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www.cortogno.net
cortogno 2014
gli eventi estivi e qualche aneddoto cortognese
cortogno.it
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L’Appennino è una montagna a dimensione umana: abitabile e abitato da così lungo tempo da essere, il lavorio dell’uomo nei secoli, parte sostanziale del paesaggio. Tanto geografia che storia. È nella civiltà dell’abitare, nella coltura che ne ha determinato la cultura, nel racconto, in tutto ciò che colgono i sensi, che risuona la presenza di chi ci ha preceduto. Creazione e Creature trovano compimento e non ci sono morti alla fine del tempo. Giovanni Lindo Ferretti
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foto di Danilo Costoli
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Produzione propria di pecorino e ricotta e yogurt Bio
Azienda Agricola La Maestà Da marzo a ottobre si produce Il pecorino dell’Appennino Reggiano, con solo latte di pecora, sale, fermenti naturali, caglio, di assoluta qualità e certificato biologico. di Silvia e Alessia Tarabelloni
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cortogno
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Programma
2014 Gli spettacoli e le cene si terranno presso il centro polivalente (coperto)
Per informazioni: Matteo 349 1671241 info@cortogno.it www.cortogno.it
domenica
sabato
Sagra
Cena della SolidarietĂ
27 Aprile 5 Luglio
del Faieto L’antica sagra di primavera del Faieto di Cortogno
Cena organizzata in collaborazione con ATC3 Collina. Il ricavato verrĂ interamente devoluto per iniziative benefiche locali
sabato
domenica
Memorial
Sagra della
20 Luglio
19 Luglio
Roberto Incerti Esibizione di motocross organizzata da
Roby Day
Beata Vergine del Monte Carmelo Santa Messa ore 11, processione e pranzo comunitario
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domenica
domenica
20 Luglio
Gospel quartet Concerto del
3 Agosto
39ª Marcia della
Val Tassobbio
Camminata non competitiva lungo la valli e boschi
Canti degli schiavi d’America Patricia Ann Breeden, soprano Valeria Ronchini, contralto Claudio Lacava, baritono Uberto Pieroni, pianoforte
Sul sagrato della chiesa di San Giorgio a Cortogno. dalle ore 21
martedì
5 Agosto Ore 21 - Cabaret con
Enzo Fontanesi e Antonio Guidetti
venerdì e sabato
8-9 Agosto
Tortellata di Cortogno dalle ore 19,30 prenotazione obbligatoria 0522 607150 / 0522 607419
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martedì
12 Agosto Ore 21 - Cabaret con
Antonio Guidetti e Mauro Incerti
venerdì
15 Agosto tigellata di
ferragosto
Cena con tigelle e salumi dalle ore 19,30
prenotazione obbligatoria 0522 607150 / 0522 607419
domenica
17 Agosto
La fèra ed’ col
ca ghéra festa paesana con pranzo in piazza davanti al bar di Cortogno info: 0522 607150
sabato
domenica
30 Agosto
19 ottobre Festa del Marrone
Polentata
di Cortogno dalle ore 20 prenotazione obbligatoria 0522 607150 / 0522 607419
del Faieto
Spettacoli, stand gastronomici, caldarroste, vendita miele, gnocco fritto, Parmigiano Reggiano, Pecorino dell’Appennino e altro ancora.
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Finalmente sono diventato
emiliano!! di Matteo Domenichini Da Como a Cortogno......finalmente solo andata !! Questo avrà detto il nostro amico Giovanni Delvo un anno fa quando si è trasferito definitivamente al Mulino di Cortogno. Dopo tanti anni di permanenza nel nostro appennino, esclusivamente per le vacanze estive, Giovanni ha deciso di dare una sterzata importante alla sua
Panorama del Mulino di Cortogno da Sud
vita: ha lasciato una città importante della provincia lombarda, amici, un posto fisso e ha coronato quello che era il suo sogno. La famiglia Delvo ha conosciuto Cortogno quasi 40 anni fa grazie alla parentela con Alceo Moscatelli, anch’egli emigrato in quel di Como. Si è innamorata del borgo del Mulino ed ha deciso di acquistare una ex stalla e di ristrutturarla. Parliamo della fine degli anni 70.... Da allora la famiglia Delvo è sempre stata una presenza costante e discreta dell’estate cortognese. “Il mio sogno e’ sempre stato quello di venire ad abitare a Cortogno, di diventare emiliano... e finalmente sono riuscito a coronarlo. E’ una scelta che rifarei mille volte, anzi , se potessi tornare indietro la farei prima“ dice Giovanni. Se ripercorriamo la storia delle nostre borgate vediamo che
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tante persone, dal dopoguerra in poi, sono state costrette a trasferirsi nelle grandi metropoli in cerca di lavoro, per poi magari ritornare nella terra natia una volta raggiunta la meritata pensione. La scelta di Giovanni invece è contro corrente, nasce dalla volontà di vivere in un luogo in cui il disturbo maggiore è rappresentato dal cinguettio degli uccellini, dove il Tassobbio si sente solo dopo tanti giorni di pioggia, dove pensi di essere in tangenziale solo quando senti il rumore di qualche moto da cross, dove in estate l’erba si taglia ancora con la “ferra” e le sterpaglie con il “podai dal frara”... E se pensiamo che Giovanni in terra emiliana ha trovato anche l’amore, possiamo davvero dire che la nostra terra, la nostra aria forse hanno qualcosa di davvero speciale.
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La piscina nel Tassobbio
Si racconta di come i bambini invece di stare a studiare, alla fine degli anni cinquanta, in estate, passavano i pomeriggi a nuotare nel Tassobbio e a sera andavano a dormire contenti e soddisfatti. In fond al Re ghera un gurag dova i raghes i fevn al bagn
queik pansada ad peu ingugnade tante ma poc’ importa
la sira queik bala da cuntar ai soe po’ a let cuntent
sensa istrutur sensa custoem ma tanta voeja ‘d sputaciar
la giornada la vuleva e ad lesar nisoena voeja
vacansi al mar un lusso. al nostar mar l’era in fond al re tra i puret ieren di gran sgnur.
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La scuola a
Cortogno di Dino Domenichini E’ risaputo che a Cortogno la sede della scuola dagli inizi del secolo scorso è stata al Castetto, alle Costole ed infine, fino alla chiusura, nell’edificio più volte restaurato accanto all’area “Filippi” della Pro-loco, ma fino agli anni Venti com’era l’ istruzione scolastica ? Interessante è ritornare, come ha esaurientemente spiegato Giuseppina Gentili nella pubblicazione “CASINA - lo scorrere di un secolo”, dal periodo dalla nascita del Comune di Casina, fino agli inizi del secolo scorso, quando mancavano le finanze per la scuola e che più dell’istruzione ci si preoccupava del vivere quotidiano. Nel 1860 con la nascita effettiva del Comune di Casina vi erano le classi 1° e 2° maschili finalizzate ai primi rudimenti del “leg-
EDIL
gere e dello scrivere” e non esistevano asili, scuole infantili, serali e festive e neppure scuola femminile (che nascerà nel 1864 nel capoluogo). Nel 1861 la scuola a Cortogno nasce come scuola “ facoltativa ” e non con “obbligo scolastico” nei locali della canonica con insegnante don Pellegrino Ferrari (1803-1870) con stipendio di lire 50 e negli anni successivi il numero massimo di allievi maschi è di 20 in inverno ma scende a 4 in primavera quando c’è bisogno in campagna. Gli alunni frequentanti la scuola di Cortogno negli anni sono stati : 1862 : 19 - 1865/1866 : 20 1869/1870: 14 - 1886/1887: 27 - 1904 : 84 - 1915/1916 : 80 - 1918/1919: 91 1921/1922: 75 La necessità d’ istruzione anche alle donne è sentita e perciò viene sollecitata al Sindaco dal Prefetto una scuola mista nel Comune. Nasce così la scuola mista di Cortogno il 12 dicembre 1882 e viene nominata la maestra Ancarani Maria perché si ritiene che le scuole gestite “abusivamente” dai parroci
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Una Scolaresca degli anni ‘60
non abbiano i requisiti prescritti dalla Legge. La scuola resta “facoltativa”e agli alunni la frequentano spontaneamente. A Casina nel 1885 inizia una scuola per alunni dai 9 ai 18 anni con 2 ore di lezioni serali ( lunedì, mercoledì e venerdi) e la domenica dalle 12,30 alle 14,30 frequentata anche da abitanti delle frazioni. Per tutte le scuole sono previsti gli esami annuali di promozione e a superamento di quello di 3° classe viene rilasciato un documento (diploma di licenza) che è titolo per l’esercizio del diritto elettorale. Nel 1891 a Cortogno, con insegnante Anselmo Domenichini vi sono 2 classi di prima elementare divise in 2 sezioni, una
Scolaresca del !944
maschile con 24 alunni ed una femminile con 22 alunne e nel 1897, dove non è ancora la proclamazione dell’ obbligo scolastico, l’insegnante è Domenico Domenichini fu Mansueto. Il 29 dicembre 1904 “il Comitato del Bene Economico di Cortogno-Pianzo” interprete dei sentimenti di tutta la popolazione fa una raccolta di firme per chiedere al Sindaco di rendere la scuola di Cortogno da facoltativa ad obbligatoria visto che gli alunni sono 84 dopo l’aggregazione di Barazzone (distante solo 1.200 m. con viabilità praticabile) con aumento della popolazione a 652 abitanti ma la richiesta verrà accolta solo nel 1909 con dicitura “obbligatoria non classificata”. Questa definizione è importante sia per la stessa scuola sia come retribuzione prevista per gli insegnanti è inferiore a quella delle scuole obbligatorie e infatti la maestra Vignali Anna percepisce solo 500 lire mentre lo stipendio annuale per altre scuole è di 1.000 lire. La nomina di ogni insegnante, in posses-
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so di abilitazione legale, dopo un periodo di prova, acquista carattere di stabilitĂ pur dovendo, a volte, cambiare scuola e, per esempio, a Cortogno abbiamo fra gli altri Marchi Noemi (1911/1913 ), Scardovi Anna (1913/1915) e Barilli Giulietta (1921/1922). In questo periodo non risultano cortognesi con istruzione superiore se si escludono Antonio Giudetti (letterato 1871/1936), e vari sacerdoti tra cui don Francesco Domenichini (1817-1894), don Ostilio Domenichini (1868-1950), don Aurelio Camorani (1883-1951) , don Livio Camorani (18881967), don Giuseppe Costoli (1834-1915), don Domenico Costoli (1848-1912), don Flaminio Costoli (1875-1848), don Aurelio Costoli (1886-1949), e don Marsilio Filippi (1879-1962).
Scolaresca della fine degli anni ‘40 alle Costole
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Il sorriso di Robbi Di Matteo Domenichini Un pomeriggio d’inverno, un rumore assordante squarcia il silenzio della Val Tassobbio: dall’alto del monte Pecora il rombo del motore di una moto da cross saluta la partenza di Roberto. Anche la moto, al pari di tutti i presenti, per un attimo si è rifiutata, incredula, di pensare che un marito, un padre, un amico, un onesto lavoratore sia stato chiamato così presto ... Però alla fine il dolore, la speranza e, per chi crede, la fede ha reso consapevoli i presenti che a volte la vita e’ davvero ingiusta. Credo che il sorriso di Robbi rimarrà indelebilmente presente nei ricordi di tutti quelli che lo hanno conosciuto. Perché ovunque lo incontravi, a qualsiasi ora, in qualsiasi situazione lui ti regalava un sorriso, sia che tu fossi un caro amico che un semplice conoscente. Così come i valori della famiglia, del sacrificio, del lavoro accompagneranno la moglie e i meravigliosi figli nel cercare di seguire i suoi esempi di vita. Robbi....dag dal gas !!!!
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Gabriele Casali Mattia Gualtieri
Gaia Scolari
Andrea Grasselli
Ăˆ bello nascere
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Alessandro Menozzi
in Appennino!!
Aurora Guidetti
Giovanni Bresciani
Celeste Ferri
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Edda Teggi a 17 anni
Ricordi di qualche tempo fĂ
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Mulino di Cortogno, agosto 1968 Sandra, Marziano, Andrea, Claudia, Fulvio.
Edda Teggi a 23 anni
Marcia della Valtassobbio. Romano Domenichini premia il concorrente piĂš anziano, Casali Renzo di 77 anni
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Marcia della Valtassobbio. Romano Domenichini e Santino Camorani
Luigi Teggi, Don Bruno Camorani, Domenichini Genoeffa, Camorani Nildo, Filippi Anna, Filippi Erio.
Cantori da stalla: Silvano, Santino, Giudici Ottavio, Villo, Igino Magnani detto il“Nanè” e Romano Domenichini
Domenichini Artenice con i nipoti Davide e Valentina
Luigi Teggi, Romano, Filippi Savino, Becchetti Giulio.
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QualitĂ , convenienza e cortesia
Sono 50!!!
Prima e Piero da molti anni sono parte dell’anima di Cortogno. Se questa esiste, sicuramente è molto grande, è accogliente e colorata, sempre attiva, la trovi nei campi, al bar, tra le case, al mercato di Casina al sabato, alla messa della domenica, tra gli anziani e tra i bambini, nel Tassobbio e nei tortelli, ogni tanto all’ospedale di Castelnovo...... E quando vediamo Prima e Piero insieme (sempre) ci diciamo: “ecco com’è fatta l’anima di Cortogno!”. Auguri, auguri e ancora auguri. :)
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Santino e Irvana
i diamanti della PalĂ da
...da 50 anni preziosi per noi e per tutto Cortogno
Auguri da tutta la Proloco!
Alfredo e Fiorella
40 anni sono passati ....
...e ve ne aspettano altrettanti insieme!
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Perché parlare ancora
di dialetto?
di Savino Rabotti Può sembrare anacronistico ma, personalmente, credo proprio che ne valga la pena. E non per piangerci addosso e sostenere che le cose andavano meglio... quando andava peggio. Forse i rapporti sociali erano migliori allora, ma l’esistenza nel suo complesso credo sia più accettabile ora. Il che non significa rinnegare il passato. Ne parliamo per rispetto verso il dialetto stesso che, per circa 3.000 anni, qui da noi, è stato il mezzo di comunicazione normale. Ne parliamo per i contenuti che hanno educato generazioni e continuano a farlo: proverbi, modi di dire, battute ironiche sono ancora quelli del dialetto anche se li abbiamo adattate all’italiano. E anche perché “dialetto”, etimologicamente, significa: dialogo, cioè discorso fra diverse persone. E noi, ancora oggi, cerchiamo il dialogo utilizzando i concetti imparati in gioventù o trasmessi a noi dai nostri avi. Ne parliamo volentieri perché il dialetto è una lingua vera e propria, alla pari con tutte le lingue neolatine, con una sua struttura grammaticale, (rigida ma non scritta), con un corredo di forme letterarie uguale, se non superiore, alle altre lingue. Se escludiamo la parlata quotidiana, tra familiari o tra amici, per il resto il dialetto si esprime prevalentemente in rima, cioè
con un modo di presentarsi nobile, aristocratico, di buon gusto. La poesia in tutte le ramificazioni mette il vestito della festa agli argomenti, e si esprime attraverso la lirica, la satira (da noi molto in auge dalla metà dell’ottocento in poi), la filastrocca a scopo didattico o di gioco, la condensazione in strofe delle formule di catechismo, l’epica per narrare la vita di Gesù o dei Santi, le preghiere che spesso rasentano l’eresia ma esprimono il sentimento della gente. Si adegua alle scenografie teatrali fondendo in un unico prodotto musica e poesia. E qui ricordiamo in primo piano il Maggio drammatico, poi Le Maschere (riprese ora a scopo folkloristico in diversi luoghi dell’Appennino), il Cantamaggio. Per il teatro in prosa in provincia si sono moltiplicate le compagnie, che oggi sono una cinquantina. Tornando alla poesia in musica esistevano anche gli Stornelli cantati nelle brevi pause dei lavori nei campi, tra due gruppi di lavoratori. E c’erano anche le Serenate, gli Strambotti e i Dispetti. Ci sono poi gli Indovinelli, a volte chiari e immediati, altre volte a doppio senso. Ma la parte più sostanziosa e diffusa è quella dei Proverbi, che condensa le osservazioni di ogni genere e la saggezza dei nostri predecessori. Stanno alla base della formazione delle persone, e (almeno questi) sono passati all’italiano con il loro apporto di morale e buon umore. Ritornando al confronto con le lingue neolatine anche il dialetto ha un substrato che si basa sul latino (circa l’80%) completato dall’apporto di tutti coloro che hanno tentato di fare dell’Italia il loro
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dominio, dai bizantini fino ai tedeschi dell’ultima ora. Inizialmente, quassù in Appennino, si parlava il celtico, quello dei Liguri Montani. Poi, quando l’esercito romano riuscì ad avere il sopravvento (187 a. C.), i Liguri superstiti furono tutti deportati nel Sannio, e, al loro posto, furono collocati coloni fedeli a Roma, che parlavano latino. Si salvarono pochi termini relativi a montagne (composti con Alp, Pen) e a corsi d’acqua (Tassobbio, Tassaro, Tassonaro, Tresinaro, che in passato era Tesnêra). Ci si chiederà come mai esistano pronunce diverse anche a breve distanza, tra un villaggio e l’altro. La prima causa sta nella configurazione del terreno. Più ci si innalza sul livello del mare più la pronuncia si fa dura, aspra, chiusa, mentre in pianura è larga, calma, a volte flemmatica. La seconda causa va cercata nel passaggio di tanti popoli sulle nostre terre. Alcune tribù barbare si accontentavano di saccheggiare le grandi città collocate lungo le strade importanti per proseguire poi verso altre terre. Altri popoli invece si spostavano alla ricerca di un nuovo spazio e si stabilivano sul nostro terreno, magari adeguando le loro leggi a quelle romane, come i Longobardi. Il modo di parlare di tutti i popoli ha lasciato tracce sostanziose, più marcate in prossimità delle grandi strade (lungo la Via Emilia, per esempio), e meno nei paesi lontano da esse. Il dialetto montanaro assomiglia di più a quello lungo il Po che a quello di città.
Domandina perfida: Perché abbiamo abbandonato il dialetto? Anche in questo caso vi sono due motivazioni. La prima è di carattere psicologico: il dialetto era la lingua dei poveri, dei perdenti, quindi si sceglieva di parlare italiano per nascondere la propria origine contadina. La seconda causa (strano, ma vero!) è stata l’istruzione pubblica. Con la scuola obbligatoria si credeva di unire gli italiani sotto una sola lingua. Così abbiamo sacrificato il dialetto ma non parliamo ancora bene l’italiano. Se il dialetto aveva tutte le qualità elencate sopra si potrebbe opinare che esista anche una letteratura scritta. Invece no. La trasmissione dei testi nelle campagne avveniva solo oralmente. Tutto era affidato alla memoria (per altro molto valida) della gente. È chiaro che una volta scemato l’interesse per i fatti messi in rima i testi non venissero più recitati. Perciò sono stati dimenticati. Purtroppo per sempre. Si è salvato qualcosa grazie alla preveggenza di chi capiva il valore del dialetto e si è premurato di conservare quei testi. Cosa si può fare, oggi, per tentare di salvare il dialetto? Non ci resta che piangere, direbbero Benigni e Troisi. Abbiamo ancora una possibilità: interrogare chi il dialetto lo ha parlato per tutta la vita e lo parla ancora, registrarne le voci e trascrivere i loro racconti. Personalmente spero anche che ci siano giovani capaci di considerare il dialetto come materia di studio e non solo di spasso. So che sono state presentate alcune tesi sul dialetto negli ultimi anni. Almeno potremo salvare l’anima del dialetto?
La squadra del Cortogno ha finalmente vinto la 6° edizione del torneo delle Proloco della Val d’Enza e del Tassobbio!
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Riserva del Re di Giovanni e Valentina
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