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Con un libro in mano. I libri, mattoni per costruire la civiltà
RANIERO REGNI
Con un libro in mano. I libri, mattoni per costruire la civiltà
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Che cos’è un libro? Il libro è una macchina o, meglio, è il supporto materiale di una tecnica che si chiama scrittura. Non diversamente dal computer, il libro è una tecnologia creata dagli esseri umani per conservare, trattare e trasmettere informazioni. Ogni tecnica interagisce con noi ma, a differenza di un attrezzo, ogni tecnologia dell’informazione interagisce con la mente. Ogni tecnologia può essere usata bene o male ma non è comunque neutrale perché ci mette del suo. I mezzi sono anche i messaggi, se sono veicoli del pensiero ne sono, al tempo stesso, anche il conducente.
Il libro è un medium del pensiero creato in seguito alla invenzione della scrittura. Come medium ha contribuito a diffondere il pensiero scritto che ha il potere di sottrarre la risuonante parola orale all’istante di vita che le è concesso dalla voce. Una parola scritta si conserva, sta ferma di fronte al lettore, il pensiero viene spazializzato, diventa un oggetto su cui riflettere e su cui esercitare la critica. Come ogni altro mass medium crea un ambiente dell’informazione nel quale la società finisce per vivere immersa interiorizzandolo. La scrittura, attraverso le successive alfabetizzazione e scolarizzazione, ha provocato il passaggio dalla società orale alla società scritturaria. Il libro ha condiviso poi la rivoluzione silenziosa della stampa che è stata una dei propulsori del pensiero moderno, occidentale prima, mondiale poi. Dal mondo vivo, faccia a faccia, della parola orale, si è passati progressivamente alla “galassia Gutenberg”, un mondo di carta stampata.
Come la spada e l’aratro, ma diversamente da loro, il libro è un oggetto che si tiene in mano ma per il quale le mani, quegli splendidi attrezzi di tutti gli attrezzi, hanno una funzione marginale. Anche se tenuto in mano, il libro parla alla mente. Sacrifica il corpo nell’immobilità dell’atto della lettura ma apre l’immenso mondo della coscienza interiore. Il lettore riflette sulla pagina scritta, è un essere solitario e ragionatore. Senza il libro non avremmo avuto probabilmente il razionalismo e l’individualismo moderni.
Il libro è un oggetto che, come il mattone, dialoga con la mano e con la mente. Come il mattone ha permesso di innalzare le costruzioni del passato e anche del presente, così il libro è uno dei mattoni che permettono la costruzione della civiltà, anche quella del futuro. Con la sua maneggevolezza è un oggetto quasi fatto a mano. Tutti i libri, anche se oggi scritti a computer, sono un lavoro fatto con amore e passione, fatti a mano, anche se prodotti in serie. Il lettore con un libro in mano compie un gesto che sta tra i sensi e il senso, che coinvolge la mente e il corpo, legame che oggi le neuro-
scienze pensano come sempre più profondo.
Libri, barche, mobili, sono oggetti provenienti dal legno, la cosa più economica di valore inestimabile che sia mai esistita. A differenza della tradizione occidentale quella cinese sostiene che gli elementi del mondo sono cinque, a quelli tradizionali, terra, acqua, aria, fuoco, i cinesi aggiungono il legno. Il libro è uno dei tanti, infiniti, frutti degli alberi. Non è un caso che, in inglese, la parola tree (albero) e la parola truth (verità) derivino dalla stessa radice. “Quello che ricavate da un albero abbattuto – è stato scritto – dovrebbe essere almeno prodigioso quanto ciò che è stato atterrato”. C’è da dire che non tutti i libri pubblicati valgono la cellulosa necessaria a stamparli.
Come ogni tecnologia, il libro produce sia una fisiologia che una patologia. La patologia della lettura è quella denunciata tra gli altri da Nietzsche per il quale gli unici pensieri vivi sono quelli nati camminando e non sotto la scossa della lettura di altri libri. Il libro produce l’erudito ruminatore di pensieri già pensati, la lettera che uccide lo spirito. È stato detto che il libro è uno specchio, dipende da chi vi ci specchia. Infatti non ci sono testi senza testa. Il libro è uno specchio complesso, diverso da ogni altro specchio creato dalla successiva “galassia Marconi”.
Con le telecomunicazioni prima, e i nuovi media della rivoluzione digitale poi, è nata una nuova postura fisica e anche mentale, un nuovo patto con le macchine: la postura uomo-video-tastiera sostituisce quella uomo-libro-scrittura. Due diversi modi di costruire oltremondi digitali, immaginari. Gli schermi brillano di luce propria, smaterializzano il mondo in immagini e lo allontanano in una rappresentazione. È la società dello spettacolo e del narcisismo, dove i corpi scompaiono in un gioco di specchi. Il gesto della lettura conserva però una sua materialità che lo collega alla natura, prima analogica che digitale, della comunicazione umana. La lettura è un gesto, come il gesto è un precursore del linguaggio parlato e della comunicazione digitale.
Come ha scritto R. Calasso, “il libro come il cucchiaio, appartiene a quegli oggetti che vengono inventati una volta per tutte – in tempi molto antichi o anche piuttosto recenti. Passibili di innumerevoli variazioni, ma all’interno di uno stesso gesto: attingere una piccola quantità di liquido, per un cucchiaio; leggere un testo, tenendo fra le mani, sfogliandolo e spostando con facilità l’attenzione al suo interno… tutti discordi su un eventuale soppiantamento del libro con altri mezzi ignorano un fatto elementare: il nostro repertorio di gesti è quanto mai limitato. E gli oggetti sono tentativi più o meno felici di adattarsi a certe caratteristiche inevitabili di quei gesti”.
Si discute oggi sul destino del libro e dell’immensa civiltà che si è costruita con questi mattoni. A tale proposito sembra condivisibile l’opinione di A. Baricco quando scrive, all’interno di un libro dedicato paradossalmente proprio al grande “game” elettronico dell’era digitale, che “non ci perderemo mai veramente fino a quando terremo dei libri in mano. Non tanto per quello che raccontano, no. Per come sono fatti. Non hanno link. Sono lenti. Sono silenziosi. Sono lineari, procedono da sinistra a destra, dall’alto al basso. Non danno un punteggio, iniziano e finiscono. Finché sapremo usarli, saremo umani ancora”.
Ma questo accadrà se troveremo dei modi per trasmettere alle nuove generazioni il piacere del testo e l’amore per la lettura. Lettori non si nasce, lettori si diventa e l’incontro decisivo tra bambini, ragazzi e libri avviene in casa e sui banchi di scuola. Se i genitori coltiveranno il rito della lettura assieme ai figli, se sapranno scegliere un libro e un momento per leggere assieme ai figli, se creeranno un ambiente per leggere, una piccola biblioteca in casa, arricchita e variata mentre il bambino cresce, dai classici alle novità. Se i genitori che leggono sapranno testimoniare il valore della lettura, anche visitando biblioteche. Se a questo lavoro in casa si aggiungerà il lavoro in classe, non come esercizio ma come accesso alla vita, allora avremo dei lettori forti che saranno anche sicuramente dei cittadini migliori. Perché i libri sono vivi, parlano della vita e fanno venire in mente di farla vivere.