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Una riflessione di Maria Lucia Perego Roma

UNA RIFLESSIONE di Maria Lucia Perego Roma Presidente Accademia Masoliniana

Tutto è cominciato … due milioni di anni fa. Quando in una certa zona ricca di acque e di piante di ogni genere si radunavano per cercare rifugio e sopravvivenza tante specie di animali tra cui anche dei grossi “bestioni”. Ma le acque cominciarono a ritirarsi; poi venne il freddo e poi il fango ad aggredire quell’angolo di paradiso, sotterrando animali e piante. La terra cambiava aspetto e da oasi ideale per la vita di quegli animali ne divenne cimitero. Ma nell’infinita grandezza del tempo, migliaia di anni che passano sono un battito di ciglia, e l’Uomo che intanto aveva preso il dominio di quelle terre si trovò a scavare proprio là, dove avevano trovato pace e rifugio animali grandi e piccoli. Da questo è nato un ponte importante perché tangibile, tra le varie fasi geologiche della zona. E la fatica e il sacrificio per la ricerca di conferme in tal senso hanno preteso che uomini di buona volontà dedicassero amore e energie in questo impegno. Per fortuna nostra e dei nostri discendenti, questi uomini ci sono stati, e ci hanno regalato un’eredità di prove geologiche di inestimabile valore. non credo di esagerare citando tra queste, l’esistenza del Museo paleontologico di Pietrafitta, con il suo contenuto di tantissimi fossili repertati da un appassionato ricercatore quale è stato Luigi boldrini. Il desiderio più grande è che questo Museo possa avere la notorietà e il riconoscimento della sua importanza in tutta Italia, e che la sua fama possa richiamare studiosi e curiosi da tutto il mondo.

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I MINATORI DI PIETRAFITTA

Tratto da: “Alfio”, biografia a cura di Leonardo Caponi.

Il sindacalista Alfio Caponi, della Segreteria CGIL di Perugia, era reduce da una riunione in Prefettura, una riunione vana. Egli si era battuto con ardore e irruenza. Ma non c’era stato niente da fare. nonostante le insistenze discrete del Prefetto, il commendatore Angelo Moratti, nuovo concessionario delle miniere di Pietrafitta, era stato irremovibile: le leggi di mercato erano sovrane e l’impianto andava chiuso. Caponi doveva tornare a dirlo ai 600 minatori che, ormai da una decina di giorni, occupavano la miniera per difendere il lavoro, il futuro e la vita, loro e delle loro famiglie. Il suo animo era oppresso. Arrendersi o continuare? Alla chiusura della centrale non ci sarebbero state, almeno nell’immediato, valide alternative. Moratti si era impegnato a pagare i salari arretrati e aveva parlato della riapertura di due impianti nella stessa area della miniera, un tempo chiusi, la mattoniera e la vetreria. Il sindacalista aveva proposto che la lotta non fosse interrotta definitivamente, ma che continuasse in forme diverse. La lignite era comunque una ricchezza. Lo sfruttamento della miniera avrebbe potuto riprendere con l’installazione di una centrale elettrica della quale era prevedibile che l’Italia industriale avrebbe avuto, di lì a poco, grande bisogno. Era una proposta che si rivelò lungimirante, della quale si era parlato al sindacato. Ad essa sul momento i lavoratori, immersi nel più nero sconforto, non prestarono attenzione; invece era destinata a rivelarsi vincente.

nel 1958, con l’inaugurazione della Centrale termoelettrica, fu riaperto lo scavo della lignite. Caponi visitò la Centrale in compagnia di Don Guglielmo Palazzetti, parroco di Collebaldo, che era stato animatore intraprendente ed entusiasta del movimento per la riapertura della miniera.

I MINATORI DI SPOLETO

L’agonia delle miniere dello spoletino era cominciata nel 1955. La situazione precipitò tre anni più tardi, nel 1958, con l’annuncio ufficiale della decisione di chiuderle e il licenziamento immediato di 430 minatori. Anche la lignite, sebbene meno ricca del carbone, era una risorsa da difendere e utilizzare. Così non fu; governo e imprenditori rimasero prigionieri di una logica di mercato manovrata dalle lobby del carbone e del petrolio. La Provincia di Perugia e il Comune di Spoleto, anche su pressione del sindacato, incaricarono un noto studioso dell’epoca, tecnico minerario, l’ing. Monti, di studiare il problema. Lo studio fu alla base di un documento dal titolo: “Le proposte degli Enti locali dell’Umbria per l’utilizzazione economica e razionale del combustibile povero nazionale”. Ci furono, in quegli anni tra il ‘55 e il ’58 delle sofferte manifestazioni da parte dei minatori; con tafferugli e incidenti, una particolarmente drammatica, al centro di Perugia. La lotta dei minatori che era anche propositiva, ebbe comunque degli effetti alternativi alla smobilitazione, ottenendo il trasferimento a Terni di 650 minatori e rilanciare nuove aziende.

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