerio da spingere i leghisti a registrarlo come marchio. Difficile dunque sostenere che non sia un simbolo del carroccio, come fa il sindaco di Adro. L'Editoriale Nord se ne è appropriata, registrandolo. E' un marchio, cioè un

Il documento In alto il contratto; a destra tre immagini della scuola di Adro al centro dello scandalo per i simboli del Carroccio sparsi per tutto l’istituto

i terrà domani il presidio spontaneo partito da FaceSterminerà book: una chiamata rivolta a tutta la società civile che con l’ esposizione delle bandiere tricolori sulla cancellata del polo scolastico di Adro. “Togliere i simboli politici dalla scuola di Adro” lo slogan scelto per caratterizzare la vicenda che comincia a creare imbarazzo anche nello stesso Pdl Ma Oscar Danilo Lancini non sembra sentire ragioni soddisfatto per essere riuscito a raffigurare quel grande Sole delle Alpi pure sul tetto del polo scolastico. Così che, anche sorvolando, la zona gli aerei che atterrano negli scali di Bergamo, Milano e Verona possano ammirare la prima scuola federalista e visibilmente marchiata Lega. Sul piano politico però è da registrare la presa di posizione del coordinatore provinciale del Pdl Viviana Beccalossi.

segno distintivo di chi lo registra, protetto dal diritto perché è un bene privato. CON LA REGISTRAZIONE del marchio hanno ribadito che quella è roba loro, mica di un paese perso nella provincia bresciana. Ora dalla scuola il marchio dovrebbe essere rimosso, considerato che il ministro dell'istruzione, Mariastella Gelmini, ha ribadito che i simboli politici devono essere tenuti fuori dagli istituti scolastici. O la Lega magari potrebbe denunciare la scuola. Improbabile, considerato che è dedicata a Gianfranco Miglio, da sempre ideologo del Carroccio. E Umberto Bossi si è dimenticato di essere proprietario del marchio, tanto che ieri con una dichiarazione pubblica ha dato ragione al sindaco di Adro: “E' un simbolo del nord, di quella gente”, ha detto. Così, visto che né dal ministero né dal quartier generale padano nessuno muove un dito, nonostante le polemiche degli ultimi giorni, ilfattoquotidia-

Reguitti

no.it ha pensato che forse vale la pena agire. Sul sito del giornale abbiamo lanciato una raccolta firme che ha già raccolto oltre duemila adesione e 12mila condivisioni sui socialnetwork. Vogliamo cancellare i simboli padani da una scuola pubblica. Ancora più rimuovere il marchio della Lega.

“IL SINDACO, AL CONTRARIO di quanto afferma va cercando visibilità e notorietà. Peccato davvero perchè in questo caso l’ arrivismo personale sta penalizzando l’ azione meritoria di essere costruito un complesso nuovo e funzionale”. Nuova edilizia scolastica a basso costo per le istituzioni (ma non pagata solo dai privati come continua a sostenere il sindaco) ma pur sempre pubblica e italiana per Beccalossi che rincara sostenendo la necessità di “togliere tutti i richiami politici, verificare che la intitolazione sia stata fatta seguendo le procedure previste”. Beccalossi firmerà l’ appello de Il Fatto Quotidiano con una controproposta: quella cioè di inserire lo stemma del paese affiancato dalla bandiera italiana. Anche Silvano Lancini, l’ imprenditore che, a suo tempo, aveva coperto le rate insolute della mensa della scuola ha aderito all’ appello lanciato dal nostro sito. Il Pd ha sua volta ha presentato un’interrogazione al ministro degli Interni Roberto Maroni. Prosegue invece il silenzio delle istituzioni a partire dagli uffici scolastici regionali e provinciali ma anche dalla Prefettura. Ieri, inoltre, il corpo docenti della scuola si è riunito in consiglio straordinario durante il quale è stato formulato un documento. Gli insegnanti sembrano tutti schierati contro la simbologia ben evidente ovunque dalle vetrate ai banchi. Nei giorni scorsi anche il dirigente scolastico aveva chiesto al sindaco la rimozione di ogni segno che riconducesse al partito in virtù del bene della didattica. Un commento è uscito anche dalla scuola cattolica “Madonna della neve” (oltre mille iscritti) gestita dall’ordine dei Carmelitani. Il complesso scolastico parificato confina con il nuovo polo scolastico intitolato a Miglio. E’ la scuola alla quale, come aveva anticipato il Fatto Quotidiano, o stesso sindaco Lancini ha iscritto il proprio figlio anzichè mandarlo alla “sua” scuola marchiata con il Sole delle Alpi.

Oltre duemila le firme al nostro appello: hanno aderito anche Farefuturo, Vendola e Deliberto

Bar cinese torna veneto. Inaugura Zaia

L’OLTRAGGIO DI ADRO, APPELLO DE “IL FATTO”

A QUINTO di Treviso, il bar “Girasole”, la cui licenza era stata acquistata da esercenti cinesi, tornerà in mano a un'imprenditrice di Treviso. Per festeggiare la conquista, all'inaugurazione di oggi, sarà presente niente poco di meno che il governatore Luca Zaia. Un gesto dal retrogusto più che politico contro l'invasione "gialla" da tempo denunciata dal Carroccio. Il leghista non ha esitato a pubblicizzare l'evento con un comunicato stampa diffuso attraverso il sito della Regione. Nel comunicato di legge: “In un quadro socioeconomico come quello degli ultimi anni, nel trevigiano ma anche in varie altre aree del Veneto, dove molte altre attività sono passate in mani “straniere”, la notizia è di quelle da sottolineare”. Ma i dirigenti della Regione tengono a precisare il carattere non politico della cerimonia: “Il presidente Zaia - dicono - sarà presente ad una semplice cerimonia di avvio della nuova gestione”. L'appuntamento, in ogni caso, è al Bar Girasole, a Quinto, in Via Vittorio Emanuele, alle 17.30. Francesco Carbone

Ad Adro, in provincia di Brescia, una scuola della Repubblica Italiana è stata trasformata in un istituto padano e ricoperta dai simboli leghisti su ordine di un sindaco che ha potuto contare sulla colpevole indulgenza del ministro dell’Istruzione Gelmini. Un sopruso e un oltraggio. Davanti all’inerzia delle pubbliche autorità che preferiscono girare la testa dall’altra parte chiediamo l’immediata cancellazione di quei simboli tracciati con intenti secessionisti e in evidente spregio al principio costituzionale della Repubblica una e indivisibile. Da questa mattina sarà possibile sottoscrivere l’appello del Fatto sul sito www.ilfattoquotidiano.it

DURANTE L’INAUGURAZIONE il primo cittadino aveva orgogliosamente spiegato di aver fissato i crocefissi murandoli alle pareti delle aule per evitare che “qualcuno possa decidere di nasconderli dietro le cartine geografiche”. Su questa scelta, padre Gino Toppan, direttore della scuola, dalle colonne del Giornale di Brescia ha dichiarato: “Questo segno è nel Dna della nostra cultura. A noi pare evidente che il linguaggio che si usa rispetto a questo serio argomento non può mancare doverosamente ad un principio. Che è questo: il crocifisso si serve, del crocifisso non ci si serve”.


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L’inquisizione del premier riparte contro i tre finiabi ribelli

D

POLITICHETTA

alle minacce ai fatti. I tre finiani Italo Bocchino, Carmelo Briguglio e Fabio Granata hanno ricevuto la lettera di deferimento ai probiviri del Pdl. Dopo una lunga riunione, “l’inquisizione” berlusconiana del partito ha stabilito che sì, ci sono le condizioni per aprire una pratica punitiva nei confronti dei tre nuovi colonnelli del presidente

della Camera,con il preciso intento di arrivare ad una loro espulsione. I tre, a questo punto, avranno a disposizione 10 giorni per presentare una loro memoria difensiva, ma interrogati a caldo su come intendano comportarsi, hanno fatto chiaramente capire che la faccenda, almeno per loro, può considerarsi archiviata. “A me non interessa molto”, ha commentato Bocchino, “io

appartengo al Fli e sono indifferente a decisioni di altri organi”, è stata la reazione di Briguglio, mentre Fabio Granata l’ha additittura presa sul ridere: “Un po’ mi lascia indifferente, un po’ mi fa sorridere; faccio ormai parte di un progetto politico dove legalità ed etica pubblica rappresentano valori fondamentali e imprescindibili”. Come non accade nel Pdl. s.n.

ONOREVOLI-BAZAR: OGGI LA POLITICA PASSA (SOLO) DALLA “COMPRAVENDITA” Si tratta su tutto, a partite da Lodo-Alfano e Commissioni di Sara

Nicoli

hi compra e chi vende. Da una parte sempre il Cavaliere, dall’altra tutti quanti. Le file si allungano. Nell’ormai immenso mercato di voti, seggiole e poltrone che è diventato il Parlamento, ieri ha tenuto banco il palcoscenico del Senato. Mentre alla Camera, infatti, il Cavaliere in persona a preso in mano la situazione dell’allargamento della sua maggioranza, dopo aver testato l’inat-

C

TRASFORMISMI

tendibilità del repubblicano Francesco Nucara, a Palazzo Madama si è messo in moto il meccanismo della ricerca di una maggioranza forte e blindata per consentire l’approvazione, nel più breve tempo possibile, del Lodo Alfano costituzionale. PER QUESTO, si sono visti al Senato il capogruppo Pdl, Maurizio Gasparri, il ministro Alfano e Niccolò Ghedini: il testo del provvedimento ricomincerà il suo iter il 22 set-

di s.n.

Calearo aspetta un cenno da B.

M

assimo Calearo, 55 anni, presidente della “Gruppo Calearo” che dà lavoro a più di 300 persone producendo impianti per telecomunicazioni e antenne per automobili, è uno di quelli che si candida a diventare un “responsabile” convinto. Annusato il vento che tira, sta pensando davvero, per “il bene del Paese e soprattutto delle imprese e dell’economia”, di non far mancare il suo voto a Berlusconi. In politica, d’altra parte, niente è per sempre, ma Calearo, negli utlimi tempi, ha fatto del cambio di casacca quasi il suo sport preferito. La partenza è una folgorazione sulla via del Parlamento, nel 2008, da parte di Walter Veltroni che riuscì a lusingarlo più di altri. E dire che in una famiglia come la sua, notoriamente virata a destra, la scelta di candidarsi con il Pd è stata vissuta come uno choc. Poi, però, ci ha ripensato. Nel novembre scorso: è passato all’Api di Rutelli e Api. E ora...

tembre in commissione Affari Costituzionali e su questo fronte Berlusconi è stato fermo: l’accordo politico è d’obbligo, “niente passi falsi da parte di nessuno”. Il Cavaliere, prima della partenza di ieri per Bruxelles, si è persino detto disposto ad accettare di inserire nella legge la facoltà di rifiutare lo scudo (cara al Pd) pur di arrivare all’approvazione di tutte e quattro le letture necessarie (due alla Camera e due al Senato) e allontanare lo spettro del referendum con-

Ad Antonio Razzi dell’Idv è stato proposto persino l’estinzione del mutuo della casa fermativo sulla legge. Obiettivo raggiungibile solo con il placet senza condizioni dei finiani. Che il Cavaliere potrà ottenere solo dando in cambio un congruo “corrispettivo politico”. E quale? La partita sarà lunga, e Berlusconi è conscio che la trattativa con i finiani si snoderà in più momenti e non potrà essere chiuso su un unico argomento. Al momento, si parla del via libera di Berlusconi a lasciare a Giulia Bongior-

no la presidenza della commissione Giustizia, a Silvano Moffa quella del Lavoro e a Mario Baldassarri quella delle Finanze del Senato, così come non dovrebbero subire “aggressioni” i due finiani nel governo, Andrea Ronchi e Adolfo Urso: già un risultato. Esclusa, invece, la possibilità che Berlusconi metta sul piatto questioni forti come il via alla modifica della legge elettorale o alla concessione dello Sviluppo Economico per un finiano: la partita del Lodo Alfano è fondamentale, ma gli affari sono sempre affari. A PICCOLI PASSI, dunque, a patto – ha imposto Silvio – che l’accordo si raggiunga. Anche a costo di tenere in conto delle “idee” delle Bongiorno sulla questione legata sia alla sospensione dei processi in relazioni a fatti antecedenti l’assunzione della carica che all’allargamento ai ministri dello scudo che, invece, non piace all’Udc, ma che sarebbe necessaria per evitare un’altra bocciatura della Consulta. Una partita delicata, dunque, che comporterà più di un compromesso. E, forse, più di una concessione da parte di Berlusconi, anche se Bossi, ieri, si è detto convinto che “Fini il Lodo lo voterà”: bisognerà vedere a che prezzo. I finiani, però, paiono risoluti: “Fino al discorso del 28 in aula, sulla giustizia non si muove nulla”. Prosegue, invece, la trattativa del Cavaliere con i centristi per avere alla Camera quei voti in più che daranno

Sopra il Senato; a sinistra Antonio Razzi dell’Idv (FOTO ANSA)

autonomia da Fini. Ormai la compravendita ha raggiunto livelli da basso mercato rionale. A qualcuno è stata proposta persino l’estinzione del mutuo della casa in cambio del passaggio nel gruppo dei “responsabili”, come dichiara Antonio Razzi, dell’Idv. Per ora, comunque, il drappello che fa provare più soddisfazione al Cavaliere pare proprio quello dell’Udc, visto che altri hanno respinto con indignazione le lusinghe. In ambienti Pdl si dà per scontato il passaggio di Saverio Romano e di Michele Pisacane, ma anche Calogero Mannino potrebbe, alla fine, cambiare idea e pure Dorina Bianchi è considerata possibilista. In pole position per il

passaggio tra i “responsabili” restano Giuseppe Drago, Lorenzo Ria, Giuseppe Ruvolo, Domenico Zinni e Mario Tassone, ma sono nomi “che usciranno allo scoperto all’ultimo momento”. Intanto, anche Fini ieri ha incontrato i suoi con lo scopo di rinfoltire le sue schiere. Ad alcuni scontenti del Pdl il Presidente della Camera ha inviato una lettera personale per convioncerli a passare con Fli (si parla di Giancarlo Mazzuca e Antonio Martino, ma non sono i soli) però al momento, ad eccezione di Giampietro Catone, ex di Rotondi, che non ha smentito il suo prossimo passaggio, gli altri preferiscono rimenere sottotraccia.

Tra camorra e P3: i pm napoletani interrogano Martino LA CHIAVE SONO LE DICHIARAZIONI RILASCIATE AI MAGISTRATI ROMANI SULLA “CACCIA” AI VOTI NEL 2008 A PALAZZO MADAMA di Rita

Di Giovacchino

rcangelo Martino, il “penArogato tito” della P3, sarà interquesta mattina nel carcere di Poggioreale dai pm napoletani Narducci e Limita. Dopo aver letto il verbale dell'interrogatorio, reso dall'ex assessore il 19 agosto scorso, i magistrati napoletani si sono resi conto che molti fili legano la loro vecchia inchiesta sui rifiuti, culminata con la richiesta di arresto di Nicola Cosentino, a quella della procura di Roma sulla “società segreta” che vede indagato lo stesso coordinatore del Pdl in Campania. Di carne al fuoco Martino ne ha messa tanta, nel corso di un incontro con il pm romano Sabelli hanno acquisito sia il testo integrale dell'interrogatorio di Martino (180 pagine) che alcune intercettazioni intercorse tra Carboni e Lombardi. Che a dire dell'ex asses-

sore faceva da raccordo tra ambienti napoletani e il vertice romano della P3. E ORA A NAPOLI vogliono capire meglio i tentativi messi in atto dal falso giudice per bloccare in Cassazione la richiesta di arresto di Cosentino o condurre in porto a ogni costo la sua candidatura a presidente della Regione Campania. Tentativi culminati nel dossier diffamatorio

Al centro anche la società di raccolta rifiuti di Nicola Cosentino, invischiata con i clan

ai danni di Rosario Caldoro poco gradito ai vertici della P3 su cui i pm di Napoli già indagano. E non si esclude che possano essere loro ad aprire un'inchiesta sulla compravendita di voti al Senato per affondare il governo Prodi nel 2008. Anche perché sia il dossier che l'attività di corruzione dei senatori hanno lo stesso protagonista, ovvero Ernesto Sica, l'assessore campano che non ha

avuto paura di sporcarsi le mani. Martino nell'interrogatorio lo ha definito un “ricattatore”, giudizio affidato a Berlusconi costretto a ritagliargli il posto di assessore in cambio dell'operazione di compravendita al Senato. Tra Martino e Sica c'era stato un incontro : “Mi apparve molto agitato, raccontò di essere stato un assiduo frequentatore di Palazzo Grazioli, un suo amico imprenditore, ben noto a Berlusconi, aveva messo a disposizione dei soldi per convincere alcuni senatori a cambiare schieramento. Tra questi il napoletano Scalera e Andreotti”. CHI È L'IMPRENDITORE amico di Sica? Nel chiedere l'arresto di Cosentino la procura di Napoli aveva indicato l'ex sottosegretario come il garante di un patto tra politici, imprenditori e clan della camorra. Un'ipotesi che i carabinieri del Nu-

cleo investigativo che indaga sulla P3 sembrano condividere quando in un' informativa scrivono che in casa Verdini non fu mai presa “in considerazione nessuna candidatura alternativa a quella di Cosentino“. E proprio Lombardi si era particolarmente adoperato a superare tutti gli ostacoli ricorrendo al presidente della Cassazione Carbone (anche se poi il ricorso fu respinto). Su Lombardi a Napoli si indaga da tempo. Il tributarista dal 2003 al 2006 è stato membro del Ce4 (il consorzio incaricato dello smaltimento dei rifiuti in 18 comuni della provincia di Caserta) dietro cui, manovrava la “Eco-4”, società di raccolta dei rifiuti che Cosentino considerava una sua creatura e i magistrati una camera di compensazione tra politici, imprenditori e clan camorristi. Fatto è che Lombardi, all'epoca sindaco di Cervinara,

eletto ad Avellino, non aveva alcun titolo per stare nel Ce4. A piazzarlo lì era stato Cosentino? Martino non esita a definirlo un “intrallazzatore”, ma nell'interrogatorio del 27 agosto Lombardi respinge molte delle sue accuse. Ammette soltanto i pranzi settimanali da Tullio che gli costavano in media 300-400 euro: “Ricavo dalla mia attività 50mila euro l'anno netti, sono spese che sostengo perché mi piace avere pubbliche relazioni”. Mai parlato della vicenda Mondadori e neppure del Lodo Alfano, l'unica ammissione riguarda il giudice Marra che in effetti si era rivolto a lui per ottenere la nomina di presidente della Corte d'Appello: “Mi recai al Csm da Mancino, che conosco da 40 anni, per raccomandarlo. Lui mi rispose che avrebbe deciso autonomamente, ma ho saputo poi che aveva votato a suo favore”.


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SCHERMO PICCOLO

GARIMBERTI COME MASI Il presidente scrive per chiedere un intervento sul “turpiloquio” di Crozza a Ballarò

di Carlo Tecce

è ressa in Rai per vincere il concorso “miglior censore dell’anno”. Mauro Masi ha provato a staccare i concorrenti con il decalogo per controllare le trasmissioni. E Paolo Garimberti scrive proprio al direttore generale per segnalare il “turpiloquio” di Maurizio Crozza nella copertina di Ballarò di martedì scorso. Il presidente interviene – senza intenzioni di censura, dicono i suoi collaboratori – perché le parolacce di Crozza possono svilire l’immagine del servizio pubblico. Il comico genovese ha riempito la sua finestra d’introduzione con parodie e risate sulla politica. Non ha risparmiato Umberto Bossi: “Ne ha fatte di tutti i colori: ha mostrato il dito medio per dire che voleva le elezioni e ha fatto una pernacchia di dissenso a Fini (pausa). Se rutta, come dobbiamo interpretarlo? No ad un governo tecnico?”.

C’

HA SPIEGATO la fissazione di Massimo D’Alema per il sistema elettorale tedesco: “In questa estate di grande bordel-

Maurizio Crozza (FOTO LAPRESSE)

lo, finalmente parla. Vai D’Alema, falli neri. Per dire cosa? Voglio il proporzionale alla tedesca... Che cazzo vuoi? Ma cos’è il proporzionale alla tedesca? Un trauma infantile? A sedici anni si è trombato una tedesca al mare e cerca una scusa per ricontattarla?”. Il canovaccio di Ballarò è identico da anni: con gli eccessi e la vivacità della satira, Crozza fa la smorfia a una settimana politica, a un fatto di cronaca e stuzzica opinionisti e ospiti: a volte

qualcuno s’offende e sta zitto, a volte qualcuno s’infuria. La critica di Garimberti è durata più di un momento di sfogo, più dell’appunto in Consiglio di amministrazione: anzi, passato un giorno, ieri ha scritto una lettera a Masi. Il presidente non ha poteri editoriali, nemmeno il direttore generale, però Masi può girare la lettera al direttore di Raitre, Paolo Ruffini. Masi può fare quel che Garimberti gli ha impedito: ridurre l’autonomia di autori, conduttori e responsabili di rete. Strano. Perché Garimberti medesimo giovedì ha precisato: Masi voleva più poteri editoriali, io l’ho bloccato. E in ventiquattr’ore l’ha sbloccato. Ora il direttore generale può sotterrare la pratica Crozza nella burocrazia – comunicazione a Ruffini, e basta – oppure può insistere sul tema nel Cda di mercoledì prossimo e proporre ai voti una sospensione. POCHE ore prima dell’audizione in commissione di Vigilanza, convocata da Sergio Zavoli e decisa dall’ufficio di presidenza. Il senatore Vincenzo Vita (Pd) prepara le domande: “Il dg non può fare finta di aver

cestinato la circolare del 24 agosto, non può ripetere che il servizio pubblico ha bisogno di regole restrittive, di pubblici finti, di schede, sinossi e minacce di sospensione. Poi affronteremo la questione Tg1: editoriali a parte, il direttore Augusto Minzolini sta assistendo immobile alla crisi di ascolti che egli stesso ha provocato. Quali rischi economici per l’azienda?”. E poi Vita, assieme a Beppe Giulietti di Articolo 21, avvisato la Rai sul rischio di sanzioni dalla Corte dei Conti: “Sono sbagliate le interferenze nella vita della Rai da chiunque provengano, partiti o altri poteri che siano, e non gioiamo certo per il trasferimento delle vicende dell’azienda del servizio pubblico nei tribunali. Siamo però tra i primissimi – assistiti dall’avvocato Domenico d’Amati – ad aver chiesto alla Corte dei Conti di accendere i riflettori su quanto accade alla Rai. E se ha deciso di attivarsi ci devono essere ragioni gravi e profonde. Come si può pensare che la Corte dei Conti possa far finta di non vedere le tante rimozioni senza ragioni professionali, le cause perse, i doppi e i tripli incarichi, i tanti pre-

cari inutilizzati? Come se non bastasse stanno perfino pensando di rimuovere il direttore di Rainews e quello di Raidue condannandosi a nuove pesanti sconfitte in Tribunale. Era inevitabile – concludono Vita e

Giulietti – che la Corte dei Conti volesse verificare l’uso del denaro pubblico di un’azienda che agisce sempre più solo per ragioni politiche, di corrente, faziose e magari persino di loggia”.

L’AQUILA Indagato Fusi, l’amico di Verdini consorzio Federico II (costituito dall’impresa della Dtorinielfamiglia Barattelli, dalle altre 2 aziende aquilane VitEmidio e Marinelli-Equizi) poi sciolto dopo il terremoto giudiziario, faceva parte anche la Btp del presidente dimissionario Riccardo Fusi, ora indagato dalla procura distrettuale antimafia dell’Aquila. Quest’ultimo è coinvolto nell’inchiesta di Firenze, poi passata a Perugia, sui grandi eventi che ha inguaiato il presidente del consiglio superiore dei Lavori Pubblici, Angelo Balducci, l’imprenditore Diego Anemone, e ha portato al coinvolgimento, come indagato, del capo della Protezione civile nazionale, Guido Bertolaso. Secondo l’accusa, si sarebbe cercato di ottenere appalti nella ricostruzione tramite politici influenti. Il consorzio Federico II sarebbe nato sotto gli auspici di Verdini per avere appalti all’Aquila. I lavori sono arrivati: si va dalla costruzione del Musp della media Carducci (7,3 milioni) al restauro di alloggi alla caserma “Pasquali-Campomizzi”, poi la messa in sicurezza e il recupero di opere d’arte e puntellamenti.

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PSICHIATRIA DEMOCRATICA

VELTRONI LANCIA LA RETE SUL PD Proposta ai parlamentari Obiettivo: raccoglierne settanta di Eduardo Di Blasi

alter Veltroni manda in giro tra i parlamentari democratici un documento su cui chiede di apporre una firma, e frattanto sceglie Repubblica Tv per dire che non è il caso di stare tutti attorno “a una barca che fa acqua”, che “se siamo al 24,6% dovremmo essere tutti preoccupati” e che è anche pronto a incoronare “una candidatura da fuori”, come “il Prodi del ‘96”. Domani sarà a Orvieto, pronto a lanciare sul mercato della politica democratica la propria “offerta”, che non si discosta poi tanto dalla lunga lettera pubblicata nei giorni scorsi dal Corriere della Sera e dalle esternazioni rilasciate ieri mattina al network di Repubblica. Un documento ancora da limare, ma sufficientemente chiaro nell’intenzione. Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, reagisce all’attivismo veltroniano. Afferma dal salotto di Porta a Porta che l’ex segretario ha “cambiato idea” sul partito a “vocazione maggiori-

W

taria” che candida il proprio leader alla guida del paese. E annota: “La cosa meno normale è il modo, il tono e il momento perchè noi dovremmo occuparci del Paese e non guardarci la punta delle scarpe o fare un pacco dono a Berlusconi. La palla ora sta di là e non è il caso di tirarla in casa nostra”. E invece la palla rotola di qua e di là anche nel campo democratico. Il prato di gioco è infatti completato dalla presenza degli ex popolari Franco Marini e Pierluigi Castagnetti che si convocano per martedì con l’obiet-

L’analisi: “Con la fine del berlusconismo corriamo il rischio di una crisi di sistema”

tivo di contare quanti siano gli ex Ppi ancora non schierati con le parti in lotta dentro il recinto democratico (Fioroni è con Veltroni, Franceschini no). Insomma, in quello che si va delineando come il tramonto del berlusconismo, ognuno dei convitati alla tavola Pd vuole avere una voce. E per farlo deve contarsi.

Il pallottoliere veltroniano NELLE FILA dei “veltroniani” l’asticella è fissata al numero di settanta parlamentari. Se il documento riceverà meno adesioni resterà nell’alveo del “movimento politico”. Se si attesta su quel numero, si valuterà l’ipotesi di una corrente interna. Se lo supera si potrebbe realmente tentare un’opa sul partito, partendo dai gruppi parlamentari di Camera e Senato. Calcoli che sono di là da farsi. Per adesso, per l’appunto, c’è l’offerta. “Se al fallimento della destra - scrive Veltroni - dovesse corrispondere una speculare inadeguatezza delle forze riformiste, incapaci di proporre

L’ex segretario del Pd Walter Veltroni (FOTO EMBLEMA)

un’alternativa credibile, affidabile, autorevole, il Paese correrebbe il rischio di una crisi di sistema”. Questo è lo scenario. Il Pd resta lo strumento politico, ma “a condizione che si facciano risolutamente i conti con le posizioni conservatrici che, anche nel campo del centrosinistra, pensano che il nostro compito prioritario sia quello di difendere le conquiste del passato, piuttosto che cambiare in profondità una realtà che contraddice i nostri valori, punisce il merito e condanna i più deboli”. Parla di un partito che è riuscito ad ottenere “quasi il 34 per cento dei voti nel momento di massima difficoltà per il centrosinistra e il massimo consenso del berlusconismo e fatica oggi a stare sopra il 25%”, quando il berlusconismo appare decotto. Boccia le due opzioni tattiche che il Pd si trova oggi davanti: l’alleanza “ammucchiata” che lui definisce “neo-frontista” e l’ancoraggio al centro (“vetero-centrista”). La prima perchè “persevera nell’errore” che fu del centrosinistra di Prodi, la seconda perchè manderebbe a ca-

sa il bipolarismo lasciando praterie ai trasformisti d’ogni casacca. Parla di un bipolarismo che finisce per “rappresentare” le divisioni del Paese. E discute di una politica che invece dovrebbe

avere un ruolo unificante. Parla di conflitto d’interesse, legge elettorale e primarie. È un documento che avrebbe l’intenzione dichiarata di “unire”, ma che nella sua sola esposizione rappresenta una nuova grana per il Pd.

L’UNITÀ Due giorni di sciopero ggi e domani in edicola non ci sarà l’Unità. Lo anOdi area nuncia l’assemblea dei giornalisti del quotidiano Pd. L’azienda in mattinata aveva annunciato al comitato di redazione la “sospensione” della pubblicazione delle edizioni locali in Toscana e in Emilia Romagna dal 15 ottobre, se non fossero intervenuti nuovi investitori nel giornale acquistato un paio di anni fa dall’ex presidente della Sardegna e patron di Tiscali Renato Soru. La Fnsi, nell’esprimere solidarietà ai colleghi del quotidiano, annota: “Si determina così un grave pericolo per l’occupazione e la stessa sopravvivenza del giornale da sempre punto di riferimento per i territori nei quali si ipotizza di abbandonare la pubblicazione delle cronache locali. In Emilia-Romagna ed in Toscana l’Unità vende il 40% delle copie”.

L’INTERVISTA Sergio Staino di Luca Telese

a cercare Sergio Staino, la Vperaibandiera della satira politica, chiedere a lui come vede il grande terremoto della sinistra che non c’è. Come spiega la sciagura delle lotte intestine, delle faide antiche fra dirigenti nemici, fra vecchio e nuovo. Cerchi lui perché di questi tempi, mentre i dirigenti del Pd si scambiano lettere e stilettate sui giornali, gli intellettuali sono molto più liberi di dire e giudicare. Provi a chiedere al papà di Bobo che cosa dovrebbe fare l’opposizione in cerca di identità, e scopri un fiume in piena. Sergio, metà dei dirigenti del Pd si stanno candidando per le primarie, ritornano a esternare Veltroni e D’Alema, che ne pensi? Non mi far parlare, ti prego. Perché? Perché dovrei dire cose non belle su persone a cui ho voluto bene, con cui ho lavorato. Tu sei sempre stato antiveltroniano… Ma sai che non è vero? Se mi vado a rivedere le vignette che facevo su di Walter dieci anni fa, per esempio, erano tutte piene di affetto. Disegnavo cose stupende su di lui! E quelle di oggi, invece? L’ultima che ho preparato deve ancor uscire. Un militante dice: ‘Veltroni ridiscende in campo’. L’altro risponde: ‘Sollievo in Africa’. Beh, questa è davvero cattiva. No, se permetti è lui che è stato cattivo con noi. È lui che per due volte è scappato, quando c’erano le difficoltà, dimettendosi da segretario per andar via, e lasciando il partito nella merda. Sei prosaico.

“Gli voglio bene, ma rottamiamoli” Lo sai che l’Unità ha chiuso quando Veltroni era segretario, e ha rischiato di chiudere di nuovo quando lo è ridiventato? Cosa ha fatto sparire l’amore di un tempo, in te? La retorica. Nessuno lo obbligava ad andare in Africa quando smetteva di fare il segretario. Ma se lo ha detto per dieci anni, poi lo deve fare davvero. E poi senti: la satira ti obbliga a delle sintesi spietate. In che senso? Veltroni aveva detto che si trasferiva in Africa, invece ha comprato il loft per la figlia a New York. Ahi. Adesso stai entrando nel privato della famiglia Veltroni. Non è una violazione illecita, però. Se i nostri compagni ci mettono al corrente dei loro affari di famiglia per costruire consenso, noi siamo autorizzati ad usarli per fare satira. Non ti pare? Non ti ho mai visto così arrabbiato. È una legittima difesa. Noi, oggi, leggiamo nelle piccole guerricciole irresponsabili di tutti questi leader, una violenza che può

Walter doveva andare in Africa e ha comprato casa a New York, D’Alema è finito in Puglia

squassare tutto quello che di buono è rimasto. Ma non sarà Veltroni il solo responsabile. E infatti non ce l’ho solo con lui. Hanno tutti e due alle spalle delle catastrofi. Anche D’Alema, intendi. Mamma mia. Io a D’Alema gli ho voluto e gli voglio bene. Ma non capisco che cosa sta a fare, ancora su piazza. Si curi della sua fondazione, parli nei convegni! Ma non si metta a dettare la linea, per carità. Cosa gli rimproveri? Faccio solo un esempio: la Puglia. Dopo gli sfracelli delle primarie, dopo i casini che ha combinato laggiù, perdendo tutte le scommesse che aveva fatto dovrebbe tacere per un secolo. Ieri ha rilasciato una intervista alla Stampa. Mi era sfuggita, cosa ha detto? Che Vendola è un problema per la sinistra italiana. Ecco, vedi? Roba da matti. Io penso esattamente l’opposto. Che bisogna cambiare i dirigenti. Che Vendola è uno dei pochi che sa muovere i cuori, le passioni, gli ideali, catalizzare intorno a sè le persone belle che hanno cose interessanti da dire. Ma Bobo con chi sta oggi? Gli elettori sono con Renzi. Anche con le sue ultime dichiarazioni sulla necessità di rottamare i dirigenti? Ci sta proprio per quello. I militanti del Pd io li conosco bene. Sono delusi e anche un po’ incazzati. Non ne possono più di questi

battibecchi di cui non si capisce nemmeno più il senso! Sabrina Ferilli dice: Non si può rottamare i vecchi per un malinteso desidero di nuovismo. Ma infatti non è nuovismo! Per capirci: io credo che una delle persone più belle e serie che ci ritroviamo in mezzo a questi finimondo è Giorgio Napolitano. Dio ce lo conservi. E l’età non c’entra nulla. E allora quale deve essere la discriminante?

Chi ha gestito le cose, e ha sbagliato le scelte non deve mica essere processato. Però cambia lavoro, come si fa in tutto il mondo. Loro ti potrebbero dire che ci viene dopo è peggio. Primo. Se lo dicono loro non vale. Secondo. Se il nuovo non emerge con chiarezza, invece, è proprio perché loro non se ne vanno. Ti faccio l’esempio di Bersani e della Bindi. Fallo. Sono due belle persone. Che si potranno esprimere meglio quando ci libereremo delle zavorre che appesantiscono il partito. Fammi dei nomi che ti piacciono. Oltre a Vendola e Renzi? Zingaretti, che è serio, Cuperlo, che ha la cultura che ci vuole. Ma finchè ci sono i vecchi non gli fanno toccare palla! Però si potrebbe dire. Questi dirigenti sono ancora voSergio Staino, vignettista de l’Unità e ideatore di Bobo

tati dai loro quadri. Per due motivi. Perché il vecchio apparato del Pds-Ds-Pd vede in D’Alema la garanzia del partito che c’è, e non è un bene. E in Veltroni la certezza che lavora ad un partito che non c’è ed è un’altra sciagura. L’errore più grande degli ultimi anni? Attingere tutte le risorse dall’immaginario televisivo, che si dilegua come nebbia al sole. Oppure ai candidati civetta. Ma con chi se la devono prendere quelli che sono stati a votare Calearo, se vedono che lui si dice pronto a dare la fiducia a Berlusconi? Tu e Bobo siete d’accordo sul segretario? Guarda, io ho votato Bersani perché facesse il segretario del partito e lo rimettesse a posto dopo tanti casini. Non l’ho scelto perché facesse il presidente del consiglio e il candidato in campagna elettorale, perché secondo me non è il lavoro suo. Ma chi deve scegliere? Gli unici titolati a farlo. Gli elettori: facciamo le primarie subito, altrimenti non si riparte più. L’ultimo consiglio per il vincitore? Il Pd deve scegliere. Anche se i professorini lo bacchetano. Ad esempio, fra la Marchionne e gli operai, mi dispiace per Fassino, deve scegliere gli operai. Ma insomma, sei per il vecchio o per il nuovo? Ti daranno del veterooperaista. Senti, sono vneti anni che lo diciamo, io e Bobo. Se la modernità non ha un cuore antico diventa una strada che non porta da nessuna parte. E se la modernità diventa subalternità al potere, l’unico approdo è la via degli inginocchiatoi davanti ai padroni del vapore.


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Venerdì 17 settembre 2010

CRONACHE

COL GIUDICE DI CL UN FORMIGONI È PER SEMPRE

N AGENTI PENITENZIARI

Non ci sono soldi per le assunzioni

A

rischio l’assunzione di duemila poliziotti penitenziari annunciata dal ministro Angelino Alfano. Secondo il sindacato Osapp i proventi del contributo unificato istituito con la Legge finanziaria 2010, che devono essere utilizzati per l’operazione, sono meno del previsto: “Non 80 milioni di euro ma soli 8 milioni, utili ad assumere non duemila ma, al massimo, 250 unità”.

Radicali: “Il magistrato che bocciò il ricorso di Grillo vicino al governatore” di Giampiero Calapà

l limite del secondo mandato per i governatori delle Regioni previene un conflitto d’interessi oggettivo, palese nel caso di Roberto Formigoni”, accusa il radicale Marco Cappato, impegnato nel ricorso d’appello contro l’eleggibilità del presidente della Lombardia. “Questo si manifesta chiaramente – afferma Cappato – nel caso del giudice che ha bocciato il ricorso in primo grado: si tratta di Alda Vanoni, in passato organica del movimento cattolico Comunione e liberazione (di cui Formigoni è un esponente di primo piano), per cui è stata fondatrice e presidente dell’associazione Famiglie per l’accoglienza”. Insomma, i Radicali accusano il giudice della prima sezione ci-

“I

vile del Tribunale di Milano di aver bocciato il ricorso dei grillini perché “amica” di Formigoni? “Non è così – precisa Cappato – per sgomberare qualsiasi equivoco partiamo, anzi, dalla migliore delle ipotesi, cioé dal fatto che la decisione sia stata presa prescindendo completamente da rapporti così solidi ed evidenti tra il giudice Vanoni, Formigoni e Comunione e liberazione: diverse le sue partecipazioni, ad esempio, al meeting di Cl di Rimini”. Facciamo un passo indietro. A LUGLIO la doccia fredda: il Tribunale di Milano boccia il ricorso dei “grillini” e lascia Roberto Formigoni (Pdl) seduto comodo sulla poltrona di governatore della Lombardia. Il Movimento 5 Stelle aveva presentato ricorso perché Formigoni è già al quarto

DOPO IL PESTAGGIO Da clandestino a italiano er la prima volta in Italia un clandestino vittima di vioPnitari. lenza razzista diventa cittadino italiano per motivi umaIl 2 settembre del 2008 Ngom Ravane, clandestino del Senegal, viene picchiato con una mazza da baseball nel centro di Milano. A compiere la violenza è un italiano. Anziché tacere, Ngom decide di collaborare con la giustizia. Il processo dura due anni. “Un periodo durante i quali ho dovuto chiedere ogni tre mesi un permesso temporaneo”, dice Ngome. Il colpevole viene condannato: carcere e risarcimento di 13 mila euro, per aver commesso il fatto con “finalità di discriminazione razziale”. Per la legge Bossi–Fini, Ngome, terminato il processo, dovrà essere espulso. L’avvocato Alfredo Zampogna decide di scrivere al capo dello Stato. Giorgio Napolitano risponde premiando il coraggio. Segnala il caso al Ministero degli Interni. Infine, il 15 settembre scorso, la consegna del permesso di soggiorno Gaetano Pecoraro definitivo da parte del questore.

di Michele de Gennaro Palermo

orman è diventato un simbolo della Nil sistema lotta contro i baronati che reggono universitario italiano. Ieri pomeriggio, davanti alla facoltà di lettere e filosofia dell’università di Palermo, si è tenuto un presidio organizzato da tutte le sigle studentesche per ricordare il dottorando di Filosofia che si è suicidato lunedì scorso lanciandosi dal settimo piano dell’ateneo. Una decisione estrema dettata dalla disperazione di non vedere più un futuro davanti a sé, nonostante i mille sforzi e due specializzazioni conseguite col massimo dei voti. A dare l’ultimo saluto a Norman c’erano tanti studenti e tutti i suoi amici, tra i quali molti indossavano la maglia dell’Inter, di cui il giovane era grande tifoso, col nome del dottorando stampato sulla schiena. Anche Giovanni, l’amico del cuore di Norman, milanista, che continua a parlare e coordinare il presidio senza smettere di piangere. Ai lati dell’ingresso della facoltà un grande striscione nero a lutto e due cartelloni con accuse precise: “Quello di Norman è stato un omicidio di Stato”, e ancora “via i baroni dalle università”. Le stesse parole urlate sulle scale della facoltà dal padre Claudio, con il viso

mandato, mentre una legge nazionale impoUna manifestazione ne un limite di due per del Movimento 5 Stelle i presidenti delle Recontro Formigoni gioni. Stesso probleSotto, Marco Cappato ma del governatore dell’Emilia Romagna Vasco Errani (Pd), al terzo mandato, e proprio oggi il Tribunale di Bologna valuterà il caso in seguito al ricorso presentato sem-

“Avrebbe dovuto fare un passo indietro per ragioni di opportunità” pre dai “grillini” insieme ai Radicali. Cappato precisa anche che “le norme sul conflitto d’interesse dei magistrati non danno possibilità, secondo noi, di intervenire in alcun modo”. Ma nel caso Formigoni, “anche questo episodio, lasciando perdere quanto emerso dall’inchiesta sulla P3, è una dimostrazione palese di come il governatore sia ormai al centro di un sistema di potere ampio e diversificato che ha rapporti con tutti i poteri della Lombardia, anche con i giudici evidentemente: altra dimostrazione di quanto sarebbe positivo limitare a due i mandati, cosa per altro che la legge nazionale già impone”. Però, come si spiega al-

come scritto nel sito web, dove si legge anche che “numerosi sono i progetti già realizzati o in corso d’opera, sostenuti in gran parte dalla Regione Lombardia tramite la L.r. 23/1999 a favore dell’associazionismo familiare e fortemente improntata ad uno spirito di sussidiarietà orizzontale”.

lora la bocciatura del ricorso da parte del giudice Vanoni? “La motivazione – spiegano i Radicali – non sta in piedi dal punto di vista giuridico: per non incappare nel limite dei due mandanti basta non modificare la legge elettorale, questo l’espediente trovato che, secondo il Tribunale, permetterebbe di aggirare la legge dello Stato”. Il giudice Alda Vanoni è stata, quindi, per Cl, fondatrice dell’associazione Famiglie per l’accoglienza, “una rete di famiglie diffuse sul territorio nazionale e in diversi Paesi del mondo, che si sostengono nell’esperienza dell’accoglienza familiare e la promuovono come bene per la persona e per la società intera”,

CAPPATO, quindi, ritiene “che questa informazione, che troviamo sul loro sito, aggiunge alla vicinanza ideale e culturale, una questione di finanziamenti regionali, quindi un’espressione di potere: appare evidente, in termini di opportunità, che il giudice Vanoni avrebbe fatto meglio a fare un passo indietro tirandosi fuori da quella decisione. Ma così non è stato”. Il giudice Alda Vanoni, lo scorso febbraio, salì già agli onori delle cronache dopo aver bocciato la causa – promossa dal gruppo editoriale L’espresso di Carlo De Benedetti – per concorrenza sleale nei confronti del premier Berlusconi, per la frase “non date pubblicità a chi si comporta così”, riferita ai giornali “pessimisti” che criticano il governo.

Norman, l’Ateneo snobba il presidio degli amici

trasfigurato dal dolore, tra il silenzio dei presenti: “Qui ci sono i mafiosi, quelli con i colletti bianchi. L’hanno ucciso loro Norman, quelli che fanno andare avanti le loro fidanzate e lasciano in disparte i più meritevoli a marcire”. Anche il padre, la madre Giusi e il fratello David indossano la maglia dell’Inter. Claudio Zarcone non si dà pace e si rivolge ancora agli studenti attorno: “Dovete lottare, tutti insieme, uniti, per cacciare i mafiosi dall’università”. Norman Zarcone non aveva raccomandazioni e sempre più spesso negli ultimi mesi, con amici e familiari, lamentava che il suo dottorato senza borsa di studio era un incubo. “Era emarginato, tollerato a fatica – racconta il padre –, capitava che non lo chiamassero nemmeno più per le riunioni d’istituto e addirittura alcuni docenti gli avevano detto chiararamente che per lui non ci sarebbe stato alcun futuro in università e di cercarsi un’altra strada”. Mentre gli amici ricordano Norman suonando musiche che lui stesso aveva composto e leggendo versi di De Andrè, si sente chiaramente come nell’atmosfera la commozione si mischi alla rabbia per le tante assenze. Nessun rappresentante dell’ateneo

partecipa al cordoglio. Non c’è il magnifico rettore Roberto Lagalla, “che non ci ha spedito nemmeno un telegramma, niente” dice papà Claudio, e non c’è il preside della facoltà di lettere e filosofia, Enzo Guarrisi. “Ha ragione chi sostiene che la morte di Norman non è un suicidio ma un omicidio, che pesa come un macigno sulle coscienze di quella politica arida, attenta solo a se stessa e non al futuro dei giovani”, dice Flavio Arzarello, coordinatore nazionale dei giovani comunisti italiani: “La situazione che stava vivendo Norman è quella che attraversa la maggioranza dei dottorandi italiani: le punte di eccellenza delle nostre università hanno visto progressivamente cancellato il diritto a un futuro decente. Il ministro Gelmini e il governo Berlusconi, che hanno enormi responsabilità di questa situazione, tra tagli e privatizzazioni, si chiedano

Il suo suicidio diventa simbolo contro il sistema delle raccomandazioni dell’università

se l’Italia che abbandona al loro destino le sue menti migliori è oggi un Paese civile”. Dal mondo della politica siciliana, in cui per anni Claudio Scarzone ha lavorato come ufficio stampa e portavoce del gruppo di An, c’è una delegazione del Pdl. “Oggi stesso presenteremo un’interrogazione parlamentare all’Ars – dichiara il deputato Pdl Salvino Caputo – affinché si indaghi approfonditamente su quanto avvenuto. Chiederemo che venga istuita una borsa di studio alla memoria di Norman”.

STRAGE DI VIAREGGIO

Regione Toscana contro il Governo

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on sono ancora disponibili i 10 milioni stanziati dallo Stato per vittime e feriti della strage di Viareggio del 29 giugno 2009: lo rende noto la Regione Toscana in risposta alla notizia diffusa ieri dalla Protezione Civile. Da una verifica effettuata oggi presso la Banca d’Italia è arrivata la conferma del mancato arrivo dei fondi: gli uffici del commissario per la ricostruzione Enrico Rossi, afferma la Regione, reputano che ci vorranno ancora circa tre settimane perchè i soldi arrivino e diventino effettivamente spendibili.

CRAC PARMALAT

“Gestione Tanzi sistema malato”

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n affondo duro, sostenuto da una valanga di documenti proiettati in aula di fronte ad una platea composta quasi esclusivamente di difensori. La Procura di Parma è arrivata alla fase requisitoria del processo Parmalat anticipando nelle premesse quelle che saranno le conclusioni della requisitoria stessa: “Chiederemo la condanna di tutti gli imputati – ha detto la pm Lucia Russo – perchè crediamo che esistano i profili di una responsabilità, colposa o dolosa a seconda dei casi, per tutti nessuno escluso”. “Parmalat nella gestione Tanzi è stata il marchio di fabbrica di un sistema malato e la più grande fabbrica di debiti del capitalismo europeo”, ha detto la pm, componente del pool di magistrati che hanno indagato sul crac di Calisto Tanzi.


Venerdì 17 settembre 2010

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DAL MONDO

NIENTE DOCCIA SCOZZESE PER RATZINGER CHE CHIEDE SCUSA A Edimburgo il Papa vede la regina e critica la Chiesa

Il Duca di Edimburgo, la Regina Elisabetta II e Benedetto XVI (FOTO ANSA) di Marco

Politi

enedetto XVI confessa il suo “shock e la grande tristezza” per le rivelazioni sugli abusi sessuali dei preti. Per la prima volta – parlando in aereo con i giornalisti durante il volo da Roma ad Edimburgo – usa la parola “perversione” per indicare lo stravolgimento della missione sacerdotale da parte dei preti-predatori, che il giorno dell’ordinazione avevano giurato di farsi “voce, bocca, mano di Cristo” e di dedicargli tutta l’esistenza. È un’escalation nelle espressioni di vergogna e di dolore, che papa Ratzinger ha cominciato a rivelare a partire dal suo viaggio negli Usa nel

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2008. In volo il pontefice ha confessato anche di più: “La grande tristezza perché l’autorità della Chiesa non sia stata sufficientemente vigilante, veloce e decisa nel prendere le misure necessarie”. È UN ACCENNO di autocritica? Nessuno ha potuto chiederglielo. Molti fedeli in Gran Bretagna e altrove attendono rigore nelle punizioni. In Belgio ci si chiede se il papa toglierà la tonaca all’ex vescovo di Bruges, monsignor Roger Vangheluwe, reo confesso di aver abusato per anni di un ragazzo suo parente? Risponde il portavoce papale Lombardi: “È una decisione che prenderà personalmente il Papa e che richiederà tempo”. In

Inghilterra hanno scoperto che su 22 preti-predatori, solo otto sono stati ridotti allo stato laicale. Gli altri sono ancora nelle liste ecclesiastiche, benché costretti a vita ritirata. Molti si chiedono se in Vaticano il rigore sia a corrente alternata. Chi ha vissuto gli anni Settanta ricorda le procedure lampo contro l’abate di San Paolo fuori le Mura, dom Giovanni Franzoni. Nel 1974 aveva difeso al referendum la legge sul divorzio e il Vaticano lo sospese immediatamente a divinis. Annunciò poi il suo voto per il Pci. Nel 1976 era già stato cacciato dallo condizione di sacerdote. Punizioni velocissime. Crea più “scandalo” nella Chiesa votare per il Pci di Berlinguer (non di Sta-

lin!) che abusare di minori? Arrivando in Scozia, Benedetto XVI ha affermato che “siamo in un momento di penitenza, di umiltà, di sincerità”. Si tratta, ha rimarcato, di “reimparare l’assoluta sincerità”. Un impegno che gli verrà ricordato dalle associazioni di vittime, che anche ieri pretendevano la riduzione allo stato laicale dei colpevoli. Edimburgo ha accolto amichevolmente Benedetto XVI. Il principe Filippo lo ha ricevuto all’aeroporto , un onore eccezionale per le tradizioni britanniche. La regina Elisabetta lo ha salutato nel palazzo di Holyrood. Lungo le strade decine di migliaia di fedeli gli hanno fatto ala sventolando bandierine e gridando evviva. Pochi i drappelli di contestatori, fra cui il coriaceo reverendo Ian Paisley, diventato Lord Bannside, in prima linea già contro papa Wojtyla negli anni Ottanta. SE LA REGINA Elisabetta, nel suo saluto, è rimasta sulle generali, auspicando rapporti più intensi fra Cattolici e Anglicani e lodando la Chiesa cattolica per il suo impegno a favore dei poveri e dei deboli nel mondo, Benedetto XVI ha voluto fissare sin dall’inizio il tono del suo viaggio. “Mano tesa” alla Gran Bretagna, ha esordito, di cui ha lodato l’impegno per la libertà, contro lo schiavismo, la lotta contro la “tirannia nazista” – quest’anno cade il 60. anniversario della Battaglia d’Inghilterra – tirannia che “aveva in animo di

sradicare Dio dalla società e negava a molti la nostra comune umanità, specialmente gli ebrei, che venivano considerati non degni di vivere”. Ma del passato ha voluto ricordare anche la lunga tradizione cristiana. E quanto al presente papa Ratzinger ha ammonito che l’esperienza dell’ “estremismo ateo” del 20° secolo deve spingere a non dimenticare che l’esclusione di Dio, della religione e della virtù dalla vita pubblica portano a una “visione monca dell’uomo e della società”. Sarà questo il motivo conduttore del suo difficile viaggio. L’atmosfera continua ad essere tesa. Gli antipapisti si sfogano nei blog scrivendo “Facciamola finita presto con queste ridicolaggini”. Ma emerge anche lo spirito britannico di chi mescola la polemica al fair play. “Spero – commenta un bloggista – che noi laici mostriamo quella tolleranza e quel rispetto che mancano al Papa e ai suoi lacchè”. Oggi la sfida di Londra.

Su 22 pretipredatori, solo 8 sono stati ridotti allo stato laicale, gli altri sono ancora nelle liste ecclesiastiche

MEDIORIENTE

LA PACE SI È FERMATA A GERUSALEMME di Roberta Zunini

a grande tenda sotto cui da due mesi siedono, incupiti nel loro dolore, i genitori di Gilad Shalit, l’altro ieri è stata ignorata dalla stampa main stream. Eppure la nuova “casa” della famiglia del soldato prigioniero di Hamas, da oltre 4 anni, è difficile da ignorare. Quando ci si avvicina alla residenza gerosolimitana del premier israeliano Bibi Netanyahu, dove ieri l’altro si è svolto il secondo round dei negoziati di pace diretti, grandi manifesti con il volto da ragazzo secchione di Gilat, indicano che lui dovrebbe essere lì, e non più là, a Gaza. La tenda è stata infatti allestita di fronte alla casa di Bibi - nel quartiere chic di Belgravia- non lontana dal suo ufficio, come monito contro lo stallo delle trattative per la liberazione del giovane Shalit. “Non conviene a nessuno, in questo momento - dice Meir Shalev, editorialista del quotidiano Yedioth Aronoth, nonchè scrittore tradotto in tutto il mondo - sottolineare l’esistenza e l’importanza di Hamas. Significherebbe ricordare che Abu Mazen, il presidente dell’Anp, è debole anche entro i confini della Cisgiordaniae e soprattutto non è l’unico interlocutore con cui la dirigenza israeliana dovrebbe fare i conti per arrivare

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a una risoluzione duratura del conf litto”. Già, Hamas ufficialmente non compare e non potrebbe comparire in questi negoziati voluti fortemente dall’amministrazione americana. “Resta il fatto che il movimento islamico rappresenta circa il 50% della popolazione dei Territori Occupati palestinesi e non sarà facile, qualsiasi saranno i risultati dei negoziati, occultarne la forza demagogica tra la popolazione palestinese - prosegue Shalev -. Detto questo, è fondamentale che i negoziati vadano avanti perchè sono convinto che questa sia davvero l’ultima occasione”. I negoziati sicuramente andranno avanti fino al 26 settembre quando scadrà la moratoria sull’espansione degli insediamenti israeliani in West Bank. Una data dirimente, visto che finora i palestinesi vincolano la prosecuzione dei negoziati alla posticipazione della sua scadenza. Dopo l’incontro a Gerusalemme tra Bibi Netanyahu e Abu Mazen, alla presenza di Hillary Clinton, ieri il segretario di Stato si è recato a Ramallah, la capitale provvisoria dell’Autorità Nazionale Palestinese. Ricevuta da Abu Mazen alla Muqata, la Clinton avrebbe portato la proposta degli Usa per garantire la durata delle trattative dirette. Secondo il quotidiano londinese in lingua araba

Asharq Al Awsat, si tratterebbe di procrastinare di tre mesi la data di scadenza della moratoria. Sempre secondo il quotidiano anglo-arabo, ripreso anche da Haaretz, Abu Mazen avrebbe accettato. Dall’entourage di Netanyahu è arrivato però un niet deciso all’ipotesi. La destra israeliana che ha votato per Bibi non permetterà al premier di bloccare nuovamente la costruzione degli insediamenti. Pena la caduta del suo governo. “L’unico modo risolutivo per

CAMBOGIAMATRIMONII

Processo a 4 leader kmer rossi

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uattro ex leader dei Khmer rossi saranno processati con l’accusa di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l'umanità dal Tribunale straordinario delle Nazioni Unite per la Cambogia. Si tratta di Nuon Chea, ideologo e numero due del regime, Khieu Samphan, il ministro degli Esteri del regime, Ieng Sary, e sua moglie, l’allora ministro per gli Affri sociali, Ieng Thirith. Le prime udienze dovrebbero iniziare a metà del prossimo anno, ma problemi di budget potrebbero allungare i tempi o addirittura bloccare l’intero iter processuale.

IRAN

“Impegno continuo per Sakineh”

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ontinuiamo a seguire con attenzione il caso di Sakineh”, la donna iraniana sulla quale pende una condanna per lapidazione. È quanto hanno sottolineato fonti della Farnesina dopo la lettera aperta dei figli di Sakineh che chiede al mondo di continuare a esercitare il pressing su Teheran. Intanto la tv di stato iraniana è tornata a dare del “servo di Israele” a Berlusconi che aveva insistito su le Figaro sulle sanzioni contro Teheran per il suo programma nucleare.

NIGER

bloccare le costruzioni di nuove colonie israeliane in West Bank - conclude Meir Shalev sarebbe l’evacuazione dell’esercito che difende i coloni, ne seguirebbe sicuramente l’evacuazione della maggior parte dei coloni”. Shalev, scittore di romanzi, sa bene che questa è fantascienza. Un genere letterario che non è mai stato apprezzato dagli uomini forti al governo e dagli estremisti, poichè preconizza un mondo altro, talvolta pacifico.

Miniere di uranio: rapiti 5 francesi

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Hillary Clinton (FOTO ANSA)

Sintonia criminale

Le bordate europee contro Parigi coinvolgono Mr B. LA STAMPA FRANCESE si fa partecipe del filo diretto Berlusconi-Sarkozy, con un’intervista di le Figaro a Mr B, mentre le polemiche sui Rom investono soprattutto la Francia, ma coinvolgono l’Italia, che sta con Parigi. Scatenati i britannici: FT fa un editoriale senza mezze misure, “Le azioni vergognose di Sarkozy”; il Guardian è ancora più pesante, “Il trattamento dei Rom, la vergogna di un continente. La Francia merita di essere cacciata dall’Ue per le deportazioni”. El Pais nota che “l’Europa è contro Sarkozy”, con l’eccezione di Berlusconi che “appoggia la Francia contro i Rom”. Le Monde, Libération,

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Les Echos, e la stampa americana parlano di “conflitto aperto” tra Bruxelles e Parigi, in un Vertice “dominato dal problema Rom”. L’Italia non è però protagonista solo per l’alleanza con la Francia su una causa sbagliata, ma anche per gli sviluppi della sparatoria libica contro un peschereccio siciliano. La stampa estera ironizza sull’imbelle risposta italiana: l’Independent vale per tutti, “La marina libica mette un insolito post scriptum alla visita a Roma del suo leader”. E, intanto, il NYT osserva l’ascesa in Italia di un nuovo potere: “La Lega Nord, il partito più potente d'Italia”. Giampiero Gramaglia

l portavoce del ministro degli Esteri di Parigi ha confermato il rapimento nel nord del Niger di 5 concittadini tra le 7 persone sequestrate ieri. I 7 sono dipendenti di due compagnie francesi che si occupano di energia nucleare, Areva, e di grandi opere, Satom. Il sequestro è avvenuto nella regione di Arlit, vicina alle miniere di uranio del cui sfruttamento si occupa Areva.

SOMALIA

Bombardato il Parlamento

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Giovani Mujahiddin somali (Shabab) hanno preso a colpi di mortaio la sede del parlamento somalo a Mogadiscio, mentre era in corso una seduta. Il contingente africano (Amisom) ha, in risposta, bombardato le basi degli estremisti islamici nel mercato di Bakara. Il bilancio è di 11 morti e 43 feriti.


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Corea del Sud-Ue, l’ultimo favore del governo al Lingotto

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ECONOMIA

a Fiat adesso ha un grosso problema: quanto entrerà in vigore l’accordo di libero scambio tra Unione europea e Corea del Sud, ci sarà il forte rischio da Seoul e dintorni partano vetture costruite in gran parte con componenti cinesi che faranno una pericolosa concorrenza di prezzo alle utilitarie del Lingotto. L’Italia ha tolto ieri la riserva (in

pratica un veto) sull’accordo che, quindi, entrerà in vigore dal due luglio 2011. Finora il governo era stato inflessibile, ma ieri ha dato il via libera. Il ministro degli Esteri Franco Frattini prova a rivendicare comunque un successo: “Siamo soddisfatti perchè è stata accolta anche l’ultima condizione che avevamo posto, quella sui tempi di entrata in vigore dell’accordo anche se

monitoreremo con attenzione la messa in opera dell’intesa soprattutto a tutela del settore tessile e delle auto”. Ma l’ad di Fiat Sergio Marchionne è comunque un po’ preoccupato, e ieri ha commentato così la notizia: “E’ una scelta che non condivido affatto, non riesco a capire qual è la base industriale, economica e strategica di questo accordo”.

Una doppia Fiat per l’addio all’auto degli Agnelli IL GRUPPO SEPARA I TRATTORI DALLE VETTURE E L’AZIENDA SARÀ SEMPRE MENO TORINESE di Stefano

Caselli Torino

avvocato da lassù è contento. Grazie Marchionne, lei ha fatto il miracolo”. L’intervento dell’ottantenne ex operaio Ignazio Cerasia è un momento lirico, con tanto di poesia dedicata alla “tuta blu”, in una stanca e ripetitiva liturgia quale solitamente è l’assemblea degli azionisti Fiat. Ma più che l’Avvocato, ad essere più contento, oggi, sarebbe il fratello Umberto.

“L’

IL 16 SETTEMBRE 2010 (data di un’assemblea “storica”, per usare le parole di Sergio Marchionne e John Elkann) segna infatti il probabile tramonto della Fiat targata Agnelli come l’abbiamo conosciuta per 110 anni. Gli azionisti hanno approvato a larga maggioranza lo spin off del settore auto dal resto delle attività del Gruppo (un vecchio pallino del dottor Umberto) e dal 2011 ci saranno – come peraltro già annunciato dall’ad lo scorso aprile – due Fiat: Auto e Industries: “Era una soluzione da tempo sollecitata dai mercati finanziari – dichiara Sergio Marchionne – ma è stata rinviata perché tutte le nostre energie erano impegnate nel risanamento. Ora il business dell’auto, grazie alla par tnership con Chrysler, ha raggiunto una

massa critica adeguata per muoversi in modo autonomo”. MARCHIONNE, accanto al sempre sorridente John Elkann, presiede l’assemblea con la consueta aria di chi partecipa a una cena obbligata con noiosi parenti, ma la platea degli azionisti è tutta con lui. Tolto l’intervento del sindacalista-azionista Carlo Pariani, in rappresentanza dei Cub, e la performance di Marco Geremia Carlo Bava, un guastatore professionista, il coro di plauso al “salvatore” è praticamente unanime. Pazienza se lo spin off consegnerà alla storia la vecchia Fiat: “È l’unica strada percorribile – dichiara un giovane azionista, uno dei pochi che accettano di parlare con i cronisti – la sfida dell’auto si gioca sul mercato globale e quella “T” di Fiat che sta per Torino è ormai roba da nostalgici”. Consenso incondizionato anche per l’offensiva contro il modello delle relazioni industriali: “Qualcuno dovrebbe chiedere ai sindacati – dichiara, con l’aria di chi sa bene la risposta, un altro giovane azionista – perché in Italia il costo del lavoro è più basso che altrove eppure nessuno investe. Un motivo ci sarà”. “Il tramonto del binomio Fiat-Agnelli è ormai un dato di fatto – è l’opinione di Federico Bellono, segretario pro-

POTERE DI CARTA

MARCHIONNE SI TIENE GIORNALI

“L

a Stampa” di Torino e la quota nel “Corriere della Sera”? “Seguiranno la sorte delle attività automobilistiche”, ha confermato ieri il presidente della Fiat John Elkann. Spiegando che le attività editoriali, a cui va aggiunta la concessionaria di pubblicità Publikompass, avrebbero tradizionalmente maggiori sinergie con il business delle quattro ruote. Quali siano esattamente queste sinergie non è stato spiegato. Certo l’auto fa pubblicità sui giornali. Ma gli spot basta comprarli, non c’è bisogno di possedere una società editoriale. Mentre storicamente è difficile negare che i quotidiani controllati in via diretta o indiretta hanno fatto comodo agli Agnelli per promuovere i propri interessi e la propria immagine. Comunque ormai è deciso: “Stampa” e “Corsera” vanno con l’auto. E così, semmai in un futuro prossimo la Fiat dovesse fondersi con Chrysler diluendo e di molto il pacchetto azionario degli eredi dell’Avvocato,

vinciale della Fiom di Torino – ed era ampiamente prevedibile. La Famiglia è rimasta aggrappata alla parte non-auto, che è quella che nei decenni passati ha più volte evitato il fallimento dell’azienda. Il problema, ora, è capire cosa succederà all’Auto”. IL PIANO quinquennale Fiat è assai ambizioso e dall’annuncio dell’aprile scorso a oggi gli interrogativi sono aumentati. Anche ieri la relazione dell’ad è stata un elenco di ottimi propositi, ma sulla fatidica soglia delle 6 milioni di vetture prodotte nel 2014 continua a pesare l’incognita crisi. Secondo Marchionne gli ultimi dati sul calo delle immatricolazioni e sulle ulteriori perdite di quote di mercato Fiat sono fatti “ampiamente prevedibili”, ma per Bellono potrebbe essere l’anticamera di qualcos’altro: “Il settore auto – dichiara – non potrà fare a meno di nuovi investitori, specie dopo che sarà perfezionata l’unificazione con Chrysler. E poi mi chiedo: l’accelerazione di Marchionne sul piano delle relazioni industriali è una prova di forza o di debolezza? Forse si stanno confezionando delle scuse valide per abbandonare il nostro Paese, o addirittura si sta preparando il terreno per un futuro investitore. Il timore è che l’ad stia già lavorando per altri”. La Fiat, dunque, rischia di fare la fine dell’Olivetti?

anche i giornali finirebbero nel calderone del nuovo supergruppo transatlanico. A meno che, e anche questa è un’ipotesi possibile, gli Agnelli non decidano prima o poi di ricomprarsi le attività editoriali con la oro holding di famiglia, l’Exor. Si vedrà. Per ora tutto resta così come viene descritto nella documentazione informativa sulla scissione. La quota nella Rcs media a cui fa capo il “Corriere” resterà legata alla società che produce auto. E così pure la holding Itedi spa che possiede “La Stampa” di Torino e la Publikompass. Questa decisione però rischia di scaricare ulteriori potenziali perdite sulla società che produce auto, quella che di per sè ha i problemi di bilancio maggiori. Itedi nel 2009 ha chiuso i conti in rosso per 1,5 milioni, mentre il gruppo Rcs è andato in perdita per quasi 130 milioni. La quota del 10,1 per cento controllata dalla Fiat è iscritta a bilancio per 131 milioni, un valore superiore di circa 30 milioni ai prezzi corrente di Rcs in Borsa. Come dire che Fiat potrebbe essere costretta prima o poi a svalutare la partecipazione. Con nuove perdite. Vit. Mal.

“Spero di no – conclude Bellono – la produzione di auto è un settore ancora consolidato anche nei paesi più evoluti, a differenza di quello informatico. E la Fiat ha ancora un peso nazionale che l’Olivetti non aveva più. Ma un punto in comune c’è, la drammatica assenza dello Stato”. NUBI SU TORINO, che si addensano più fitte dalle parti di Mirafiori. Marchionne l’ha detto in conferenza stampa: non si parlerà di produzione e modelli fino a quando non si troveranno le “condizioni di governabilità”. Una nuova sfida alla Fiom, che però, nella casa madre, è molto più forte che a Pomigliano.

E’ il primo passo verso la fusione definitiva con Chrysler e l’ingresso di nuovi investitori

Mirafiori pronta a diventare americam

CALCOLI FRENETICI PER CAPIRE QUANTI DEI DEBITI ANDRANNO ALLAMM di Vittorio Malagutti Milano

i certo c'è soltanto che l'hanno spezzata in Dnoscevamo, due. E la vecchia Fiat, quella che tutti coadesso è diventata un'azienda in duplex. Da una parte la produzione di auto, dall'altra tutto il resto. Che non è poco, perché comprende i camion dell'Iveco e i trattori sotto il cappello di Case New Holland (CNH). Questa è l'operazione approvata dall'assemblea di ieri. Si sa che la scissione diventerà effettiva dall'inizio dell'anno prossimo. Che le due società, una per l'auto e l'altra battezzata Fiat industrial, saranno quotate in Borsa. E che, infine, in entrambe le holding i rapporti di forza tra i soci resteranno gli stessi, con gli Agnelli primi azionisti e migliaia di investitori grandi e piccoli a dividersi il resto. Questa però è solo la cornice. Sui dettagli del quadro, invece, l'incertezza è grande tra gli analisti. Per non parlare degli scenari futuribili, su cui scommette la speculazione di Borsa. E cioè la separazione dell’auto e la possibile fu-

La Consob aspetta una spiegazione sui criteri di ripartizione dei passivi tra quattro ruote e “Industrial”

sione con Chrysler che consentiranno nell’arco di alcuni anni alla famiglia Agnelli di svincolarsi dal business dell’automobile. Questo sarebbe il senso politico dell’operazione varata ieri. Ma una conferma sul tema difficilmente arriverà nel breve termine. E allora restiamo ai temi d’attualità. Tanto per cominciare c'è il problema dei debiti. Domanda: come saranno spartiti tra le due aziende? La documentazione ufficiale segnala che 741 milioni fanno capo al settore auto mentre la quota di Industrial raggiunge i 3,67 miliardi. Questa però è una fotografia datata alla fine del 2009, mentre ieri Marchionne ha


Venerdì 17 settembre 2010

Quando il ministro Tremonti parla di fisco e tasse

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icono che il governo Berlusconi abbia aumentato la pressione fiscale. Io non l’ho mai incontrata questa signora pressione fiscale. So solo che non abbiamo mai aumentato una tassa”, diceva pochi giorni fa il ministro del Tesoro Giulio Tremonti alla convention del Pdl di Gubbio.

ECONOMIA Peccato che Confindustria sostenga una tesi diversa, guardando i numeri sulla pressione fiscale. Quella ufficiale ha raggiunto il 43,2 per cento, un nuovo record, che però dipende anche dal fatto che il Pil è diminuito (la pressione si calcola dividendo il peso delle tasse per la ricchezza prodotta). Ma depurando il calcolo dall’evasione fiscale, cioè

considerando l’incidenza delle tasse solo su quelli che le pagano davvero, i numeri cambiano. E la pressione fiscale diventa il 54 per cento nel 2010 (in continuo aumento, la stima di tre mesi fa era più bassa di tre punti), che non è un gran risultato per il centrodestra che promette la rivoluzione del fisco dal 1994.

CONFINDUSTRIA, CHE SCOPERTA: “L’EVASIONE È SBALORDITIVA” Secondo il centro studi degli industriali vale 125 miliardi di Stefano Feltri

asta un aggettivo a trasformare un rapporto del centro studi di Confindustria in un caso politico: quelle dell’evasione fiscale, si legge nel documento, sono “cifre sbalorditive”. E le cifre in questione, ricalcolate dal pensatoio confindustriale guidato dall’ex giornalista Luca Paolazzi, sono queste: le risorse sottratte al fisco sono almeno 125 miliardi di euro all’anno, e forse molto di più perché con la crisi la parte di economia non regolare, quella sommersa, continua ad espandersi (perché le tasse per molti imprenditori sono un costo non sostenibile). E sarebbe arrivata, stima Confindustria, al 20 per cento del Pil: oltre 300 miliardi di euro.

B Il presidente e l’amministratore delegato di Fiat, John Elkann e Sergio Marchionne, che annunciano lo spin off dell’auto visti da Marilena Nardi. Qui a destra la presidentessa di Confindustria Emma Marcegaglia (FOTO ANSA)

Nostalgia per Visco

“Boom dell’economia sommersa dopo l’abolizione delle misure volute dal governo Prodi”

NUMERI ALTI, ma non sorprendenti, in linea con i dati dell’Istat. Ma c’è quell’aggettivo, “sbalorditive”, che mette il rapporto in una luce diversa da una semplice diagnosi. Anche perché il centro studi ha una spiegazione del boom del sommerso: “E’ probabile che la recente espansione del sommerso sia stata determinata anche dall’abolizione nel 2008 di buona parte delle norme antievasio-

ne introdotte negli anni precedenti”. Che in termini politici significa questo: prima c’era Vincenzo Visco, con il governo Prodi, poi a occuparsi della lotta all’evasione è arrivato Giulio Tremonti e gli evasori hanno stappato lo champagne, con il risultato che l’economia sommersa ha ricominciato a crescere. Difficile quantificare quanto fossero efficaci le misure concrete di Visco e del governo Prodi – scrive il centro studi di Confindustria – ma “è possibile che la loro introduzione avesse accresciuto la percezione di un inasprimento della lotta all’evasione e quindi aumentato la compliance spontanea”. Bastava che su quella poltrona ci fosse Visco e gli evasori si sentivano meno incentivati a evadere. E perfino Tremonti si è reso conto che l’atteggiamento di Visco era quello giusto, dice Confindustria, come dimostra il “parziale ripristino” di alcune delle misure di lotta all’evasione dell’era Visco, tipo l’introduzione di una soglia (elevata, 5000 euro) ai pagamenti in contanti. Ma c’è un altro problema. Mentre l’economia sommersa si espande, quella del Paese arranca. Molto più di quanto previsto dal governo. Secondo Confindustria, la cosiddetta ripresa “perde slancio dopo l'accelerazione superiore alle attese nella prima meta' dell'anno”. Che nel concreto significa una previsione di

crescita dell’1,2 per cento nel 2010 e dell’1,3 per cento nel 2001. Il governo ha tarato la sua politica economica su ritmi abbastanza diversi: +1,5 e +2 per cento. Quindi, se il centro studi di Paolazzi ha ragione, mancano all’appello almeno 10 miliardi di euro nei prossimi due anni. Di cui quasi cinque da trovare già quest’anno, forse nella Finanziaria autunnale.

Marcegaglia di lotta o di governo? DUE INDIZI potrebbero sembrare una prova: la Marcegaglia sta mollando il governo. Ma le cose sono più complesse. Prima della bastonata a Tremonti e all’esecutivo su evasione e crescita, c’erano state le parole pronunciate due giorni fa a Vicenza,

nello stabilimento della Diesel: “L'Italia vive un momento di politica brutta che per mesi ha parlato solo di amanti, di cognati e di appartamenti. Non è questo che ci interessa”. E poi ancora: “Conflitti personali e un governo che forse non ha più la maggioranza non aiutano a concentrarsi su temi come il lavoro, l'occupazione e la crescita”. Subito dopo una frettolosa smentita, per derubricare il tutto a incomprensione giornalistica. Il quotidiano confindustriale ribadisce che le parole della presidentessa non vanno caricate di significati polemici, sul Sole 24 Ore la notizia finisce infatti a pagina 19 con un titolo innocuo, “Marcegaglia: ora riforme, il governo vada avanti”. E Paolazzi, alla guida del centro studi dell’associazione industriali, è un esperto di evasione che da anni studia il pro-

mna, i mercati scommettono sulla data

blema. Quindi non si tratta di un’uscita estemporanea, da considerare un puro attacco al governo e ai risultati della lotta all’evasione vantati da Tremonti.

Sempre con B. ma anche no MA LE DIFFICOLTÀ di comunicazione di Emma Marcegaglia danno il senso di una certa tensione con il governo, perché gli imprendiori non hanno dimenticato il tentato blitz fiscale (fallito all’ultimo) di Giulio Tremonti che ha provato a imporre il divieto di compensare debiti e crediti verso lo Stato. Prima pagare, poi ricevere. Nella manovra la misura è saltata solo nell’ultima versione, con un emendamento pare scritto proprio negli uffici di Confindustria. E a novembre, con la Finanziaria autunnale, in molti temono che possa arrivare qualche altra sorpresa del genere. Da un lato, quindi, Confindustria trasmette il messaggio che il suo appoggio non è scontato ma dipende da quello che il governo farà nel concreto. Ma dall’altro ribadisce a ogni occasione che serve stabilità, perché ci sono troppi dossier delicati (dal nucleare alle infrastrutture) a rischio in caso di elezioni anticipate o governi tecnici. Stretta tra queste due esigenze, e indebolita dall’autonomia crescente della Fiat di Sergio Marchionne, Emma Marcegaglia cerca di trovare un equilibrio. Con occasionali incidenti di percorso.

MPARTE “AUTOMOTIVE”: IN QUEL NUMERO C’È IL FUTURO DI MARCHIONNE ribadito che a fine 2010 il peso dei debiti (al netto dei crediti) sarà identico: 2,5 miliardi per ciascuna società. Non è però ancora arrivata una spiegazione chiara, richiesta in tempi brevi anche dalla Consob, su come si giungerà a questa ripartizione. Questione importante, perché l'indebitamento condiziona lo sviluppo delle due società. Inizialmente gli addetti ai lavori avevano sottolineato che il minor indebitamento destinato al settore auto rifletteva le maggiori difficoltà di quest'ultimo. Come dire: le prospettive di trattori e camion sono migliori e quindi possono indebitarsi di più. E invece no, dice Marchionne si farà metà per uno. Quelli che abbiamo appena elencato sono però i debiti classificati dalla Fiat come industriali, cioè legati direttamente alla produzione. Per una valutazione complessiva bisogna invece considerare l'indebitamento netto complessivo, cioè quello che comprende per esempio la copertura dei finanziamenti e dei leasing alla clientela. E questa voce a metà giugno corrispondeva a circa 13,7 miliardi, in netto aumento rispetto agli 11,5 circa di fine 2009. Alllora è vero, come ha orgogliosamente sottolineato ieri Marchionne, che “l'auto senza più stampelle sarà artefice del proprio destino”. Ma d'altra parte è difficile non notare che il peso dei debiti continuerà a condizionare il futuro. Tra l'altro già da settimane il gruppo è impegnato in trattative con le banche creditrici per rinnovare e riformulare le linee di credito. Infatti tra 2011 e 2012 andranno in scadenza circa 8 miliardi di prestiti, obbligazioni comprese. Da qui l'esigenza di rastrellare nuove risorse. Come fare, altrimenti, per raggiungere gli

ambiziosi obiettivi industriali annunciati nei mesi scorsi e confermati una volta di più nell'assemblea di ieri? Perché entro il 2014 il gruppo Fiat che adesso viaggia sui 50 miliardi di ricavi al'anno vuole arrivare a quota 94 miliardi, di cui circa 64 miliardi verranno dall'auto. La produzione di veicoli con i marchi Fiat, Alfa, Lancia oltre a Ferrari e Maserati dovrebbe toccare i 6 milioni di unità, più che raddoppiando la quota che uscirà dalle fabbriche italiane: dalle attuali 650 mila a 1,4 milioni. E anche i profitti, sulla base del piano Marchionne dovrebbero tornare a correre: addirittura 5 miliardi nel 2014 per l’intero gruppo, cioè auto più camion e trattori. Certo per il momento l’amministratore delegato è costretto ad affrontare uno scenario ben diverso da quello tracciato nel piano di sviluppo. A ricordare quali sono i termini della questione ieri durante l’assemblea le agenzie di stampa hanno diffuso i dati sulle immatricolazioni di auto nell’Europa occidentale. La Fiat ha perso il 31,4 per cento in luglio rispetto all’anno precedente e un altro 23,9 in agosto. Nella sola Italia il calo è stato del 35,8 per cento a luglio e del 26,3 per cento in agosto. Peggio del mercato nel suo complesso, calato in Italia a luglio del 25,9 per cento e ad agosto del 19,2 per cento. Il crollo della domanda sarebbe dovuto alla fine degli incentivi che hanno pompato il mercato. “quando stacchi la spina succede questo”, ha commentato Marchionne. Ma “dopo il primo trimestre - ha detto - vedremo una ripresa”. Ottimismo obbligato, in caso contrario i suoi piani rischiano di assomigliare a un libro dei sogni.

L’ULTIMA RELAZIONE

EPIFANI: “IL CONFLITTO NON BASTA”

N

on è una resa dei conti. Anzi i modi del segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani sono piuttosto garbati. Ma non c'è dubbio che nella sua ultima relazione tenuta al direttivo nazionale della Cgil, il segretario uscente del più grande sindacato italiano abbia voluto delineare una soluzione diversa allo scontro che vede contrapposte la Fiom, la Fiat e ormai l'intera Federmeccanica. Epifani ha definito un programma di iniziative della Cgil che sfoceranno in una manifestazione nazionale a Roma il prossimo 27 novembre. Ma buona parte della sua relazione è stata dedicata allo scontro sindacale che ruota attorno alla Fiat e al “caso Pomigliano”. Epifani ha ribadito che “c'è un attacco alla Fiom e quindi alla Cgil” e la confederazione sarà presente alla manifestazione che la Fiom ha convocato per il 16 ottobre. Ma, ha specificato il segretario Cgil, la questione metalmeccanica non è

la più grave oggi, c’è tutto il comparto del pubblico impiego dove le retribuzioni sono state bloccate per tre anni e dove non si rinnovano le Rsu. Soprattutto, ha aggiunto, per trovare una via d'uscita all'attuale situazione “il conflitto non basta” serve “una proposta”. A partire dal “rinnovamento della funzione del contratto nazionale”. In che modo e in che direzione Epifani non lo spiega ma la sua digressione sulle “deroghe a tempi” che vengono utilizzate in Germania è bastata per far dire a Cremaschi che questa è una delle soluzioni a cui sta pensando la maggioranza della Cgil. Per nulla convinta la minoranza, in cui la Fiom è collocata e che ha deciso di dare il ruolo di coordinamento dell'opposizione interna all'ex segretario Fiom Gianni Rinaldini. Lo scontro con Marchionne che – ha rivelato Landini – avrebbe già scritto la lettera di disdetta da Confindustria se non otterrà le deroghe necessarie per il settore auto, deve essere gestito da tutta la Cgil con l'unica arma che davvero questa possiede, “lo sciopero generale”. Salvatore Cannavò


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SECONDOTEMPO SPETTACOLI,SPORT,IDEE in & out

ROBERTO FAENZA

IL GIORNO IN CUI IL DOLORE SARÀ UTILE

Julia Roberts Presenta il suo film e nega di essere induista

Morgan Torna a fare il giudice per il talent show di Radio 24

Michael George in carcere per droga: prima notte in lacrime

Tronchetti Benitez? Non si poteva avere una copia di Josè Mourinho

Viaggio sul set americano del regista che sta girando il film tratto dal romanzo di Cameron: malumori, difficoltà sindacali e inaccessibili tramezzini

di Beatrice Borromeo New York

“Q

uella e’ una stronza”, “she’s a bitch”! La prima cosa che vedi arrivando sul set del nuovo film di Roberto Faenza Un giorno questo dolore ti sarà utile, al Royal Regency Hotel di Yonkers, una quarantina di minuti da New York, è che sono tutti di cattivo umore. Come in una guerra fredda, gli americani stanno da una parte, gli italiani dall'altra. Si parlano solo per esigenze di scena e sottovoce fioccano i commenti, reciproci, non proprio gentili. “E’ l’ultima volta che giro un film a New York’’: Faenza si trattiene a stento, aspettando impaziente di spostarsi a Washington per continuare le riprese. Eppure questo è un esperimento entusiasmante: è il nostro cinema che vola in America, portando in dote 5 milioni di dollari, per girare un film interamente italiano: a partire dalla produttrice Elda Ferri, premio oscar per La vita e’ bella, e da Milena Canonero – per la prima volta nei panni di produttore esecutivo - che di oscar ne ha vinti tre, l’ultimo per i costumi di Marie Antoniette e il primo per il capolavoro di Stanley Kubrick, Barry Lyndon. ‘’Fascisti, squadristi, spie!’’ ripete Faenza tra una ripresa e l’altra. “Neanche in Russia ci trattavano cosi’!”. Ce l’ha con le Union, i sindacati americani, e con le rigidissime regole che impongono. Qualche esempio: il regista non può parlare direttamente con le comparse, deve farlo attraverso il suo primo aiuto, che si chiama Scott ed e’ un possente ragazzo di Brooklyn. Se sgarra, le comparse possono reclamare il ruolo di attori e pretendere piu’ dei 100 dollari al giorno che spettano loro. Nessuno, a parte l’addetto alle sedie, può spostare le sedie. E se sfortunatamente questi deve andare in bagno, e chiunque altro ne sfiora una che magari intralcia la cinepresa, arrivano le Union e minacciano di bloccare il film. E ancora: vietato prendere un pa-

nino dal ricco catering che per 13 ore al giorno e’ disponibile in studio. C’e’ una gentile signora che chiede ininterrottamente a oltre 90 persone (tra cast e addetti ai lavori) se hanno fame. E se qualche attore distratto afferra un tramezzino, parte la telefonata di una delle tante ‘’spie’’ che spiffera il misfatto alle Union.

Cineasti e truccatori DUE GIORNI fa i sindacati, avvertiti della discussione tra il regista e una truccatrice, si sono presentati negli studi e, bloccando per due ore le riprese, hanno fatto mettere italiani e americani in fila, intimando a Faenza di chiedere scusa , davanti a tutti, alla ragazza, destinataria di un urlo perché si era allontanata dal set durante una scena cruciale. ‘’Non ho mai lavorato con una squadra così difficile. Vedi quella ragazzina? Vuole insegnare a Roberto come girare’’, indica la Canonero, elegantissima nella sua camicia bianca e, nonostante gli intoppi, sempre calma, pacifica. Rispetto agli altri poi, per nulla sconvolta della totale mancanza di flessibilita’: sia per-

LIBROINGOCCE IBROIN IBRO IN NGOC Tra i villaggi e i paesi messi a ferro a fuoco dai nordisti alla conquista del Sud.«Gli oltraggi subiti

Chilometri «Rileggo la tabella dove ho segnato i chilometri fatti di corsa. Giugno: 260 chilometri. Luglio: 310 chilometri. Agosto: 350 chilometri. Settembre: 300 chilometri». Breve «In certi casi, metterci del tempo è la via più breve». Bar «Quando cedetti il bar per ripartire da zero, la prima cosa che facemmo io e mia moglie fu di ripensare da capo il nostro stile di vita. Decidemmo di alzarci al levar del sole e la sera di andare a dormire il prima possibile. Questo significava per noi fare una vita naturale. Una vita seria». Scrittura «Correre per la strada ogni mattina mi ha insegnato molto riguardo alla scrittura».

ché, abitando negli Stati Uniti, ha vissuto gradualmente il progressivo irrigidimento delle regole e dei ruoli frutto della politica della paura che due amministrazioni Bush hanno diffuso, sia perché di set americani ne ha girati tanti, e “a Hollywood non è meglio’’. A salvare il film, spiega Faenza, sono gli attori: il giovanissimo protagonista Toby Regbo, la star di Avatar Stephen Lang, la vincitrice del Golden Globe Ellen Burstyn e la cattiva di Kill Bill Lucy Liu. E ancora Marcia Gay Harden, che nel film interpreta la madre di Tobey collezionista di mariti, conosciuta al grande pubblico per Into the wild, e il volto di American Beauty e della serie tv The O.C. Peter Gallagher qui nel ruolo del padre che ama ragazzine appena maggiorenni. “Un giorno questo dolore ti sara’ utile”, tratto dall’omonimo bestseller di Peter Cameron, è la storia di James Sveck (Tobey Regbo), un adolescente ipersensibile, vulnerabile, che non parla con nessuno perché completamente incapace di vivere nel mondo che lo circonda. “You’re a looser, a lowner”, ovvero “Sei un perdente”, gli dice al ballo della scuola la conturbante Dree Hamingway, nipote di Ernest, nel film la ragazza piu’ di Giorgio

carina del liceo che trascina James in pista anche se ciò che lui vorrebbe è solo restarsene seduto, solo e zitto. “Ascolta la musica!”, incita lei, anche se attori e comparse si scatenano nel silenzio piu’assoluto: il sound verrà aggiunto in post produzione. L’inglese Regbo, biondo, efebico, magro, protagonista anche del pros-

simo Harry Potter, si aggira per il fumoso set talmente calato nel ruolo da diventare quasi trasparente, da passare inosservato. E non parla per davvero, neanche tra un ciak e l’altro. Nel film, che rispecchia fedelmente il romanzo, James è figlio di genitori separati e vive a Manhattan, che per milioni di teenager è un sogno e Roberto Faenza sul set

per lui, che vorrebbe trasferirsi in campagna, solo un posto caotico, sporco, incomprensibile.

Un adolescente e la nonna È LA STORIA della sua profonda solitudine, della trappola di una famiglia banale che vuole ‘’normalizzarlo’’ mandandolo dallo psicanalista, di un diciassettenne che viene capito solo da sua nonna. “È vero cosa? Che sono disturbato? – si chiede James – e cosa vuol dire veramente?”. Stamattina Tobey Regbo e Peter Gallagher sono a Central Park, nel cuore della citta’, per girare altre scene. Fa ancora caldo, c’e’ sempre il vento e il sole viene e va. Tra i grattacieli, le carrozze e i cavalli ricominciano anche i commenti: questa volta la vittima è Julia Roberts, che durante la pausa pranzo viene raccontata come una dispotica e nevrotica diva con cui nessuno vuole lavorare. Faenza si mette d’accordo con l’attore Harvey Keitel per fare colazione domenica, “basta che non porti Robert De Niro, quei due non si staccano mai”. Nonostante tutto, neanche lui riesce a odiare New York.

Dell’Arti

CORRERE, UN’ARTE Palla «Posso indicare con estrema precisione il momento in cui ho deciso di mettermi a scrivere. Era il 1° aprile 1978, verso l'una e mezza del pomeriggio. Quel giorno, seduto da solo su una gradinata dello stadio di Jingu, guardavo una partita di baseball bevendo una birra [...] Hilton fece una battuta a terra lungo la linea sinistra del campo - il suono secco della palla contro la mazza risuonò nello stadio - poi a velocità pazzesca girò la prima base e si fermò sulla seconda. Ecco, fu in quel momento che mi colpì il pensiero: "Voglio scrivere un romanzo"». Solitudine «La solitudine è un risultato che in parte ho cercato di mia spontanea volontà. Soprattutto per chi fa il mio mestiere, è un percorso obbligato, anche se in gradi diversi. Tuttavia il senso di solitudine, come un acido fuoriuscito da una bottiglia, può corrodere e aumentare lo spirito di un indi-

viduo senza che questi se ne accorga. È una micidiale arma a doppio taglio. Protegge lo spirito, e al tempo stesso dall'interno continua senza sosta a ferirlo». Malsano «Concordo con l'affermazione che scrivere è un'attività malsana […]. Per manipolare qualcosa di veramente malsano è necessario condurre una vita più sana possibile». Muscoli «Una delle regole fondamentali di un allenamento intensivo è che si può anche diminuire la quantità complessiva di esercizio, ma non bisogna mai riposare due giorni di seguito. I muscoli, come gli animali da fatica, hanno buona memoria. Se vengono abituati gradualmente, con prudenza, a portare il carico, vi si adattano con facilità. Se li si persuade dando loro ogni giorno un compito concreto, chiedendo loro di svolgere gentilmente per noi una certa quantità

di lavoro, si fanno coraggio e rispondono alla domanda usando a poco a poco sempre più energia. Ovviamente ci vuole tempo. Se li si forza non si ottiene nulla. Ma se ci si mette tutto il tempo necessario, e si avanza gradino per gradino, diventeranno più docili, più pazienti e non solleveranno obiezioni - anche se a volte non avranno l'aria contenta. Bisogna far assimilare ai nostri muscoli, a forza di ripeterlo, il concetto che c'è tot lavoro da fare. I muscoli sono onesti. Se li trattiamo equamente non protestano». Concentrarsi «"Anche se non scrivo niente, ogni giorno mi siedo comunque diverse ore alla scrivania e mi concentro"» (Raymond Chandler). Ali «Essere giovani e di talento equivale ad avere le ali sulla schiena».

Buca «Mentre si scava con una pala una buca ai propri piedi sudando sette camicie, ecco che per caso si scopre una vena d'acqua segreta che dormiva in profondità. Un bel colpo di fortuna davvero! Ma se si è verificato, fondamentalmente è perché con l'allenamento si era acquisita la forza fisica di scavare una buca profonda. Gli scrittori che hanno visto fiorire il loro talento in tarda età non sono forse passati più o meno tutti attraverso questo processo?». Banale «Per quanto banale sia un'azione, se ripetuta spesso ingenera una sorta di intuizione estetica». Barba «"Anche nell'atto di farsi la barba c'è una filosofia" (Somerset Maugham)». Notizie tratte da: Murakami Haruki “L’arte di correre”, Einaudi, 18


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SECONDO TEMPO

COSÌ PARLÒ B ONDI

di Malcom Pagani

all’anno prossimo, visto che la Mostra è finanziata dallo Stato, voglio mettere becco anche nella scelta dei membri della giuria”. Sandro Bondi vuole tornare all’antico. All’epoca dei telefoni bianchi in cui il Festival di Venezia era un tripudio di coppe Mussolini, non c’era giudice che non passasse la selezione di Pavolini e l’inaugurazione toccava a Goebbels in persona. L’aff lato artistico non si distanzia da quello professato dal ministro della propaganda tedesco: “Quando sento la parola cultura metto mano alla pistola” e a meno di voler pensare che a parlare di cinema in un’intervista ad Antonella Piperno di Panorama in edicola oggi, sia uno dei tanti parodistici fascisti su Marte dipinti da Guzzanti e non il titolare del dicastero dei Beni culturali in carica, assente dal Festival per imprecisate questioni “ familiari”, si rimane senza parole. Al Panorama di Berlusconi, Bondi offre un saggio di liberalità che avrebbe messo in imbarazzo Berjia. Nessuno, neanche nella più grigia delle ere democristiane, era mai giunto a tanto. La Repubblica italiana finanzia lo spettacolo della Mostra per più della metà dei complessivi 12 milioni di euro l’anno. Tra dodici mesi, il sottinteso, saranno denari condizionati al gusto e all’inclinazione del Ministro.

“D

Tracollo del Palmarès? Sandro ride BONDI aveva sostenuto in luglio l’inesportabilità del sistema Italia sullo schermo: “I nostri film non riescono più a superare i confini nazionali perché le storie raccontate sono asfittiche”. L’insuccesso veneziano (zero premi zero nel concorso ufficiale) invece di turbarlo lo esalta. Conferma le sue convinzioni. Lo spinge a superare i confini. Gli chiedono se si senta una Cassandra e lui gode, come un bambino davanti alla dispensa. “I risultati del Festival costringono tutti ad aprire gli occhi e fare autocritica”. E quando dice tutti, Bondi intende l’universo ostile che evita di partecipare alle sue iniziative, lo critica aspramente, non gli lesina fischi e ‘dimentica’ quanto lui abbia fatto per la cultura: “Molto più di quanto non abbia prodotto la sinistra” come dichiarato con le lacrime agli occhi al Corsera a Mostra ancora aperta, mentre cenava ad Arcore. Quando gli amici o i potenziali sodali si defilano, il numero dei nemici aumenta esponenzialmente. Il tirassegno di Bondi è pieno di frecce. Curaro transnazionale. In cima alla lista, il Presidente della giuria, l’americano Quentin Tarantino. “Tarantino è espressione di una cultura èlitaria, relativista e snobistica. E la sua visione influenza anche i suoi giudizi critici, pure quelli verso i film stranieri”. Il relativismo bondiano è materia per il filosofo greco Gorgia, di cui l’ex comunista di Fivizzano dev’ essere appassionato. Il suo “tutto e il contrario di tutto” è l’architrave della conversazione con Panorama. Definire elitario un innamorato cultore del cinema di Lino Banfi, delle “Giovannona coscialunga” e dei poliziotteschi

“A VENEZIA PAGO IO E SCELGO I GIURATI” Linea dura del ministro: avviso di sfratto a Marco Müller, accuse a Tarantino

Garrone e Sorrentino? Monnezza

all’italiana è un estratto di comicità straordinario, non inferiore a quando Piperno gli domandi con puntualità se non gli abbia dato fastidio che Tarantino afflitto dal conflitto di interessi abbia premiato nell’ordine la sua ex fidanzata Coppola e il suo antico Mentore, il cinefilo Monte Hellman.

Il conflitto di interessi? Aria L’ARGOMENTO provoca a Bondi allergia immediata. Aleggia il fantasma di Ivan Pavlov: “Questo è un aspetto minore e tutto sommato trascurabile” minimizza. Ma leggendo meglio, si capisce che l’obbiettivo è più ardito. Primo, cacciare rapidamente Marco Müller, il direttore della Mostra, all’ultimo anno di mandato e occupare in omaggio alla Bulimia pidiellina anche una delle ultime caselle disponibili. Per prenderlo a pedate e rimane-

Sandro Bondi (FOTO ANSA) . In basso, Zlatan Ibrahimovic (FOTO ANSA)

re in tema, Bondi sceglie la metafora preferita del capo, quella calcistica: “ Müller è innamorato dei propri schemi fino al punto di non privilegiare i talenti e le novità che sono sotto gli occhi di tutti”. Ma queste luci, non è chia-

rissimo dove brillino, visto che il nostro cinema: “Manca di attori e sceneggiature adeguate”. E Siccome Elio Germano, premiato all’ultimo Cannes per “La nostra vita” ha notoriamente passaporto neozelandese, non si può fare

Bondi non si smentisce e in un’immaginario agone con Brunetta lo supera all’ultima curva, quella dell’incoscienza: “Non mi sono affatto pentito. Sono andato a vedere personalmente molti dei film recentemente finanziati dallo Stato e li ho trovati brutti”.

a meno di intuire che la ragione di tanto malspeso livore sia economica. E infatti, quando la giornalista gli domanda se non si sia pentito di aver annunciato tagli al Fus che a detta dell’Agis, ridurrebbero il settore in miseria,

NON SI SA se si riferisse a Garrone, Sorrentino, Frammartino o all’unico premiato in Laguna, l’Amedei del “20 sigarette a Nassyria”. Però bisogna tagliare, scorciare comunque perché il finanziamento pubblico è una delle peggiori forme “di clientelismo esistenti, ovvero il contrario del vero cinema ed è ora di aprire gli occhi”. Sandro mani di forbice, più che a un eroe triste di Tim Burton, somiglia sempre più a quei pretori assaliti dalla pruderie degli anni ‘70, quelli che mandavano la Ps a soffocare ogni immagine che nell’Italia bigotta di allora offendeva il pubblico pudore. Però è un Ministro. Conta di più. Incide. Luca Guadagnino, che della giuria presieduta da Tarantino faceva parte insieme a Salvatores, sceglie l’ironia: “A voler ragionare così, dovrebbero scegliere i giurati anche i manager di Lancia e Nastro Azzurro, sponsor occulti ma pressanti della Mostra. Forse una scelta del genere abbatterebbe definitivamente l’ipocrisia”. E sembra di capire, anche il complesso da incubo di una notte di fine estate.

La maleducazione dei numeri 9 a maleducazione dei numeri nove è Ll’adrenalina un lampo fuori dalla nebbia, con in circolo, il rancore malato e la sensazione di onnipotenza che rende i collegamenti tra sinapsi complicati come un ferragosto sulla Salerno-Reggio. Così accade che nella cornice ultracasalinga di Mediaset, Zlatan Ibrahimovic non rispetti il copione, devasti il galateo e di fronte a un complimento, ripaghi con un insulto. La gara di Champions con l’Auxerre è finita da pochi minuti e in studio, si discute dei due gol del manifesto

elettorale a grandezza naturale di Berlusconi. Clima allegro, battute tra gente che si intende al volo: “Arrigo Sacchi sostiene che se non avessi avuto 47 di piede, forse non avresti segnato”, gentilezze assortite. L’ospite inatteso, ossimoro ambulante tra natali croato-bosniaci, sobborghi di Malmoe, tatuaggi e inurbanità assortiti accenna a un paio di smorfie di disgusto e poi nell’imbarazzo generale, offre un personale tratto sulla corretta dialettica. “Sacchi deve imparare a stare zitto. Anche lui sembra geloso perché sta parlando troppo; deve parlare di meno in tv e anche sui giornali. Se non ti piace come gioco non guardarmi”. Tutto d’un fiato, nello sgomento dello studio.

Primi piani eterni e imbarazzi concentrici IL REGISTA indugia sull’ex allenatore volato via sedici anni fa, insieme al rigore di Baggio a Pasadena. Smaschera il volto pallido di chi smessa la tuta e indossati i panni inamidati del commentatore al soldo di chi già lo aveva stipendiato per una stagione infinita, per la prima volta, si trova in fuorigioco. Sacchi ha fatto sempre in modo di trovarsi lontanissimo da qualsiasi scontro. Con i giornalisti che non lo incensavano, evitava di colloquiare. Dagli altri, solo apo-

Ibrahimovic minaccia fisicamente Sacchi: a Mediaset in onda un teatro dell’assurdo in diretta tv

logie. Ma il tempo passa, le cose cambiano e quelli come Ibrahimovic non dimenticano. Qualche appunto sull’individualismo di Zlatan all’epoca del Barcellona, un’antenna parabolica et voilà, la vendetta in diretta. L’amico personale di B. con il quale condivide un ecumenismo pubblico inversamente proporzionale al comportamento privato e il calciatore, per un istante, colorano di tinte western uno scenario da sbadigli. Il conduttore Foroni si precipita a solidarizzare con Sacchi. L’ex tecnico sillaba due concetti di buon senso: “La critica è legittima, Ibrahimovic dovrebbe imparare l’educazione” e l’altro per poco, non lo invita al corpo a corpo, lo minaccia: “Se hai qualcosa da dirmi vienimi a cercare”. Nella galleria di attaccanti in rosso e nero dell’ultimo trentennio, a contatto con la memoria le figure sbiadiscono.

Nessuno come Zlatan, da Calloni a Van Basten

Anche chi si arrabbiava, sapeva come farlo. C’era Egidio Calloni, lo sciagurato che davanti alla porta, smarriva lucidità e coordinate e poi finiva a litigare con Brera (che a sua volta, con i colleghi si piacchiava) per i soprannomi manzoniani. Poi Mark Hateley, che segnava di testa, a suo agio stava solo in cielo e le conversazioni preferiva intavolarle con i giornalisti inglesi. E ancora il timido Van Basten, Gullit lo spaccafamiglie, Massaro, Weah, Inzaghi e tanti altri epigoni di Ibra che indipendentemente dal valore tecnico e al netto di incazzature anche mermorabili, difficilmente avrebbero scelto il registro dell’ex calciatore di Guardiola. Il salto di Zlatan (massima presunzione, humor sotto le scarpe e forse ignaro di aver sfiorato un’icona anche politica del belusconi-

smo come Sacchi) è un salto indietro nel tempo in cui i salotti televisivi erano meno ingessati. Vengono in mente le immagini di Gaucci all’inseguimento di Matarrese : “Sei un ladro, un figlio di puttana, te e tuo fratello” con tentativo di aggressione in un lontano Perugia-Bari del 1999 o un frammento di archeologia mediatica, risalente al 1983. Ascoli-Lazio del 30 dicembre non passò alla storia del calcio. Zero a zero senza danni, emozioni, lampi. Solo un dolore sordo, nel cerchio di centrocampo, per un intervento dell’ascolano Bogoni su Bruno Giordano. Nel vuoto dello stadio allora dominato dai calzini rossi di Costantino Rozzi, il crack si udì distintamente. La domenica sportiva tentò il colpo.

Vittima e carnefici sotto le stesse luci in tv FARE INCONTRARE vittima e carnefice a poche ore dal dramma sportivo. Bogoni sembrava un bambino beccato a mangiare l’ostia senza battesimo. Spaventato, colpevole, intimorito. Aveva ragione. Giordano, dall’altra parte dello schermo, stordito dagli antidolorifici e con una coperta scozzese pietosamente appoggiata sul gesso, Metistofele. Alfredo Pigna, il conduttore, scelse parole sobrie per introdurre la finestra, anche irrituale, agli spettatori affamati di gol e risultati. Giordano, biografia frastagliata tra scommesse, arresti e relazioni pericolose non si trattenne e disse: “Sono incazzato nero e non ho voglia di perdonarlo. L’ha fatto apposta”. Anche in quella notte di 27 anni fa, lo studio si ibernò. Cos’ nel confronto con l’oggi, osservando il volto di Ibra, la sua protervia da pallonaro a gettone (Ieri lì, oggi qui, domani chi lo sa) si coglie sconfortati lo iato. Panorami inconciliabili con il medesimo paesaggio sullo sfondo. (Ma. Pa.)


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SECONDO TEMPO

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IL PEGGIO DELLA DIRETTA

TELE COMANDO TG PAPI

Il ritorno di Veltroni di Paolo Ojetti

g1 T Papa Ratzinger dappertutto, in diretta, in differita, nei collegamenti e nei commenti. Meno male che l’accoppiata Aldo Maria Valli e Antonio Caprarica (tornato a Londra più british che mai) non scivola nel buonismo parrocchiale, ma racconta questo viaggio anche con simpatica disinvoltura. Viaggio difficile in terra anglicana e, a Edimburgo, in terra presbiteriana. Anche Berlusconi è andato a nord, a Bruxelles, unico ad aver appoggiato i pogrom di Sarkozy. L’aereo del “premier” ha avuto un guasto al parabrezza, qualcuno ha chiamato in causa antichi riti tzigani, la maledizione dei Rom. Niente di serio. Più serio lo stretto passaggio del Pd. Veltroni, con Fioroni e Gentiloni (per carità, si associ qualcuno che non abbia il cognome in

oni, prima che sia troppo tardi e se ne accorga qualche umorista sveglio) sta varando un qualcosa più pesante di una delicata nicchia di idee diverse. g2 T La bruttina che spopolò all’ora del dilettante e poi su You Tube, Susan Boyle, cattolicissima ed emotiva, quando ha saputo che avrebbe cantato davanti a Benedetto XVI, è svenuta. Potere della fede o caduta degli zuccheri? La notizia fa parte della grande pagina papista del Tg2, ma non si va oltre: cosa è andato a fare papa Ratzinger in Scozia e nel Regno Unito? Ma il Tg2 ha saltato il papa, per aprire con Sarkozy e la rissa con il commissario Barroso sui rom. Sarkozy si è trincerato dietro il “consenso di Berlusconi”. I due vogliono “una strategia di lungo periodo”. Vuol dire che cacceremo i gipsy piano piano, a

piccoli gruppi e solo di notte? Riflettori sulla Fiat. Marchionne ha separato l’auto da tutto il resto: “L’auto è finalmente libera, senza camion, senza trattori e scavatrici”. Sembrava addirittura commosso: un duro dal cuore tenero. g3Non si abbandona T Il peschereccio mitragliato al suo destino e non si molla la presa. Ieri sera, un ottimo servizio ha dimostrato che il governo conosceva la verità (60 fori di proiettile senza ragione) fin dal primo momento. Dunque, Elio Vito è stato spedito in Parlamento a raccontare bugie. In un altro paese, meno rimbecillito del nostro, questo basterebbe a chiedere le immediate dimissioni almeno di Frattini e Maroni (Vito può restare, conta niente). Ma anche il Tg3 commette un errore micidiale: mette la notizia verso la coda, avrebbe dovuto rivoluzionare l’edizione della sera e andare giù a mazzate. Invece ha preferito la politica (una lezione di Casini, in collegamento diretto, impartita a Berlusconi e i suoi “conti” per racimolare 316 deputati) e i mal di pancia del Pd dove tutti si affannano a dire che le critiche veltroniane e le tensioni mai sopite con i dalemiani sono solo “franchi dibattiti”.

di Luigi

Senatore “patriottardo” Galella

a cinghia si stringe, ma Lsoffoca non per tutti. Di sicuro la scuola, che ha subito un taglio di 8 miliardi di euro e il congelamento di contratti e scatti di anzianità per i suoi dipendenti. E benché il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, abbia ricordato la necessità di reperire maggiori risorse per l’istruzione, per Maurizio Gasparri (“8 ½”, La 7, mercoledì, 20.30) il governo ha operato ottimamente e la scuola, grazie alla riforma Gelmini, ha migliorato complessivamente la sua qualità. Se ne deduce, per essere consequenziali con la logica ferrea del senatore Pdl, che converrà metter subito mano a nuovi tagli, per migliorarla ulteriormente. Ma la stretta non è solo economica. Ce n’è un’altra, ideale, che ha un valore simbolico violentissimo. Nella puntata dell’ “Infedele” di Gad Lerner di lunedì (La 7, 21.15) si è discusso, alla presenza del sindaco della città, di quell’edificio scolastico appena inaugurato ad Adro in provincia di Brescia, i cui bambini verranno irreggimentati sotto le insegne del

Sole delle Alpi, presenti sui muri, sulle finestre, sulle porte, sui contenitori delle immondizie. Il simbolo è antico, sostiene il sindaco, e “casualmente” è anche il simbolo della Lega. Senza rendersi conto che un simile argomento è lo stesso che si può applicare al fascio littorio, di origine romana e anzi etrusca, utilizzato dal fascismo, e alla croce uncinata, ancor più antica, che in sanscrito significa “portafortuna”, universalmente riconosciuto per altri motivi, meno fortunati. Questioni che il primo cittadino ritiene di poter ignorare. Peccato che la Gruber non abbia chiesto a Gasparri di commentare la vicenda: come sia possibile che una scuola pubblica venga “casualmente” invasa dai simboli di un partito politico senza che nessuno intervenga. Il senatore patriottardo, un tempo almeno lo era, avrebbe sicuramente trovato validi argomenti per giustificarlo, forse declassando il tutto, anche lui come il ministro dell’Istruzione, a una Maurizio Gasparri; ospiti mercoledì a “Otto e mezzo”

manifestazione di folclore locale. E se la crisi economica si accompagna a una crisi sistemica di ogni idealità, è utile andare a verificare come venga vissuta, ad esempio, a Porto Cervo. Come in Costa Smeralda si stringa la cinghia (“Le Iene”, Italia 1, mercoledì, 21.10). Ed ecco approdare Enrico Lucci fra i protagonisti delle serate nei locali alla moda, dove in una sola notte è possibile spendere 36000 euro per 40 bottiglie di Cristal. E intervistare i protagonisti, che stazionano angosciati su barchette da quaranta metri, chiedendo a che cosa durante quest’anno hanno dovuto rinunciare. “A che cosa?” Ci pensano su, la domanda li coglie di sorpresa, sembrano quasi smarrirsi e perdere l’allegria, forse per “la noia di tornare a tanta pieta”. Un dolore lacerante che rende le loro risposte frammentarie, lacunose. Dall’italiano precario, incerto nel contenuto e nella forma. Biascicante, ubriaco, rozzo. Un imbarazzante, illuminante deserto di parole, che qualcosa racconta della cultura e dell’opulenza. Sulla prima piovono tagli; sulla seconda, champagne.


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SECONDO TEMPO

MONDO

WEB

E SPUNTA LA “PROVOCAZIONE” PD

Internet contro la scuola leghista L a scuola pubblica “Miglio” di Adro dove “il sole delle Alpi” è stato riprodotto oltre 700 volte – banchi e posacenere compresi – è un argomento caldissimo sul web. Oltre alla raccolta di firme lanciato dal nostro giornale – ne diamo conto a pagina sei –: su Internet il dibattito impazza e i cittadini si mobilitano. Epicentro della discussione è diventata la nuova pagina Facebook: “Via i simboli di partito dalla Scuola pubblica” che conta (quasi) cinquemila iscritti. Gli amministratori ci tengono a fare sapere che “la pagina è nata ad Adro, in provincia di Brescia, in quanto ritiene inaccettabile che siano stampati simboli politici sugli arredi delle aule in una Scuola Statale!”. Sulla bacheca si susseguono i messaggi: “Con la stessa logica l’Italia intera dovrebbe essere piene di scudi crociati: hanno governato per cinquant’anni” ragiona Biagio. Si è rivolto al social network anche il consigliere lombardo dell’Italia dei valori Ga-

briele Sola che ha aperto una pagina Fb dal titolo “Padania come Topolinia: non esiste, depadanizziamo il Nord”, compare anche un fotomontaggio di Umberto Bossi in camicia verde con in testa un copricapo con le orecchie alla Topolino. Il blogger Daniele Sensi, inoltre, che sul suo blog tiene il fiato sul collo alla Lega denunciando gli eccessi del Carroccio, ha dato spazio ad una notizia singolare. Il Partito democratico di Bergamo, in risposta al leghista presidente della Provincia, Ettore Pirovano (solidale alla marchiatura padana della scuola di Adro), ha avanzato un richiesta formale: “che la Provincia apponga in fregio a tutte le proprie opere pubbliche, al termine della loro realizzazione, il simbolo del Sole delle Alpi”. “La nostra è evidentemente una provocazione” hanno poi spiegato i piddini locali. “Qualcuno me la spiega?” si chiede Sensi. In effetti se ci si mette anche il Pd... f.mello@ilfattoquotidiano.it

è IL BLOGGER: “GRAZIE A TUTTI” A FEBBRAIO DIEDERO FUCO ALLA SUA AUTO

Lo scorso febbraio un attentato incendiario distrusse l’auto del giovane giornalista Antonino Monteleone che spesso sul suo blog aveva seguito vicende di ‘ndrangheta in Calabria. Dalla rete, e non solo, subito partì un’ondata di solidarietà, e un gruppo di amici si attivò online per di Federico Mello raccogliere fondi sufficienti a ricomprare la vettura. Ora, dopo che in sette mesi sono stati raccolti oltre settemila euro, il blogger scrive: “Grazie a tutti, il messaggio che una fetta importante di cittadini ha rivolto alla ‘ndrangheta è stato è PD STAR-TREK E IL PREDELLINO bello. Forte e chiaro. Voi avete fatto un danno. LE SEGNALAZIONI DI MANTEBLOG Noi lo ripariamo perché siamo di più. Il Massimo Mantellini, decano dei blogger messaggio più anti-mafioso che si potesse italiani, ha sempre spunti e segnalazioni rivolgere alle cosche”. interessanti per il suoi lettori. Oggi lo citiamo per due post in particolare: il primo dà conto di una discussione avvenuta sul social network FriendFeed sulla nuova campagna di comunicazione del Pd (da cui è scaturita una DAGOSPIA versione Star-trek di Bersani realizzata da ROMA: CANOTTIER “Isola virtuale”). L’altro è un messaggio sul I O ABU DHABI? Predellino dopo un attacco informatico: Il disastroso risultato della “diamo fastidio, ma torneremo”, scrive il partita della Roma in direttore Giorgio Stracquadanio. Ambedue le Champions League ha rovinato immagini sono qua sotto. Bravo Mante. il sonno di Giovannino Malagò, il presidente di Canottieri Aniene che non ha mai nascosto la sua passione per la squadra capitolina. L'imprenditore romano non ha mai nascosto il suo amore per la Magica, un amore che gli è stato ricambiato da Francesco Totti. All’inizio di agosto, quando la magistratura ha messo i sigilli all’Acquaniene, il Pupone ha gridato a squarciagola: “Giovannino sto con te!”. Adesso il bel Megalò teme fortemente che salti per aria un progetto coltivato insieme all’amico Montezemolo. Da tempo Giovannino coltiva l’idea di mettere le mani sulla squadra romana, e il 22 luglio scorso ha dichiarato con il cuore in mano: “Per la Roma farei tutto, anche il presidente”. Più di tanto non ha voluto dire e si è chiuso nel riserbo: “Non posso parlare, mi dispiace, faccio parte del consiglio di amministrazione di Unicredit. Sono al corrente di alcune cose ma per un discorso di Consob non posso aggiungere altro”. Quell’altro lo può aggiungere Dagospia che ha anticipato due settimane fa l’interesse del Fondo sovrano Mubadala che ha come suo principale esponente Khalifa bin Zayd Al Nahyan, il braccio operativo del sultano di Abu Dhabi, tifoso scatenato del pallone. La pagina Facebook; il blog di Monteleone; Bersani Star-Trek; il messaggio sul Predellino

GRILLO DOCET NON È UN PAESE PER GIOVANI

Un ragazzo si è suicidato. È stato ucciso da un Paese incapace di intendere e di volere, non in possesso delle sue facoltà. Quindi non imputabile per le sue azioni, non condannabile. Il padre di Norman Zarcone ha detto che si tratta di “omicidio di Stato”. Ma chi è lo Stato? Se chiedete in giro nessuno vi dirà: “Sono io lo Stato!”, magari con fierezza oppure vergognandosi, ma almeno con un’assunzione di responsabilità. Lo Stato è sempre qualcun altro e chi si fa i cazzi suoi campa cent’anni. Norman è stato ucciso da decine di milioni di italiani, è stato un omicidio di massa, di indifferenti che muovono il culo solo se sono toccati direttamente. Un corpaccione amorfo che ha come stella cometa l’istinto di sopravvivenza e come orizzonte il prossimo fine settimana. I giovani migliori se ne vanno dall’Italia, emigrano, qualche volta si suicidano come Norman o rinunciano a un progetto per il futuro. Un Paese di vecchi che divora i propri figli come Saturno, di raccomandati, di prostituti e di prostitute, del proprio corpo o della propria coscienza. Un Paese che vive sul calcolo delle probabilità, sul fatto che la morte sul lavoro, il pizzo, la malasanità, la disoccupazione riguardino sempre gli altri. L’Italia è spaccata in due, è IL MOTORE DI RICERCA È SOCIAL non tra Nord e GOOGLE SFIDA FACEBOOK E SKYHOOK Sud, tra Sinistra e Sarà una battaglia a suon di utenti. La sfida Destra, ma tra di Google a Facebok partirà dal prossimo giovani e vecchi. autunno, quando il motore di ricerca è TWITT ERMETICI BY RIOTTA I giovani non hanno comincerà a introdurre alcune funzionalità COMPILATION REALIZZATA DAL “POST” nulla perché i vecchi tipiche dei social network nei suoi servizi, Il direttore del Sole24Ore Gianni hanno tutto. in primis le ricerche e la posta elettronica. Riotta ha con Internet un rapporto Le voci su un rivale di Fb targato Google tormentato: si definisce “un hanno preso corpo il mese scorso, quando appassionato” ma è anche molto la compagnia ha acquistato alcune aziende infastidito dei commenti che i lettori attive nel settore delle reti sociali. gli lasciano online. Twitter, però, è una passione. Allora Intanto il gigante di Mountain View dovrà IlPost, sito diretto da Luca Sofri, ha realizzato una classifica difendersi anche da Skyhook, un fornitore dei sui migliori “Twitt”. Ci sono spunti culinari: “Barbecue: di servizi di localizzazione che ha deciso di dalla barba (delle capre) alla coda tutto l’animale allo fargli causa alla corte statale del spiedo. Non c’è cucina migliore gnam”; sportivi: “I geni di Massachusetts. Google avrebbe interferito Neanderthal nel nostro Dna spiegano i falli durante Roma nei contratti che la società di Boston aveva Inter? Domani su Science”; evoluzionisti: “Esco incantato raggiunto con alcuni produttori di giornale fredda rigida piovosa grigia ma io come un Homo telefonini, tra cui Motorola, e violato Sapiens davanti al falò pronto a cacciare tigri e mammuth”. quattro brevetti relativi ai sistemi in grado Con questi aforismi ermetici, Riotta si è conquistato la di stabilire la posizione geografica esatta di bellezza di 17mila follower. un cellulare. La richiesta di danni è di decine di milioni di dollari con il divieto a Google di usare le invenzioni dell´azienda sui propri prodotti. (Francesco Carbone)

feedback$ Commenti al post su ilFattoQuotidiano.it: “Seppelliamo di firme” è FA SORRIDERE la dichiarazione della Ministra Gelmini riguardo al simbolo leghista: Vorrei che ci fosse uguale indignazione per quanto riguarda la collocazione di altri simboli nelle scuole.Io ho 62 anni e non ho mai visto simboli impressi nelle scuole tipo falce e martello o altro. Datevi una ridimensionata padani. Luigi Caponera è E’ EVIDENTE che la deriva ideologica della Lega, sta tentando la sterzata secessionista. Non sottovalutiamo questi tentativi seppur provinciali e lontani dai centri del potere. Adro è solo un test su scala ridotta di quello che la Lega e Berlusconi potrebbero decidere di mettere in atto. Solo un grande sussulto democratico e popolare può fermarli, intanto anch’io dalla Francia firmo la petizione.… Rocco Femia è INVECE di usare i nostri soldi per pagarsi stipendi parlamentari di migliaia di euro sarebbe ora che se ne andassero dalla nostra Italia (dato che è così disprezzata). Per completare l’opera potrebbero stamparsi e usare soldi padani. Balaus è IN UN PAESETTO appena appena normale, il resto del popolo si sarebbe indignato, si sarebbe alzato, si sarebbe recato con calma in questa cosiddetta padania e poi con estrema gentilezza e disinvoltura avrebbe iniziato a criticare questi padani. Pino A. è VIA I SIMBOLI dei partiti dalla scuola pubblica italiana. Specialmente di quelli che parlano apertamente di secessione. Rosario Massimo Blasco è OCCORRE difendere la scuola che è stata attaccata da tutte le parti, occorre mettere al ministero una persona competente, intelligente, preparata,che abbia un livello intellettivo normale. Non dico eccellente, non dico eccezionale, dico normale! Michelangelo è MI RICORDANO quei poveretti (che soffrono ma non ne hanno colpa) delle valli chiuse che per mancanza di contatti con il mondo stanno malissimo. Poverini, mi fanno un pò pena. Federico è CARA REDAZIONE , ne approfitto ancora per ricordare che sabato 18 settembre gia’ a partire dalle 9 ci sara’ la manifestazione ad Adro contro questa “violenza”.Grazie mille. Luana è MI PIACEREBBE vedere le foto o dei simboli comunisti nelle scuole! Ormai qualunque balla è buona per coprire le loro fissazioni. Matteo Maccaferri


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SECONDO TEMPO

giustamente

PIAZZA GRANDE

É

I PREMI DI MARCHIONNE P

Elefanti e baldacchini di Ugo Arrigo*

na vecchia canzone dello Zecchino d’Oro suggerisce una metafora per spiegare l’impasse in cui si trova l’Italia di oggi, compressa tra uno stato inefficiente, un mercato insufficiente e una politica inconcludente. L’ “elefante indiano con tutto il baldacchino” che la bimba che voleva un gatto nero era disponibile a scambiare è una buona rappresentazione del nostro affaticato paese: al livello inferiore il sistema produttivo, l’elefante stanco, sfiancato dal peso crescente e insostenibile del sovrastante settore pubblico, un baldacchino sovraffollato all’inverosimile da distributori di rendite (la classe politica) e cercatori di rendite (i suoi clientes) ma anche da caste e cricche.

U

Chi esagera con il carico SE OSSERVIAMO i paesi economicamente sviluppati in veste di ‘elefanti’ siamo in grado di evidenziare l’unicità dell’esemplare Italia. Vi sono, infatti, quattro tipologie comportamentali, di cui solo tre ricorrenti: 1) elefanti grandi e robusti che amano caricarsi baldacchini di grosse dimensioni (stati ‘pesanti’ che poggiano su mercati sviluppati, come nell’area scandinava e franco-tedesca); 2) esemplari grandi e robusti che hanno fatto sinora l’opposto (Stati Uniti, Gran Bretagna e altri paesi anglofoni tradizionalmente caratterizzati da stati snelli su mercati robusti); 3) esemplari di taglia più ridotta (come nell’area est europea) i quali hanno tutti preferito stati leggeri, baldacchini piccoli, per non ostacolare il processo di crescita; 4) l’Italia, infine, unico caso di settore pubblico con peso rilevante e crescente che grava su un sistema economico alquanto indebolito. Il settore pubblico italiano e il sistema politico che lo governa rappresentano l’unico caso tra i paesi maggiori di baldacchino grande su elefante piccolo. La metafora dell’elefante e del baldacchino è utile anche per i confronti temporali. Nell’Italia post bellica, gli anni della ricostruzione e del boom economico, l’elefante si è accresciuto più rapidamente del baldacchino. Dopo, tuttavia, il nostro paese non ha adottato né il modello ‘mercatista’ (stato snello su economia di mercato sviluppata) né quello socialdemocratico (stato ampio su economia di mercato robusta) ed è l’unico ad aver creduto, erroneamente, che un settore pubblico di dimensioni tendenzialmente crescenti fosse praticabile indipendentemente dalle caratteristiche e dalle performance della sottostante economia di mercato. A causa di questo errore, che si manifesta attraverso una pressione fiscale crescente e tassi di crescita dell’economia ridotti, si è pervenuti in due occasioni a preoccupanti scricchiolii del sistema. Nei primi anni Novanta gli ammaestratori di elefanti dell’epoca, di origine politica e che erano all’origine del guaio, furono esautorati e temporaneamente sostituiti da ammaestratori professionali, i cosiddetti ‘governi tecnici’. Rimesse le cose un po’ a posto, riparati i danni maggiori, gli ammaestratori professionali hanno riceduto il posto ad altri scelti dal popolo i quali, pur diversi da quelli precedentemente

Il pachiderma dell’economia e il suo carico, cioè la spesa pubblica, dovrebbero restare in equilibrio Invece l’animale è schiacciato e forse ora servirebbe un domatore, come fu Ciampi esautorati, sono rapidamente ricaduti negli stessi errori di prima. Il risultato è che ora il baldacchino, il settore pubblico e la politica che lo amministra, scricchiola come nel 1993 ma per effetto della grave recessione internazionale il sistema produttivo, l’elefante sottostante, scricchiola più di allora.

Gli errori si ripetono LO STESSO errore, commesso nella prima quanto nella seconda repubblica, fa tuttavia cadere la spiegazione che se ne dava nella prima. Allora si diceva che la brevità dell’orizzonte politico, derivante dalla debolezza e instabilità dei governi di coalizione, inducesse i governi a scelte finalizzate a estrarre benefici di breve periodo e le cui conseguenze negative si sarebbero invece manifestate durante il mandato di governi successivi. Questa lettura non vale più, dato che nel sistema maggioritario bipolare l’orizzonte diventa ragionevolmente almeno quello dell’intera legislatura. Una spiegazione valida per entrambe le repubbliche è invece data dall’auto-

referenzialità della classe politica: i politici italiani nascono, crescono, vivono e muoiono sul baldacchino, inteso come sistema politico, e di esso sono espertissimi; dell’elefante sanno invece poco o nulla e quando sono chiamati a governarlo la loro inadeguatezza si nota subito. Come si uscirà dall’attuale crisi non è possibile prevedere ma giova ricordare come si uscì negli anni novanta dalla precedente. Chiamando per la prima volta alla guida dell’elefante degli esperti di elefanti: dapprima attraverso i governi tecnici di Ciampi e Dini, quindi attraverso la candidatura alle elezioni del 1996, in qualità di guida della coalizione dell’Ulivo, dell’economista Prodi. Ma si trattò di un’esperienza effimera: già nel 1998, messo in salvo l’elefante nel recinto protetto dell’eurozona, si fece rapido ritorno alla politica del baldacchino. Gli anni 2000, infine, rappresentano il decennio di Berlusconi, figura associata da molti all’elefante, in quanto imprenditore di successo, trascurando tuttavia che molti imprenditori, operanti in mercati concessi o benevolmente regolati o aiutati dalla politica erano e sono ospiti abituali del baldacchino, contribuendo non poco al suo appesantimento. Purtroppo in ambito economico il bipolarismo fa sì che gli italiani possano scegliere solo tra lo Stato, molto amato dalla sinistra anche se inefficiente, e il mercato, molto amato dalla destra a condizione che non sia di concorrenza. La sinistra desidera un baldacchino ampio perché è nella sua tradizione volervi ospitare i più deboli, la destra non esita a invece a usarlo per ospitarvi i portatori di interessi amici, cosa che fa anche la sinistra quando si converte al ‘mercato’. Il risultato garantito è un settore pubblico ipertrofico gravante su un sistema economico non più in grado di sorreggerlo. *professore di Scienza delle Finanze all’Università Bicocca di Milano

LA STECCA di INDRO

l

Crediamo che gl’italiani siano d’accordo, tanto è solarmente evidente: che fin quando non si sblocca il caso Berlusconi (...), non ci potrà essere dibattito politico, cioè non ci potrà essere politica. Per cui, fallite le ricette D’Alema (Bicamerale e Commissione parlamentare d’inchiesta su Tangentopoli ), bisognerà cercare qualche altro rimedio. E secondo me (...) ne rimane solo uno: il referendum. Corriere della sera, 20 luglio 1998 Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat (FOTO ANSA)

di Bruno Tinti

er un po’ ho diretto una piccola Procura. Fra l‘altro ho distribuito le somme destinate a pagare il lavoro straordinario del personale. L’ufficio era piccolo, le somme modeste. D’abitudine si distribuivano “a pioggia”: 20 dipendenti, 2 milioni di lire, 100.000 lire a testa. La cosa mi sembrò ingiusta; la mia segretaria arrivava in ufficio alle 8,30, mangiava un panino insieme con me e, quando io andavo via, verso le 7, era ancora lì. Anche un’altra segretaria si comportava così. Inutile dire che lavoravano in maniera eccezionale. Il resto del personale alle 14 era in fila avanti alla bollatrice, tornava in ufficio due volte alla settimana per due ore (erano i cosiddetti rientri obbligatori) e non sempre le loro prestazioni professionali erano accettabili. Sicché la distribuzione “a pioggia” mi parve ingiusta: 2 milioni di lire erano una somma ridicola rispetto alle ore extra; ma che almeno venissero distribuite tenendo conto della quantità e della qualità del lavoro. Così feci un conto delle ore complessive e del compenso orario consentito da quei pochi soldi e li divisi per le ore di lavoro di ognuno: il che significò poche lire a quasi tutti, la restante somma alle due segretarie. Successe il finimondo, partì un ricorso ai sindacati e io mi trovai a partecipare a una riunione di sindacalisti e personale inferocito. Cercai di spiegare ma era come parlare al vento; allora decisi di tenere un verbale della riunione: in fondo era il mio mestiere. Scrissi accuratamente tutto quello che dicevano i sindacalisti (un riassunto di cose notissime sui diritti dei lavoratori e i principi di uguaglianza) e, quando toccò a me, mi limitai a fare nomi e cognomi: scrissi che Silvana ed Enrica avevano lavorato per qualche centinaio di ore senza alcuna prospettiva di essere pagate e che erano sempre state disponibili; e invece Pinca e Pallino, pur diligenti, alle 14 se ne erano sempre andati, in qualche caso rifiutando di far fronte a qualche emergenza (in una Procura le emergenze sono la norma); quanto a Scansafatiche, Pigrona e Isterica, non solo di restare dopo le 14 manco se ne parlava, ma spesso avevano mandato certificati medici improbabili e avevano commesso errori e omissioni che erano costati la fine prematura di qualche processo. Vedere tutto scritto nero su bianco spaventò sindacalisti e personale protestario; così, pur di evitare la lista dei buoni e dei cattivi in un documento ufficiale, abbandonarono la lotta e accettarono la distribuzione secondo i miei criteri. Tanto per non far cantare vittoria ai lettori (chissà quanti) che condividono la mia decisione di allora, dico subito che, l’anno successivo, intervenne la Procura Generale che si fece mandare i soldi destinati al mio ufficio e li distribuì personalmente. Con quale criterio? Naturalmente “a pioggia”; quell’anno e gli anni successivi. Della serie, evitiamo grane. Perché racconto tutto questo? Ecco, mi è venuto in mente seguendo le vicende di Marchionne, della Fiat, di Pomigliano, di Melfi. Mi sono chiesto cosa c’è di sbagliato nel non voler pagare premi di produttività agli assenteisti, nel voler agganciare la produttività dei lavoratori alla partecipazione ai profitti dell’azienda, nel richiedere regole certe sulla flessibilità degli orari, sullo sciopero, il salario e i contratti. Poi mi sono detto di farmi gli affari miei, chi diavolo mi credevo di essere? Però questa cosa della distribuzione dei 2 milioni ha continuato a girarmi in testa …

Come siamo diventati amici di Gheddafi di Marco Perduca*

el discorso d'addio alla nazione del 17 gennaio 1961, il Presidente USA Dwight Isenhower lanciò un monito che ancora oggi echeggia, disse infatti che “nei concili di governo, dobbiamo guardarci contro l'acquisizione di influenze che non danno garanzie, sia palesi che occulte, esercitate dal complesso militare-industriale. Il potenziale per l'ascesa disastrosa di poteri che scavalcano la loro sede e le loro prerogative esiste ora e persisterà in futuro”.

N

A QUASI 50 ANNI da quell’appello nei giorni scorsi abbiamo assistito a una parata degli eredi di quel “complesso” in occasione della visita di Gheddafi a Roma Berlusconi per firmare contratti più di tutti i suoi per oltre 40 miliardi di euro. Soldi che rafpredecessori forzeranno tanto l'incontestata posizione ha lavorato dominante di gruppi italiani para-pubblici per lo in quei settori, quansdoganamento to l' anti-democratico Il genedel dittatore libico: Colonnello. rale Repubblicano, che non si oggi viene ricevuto riteneva dovesse “mai permettere che il peso di con tutti gli onori questa combinazioe firma contratti ne di poteri metta in pericolo le nostre limilionari bertà o processi de-

mocratici”. Berlusconi, più di tutti i suoi predecessori, ha perseguito il contrario e col peggiore degli alleati: Muhammar Gheddafi. Eppure, all'inizio del 2003, quando le piazze gridavano pace e Marco Pannella aveva individuato nell'esilio di Saddam Hussein l'univa vera alternativa all'imminente attacco all'Iraq, Berlusconi, durante un dibattito alla Camera aveva affermato che il suo governo stava “operando per cercare il modo di poter offrire, a chi dovesse accettare la via dell'esilio, opportune garanzie, con l'autorevolezza di enti internazionali che le possano poi mantenere. […] abbiamo operato, e stiamo operando, per convincere il dittatore a dare garanzie precise alla comunità internazionale […] Tutto questo lo stiamo facendo in un ambito di riservatezza - che è d'obbligo - non soltanto con un paese arabo, che si è offerto per la mediazione, ma con diversi paesi, tenendo costantemente informati al riguardo l'Amministrazione americana ed il Presidente di turno del Consiglio dell'Unione europea Simitis”. Quella opzione fu distrutta il 1 marzo del 2003 al vertice della Lega araba di Sharm el Sheik, quando Gheddafi approfittando della diretta dei lavori, prese improvvisamente la parola e attaccò i reali sauditi dando loro dei venduti perché avevano messo a disposizione dell’esercito Usa la terra della Mecca. Lo scambio che ne seguì fece interrompere i lavori che avevano in agenda, tra le altre cose, l’adozione di una mozione che invitasse Saddam ad accettare l’esilio. Il 20 marzo le truppe USA invadevano l'Iraq. Dall'inizio del 2003 la Libia è rientrata a pieno titolo all'interno della “comunità internazionale” con uno sdoganamento impressionante che da qualche parte ha avuto una regia. Il 20 gennaio, con 33 si, 3 no e 17 astenuti (compresi almeno 6 dei 7 membri dell’Ue in Commissione) la Libia viene

eletta alla Presidenza della Commissione dei Diritti umani dell’Onu. In agosto Tripoli versa 2,7 miliardi di dollari alle vittime dell’attentato al volo Pan Am 103; alcuni giorni dopo, in una lettera al Consiglio di Sicurezza, si assume la responsabilità dell’attacco. Il 15 maggio 2006, dopo un quarto di secolo sulla lista USA degli Stati sostenitori del terrorismo, Tripoli rientra nelle grazie di Washington. Condoleeza Rice annuncia infatti di volerla rimuovere dalla lista. A un anno dalla cancellazione, il 24 luglio 2007, per intercessione della Francia, e dopo otto anni e mezzo di prigionia in Libia, otto infermieri bulgari e un medico palestinese accusati di aver infettato bambini col virus dell'AIDS vengono liberati dalle carceri libiche. Il 16 ottobre dello stesso anno la Libia viene eletta a maggioranza schiacciante al Consiglio di sicurezza per due anni dal 2008. IL 30 AGOSTO 2008 , Berlusconi e Gheddafi firmano l’”Accordo di amicizia e collaborazione Italia- Libia”, che prevede investimenti per 5 miliardi di dollari in 20 anni. All'inizio di febbraio del 2009, Gheddafi diviene Presidente dell’Unione Africana, mentre il 3 marzo 2009, il diplomatico libico Ali Treki viene eletto presidente dell’Assemblea Generale dell'Onu.“Soltanto un popolo di cittadini allerta e consapevole” concludeva Isenhower “può esercitare un adeguato compromesso tra l'enorme macchina industriale e militare di difesa e i nostri metodi pacifici ed obiettivi a lungo termine in modo che sia la sicurezza che la libertà possano prosperare assieme.” Alla sicurezza e libertà Berlusconi e i soci hanno opposto stabilità e affari. Occorre continuare a far emergere alcune verità evidenti. *Senatore, co-Vicepresidente del senato del Partito Radicale Nonviolento


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SECONDO TEMPO

MAIL Decenza a sinistra Prodi unico vero leader

Precisazione

Decenza vorrebbe che chi ha già usufruito della sua occasione come leader del centrosinistra e l´ha sprecata, non si riproponesse. Solo Prodi si è meritato più occasioni. Non è che la sconfitta sia indolore, altri cinque anni di Berlusconi-Bossi e l´Italia non ci sarà più o sarà terra di miseria e fame. Indovinate di chi parlo.

La vignetta di Mannelli pubblicata ieri sul "Fatto" non si riferisce a nessuna persona reale ma vuole solo rappresentare in termini caustici (così come nello stile dell'autore) lo standard della famiglia italiana tipo, come spiega anche la didascalia. Ogni altra interpretazione quindi è fuori luogo e se il disegno ha generato spiacevoli equivoci ce ne dispiace.

Giovan Sergio Benedetti Capannori

La “costosa” legge 626 l’indignazione di Napolitano Il presidente Napolitano si indigna per i tre operai morti nella cisterna, non altrettanta indignazione c'è stata per le parola del ministro Tremonti quando dice che le aziende non possono permettersi di applicare la legge 626. In Italia ci si indigna sempre per gli effetti e mai per le cause che li provocano. Saluti. Aldo Bombardi

Norman Zarconi è morto ma le ingiustizie restano Anche con le "pezze al culo" la Sicilia si tiene stretti i suoi vizietti. Che cosa se ne farà la Regione di tutti quei lavoratori alla sua corte? Pronta la stabilizzazione per 4500 precari. Ed ecco

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che si arriva, come scrive Ferruccio Sansa, a "20 mila dipendenti e 12 mila pensionati, un record mondiale". Una macchina elefantiaca. Gente destinata a fare fotocopie, spedire fax e, perchè no, buona ad alimentare, con ogni probabilità, le percentuali alle urne. Cari "figli" di quest'Isola non spendete il vostro tempo sulle pagine dei libri se la vostra intenzione è di restare in questa Terra perchè il momento del rinnovamento è ancora lontano e per un giovane laureato il posto di lavoro resta un miraggio. Il gesto estremo del dottorando Norman Zarconi ne è il

LA VIGNETTA

In disaccordo con Fagioli Gesù primo comunista Ho letto oggi nel "Diritto di replica" la lettera del Dott. Fagioli. Mi permetto di dissentire sul fatto che comunismo e cattolicesimo sono inconciliabili. Secondo me Gesù Cristo è stato il più grande comunista della storia. Purtroppo la sua dottrina non è quella che seguono i Suoi "rappresentati". Saluti Iris De Nardi

Il silenzio imbarazzato del ministro La Russa Mi ha molto sorpreso il silenzio del nostro ministro della Difesa, Ignazio La Russa, sull'episodio dell'aggressione della motovedetta libica. Mi aveva fatto una buona impressione, e lo ritenevo una persona coraggiosa, forse a volte impulsiva. Ma nel momento del bisogno è praticamente sparito. Far rispettare il diritto internazionale nelle acque che circondano la nostra Patria è un dovere delle Forze Armate. Se quest'ultime svaniscono proprio nei punti dove c'è bisogno, allora nasce il sospetto e il timore. Troppo facile è usare la forza bruta contro i rom indifesi per gli sgomberi, tuttavia questa forza dovrebbe essere impiegata anche contro i prepotenti e i dittatori militari come il colonnello Gheddafi. Chiediamo quindi al ministro La Russa un maggiore impegno e coraggio nella difesa dei cittadini italiani.

La scuola deve essere libera da ideologie e simboli

“Riepilogando”. Cominciò così, con quella rivista targata Eiar, del 17 settembre ‘41, l’avventura del quartetto più popolare dello spettacolo leggero di casa nostra. I Cetra, un pezzo di storia del costume italiano, eleganti, ironici, sempre in bilico tra avanspettacolo e cultura, divertissement e cabaret. Capaci, coi loro estrosi arrangiamenti in chiave blues, dixie, swing, di attraversare in punta di piedi mezzo secolo di musica italiana. Partendo dalla gavetta nelle caserme, fra le truppe, sul filo delle suggestioni canore dei Mills Brothers americani, e approdando sui grandi palcoscenici del teatro, del cinema, della tv. Trasgressivi e abili nell’italianizzare, durante il regime, certi sound jazzistici, considerati “porcherie in auge tra la filibusteria anglosassone” e virtuosisti, nel tempo, nell’arte della parodia, pezzo forte del loro repertorio, irriverente con grazia. Un modo antiretorico di concepire musica e varietà facendo il verso a sdolcinature e vizi della canzone italiana, rivisitando e sceneggiando, in un mix di sketch e variazioni d’autore, favole canore e vecchi motivi folk. I Cetra. Mai realmente andati fuori moda perché, come è stato scritto “ mai seguaci di alcuna moda”. Giovanna Gabrielli

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più triste degli esempi. Antonio Domenico Bonaccorso

Cristiano Martorella

IL FATTO di ieri 17 Settembre 1941

Sono un'insegnante elementare con trentasette anni di servizio, una laurea e l'abilitazione all'insegnamento dell'Inglese. Trovo aberrante che lo spazio pubblico più sacro, base della nazione, deputato alla formazione di libere cittadine e liberi cittadini, sia ridotto a vetrina dei deliri separatisti di una comunità chiusa in se stessa, provinciale, soffocata dalla paura. Ed è vergognoso che si usino soldi pubblici per questo: forse ha dimenticato che gli stipendi del personale scolastico (come il suo, del resto) li paghiamo noi contribuenti dell'Italia tutta, non solo quelli che votano Lega Nord nella sedicente "Padania", falso geografico e storico fatto entrare nell'uso comune. Mi auguro che il rispetto dell'istituzione scolastica venga al più presto ripristinato, nell'interesse dei bambini che hanno diritto ad una scuola libera dalle ideologie e dai loro simboli, che li sappia educare a leggere la realtà, a sviluppare il loro senso critico e ad essere, sulla base della conoscenza, liberi nelle loro scelte. Loretta Baldassarri

L’oltraggio di Adro è un disastro culturale Sottoscrivo l'appello del "Fatto" per l'oltraggio che ad Adro,

aro Colombo, tornano i "cosiddetti" programmi di approfondimento, in cui non ho mai visto approfondire nulla, e io provo un terribile senso di angoscia. Quindici anni con Berlusconi sono tanti, ma dobbiamo anche ripeterli uguali? Maurizio

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È VERO La condanna è doppia.

Quando hai finito di parlare delle offese alla Costituzione ( ricordare la "costituzione materiale" con cui giudiziosi esperti ci hanno fatto passare l´estate, quella che stabiliva che il capo dello Stato è soltanto il portiere del Quirinale e può tenere in ordine le Camere ma non scioglierle?) devi ricominciare a difendere la Costituzione. Quando pensi di avere finito di indignarti per i giudici definiti prima "dementi" e poi "un cancro", ecco che il Premier, fresco di vacanza, ci avverte: primo, che il potere giudiziario non è un potere, è un ordine. In tal modo l´Italia, secondo lui, resta una democrazia amputata, due poteri invece di tre come in tutto il mondo, con l´esecutivo che detta tempi e temi al Parlamento; secondo: che il potere di questo minimo

L’abbonato del giorno DIEGO DA SIONIS Questa che sto consumando è una colazione da campioni. È a base di latte, biscotti e libertà d'informazione. Mamma Rita e papà Andrea la ritengono essere una alimento base della vita che grazie a voi ho! Non mollate mai. Raccontati e manda una foto a: abbonatodelgiorno@ ilfattoquotidiano.it

in provincia di Brescia, è stato fatto alle persone intelligenti italiane e all'infanzia del paese lasciata in balia di questa Lega, politicamente sempre più miope, senza anima e senza cuore, chiusa nella propria individualità ed egoismo. Ma come fanno a votarli questi rappresentanti politici? Ma come facciamo a fermare questo disastro culturale, sociale ed educativo? Sono allibita di tale squallore. Vittoria

Qualcuno insegni a Lancini come fare il sindaco Qualcuno dovrebbe spiegare al sindaco, con la s minuscola, che Dio e' unico e che e' di tutti. Qualcuno gli dovrebbe far capire che Crocefisso o altri simboli sono tutti votati allo stesso Dio, visto da occhi e punti di vista diversi ma comunque e sempre lo stesso. Qualcuno

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Furio Colombo

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ordine è assolutamente esorbitante e inaccettabile. Come vedete, come in certi giochi ( questo è molto squallido) siamo di nuovo alla casella uno. Intanto l´economia è devastata, la politica estera la fanno Gheddafi e Putin, e l´intero paese si divide non in partiti e coalizioni ma secondo il lavoro perduto e il lavoro mai avuto. Però l´estate, nonostante l´esplosione avvenuta dentro il Pdl, è passato relativamente sereno perché non c´erano i circhi di politici che celebrano se stessi e insultano gli altri, "moderati" da giornalisti che a tutto pensano meno che a perdere il posto, e dunque niente, mai , viene chiarito o approfondito. Come fanno La Russa o Gasparri ad "approfondire" dal livello in cui sono? Ma anche Rosy Bindi, maestra per bene, come fa a non ripetere cose che non avvengono a nome di un partito zitto e immobile come un ostaggio? Il senso d´angoscia, di fronte alla finestra murata del "trompe l´oeil" detto "approfondimento" è inevitabile, è la presa brutale della claustrofobia. Che dire? Era meglio l´estate. Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Orazio n. 10 lettere@ilfattoquotidiano.it

dovrebbe spiegargli che l' onnipotenza di cui si fregia lui non puo' averla e che la liberta' di andarsene riguarda tutti, anche lui. Qualcuno gli deve pur spiegare che siamo tutti figli del mondo e che chi non mangia il maiale può mangiare qualcos’altro. Angelo Lunetti

Il folclore della Lega il Fascismo iniziò così Pochi giorni fa un articolo in prima pagina del direttore Padellaro citava il nuovo plesso della scuola Pubblica costruito dal comune leghista di Adro.L'articolo termina con una domanda posta al Presidente della Repubblica. Come cittadina italiana io mi sento "ribollire il sangue" per ciò che sta succedendo; anche i fascisti iniziarono la loro "carriera" con atti definiti folcloristici e poi sappiamo tutti come è andata a finire. Quanto ancora dobbiamo aspettare perchè i capi della Lega siano messi in condizioni di non nuocere? Risponde al vero che nello statuto della Lega si parla di secessione? Perchè ancora non si è provveduto a smantellare i simboli della Lega nella scuola pubblica di Adro? Rombaldi Sabina

Padania e dintorni sempre la stessa storia Non solo Adro, ma tutto il Lombardo Veneto è ormai pervaso da una ventata di secessionismo. Tempo addietro ho avuto la necessità di un intervento chirurgico in una struttura ospedaliera pubblica del Veneto. Gli infermieri avendo notato la mia origine meridionale, intonarono in coro nella stessa sala operatoria il "Và pensiero su l' ali dorate!" L' evidente provocazione spinse il medico che aveva operato ad avvicinarsi al mio viso e, col tono della voce basso e tremolante tra la vergogna e la paura, mi chiese scusa ed aggiunse: rassegnato: "Bèh, ormai qui è così e nessuno può farci più niente!". Ecco dove ci ha portato l'assenza di uno Stato Italiano che si presenta solo per riscuotere dai poveracci e per punire i "ladri di polli". Questo è un Paese finito! La crisi è non solo economica, ma morale, sociale, istituzionale, culturale, Karl

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Grazie per la concessione di questo spazio

ph.: Hyperactive Studio

SE LA NATURA GLI AVESSE DATO UNA CASA, NON AVREMMO BISOGNO DI VOI.

Dal 15 settembre al 10 ottobre 2010, puoi aiutarci a costruire una cuccia per gli animali ospiti dei nostri centri. Inviando un sms al 45595 da cellulari TIM, Vodafone, Wind e 3, donerai 1 euro. Per ogni chiamata allo stesso numero da rete fissa Telecom Italia, ne donerai 2. Scopri tutte le piazze della Giornata degli Animali su www.enpa.it Puoi aiutarci anche tramite conto corrente postale n. 43321611 · Enpa Onlus · P.za Carlo Alberto, 30 · 12042 Bra

2e

3 ottobre

ENTE NAZIONALE PROTEZIONE ANIMALI P


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