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- Inseguendo un sogno di Adria Faraone, laureata in scienze naturali, specializzata in paleontologia dei vertebrati

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Prefazione

Prefazione

INSEGUIRE UN SOGNO di Adria Faraone

Questo mio scritto è un tributo e un riconoscimento ad una persona che mi ha dato tantissimo dal punto di vista conoscitivo e umano. Sono passati tantissimi anni da quando ancora studentessa seguivo il mio professore di Paleontologia all’università degli studi di Perugia : il Prof. Ambrosetti. Lui si occupava di fossili di vertebrati. Il mio sogno di ragazzina. Ho iniziato a scavare il primo elefante frequentando l’ultimo anno di università in località Casalina vicino Deruta. Poi dopo la laurea sono andata a Pietrafitta per poter continuare a studiare i vertebrati. In questa zona si alternavano fiumi , stagni e paludi con una vegetazione ricca ed un clima temperato caldo: ambiente favorevole alla presenza di animali soprattutto erbivori. La lignite è costituita per la maggior parte di materiale erbaceo ma anche da piante ad alto fusto. A questi si alternavano strati più o meno sottili di argilla che fungeva da isolante, in questo modo la conservazione dei reperti fossili era praticamente perfetta. Ed è a Pietrafitta che ho incontrato per la prima volta Luigi boldrini, detto Gigino. Avevo avuto un incarico di ricerca dall’università per portare avanti un progetto di pubblicazione dei vari reperti e di catalogazione ed ero elettrizzata all’idea di poter scavare. Mi sono recata a casa di boldrini, nel suo garage, e ho visto cose meravigliose, anche se a volte non ricostruite in modo corretto. Lì è iniziata la mia avventura con Gigino. non è stato facile guadagnare la sua fiducia perché per colpa dei suoi amatissimi fossili ne aveva passate tante di peripezie!!! Poi ci siamo compresi, si è aperto e e andavamo insieme

in miniera a scavare. Per me è stato un grandissimo maestro, non parlava molto ma i suoi consigli erano preziosi ,era curiosissimo e mi riempiva di domande . È iniziata così una stupenda collaborazione. Gigino mi ha insegnato la pazienza , la costanza e la caparbietà nell’inseguire i propri sogni. Il suo sogno era di lasciare alle generazioni future un patrimonio culturale inestimabile da tutti i punti di vista. Con la costruzione del Museo a Lui dedicato si è avverato in parte; speriamo di poterlo esaudire totalmente nel vedere questo Museo aperto definitivamente. Questo patrimonio deve essere fruibile a tutti , lo dobbiamo al nostro Gigino. La parte più consistente dei reperti animali è costituita da mammiferi, ma non mancano tutte le altre come uccelli, rettili, anfibi e pesci. Inoltre nell’argilla sono stati ritrovati invertebrati e conchiglie. La particolare associazione di questa fauna è legata alle favorevoli condizioni ambientali che caratterizzavano l’area umbra. Un ecosistema unico nel suo genere per la convivenza di tutte queste specie : unico al mondo!!! Massiccia è la presenza dell’elefante Mammuthus meridionalis, più grande di quelli attuali. Seguono rinoceronti, cervi , bovidi, cavalli fra gli erbivori. non potevano mancare a questo punto i carnivori rappresentati da un grosso felino simile ad una pantera , dal macaco e dalla lontra , e infine l’orso. C’era anche il castoro e poi piccoli roditori come topolini e scoiattoli . notevole la presenza di uccelli soprattutto acquatici come quelli attuali. Tra i rettili sono state trovate tante tartarughe acquatiche e tre specie di serpenti. Tra gli anfibi una rana di grosse dimensioni e altre più piccole. Dei pesci sono state trovate vertebre e ossa

faringee e denti isolati. nell’argilla sono stati trovati molti insetti , come resti di ali e uova. Le piante presenti erano felci grandi i cui semi avevano la forma di un fagiolo. C’erano conifere, betulle , aceri come il Liquidambar in grande abbondanza . È poi tantissime Graminacee e abbondanti piante acquatiche alcune ancora viventi ed altre estinte. Dallo studio dei pollini si è stato possibile classificare la flora presente.

IL RECUPERO DEI FOSSILI

Il recupero dei reperti fossili non è stato facile, in quanto si trovavano disposti in connessione o in disordine. Perciò è stato ideato un metodo di “recupero veloce” sia per salvaguardare i fossili, sia per non rallentare l’attività di scavo della lignite. Le diverse fasi di questa tecnica di recupero sono state eseguite dal personale tecnico del Dipartimento di Scienze della Terra e del Centro di Ateneo dell’Università degli Studi di Perugia e dal personale della Miniera (Luigi boldrini, Alberto bocciarelli, Marco Rotoni). Evidenziati i fossili, veniva delimitata la zona in modo da ripulirli dalla lignite e consolidarlo con prodotti idonei, ricoprendo con teli per mantenerli umidi e integri effettuando il rilevamento topografico e fotografico. I resti venivano ricoperti con carta stagnola per avere una maggiore aderenza e conservazione. Poi veniva scavata una trincea intorno al fossile, considerando lo spessore che poteva avere tutto il pezzo da asportare. A questo punto si attuava il calco con gesso e una parte di cemento o poliuterano espanso su tutta la superficie.

Le superfici più grosse venivano protette da una gabbia di ferro e una colata di cemento. Di seguito una apposita lamina di ferro veniva inserita sotto il blocco, con un mezzo meccanico e saldata alla gabbia sovrastante. Tale blocco veniva trasportato in un locale adeguato. La parte più difficile era il capovolgimento della “culla” di lignite che poteva pesare anche oltre cento quintali. Tolta la lamina iniziava la fase vera e propria del restauro, togliendo la lignite e consolidando i vari pezzi. Il sito di Pietrafitta con il suo Museo rappresenta un patrimonio paleontologico, geologico e naturalistico unico al mondo , da tutelare , gestire e far conoscere alle generazioni future. Immaginiamo un grande lago circondato da una rigogliosa vegetazione con branchi di animali che si abbeverano e pascolano tranquilli , con dighe costruite da castori e acque correnti popolate da lontre.

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