Poste Italiane Spa – Spedizione in Abbonamento Postale DL 353/2003 (Conv. In L. 27/02/04) Art. 1 Comma 1 - NO/ TORINO N.02 /2022 - IP - ISSN 392-4718
#cioccolateria #confetteria #gelateria #confezionamento #caffetteria #cucina
liquid sugar paste
la prima pasta di zucchero a colata super sottile
M A D E I N I TA LY
febbraio 2022 | n° 334 | Anno 45 COPERTINA_PASTint_175x185_GEN_I78.indd 1
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novità
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TUTTO
sul
cioccolato Il nome di Davide Comaschi è indissolubilmente legato al cioccolato. E non solo perché è stato il primo e unico italiano a vincere i World Chocolate Masters, ma anche e specialmente per l’incessante lavoro che egli perpetua su questa materia prima, tutto condensato nel suo nuovo libro “Sul Cioccolato” Con il cioccolato non si smette mai di giocare, studiare ed evolvere. Un’affermazione tutto sommato ovvia, che però riassume quanto abbiamo appreso nel portare a termine la realizzazione del libro “Sul Cioccolato”. Un tema già affrontato da noi della Chiriotti Editori insieme ad autori di prim’ordine, ma che oggi trova nuova espressione e nuove chiavi di lettura grazie a Davide Comaschi che, insieme a Marta Giorgetti, lo firma.
Un progetto voluto con tenacia da Davide, professionista che conosciamo da anni, fra eventi e concorsi (su tutti, i prestigiosi World Chocolate Masters 2013), e un lungo percorso di lavoro, fra Italia ed estero, tracciato da quell’ambizione costruttiva, da quella voglia di non adagiarsi sugli allori che è come un fuoco impellente, che ha saputo nel tempo domare e canalizzare, definendosi nello stile, nella tecnica e nelle visioni. La sintesi di questo percorso si esplicita in questo
volume, in cui gli autori infondono non solo l’esperienza formativa, ma anche la forza creativa che bilancia la rigorosa tecnica con l’inclinazione al design e all’immagine. Un costruttivo gioco di squadra, che vede il contributo di più persone competenti, come Luca Govoni per le approfondite, e anche innovative, ricerche storiche, ed Heikki Verdurme per le fotografie, che aumentano il valore non solo estetico del libro e delle ricette.
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zucchero d’arte
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GHOSTBUSTERS! In tema cacciatori di fantasmi, il nostro mago dello zucchero ha ideato una serie di pièce in occasione dell’uscita di Ghostbusters: Legacy. Terzo film della serie, narra le vicende degli eredi degli acchiappafantasmi originali, apparsi sul grande schermo nel 1984. Qui insegna come realizzare l’Uomo della Pubblicità dei Marshmallow Pasticceria internazionale 334
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sapere il sapore
THINK taste Gian Luca accosta sapori orientali ad un classico della tradizione pasquale, grazie alla valorizzazione del kumquat
Sono cresciuto con una pianta di kumquat in giardino, alta un metro e mezzo, che produceva circa 25 kg di frutti. Questi però non venivano raccolti, perché a casa mia la pianta era considerata ornamentale. Qualche volta da adolescente ho assaggiato i frutti aciduli, ma niente di più. Solo anni dopo mi sono reso conto che in giardino avevo un’incredibile risorsa! Un giorno infatti, in laboratorio, ricevo una telefonata da mia madre che mi chiede: “ma non è che ci puoi fare qualcosa con tutti questi kumquat che ho in giardino?”. Decido allora di testarli trasformandoli in marmellata e, dopo qualche prova, ne ottengo una molto interessante per complessità aromatica e carnosità dei frutti: la propongo in negozio e va letteralmente a ruba! Inizio anche ad immaginarne l’inserimento in una linea produttiva e l’avvicinarsi della Pasqua è l’occasione perfetta. Provo quindi a sostituire il kumquat all’arancia, proponendo una pastiera napoletana rivisitata ed una colomba al il tè Earl Grey e kumquat candito. I clienti sono molto colpiti dall’aromaticità dell’ingrediente, che caratterizza i prodotti senza snaturarli, e anche questa volta è un successone! Quello che vi propongo in questo numero è un dolce a cui sono molto affezionato. Nasce in occasione della Pasqua 2015 e si è rivelato uno dei più apprezzati della mia pasticceria. Vuole essere una versione moderna della pastiera napoletana. Come base troviamo la pasta frolla, con sopra una dacquoise, ed un cremoso di ricotta e grano aro-
matizzato con fiori di arancio, tutti elementi fondamentali della pastiera. Proseguiamo poi con una bavarese al tè Earl Grey, che arricchisce la degustazione con note del bergamotto e tannini, e in ultimo c’è lo strato di kumquat e mandarini, che rinfrescano, alleggeriscono e stemperano la dolcezza delle preparazioni sottostanti. Ne risulta una torta dal gusto raffinato, perfetta per le temperature miti che caratterizzano il periodo pasquale. Gian Luca Forino
Pastiera orientale Pasta frolla alle mandorle burro g 165 zucchero g 110 mandorle in polvere g 110 uova intere g 45 bacca di vaniglia n 1/4 sale g 1 farina g 250 Sabbiare il burro con la farina in planetaria con la foglia. Aggiungere il resto delle polveri e, in ultimo, le uova. Far impastare lo stretto indispensabile a legare la massa. Stendere su carta forno e lasciare stabilizzare in frigorifero per 12 ore. Stendere la pasta a 2,5 mm e coppare 18 cm. Cuocere su fogli Forosil. Dacquoise alle mandorle albumi zucchero mandorle in polvere
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zucchero a velo g 90 farina g 45 Montare gli albumi con 1/3 dello zucchero ed aggiungere la parte restante un po’ alla volta. Contemporaneamente setacciare la farina con zucchero a velo e mandorle in polvere. Una volta che gli albumi sono montati, unire le polveri setacciate, facendo attenzione a non smontare la massa. Dressare in un anello da 16 cm con un sac à poche dotato di bocchetta n 6. Cuocere a 200°C per 6 minuti. Cremoso alla pastiera panna zucchero tuorli cioccolato bianco gelatina ricotta grano cotto pasta di arancia
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Questa è una torta dal gusto raffinato, perfetta per le temperature miti del periodo pasquale
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senza stagione
Tutto inizia dal territorio, Sapri, Sa, nel Cilento, e dal personaggio che in molti ricordano per una poesia studiata da bambini, “La spigolatrice di Sapri” di Luigi Mercantini, che raccoglieva le spighe lasciate indietro dai mietitori, portando a casa qualcosa per sopravvivere e facendo sì che non si sprecasse nulla. Ispirandosi al racconto poetico e pensando ad altre raccolte, come quella delle olive, Enzo Crivella, gelatiere di Sapri – ribattezzato il gelatografo, narratore del territorio, dall’economista Pasquale Persico dell’Università di Salerno, per l’idea di Geogelatografia (si veda la notizia su tuttogelato.it) –, ha ideato e realizzato insieme a un gruppo di colleghi e amici un progetto speciale, il panettone salato che riunisce non soltanto il grano, in particolare i grani antichi di Cilento e Puglia, e l’olio EVO di queste terre, “ma ulteriori ingredienti particolari, come le alghe atlantiche bretoni e quelle del Mediterraneo, testimoni della stratificazione culturale europea”, come le definisce Crivella, le prime contenute nel burro alle alghe di Jean-Yves Bordier di Saint-Malo.
AL PROFUMO
del mare d’inverno Il gelatiere Enzo Crivella presenta un progetto a più mani, che parte da Sapri e si realizza con Luca Lacalamita, a Trani, per arrivare a Parigi Pasticceria internazionale 334
IL PROGETTO SALATO Noto non solo per la particolarità dei suoi gelati, ma anche per il desiderio di valorizzare la propria terra attraverso eventi e narrazioni, il gelatiere campano ha pensato di realizzare un prodotto che potesse occupare i colleghi nei periodi meno intensi dell’attività (e così si spiega anche l’accenno al mare d’inverno). Dal pensiero Crivella è passato ai fatti, collaborando con Gerardo Di Dato, dell’omonima pasticceria di Angri, Sa; Simone De Feo, gelatiere di Cremeria Capolinea, a Reggio Emilia, ed esperto in lievitati; Luca Lacalamita, pastry chef con grande curriculum, culminato alla tristellata Enoteca Pinchiorri di Firenze, e un felice presente come titolare nella sua Puglia di Lula Pane e Dessert a Trani, Bt. Il progetto è cresciuto e ha ricevuto contributi artistici, così da farlo decollare in eventi di livello internazionale. Nel frattempo Crivella, entusiasta e vulcanico qual è, sta mettendo a punto nuove iniziative, sempre con il gelato al centro. AFFINITÀ DI VISIONE E DI INTENTI C’è grande condivisione di valori e obiettivi tra il gelatiere cilentano e il pasticciere tranese, soprattutto per quanto riguarda l’amore per il territorio d’origine e le scelte in
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personaggi
Il suo talento è rendere comprensibile la pasticceria. Viaggio nel percorso professionale di Jeffrey Cagnes
L’IRREQUIETEZZA
foto Maria Greco Naccarato
che muta gli orizzonti
A 36 anni, Jeffrey Cagnes si staglia nel panorama pasticcero con caratteristiche particolari. Il suo carettere assomiglia alle sue creazioni, sincere, golose, generose e tecnicamente ineccepibili. Un personaggio senza fronzoli che, attraverso un percorso variegato e tutto in salita, è riuscito a disegnare un profilo originale, apprezzato dagli appassionati ed amato da colleghi e pubblico, anche per la spontaneità. Un’immediatezza di lettura, come uomo e come pasticciere, che lo rende accessibile, senza impedirne una certa imprevedibilità, e che comunica una grande comprensibilità della pasticceria di qualità, senza filtri o elitarismi. IL PERCORSO Cagnes nasce a Bagneux, nella periferia a sud di Parigi, il 26 gennaio 1986, ma cresce a Troyes, nella regione della Champagne-Ardenne, fino a 15 anni. È qui che si avvicina per la prima volta alla pasticceria durante uno stage nel 2001, durante le scuole medie inferiori, nel laboratorio del Mof Pascal Caffet. La madre è una cliente affezionata della pasticceria parigina di rue de Sèvres di
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Lucien Peltier, dove Caffet e anche Nicolas Berger si sono formati. E in seno alla famiglia l’adolescente Jeffrey, golosissimo, respira una speciale atmosfera di apertura verso il prossimo. Il padre, ebreo, è nato in Marocco, a Casablanca, da padre siciliano (Alfonso) e madre marocchina, mentre dal lato materno, cattolico, annovera un nonno tedesco e una nonna francese: «Grazie a questo miscuglio di origini variegate – commenta – e alla mia educazione, sono cresciuto con grande apertura e flessibilità, all’insegna dell’accettazione dell’altro con gentilezza». Con il fratello e la sorella inoltre, si abitua sin da piccolo al dialogo e a parlare senza imbarazzi eccessivi della realtà sotto tutti i suoi aspetti, gradevoli e sgradevoli, imparando a non raccontare la vita come un sogno, ma ad immaginare che un sogno possa diventare realtà. Lo stage dura una settimana, alla fine della quale Caffet stesso dice alla madre che Jeffrey sembra svogliato e che si applica poco. «Ero pigro, pensavo ai primi flirt con le ragazze e non alle materie scolastiche – commenta –. E ancora oggi, per me, la scuola più
bella è la vita». Agli inizi degli anni 2000, in Francia, la formazione ai mestieri dell’artigianato è spesso vista con diffidenza e considerata come una scelta di ripiego per studenti svogliati o con poco talento. Ma grazie al fratello, compagnon du devoir, Jeffrey scopre il mestiere di pasticciere in seguito all’incontro con il prevôt des compâgnons. Proprio in quel frangente, però, le vicende professionali del padre portano la famiglia a trasferirsi ad Avignone quando Jeffrey ha 16 anni. Nella città dei papi studia presso il CFA (Centro di formazione per apprendisti), dove ottiene il CAP (Certificato di attitudine professionale) di pasticceria nel 2002. E intanto compie l’apprendistato presso il negozio (oggi non più esistente) del cioccolatiere Patrick Mallard. Immerso in questo ambiente, comincia ad imparare il mestiere e a conoscere nomi e le novità. Sono gli anni del successo crescente di Pierre Hermé, di Christophe Michalak al Plaza Athéné e di Christophe Felder al Meurice, che Jeffrey ammira. Sono anni eccitanti per la pasticceria, i cui esponenti a sorpresa si trasformano in star.
trend internazionali
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DALL’ESAGONO per lo Stivale (e oltre)
Domenico Biscardi ci conduce alla scoperta di novità e tendenze internazionali, anche al di là del perimetro francese
NUOVO MARCHIO inglese Con sede a Londra, Brik è un nuovo marchio di cioccolateria fondato e diretto da Raffaella Baruzzo, «ingegnere» del cioccolato, e dalla designer danese Kia Utzon-Frank. La direzione creativa trae ispirazione da materiali, consistenze e superfici architettoniche, che trasforma in abbinamenti cromatici e gustativi originali. Basandosi su ingredienti naturali, packaging senza materie plastiche e produzione attenta ai valori equi e solidali, Brik produce elementi tagliati a mano, per alcuni di essi addirittura con un lavoro che può durare vari giorni. Le materie prime sono ultraselezionate, come bergamotto di Calabria, rosmarino biologico con note agrumate dal sud Europa, tè matcha di Kyoto e cioccolato dell’Ecuador di Cardenas Chocolate. La Tile (piastrella, ndr), il prodotto iconico, è un oggetto di puro design: fatta a mano, incastonata con frammenti finissimi a contrasto e tagliata a mano, come si trattasse di alta gioielleria, si declina nelle versioni Terrazzo, Concrete, Marble e Charred Wood. I Domes, invece, sono semisfere di cioccolato, che accolgono al loro interno una meringa italiana ed una base di marzapane. Un prodotto grafico e materico allo stesso tempo, declinato tutto l’anno alla vaniglia o al lampone e limone, e stagionalmente al rabarbaro, yuzu e matcha, ciliegia, canella e noce e, per finire, al caffè ed arancia. Brik, che vanta già collaborazioni con Bonhams, Tom Dixon, il London College of Fashion e Selfridges, ha sviluppato anche un servizio di produzione su misura per aziende che desiderano tradurre in cioccolato i propri valori ed il proprio spirito. brik.site
DOLBEAU al Pavillon Ledoyen Dopo la partenza di Aurélien Rivoire, che ha da poco inaugurato la cioccolateria Alléno&Rivoire a Parigi (si veda lo scorso numero), il Pavillon Ledoyen ha accolto lo scorso novembre Nicolas Dolbeau (nella foto di Nicolas Lobbestaël) in qualità di pasticciere capo dei ristoranti di Yannick Alléno. Dopo aver lavorato a Nizza nei laboratori dell’hotel Le Negresco, egli ha fatto parte della brigata di Julien Dugourd nel bistellato La Chèvre d’Or a Èze, prima di raggiungere, a 29 anni, il gruppo Ducasse. Per quest’ultimo Dolbeau, originario di Tolosa, ha lavorato dapprima all’Alain Ducasse at The Dorchester a Londra, in qualità di sous-chef pâtissier, dove ha trascorso due anni, per poi ricoprire il ruolo di chef pâtissier éxecutif presso Alain Ducasse at Morpheus a Macao, in Cina. Dopo Camille Lesecq, Cédric Grolet e Rivoire, Dolbeau eredita ora il testimone dell’approccio innovativo e sperimentale alla pasticceria da ristorazione fortemente voluto da Alléno. yannick-alleno.com
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classici rivisti
I punti cruciali
Cottura a 160°C per 40 minuti. Nota Il craquelin è una preparazione a base di zucchero, burro e farina che si deposita sulla pâte à choux prima di infornarla e che, a fine cottura, conferisce croccantezza. Deve essere spalmata formando un disco della stessa forma del Paris-Brest, ossia con un foro al centro. La si può fare trasparente o aggiungendo altri ingredienti che apportano un colore differente, come in questo caso il cacao. Crema pasticcera al Coeur de Guanaja 80% latte intero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 317 panna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 63 bacca di vaniglia . . . . . . . . . . . . . . . . . n 1 tuorli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 57 zucchero semolato . . . . . . . . . . . . . . . . g 48 amido di mais . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 19 Coeur de Guanaja 80% . . . . . . . . . . . . . g 133 burro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 63 massa totale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 700 Realizzare una crema pasticcera classica. Aggiungere il burro al Coeur de Guanaja 80%. Raffreddare, lisciare e conservare a 4°C. Crema mousseline al grué di cacao crema pasticcera al Coeur de Guanaja 80% . g burro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g pralinato al grué di cacao . . . . . . . . . . . . g
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La ricetta classica della pâte à choux viene qui ripensata in chiave più morbida per via dell’uso del cacao in polvere, che tenderebbe a rendere l’impasto più secco . Anche la crema pasticcera è rivisitata, per accogliere il cioccolato 80% . Non montare eccessivamente la crema pasticcera per non appesantire il dolce . L’aggiunta di un pizzico di fleur de sel nel pralinato serve per conferire una buona “lunghezza” al palato .
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fleur de sel . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 1 massa totale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 691 Ammorbidire il burro, aggiungere pralinato e fleur de sel, poi montare leggermente. Unire la crema e montare per altri 30 secondi. Utilizzare immediatamente. Pralinato al grué di cacao mandorle grezze . . . . . . . . . . . . . . . . . g 152 grué di cacao . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 75 nocciole Piemonte intere . . . . . . . . . . . . g 72 zucchero semolato . . . . . . . . . . . . . . . . g 200 bacca di vaniglia . . . . . . . . . . . . . . . . . n 1 fleur de sel . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 2 massa totale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 501 Tostare la frutta secca per 20 minuti a 140°C. Tostare il grué di cacao per 12 minuti a 140°C. Realizzare un caramello a secco con la bacca di vaniglia, aggiungere frutta secca e grué e ricoprire. Far raffreddare e passare al mixer con il fleur de sel. Montaggio Tagliare gli choux in due parti. Farcirli con pralinato, scaglie di nocciole e fleur de sel. Procedere distribuendo con la sac à poche la crema mousseline. Decorare in cima con grué di cacao e pralinato al grué.
Jordan Talbot foto Maria Greco Naccarato
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il pensiero pesante
LA CULTURA
come materia prima Parte seconda: qualche suggerimento pratico
Parlando di “cultura come materia prima”, nella prima parte di questa riflessione ho inteso porre l’attenzione su un aspetto che, pur non potendo essere in cima alla lista di priorità per i professionisti del dolce o di altri settori artigiani, tuttavia meriterebbe maggiore riguardo. In questa seconda e conclusiva parte vorrei passare a una fase propositiva, individuando dei nodi su cui si può, se lo si desidera, lavorare concretamente. Come abbiamo visto, curare l’espressione del pensiero e l’esposizione del proprio lavoro dovrebbe diventare parte integrante dello stesso, perché l’artigiano contemporaneo è inserito in un contesto molto più complesso e articolato e, in generale, la sua figura è molto più “pubblica”, rispetto a un passato anche relativamente recente. Non si impara certo a parlare e scrivere da professionisti dall’oggi al domani, proprio come non si diventa cuoco o pasticciere (o falegname o tappezziere) con due settimane di corso: bisogna studiare e soprattutto bisogna leggere e fare pratica. Però è possibile, con un po’ di impegno, mettendo in atto piccole strategie e cambiando qualche abitudine, esprimersi in modo più articolato dando il giusto risalto alle specificità. Non si tratta di rivoluzionare gli approcci o seppellirsi in biblioteca: è, piuttosto, una questione di sfumature e di attenzione ad aspetti che si possono riassumere in una decina di punti.
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EVITATE LE FRASI FATTE Ci sono espressioni di per sé inoffensive ma il cui abuso dà un’impressione di dozzinalità e
Non si impara a parlare e scrivere da professionisti dall’oggi al domani, proprio come non si diventa cuoco o pasticciere con due settimane di corso impersonalità. Le frasi fatte sono l’equivalente linguistico dei sughi pronti, delle zuppe liofilizzate e dei bicchieri di plastica: vanno bene occasionalmente e possono fare comodo, ma usarli sempre sbilancia l’alimentazione e penalizza il contenuto. Il giornalismo ci costringe ad abbuffate di “oggi come oggi”, “nella splendida cornice”, “una gemma incastonata”, “volano di sviluppo”… per non parlare di “Belpaese”, “sapori e saperi”, “sapori e valori” e tutta la gamma dello stucchevole. Fra i peggiori cliché linguistici troneggiano quelli del “cucinese” televisivo e, su tutti, “andiamo a” seguito da un qualunque verbo (tagliare, infornare, impiattare…), invariabilmente abbinato a “la nostra/il nostro”, sovente guarnito da tipiche espressioni allungabrodo tipo “quello che è”, erroracci come “piuttosto che” usato come congiunzione e bizzarrie lessicali varie (“funghi piastrati”). L’intenzione di chi ha più o meno volontariamente introdotto la moda del profluvio di articoli e aggettivi, tanto nel linguaggio parlato quanto nei menù, era stimolare l’empatia e la complicità fra cliente e ristoratore (o fra spettatore e cuoco televisivo) e trasmettere l’amore che quest’ultimo profonde nel suo lavoro. Vuoi mettere la differenza fra “filetto di vitella” e “il
Considerare la cultura come un materia prima, cioè prestare al linguaggio l’attenzione che si dedica ai prodotti e alla tecnica, diventa importante quando si passa allo scritto Pasticceria internazionale 334
filetto della vitella” o fra “tagliatelle al ragù” e “le nostre tagliatelle al ragù”? Se questo si traduce anche in voci di menù logorroiche e convolute il risultato è un discorso plastificato, pesante, lezioso, condiscendente, autocompiaciuto, che può stimolare, per reazione, un eccesso di sintesi. In buona sostanza, limitare il più possibile l’uso di frasi fatte e cliché rende il discorso più naturale e spontaneo, e aiuta a comunicare la personalità e l’unicità del proprio lavoro.
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LIMITATE GLI ANGLICISMI Questo discorso non ha nulla a che vedere con l’autarchia linguistica, anzi bisogna prendere atto del definitivo ingresso nel parlare corrente di parole inglesi. E anche di quelle anglo-maccheroniche, come performante, realizzare (calco di realize) nel senso di “rendersi conto”, attitudine (calco di attitude) nel significato di “atteggiamento”, anziché in quello italiano di “predisposizione”. Perciò, non sto proponendo di sostituire pellicola a film, mescita a bar o polibibita a cocktail, ma di capire che esiste un momento in cui l’uso di un vocabolario settoriale e dinamico, aperto alle novità, sconfina nello sprezzo del ridicolo. Il punto principale da tenere presente è che infarcire il discorso di vocaboli banali come range, target, step, location, easy, cool, light, mission, soft, know-how… identifica il parlante come una persona che l’inglese non lo conosce per niente o quasi. È infatti risaputo che chi padroneggia una lingua straniera non sente il bisogno di esibirla senza necessità, proprio perché apprezza e vuole valorizzare la bellezza e l’espressività sia della propria lingua madre sia di quella acquisita.
spazio ai giovani
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FUTURO (IN)CERTO Ci spostiamo in terra partenopea per incontrare Nancy Sannino, 24 anni, cresciuta a suon di pane, ricotta di fuscella e confettura di pellicchielle. Una ragazza che la pasticceria la ama “per errore” e che oggi gestisce Celestina
Nancy, come è iniziata la tua storia nel mondo della pasticceria? Vi sono entrata… per un infortunio! Mi preparavo per diventare ballerina professionista ma, dopo 10 anni di studio, un incidente mi ha messo fuori gioco. Fu mia nonna a darmi una mano a superare il momento di sconforto quando, per distrarmi, iniziò ad insegnarmi le sue antiche ricette di pasticceria napoletana. La passione per i dolci mi prese, ma dopo il cuore serviva la ragione per comprendere le reazioni chimiche di quella che, sin da subito, mi sembrò un’arte pronta a sostituire la danza. Come si è sviluppato il tuo iter professionale? Ho iniziato a lavorare in due pasticcerie storiche napoletane, ma poi mi sono iscritta alla
Cast Alimenti, compiendo un percorso che mi ha portato alle 5 stelle, tanto desiderate, il giorno del diploma. Quindi ho svolto il mio tirocinio da Roberto Rinaldini, seguito da un’assunzione a tempo pieno e da qualche anno di intenso lavoro. Qual è stata l’esperienza formativa che più ti è servita per essere ciò che sei ora? Mi sono poi trasferita a Parigi, per me capitale della pasticceria internazionale, per un mese di prova come commis de pâtisserie da Yann Couvreur, a cui seguì l’assunzione. Nei miei giorni liberi facevo degli extra allo Hyatt Place Paris come responsabile del reparto eventi. E dopo 6 mesi sono stata nominata chef de poste del punto vendita di Couvreur alle Galeries Lafayette Gourmet. È l’esperienza che mi ha insegnato a guidare
una pasticceria come quella che ho ora. Cosa consigli ai giovani che vogliono aprire una propria attività? Di iniziare sempre da una solida formazione, di focalizzarsi sugli obiettivi e di procedere per gradi, senza bruciare le tappe. E di fare gavetta, soprattutto. Nel mio caso, dopo 6 anni lontana da casa, ho avvertito il bisogno di tornare nella mia città per esprimere tutto quello che avevo imparato in una modalità più personale. La pandemia mi ha offerto questa possibilità: fermarmi un attimo, studiare ancora e cercare la mia strada. Con la testa tra le nuvole: da qui il nome, Celestina, la pasticceria che ho aperto a Pollena-Trocchi, Na. Quando hai inaugurato? In una delle giornate clou per i dolci napoletani: il 19 marzo, quando le zeppole di San Giuseppe la fanno da padrone! Una partenza legata alla mia terra, ma mescolata con un’anima internazionale, sospesa tra Vesuvio e Torre Eiffel. Una pasticceria franco-napoletana, come è stata subito definita dagli appassionati. Qual è la tua filosofia? Non prevede una contrapposizione tra tradizione e innovazione. Non sono una
Celestina è la pasticceria che ho aperto a Pollena-Trocchi, Na, con la testa tra le nuvole ed un’anima internazionale, sospesa tra Vesuvio e Torre Eiffel. Una pasticceria franco-napoletana, come è stata subito definita dagli appassionati Pasticceria internazionale 334
altre prospettive
Semifreddo al whisky torbato invecchiato 10 anni, ricoperto con fondente, nocciole e fave di cacao, servito in una nuvola di fumo di legno di ciliegio
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le forme della praticità
FRITTI SALATI scelta proficua
Una parte della pasticceria salata che attrae e fidelizza per il gusto, l’appeal appetitoso e la croccantezza, da valorizzare seguendo i consigli di Alessandro Racca
Triangolini (nachos) di mais con tris di salse pronte per l’asporto. In alto, Alessandro Racca, chef e pasticciere nel negozio di famiglia a San Bartolomeo al Mare, Im.
In questo numero parliamo di specialità come chiacchiere, bigné e triangolini (nachos) di mais, farciti di creme a base di formaggi e di verdure, che ne esaltano la sapidità: una proposta apprezzata e un’opportunità reale di ulteriori entrate. Sono queste in sintesi le caratteristiche dei fritti salati, ottimi d’inverno e assai graditi per la loro bontà, anche se non è così frequente trovarli di qualità, per la loro croccantezza e la capacità di soddisfare palato e senso di sazietà. SAPIDITÀ ALTERNATIVA “Si tratta di preparazioni alternative rispetto a pizza, focaccia o torta verde (come si usa da noi in Liguria), meno scontate e quindi più interessanti – esordisce Alessandro Racca, chef e pasticciere nel negozio di famiglia a San Bartolomeo al Mare, Im –. Sono creazioni non solo adatte alla stagione ma anche di ricorrenza, per Carnevale ad esem-
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pio, che alla loro prima apparizione dell’anno, in negozio, sorprendono sempre i clienti che ne colgono l’aroma, le vedono e si lasciano tentare. Sono golosità fritte, ma non per questo così impegnative: le friggiamo in olio di oliva, pregiato ma dal sapore più delicato rispetto all’olio EVO, più indicato per gli usi a freddo. Il fatto di poterle servire calde perché appena fatte può essere un plus? “Non necessariamente – dichiara –. Prendiamo ad esempio i bigné salati: una volta pronti, li mettiamo in vetrina accanto ai salatini, fatti freschi tutti i giorni, e da lì di volta in volta li serviamo. Come quelli dolci anche i salati sono piccoli e tondeggianti, ma ripieni di crema a base di formaggio o di salsa Mornay (bianca come la besciamella, arricchita di panna e uova) e si prestano ad essere consumati da soli o intinti in salsine varie, a base di formaggio, grana a caglio vegetale, gorgonzola o mascarpone, o di verdure come pomodori e peperoni”.
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visual marketing
PROGETTI
per la primavera L’anticipazione delle tendenze di primavera/estate è l’occasione per riflettere con Maria Teresa Pelosi sull’efficacia della valorizzazione delle vetrine, in base allo studio dell’ambiente e allo stile del negozio
All’inizio del nuovo anno, circondati da freddo e cieli nelle mille sfaccettature di grigio, si guarda ai mesi a venire come una promessa di luce e tepore, alla prossima stagione che riporterà la tanto attesa ripresa. Nulla è più evocativo del passaggio stagionale dello schiudersi di un fiore che spazza via l’inverno e i suoi toni tra il bianco dell’alba e il buio della sera. Ed è sul tema dei fiori, di campi fioriti che si distendono sulle carte, caratterizzano gli oggetti e riempiono di atmosfera le vetrine, che si incentrano le immagini di tendenza della primavera/estate, messe in rilievo da Maria Teresa Pelosi, scenografa d’ambienti ed esperta di packaging creativo. Un tema che in parte si ispira ad alcune ambientazioni dell’anno scorso di gusto campestre e romantico, per svilupparle focalizzandosi sui toni dei rosa-lilla, gialli-arancio-rosati, rossi porpora-rosati e rosati-verdi-azzurri. Ovunque, il leitmotiv del rosa nelle varie nuance: pastello, rosa carne, rosa antico e tendente al viola, delicato e vivace al tempo stesso.
SPUNTI CAMPESTRI PERSONALIZZATI Sono le distese fiorite, espressioni di atmosfere che ispirano a una vita a contatto con la natura, in uno scenario poetico e un po’ naïf, che la nostra scenografa di interni vuole portare negli spazi espositivi del negozio. Per infondere energia positiva con una nota bucolica, che richiama gli idilli pastorali della letteratura classica e della musica tra Seicento e Settecento, con l’adattamento che di queste tendenze fa l’esperta. Modula l’allestimento in base al tipo di ambiente, se tradizionale o moderno, tecnologico o basico, ricco di colori o molto bianco, in cui costruire al meglio la nuova visione di primavera. Vediamo quindi come, schematizzando, si sviluppa il moodboard delle tendenze P/E elaborato in esclusiva per noi da Monaco di Udine. “Partiamo da come i motivi e i colori vivaci del pannello 1 possano caratterizzare un ambiente bianco o dai toni neutri – esordisce la Pelosi –. Oltre all’utilizzo di carte che riprendono questo universo floreale, risaltano in forma di citazione dei macro fiori (come quello in foto con lei), realizzati per comunicare con forza l’atmosfera di primavera, e collocati ad arte in tinta unita o a contrasto, per valorizzare le nuove linee di prodotti di pasticceria o di confetteria.
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marketing
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BREAKFAST IN HOTEL
Il ricordo più dolce: come conquistare gli ospiti con una colazione a regola d’arte La colazione è il pasto più importante della giornata. Lo dicono da sempre i nutrizionisti e lo stanno imparando bene ora anche gli albergatori, al punto da trasformare il breakfast da semplice e costoso servizio aggiuntivo ad elemento differenziante e strategico per attirare, stupire e fidelizzare la clientela. D’altronde, sono i numeri a parlare da soli. Secondo i dati riportati da Hotels.com, su 100 viaggiatori ben 64 considerano la colazione in hotel una delle discriminanti principali in fase di prenotazione, cioè quell’elemento che fa la differenza in termini di valutazione e che va a influire in maniera importante sulla scelta finale: se prenotare il proprio soggiorno in un hotel al posto di un altro. Questi viaggiatori leggono, si informano e si creano un’opinione sulla base delle recensioni lasciate da chi quell’hotel l’ha già scelto per il proprio weekend di relax, di vacanza in famiglia, di viaggio per lavoro. E di quelle recensioni che leggono, almeno un 70% tocca proprio il tema della colazione. Lo sa bene il Park Plaza Westminster Bridge di Londra, l’hotel che
ha ottenuto quasi 5.400 recensioni positive per la prima colazione che offre agli ospiti. Recensioni in cui si fa spesso menzione della grande varietà della proposta food & beverage, capace di soddisfare i palati più esigenti, anche quelli dei più piccoli. Da citare anche la presenza di un Illy Caffè, bar aperto tutti i giorni dalle 7 di mattina alle 18, che affianca la proposta della colazione in hotel con una proposta semplice ma di qualità, ideale per snack e pranzi veloci on the go. Perché succede tutto questo? Com’è mai possibile che la colazione in hotel sia diventata nel tempo così importante? La risposta è abbastanza semplice a pensarci: si tratta di un ricordo dolce che l’ospite della struttura crea e custodisce nella mente. Se poi questo ricordo riesce a prendersi un posto nel cuore, tanto meglio: vuol dire che si è lavorato bene. BUFFET LIBERO: LA FORMULA PIÙ AMATA Gli albergatori più “bravi” in questo senso sono quelli che riescono a fare breccia con una proposta variegata, con un buffet allestito a
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tecnologie alimentari
RIDURRE LO ZUCCHERO
sfida ardua ma possibile
L’utilizzo di dolcificanti è solo una delle varie strategie da adottare per andare incontro all’esigenza di impiegare meno zucchero nei prodotti. Scopriamole insieme, facendo chiarezza su cosa si intende in effetti per zucchero e mettendo in risalto le varie regole di etichettatura
Da una parte sappiamo bene che un eccesso di zucchero nell’alimentazione è da evitare perché può predisporre a obesità, diabete e carie dentaria. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) non dovremmo superare il 10% delle calorie giornaliere attraverso l’assunzione di zucchero (mediamente 50 g), e meglio ancora sarebbe dimezzare questa quantità. Dall’altra parte, lo zucchero è un ingrediente essenziale in pasticceria: non si limita a conferire il gusto dolce, ma svolge tutta una serie di funzioni determinanti per la struttura e consistenza dei prodotti, lo
sviluppo di colore e aroma, la conservabilità, la capacità di trattenere acqua. Toglierlo o diminuirlo costituisce perciò una sfida, da affrontare su più fronti, tenendo cioè in considerazione aspetti di tecnologie alimentari, nutrizione e salute, legislazione e, ancora prima, facendo i conti con il gradimento dei consumatori. Se per alcuni dolci si può intervenire riducendo la quantità di zucchero rispetto alla ricetta originaria, nella maggior parte dei casi esistono limiti tecnologici per cui occorre adottare un approccio differente. In genere si tratta di riformulare la ricetta sostituendo lo zucchero con ingredienti diversi, ma esistono altre strategie più o meno efficaci a seconda del tipo di prodotto e del risultato che si vuole ottenere. QUESTO O QUELLO (QUASI) PARI SONO Prima di addentrarci tra le possibili strategie, per evitare fraintendimenti è doveroso chiarire cosa si intende per zucchero. Nella pratica il termine indica quello comune proveniente da barbabietola o canna da zucchero. È costituito totalmente da saccarosio, un disaccaride composto da una molecola di glucosio e una di fruttosio legate fra loro. Quando le autorità sanitarie raccomandano di ridurne l’assunzione non fanno però riferimento solo al saccarosio, ma a tutti gli zuccheri liberi aggiunti ad alimenti
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e bevande, quali monosaccaridi (fruttosio, glucosio), miele, sciroppi (d’acero, agave) e concentrati di frutta ricchi di zuccheri, mentre sono esclusi dal computo frutta, verdura e latte tal quali, nonostante contengano zuccheri. Ridurre lo zucchero in una ricetta significa dunque ridurre la quantità di tutti gli zuccheri liberi di cui sopra, compresi i vari grezzi, integrali, di palma e via dicendo. È vero che gli zuccheri integrali contengono anche minerali, vitamine e altri composti interessanti sul piano salutistico, ma in quantità trascurabile. È vero anche che alcuni zuccheri “alternativi”, come ad esempio quello di palma e lo sciroppo di agave, hanno un indice glicemico (= misura della velocità di aumento della glicemia) più basso di quello del saccarosio per via del maggiore contenuto di fruttosio (che alza meno la glicemia), tuttavia non si può non considerare che un elevato consumo di questo monosaccaride (il fruttosio) in forma di zucchero libero (quindi non nella frutta) è associato a problemi di salute. Ricordiamoci poi che stiamo parlando di zucchero come ingrediente, quindi è l’indice glicemico del prodotto nel suo insieme a dovere essere misurato. Insomma, anche se molti zuccheri “alternativi” sono circondati da un’aura salutistica che a livello di marketing viene sfruttata con successo, il loro impiego al posto dello zucchero tradizionale non porta a differenze in termini di dichia-
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ricerca scientifica
DAL MONDO
della ricerca scientifica BATTERI LATTICI PER COMBATTERE I MICRORGANISMI INDESIDERATI Da tempo sono conosciute le proprietà antimicrobiche dei LAB (Lactic Acid Bacteria), ma negli ultimi anni la ricerca scientifica è cresciuta notevolmente in risposta all’esigenza di disporre di strategie clean label e poco invasive per garantire la sicurezza degli alimenti e prolungarne la shelf life. Oltre a competere per i nutrienti e lo spazio a disposizione per crescere, è soprattutto grazie a sostanze proteiche denominate batteriocine, acidi organici (come il lattico) e alcune piccole molecole (diacetile, acetaldeide, acetoina, reuterina, acqua ossigenata) che i LAB riescono a inattivare altri microrganismi, in particolare patogeni e degradativi. Le batteriocine sono considerate una efficace alternativa all’impiego di additivi conservanti, soprattutto se si segue l’approccio hurdle technology (= tecnologia a ostacoli): impiego di più strategie in serie (trattamenti termici blandi, confezionamento in atmosfera protettiva...) per ottenere il massimo effetto senza stravolgere le caratteristiche originarie dell’alimento. Mentre diversi ceppi di LAB possono essere aggiunti agli alimenti per tenere a bada i microrganismi dannosi e alterativi (bioprotezione), l’unica batteriocina autorizzata dall’Unione europea e dall’FDA americana è la nisina, proteina che agisce destabilizzando la membrana citoplasmatica dei batteri, determinandone così la morte. Per il futuro, gli autori del lavoro qui riassunto auspicano la selezione di nuovi ceppi di LAB che, oltre all’azione bioprotettiva nell’alimento, siano anche probiotici, in modo che possano esplicare parallelamente un effetto positivo sulla salute umana. (Rif. Ibrahim S.A. et al., Lactic Acid Bacteria as Antimicrobial Agents: Food Safety and Microbial Food Spoilage Prevention (review), Foods 2021, 10, 3131)
PRODURRE PLASTICA DALL’ANIDRIDE CARBONICA Ci sono riusciti i ricercatori del Fraunhofer Institute for Interfacial Engineering and Biotechnology IGB, sviluppando un procedimento che prevede due fasi: 1) trasformazione della CO2 in metanolo e acido formico mediante reazioni chimiche; 2) utilizzo di questi composti come “cibo” per i microrganismi, i quali danno così origine ad altri composti che costituiscono i “mattoni” di partenza per la produzione di plastiche. La metodica, applicabile anche alla produzione di molecole di interesse alimentare (ad esempio, gli aminoacidi), permette di migliorare l’impronta di carbonio dei prodotti rispetto a quelli da metodi tradizionali, oltre a richiedere meno energia e a non impiegare solventi tossici. Il punto forte è l’abbinamento tra la fase di sintesi chimica e la fase biotecnologica, quest’ultima basata sull’impiego di microrganismi geneticamente modificati quali batteri metilotrofi (Methylorubrum extorquens AM1) e lieviti. Il team di ricerca sta lavorando sull’intera catena di produzione, compresa la modificazione genica e il trasferimento del processo dal laboratorio a impianti più grandi. Occorreranno, tuttavia, almeno 10 anni per arrivare ad una produzione su scala industriale.
FIBRE ALIMENTARI DA SCARTI DI BIRRA: PIACCIONO AI CONSUMATORI? La risposta è: dipende dal tipo di prodotto a cui sono aggiunte. Questo, in sintesi, l’esito di un recente lavoro pubblicato sulla rivista scientifica Foods, che ci fa capire quanto sia importante valutare un nuovo ingrediente testandone accettabilità in più prodotti, senza generalizzare. L’ingrediente in questione è il malto esausto, sottoprodotto del processo di birrificazione che si presta all’impiego come ingrediente funzionale, contenendo il 30-50% di fibre, il 19-30% di proteine e il 10% di lipidi in peso secco. Gli autori della ricerca hanno aggiunto farina di malto (d’orzo e mais) esausto a pasta, pane e cioccolato al latte in quantità tale da poterla indicare con la dicitura di “fonte di fibra”. Dai risultati dei test sensoriali si evince un’accettabilità per pasta e pane arricchiti simile a quella delle controparti non arricchite, mentre per il cioccolato arricchito è emersa una minore propensione all’acquisto rispetto a quello tal quale. Probabilmente, oltre a gradirlo meno, i consumatori non hanno ben compreso la funzionalità salutistica di questo cioccolato. (Rif. Arcia P. et al., Sensory Features Introduced by Brewery Spent Grain with Impact on Consumers’ Motivations and Emotions for Fibre-Enriched Products, Foods 2022, 11, 36)
Bioreattore contenente biomassa di batterio metilotrofo M. extorquens AM1 (Fraunhofer IGB).
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fronte bar
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LA REGOLAZIONE della macinatura… questa sconosciuta! In veste sia di clienti che di addetti ai lavori, vi sarà già capitato di sentire qualche barista che, di fronte ad un espresso mal preparato, abbia esclamato: “lo so, mi spiace, ma sa… il tempo è cambiato: con questo meteo così pazzo il caffè proprio non si riesce a regolare!”. Oppure, ancora peggio, che la sua risposta sconsolata fosse: “sì, è colpa della macinatura. Ma sa, mi hanno detto di non toccarla!”. Questi sono solo due esempi, ma potrei citarvene almeno altri 10, nei quali la cattiva riuscita dell’espresso, secondo il barista, non è determinata da un suo errore o mancanza, ma da fattori esterni di cui lui non è responsabile. Un po’ come se il pasticciere che fa i croissant bruciati desse la colpa al forno che aveva una temperatura troppo alta! Fatta questa banale ma importante premessa, dovete sapere che, a patto di utilizzare una materia prima di qualità, il 97% delle cause che determinano una errata estrazione di un espresso sono riconducibili ad errori, mancanze o distrazioni del barista. La regolazione della macinatura è l’attività più importante che coinvolge il barista nello svolgimento del suo lavoro.
Indicazione della regolazione digitale in micron.
È attraverso la granulometria del caffè che, prevalentemente, determiniamo il tempo di contatto con l’acqua e, di conseguenza, le sostanze che questa riesce a sciogliere dal caffè per trasferirle in tazzina. Ricordatevi che il rapporto tra caffè macinato e quantità di espresso in tazza o brew ratio deve rimanere invariato in fase di regolazione della macinatura. Altrimenti, se ulteriori variabili entrano in gioco, diventa davvero difficile decidere quale sia la granulometria corre ta! Anche se può sembrare difficile, può aiutare riportare il concetto di regolazione della macinatura ai tempi dell’infanzia, di quando giocavate con la sabbia al mare: più sabbia avevate nel vostro setaccio e più difficilmente l’acqua riusciva ad attraversarla. Invece, più sassi c’erano e più rapido era il suo passaggio. Quindi, più la macinatura è fine e più tempo impiegherete per ottenere il vostro espresso, diciamo oltre i 30’’, mentre un’erogazione inferiore ai 15-18” è causata da una macinatura troppo grossa. È importante anche l’utilizzo della corretta terminologia: non si dice troppo spessa, piccola, doppia… o altri aggettivi. Siccome si parla di polvere di
Ghiera di regolazione manuale micrometrica.
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in ascolto
Noi Voi per
4.0
Brillante direttore di SigepGiovani, formatore e divulgatore, Samuele Calzari risponde ai vostri dubbi e quesiti.
Buongiorno, vorrei sapere se esiste un metodo di calcolo per avere il cioccolato alla percentuale desiderata, quando non abbiamo esattamente quello riportato in ricetta. Grazie Luca, Livorno Buongiorno Luca, esiste un metodo che è alla base di quella che viene definita croce di Sant’Andrea. Concretamente, nel caso specifico, si tratta di: 1 stabilire l’obiettivo, ovvero la % di cioccolato desiderata 2 calcolare la differenza tra la % del cioccolato nostro obiettivo e la % più bassa del cioccolato che abbiamo a disposizione 3 calcolare la differenza tra la % più elevata del cioccolato che abbiamo a disposizione e quella che abbiamo come obiettivo 4 sommare i due risultati 5 esprimere in % i due valori riproporzionati.
ESEMPIO 1 Dobbiamo utilizzare del cioccolato al 60% ma disponiamo solo di cioccolato al 55% e al 70% 2 60-55=5 3 70-60=10 4 10+5=15 5 5/15 e 10/15 Otteniamo 33,3% e 66,6% (numero periodico). Questo vuol dire che, per la nostra ricetta, dovremmo utilizzare il 33,3% di cioccolato al 55% + il 66,6% di cioccolato al 70%.
Buongiorno, sono alla ricerca della ricetta di un dolce tipico del Tirolo, che ho assaggiato due anni fa. Si tratta di una sorta di frittella arrotolata, servita normalmente con confettura. Lo conosce? Grazie Lucrezia, Padova Buongiorno Lucrezia, immagino lei parli degli Strauben. La parola Straub in tedesco significa “storto” e, nel caso specifico, si tratta di frittelle tipiche del Trentino Alto Adige e del Tirolo. Una volta realizzata la pastella, che risulterà molto liquida, si inserisce in un sac à poche o, tradizionalmente, in un imbuto simile ad un colino cinese e l’impasto va fatto cadere nell’olio bollente per la frittura.
Strauben farina latte burro fuso uova grappa
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g g g n g
400 500 50 6 50
Inserire tutti gli ingredienti in planetaria (o ancora meglio in un frullatore). Impastare fino ad avere un composto omogeneo ma molto liquido. Farlo colare con l’apposito imbuto o, in alternativa, con sac à poche con bocchetta liscia piccola, nell’olio bollente e friggere. Servire gli Strauben cosparsi di zucchero a velo e confettura di frutti di bosco. Per la videoricetta https://youtu.be/HNp8Rp-46Eo Samuele Calzari samuelecalzari.com
RED HEARTS Ganache montata Malibu panna g 473 cioccolato bianco Zéphyr 34% g 166 massa di gelatina g 28 rum Malibu g 133 totale g 800 Bollire 1/4 della panna, sciogliere la massa di gelatina e preparare una ganache con il cioccolato bianco. Aggiungere la panna restante con un frullatore a mano e unire il rum Malibu. Lasciare riposare per una notte e montare fino alla giusta consistenza. Dacquoise al cocco albumi g 149 zucchero g 122 cocco tostato ed essiccato g 90 mandorle in polvere g 60 zucchero a velo g 50 farina g 30 totale g 500 Montare zucchero e albumi. Setacciare zucchero a velo e farina e mescolare con le polveri di mandorle e cocco. Versare delicatamente la meringa nella miscela di polveri, amalgamare e cuocere a 190°C. Confit di lamponi purea di lamponi g 279 zucchero g 55 g 5 pectina NH succo di lime g 11 totale g 350 In una casseruola scaldare la purea di lamponi fino a 40°C. Unire lo zucchero e la pectina NH e incorporare la miscela nella purea, sempre montando. Portare ad ebollizione per 30 secondi, aggiungere il succo di lime e lasciare raffreddare.
Mousse di lamponi purea di lamponi g 227 albumi pastorizzati g 57 zucchero g 57 mix di gelatina g 39 panna fresca g 220 totale g 600 Cuocere lo zucchero con un po’ d’acqua a 120°C. Montare gli albumi a neve morbida, poi versarvi lentamente lo sciroppo sempre montando. Portare 1/4 della purea a 80°C, a parte sciogliere il mix di gelatina e aggiungerlo, riducendo la temperatura a 30°C. Mescolare la purea con gli albumi montati. Montare la panna a neve morbida e incorporarla nel composto precedente. Montaggio ganache montata Malibu g 20 mousse di lamponi g 20 dacquoise al cocco g 10 confit di lamponi g 15 Pavodecor Cuori Eclair PR009 g 5 cocco g 2 lamponi freschi g 15 spray al burro di cacao rosso g 1 totale g 88 Cuocere la dacquoise al cocco a 190°C per circa 10 minuti in una teglia 60x40 cm. Stendervi sopra il confit di lamponi e abbattere. Montare la ganache, distribuirla sul confit e abbattere. Tagliare l’inserimento ottenuto in pezzi da 9x2 cm e riporli nuovamente in congelatore. Trasferire la mousse di lamponi nello stampo Confy PX4351S, collocare anche l’inserimento e abbattere. Estrarre dallo stampo l’elaborato e spruzzare con spray al burro di cacao rosso. Rifinire come da foto. Frank Haasnoot per Pavoni Italia pavonitalia com
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TuttoGelato
LA CULTURA
della bontà e dell’accoglienza Nella carrellata di queste pagine, alcune delle tante proposte che gli chef hanno presentato nella rubrica “Gelati Stellati”. Per fruire delle ricette, e di tutti gli altri articoli, è sufficiente scaricare i magazine da www.tuttogelato.it Convinti più che mai che la “nuova normalità” tanto citata vada vissuta con estrema elasticità, resilienza e tanto ottimismo, a cinque anni dalla nascita del nostro magazine TuttoGelato, eccoci pronti per una nuova grafica, nuovi contenuti e quella nuova energia che il gelato artigianale italiano merita, essendo alimento imprescindibile, non solo perché è fra i più golosi comfort food, ma specialmente perché è capace di gratificare e rallegrare, rispondendo alle esigenze multiformi dei consumatori: è buono, è sano, è sostenibile, è accessibile ed è versatile (dal free from e ben oltre). Una “bontà trasparente” che va valorizzata e raccontata lungo tutta la sua filiera, proprio come amiamo fare nelle pagine di TuttoGelato, mettendo in evidenza anche tematiche importanti, che possano far riflettere ed agire.
IL SENIGALLIA-BREST SVELA LA PREDILEZIONE DI MAURO ULIASSI E DEL SUO PASTRY CHEF, MATTIA CASABIANCA, PER I GUSTI DECISI, ANCHE IN TERMINI DI GELATO. PRESSO IL TRISTELLATO ULIASSI DI SENIGALLIA, AN, QUESTO PIATTO È ISPIRATO ALLA PARIS-BREST, IL CLASSICO CREATO A FINE ‘800 DAL PASTICCIERE LOUIS DURAND PER CELEBRARE LA CORSA CICLISTICA. DUE LE VERSIONI: IN FORMA DI BIGNÉ, CON CHANTILLY ALLA VANIGLIA TAHITI O CON INSERIMENTO DI GELATO ANCH’ESSO ALLA VANIGLIA. UNA DOPPIA PROPOSTA CHE UNISCE DOLCEZZA E SAPIDITÀ, ACIDITÀ E TOCCO AMARO, CREMOSITÀ E CROCCANTEZZA, IL TUTTO RESO PIÙ VIVACE DALLA FRESCHEZZA DELLA VERSIONE CON LA QUENELLE. NELLA FOTO IN COPERTINA, IL VARIOPINTO ENTREMETS GLACÉ PRESENTATO DALL’ITALIA ALLA COUPE DU MONDE 2021. ANCHE GRAZIE A QUESTO CAPOLAVORO, LA NOSTRA COMPAGINE HA CONQUISTATO L’ORO.
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ricette
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composta di bucce e polpa di mandarini . . . g 120 composta di bucce e polpa di arance . . . . . g 60 zuccata* a piccoli cubetti . . . . . . . . . . . . g 80 uvetta sultanina rinvenuta nel vino Marsala . g 90 zucchero semolato . . . . . . . . . . . . . . . g 140 arancia non trattata . . . . . . . . . . . . . . n 1 mandarini non trattati . . . . . . . . . . . . . n 3 cardamomo in polvere . . . . . . . . . . . . . g 1 bacca di vaniglia . . . . . . . . . . . . . . . . n 1 cannella in polvere . . . . . . . . . . . . . . . g 3 sale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g qb Selezionare i fichi secchi e portarli ad ebollizione in acqua salata (calcolando circa 10 g di sale per 1 litro d’acqua). Rimuovere loro il peduncolo e lessarli, aggiungendo arancia e mandarini tagliati a metà (di entrambi gli agrumi si utilizzano polpa e scorza grattugiata). Scolare i frutti lessati, farli raffreddare, tritarli e miscelarli bene con tutti gli altri ingredienti. *La zuccata è un ingrediente tipico della pasticceria siciliana, ottenuto con zucca, zucchero e cannella.
Montaggio Formare dei cordoni da 500 g con la pasta frolla, allungarli e stenderli, aiutandosi con un mattarello, per ottenere dei rettangoli spessi. Collocare su ciascuno 500 g di farcia, avvolgerla nella pasta frolla e rotolarli su se stessi formando dei cilindri. Unire le estremità e “pizzicare” con l’attrezzo speciale, dando ai buccellati un aspetto gradevole. Spennellare con uovo e infornare a 170°C. Appena cotti, farli raffreddare, spennellare con confettura di albicocca e decorare a piacere, per esempio con pistacchi e scorzetta d’arancia o con frutta candita a fette. Per creare dei piccoli buccellati o cucciddatieddi (qui accanto in foto), è consigliabile formare dei cordoni da 250 g con la pasta frolla e prevedere per ciascuno 250 g di farcia, formando dei cilindri da circa 6 cm di diametro. Anche in questo caso, unire le estremità e “pizzicare” con l’attrezzo speciale. Tagliare delle losanghe, spennellare con uovo e infornare a 170°C. Appena cotti, farli raffreddare e servirli spolverandoli con zucchero a velo vanigliato o glassarli con zucchero fondente e rifinirli con “capellini” in zucchero colorati. Giuseppe Giuliano giuseppegiuliano.org foto Giovanni Vernengo
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102 ricette
APE? Frolla Tanzania farina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 500 burro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 200 sale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 7,5 zucchero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 20 uova . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 100 cioccolato Tanzania . . . . . . . . . . . . . . . g 50 acqua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 50 Mettere in planetaria con foglia burro, cioccolato (sciolto e raffreddato a 23°C) e farina. Sabbiare, poi aggiungere le uova e infine zucchero e sale. Stendere a circa 1-2 mm e copparla formando dei cerchi. Cuocere a 165/175°C in forno statico, valvola aperta, per circa 10 minuti. Burro montato alle acciughe e caffè burro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g caffè . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g acciughe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . n Mettere il burro a marinare sottovuoto con il caffè per 3 giorni. Trasferire il burro pomata marinato in planetaria con la frusta e semi montarlo. Quindi introdurre parte delle acciughe ridotte in polpa e parte tagliate grossolanamente. Continuare a montare.
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Cioccolatino allo spritz cioccolato Alto El Sol 65% . . . . . . . . . . . g 200 Aperol . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 70 Prosecco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 100 caffè . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 15 gomma xantana . . . . . . . . . . . . . . . . . . qb Dipingere lo stampo per cioccolatini con burro di cacao temperato e colorato. Una volta asciutto, fare la camicia di cioccolato temperato e lasciare stabilizzare. Preparare nel frattempo il ripieno, frullando insieme in una caraffa, Aperol, Prosecco, gomma xantana e caffè. Riempire i cioccolatini e chiudere. Caffè shakerato all’eucalipto tazzine di caffè espresso . . . . . . . . . . . . . n 4 ghiaccio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . qb panna 35% mg . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 20 goccia di essenza di eucalipto . . . . . . . . . n 1 Mettere tutti gli ingredienti nello shaker e agitare molto bene, fino ad ottenere una schiuma densa. Luca Spataro ex studente Ifse ifse .it foto Saverio Pisano
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finché c’è dolce c’è speranza
IL GIORNALISTA
che ha dato del “tu” al Presidente
Garbato, gentile e sorridente. Con questi tre aggettivi si può descrivere il giornalista e scrittore Michele Cucuzza, che ci racconta la sua classifica dei dolci preferiti
Siciliano classe 1952, Michele Cucuzza ha condotto il TG2 dal 1988 al 1998, anno in cui viene promosso alla conduzione de “La vita in diretta”, rotocalco pomeridiano che si occupa di attualità e cronaca. Questo programma, che guiderà sino al 2008, ne consacra la popolarità per il suo modo delicato di entrare nelle casa degli italiani. Diverse saranno poi le esperienze che farà, sia in tv sia sulla carta stampata, per quotidiani e casa editrici. Attualmente fa spola tra la conduzione del Tg su una emittente siciliana ad ospitate in tv come opinionista. Ma con la cucina che rapporto ha? È goloso? Quale aneddoto della sua carriera ricorda con più piacere? Ti ritieni una persona golosa? Sono goloso ma mi trattengo e, ahimè, cerco di non esagerare per non perdere quell’equilibrio corporeo che, ad una certa età, bisogna mantenere [sorride]. Per quanto riguarda i dolci, ho una classifica personale: al primo posto ci sono i cannoli siciliani con cialde rivestite al cioccolato, granella di pistacchio e ricotta, rigorosamente siciliana,
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con canditi. Al secondo, il babà napoletano classico, ma mi piace anche nelle varianti con crema chantilly e con panna. Un tuo pranzo ideale quale menù prevede? Mi piace molto il pesce nelle sue diverse preparazioni e apprezzo anche il crudo, quindi in un mio pranzo ideale non può mancare. Come primo, però, sceglierei la pasta alla Norma siciliana, magari poi una caponata come contorno e come frutta i fichi d’India, che non si trovano sempre per la stagionalità, ma mi piacciono tanto e, se potessi, li mangerei sempre. Come bevanda amo il Prosecco, che gusterei accompagnandolo a tutte le pietanze. Tornando ai dolci, dice una locuzione “Chi si accontenta si perde il dessert”: tu ti accontenti o vai fino in fondo? Dipende dalle situazioni e dalla posta in gioco. In molte cose mi accontento e riesco a contenermi. Se volessi fare un esempio, posso dire di essere goloso, ma con moderazione. Per non esagerare, invece di mangiare 6 cannoli a settimana, ne mangio uno solo, perché ciò ha a che fare anche con la sfera
della salute. Per quanto riguarda il lavoro, vado fino in fondo e mi impegno molto per raggiungere i miei obiettivi. Chi avresti voluto o vorresti intervistare e perché? E quale intervista ti è rimasto più impressa? Ce ne sono tanti che ho intervistato, di cui conservo un buon ricordo. Ma se dovessi scegliere, non posso non citare l’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, che intervistai nel 1980. Ero un giovane speaker di Radio Popolare agli inizi della carriera, lui doveva intervenire al Castello Sforzesco a Milano e lo intercettai per caso, chiedendogli se potevo fargli qualche domanda. Fu subito gentile e disponibile, ma mise un veto: mi avrebbe risposto solo se gli avessi dato del TU, chiamandolo Sandro. E quindi, quasi tremante, con le tv ed i fotografi che erano intanto accorsi a riprendere l’evento, gli posi qualche domanda dandogli del TU. È stata un’esperienza che ancora oggi mi porto dietro con grande emozione! Nel 2020 hai partecipato come concorrente al “Grande Fratello Vip”, definendolo un esperimento sociale e intergenerazionale.
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libri
Gelatiere figlio d’arte, formatore ed esperto di marketing, Roberto Lobrano presenta L’ARTE DEL GELATO, 100 ricette per tutto l’anno (slowfoodeditore.it - pag. 223 - € 29), che si apre con il Glossario delle tecniche e degli ingredienti ed è suddiviso in quattro parti corrispondenti alle stagioni, con 100 ricette: due per ciascuno dei 48 gelatieri coinvolti, e quattro, una per stagione, dello stesso autore. Delle due di ogni artigiano, una è creata ad hoc per il volume “per rappresentare la cifra artigianale, l’inventiva e la capacità di utilizzare ingredienti freschi, sostenibili e di eccellenza di ogni momento dell’anno, mentre la seconda rimanda alla tradizione ed è riproducibile in casa”, precisa Lobrano. Il libro si configura come “un progetto per celebrare la ricchezza della stagionalità e della biodiversità italiana attraverso l’arte del gelato artigianale, facendone capire al tempo stesso la complessità e la semplicità”.
E.B.
I dolci sono la grande passione di Michel Roux, fondatore di The Waterside Inn di Bray-on-Thames, UK, tre stelle Michelin. Con DESSERT (guidotommasi.it pag 288 - € 20), affronta l’argomento con sguardo leggero e innovativo, presentando classici rivisitati e ricette contemporanee, pensate per soddisfare il gusto odierno, più delicato e fresco. L’autore ha creato nuove armonie e combinazioni di colori, sapori e consistenze e ogni capitolo è incentrato su un tipo di dessert. Le ricette, spiegate passo a passo, guidano il lettore attraverso le specifiche delle tecniche con un corredo di fotografie di Martin Brigdale.
Sono state messe a punto da 10 nomi le ricette riunite ne LA GRANDE PASTICCERIA SALATA - 40 proposte per aperitivi, lunch e brunch firmate da 10 Maestri dell’arte bianca - 6 video ricette (gamberorosso. it - pag. 144 - € 18). Attraverso la creatività di Lucca Cantarin, Francesca Castignani, Giovanni Cavalleri, Denis Dianin, Gino Fabbri, Stefano Laghi, Iginio Massari, Walter Musco, Paolo Sacchetti e Vincenzo Santoro, il volume raccoglie la sfida di portare la tecnica pasticcera nel mondo del salato. Complice la pandemia, si è aperta la strada a nuove abitudini di consumo intercettate da molti professionisti che sono riusciti ad avvicinare un pubblico nuovo, cogliendo l’opportunità di diversificare l’attività. Largo dunque a mignon salati e biscotteria, finger in bicchiere e lievitati fritti.
E.B.
In COME SI FA IL PANE CON IL LIEVITO MADRE 45 ricette buonissime e salutari con la pasta madre (guidotommasi.it - pag 160 - € 25), Emmanuel Hadjiandreou descrive la fermentazione lunga, spiegando come preparare l’impasto e lavorarlo, spaziando dai pani a base di grani antichi (kamut, spelta, Triticum monococcum e farro) a quelli dolci; da abbinamenti classici, come il pane con patate, cipolle e aneto, a quelli con kefir o yogurt; da quelli a base di lieviti da coltura a quelli senza glutine. Senza dimenticare specialità lievitate come panettone, tsoureki, challah, Stollen...
PRIDE AND PUDDING, la storia dei pudding inglesi di Regula Ysewijn, fotografa e graphic designer (guidotommasi.it - pag. 365 - € 35), percorre l’evoluzione della specialità britannica. L’origine del pudding – che nasce come pietanza salata ed è a base di carne, frattaglie o salsiccia – è spiegata ripercorrendo la storia della cucina inglese, andando indietro fino all’epoca dei romani in Gran Bretagna e attraversando le travagliate fasi dell’impero britannico. Dopo l’excursus storico, il lettore scopre le numerose varianti: pudding bolliti e al vapore, al forno, di pane, di pastella, il famoso Yorkshire pudding e l’iconico Christmas pudding. In tutto 80 ricette.
“È necessario sfatare il mito per cui la pasticceria è la parte più complicata della cucina”: questo è quanto si prefigge Jordan Butròn con EL METODO ESPAISUCRE (espaisucre.com - pag. 350 - € 36), che racconta il suo sistema educativo gastronomico praticato presso Espaisucre a Barcellona, basato su tre principi: la scelta degli ingredienti, la tecnica e la presentazione. L’opera celebra i 20 anni della scuola ed è un’immersione nel mondo dolce in modo didattico. Una guida che analizza il processo creativo, aiutando a riordinare le innumerevoli micro decisioni da prendere quando si crea. Ed è un invito a giocare con il sapore, che è l’insieme di gusto, texture e aroma.
Pasticceria internazionale 334