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La trama è tutta nello stile
Le serie tv ci spiegano che ci rivestiamo di ciò che speriamo di essere mentre la verità di chi siamo emerge dai dettagli. Infatti, sono i costumisti che attraverso abiti e accessori svelano gli indizi per capire ruoli e intrighi. Meglio di psicologi e detective
DI DIEGO PASSONI
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Il cast della quinta stagione di Scandal. Al centro, Kerry Washington nei panni firmatissimi di Olivia Pope.
IM A GES Y T GET N NELL’INARRIVABILE sceneggiatura di Parigi o cara di Vittorio Caprioli nel lontano e luminoso 1962, bastavano due frasi della protagonista Delia (Franca Valeri), rivolte all’ appena ritrovato fratello Claudio (Fiorenzo Fiorentini), accorso alla stazione per accoglierla con una chioma tanto cotonata quanto inattesa: «Ma che sei tinto?»; «Sì»; «Ma che fossi…?«; «Sì»; «Ah, no ’ o sapevo». Non servì altro per risolvere drammaturgicamente quello che solo decenni più tardi il mondo avrebbe identificato con il termine «coming out» di un giovane uomo e la relativa accettazione da parte di sua sorella. Dal momento stesso che si tratta di immagini, la scrittura di cinema e serie tv sa bene come utilizzare styling, make-up e hair styling non solo per delineare le caratteristiche identitarie dei personaggi che racconta, ma anche le svolte narrative nelle loro vite, soprattutto quelle interiori. Le serie tv, che vivono tempi di gestazione più rapidi, sono state capaci di intercettare idee e desideri e dar loro un volto, un caracter e uno stile, che il pubblico riconosce come suo, e imita, comprando gli stessi vestiti – o la loro
Hugh Grant e Nicole Kidman in una scena de The Undoing: la personalità di lei è raccontata dallo stile dei suoi abiti.
In House of Cards la costumista Kemal Harris definisce il power dressing della protagonista: grigio quando comanda dietro le quinte, bianco quando diventa l’ unico volto del comando
versione più abbordabile – acconciandosi allo stesso modo, usando gli stessi codici espressivi. Lo stile estetico dei personaggi, oltre a generare emulazione, e dunque spesso degli indotti economici a molti zeri, è un elemento necessario alla scrittura stessa. Una parte della sua costruzione attoriale. Meryl Streep sostiene che metà del lavoro per costruire un personaggio lo fanno i costumi. All’inizio degli anni Dieci di questo secolo l’America decide di raccontare se stessa dalle stanze del potere, con una nuova visione, e dunque un nuovo stile. In Scandal, Olivia Pope sa scassinare ogni cancello chiuso della burocrazia passando dal suo interno per una via privilegiata. Lei, donna afrodiscendente, è dentro al sistema quanto e più di qualunque uomo bianco. E lo racconta ogni volta che, dopo aver mangiato a falcate i corridoi delle stanze che contano, si presenta davanti al suo interlocutore con trench Burberry, tailleur Giorgio Armani e grandi borse nere o crema che appoggia sul tavolo, come una dichiarazione di intenti: «Guarda cosa estraggo dal mio cilindro (anzi, dalla mia Prada) per toglierti dai guai». La stessa importanza ha lo stile di Claire Underwood, in House of Cards, per cui è la costumista Kemal Harris ad aver definito il power dressing (abiti come squame e taglio di capelli minimal) di colei che rappresenta prima la regia occulta, l’ eminenza grigia – vestendola di questo colore – e poi l’ unico volto del comando, a causa della estromissione forzate di Kevin Spacey dalla serie, da cui la necessità di addolcirne il rigore, con abiti dai colori più facili, tra Jackie Kennedy e Lady D, per fare meno paura, per sembrare buona. Chi ha onestamente tributato il giusto valore agli abiti dichiarandolo già nel titolo sono gli
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Hunter Schafer e Zendaya in una scena di Euphoria: storia di ragazzi non più adolescenti alle prese con sesso, droga e violenza.
ideatori di Suits, in cui c ’è tutto del desiderio di appartenenza, dell’ ambizione sociale e del potere che un certo status incarna. La costumista della serie, Jolie, ha dichiarato che tutto questo è stato reso evidente dalle evoluzioni negli armadi di Mike e della segretaria Donna. Entrambi cambiano look in base alla loro ascesa, ai bonus percepiti, alle ipotetiche ore di straordinario per cui potersi permettere un tacco o un abito fino a quel momento economicamente inarrivabili; e naturalmente, rivestendo i panni nuovi, ci raccontano chi si credono di essere e soprattutto chi vogliono che gli altri credano che siano diventati. Un caso interessante è Grace Fraser, il personaggio interpretato da Nicole Kidman in The Undoing, per cui Signe Sejlund ha cercato abiti che specificassero l’ agiato ceto sociale e la forte personalità lunare. Kidman torna rossissima, come ai suoi esordi, e indossa solo lunghi abiti e cappotti dai toni di olii e petroli che descrivono tutte le sfumature del suo turbamento. In Sex Education lo stile rappresenta perfettamente la Generazione Z, che decostruisce canoni estetici e abbatte stereotipi, patriarcato e mascolinità tossica come anche in Euphoria, la cui costumista Heidi Bivens dichiara di aver usato una sorta di tavolozza di armocromia in base allo sviluppo dei personaggi. E poi c ’è la questione Bridgerton e l’ aumento esponenziale di ricerche online per i corsetti (più 123 per cento) e per gli abiti in Stile Impero. Non per tornarsi a vestire come nella Belle Époque, quanto forse per cercare nei codici comportamentali del passato gli elementi per costruire una sorta di nuovo galateo del corteggiamento in quel Far West che ormai è diventato il mondo del dating, quasi tutto
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Il cast completo di Mad Men: la serie del 2010 sul mondo della pubblicità si caratterizza per l’eleganza minimal degli anni Sessanta.
La soluzione del mistero è già in quel dettaglio
tramite app, e carico di ghosting, catfishing e molti alti spiacevoli gerundi anglosassoni. In tema di amore e desiderio possiamo citare The Serpent. Ciò che emerge grazie anche ai costumi di questa serie è che così fasciati in quei volumi e con quelle cartelle colori erano tutti tremendamente, irresistibilmente sexy. L’immagine degli hippy sballati e pacifisti è davvero troppo sbrigativa e annacquata. Per quei giovani, amore era soprattutto voglia di sesso libero, anche sfrenato. Di corpi nudi, di scambi di umori. Carnalità da esplorare. E quando c ’è la carne ci sono i suoi istinti, anche violenti. Questa serie ci restituisce anche tutte le ombre di ragazzi e ragazze in ricerca di sé, ma contemporaneamente smaniosi di benessere e possibilità. Non ci piacciono moltissimo solo i personaggi, gli abiti, gli stili, ma soprattutto quello che essi possono dire di noi e di quel che vorremmo essere, meglio di quel che noi sappiamo di volere. Ben si capisce in Mad Men, in cui l’ estrema eleganza degli anni Sessanta è lo scenario perfetto per raccontare quanto questo meccanismo l’ abbiano ben capito i pubblicitari: ci rivestiamo di ciò che speriamo di diventare e intanto la verità di chi siamo emerge dai dettagli. David Lynch lo aveva dimostrato già in Twin Peaks. Dopo il ritrovamento del cadavere di Laura Palmer, il padre si sveglia con una chioma diventata canuta improvvisamente. Poi inizia l’indagine e la ricostruzione della vita di quella cittadina e dei suoi abitanti da parte del detective Dale Cooper, ma la soluzione è già tutta in quel colore di capelli. L’incomprensibile leitmotiv di questa serie tv era: «I gufi non sono quello che sembrano». E a volte, purtroppo, non lo sono nemmeno i padri. A dircelo da subito era stato un ciuffo bianco, il dettaglio del suo look.
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AMY AL